Language of document : ECLI:EU:T:2009:266

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

9 luglio 2009 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran allo scopo di impedire la proliferazione nucleare – Congelamento dei capitali – Ricorso d’annullamento – Sindacato giurisdizionale – Proporzionalità – Parità di trattamento – Obbligo di motivazione – Eccezione di illegittimità – Art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento (CE) n. 423/2007»

Nelle cause riunite T‑246/08 e T‑332/08,

Melli Bank plc, con sede in Londra (Regno Unito), rappresentata inizialmente dal sig. R. Gordon, QC, dalla sig.ra J. Stratford e dal sig. M. Hoskins, barristers, dai sigg. R. Gwynne e T. Din, solicitors, successivamente dai sigg. D. Anderson, QC, Hoskins, S. Gadhia, dalla sig.ra D. Murray e dal sig. M. Din, solicitors,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dal sig. M. Bishop e dalla sig.ra E. Finnegan, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Repubblica francese, rappresentata dal sig. G. de Bergues, dalla sig.ra E. Belliard e dal sig. L. Butel, in qualità di agenti,

da

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dalla sig.ra V. Jackson, in qualità di agente, assistita dalla sig.ra S. Lee, barrister,

e da

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra S. Boelaert e dal sig. P. Aalto, in qualità di agenti,

intervenienti

avente ad oggetto, nelle cause T‑246/08 e T‑332/08, l’annullamento del punto 4 della tabella B dell’allegato della decisione del Consiglio 23 giugno 2008, 2008/475/CE, che attua l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 423/2007 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 163, pag. 29), nella parte riguardante la Melli Bank, e, nella causa T‑332/08, eventualmente, una declaratoria di inapplicabilità dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento (CE) 19 aprile 2007, n. 423, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 103, pag. 1),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADODELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dalle sig.re I. Pelikánová, presidente (relatore), K. Jürimäe e dal sig. S. Soldevila Fragoso, giudici,

cancelliere: K. Pocheć, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 gennaio 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La ricorrente, la Melli Bank plc, è una società per azioni registrata e avente la sede sociale nel Regno Unito, autorizzata e regolamentata dalla Financial Services Authority (autorità britannica per i servizi finanziari; in prosieguo: la «FSA»). Essa ha iniziato ad esercitare attività bancarie nel Regno Unito il 1° gennaio 2002, in seguito alla trasformazione della succursale britannica della Bank Melli Iran (in prosieguo: la «BMI»). La BMI, società che detiene l’intero capitale sociale della ricorrente, è una banca iraniana controllata dallo Stato iraniano.

 Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran

2        Le presenti cause rientrano nell’ambito delle misure restrittive adottate per esercitare pressioni sulla Repubblica islamica dell’Iran affinché ponga fine alle attività nucleari che presentano un rischio di proliferazione e allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari (in prosieguo: la «proliferazione nucleare»).

3        Il regime in questione trae origine all’interno dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Il 23 dicembre 2006 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di sicurezza») ha adottato la risoluzione 1737 (2006), il cui allegato elenca una serie di persone e di entità implicate nella proliferazione nucleare, i cui capitali e le cui risorse economiche (in prosieguo: i «capitali») dovevano essere sottoposti a congelamento. L’elenco figurante nell’allegato della risoluzione 1737 (2006) è stato aggiornato con varie risoluzioni successive, e in particolare con la risoluzione 1747 (2007) del Consiglio di sicurezza, con cui sono stati congelati i capitali della banca iraniana Bank Sepah e della sua filiale nel Regno Unito, la Bank Sepah International plc. Né la BMI, né la ricorrente sono state oggetto di misure di congelamento dei capitali disposte dal Consiglio di sicurezza.

4        Peraltro, ai sensi del punto 10 della risoluzione del Consiglio di sicurezza del 3 marzo 2008, 1803 (2008) quest’ultimo chiede «a tutti gli Stati di vigilare sulle attività svolte dalle istituzioni finanziarie stabilite sul loro territorio con tutte le banche domiciliate in Iran, in particolare la Banca Melli e la Banca Saderat, nonché con le loro succursali e agenzie all’estero, per evitare che tali attività concorrano [alla proliferazione nucleare]».

5        Per quanto riguarda l’Unione europea, la risoluzione 1737 (2006) è stata attuata con la posizione comune del Consiglio 27 febbraio 2007, 2007/140/PESC, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 61, pag. 49), il cui art. 5, n. 1, lett. a), prevede il congelamento di tutti i capitali appartenenti alle persone ed entità indicate nella risoluzione 1737 (2006) del Consiglio di sicurezza, nonché di tutti i capitali e le risorse economiche posseduti, detenuti o controllati, direttamente o indirettamente, da tali persone o entità. L’art. 5, n. 1, lett. b), della posizione comune prevede, peraltro, che le stesse misure si applicano in particolare alle persone o entità possedute o controllate da persone o entità che partecipano, sono direttamente associate o danno il loro sostegno alla proliferazione nucleare. Secondo l’art. 7, n. 2, della posizione comune 2007/140, l’elenco delle persone o entità interessate dalle misure di congelamento dei capitali ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. b), del medesimo provvedimento è redatto e modificato dal Consiglio, che delibera all’unanimità.

6        Per quanto concerne le competenze della Comunità europea, la risoluzione 1737 (2006) è stata attuata con il regolamento (CE) del Consiglio 19 aprile 2007, n. 423, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 103, pag. 1), il cui contenuto è sostanzialmente identico a quello della posizione comune 2007/140. Infatti, l’art. 7, n. 1, del regolamento n. 423/2007 prevede il congelamento dei capitali delle persone, delle entità o degli organismi (in prosieguo: le «entità») indicati dal Consiglio di sicurezza. L’art. 7, n. 2, del menzionato regolamento prevede le stesse misure in relazione alle entità riconosciute dal Consiglio dell’Unione europea quali partecipanti alla proliferazione nucleare ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. b), della posizione comune 2007/140. In particolare, l’art. 7, n. 2, lett. d), di detto regolamento prevede il congelamento dei capitali delle entità possedute o controllate da entità che sono state riconosciute partecipare, essere direttamente associate o dare il loro sostegno alla proliferazione nucleare ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. a) o b), del regolamento n. 423/2007. Le entità interessate da una misura di congelamento dei capitali ai sensi dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 sono elencate nell’allegato V dello stesso.

7        In deroga al citato art. 7 del regolamento n. 423/2007, gli artt. 9 e 10 del medesimo autorizzano le autorità competenti degli Stati membri, in sostanza, a sbloccare i capitali congelati per consentire in particolare alle entità menzionate nell’allegato V di adempiere gli obblighi derivanti da contratti conclusi anteriormente all’adozione della misura di congelamento dei capitali e di far fronte alle spese essenziali.

8        L’art. 15, n. 2, del regolamento n. 423/2007 prevede, da un lato, che il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, rediga, riesamini e modifichi l’elenco di cui all’allegato V in conformità delle decisioni adottate dal Consiglio in forza dell’art. 5, n. 1, lett. b), della posizione comune 2007/140 e, dall’altro, che tale elenco sia riesaminato periodicamente e almeno ogni dodici mesi.

9        Ai sensi dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, il Consiglio deve motivare dettagliatamente le decisioni adottate a norma dell’art. 15, n. 2 e renderle note alle entità interessate.

 Decisione impugnata

10      Il 23 giugno 2008, il Consiglio ha adottato la decisione 2008/475/CE, che attua l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 423/2007 (GU L 163, pag. 29; in prosieguo: la «decisione impugnata»). Secondo la tabella B, punto 4, dell’allegato della decisione impugnata, sia la BMI che le sue filiali, compresa la ricorrente, sono state iscritte nell’elenco di cui all’allegato V del medesimo regolamento, con conseguente congelamento dei rispettivi capitali.

11      Il Consiglio ha addotto la seguente motivazione:

«Fornisce o cerca di fornire sostegno finanziario a società che procurano merci per i programmi nucleari e missilistici iraniani o sono coinvolte in tale attività (AIO, SHIG, SBIG, AEOI, Novin Energy Company, Mesbah Energy Company, Kalaye Electric Company e DIO). La Bank Melli funge da facilitatore per le attività sensibili dell’Iran. Ha mediato numerosi acquisti di materiali sensibili per i programmi nucleari e missilistici iraniani. Ha fornito una serie di servizi finanziari a nome di entità collegate alle industrie nucleari e missilistiche iraniane, ivi comprese l’apertura di lettere di credito e la tenuta dei conti. Molte delle società sopramenzionate sono indicate nelle risoluzioni 1737 e 1747 [del Consiglio di sicurezza]».

 Procedimento e conclusioni delle parti

12      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 giugno 2008, la ricorrente ha proposto ricorso nella causa T‑246/08. Con atti separati depositati presso la cancelleria del Tribunale lo stesso giorno, la ricorrente ha proposto una domanda di procedimento accelerato, ai sensi dell’art. 76 bis del regolamento di procedura del Tribunale, nonché una domanda di provvedimenti urgenti affinché fosse sospesa l’applicazione della tabella B, punto 4, dell’allegato della decisione impugnata.

13      Con un ulteriore atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 agosto 2008, la ricorrente ha proposto ricorso nella causa T‑332/08. Con atti separati depositati presso la cancelleria del Tribunale lo stesso giorno, la ricorrente ha proposto una domanda di procedimento accelerato, ai sensi dell’art. 76 bis del regolamento di procedura del Tribunale, una nuova domanda di provvedimenti urgenti affinché fosse sospesa l’applicazione della tabella B, punto 4, dell’allegato della decisione impugnata, nonché una domanda di riunione delle cause T‑246/08 e T‑332/08.

14      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 10 luglio, il 6 agosto e l’8 agosto 2008, la Repubblica francese, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e la Commissione delle Comunità europee hanno chiesto di intervenire nella causa T‑246/08 a sostegno del Consiglio. Con ordinanze del 5 e del 17 settembre 2008 il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ne ha autorizzato l’intervento.

15      Con decisioni del 18 luglio e del 16 settembre 2008, il Tribunale (Seconda Sezione) ha accolto le domande dirette a ottenere che le cause venissero decise con procedimento accelerato ai sensi dell’art. 76 bis del regolamento di procedura e ha autorizzato gli Stati membri intervenienti a presentare memorie di intervento.

16      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 15 settembre, il 21 ottobre e il 7 novembre 2008, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, la Repubblica francese e la Commissione hanno chiesto di intervenire nella causa T‑332/08 a sostegno del Consiglio. Con ordinanze del 10 ottobre, 17 novembre e 1° dicembre 2008, il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ne ha autorizzato l’intervento.

17      Con ordinanze del presidente del Tribunale del 27 agosto e del 17 settembre 2008 sono state respinte le domande di provvedimenti urgenti proposte dalla ricorrente e sono state riservate le spese.

18      Nella causa T‑246/08, il controricorso è stato depositato il 30 luglio 2008 e le memorie di intervento della Repubblica francese e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sono state depositate il 2 ottobre 2008.

19      Nella causa T‑332/08, il controricorso è stato depositato il 6 ottobre 2008. Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e la Repubblica francese hanno depositato le rispettive memorie di intervento il 28 ottobre e l’8 dicembre 2008.

20      Con ordinanza del presidente della Seconda Sezione del Tribunale del 15 dicembre 2008, le cause T‑246/08 e T‑332/08 sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza, conformemente all’art. 50 del regolamento di procedura.

21      Il 12 gennaio 2009 la ricorrente ha trasmesso al Tribunale una lettera della BMI concernente i rapporti tra quest’ultima e le entità indicate nella decisione impugnata. Con decisione del 14 gennaio 2009 il Tribunale ha deciso di non versare agli atti il documento in questione.

22      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza che ha avuto luogo il 20 gennaio 2009.

23      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        nella causa T‑246/08:

–        annullare il punto 4 della tabella B dell’allegato della decisione impugnata, nella parte relativa alla ricorrente;

–        condannare il Consiglio alle spese;

–        nella causa T‑332/08:

–        annullare il punto 4 della tabella B dell’allegato della decisione impugnata, nella parte relativa alla ricorrente;

–        qualora il Tribunale ritenga che l’applicazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 sia obbligatoria, dichiarare l’inapplicabilità di tale disposizione, ai sensi dell’art. 241 CE;

–        condannare il Consiglio alle spese.

24      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

25      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e la Commissione chiedono che il Tribunale voglia respingere il ricorso.

26      La Repubblica francese chiede che il Tribunale voglia respingere il ricorso e condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità

 Sulla ricevibilità degli argomenti della ricorrente relativi alla mancata partecipazione della BMI al finanziamento della proliferazione nucleare

27      Da un lato, si deve rilevare che la ricorrente si è limitata ad allegare, negli atti introduttivi, la mancata partecipazione della BMI al finanziamento della proliferazione nucleare. Orbene, tale affermazione non rispetta i requisiti di cui all’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, secondo cui il ricorso deve contenere un’esposizione sommaria dei motivi dedotti, e non può quindi essere considerata un motivo ricevibile.

28      Dall’altro, in risposta a un quesito posto dal Tribunale in udienza, la ricorrente ha fatto valere che, qualora il documento da essa trasmesso al Tribunale il 12 gennaio 2009 fosse stato versato agli atti, essa avrebbe sollevato un motivo fondato sul fatto che la BMI non partecipava al finanziamento della proliferazione nucleare. Orbene, tale motivo, quand’anche fosse stato sollevato, sarebbe comunque irricevibile.

29      Infatti, la ricorrente non ha spiegato né nella lettera di accompagnamento del documento trasmesso al Tribunale il 12 gennaio 2009, né in udienza, per quale ragione non sia stata in grado di sollevare il motivo in questione durante la fase scritta, anche se risulta chiaramente dalla motivazione riprodotta al precedente punto 11 che il Consiglio, ai fini dell’adozione della decisione impugnata, si è basato sull’asserita partecipazione della BMI al finanziamento della proliferazione nucleare. Di conseguenza, quand’anche il motivo in questione fosse stato sollevato nella lettera della ricorrente del 12 gennaio 2009, o in udienza, esso sarebbe comunque irricevibile ai sensi dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura, che vieta la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

30      Alla luce di quanto precede, si deve ritenere che, non avendo la ricorrente dedotto alcun motivo ricevibile per contestare la fondatezza della constatazione del Consiglio, secondo cui la BMI partecipava al finanziamento della proliferazione nucleare, tale questione non rientra nell’oggetto delle controversie in esame.

 Sulla ricevibilità dell’eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente

31      In udienza, la Commissione ha contestato la ricevibilità dell’eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente nella causa T‑332/08, sottolineando che essa era stata dedotta in risposta ad argomenti presentati dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord nella causa T‑246/08. La Commissione ritiene che tale «tecnica processuale» possa avere conseguenze negative sulla buona amministrazione della giustizia, in particolare nell’ambito dei procedimenti accelerati.

32      Tuttavia, si deve rilevare che né il regolamento di procedura, né la giurisprudenza escludono la ricevibilità di un secondo ricorso di annullamento proposto dallo stesso ricorrente, ma subordinano tale ricevibilità alle due condizioni del rispetto del termine di ricorso e della mancanza di litispendenza.

33      A tal riguardo, da un lato, è pacifico che il ricorso nella causa T‑332/08 è stato proposto entro i termini.

34      Dall’altro, risulta dalla giurisprudenza che, per essere dichiarato irricevibile a causa di litispendenza, un ricorso successivo deve soddisfare tre condizioni: opporre le stesse parti, perseguire lo stesso scopo ed essere proposto sulla base degli stessi motivi (v., in tal senso, sentenze della Corte 19 settembre 1985, cause riunite 172/83 e 226/83, Hoogovens Groep/Commissione, Racc. pag. 2831, punto 9, e 22 settembre 1988, cause riunite 358/85 e 51/86, Francia/Parlamento, Racc. pag. 4821, punto 12 e ordinanza della Corte 1° aprile 1987, cause riunite 159/84, 267/84, 12/85 e 264/85, Ainsworth e a./Commissione, Racc. pag. 1579, punti 3 e 4).

35      Nella specie, per quanto le parti nelle cause T‑246/08 e T‑332/08 siano le stesse, nella prima si chiede unicamente l’annullamento della decisione impugnata, mentre nella seconda si chiede anche, in subordine, una declaratoria di inapplicabilità dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007. Del pari, benché il primo motivo sollevato nella causa T‑332/08 presenti un’analogia con il primo motivo sollevato nella causa T‑246/08, in quanto riguarda un’asserita violazione del principio di proporzionalità, esso non è tuttavia identico, tenuto conto in particolare della questione nuova relativa all’interpretazione dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007. Inoltre, il secondo motivo dedotto nella causa T‑332/08, relativo a un’asserita violazione dell’obbligo di motivazione, si distingue dai motivi di ricorso nella causa T‑246/08. Di conseguenza, non si possono ritenere soddisfatte le condizioni poste dalla giurisprudenza per dichiarare irricevibile per litispendenza il ricorso nella causa T‑332/08.

36      Infine va rilevato che, nell’ambito di un procedimento accelerato, le eventuali conseguenze negative sulla buona amministrazione della giustizia incidono essenzialmente sugli interessi della parte che ha chiesto il beneficio di questo tipo di procedura, tenuto conto dei termini di trattazione più lunghi risultanti dalla proposizione successiva di due ricorsi. Orbene, nella specie, sia il ricorso che le domande di procedimento accelerato sono stati proposti dalla ricorrente, la quale era peraltro consapevole di tali eventuali conseguenze negative, come risulta dalle sue memorie.

37      Alla luce di quanto precede, si deve considerare ricevibile l’eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente.

 Nel merito

38      Nella causa T‑246/08, la ricorrente formula talune osservazioni preliminari in ordine all’intensità del sindacato giurisdizionale che dev’essere esercitato nella specie dal Tribunale, nonché due motivi vertenti, il primo, su una violazione del principio di proporzionalità e, il secondo, su una violazione del «principio di non discriminazione».

39      Nella causa T‑332/08, la ricorrente deduce due motivi. Con il primo sostiene che l’applicazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 non è obbligatoria, dato che il Consiglio dispone di un potere discrezionale ai fini della sua attuazione. La ricorrente fa valere che, qualora il Tribunale ritenesse comunque che l’applicazione di tale disposizione sia obbligatoria, essa sarebbe in contrasto con il principio di proporzionalità e quindi inapplicabile ai sensi dell’art. 241 CE. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce una violazione dell’obbligo di motivazione.

40      Il Consiglio e gli intervenienti contestano la fondatezza dei motivi dedotti dalla ricorrente.

41      Il Tribunale ritiene che si debba esaminare la questione preliminare sollevata dalla ricorrente, prima di analizzare la questione relativa all’interpretazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, che è determinante per definire le modalità di esame delle censure relative alla violazione del principio di proporzionalità.

 Sull’intensità del sindacato giurisdizionale

–       Argomenti delle parti

42      La ricorrente sostiene che il Tribunale deve procedere a un esame approfondito della legittimità della decisione impugnata, tenuto conto in particolare delle gravi conseguenze che ne derivano per la ricorrente stessa.

43      Il Consiglio, sostenuto dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, afferma di disporre di un ampio potere discrezionale in ordine agli elementi da prendere in considerazione ai fini dell’adozione di misure restrittive economiche o finanziarie.

–       Giudizio del Tribunale

44      Per quanto riguarda l’intensità del sindacato giurisdizionale, nell’ambito del regolamento n. 423/2007 occorre distinguere due tipi di elementi. Infatti, da un lato, gli articoli del regolamento n. 423/2007 prevedono le norme generali che definiscono le modalità di attuazione delle misure restrittive ivi previste. Dall’altro, l’allegato V del regolamento n. 423/2007, che elenca le entità interessate dalle misure di congelamento dei capitali adottate ai sensi dell’art. 7, n. 2, del medesimo regolamento, contiene una serie di provvedimenti di applicazione delle suddette norme generali a specifiche entità.

45      Per quanto riguarda il primo tipo di elementi, il Consiglio dispone di un ampio potere discrezionale in merito agli elementi da prendere in considerazione per adottare misure aventi ad oggetto sanzioni economiche e finanziarie sulla base degli artt. 60 CE e 301 CE, conformemente ad una posizione comune adottata in base alla politica estera e di sicurezza comune (PESC). Poiché il giudice comunitario non può, in particolare, sostituire la sua valutazione delle prove, dei fatti e delle circostanze che giustificano l’adozione di tali misure a quella svolta dal Consiglio, il controllo esercitato dal Tribunale dev’essere limitato alla verifica del rispetto delle regole di procedura e di motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti, nonché dell’assenza di un manifesto errore di valutazione dei fatti e di sviamento di potere. Tale controllo ristretto si applica, in particolare, alla valutazione delle considerazioni di opportunità sulle quali sono fondate decisioni siffatte (v., per analogia, sentenza del Tribunale 12 dicembre 2006, causa T‑228/02, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, Racc. pag. II‑4665, punto 159).

46      Quanto al controllo di legittimità della decisione con cui un’entità viene iscritta nell’elenco dell’allegato V del regolamento n. 423/2007 ai sensi dell’art. 7, n. 2, di quest’ultimo, spetta al Tribunale verificare, tenuto conto dei motivi di annullamento dedotti dall’entità interessata o rilevati d’ufficio, in particolare, che il caso di specie corrisponda a una delle quattro ipotesi previste all’art. 7, n. 2, lett. a)‑d), del regolamento n. 423/2007. Ciò comporta che il controllo giurisdizionale sulla legittimità della decisione di cui trattasi si estende alla valutazione dei fatti e delle circostanze addotti per giustificarla, nonché alla verifica degli elementi di prova e di informazione su cui è fondata tale valutazione. Il Tribunale deve anche accertarsi del rispetto dei diritti della difesa e del requisito della motivazione al riguardo, nonché, eventualmente, della fondatezza delle ragioni imperative eccezionalmente fatte valere dal Consiglio per sottrarvisi (v., per analogia, sentenza Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, cit., punto 154).

 Sull’interpretazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007

–       Argomenti delle parti

47      La ricorrente sostiene che l’applicazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 non è obbligatoria, vale a dire che tale disposizione non dev’essere sistematicamente applicata a tutte le persone giuridiche possedute o controllate da entità i cui capitali siano stati congelati in forza dell’art. 7, n. 2, lett. a) o b), del medesimo regolamento, dato che, a suo parere, il Consiglio dispone di un potere discrezionale a tale riguardo ed è quindi tenuto a prendere in considerazione la situazione specifica di ciascuna delle entità interessate.

48      In tal senso essa fa valere, in primo luogo, che l’interpretazione contraria sarebbe incompatibile con la giurisprudenza del Tribunale secondo cui, in materia di congelamento dei capitali, l’istituzione competente deve esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e motivare la decisione in modo sufficiente (sentenza del Tribunale 23 ottobre 2008, causa T‑256/07, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, Racc. pag. II‑3019, punto 139).

49      Infatti, il congelamento sistematico dei capitali non terrebbe conto delle peculiarità dell’entità posseduta o controllata, quali il suo grado di autonomia operativa, il controllo cui essa è sottoposta o l’assenza di collegamenti tra le sue attività e la proliferazione nucleare. Esso sarebbe del pari incompatibile con la giurisprudenza della Corte secondo cui le misure restrittive adottate in forza degli artt. 60 CE e 301 CE possono riguardare unicamente paesi terzi, laddove quest’ultima nozione può includere i dirigenti di un tale paese e le persone ed entità associate a tali dirigenti o da essi direttamente o indirettamente controllate (sentenza della Corte 3 settembre 2008, cause riunite C‑402/05 P e C‑415/05 P, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑6351, punto 166).

50      L’esigenza di un esame individuale sarebbe inoltre confermata, da un lato, dalle conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro relative alla citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (non ancora pubblicate nella Raccolta), e, dall’altro, dall’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, il quale esigerebbe che venga fornita una motivazione specifica in relazione a ciascuna entità e, pertanto, in relazione a ciascuna entità posseduta o controllata.

51      In secondo luogo, alla luce del contenuto del regolamento n. 423/2007, il congelamento sistematico dei capitali di tutte le filiali possedute o controllate non sarebbe necessario per assicurare l’efficacia delle misure adottate nei confronti dell’entità controllante. Infatti, l’effetto delle disposizioni di cui agli artt. 5, n. 1, 7, nn. 3 e 4, 13, n. 1, e 16 del menzionato regolamento sarebbe di impedire che una filiale stabilita nell’Unione europea possa agire, direttamente o indirettamente, sulla base delle istruzioni dell’entità controllante.

52      In terzo luogo, la ricorrente si riferisce alla propria situazione specifica. A tal riguardo, da un lato, essa afferma di rispettare tutti i regimi sanzionatori, tutte le misure restrittive e tutte le normative in vigore. Dall’altro, poiché essa sarebbe distinta sia giuridicamente che funzionalmente dalla società controllante e sarebbe sottoposta alla sorveglianza della FSA, la BMI non potrebbe controllarla in modo irregolare.

53      In quarto e ultimo luogo, la ricorrente sostiene che il Consiglio non segue la prassi di congelare sistematicamente i capitali di tutte le filiali delle entità riconosciute quali partecipanti alla proliferazione nucleare ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. a) o b), del regolamento n. 423/2007. Infatti, la BMI sarebbe l’unica entità indicata nella decisione impugnata le cui filiali abbiano subito un congelamento dei capitali, a differenza, ad esempio, dell’Iran Electronic Industries, sebbene quest’ultima possieda sei filiali. Del pari, mentre la BMI avrebbe circa una ventina di filiali nei vari settori industriali, solo due di esse, tra le quali la ricorrente, sarebbero state oggetto di una misura di congelamento dei capitali.

54      La ricorrente sostiene, in conclusione, che se l’applicazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 fosse obbligatoria, tale disposizione violerebbe il principio di proporzionalità. Orbene, quando «la disposizione di diritto derivato dia luogo a più di un’interpretazione», occorrerebbe privilegiare quella conforme ai principi generali del diritto comunitario. Pertanto, secondo la ricorrente, si dovrebbe ritenere che la disposizione sopra menzionata conferisca al Consiglio un potere discrezionale in ordine al congelamento dei capitali della filiale di un’entità partecipante alla proliferazione nucleare.

55      Il Consiglio, sostenuto dagli intervenienti, fa valere che l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 prevede, «inequivocabilmente», che il congelamento dei capitali di un’entità comporta «incondizionatamente» il congelamento dei capitali di tutte le entità da essa possedute o controllate, senza che a tale riguardo possa esercitarsi un qualsiasi potere discrezionale.

56      Il Consiglio aggiunge che, se fosse fondato l’argomento secondo cui il congelamento dei capitali della BMI sarebbe sufficiente per impedire alla ricorrente di trasferirle capitali, il congelamento dei capitali non sarebbe mai giustificato, in quanto sarebbe sufficiente vietare la partecipazione alla proliferazione nucleare, senza dover adottare misure nei confronti delle entità che potrebbero non rispettare tale divieto.

57      Il Consiglio osserva inoltre che la BMI e le sue filiali, compresa la ricorrente, costituiscono un’unità economica, per cui l’applicazione alle filiali della misura di congelamento dei capitali è necessaria per garantire l’efficacia e l’effetto coercitivo delle misure adottate nei confronti della BMI e, in ultima analisi, della Repubblica islamica dell’Iran. Il Consiglio sostiene in tale contesto che, non disponendo la Comunità di competenza extraterritoriale, gli effetti della decisione impugnata dipendono in definitiva dalla sua applicazione alle filiali e succursali della BMI stabilite nell’Unione europea.

58      Per rispondere all’argomento della ricorrente secondo cui il Consiglio non congelerebbe sistematicamente i capitali di tutte le filiali delle entità interessate dalle misure di congelamento, il Consiglio fa inoltre valere che tali filiali possono essere costituite in qualsiasi momento, con la conseguenza che non sempre è possibile individuarle.

59      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord condivide la posizione del Consiglio. Oltre a far propri gli argomenti dedotti da quest’ultimo, esso si basa, in primo luogo, sulla formulazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, secondo cui i capitali di talune entità «sono congelati». In secondo luogo, esso ritiene che sarebbe illogico che il regolamento n. 423/2007 prevedesse un trattamento differenziato a seconda che i capitali appartengano all’entità controllante o a un’entità da questa posseduta o controllata, a prescindere dalla circostanza che la prima eserciti un effettivo controllo sulla seconda. In terzo luogo, l’argomento relativo all’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007 non farebbe che sollevare la questione se il Consiglio possa limitarsi a indicare le specifiche ragioni individuali del congelamento dei capitali dell’entità controllante e indicare successivamente l’entità posseduta o controllata in quanto tale nell’allegato V di detto regolamento, senza alcuna ulteriore giustificazione.

60      Pur condividendo la posizione del Consiglio, la Repubblica francese fa valere, per quanto riguarda l’argomento fondato sull’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, che il Consiglio non è tenuto a fornire una specifica motivazione per ogni singola filiale di un’entità interessata da una misura di congelamento dei capitali.

–       Giudizio del Tribunale

61      In limine, si deve ricordare che, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto comunitario si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenza della Corte 17 novembre 1983, causa 292/82, Merck, Racc. pag. 3781, punto 12).

62      Per quanto riguarda il tenore letterale dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, tale disposizione enuncia che «[s]ono congelati tutti i [capitali] e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dalle (…) entità (…) che, a norma dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della posizione comune 2007/140 (…) sono stat[e] riconosciut[e] (…) essere (…) entità possedut[e] o controllat[e] da [un’entità riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare]». In merito a tale formulazione si devono svolgere due osservazioni.

63      Infatti, da un lato, dato l’impiego della formula «sono congelati», la misura di congelamento dei capitali delle entità possedute o controllate è obbligatoria e il Consiglio non dispone al riguardo di alcun potere discrezionale. Infatti, se il legislatore avesse voluto conferire al Consiglio tale potere, avrebbe espresso la propria volontà utilizzando una formula esplicita in tal senso, quale «possono essere congelati».

64      Dall’altro, nell’adozione di una decisione ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, il Consiglio deve procedere alla valutazione delle circostanze del caso di specie per stabilire quali entità siano definibili come possedute o controllate.

65      Il contesto in cui si inscrive l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, e in particolare l’economia generale dell’art. 7, n. 2, di detto regolamento, corrobora l’analisi testuale di tale disposizione. Infatti, poiché l’espressione «sono state riconosciute» figura nella parte introduttiva della disposizione in parola, si deve ritenere che, al pari dei quattro casi di cui alle lett. a)‑d), la qualità di entità «posseduta o controllata» sia oggetto di una valutazione svolta caso per caso dal Consiglio.

66      Infine, l’interpretazione suggerita dalle analisi di carattere testuale e contestuale è compatibile con l’obiettivo perseguito dal regolamento n. 423/2007, vale a dire con la volontà di impedire la proliferazione nucleare e, più in generale, di mantenere la pace e la sicurezza internazionale, data la gravità del rischio costituito dalla proliferazione nucleare.

67      Tenuto conto di quanto precede, si deve concludere che l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 impone al Consiglio di congelare i capitali di un’entità «posseduta o controllata» da un’entità riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. a) o b), del medesimo regolamento, sulla base di una valutazione svolta caso per caso in ordine alla qualità di entità «posseduta o controllata» delle entità interessate.

68      Gli argomenti dedotti dalla ricorrente non sono idonei a smentire tale conclusione.

69      Infatti, in primo luogo, laddove il Consiglio ha il compito di valutare la qualità di entità «posseduta o controllata», esso deve tenere conto di tutti gli elementi pertinenti del caso di specie, quali il livello di autonomia operativa dell’entità in questione o l’eventuale incidenza del controllo cui la stessa è soggetta da parte di un’autorità pubblica. Per contro, la natura dell’attività dell’entità interessata e l’eventuale assenza di collegamento tra detta attività e la proliferazione nucleare non sono criteri pertinenti in tale contesto, dato che l’adozione di una misura di congelamento dei capitali nei confronti dell’entità posseduta o controllata non può essere motivata, come si vedrà infra, al punto 103, con il fatto che essa partecipa direttamente alla proliferazione nucleare. Del pari, la circostanza che le misure restrittive adottate in forza del regolamento n. 423/2007 siano intese ad impedire qualsiasi assistenza finanziaria e tecnica alle attività nucleari e di sviluppo missilistico della Repubblica islamica dell’Iran che comportino un rischio di proliferazione implica necessariamente che dette misure sono state adottate nei confronti di un paese terzo e devono quindi essere considerate compatibili con l’interpretazione data agli artt. 60 CE e 301 CE nella citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione.

70      Per quanto riguarda l’obbligo di motivazione scaturente dall’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, come si vedrà infra, ai punti 143‑146, il Consiglio è tenuto ad indicare i motivi che l’hanno indotto a ritenere che un’entità sia «posseduta o controllata» da un’entità riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare e che, di conseguenza, i suoi capitali debbano essere congelati in forza dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007. Tale obbligo non incide sul fatto che il Consiglio, una volta che abbia ritenuto soddisfatte le condizioni poste da detta disposizione, sia tenuto ad adottare una misura di congelamento dei capitali nei confronti dell’entità interessata.

71      In secondo luogo, le disposizioni del regolamento n. 423/2007 richiamate dalla ricorrente prevedono anzitutto il divieto di effettuare operazioni con entità che siano state riconosciute quali partecipanti alla proliferazione nucleare o di partecipare a tali operazioni, un obbligo di trasparenza e di cooperazione con le autorità competenti e, infine, l’obbligo degli Stati membri di prevedere sanzioni applicabili in caso di violazione del medesimo regolamento. Dette disposizioni sono state certamente adottate per conseguire gli obiettivi perseguiti dal Consiglio. Tuttavia, la sola esistenza di norme che vietano di effettuare operazioni con le entità riconosciute quali partecipanti alla proliferazione nucleare e che prevedono obblighi sanzionabili non garantisce che tali operazioni non vengano effettuate, eventualmente, da un’entità che sia posseduta o controllata da un’entità a sua volta riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare. Pertanto, tale circostanza non consente di ritenere che sia superflua qualsiasi misura complementare quale il congelamento dei capitali delle entità possedute o controllate dalle entità riconosciute quali partecipanti alla proliferazione nucleare.

72      In terzo luogo, l’argomento relativo alla situazione particolare della ricorrente non riguarda l’interpretazione da darsi all’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, bensì, in sostanza, un errore che il Consiglio avrebbe commesso applicando nei suoi confronti la medesima disposizione. Pertanto, tali argomenti non sono pertinenti in questa fase dell’analisi e verranno esaminati, in quanto motivo autonomo, nel prosieguo della presente sentenza (v. infra, punti 119‑129).

73      In quarto luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui non è prassi del Consiglio congelare sistematicamente i capitali di tutte le filiali delle entità riconosciute quali partecipanti alla proliferazione nucleare ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. a) o b), del regolamento n. 423/2007, si deve osservare, anzitutto, che il Consiglio è legittimato, come si vedrà infra, al punto 123, a non applicare l’art. 7, n. 2, lett. d), di detto regolamento a entità che, a suo parere, non soddisfino i criteri di applicazione di tale disposizione, ancorché si tratti di filiali delle entità riconosciute quali partecipanti alla proliferazione nucleare.

74      Inoltre, come rilevano il Consiglio e la Repubblica francese, non è sempre possibile individuare tutte le entità possedute o controllate da un’entità riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare.

75      Infine, anche ammettendo che il Consiglio abbia effettivamente omesso di adottare misure di congelamento dei capitali nei confronti di talune entità possedute o controllate da entità riconosciute quali partecipanti alla proliferazione nucleare ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. a) o b), del regolamento n. 423/2007, da un lato si deve osservare che, essendo il Consiglio tenuto a rispettare tale regolamento, la sua eventuale prassi discordante non può validamente derogare al regolamento medesimo e, pertanto, non può ingenerare un legittimo affidamento nelle entità interessate. Dall’altro, se l’argomento in questione riguarda una violazione del principio della parità di trattamento, si deve ricordare che quest’ultimo deve conciliarsi con il rispetto del principio di legalità, secondo cui nessuno può far valere, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri (sentenze del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑327/94, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. II‑1373, punto 160; causa T‑347/94, Mayr‑Melnhof/Commissione, Racc. pag. II‑1751, punto 334, e 20 marzo 2002, causa T‑23/99, LR AF 1998/Commissione, Racc. pag. II‑1705, punto 367). Pertanto, il comportamento eventualmente illegittimo tenuto dal Consiglio in altri procedimenti, quand’anche fosse dimostrato, non potrebbe essere utilmente invocato a sostegno della tesi della ricorrente.

76      Di conseguenza, non è pertinente la giurisprudenza secondo cui, allorché una norma di diritto derivato comunitario ammetta più di un’interpretazione, si deve dare la preferenza a quella che rende la norma stessa conforme al Trattato rispetto a quella che porti a constatare la sua incompatibilità col Trattato stesso (sentenza 13 dicembre 1983, causa 218/82, Commissione/Consiglio, Racc. pag. 4063, punto 15). Infatti, nella specie non sussiste alcun ragionevole dubbio in ordine all’interpretazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007.

77      Peraltro, gli argomenti della ricorrente relativi all’asserita incompatibilità dell’interpretazione indicata supra, al punto 67 con il principio di proporzionalità verranno esaminati nel prosieguo della presente sentenza, nell’ambito dell’eccezione di illegittimità riguardante l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, sollevata dalla ricorrente nella causa T‑332/08.

 Sull’eccezione di illegittimità riguardante l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007

–       Argomenti delle parti

78      La ricorrente sostiene che l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 è contrario al principio di proporzionalità e deve quindi essere dichiarato inapplicabile al caso in esame, ai sensi dell’art. 241 CE. Pertanto, a suo parere, la decisione impugnata dovrebbe essere annullata per carenza di fondamento normativo.

79      A sostegno della propria tesi la ricorrente afferma, in primo luogo, che l’incompatibilità dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 con il principio di proporzionalità risulta dagli argomenti esposti supra, ai punti 48‑54.

80      In secondo luogo, il congelamento dei capitali di tutte le entità possedute o controllate da un’entità riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. a) o b), del regolamento n. 423/2007 non presenterebbe alcun «nesso razionale» con l’obiettivo consistente nell’impedire la proliferazione nucleare e il suo finanziamento.

81      A tal riguardo la ricorrente ricorda, anzitutto, di essere una banca del Regno Unito distinta dalla propria società controllante e di rispettare tutte le normative applicabili. Essa precisa di essere stata soggetta agli stessi obblighi incombenti alle altre banche comunitarie per quanto riguarda le misure restrittive nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran e di averli adempiuti. Poiché non è stato dimostrato, né si è sostenuto che la ricorrente partecipasse al finanziamento della proliferazione nucleare, poiché i motivi addotti nella decisione impugnata non fanno espressamente riferimento alla ricorrente e poiché né essa, né la BMI sono state indicate quali entità che concorrono alla proliferazione nucleare nella risoluzione 1803 (2008) del Consiglio di sicurezza, l’applicazione automatica della misura di congelamento dei capitali prevista all’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 non è riconducibile allo scopo di impedire la proliferazione nucleare.

82      Inoltre, il congelamento dei capitali della ricorrente non inciderebbe in alcun modo sulla proliferazione nucleare, dato che la ricorrente non parteciperebbe al suo finanziamento e le misure adottate non sarebbero atte a modificare l’orientamento delle autorità iraniane. A tal riguardo, la ricorrente afferma inoltre che, in ogni caso, essa si conformerebbe alla decisione impugnata per quanto riguarda la BMI e le altre entità interessate dalle misure restrittive, il che comporterebbe che l’unica conseguenza del congelamento dei capitali sarebbe di impedire operazioni con entità che non partecipano alla proliferazione nucleare. Del pari, il divieto imposto alla ricorrente di effettuare operazioni non eserciterebbe alcuna pressione economica sul finanziamento della proliferazione nucleare, dato che la sua attività principale consisterebbe nell’investire i capitali provenienti dall’Iran in attivi situati fuori da tale paese.

83      Infine, la ricorrente ritiene che l’argomento del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, secondo cui il congelamento dei capitali delle entità possedute o controllate persegue anche lo scopo di esercitare pressioni economiche sulla BMI e sulla Repubblica islamica dell’Iran sia erroneo, dato che tale interpretazione non è giustificabile in base al tenore letterale e all’ambito di applicazione del regolamento n. 423/2007.

84      In terzo luogo, il congelamento dei capitali di tutte le entità possedute o controllate da un’entità riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. a) o b), del regolamento n. 423/2007 non sarebbe la misura meno restrittiva con cui si possa raggiungere l’obiettivo di impedire la proliferazione nucleare o il suo finanziamento, o di esercitare un controllo sulla ricorrente.

85      In tale contesto la ricorrente fa valere, anzitutto, che il congelamento dei capitali la priva della possibilità di effettuare operazioni e le arreca quindi un grave danno economico e di reputazione. Pertanto, l’applicazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 comporterebbe una lesione sproporzionata del diritto della ricorrente al pacifico godimento dei propri beni, della sua libertà di fornire servizi finanziari nell’Unione europea nonché della libera circolazione dei capitali e dei pagamenti.

86      Inoltre, l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 sarebbe sproporzionato rispetto alla risoluzione 1803 (2008), che esso mira ad attuare. Infatti, gli effetti di tale disposizione andrebbero al di là dell’obbligo sancito al punto 10 di detta risoluzione, che inviterebbe semplicemente gli Stati a vigilare sulle attività della BMI e delle sue filiali.

87      Infine, pur sottolineando l’adeguatezza delle misure di sorveglianza e di controllo esistenti, la ricorrente afferma che, per raggiungere l’obiettivo perseguito, si potrebbero applicare altre misure meno restrittive rispetto al congelamento dei suoi capitali, sia in alternativa, sia cumulativamente ad esso. A tal riguardo, nei suoi atti processuali, la ricorrente ha menzionato il rafforzamento della vigilanza quanto al suo rispetto delle misure restrittive, la richiesta di una maggiore trasparenza delle sue attività, in particolare per quanto riguarda i dati relativi ai conti e i dettagli delle operazioni in questione, l’adozione di misure volte a fare in modo che la sua situazione venga riesaminata periodicamente, nonché il rafforzamento della cooperazione con la FSA e il gruppo di azione finanziaria del Regno Unito. In udienza la ricorrente ha inoltre menzionato la previa approvazione delle operazioni e la sorveglianza sulle stesse da parte di un mandatario indipendente, nonché il divieto totale di effettuare operazioni con l’Iran.

88      Il Consiglio, sostenuto dagli intervenienti, fa valere che il congelamento dei capitali della ricorrente è riconducibile all’obiettivo di impedire la proliferazione nucleare, dato che è necessario per assicurare che le misure adottate in quest’ambito nei confronti della sua società controllante, la BMI, siano efficaci e non vengano eluse. Il Consiglio sottolinea in tale contesto che la ricorrente è posta sotto l’effettivo controllo della BMI. Pertanto, secondo il Consiglio, i capitali della ricorrente potrebbero essere utilizzati direttamente o indirettamente per fornire sostegno alla proliferazione nucleare e il congelamento dei capitali è quindi necessario, in particolare, per impedire che le misure riguardanti la BMI vengano eluse con trasferimenti effettuati dalla ricorrente a vantaggio della BMI o delle altre filiali o succursali di quest’ultima, eventualmente attraverso terzi di cui si ignorino i collegamenti con la BMI.

89      A tal riguardo, il Consiglio osserva altresì che, non disponendo la Comunità di competenza extraterritoriale, l’effetto della decisione impugnata dipenderà principalmente dalla sua applicazione alle succursali e filiali della BMI stabilite nell’Unione, compresa la ricorrente.

90      Il Consiglio aggiunge che le misure alternative proposte dalla ricorrente non garantiscono il conseguimento dell’obiettivo perseguito. Infatti, la divulgazione obbligatoria dei dati relativi ai conti e alle operazioni in questione sarebbe priva di effetti sulle operazioni già effettuate. Del pari, il rafforzamento della cooperazione con le autorità nazionali non impedirebbe la realizzazione delle operazioni attraverso terzi di cui si ignori la partecipazione alla proliferazione nucleare.

91      Il Consiglio sostiene inoltre che, per quanto la ricorrente subisca un certo pregiudizio a causa dell’adozione della decisione impugnata, non ne verrà messa a rischio l’esistenza nel periodo in cui i suoi capitali resteranno congelati. A tal riguardo, il Consiglio fa riferimento alle deroghe di cui agli artt. 9 e 10 del regolamento n. 423/2007, nonché alle notevoli riserve finanziarie della BMI e al fatto che molte banche commerciali hanno attraversato periodi nei quali non hanno generato utili. Per quanto riguarda il pregiudizio alla reputazione della ricorrente, il Consiglio ritiene che esso derivi già dalla risoluzione 1803 (2008), in cui sono state espressamente menzionate sia la BMI che le sue succursali e filiali.

92      Il Consiglio conclude che, tenuto conto dell’importanza di preservare la pace e la sicurezza internazionale, di fronte al rifiuto della Repubblica islamica dell’Iran di sospendere la proliferazione nucleare, e dato che la ricorrente è controllata da un’entità che vi partecipa, il congelamento dei capitali della ricorrente non è sproporzionato.

93      Oltre agli argomenti dedotti dal Consiglio, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord fa valere che il congelamento dei capitali delle entità possedute o controllate da un’entità riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. a) o b), del regolamento n. 423/2007 persegue anche l’obiettivo di esercitare pressioni economiche sulla BMI e, in ultima analisi, sulla Repubblica islamica dell’Iran. Orbene, l’attività economica ininterrotta della ricorrente continuerebbe a recare vantaggio alla BMI, sia finanziariamente che attraverso la reputazione e la presenza della ricorrente sul mercato.

94      Del pari, secondo il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, la decisione impugnata non è stata adottata per dare attuazione alla risoluzione 1803 (2008), bensì all’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007, che è inteso, a sua volta, a conseguire gli obiettivi della risoluzione 1737 (2006). Inoltre, il fatto che il congelamento dei capitali della ricorrente e della BMI non sia stato chiesto nella risoluzione 1803 (2008) non implicherebbe che tale misura non potesse essere disposta dal Consiglio.

95      Per quanto concerne l’impatto della decisione impugnata sulla ricorrente, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord rileva che la ricorrente ha già ottenuto oltre un centinaio di autorizzazioni ai sensi degli artt. 9 e 10 del regolamento n. 423/2007. Pertanto, non ne verrebbe messa a rischio l’esistenza.

96      La Repubblica francese aggiunge che l’efficacia delle misure meno restrittive proposte dalla ricorrente presuppone un rapporto fiduciario con la stessa. Orbene, tale rapporto sarebbe impossibile con una società controllata dalla BMI.

97      Peraltro, secondo la Repubblica francese, sarebbe irrilevante il fatto che la ricorrente debba rispettare le misure restrittive e che la violazione delle norme applicabili sia passibile di sanzioni penali. Infatti, le misure restrittive avrebbero una funzione preventiva, mentre le sanzioni penali intervengono solo a posteriori. Del resto, mentre le misure restrittive hanno ad oggetto la ricorrente, l’eventuale avvio di un procedimento penale nei confronti di uno dei suoi dipendenti non la coinvolgerebbe.

–       Giudizio del Tribunale

98      In limine, si deve rilevare che l’eccezione di illegittimità in esame è diretta a contestare la compatibilità con il principio di proporzionalità di una delle norme generali che definiscono le modalità di attuazione delle misure restrittive stabilite dal regolamento n. 423/2007, vale a dire del suo art. 7, n. 2, lett. d), che impone al Consiglio, come emerge dai precedenti punti 61‑67, di congelare i capitali delle entità possedute o controllate da un’entità riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. a) o b), del medesimo regolamento. Ne consegue, da un lato, che le osservazioni esposte supra, al punto 45, sono applicabili all’intensità del controllo operato dal Tribunale e, dall’altro, che, per analogia con quanto constatato al precedente punto 72, gli argomenti relativi al rapporto esistente tra la ricorrente e la BMI, nonché alla posizione particolare della ricorrente in quanto banca del Regno Unito, non sono pertinenti nell’ambito dell’esame della presente eccezione di illegittimità. Tali argomenti devono invece essere presi in considerazione nell’ambito dell’esame della censura secondo cui non era giustificata l’applicazione alla ricorrente dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007. Tali argomenti saranno quindi esaminati infra, ai punti 119‑129.

99      Si deve inoltre rilevare che il riferimento alla risoluzione del Consiglio di sicurezza 1803 (2008) è inoperante. Infatti, a differenza dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 423/2007, l’applicazione dell’art. 7, n. 2, prescinde dall’adozione di misure di congelamento dei capitali da parte del Consiglio di sicurezza. L’obiettivo stesso di tale disposizione è consentire al Consiglio di adottare, se lo ritiene giustificato, nell’esercizio delle competenze conferitegli dagli artt. 60 CE e 301 CE, misure di congelamento dei capitali nei confronti di entità che non siano oggetto di analoghe misure disposte dal Consiglio di sicurezza. Pertanto, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 non dà attuazione alla risoluzione 1803 (2008) e il contenuto di tale risoluzione non costituisce quindi un criterio sulla cui base valutare la compatibilità dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 con il principio di proporzionalità.

100    Secondo la giurisprudenza, in forza del principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto comunitario, la legittimità del divieto di un’attività economica è subordinata alla condizione che le misure di divieto siano appropriate e necessarie per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenza della Corte 13 novembre 1990, causa C‑331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I‑4023, punto 13). Gli argomenti della ricorrente devono quindi essere esaminati alla luce di tali criteri.

101    A tal riguardo, in primo luogo, nei limiti in cui l’argomento della ricorrente relativo all’interpretazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, riassunto supra, ai punti 48‑54, rileva ai fini dell’esame della compatibilità di detta disposizione con il principio di proporzionalità, tale argomento dev’essere respinto per i motivi esposti supra, ai punti 69‑76.

102    In secondo luogo, per quanto concerne l’esistenza di un nesso tra l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 e lo scopo perseguito, si deve rilevare che il regolamento n. 423/2007 mira ad impedire la proliferazione nucleare e il suo finanziamento, nonché ad esercitare pressioni sulla Repubblica islamica dell’Iran affinché ponga fine alle attività in questione. Tale obiettivo è riconducibile all’ambito più generale degli sforzi finalizzati al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale ed è quindi legittimo, circostanza che la ricorrente, peraltro, non contesta.

103    Contrariamente a quanto afferma la ricorrente, il congelamento dei capitali delle entità possedute o controllate da un’entità riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. a) o b), del regolamento n. 423/2007 è connesso all’obiettivo esposto al punto precedente. Infatti, quando vengono congelati i capitali di un’entità riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare, sussiste un rischio non trascurabile che tale entità eserciti pressioni su quelle da essa possedute o controllate per eludere l’effetto dei provvedimenti che la riguardano, incitandole a trasferirle direttamente o indirettamente i loro capitali o ad effettuare operazioni che non può realizzare essa stessa a causa del congelamento dei suoi capitali. In simili circostanze, si deve ritenere che il congelamento dei capitali delle entità possedute o controllate da un’entità riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare sia necessario ed appropriato per assicurare l’efficacia delle misure adottate nei confronti di tale entità e garantire che dette misure non vengano eluse.

104    L’esistenza del rischio sopra descritto spiega peraltro, da un lato, la circostanza discussa in udienza secondo cui le entità possedute o controllate sono indicate dal regolamento n. 423/2007, ancorché non siano espressamente menzionate al secondo e sesto ‘considerando’, che enunciano le varie misure restrittive controverse. Dall’altro, tale circostanza permette di spiegare perché non sia pertinente la questione se l’entità posseduta o controllata partecipi o meno, essa stessa, alla proliferazione nucleare.

105    Le altre circostanze richiamate dalla ricorrente non sono atte a modificare questa conclusione. Infatti, la circostanza che l’entità posseduta o controllata non sia stata destinataria, in passato, di misure disciplinari o regolamentari e abbia rispettato i regimi sanzionatori e le misure restrittive in vigore non è pertinente, in quanto l’entità controllante, fino a quando non è stata raggiunta da una misura di congelamento dei capitali, poteva, fatto salvo il rispetto di altre norme applicabili, farsi trasferire i capitali dalle entità da essa possedute o controllate ed effettuare operazioni attualmente incompatibili con le misure restrittive adottate. Pertanto, essa non aveva motivi per esercitare pressioni su dette entità. Del pari, una dichiarazione dell’entità posseduta o controllata, secondo cui essa rispetterebbe gli effetti del congelamento dei capitali della sua entità controllante, non garantisce che le pressioni eventualmente esercitate da quest’ultima non siano efficaci.

106    Si deve invece respingere la tesi del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord secondo cui il congelamento dei capitali delle entità possedute e controllate perseguirebbe anche lo scopo di esercitare pressioni economiche sulla Repubblica islamica dell’Iran attraverso la BMI, impedendo a quest’ultima di trarre vantaggio dagli utili, dalla reputazione e dalla posizione sul mercato della ricorrente. Infatti, le misure restrittive adottate con il regolamento n. 423/2007 non sono intese ad esercitare tali pressioni economiche. A tal riguardo, va rilevato che per quanto tali misure, enunciate al secondo e sesto ‘considerando’ del regolamento n. 423/2007, abbiano certamente lo scopo di esercitare pressioni sulla Repubblica islamica dell’Iran, si tratta però esclusivamente di restrizioni conservative dirette ad impedire la proliferazione nucleare e il suo finanziamento. Tuttavia, nulla nel regolamento n. 423/2007 consente di ritenere che dette misure mirino a ledere la situazione economica delle entità interessate, travalicando quanto necessario per impedire la proliferazione nucleare e il suo finanziamento.

107    In terzo luogo, per quanto riguarda l’esistenza di misure meno restrittive rispetto al congelamento dei capitali, che potrebbero essere applicate in alternativa o cumulativamente per conseguire l’obiettivo perseguito, si deve rilevare, anzitutto, che non è stata dimostrata l’adeguatezza delle misure di sorveglianza e di controllo esistenti al momento dell’adozione della decisione impugnata rispetto al rischio descritto supra, al punto 103.

108    Inoltre, il rafforzamento della sorveglianza sul rispetto delle misure restrittive esercitata dalle autorità competenti e una maggiore cooperazione con le stesse, la richiesta di una particolare trasparenza delle attività della ricorrente e l’adozione di misure volte a fare in modo che la situazione di quest’ultima venga riesaminata periodicamente sono misure ex post che riguardano operazioni già effettuate e pertanto non sono idonee a prevenire eventuali operazioni incompatibili con le misure restrittive adottate. Ciò vale a maggior ragione in quanto la loro efficacia è subordinata alla possibilità, per le autorità competenti, di accertare se la controparte di un’operazione sia o meno legata alla BMI o ad un’altra entità riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare.

109    Infine, per quanto riguarda le misure menzionate per la prima volta in udienza, va rilevato che esse non possono essere prese in considerazione. Infatti, tali misure sono state evocate in corso di causa, in violazione degli artt. 48, n. 2, e 76 bis, n. 3, del regolamento di procedura, senza che sia stata fornita alcuna giustificazione al riguardo. In ogni caso, la ricorrente non ha dimostrato che sia possibile realizzare un sistema di autorizzazione preventiva e di sorveglianza da parte di un mandatario indipendente. Il divieto totale di effettuare operazioni con l’Iran, di per sé, non sarebbe comunque idoneo a prevenire le operazioni con intermediari che non siano situati in tale paese e di cui si ignorino i rapporti con la BMI.

110    Pertanto, si deve concludere che le misure alternative proposte dalla ricorrente non sono idonee a conseguire l’obiettivo perseguito.

111    In quarto luogo, per quanto riguarda gli inconvenienti causati alla ricorrente, risulta dalla giurisprudenza che i diritti fondamentali da essa invocati, vale a il diritto di proprietà e il diritto di esercitare un’attività economica, non sono prerogative assolute e il loro esercizio può essere oggetto di restrizioni giustificate in nome di obiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunità. Infatti, qualsiasi misura restrittiva economica o finanziaria comporta, per definizione, conseguenze negative sui diritti di proprietà e sul libero esercizio delle attività professionali, con danni per soggetti di cui non è stata dimostrata la responsabilità riguardo alla situazione che ha condotto all’adozione delle misure di cui trattasi. L’importanza degli obiettivi perseguiti dalla normativa controversa è tale da giustificare eventuali conseguenze negative, anche ingenti, per taluni operatori (v., in tal senso, sentenze della Corte 30 luglio 1996, causa C‑84/95, Bosphorus, Racc. pag. I‑3953, punti 21‑23, e Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, cit., punti 354‑361).

112    A tal riguardo, si deve rilevare che la libertà di esercitare un’attività economica e il diritto di proprietà di un istituto bancario domiciliato sul territorio della Comunità risultano notevolmente limitate dal congelamento dei capitali. Infatti, l’entità in questione non può concludere nuove operazioni con i propri clienti e, salvo che disponga di specifiche autorizzazioni, non può trasferire i propri capitali. Tuttavia, data l’importanza fondamentale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, il Tribunale ritiene che gli inconvenienti provocati non siano sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti.

113    Per quanto riguarda, infine, il pregiudizio alla libera circolazione dei capitali e dei pagamenti lamentato dalla ricorrente, si deve rilevare che l’art. 60 CE, che fa parte delle disposizioni che disciplinano tale settore, autorizza esplicitamente il Consiglio ad adottare nei confronti di paesi terzi misure urgenti in materia di movimenti di capitali e di pagamenti, secondo il procedimento previsto all’art. 301 CE. Orbene, il regolamento n. 423/2007 è stato correttamente adottato sul fondamento di queste due disposizioni del Trattato CE, per cui le restrizioni che ne derivano fanno parte delle norme che delimitano la libera circolazione dei capitali e dei pagamenti sancita dal medesimo Trattato e quindi non possono risultare incompatibili con quest’ultimo.

114    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che non è stato dimostrato che l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 fosse incompatibile con il principio di proporzionalità. Va quindi respinta l’eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente in ordine a tale disposizione.

 Sulla qualità di entità «posseduta o controllata» della ricorrente, ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007

–       Argomenti delle parti

115    La ricorrente sostiene che la sua situazione particolare limita in misura significativa il controllo che potrebbe essere esercitato dalla BMI e che pertanto non le sarebbe applicabile l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007.

116    A tal riguardo, in primo luogo, essa afferma di costituire un’entità giuridica distinta e autonoma rispetto alla BMI, la quale, in particolare, non interviene nella sua gestione ordinaria. In secondo luogo, sia la ricorrente che i suoi amministratori e dipendenti sarebbero soggetti al regolamento n. 423/2007 e alle altre misure restrittive, agli altri regimi restrittivi e alle altre normative applicabili, e li rispetterebbero. In terzo luogo, secondo il diritto inglese, agli amministratori di una società incomberebbero vari obblighi nei confronti della stessa, e non nei confronti dei suoi azionisti, e il licenziamento ingiustificato di un amministratore sarebbe illegittimo. In quarto luogo, in quanto banca del Regno Unito, la ricorrente sarebbe sottoposta alla vigilanza della FSA, in particolare per quanto riguarda i suoi rapporti con la BMI, nonché la nomina e la composizione del suo personale e della sua dirigenza. Orbene, né la ricorrente, né i suoi dipendenti aventi mansioni di amministratori sarebbero stati oggetto di misure regolamentari o disciplinari da parte della FSA, la cui missione consiste, tra l’altro, nel contrastare la criminalità finanziaria, compreso il finanziamento del terrorismo e della proliferazione nucleare. In quinto luogo, la ricorrente si dice disposta a concludere, se del caso, un accordo secondo cui i suoi amministratori non possano essere sostituiti senza il consenso delle autorità competenti.

117    Il Consiglio, sostenuto dagli intervenienti, richiama la giurisprudenza elaborata nel settore del diritto della concorrenza per sostenere che la ricorrente, essendo interamente posseduta dalla BMI, si trova sotto il controllo effettivo di quest’ultima e non dispone quindi di una reale autonomia nella definizione del proprio comportamento. A tal riguardo, esso fa valere che, con tutta probabilità, gli amministratori della ricorrente sono stati nominati dalla BMI, devono rendere conto alla stessa e da essa possono essere licenziati.

118    Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord aggiunge che l’impegno proposto dalla ricorrente non è sufficiente ad impedire l’esercizio di un controllo significativo su di lei da parte della BMI, in quanto tale accordo difficilmente sarebbe esecutivo, potrebbe essere rescisso in qualsiasi momento e non potrebbe prevalere sulle norme applicabili in base al diritto societario inglese.

–       Giudizio del Tribunale

119    In limine, si deve rilevare che il motivo in esame riguarda la legittimità di una decisione con cui sono state applicate a una determinata entità le misure restrittive istituite dal regolamento n. 423/2007. Tale circostanza implica che le modalità del sindacato giurisdizionale operato dal Tribunale siano quelle indicate supra, al punto 46.

120    Nella specie, sia dalla motivazione della decisione impugnata, sia dalle osservazioni esposte dal Consiglio in udienza, risulta che quest’ultimo ha deciso di applicare l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 alla ricorrente in quanto si trattava di un’entità «posseduta» dalla BMI. A prima vista, il contenuto di tale nozione appare preciso, in quanto fa riferimento a una partecipazione della BMI al capitale della ricorrente. Tuttavia, si deve rilevare che, secondo la giurisprudenza citata supra, al punto 61, l’analisi di tale nozione non può basarsi unicamente sul suo contenuto semantico, dovendosi anche prendere in considerazione il nesso esistente tra l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 e lo scopo perseguito dal regolamento stesso, quale definito supra, ai punti 102 e 103.

121    Di conseguenza, si deve accertare se la ricorrente, essendo posseduta dalla BMI, possa essere indotta, con un grado di probabilità non trascurabile, ad eludere l’effetto delle misure adottate nei confronti della sua entità controllante. In tale contesto, può essere utile per il Tribunale ispirarsi alla giurisprudenza elaborata nel settore del diritto della concorrenza e relativa all’imputabilità del comportamento illecito di una controllata alla società controllante. Infatti, si tratta in entrambi i casi di valutare se, a causa dell’esistenza di un’influenza decisiva dell’entità controllante, la controllata possa essere indotta ad applicare le istruzioni di quest’ultima anziché determinare autonomamente il proprio comportamento (v., in tal senso, sentenze della Corte 14 luglio 1972, causa 48/69, Imperial Chemical Industries/Commissione, Racc. pag. 619, punto 133, e 24 ottobre 1996, causa C‑73/95 P, Viho/Commissione, Racc. pag. I‑5457, punto 16), anche se, nei due casi, il comportamento imposto dall’entità controllante non è della stessa natura.

122    Tale differenza implica peraltro che, nell’interpretazione del regolamento n. 423/2007, si devono privilegiare gli elementi relativi alla nomina del personale rispetto agli altri elementi presi in considerazione nell’ambito del diritto della concorrenza. Infatti, per influenzare in maniera rilevante il comportamento dell’entità posseduta, le pressioni esercitate dall’entità controllante, menzionate supra, al punto 103, devono riguardare in sostanza gli amministratori e/o i dipendenti della stessa.

123    A tal riguardo, la circostanza che un’entità sia interamente posseduta da un’altra implica, di regola, che la seconda abbia il diritto di nominare gli amministratori della prima e possa quindi esercitare un controllo effettivo sulla composizione della sua dirigenza e, in definitiva, su tutto il suo personale. Tuttavia, non si può escludere che, in circostanze eccezionali, l’applicazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 a un’entità posseduta, anche interamente, dall’entità controllante non risulti giustificata in quanto sussistono fattori idonei a controbilanciare l’influenza della seconda sulla prima.

124    Nella specie, è pacifico che la BMI detiene l’intero capitale della ricorrente e può quindi nominare e sostituire i suoi amministratori. Essa può quindi esercitare un’influenza sul personale della ricorrente. Di conseguenza, si deve constatare che esiste un rischio non trascurabile che la BMI sia in grado di indurre la ricorrente ad effettuare operazioni vietate dal regolamento n. 423/2007, esercitando pressioni sui suoi amministratori, o, attraverso gli stessi, sugli altri membri del personale. Occorre quindi verificare se le circostanze richiamate dalla ricorrente siano tali da controbilanciare tale influenza.

125    A tal riguardo, in primo luogo, il fatto che la ricorrente disponga della personalità giuridica e che la BMI non intervenga nella sua gestione ordinaria è irrilevante. Infatti, tali circostanze non rimettono in discussione l’influenza che la BMI esercita, direttamente o indirettamente, sul personale della ricorrente.

126    In secondo luogo, il fatto che la ricorrente e il suo personale abbiano rispettato le misure restrittive, i regimi sanzionatori e le altre normative in vigore e non siano stati destinatari in passato di misure disciplinari o regolamentari è anch’esso irrilevante, per i motivi esposti supra, al punto 105. Del pari, il Tribunale ritiene che il carattere dissuasivo delle sanzioni cui sarebbero esposti i membri del personale della ricorrente non sia sufficiente, in particolare, perché potrebbero essere adottate misure tese a dissimulare l’illiceità delle operazioni di cui trattasi, in particolare facendo ricorso a intermediari dei quali non siano noti i rapporti con la BMI.

127    In terzo luogo, per analogia con quanto esposto supra, al punto 71, la semplice esistenza di determinati obblighi incombenti agli amministratori in forza del diritto societario inglese non garantisce che questi stessi obblighi vengano rispettati. Orbene, poiché un’eventuale violazione potrebbe essere rilevata solo a posteriori, l’esistenza degli obblighi in questione non è atta a garantire un effetto preventivo equiparabile a quello delle misure restrittive. Poiché la ricorrente propone in tale contesto di subordinare la nomina dei propri futuri amministratori all’assenso delle autorità competenti, si deve osservare, da un lato, che non è stato dimostrato che tale procedura sia realizzabile e conforme al diritto inglese e, dall’altro, che essa comunque non risolverebbe la situazione degli attuali amministratori della ricorrente, i quali sono stati nominati dalla BMI.

128    Infine, in quarto luogo, si deve rilevare che lo scopo fondamentale della vigilanza esercitata sulle banche dalla FSA non è il rispetto delle misure restrittive applicate a determinate entità, bensì il mantenimento di un sistema finanziario stabile, efficace ed equo. Per quanto tale obiettivo includa taluni aspetti connessi alla criminalità finanziaria, essi si concentrano sul riciclaggio dei capitali, la frode e l’abuso di informazioni privilegiate. Per contro, l’attuazione delle misure restrittive e il controllo sull’osservanza delle medesime, anche per quanto riguarda le misure istituite dal regolamento n. 423/2007, rientrano direttamente nella competenza dell’HM Treasury (Ministero delle Finanze del Regno Unito), che ha costituito allo scopo un’unità speciale ed è altresì competente a concedere le autorizzazioni ai sensi degli artt. 9 e 10 del regolamento n. 423/2007. In tali circostanze, la sorveglianza esercitata dalla FSA sulla ricorrente, per quanto riguarda i suoi rapporti con la BMI e la nomina dei suoi amministratori e di alcuni altri membri del suo personale non è idonea a controbilanciare l’influenza esercitata sulla ricorrente dalla sua entità controllante.

129    Tenuto conto di quanto precede, si deve concludere che il Consiglio ha ritenuto giustamente che l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 fosse applicabile alla ricorrente. Il presente motivo va quindi respinto.

 Sul motivo concernente la violazione del principio di non discriminazione

–       Argomenti delle parti

130    La ricorrente sostiene che la decisione impugnata leda il «principio di non discriminazione», dato che, da un lato, la tratterebbe diversamente dalle banche che si trovano in una situazione sostanzialmente identica e, dall’altro, la tratterebbe allo stesso modo di quelle che si trovano in una situazione sostanzialmente diversa.

131    Infatti, la ricorrente si troverebbe in una situazione equiparabile a quella di altre banche del Regno Unito, e in particolare della Persia International Bank plc nonché della Bank Saderat plc (in prosieguo: la «banca Saderat»), anch’esse filiali nel Regno Unito di banche iraniane appartenenti allo Stato iraniano. Le tre banche dovrebbero essere oggetto di vigilanza da parte degli Stati ai sensi della risoluzione 1803 (2008), in cui peraltro la banca Saderat è stata espressamente menzionata, al pari della ricorrente. Inoltre, esse figurerebbero tutte nell’elenco dello United States Department of the Treasury (Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America) relativo alle banche sospettate di effettuare operazioni in violazione delle misure restrittive e dei regimi sanzionatori in vigore. Orbene, la ricorrente sarebbe l’unica i cui capitali siano stati congelati.

132    Per contro, per quanto riguarda il congelamento dei capitali, la ricorrente è stata sottoposta al medesimo trattamento applicato alla Bank Sepah International, la quale si troverebbe tuttavia in una situazione sostanzialmente diversa. Infatti, mentre il Consiglio di sicurezza avrebbe specificamente indicato quest’ultima nella risoluzione 1747 (2007) quale entità partecipante alla proliferazione nucleare, esso avrebbe invitato gli Stati a vigilare unicamente nei confronti della ricorrente, conformemente alla risoluzione 1803 (2008).

133    Il Consiglio, sostenuto dagli intervenienti, fa valere che non ha menzionato la ricorrente in quanto si tratta di una filiale di una banca pubblica iraniana, o in quanto è stata menzionata nella risoluzione 1803 (2008), o ancora in quanto figura nell’elenco redatto dallo United States Department of the Treasury. Infatti, il Consiglio afferma di essersi basato, nell’ambito della sua autonoma valutazione, sul fatto che la BMI ha fornito sostegno finanziario alle società partecipanti alla proliferazione nucleare. Pertanto, il confronto con la Persia International Bank e la banca Saderat sarebbe irrilevante.

134    Il Consiglio afferma poi che la ricorrente si trova in una situazione equiparabile a quella della la Bank Sepah International, dato che sia la società controllante di quest’ultima, la Bank Sepah, sia la BMI, partecipano alla proliferazione nucleare. Pertanto, il congelamento dei loro capitali, nonché di quelli delle loro filiali e succursali, sarebbe giustificato. A tal riguardo, il Consiglio sottolinea di essere libero di adottare misure autonome di congelamento dei capitali che vadano al di là delle misure imposte dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza e di attuare così la propria politica in materia di non proliferazione.

–       Giudizio del Tribunale

135    Secondo la giurisprudenza, il principio di non discriminazione, che costituisce un principio giuridico fondamentale, vieta che situazioni analoghe siano trattate in maniera differente o che situazioni diverse siano trattate in maniera uguale, a meno che tale disparità di trattamento non sia oggettivamente giustificata (sentenza del Tribunale 2 ottobre 2001, cause riunite T‑222/99, T‑327/99 e T‑329/99, Martinez e a./Parlamento, Racc. pag. II‑2823, punto 150).

136    Risulta dall’esame dei motivi precedenti che il criterio decisivo per l’attuazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, e quindi il criterio di confronto applicabile per accertare l’eventuale sussistenza di una violazione del principio della parità di trattamento, è se l’entità in questione sia posseduta o controllata da un’entità riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. a) o b), del medesimo regolamento.

137    Nella specie, la BMI è stata riconosciuta, nella decisione impugnata, come un’entità partecipante alla proliferazione nucleare e al precedente punto 30 si è concluso che la fondatezza di tale constatazione non rientrava nell’oggetto delle presenti cause. Del pari, come emerge dalle considerazioni svolte supra, ai punti 119‑129, la ricorrente è un’entità «posseduta o controllata» ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007. Pertanto, anche ammettendo che il Consiglio abbia effettivamente omesso di adottare misure di congelamento dei capitali nei confronti di talune entità possedute o controllate da entità riconosciute quali partecipanti alla proliferazione nucleare, quali la Persia International Bank o la banca Saderat, tale circostanza non può essere validamente invocata dalla ricorrente per i motivi esposti supra, al punto 75. La prima censura della ricorrente va quindi respinta.

138    Per quanto riguarda la seconda censura, si deve rilevare che, a differenza della ricorrente, i cui capitali sono stati congelati in forza dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007, la misura riguardante la Bank Sepah International è stata adottata in applicazione dell’art. 7, n. 1, del medesimo regolamento. Tale circostanza implica che la censura è inoperante rispetto all’asserita violazione del principio della parità di trattamento nell’ambito dell’applicazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, dato che la disposizione in esame è stata applicata solo in uno dei due casi cui fa riferimento la ricorrente. Peraltro, quest’ultima non ha neppure sostenuto che l’entità che controlla la Bank Sepah International non partecipi alla proliferazione nucleare. La ricorrente, pertanto, non ha dimostrato di trovarsi in una situazione di fatto diversa da quella della Bank Sepah International.

139    Si deve quindi respingere il presente motivo.

 Sul motivo concernente la violazione dell’obbligo di motivazione

–       Argomenti delle parti

140    La ricorrente ricorda che l’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007 stabilisce un obbligo di motivazione, nonché i requisiti che, secondo la giurisprudenza, devono essere soddisfatti nell’ambito della motivazione di una decisione che disponga il congelamento dei capitali. Essa sostiene poi che, nella specie, il Consiglio ha indicato solo nelle osservazioni relative alla domanda di provvedimenti provvisori, proposta nella causa T‑246/08 R, i motivi per cui sono stati congelati i capitali della ricorrente, vale a dire il fatto che quest’ultima era controllata dalla BMI, che avrebbe partecipato al finanziamento della proliferazione nucleare e che il congelamento dei capitali era quindi necessario per garantire l’efficacia delle misure adottate nei confronti della BMI. Pertanto, la decisione impugnata non sarebbe motivata per quanto riguarda la ricorrente.

141    Per replicare, in tale contesto, all’argomento della Repubblica francese secondo cui non è necessario che siano individuate, nell’allegato V del regolamento n. 423/2007, le entità possedute o controllate destinatarie delle misure di congelamento dei capitali, la ricorrente fa valere che tale orientamento impedirebbe ai terzi di verificare che non stiano per «trattare» con tali entità e quindi non stiano per effettuare operazioni vietate da detto regolamento.

142    Il Consiglio, sostenuto dagli intervenienti, osserva che, poiché il congelamento dei capitali di un’entità riguarda anche le filiali da questa possedute o controllate, non occorre dedurre una specifica motivazione per il congelamento dei capitali di ciascuna delle filiali. Esso ritiene quindi che sia sufficiente fornire, nella decisione impugnata, una motivazione individuale e specifica per quanto riguarda la BMI. La Repubblica francese aggiunge, a tale riguardo, che non occorre neppure che nella decisione che dispone una misura di congelamento dei capitali ai sensi del regolamento n. 423/2007 siano indicati i nomi di tutte le filiali, dato che la decisione di cui trattasi si applica automaticamente nei loro confronti.

–       Giudizio del Tribunale

143    L’obbligo di motivare un atto che arreca pregiudizio, quale previsto all’art. 253 CE e, più in particolare, nel caso di specie, all’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, ha lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se l’atto sia fondato, oppure se sia eventualmente inficiato da un vizio che consente di contestarne la validità dinanzi al giudice comunitario e, dall’altro, di consentire a quest’ultimo di esercitare il suo sindacato di legittimità su tale atto. L’obbligo di motivazione così formulato costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, al quale si può derogare solo per ragioni imperative. Pertanto, la motivazione, in linea di principio, deve essere comunicata all’interessato contemporaneamente all’atto che gli arreca pregiudizio e la sua mancanza non può essere sanata dal fatto che l’interessato venga a conoscenza dei motivi dell’atto nel corso del procedimento dinanzi al giudice comunitario. Peraltro, il rispetto dell’obbligo di motivazione è tanto più importante nel caso di una prima decisione con la quale vengono congelati i capitali di un’entità, in quanto costituisce l’unica garanzia che consenta all’interessato di avvalersi utilmente dei mezzi di ricorso a sua disposizione per contestare la legittimità della detta decisione, dato che quest’ultimo non dispone di un diritto di audizione prima dell’adozione dell’atto (v., in tal senso, sentenza Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, cit., punti 138‑140, e giurisprudenza ivi citata).

144    Pertanto, salvo che non vi ostino ragioni imperative riguardanti la sicurezza della Comunità e dei suoi Stati membri, o la condotta delle loro relazioni internazionali, il Consiglio è tenuto, ai sensi dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, a portare a conoscenza dell’entità interessata le ragioni specifiche e concrete per le quali è stata adottata una decisione di congelamento dei capitali, quale la decisione impugnata. Esso deve quindi menzionare gli elementi di fatto e di diritto da cui dipende la giustificazione giuridica della decisione e le considerazioni che l’hanno indotto ad adottarla. In tutta la misura del possibile, detta motivazione dev’essere comunicata contemporaneamente all’adozione della misura di cui trattasi, oppure al più presto successivamente alla stessa (v., in tal senso e per analogia, sentenza Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran, cit., punti 143 e 148, e giurisprudenza ivi citata).

145    Tuttavia, la motivazione dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e al contesto nel quale è stato adottato. La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo interessate direttamente e individualmente possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’adeguatezza della motivazione di un atto dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia. In particolare, un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (sentenza Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran, cit., punto 141, e giurisprudenza ivi citata).

146    Come risulta dai precedenti punti 61‑67, l’applicazione dell’art. 7, n. 2, lett. d) del regolamento n. 423/2007, che è in discussione nel caso di specie, richiede che l’entità interessata sia posseduta o controllata da un’entità riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. a) o b), del medesimo regolamento, e che il Consiglio valuti caso per caso la qualità di entità «posseduta o controllata» dell’entità in questione. Di conseguenza, oltre all’indicazione del fondamento normativo della misura adottata, l’obbligo di motivazione incombente al Consiglio riguarda proprio tale circostanza. Si deve respingere, in tale contesto, la tesi della Repubblica francese secondo cui non occorrerebbe menzionare, nelle decisioni ex art. 7, n. 2, di detto regolamento, i nomi delle entità possedute o controllate cui si applicano le misure di congelamento dei capitali. Infatti, se si accogliesse tale interpretazione, le entità interessate non sarebbero in grado né di constatare per via ufficiale che sono state loro applicate misure di congelamento dei capitali, né di conoscere le ragioni per le quali il Consiglio ha ritenuto che esse presentassero la qualità di entità «posseduta o controllata». Del pari, i terzi non potrebbero verificare l’ambito di applicazione ratione personae delle misure adottate. Orbene, tale situazione sarebbe incompatibile sia con l’obbligo di motivazione incombente al Consiglio, sia con i principi della certezza del diritto e di trasparenza.

147    Nella specie, il Consiglio ha rilevato, sia nel titolo della decisione impugnata che al secondo ‘considerando’ della stessa, che le misure adottate si fondavano sull’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007. Esso ha constatato, nella tabella B, punto 4, dell’allegato della decisione impugnata, che la BMI partecipava alla proliferazione nucleare, basandosi sui motivi esposti al precedente punto 11. Infine, nella tabella B, punto 4, dell’allegato della decisione impugnata, esso ha menzionato la ricorrente tra le «succursali e filiali» della BMI.

148    Di conseguenza, il Tribunale ritiene che la motivazione della decisione impugnata, nella parte relativa alla ricorrente, ancorché particolarmente succinta, risulti sufficiente ai sensi della giurisprudenza citata supra, ai punti 143‑145. Infatti, in primo luogo, la ricorrente poteva individuare, nell’ambito della decisione impugnata, l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 quale fondamento normativo della misura di congelamento dei capitali che la riguardava, dato che, da un lato, l’art. 7, n. 2, del medesimo regolamento era stato menzionato come disposizione applicata e, dall’altro, la ricorrente era stata ivi indicata quale entità rientrante fra le «succursali e filiali» della BMI, con la conseguenza che l’art. 7, n. 2, lett. d), di detto regolamento, specificamente applicabile alle entità possedute o controllate, e quindi in particolare alle filiali, era stato applicato nei suoi confronti.

149    In secondo luogo, nella decisione impugnata il Consiglio esplicita le ragioni per le quali ha ritenuto che la BMI partecipasse alla proliferazione nucleare ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. a) e b), del regolamento n. 423/2007.

150    In terzo luogo, il fatto che la ricorrente sia stata individuata quale entità rientrante fra le «succursali e filiali» della BMI nella decisione impugnata implica che il Consiglio ha ritenuto che la ricorrente, essendo il suo capitale interamente detenuto dalla BMI, fosse «posseduta» da quest’ultima ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007.

151    La conclusione relativa all’adeguatezza della motivazione della decisione impugnata è peraltro corroborata dal contenuto dell’atto introduttivo nella causa T‑246/08. Infatti, in tale atto, la ricorrente affermava di essere giuridicamente e funzionalmente distinta dalla BMI e che non le si poteva imputare l’asserita partecipazione di quest’ultima alla proliferazione nucleare. Ha inoltre sostenuto che il congelamento dei suoi capitali non avrebbe avuto conseguenze sulla proliferazione nucleare, dato che, in particolare, essa si sarebbe comunque conformata alla decisione impugnata congelando tutti i capitali della BMI in suo possesso e cessando ogni operazione con quest’ultima. Risulta da tale argomento che, al momento della proposizione del primo ricorso, la ricorrente era consapevole del nesso esistente tra il congelamento dei suoi capitali e la partecipazione alla proliferazione nucleare contestata alla sua entità controllante, la BMI.

152    Alla luce di quanto precede, occorre respingere il presente motivo e, pertanto, il ricorso nella sua integralità.

 Sulle spese

153    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, comprese quelle afferenti ai procedimenti sommari.

154    Ai termini dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Pertanto, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, la Repubblica francese e la Commissione sopporteranno le proprie spese, comprese quelle afferenti ai procedimenti sommari.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      I ricorsi sono respinti.

2)      La Melli Bank plc sopporterà, oltre alle proprie spese, le spese sostenute dal Consiglio dell’Unione europea, comprese quelle afferenti ai procedimenti sommari.

3)      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, la Repubblica francese e la Commissione delle Comunità europee sopporteranno le proprie spese, comprese quelle afferenti ai procedimenti sommari.

Pelikánová

Jürimäe

Soldevila Fragoso

Così deciso e pronunciato in pubblica udienza a Lussemburgo il 9 luglio 2009.

Firme

Indice


Fatti

Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran

Decisione impugnata

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sulla ricevibilità

Sulla ricevibilità degli argomenti della ricorrente relativi alla mancata partecipazione della BMI al finanziamento della proliferazione nucleare

Sulla ricevibilità dell’eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente

Nel merito

Sull’intensità del sindacato giurisdizionale

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sull’interpretazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sull’eccezione di illegittimità riguardante l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulla qualità di entità «posseduta o controllata» della ricorrente, ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sul motivo concernente la violazione del principio di non discriminazione

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sul motivo concernente la violazione dell’obbligo di motivazione

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulle spese


* Lingua processuale: l’inglese.