Language of document : ECLI:EU:T:1998:203

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

15 settembre 1998 (1)

«Dipendenti - Riassegnazione - Domanda di passaggio

dal quadro LA alla categoria A - ”Sblocco del passaggio”»

Nella causa T-23/96,

Elsa De Persio, dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente in Bruxelles, con gli avv.ti Giovanni Petroni e Franco Giampietro, del foro di Roma, e con l'avv. Veronique Laurent, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Gilles Bouneau, 15, avenue du Bois,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Gianluigi Valsesia, consigliere giuridico principale, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

sostenuta da

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dai signori Diego Canga Fano e Paolo Martino Cossu, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Alessandro Morbilli, direttore generale della direzione «Affari giuridici» della Banca europea per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,

interveniente,

avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento della decisione della Commissione che respinge una domanda di inquadramento nella categoria A, all'annullamento della decisione della Commissione 22 dicembre 1995 che dispone la riassegnazione della ricorrente al servizio Traduzione di detta istituzione e, infine, alla condanna della Commissione al risarcimento dei danni,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dai signori A. Kalogeropoulos, presidente, C. W. Bellamy e J. Pirrung, giudici,

cancelliere: H. Jung

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 6 maggio 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Quadro normativo

1.
    Ai sensi dell'art. 45, n. 2, dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto») «il passaggio di un funzionario da un quadro o da una categoria a un altro quadro o a una categoria superiore può avvenire soltanto mediante concorso».

2.
    A seguito del regolamento (CEE, Euratom, CECA) del Consiglio 21 dicembre 1992, n. 3947, che modifica lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di queste Comunità (GU L 404, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 3947/92»), le disposizioni dell'art. 45 dello Statuto sono state completate. L'art. 11 del regolamento n. 3947/92 prevede al riguardo che:

«All'art. 45 sono aggiunti i paragrafi seguenti:

”3.    Tuttavia, in funzione dell'esigenza di personale di un'istituzione, è possibile derogare al paragrafo 2 per consentire il passaggio di funzionari del quadro LA alla categoria A e viceversa mediante trasferimento, conformemente al paragrafo 4.

4.    Qualora decida di valersi della deroga di cui al paragrafo 3, l'autorità che ha il potere di nomina stabilisce, tenendo debito conto del parere della commissione paritetica, il numero dei posti che possono formare oggetto di questa misura. Secondo la stessa procedura essa decide i criteri e le condizioni dei trasferimenti previsti, compresa la considerazione dei meriti, della formazione e dell'esperienza professionale dei dipendenti interessati.

    Per il funzionario oggetto della deroga autorizzata dal paragrafo 3, l'anzianità di cui al paragrafo 1 nel grado di trasferimento è calcolata a decorrere dalla data in cui avviene il trasferimento.

    In nessun caso il funzionario riceve nel nuovo grado uno stipendio di base inferiore a quello percepito nel grado precedente.

    Se necessario ogni istituzione adotta disposizioni generali di esecuzione dei paragrafi 3 e 4, conformemente all'articolo 110”».

3.
    Il 4 febbraio 1994 la Commissione ha adottato, in applicazione dei nn. 3 e 4 dell'art. 45 dello Statuto, una decisione relativa allo «sblocco LA/A», che permette il passaggio dei dipendenti della Commissione, per trasferimento, dal quadro LA alla categoria A e viceversa (Informazioni amministrative dell'11 febbraio 1994, numero speciale).

Fatti all'origine della controversia

4.
    Il 1. ottobre 1988 la signora Elsa Di Persio, dipendente del quadro linguistico (in prosieguo: il «quadro LA») presso il servizio Traduzione della Commissione, veniva designata quale responsabile della versione italiana del sistema interistituzionale di documentazione automatizzata del diritto comunitario, noto come sistema CELEX.

5.
    Nell'ottobre 1992 le competenze relative alla gestione del sistema CELEX venivano trasferite all'Ufficio delle Pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee (in prosieguo: l'«Ufficio delle pubblicazioni»). Con decisione 11 marzo 1993, con effetto dal 1. ottobre 1992, alla ricorrente veniva conferita una nuova assegnazione presso il detto Ufficio a Bruxelles, ove le veniva affidato l'incarico di responsabile della metodologia dell'alimentazione dati del sistema CELEX.

6.
    Nel 1994 l'Ufficio delle pubblicazioni trasferiva le attività e il personale del gruppo CELEX dalla sede di Bruxelles a quella di Lussemburgo.

7.
    Il 4 luglio 1994 il medesimo Ufficio pubblicava l'avviso di posto vacante COM/4022/94, relativo ad un posto di categoria A7/A6, la cui sede di servizio era Lussemburgo, impiego che era collegato all'esecuzione delle funzioni sino ad allora affidate alla ricorrente.

8.
    Con lettera 24 ottobre 1994, indirizzata al direttore generale dell'Ufficio delle pubblicazioni e trasmessa al direttore generale del servizio Traduzione della Commissione, la ricorrente presentava una domanda diretta ad ottenere il suo inquadramento nella categoria A. In tale domanda essa faceva valere che, in seguito all'entrata in vigore del regolamento n. 3947/92, che modifica l'art. 45 dello Statuto, era legittimo che si procedesse ad inquadrarla nella categoria A, poiché svolgeva, presso l'Ufficio delle pubblicazioni, funzioni corrispondenti a quelle di un dipendente di categoria A e la sua assegnazione era stata decisa per fronteggiare le necessità di personale dell'Ufficio.

9.
    Con lettera 13 gennaio 1995 il direttore generale dell'Ufficio delle pubblicazioni rispondeva alla ricorrente che, a seguito della decisione della Commissione 4 febbraio 1994, adottata in attuazione del regolamento n. 3947/92, era possibile coprire un posto vacante di categoria A mediante trasferimento di un dipendente del quadro LA, ma che tale decisione non poteva avere effetti retroattivi e non riguardava quindi la sua situazione. Peraltro, dopo averle ricordato che aveva rifiutato, per la seconda volta, di essere trasferita a Lussemburgo per esercitarvi le sue funzioni presso l'Ufficio, il direttore le comunicava che, per evitarle detto trasferimento, il servizio Traduzione si era impegnato a reintegrarla a partire dal momento in cui si fosse trovato un candidato idoneo a svolgere dette funzioni presso la sede di Lussemburgo. Il direttore generale dell'Ufficio delle pubblicazioni la informava, pertanto, che, a seguito del parere favorevole emesso dal comitato di direzione dell'Ufficio delle pubblicazioni, il servizio Traduzione aveva confermato la sua imminente reintegrazione.

10.
    Il 18 gennaio 1995 la ricorrente presentava una domanda ai sensi dell'art. 90, n. 1, dello Statuto, con la quale chiedeva, da un lato, la «regolarizzazione» della sua situazione statutaria, vale a dire il suo passaggio alla categoria A, e, dall'altro, un intervento presso l'Ufficio delle pubblicazioni per far cessare le pressioni che, a suo avviso, venivano esercitate nei suoi confronti, destinate a renderle impossibile la permanenza presso il detto Ufficio.

11.
    Non essendo stato dato alcun seguito a tale domanda, il 16 agosto 1995 la ricorrente presentava un reclamo, ai sensi dell'art. 90, n. 2, dello Statuto, contro la decisione implicita di rigetto della sua domanda. Nel reclamo sosteneva, in primo luogo, di subire pressioni dirette a «spingerla a rientrare nel servizio Traduzione» e, in secondo luogo, che la decisione 11 marzo 1993, con la quale era stata assegnata all'Ufficio delle pubblicazioni, corrispondeva perfettamente ai requisitiprescritti dal regolamento n. 3947/92 per il passaggio dei dipendenti dal quadro linguistico LA alla categoria A.

12.
    La Commissione respingeva tale reclamo con decisione 21 dicembre 1995, in ragione del fatto che la decisione 11 marzo 1993, per effetto della quale era stata conferita alla ricorrente una nuova assegnazione presso l'Ufficio delle pubblicazioni, non rientrava ratione temporis nell'ambito di applicazione del regolamento n. 3947/92, dato che era stata adottata prima dell'entrata in vigore della decisione della Commissione 4 febbraio 1994 relativa allo sblocco del passaggio tra categorie, di cui all'art. 11 del detto regolamento. L'amministrazione segnalava che, di conseguenza, la ricorrente continuava ad appartenere al quadro LA, pur riconoscendo che quest'ultima poteva usufruire delle norme sullo sblocco del passaggio tra categorie per essere trasferita, in futuro, a un posto di categoria A. Essa sottolineava, peraltro, che la situazione amministrativa della ricorrente era interessata dalla decisione dell'Ufficio delle pubblicazioni di trasferire a Lussemburgo le funzioni da lei esercitate. Al riguardo constatava che nel 1994 l'Ufficio aveva pubblicato l'avviso di posto vacante COM/4022/94 per un posto di categoria A, con sede di servizio a Lussemburgo, luogo nel quale, nel frattempo, veniva ormai effettuata gran parte del suo lavoro, ma che essa non si era tuttavia candidata per detto posto. Aggiungeva che, di fronte a tale situazione, «sensibile ai problemi che tale decisione di trasferimento del lavoro [comportava] per la reclamante, il servizio Traduzione le [aveva] offerto la possibilità di reintegrarla, pur non formulando alcuna obiezione ad una sua candidatura in base alle disposizioni relative allo sblocco del passaggio tra categorie».

13.
    Con decisione 22 dicembre 1995, sottoscritta dal direttore generale del personale e dell'amministrazione, la signora De Persio veniva riassegnata al servizio Traduzione. Nella lettera di accompagnamento della comunicazione di tale decisione all'interessata, il direttore generale del personale e dell'amministrazione precisava che, in seguito al trasferimento del gruppo CELEX da Bruxelles a Lussemburgo e tenuto conto del desiderio della ricorrente di risiedere a Bruxelles, egli si vedeva costretto a procedere, nell'interesse del servizio, alla riassegnazione della stessa presso il servizio Traduzione nella sua qualità di dipendente del quadro LA.

14.
    Il 4 febbraio 1996 la ricorrente presentava un reclamo avverso la decisione 22 dicembre 1995, facendo valere l'inesistenza delle ragioni di servizio invocate genericamente dall'amministrazione. Sosteneva, al riguardo, che nessuno dei dipendenti del quadro LA distaccati, al pari suo, presso l'Ufficio delle pubblicazioni era stato o sarebbe stato trasferito a Lussemburgo.

15.
    Sulla base dell'art. 179 del Trattato CE e dell'art. 91, n. 4, dello Statuto, la ricorrente, dopo aver presentato il suo reclamo, ha adito immediatamente il Tribunale con il ricorso in esame, con atto introduttivo depositato in cancelleria il 27 febbraio 1996, al quale era unita una domanda di provvedimenti urgenti direttaad ottenere la sospensione dell'esecuzione della decisione 22 dicembre 1995 e la sua immediata reintegrazione nelle funzioni fino ad allora da lei esercitate nell'ambito del gruppo CELEX.

16.
    Con ordinanza del presidente del Tribunale 22 aprile 1996, causa T-23/96 R, Elsa De Persio/Commissione (Racc. PI pagg. I-A 179, e II-527), la domanda di provvedimenti urgenti è stata respinta.

17.
    Con domanda depositata nella cancelleria del Tribunale il 28 maggio 1996 il Consiglio ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della convenuta. Con ordinanza 16 ottobre 1996 il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha accolto la domanda di intervento.

18.
    Dopo la proposizione del ricorso, il membro della Commissione incaricato delle questioni del personale, con lettera 10 giugno 1996, ha comunicato alla ricorrente che egli confermava la decisione 22 dicembre 1995 adottata dal direttore generale del personale e dell'amministrazione, di concerto con l'Ufficio delle pubblicazioni e il servizio Traduzione, di reintegrarla in quest'ultimo servizio, tenuto conto del suo rifiuto di svolgere le sue funzioni presso l'Ufficio delle pubblicazioni a Lussemburgo.

19.
    In seguito, mediante decisione 17 giugno 1996 la Commissione ha esplicitamente respinto il reclamo della ricorrente avverso la decisione di riassegnazione 22 dicembre 1995, in quanto essa non aveva constatato alcun vizio nel provvedimento impugnato.

20.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria. Tuttavia, ai sensi dell'art. 64 del regolamento di procedura, il Tribunale ha invitato la Commissione a rispondere per iscritto ad un quesito e a depositare alcuni documenti, il che essa ha fatto nei termini prescritti.

21.
    Le parti hanno svolto difese orali e risposto ai quesiti orali del Tribunale all'udienza del 6 maggio 1998.

Conclusioni delle parti

22.
    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

-    constatare l'illiceità dello spossessamento delle sue funzioni presso l'Ufficio delle pubblicazioni e delle pressioni esercitate a tal fine;

-    annullare la decisione 22 dicembre 1995, con cui è stata nuovamente assegnata al servizio Traduzione;

-    annullare la decisione 21 dicembre 1995 di rigetto del suo reclamo contro il diniego dell'amministrazione di accogliere la sua domanda di inquadramento nella categoria A;

-    dichiarare che la decisione della Commissione 4 febbraio 1994, relativa all'applicazione dei nn. 3 e 4 dell'art. 45 dello Statuto, non le è opponibile;

    -    dichiarare che la Commissione è tenuta ad inquadrarla nella categoria A a partire dal 1. gennaio 1993 e a reintegrarla nelle sue funzioni presso l'Ufficio delle pubblicazioni;

-    esaminare la legittimità dell'art. 45, nn. 2, 3 e 4, dello Statuto;

-    condannare la Commissione al risarcimento dei danni subiti per i comportamenti illeciti e gli atti illeciti dell'amministrazione;

-    condannare la Commissione alle spese, comprese quelle sostenute nell'ambito del procedimento sommario T-23/96 R.

23.
    Nella replica la ricorrente chiede inoltre che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione 17 giugno 1996, recante rigetto del suo reclamo contro la decisione di riassegnazione;

-    dichiarare nullo e privo di effetti il contenuto della lettera 10 giugno 1996 del membro della Commissione responsabile delle questioni relative al personale;

24.
    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso in quanto parzialmente irricevibile e globalmente infondato;

-    statuire sulle spese come di diritto.

25.
    Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

-    accogliere le conclusioni della Commissione.

Sulla ricevibilità

Argomenti delle parti

26.
    La Commissione fa valere che la domanda della ricorrente mirante all'assegnazione ad un impiego di categoria A, con effetto dal 1. gennaio 1993, è irricevibile per ilfatto che, per giurisprudenza costante, il giudice comunitario non può, senza sconfinare nelle prerogative dell'autorità amministrativa, rivolgere ordini ad un'istituzione comunitaria (sentenza del Tribunale 10 aprile 1992, causa T-15/91, Bollendorf/Parlamento, Racc. pag. II-1694, punto 57).

27.
    La Commissione sostiene altresì che la domanda formulata dalla ricorrente nella sua replica, mirante all'annullamento della lettera 10 giugno 1996 del membro della Commissione incaricato delle questioni del personale, è irricevibile. Pur ammettendo che detta lettera sia stata inviata in data successiva alla proposizione del ricorso e alla domanda di sospensione dell'esecuzione della decisione impugnata 22 dicembre 1995, e che si tratti, pertanto, di elemento nuovo emerso nel corso del procedimento, la Commissione adduce nondimeno che detta domanda non è suffragata da alcun motivo e non ottempera quindi a quanto prescritto dagli art. 44-48 del regolamento di procedura del Tribunale. Infatti, tale presentazione non consentirebbe al Tribunale di esercitare il suo controllo giurisdizionale ed alla Commissione di preparare utilmente la propria difesa (ordinanza del Tribunale 28 aprile 1993, causa T-85/92, De Hoe/Commissione, Racc. pag. II-523).

Giudizio del Tribunale

28.
    Per quanto riguarda, in primo luogo, la domanda della ricorrente con la quale quest'ultima chiede al Tribunale di «dichiarare che la Commissione è tenuta ad inquadrarla nella categoria A a partire dal 1. gennaio 1993 e a reintegrarla nelle sue funzioni presso l'Ufficio delle pubblicazioni», il Tribunale ricorda che, secondo una giurisprudenza costante, nell'ambito del controllo di legittimità fondato sull'art. 91 dello Statuto, il giudice comunitario non è competente a rivolgere ingiunzioni all'amministrazione né a rendere dichiarazioni di diritto (sentenze del Tribunale 27 giugno 1991, causa T-156/89, Valverde Mordt/Corte di giustizia, Racc. PI pag. II-407, punto 150, 8 giugno 1995, causa T-147/95, P/Commissione, Racc. PI pag. II-433, punto 24, e 5 novembre 1996, cause riunite T-21/95 e T-186/95, Mazzocchi Alemanni/Commissione, Racc. PI pag. II-1377, punto 44).

29.
    Di conseguenza, la domanda volta a far disporre dal Tribunale l'inquadramento della ricorrente nella categoria A e la sua reintegrazione nelle funzioni da essa svolte in precedenza deve essere dichiarata irricevibile.

30.
    Per quanto riguarda, in secondo luogo, il primo e il quarto capo della domanda della ricorrente, con i quali si chiede al Tribunale di «constatare l'illiceità dello spossessamento delle sue funzioni presso l'Ufficio delle pubblicazioni e delle pressioni esercitate a tal fine» e di «dichiarare che la decisione della Commissione 4 febbraio 1994, relativa all'applicazione dei nn. 3 e 4 dell'art. 45 dello Statuto, non le è opponibile», il Tribunale ritiene che, benché formalmente essi mirino a che siano formulate dichiarazioni o constatazioni, e che pertanto debbano, in via di principio, essere considerati irricevibili, in realtà, gli stessi coincidono, quanto al loro oggetto, con i capi della domanda diretta all'annullamento delle decisioni della Commissione di non inquadrarla nella categoria A e di riassegnarla al servizioTraduzione, oppure costituiscono motivi a sostegno di detta domanda, cosicché non si ha motivo di dichiararli irricevibili.

31.
    Infine, per quanto riguarda la domanda formulata dalla ricorrente nella replica contro la lettera 10 giugno 1996, successiva alla proposizione del ricorso, del membro della Commissione responsabile delle questioni del personale, occorre sottolineare, innanzi tutto, che l'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, in forza del quale la produzione di motivi nuovi in corso di causa è ammessa qualora tali motivi si fondino su elementi di fatto e di diritto emersi nel corso del procedimento, può essere applicato in taluni casi ad un cambiamento delle parti o delle conclusioni (ordinanza del Tribunale 21 marzo 1996, causa T-161/95, Lino Liao/Consiglio, non pubblicata nella Raccolta, punto 30).

32.
    Al riguardo, dalla giurisprudenza risulta che, per un'esigenza di economia processuale, la domanda inizialmente diretta contro un atto sostituito, in corso di causa, da un atto avente lo stesso oggetto, può essere considerata diretta contro il nuovo atto, poiché quest'ultimo costituisce un elemento nuovo che consente ai ricorrenti di adeguare le proprie conclusioni e le proprie difese (v. sentenze della Corte 3 marzo 1982, causa 14/81, Alpha Steel/Commissione, Racc. pag. 749, punto 8, e 14 luglio 1988, causa 103/85, Stahlwerke Peine-Salzgitter/Commissione, Racc. pag. 4131, punto 11). Per lo stesso motivo, la domanda può essere estesa alle disposizioni di una decisione, adottata in corso di causa, che proroghino e confermino in maniera sostanzialmente identica le disposizioni di una decisione inizialmente riguardata dal ricorso (v. sentenza della Corte 29 settembre 1987, cause riunite 351/85 e 360/85, Fabrique de fer de Charleroi e Dillinger Hüttenwerke/Commissione, Racc. pag. 3639, punto 11).

33.
    Alla luce di tali elementi si deve considerare, come ammette la Commissione, che la lettera 10 giugno 1996, con la quale il membro della Commissione responsabile delle questioni del personale ha confermato la decisione impugnata 22 dicembre 1995 che dispone la riassegnazione, costituisce un elemento nuovo emerso in corso di causa, che consente, di conseguenza, alla ricorrente di adeguare le proprie conclusioni e le proprie difese.

34.
    Ciò vale tanto più in quanto, secondo giurisprudenza costante, un ricorso di annullamento proposto da un dipendente avverso una decisione di conferma è irricevibile solo se la decisione confermata è divenuta definitiva nei confronti dell'interessato, perché non è stata impugnata in sede giurisdizionale nei termini prescritti. In caso contrario, l'interessato può impugnare o la decisione confermata, o la decisione confermativa, oppure entrambe le decisioni (sentenza della Corte 11 maggio 1989, cause riunite 193/87 e 194/87, Maurissen/Corte dei conti, Racc. pag. 1045, punto 26, e sentenza del Tribunale 27 ottobre 1994, causa T-64/92, Chavanne de Dalmassy e a./Commissione, Racc. PI pag. II-723, punto 25). Nella fattispecie, si deve constatare che, al momento dell'invio della lettera 10 giugno 1996 contenente la decisione di conferma del membro della Commissione responsabiledelle questioni del personale, la decisione di riassegnazione confermata aveva già costituito oggetto del ricorso in esame, e ciò nei termini prescritti dall'art. 91, n. 4, dello Statuto, di modo che la domanda contro la suddetta lettera deve, a maggior ragione, essere dichiarata ricevibile.

35.
    Ciononostante, la Commissione fa valere che la domanda contro la lettera 10 giugno 1996 è irricevibile, non essendo sostenuta da alcun motivo.

36.
    Siffatto argomento non può essere accolto. Al riguardo, si deve constatare che, come risulta chiaramente dagli atti della ricorrente, quest'ultima ha voluto estendere il motivo relativo all'incompetenza dell'autore della decisione 22 dicembre 1995 alla decisione confermativa del membro della Commissione, in data 10 giugno 1996, facendo valere, da un lato, che si trattava di una conferma tardiva e, dall'altro, che, in ogni caso, la riassegnazione che la riguardava poteva essere decisa solo nell'ambito di un procedimento che comportava l'intervento del Consiglio e del Parlamento europeo. Il Tribunale afferma che tale presentazione dei motivi gli consente di stabilire con sufficiente precisione la natura e l'oggetto della censura contestata alla Commissione e, pertanto, di esercitare il proprio controllo giurisdizionale su detta decisione.

37.
    Risulta dall'insieme di questi elementi che le conclusioni della ricorrente rivolte, nella replica, avverso la lettera 10 giugno 1996 del membro della Commissione responsabile delle questioni del personale sono ricevibili.

Nel merito

A - Sulla domanda di annullamento

Sulla domanda di annullamento della decisione recante diniego della richiesta di inquadramento nella categoria A

38.
    Il Tribunale ricorda, preliminarmente, che, secondo una giurisprudenza costante, il ricorso di un dipendente, anche se formalmente diretto contro il rigetto di un reclamo proposto in forza dell'art. 91, n. 2, dello Statuto, comporta che il Tribunale sia chiamato a conoscere dell'atto arrecante pregiudizio che è stato oggetto del reclamo (sentenze della Corte 14 febbraio 1989, causa 346/87, Bossi/Commissione, Racc. pag. 303, punto 10, e 21 novembre 1989, cause riunite C-41/88 e C-178/88, Becker e Starquit/Parlamento, Racc. pag. 3807, punto 4, sentenze del Tribunale 10 dicembre 1992, causa T-33/91, Williams/Corte dei conti, Racc. pag. II-2499, punto 23, e 21 novembre 1996, causa T-144/95, Michaël/Commissione, Racc. PI pag. II-1429, punto 27).

39.
    Ne consegue nella fattispecie che, anche se il terzo capo della domanda della ricorrente è formalmente diretto contro la decisione della Commissione 21 dicembre 1995, che respinge il reclamo della stessa contro il diniego di accoglimento della sua domanda di inquadramento nella categoria A, l'attoarrecante pregiudizio, di cui è investito il Tribunale, è costituito dalla decisione implicita di rigetto di detta domanda, intervenuta il 18 maggio 1995.

40.
    A sostegno della domanda di annullamento del diniego di accogliere la sua domanda di inquadramento nella categoria A, la ricorrente solleva, anzitutto, un'eccezione di illegittimità dell'art. 45, nn. 2, 3 e 4, dello Statuto e adduce, peraltro, due motivi. Il primo motivo è relativo ad una violazione dell'art. 11 del regolamento n. 3947/92. Il secondo motivo riguarda la violazione degli artt. 6, 7, 26 e 45, n. 1, dello Statuto.

1. Sull'eccezione di illegittimità dell'art. 45, nn. 2, 3 e 4, dello Statuto

Sulla ricevibilità dell'eccezione di illegittimità

- Argomenti delle parti

41.
    La Commissione ritiene che l'eccezione d'illegittimità sia irricevibile. La legittimità dei nn. 2, 3 e 4 dell'art. 45 dello Statuto sarebbe contestata dalla ricorrente per il fatto che i dipendenti LA di cui è stato disposto il passaggio nella categoria A non sono promovibili, nell'ambito di tale categoria, prima che siano trascorsi due anni da tale passaggio. Ebbene, poiché la ricorrente fa sempre parte del quadro LA, tale problema non si porrebbe nella fattispecie, cosicché mancherebbe il suo interesse ad agire (sentenza della Corte 12 dicembre 1967, causa 15/67, Bauer/Commissione, Racc. pag. 468, e sentenza del Tribunale 25 settembre 1991, causa T-163/89, Sebastiani/Parlamento, Racc. pag. II-715, punto 24).

42.
    Il Consiglio sostiene che l'eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente è irricevibile, in forza dell'art. 44, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, per il fatto che quest'ultima non è sostenuta da alcuna contestazione precisa che possa consentire di statuire con piena cognizione di causa. Nel suo ricorso la ricorrente si limiterebbe, da un lato, ad invocare i principi generali di cui all'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea, senza fornire alcun argomento, e, dall'altro, a rinviare agli argomenti formulati in una precedente causa che la riguardava, argomenti che il Tribunale avrebbe peraltro respinto nella sua sentenza 9 ottobre 1992, causa T-50/91, De Persio/Commissione (Racc. pag. II-2365; in prosieguo: «De Persio I»). In ogni caso, non sarebbe pertinente presentare gli stessi motivi nel ricorso di cui trattasi poiché le disposizioni dello Statuto contestate nella fattispecie sono state adottate dopo la sentenza De Persio I.

43.
    La ricorrente replica, anzitutto, che, secondo la giurisprudenza della Corte (sentenza della Corte 29 ottobre 1975, cause riunite 81/74-88/74, Marenco e a./Commissione, Racc. pag. 1247), i ricorsi proposti dagli eventuali candidati ad un determinato posto sono ricevibili e che essa ha, peraltro, interesse a che sia esaminata la legittimità dell'art. 45, nn. 2, 3 e 4, dello Statuto in quanto è propriosulla base di tali disposizioni che la Commissione tenterebbe di legittimare i propri atti illeciti.

44.
    In replica all'argomento del Consiglio relativo all'imprecisione dei motivi invocati, la ricorrente dichiara di sottoporre all'esame del Tribunale tutti i motivi sui quali era fondato il proprio precedente ricorso, nella causa De Persio I, alla luce delle due modifiche normative successivamente intervenute, vale a dire l'adozione dell'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea e del regolamento n. 3947/92 che aggiunge i nn. 3 e 4 all'art. 45 dello Statuto. Ricorda di aver invocato, in tale causa, motivi relativi ad un'interpretazione errata dell'art. 45, n. 2, dello Statuto, ad una disparità di trattamento tra i dipendenti del quadro LA e i dipendenti del quadro scientifico e tecnico e, infine, alla violazione degli artt. 5, n. 1, 7, n. 1, e 27 dello Statuto. Il fatto che detti motivi fossero già stati presentati in una causa precedente non sarebbe rilevante. Il ricorso in esame si presenterebbe, infatti, come una nuova controversia, a seguito delle modifiche normative successive alla sentenza De Persio I.

- Giudizio del Tribunale

45.
    Il Tribunale ricorda che, ai sensi dell'art. 19, primo comma, del Protocollo sullo Statuto CE della Corte, da applicare al Tribunale in forza dell'art. 46, primo comma, del suddetto Statuto, e ai sensi dell'art. 44, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve contenere un'esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione deve essere sufficientemente chiara e precisa onde consentire alla parte convenuta di allestire le proprie difese e al Tribunale di statuire sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno. Ciò significa che il ricorso deve chiarire il motivo sul quale si basa, di modo che la semplice enunciazione astratta dei motivi non risponde alle prescrizioni dello Statuto della Corte e del regolamento di procedura (sentenze della Corte 5 marzo 1991, causa C-330/88, Grifoni/CEEA, Racc. pag. I-1405, punto 18, e del Tribunale 12 gennaio 1995, causa T-102/92, Viho/Commissione, Racc. pag. II-17, punto 68, e 27 novembre 1997, causa T-224/95, Tremblay e a./Commissione, Racc. pag. II-2215, punto 79).

46.
    Ne consegue, in particolare, che, perché il ricorso adempia i requisiti prescritti dallo Statuto della Corte e dal regolamento di procedura, non basta riferirsi in via generale a ciò che è stato dedotto in un altro ricorso (sentenza della Corte 29 novembre 1956, causa 9/55, Société des charbonnages de Beeringen e a./Alta Autorità, Racc. pag. 317, in particolare pag. 347) e che un rinvio complessivo ad altri scritti, benché allegati all'atto introduttivo, non può supplire all'assenza degli elementi essenziali dell'argomentazione in diritto che, a norma delle disposizioni sopra menzionate, devono figurare nell'atto stesso (ordinanze del Tribunale 28 aprile 1993, causa T-85/92, de Hoe/Commissione, Racc. pag. II-523, punto 20, e 7 novembre 1997, causa T-84/96, Cipeke/Commissione, Racc. pag. II-2083, punto 33).

47.
    Va rilevato nella fattispecie che a sostegno dell'eccezione di illegittimità dedotta la ricorrente adduce, in primo luogo, senza altre spiegazioni, che i motivi da lei sollevati nell'ambito di un precedente ricorso, che ha dato luogo alla sentenza De Persio I, «sono integralmente ripresi» nel ricorso in esame. In secondo luogo, formula un motivo relativo all'esistenza di una disparità di trattamento tra dipendenti del quadro LA e dipendenti delle categorie B, C, e D.

48.
    Tenuto conto delle precedenti considerazioni, il Tribunale ritiene che l'atto introduttivo, nella parte in cui si limita a rinviare a motivi presentati nell'ambito di un'altra controversia, non ottempera a quanto prescritto dalle disposizioni dello Statuto della Corte e del regolamento di procedura citate in precedenza.

49.
    Neanche il fatto di aver enunciato in seguito, nella replica, i motivi sui quali era fondato il ricorso che ha dato luogo alla sentenza De Persio I può più sanare la difformità dell'atto introduttivo rispetto alle dette disposizioni. Infatti, se è certamente ammesso che un ricorrente sviluppi i propri motivi nella replica, detto diritto è nondimeno condizionato dal fatto che i motivi di cui trattasi siano quanto meno indicati nell'atto introduttivo (ordinanza de Hoe/Commissione, citata, punto 25). Per di più, va rilevato che si tratta di una semplice indicazione astratta, cosicché la presentazione scelta non ha, in ogni caso, consentito alla Commissione di presentare la propria difesa riguardo ai motivi indicati, né al Tribunale di esercitare il proprio sindacato giurisdizionale.

50.
    Da tali elementi risulta che l'eccezione di illegittimità dell'art. 45, nn. 2-4, dello Statuto sollevata dalla ricorrente deve essere dichiarata irricevibile in quanto fondata su un rinvio generico a motivi presentati nell'ambito di un'altra controversia.

51.
    Quanto all'ultimo motivo sollevato a sostegno dell'eccezione di illegittimità, relativo ad una disparità di trattamento tra i dipendenti del quadro LA e i dipendenti delle categorie B, C e D, il Tribunale osserva che esso si fonda, in sostanza, sul fatto che i dipendenti del quadro LA non hanno la possibilità di passare nella categoria A mediante promozione. Nell'atto introduttivo la ricorrente sostiene, al riguardo, che si tratta di una discriminazione rispetto ai dipendenti delle categorie B, C e D.

52.
    Trattandosi, pertanto, di una presentazione sufficientemente chiara e precisa per statuire sul ricorso, il Tribunale rileva che l'eccezione di illegittimità sollevata, contrariamente a quanto sostiene il Consiglio e nella parte in cui si fonda su quest'ultimo motivo, non può essere considerata irricevibile sulla base degli artt. 19 del Protocollo sullo Statuto CE della Corte e dell'art. 44 del regolamento di procedura del Tribunale.

53.
    Peraltro, il Tribunale constata che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, l'eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente non è fondata sul fatto che i dipendenti del quadro LA che abbiano beneficiato di un passaggio nelquadro A possono essere presi in considerazione, ai fini di una promozione, solo due anni dopo il loro trasferimento, in quanto, in realtà, detta circostanza è stata invocata dalla ricorrente a sostegno del suo motivo relativo ad una violazione dell'art. 11 del regolamento n. 3947/92 (v., infra, punto 75). Ne consegue che è infondato l'argomento secondo il quale la ricorrente non avrebbe interesse ad invocare l'illegittimità delle disposizioni dell'art. 45, nn. 2-4, dello Statuto per il solo fatto di continuare ad appartenere al quadro LA.

54.
    Al riguardo, va inoltre ricordato che, nell'ambito del rimedio giurisdizionale istituito dall'art. 91 dello Statuto, un dipendente può, per ottenere l'annullamento di una decisione individuale che lo riguardi, addurre, ai sensi dell'art. 184 del Trattato, l'illegittimità di un atto di carattere generale che è alla base della decisione impugnata. La portata dell'eccezione d'illegittimità deve essere limitata tuttavia a quanto è indispensabile alla definizione della lite, nel senso che l'atto generale di cui viene eccepita l'illegittimità deve essere applicabile, direttamente o indirettamente, alla fattispecie che costituisce oggetto del ricorso e deve esistere un nesso giuridico diretto tra la decisione individuale e l'atto generale di cui trattasi (sentenza del Tribunale 26 ottobre 1993, cause riunite T-6/92 e T-52/92, Reinarz/Commissione, Racc. pag. II-1047, punto 57, e la giurisprudenza ivi citata). Dato che, nella fattispecie, la decisione di respingere la domanda di inquadramento nella categoria A, presentata dalla ricorrente, si basa sulle disposizioni dell'art. 45, nn. 2-4, dello Statuto, come interpretate e applicate dalla Commissione, l'eccezione di illegittimità sollevata deve essere considerata pertanto ricevibile, e ciò soltanto nella parte in cui si basa sul motivo relativo ad una disparità di trattamento tra dipendenti LA e dipendenti delle categorie B, C e D.

Nel merito

- Argomenti delle parti

55.
    Oltre al rinvio ai motivi presentati nell'ambito del ricorso che si è concluso con la sentenza De Persio I, la ricorrente lamenta una disparità di trattamento tra i dipendenti del quadro LA e i dipendenti delle categorie B, C e D. Al riguardo, fa valere che, per il fatto che non esistono differenze nel trattamento pecuniario dei dipendenti della categoria A e dei dipendenti del quadro LA, è impossibile per questi ultimi invocare un passaggio a detta categoria a titolo di promozione. Di conseguenza, un passaggio alla categoria A potrebbe essere effettuato solo a discrezione delle istituzioni e mediante una penalizzazione nello sviluppo della loro carriera.

56.
    La Commissione controbatte di non capire la ragione per la quale il passaggio dal quadro LA alla categoria A dovrebbe essere considerato una promozione in assenza di un vantaggio economico, e neppure in che modo il mancato riconoscimento del vantaggio invocato costituirebbe una disparità di trattamento rispetto ai dipendenti delle categorie B, C e D. Peraltro, la ricorrente trascurerebbe il fatto che la revisione dello Statuto operata dal regolamento n. 3947/92 haintrodotto una possibilità di deroga al principio posto dall'art. 45, n. 2, dello Statuto, che vieta, in assenza di concorso, il passaggio dal quadro LA alla categoria A.

- Giudizio del Tribunale

57.
    Il Tribunale rileva, in via preliminare, che la ricorrente fa riferimento, come fonte di disparità di trattamento rispetto ai dipendenti delle categorie B, C e D, al fatto che i dipendenti LA non possono fruire di un passaggio nella categoria A a titolo di promozione.

58.
    Al riguardo, va tuttavia ricordato che, ai sensi dell'art. 45, n. 1, primo comma, dello Statuto, la nozione di «promozione» riguarda «la nomina al grado superiore della categoria o del quadro al quale [il dipendente] appartiene», e non il passaggio da una categoria ad una categoria superiore, che, per quanto lo riguarda, è disciplinato dal n. 2 di detto articolo, a norma del quale detto passaggio può essere effettuato soltanto mediante concorso, o, eventualmente, per i dipendenti del quadro LA, mediante trasferimento, alle condizioni previste dai nn. 3 e 4 dello stesso articolo.

59.
    Ne consegue che, anche supponendo che la situazione dei dipendenti del quadro LA e quella dei dipendenti delle categorie B, C e D sia paragonabile (v., tuttavia, per quanto riguarda la specificità delle funzioni e delle attribuzioni affidate ai dipendenti del quadro linguistico, le sentenze della Corte 21 ottobre 1986, cause riunite 269/84 e 292/84, Fabbro e a./Commissione, Racc. pag. 2983, e 9 luglio 1987, causa 279/85, Misset/Consiglio, Racc. pag. 3187), l'impossibilità per un dipendente del quadro LA di fruire del passaggio alla categoria A a titolo di «promozione» non può, in ogni caso, costituire una discriminazione rispetto ai dipendenti B, C e D, dal momento che, in conformità dei nn. 1 e 2 dell'art. 45 dello Statuto, neppure questi ultimi possono, a tale titolo, fruire di detta misura.

60.
    Si deve inoltre sottolineare che l'argomento della ricorrente è tanto più fuori luogo in quanto, a differenza di un dipendente di categoria B, C e D, un dipendente del quadro LA, dopo l'adozione del regolamento n. 3947/92 che ha integrato l'art. 45 dello Statuto, può ormai passare alla categoria A per trasferimento, alle condizioni previste dai nn. 3 e 4 di detto articolo.

61.
    Ne risulta che devono essere respinti il motivo relativo ad una disparità di trattamento tra dipendenti del quadro LA e dipendenti delle categorie B, C e D e, pertanto, l'eccezione di illegittimità dell'art. 45, nn. 2-4, dello Statuto, sollevata dalla ricorrente.

2. Sul motivo relativo ad una violazione dell'art. 11 del regolamento n. 3947/92

Argomenti delle parti

62.
    La ricorrente ritiene che la sua nuova assegnazione all'Ufficio delle pubblicazioni, nel marzo 1993, rientrasse nell'ambito di applicazione delle disposizioni introdotte nell'art. 45, n. 3, dello Statuto dall'art. 11 del regolamento n. 3947/92, relativo alla possibilità di passaggio, senza concorso, dal quadro LA alla categoria A, cosicché il rifiuto della Commissione di procedere al suo inquadramento nella categoria A sarebbe in contrasto con tali disposizioni.

63.
    In primo luogo, la ricorrente sostiene che l'applicazione dell'art. 45, n. 3, dello Statuto non era subordinata all'adozione da parte della Commissione della decisione 4 febbraio 1994 in materia di «sblocco delle carriere LA/A». Da un lato, l'art. 11 del regolamento n. 3947/92 sarebbe divenuto immediatamente applicabile sin dall'entrata in vigore, avvenuta il 1. gennaio 1993, del regolamento, il quale costituirebbe una norma superiore rispetto alla detta decisione. Risulterebbe, peraltro, dalla sentenza del Tribunale 6 marzo 1996, causa T-93/94, Becker/ Corte dei conti (Racc. pag. II-141), che non deve essere posto ostacolo all'applicazione immediata delle disposizioni del regolamento n. 3947/92. In secondo luogo, l'applicazione dell'art. 11 del regolamento n. 3947/92 non sarebbe in alcun modo condizionata dall'adozione di «disposizioni generali di esecuzione», essendo queste ultime previste solo «se necessario». Ciò varrebbe tanto più in quanto, nella fattispecie, la decisione 4 febbraio 1994 della Commissione non può essere assimilata alle «disposizioni generali di esecuzione», di cui all'art. 45, n. 4, dello Statuto, poiché essa si limiterebbe ad esprimere la decisione della Commissione di avvalersi della deroga introdotta dall'art. 11 del regolamento n. 3947/92.

64.
    In ogni caso, la decisione della Commissione 4 febbraio 1994 e la circolare esplicativa di accompagnamento non sarebbero conformi alle disposizioni dell'art. 11 del regolamento n. 3947/92. Innanzi tutto, la decisione non fisserebbe alcun criterio relativo ai meriti, alla formazione o all'esperienza professionali, ma si limiterebbe a subordinare la possibilità del trasferimento alla condizione di anzianità di quattro anni. Sarebbe inoltre ingiustificato il fatto che la Commissione abbia reso applicabile la deroga introdotta dall'art. 45, n. 3, dello Statuto soltanto ai posti che sono stati dichiarati vacanti dopo la decisione 4 febbraio 1994, disposizione che non comparirebbe nella decisione stessa ma in una precedente circolare esplicativa. La stessa circolare avrebbe del pari aggiunto che la promozione dei dipendenti che avessero fruito di un trasferimento potesse intervenire solo dopo due anni dal trasferimento stesso.

65.
    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che, di fatto, la Commissione è ricorsa alla deroga prevista dall'art. 45, n. 3, dello Statuto nel momento in cui ha proceduto alla sua assegnazione all'Ufficio delle pubblicazioni, cosicché la decisione della Commissione 4 febbraio 1994 non sarebbe, ad ogni modo, opponibile nei suoi confronti. Infatti, al momento del trasferimento all'Ufficio delle pubblicazioni dei servizi CELEX e Eurobases, e del personale loro assegnato, la Commissione avrebbe applicato, de facto, l'art. 45, n. 3, dello Statuto per provvedere alle necessità di organico generate da tale trasferimento. I sei posti del quadro LA allora assegnati ai gruppi CELEX e Eurobases, tra cui quello della ricorrente,sarebbero stati trasferiti dall'organigramma della Commissione a quello dell'Ufficio delle pubblicazioni e convertiti in posti A. D'altra parte, per i posti di cui trattasi non vi sarebbe stata una pubblicazione poiché essi non erano vacanti. La ricorrente ne deduce di essere stata, in realtà, assegnata ad un posto di categoria A dell'Ufficio delle pubblicazioni dal 1993, ai sensi dell'art. 45, n. 3, dello Statuto.

66.
    La Commissione replica che il n. 3 dell'art. 45 dello Statuto, introdotto dal regolamento n. 3947/92, ha lasciato a ciascuna istituzione il compito di decidere se si possa derogare al principio generale posto dal n. 2 del detto articolo. La possibilità di realizzare, mediante trasferimento, il passaggio di un dipendente dal quadro LA alla categoria A sarebbe così rimasta subordinata alla decisione amministrativa delle istituzioni, potendo ciascuna di essa decidere di applicare o meno la deroga autorizzata dal legislatore. La Commissione avrebbe seguito tale procedura adottando la decisione 4 febbraio 1994, che definisce, inoltre, le condizioni di ammissione dei dipendenti al beneficio di tale deroga.

67.
    Da tali elementi risulterebbe che nessuna deroga al principio generale posto dall'art. 45, n. 2, dello Statuto poteva essere autorizzata prima dell'adozione della sua decisione. Tale soluzione non sarebbe contraddetta dalla sentenza precitata Becker/Corte dei conti. Infatti, tale sentenza riguarderebbe l'applicazione del nuovo comma dell'art. 32 dello Statuto introdotto dal regolamento n. 3947/92, disposizione che, al contrario dell'art. 45, nn. 3 e 4, dello Statuto, era immediatamente applicabile.

68.
    La Commissione fa valere, peraltro, che la sua decisione 4 febbraio 1994 costituisce una decisione interna. A tale proposito, non le si può contestare il mancato ricorso a «disposizioni generali di esecuzione», poiché l'art. 45, n. 4, ultimo comma, si limiterebbe a prevedere che l'istituzione emani tali disposizioni «se necessario». Avendo la decisione ammesso la possibilità di trasferimenti dal quadro LA alla categoria A per tutti i posti vacanti senza limite di numero, non era necessario, secondo la Commissione, definire in anticipo criteri specifici di merito, di formazione o di esperienza, dal momento che detta valutazione può essere effettuata in funzione delle qualifiche richieste per ciascun impiego. La sola condizione posta dalla decisione per chiedere un cambiamento di quadro o di categoria sarebbe quindi che il dipendente abbia lavorato per un periodo minimo presso l'istituzione.

69.
    In replica all'argomento secondo il quale la circolare 11 febbraio 1994, che informava il personale dell'adozione della decisione 4 febbraio 1994, avrebbe inserito disposizioni circa le modalità di promozione, la Commissione sottolinea che si tratta soltanto della trasposizione delle disposizioni dell'art. 45, n. 4, dello Statuto.

Giudizio del Tribunale

70.
    Occorre, in primo luogo, ricordare che, a norma dell'art. 45, n. 3, dello Statuto, inserito dall'art. 11 del regolamento n. 3947/92, la possibilità di deroga al n. 2 deve essere disposta «conformemente al paragrafo 4», il quale dispone, al primo comma, quanto segue: «Qualora decida di valersi della deroga di cui al paragrafo 3, l'autorità che ha il potere di nomina stabilisce, tenendo debito conto del parere della commissione paritetica, il numero dei posti che possono formare oggetto di questa misura. Secondo la stessa procedura essa decide i criteri e le condizioni dei trasferimenti previsti, compresa la considerazione dei meriti, della formazione e dell'esperienza professionale dei funzionari interessati».

71.
    Risulta da tali disposizioni che la deroga al principio posto dal n. 2, secondo il quale il passaggio dal quadro LA alla categoria A può avvenire solo mediante concorso, può essere applicata solo nell'ipotesi in cui l'istituzione di cui fanno parte i dipendenti interessati decida espressamente, nella sua qualità di APN, o mediante autorità da essa designate nel proprio seno per esercitare i poteri dell'APN, in forza dell'art. 2 dello Statuto, di far ricorso a detta deroga. Questa interpretazione è confermata dall'ottavo 'considerando‘ del regolamento n. 3947/92, a tenore del quale «ogni istituzione dovrebbe avere la possibilità, ove lo ritenga opportuno in funzione delle proprie esigenze di personale, di derogare all'articolo 45, paragrafo 2, dello statuto per permettere il passaggio senza concorso di funzionari del quadro LA verso la categoria A e viceversa (...)».

72.
    Ne consegue che, per i dipendenti della Commissione, l'applicazione della deroga introdotta nell'art. 45, n. 3, dello Statuto era subordinata all'adozione, da parte della Commissione o di altre autorità esercitanti nel suo ambito i poteri dell'APN, di una espressa decisione quale la decisione 4 febbraio 1994 relativa allo «sblocco LA/A», con la quale l'istituzione di cui trattasi ha deciso di avvalersi di detta deroga e determinato i criteri e le condizioni per il trasferimento, e dalla quale risulta, peraltro, che essa è stata adottata previo parere della commissione paritetica, in conformità dell'art. 45, n. 4, dello Statuto.

73.
    Tale valutazione non è inficiata dall'argomento della ricorrente relativo al fatto che il regolamento n. 3947/92 è entrato in vigore il 1. gennaio 1993 e che esso costituisce una norma superiore rispetto a tale decisione, dal momento che è appunto lo stesso regolamento a subordinare la possibilità di applicare ai dipendenti interessati la deroga da esso introdotta all'adozione, da parte dell'istituzione di cui fanno parte i detti dipendenti, di una formale decisione al riguardo. Neanche la precitata sentenza Becker/Corte dei conti è rilevante nella fattispecie, in quanto, come giustamente sottolinea la Commissione, essa riguardava l'applicazione di un altro articolo dello Statuto introdotto dal regolamento n. 3947/92, vale a dire l'art. 32, terzo comma, il quale non contiene alcuna disposizione che subordini la propria applicazione all'adozione da parte delle istituzioni interessate di una decisione in tal senso.

74.
    Quanto al fatto che la decisione della Commissione 4 febbraio 1994 non sia assimilabile alle «disposizioni generali di esecuzione», previste dall'art. 45, n. 4,ultimo comma, dello Statuto, il Tribunale lo ritiene ininfluente. Risulta infatti da detto articolo che le istituzioni sono tenute a emanare disposizioni generali di esecuzione in conformità dell'art. 110 dello Statuto solo «se necessario». Ciò non toglie che, prima di prendere in considerazione l'eventuale adozione di misure di questo tipo, ciascuna delle istituzioni interessate deve decidere, al termine di una procedura formale che implica la consultazione della commissione paritetica, di fare ricorso alla deroga di cui all'art. 45, n. 3, dello Statuto. Pertanto, non si può addebitare alla Commissione di aver adottato la decisione 4 febbraio 1994, poiché l'adozione di siffatta decisione costituisce, al contrario di eventuali disposizioni generali di esecuzione, una condizione necessaria per l'effettiva applicazione dell'art. 45, n. 3, dello Statuto.

75.
    Quanto agli argomenti addotti dalla ricorrente per negare la conformità della decisione della Commissione 4 febbraio 1994 con le disposizioni dell'art. 11 del regolamento n. 3947/92 occorre, anzitutto, sottolineare che l'art. 45, n. 4, dello Statuto lascia a ciascuna istituzione il compito di stabilire criteri e condizioni dei trasferimenti previsti. Pertanto, il Tribunale rileva che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Commissione non ha ecceduto il limite della discrezionalità così conferitale limitandosi a prescrivere un requisito di anzianità di quattro anni, senza fissare altri requisiti di esperienza professionale o di meriti.

76.
    Non si può neanche rimproverare alla Commissione di aver reso effettiva l'applicazione della deroga di cui all'art. 45, n. 3, dello Statuto solo per i posti dichiarati vacanti a partire dall'adozione della sua decisione 4 febbraio 1994, relativa allo «sblocco LA/A». Al riguardo occorre infatti ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il principio della certezza delle situazioni giuridiche osta a che, in linea di massima, l'efficacia nel tempo di un atto comunitario decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione. Una deroga è possibile, in via eccezionale, soltanto qualora lo esiga lo scopo da raggiungere e purché il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato (sentenze della Corte 11 luglio 1991, causa C-368/89, Crispoltoni, Racc. pag. I-3695, punto 17, e del Tribunale 11 dicembre 1996, causa T-177/95, Barraux/Commissione, Racc. PI pag. II-1451, punto 45). Ora, nella fattispecie, dato che prima dell'adozione della decisione sopraindicata le procedure di copertura dei posti vacanti di categoria A o del quadro LA non consentivano, a norma dell'art. 45, n. 2, dello Statuto, di prendere in considerazione le candidature di dipendenti non appartenenti alla categoria o al quadro considerato, un'applicazione retroattiva della detta decisione avrebbe potuto non tenere conto del legittimo affidamento dei dipendenti interessati che all'epoca non avevano potuto candidarsi per tali impieghi e rimettere in discussione a posteriori il corretto svolgimento delle procedure di assunzione.

77.
    Riguardo all'argomento secondo il quale la circolare esplicativa che accompagnava la decisione 4 febbraio 1994 avrebbe aggiunto un requisito supplementare in materia di promozione, prevedendo un minimo di anzianità di sei mesi o di dueanni, a seconda del grado, il Tribunale constata che esso è privo di fondamento, dal momento che detta disposizione risulta espressamente dal n. 1 dell'art. 45 dello Statuto, al quale rinvia il n. 4, secondo comma, dello stesso articolo.

78.
    Tenuto conto di detti elementi, occorre, in secondo luogo, accertare se, come ha dichiarato la ricorrente, la decisione presa dalla Commissione in data 11 marzo 1993 di assegnarla all'Ufficio delle pubblicazioni appartenga, in ogni caso, all'ambito di applicazione dell'art. 45, n. 3, dello Statuto, cosicché in tale data essa sarebbe passata dal quadro LA alla categoria A.

79.
    Va ricordato che l'art. 45, n. 3, dello Statuto dispone che si può derogare al n. 2, ai sensi del quale il passaggio dal quadro LA alla categoria A può avvenire solo mediante concorso, «(...) per consentire il passaggio di funzionari dal quadro LA alla categoria A e viceversa mediante trasferimento (...)». Secondo una giurisprudenza costante, si opera un trasferimento, nel senso proprio del termine, solo in caso di tramutamento di un dipendente ad un posto vacante, cosicché qualsiasi trasferimento propriamente detto deve effettuarsi secondo le formalità contemplate dagli artt. 4 e 29 dello Statuto. Per contro, dette formalità non vanno osservate in caso di spostamento del dipendente insieme al suo posto, in quanto tale operazione non dà luogo ad alcun posto vacante (sentenza della Corte 24 febbraio 1981, cause riunite 161/80 e 162/80, Carbognani e Coda Zabetta/Commissione, Racc. pag. 543, punto 19; sentenze del Tribunale 8 giugno 1993, causa T-50/92, Fiorani/Parlamento, Racc. pag. II-555, punto 27, e 16 dicembre 1993, causa T-80/92, Turner/Commissione, Racc. pag. II-1465, punto 30).

80.
    Nella fattispecie, dal testo della decisione 11 marzo 1993, secondo la quale «nell'interesse del servizio l'assegnazione della signora De Persio-Petroni (...), dipendente di grado LA 5 e del suo posto è modificata nel modo seguente», essendo stata l'interessata assegnata all'Ufficio delle pubblicazioni con effetto dal 1. ottobre 1992, risulta chiaramente che si trattava di una decisione di nuova assegnazione (v., ad esempio, sentenza del Tribunale 27 novembre 1997, causa T-20/96, Pascall/Commissione, Racc. PI pag. II-977, punto 66), misura che, per definizione, presuppone uno spostamento del dipendente con il suo posto di lavoro e non un trasferimento per un posto vacante. Si deve peraltro rilevare che la ricorrente stessa non assume di essere stata oggetto di un trasferimento ai sensi dell'art. 45, n. 3, dello Statuto e ammette, al contrario, che il posto al quale è stata riassegnata nel 1993 presso l'Ufficio delle pubblicazioni non era vacante, cosicché esso non era stato oggetto della pubblicazione di un avviso di posto vacante.

81.
    Pertanto, l'argomento della ricorrente secondo il quale il posto LA da lei occupato alla Commissione sarebbe stato trasferito nell'organigramma dell'Ufficio delle pubblicazioni non può, di per sé, provare che la stessa era stata oggetto di un trasferimento ad un posto di categoria A, soprattutto per il fatto che unorganigramma stabilito nell'ambito di un'istituzione è un documento interno che non presenta le caratteristiche di un atto amministrativo, non produce effettigiuridici e ha una finalità strettamente informativa (sentenza del Tribunale 18 febbraio 1993, causa T-45/91, Mc Avoy/Parlamento, Racc. pag. II-83, punto 45).

82.
    Ne consegue che, anche supponendo che l'applicazione della deroga introdotta dall'art. 45, n. 3, dello Statuto in materia di passaggio dal quadro LA alla categoria A abbia potuto aver luogo in mancanza dell'adozione da parte della Commissione di una decisione espressa in tal senso, come prevista al n. 4 di detto articolo, la decisione 11 marzo 1993, in quanto costitutiva di un provvedimento comportante riassegnazione a un posto occupato in precedenza e non di un provvedimento di trasferimento, non può, in ogni caso, rientrare nell'ambito di applicazione di dette disposizioni. Pertanto, in assenza di trasferimento, ai sensi dell'art. 45, n. 3, dello Statuto, ad un posto di categoria A presso l'Ufficio delle pubblicazioni, si deve considerare che la ricorrente continuava ad appartenere al quadro LA.

83.
    Dall'insieme di tali elementi emerge che il motivo in esame deve essere respinto.

3. Sul motivo relativo ad una violazione degli artt. 6, 7, 26 e 45, n. 1, dello Statuto, ad uno sviamento di potere e ad un errore di motivazione

Argomenti delle parti

84.
    La ricorrente sostiene che il rifiuto di considerarla assegnata ad un posto di categoria A presso l'Ufficio delle pubblicazioni dal 1993, e beneficiaria di fatto dell'applicazione della deroga prevista dall'art. 45, n. 3, dello Statuto, costituisce una violazione degli artt. 6, 7, 26 e 45, n. 1, dello Statuto, in quanto non le è stata offerta alcuna possibilità di essere presa in considerazione ai fini di un'eventuale promozione nell'ambito della categoria A, mentre non figurava neanche nella lista dei dipendenti promovibili del quadro LA poiché non apparteneva più a detto quadro. Si configurerebbe inoltre uno sviamento di potere, con lo scopo di spossessarla delle funzioni che le erano state assegnate all'Ufficio delle pubblicazioni.

85.
    D'altra parte, la decisione 21 dicembre 1995, recante rigetto del suo reclamo, si riferirebbe, in maniera errata, al fatto che non si era candidata per il posto COM/4022/94, la cui sede di servizio si trovava a Lussemburgo. L'assenza di candidatura da parte sua non sarebbe determinante, dal momento che desiderava solo una regolarizzazione della sua situazione amministrativa, vale a dire un inquadramento nella categoria A. Si trattava inoltre di un posto A7/A6, mentre essa aspirava ad un posto A5 dal 1990.

86.
    La Commissione ribadisce che, al momento della sua assegnazione all'Ufficio delle pubblicazioni nel 1993, la ricorrente era stata trasferita in quanto titolare di un impiego del quadro LA, e non assegnata ad un posto di categoria A. Il fatto di lavorare nell'ambito del gruppo CELEX non era sufficiente per nominarla nella categoria A, in assenza di un posto vacante. Avendo la ricorrente rifiutato untrasferimento a Lussemburgo quando un posto di categoria A si sarebbe potuto rendere vacante solo in tale località, tenuto conto della nuova sede del gruppo CELEX, la Commissione è giunta alla conclusione che l'unica decisione possibile era quella di reintegrarla nel servizio Traduzione. Il fatto che la ricorrente non si fosse candidata per il posto vacante COM/4022/94 sarebbe irrilevante, poiché si trattava, in ogni caso, di un posto con sede a Lussemburgo, ove non desiderava essere assegnata.

87.
    Quanto alla censura relativa al fatto che non era promovibile, la Commissione replica che il suo nominativo doveva necessariamente comparire sull'elenco dei dipendenti LA promovibili e che, in caso di omissione del suo nominativo nel 1995, toccava a lei segnalare il fatto.

Giudizio del Tribunale

88.
    Per quel che riguarda, in primo luogo, l'argomento della ricorrente relativo al fatto che le sarebbe stato impedito di fruire di ogni possibilità di promozione nell'ambito della categoria A, il Tribunale rileva che esso è fondato sull'affermazione che, a seguito della sua nuova assegnazione presso l'Ufficio delle pubblicazioni, mediante decisione 11 marzo 1993, la ricorrente occupava un posto di categoria A. Ora, come è stato constatato, si deve considerare che, in assenza di qualsiasi misura di trasferimento ad un impiego di categoria A, adottata in forza dell'art. 45, n. 3, dello Statuto, la ricorrente continuava a far parte del quadro LA (v. supra, punto 82).

89.
    Ne consegue che, non appartenendo alla categoria A, la ricorrente non può validamente far valere il fatto che sia stata ostacolata la sua promozione ad un grado superiore nell'ambito di detta categoria. Infatti, dall'art. 45, n. 1, dello Statuto risulta che una promozione riguarda solo «la nomina [del dipendente] al grado superiore della categoria o del quadro al quale appartiene», cosicché, nella fattispecie, poteva eventualmente prevedersi solo una promozione della ricorrente nell'ambito del quadro LA. Questa conclusione non è contraddetta dall'affermazione secondo la quale il nominativo della ricorrente non sarebbe comparso nell'elenco dei dipendenti LA promovibili nel 1995, poiché, anche ammettendo che si trattasse di un'omissione ingiustificata, era suo compito in tal caso chiederne l'inserimento o presentare un reclamo al riguardo. Pertanto, il primo argomento della ricorrente deve essere respinto.

90.
    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l'asserita esistenza di uno sviamento di potere, per il fatto che il rifiuto di riconoscere la sua appartenenza alla categoria A sarebbe stato, in realtà, diretto a spogliarla delle sue funzioni nell'ambito dell'Ufficio delle pubblicazioni, occorre sottolineare che, secondo una giurisprudenza costante, una decisione è viziata da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottata per raggiungere scopi diversi da quelli dichiarati (sentenza Turner/Commissione, citata, punto 70).

91.
    Nella fattispecie, occorre ricordare che la nuova assegnazione della ricorrente presso l'Ufficio delle pubblicazioni, l'11 marzo 1993, non può essere considerata una misura di trasferimento, adottata ai sensi dell'art. 45, n. 3, dello Statuto, in virtù della quale avrebbe fruito di un passaggio, in base ad una deroga, alla categoria A (v. supra, punti 70-82). Ne consegue che, ai sensi delle disposizioni previste dall'art. 45, nn. 3 e 4, dello Statuto, la Commissione non era, in ogni caso, in condizione di accogliere la domanda della ricorrente di essere inquadrata nella categoria A e non disponeva al riguardo di alcun potere discrezionale.

92.
    Peraltro, l'adozione di una decisione di riassegnazione deve rispettare motivi che le sono propri, tra cui l'interesse del servizio e il rispetto dell'equivalenza dei posti (v., in particolare, la sentenza Turner/Commissione, citata, punto 32), cosicché la ricorrente non può assumere che il diniego della Commissione di accogliere la sua domanda di inquadramento nella categoria A avesse lo scopo di consentire lo spossessamento delle sue funzioni attraverso una successiva nuova assegnazione.

93.
    Pertanto, in assenza di indizi obiettivi, pertinenti e concordanti, il Tribunale rileva che l'argomento della ricorrente non è atto a dimostrare l'esistenza di uno sviamento di potere.

94.
    Deve del pari essere respinto il terzo argomento della ricorrente, secondo il quale la decisione 21 dicembre 1995, che reca rigetto del suo reclamo, si riferirebbe, erroneamente, alla circostanza della sua mancata candidatura ad un posto vacante nell'ambito del servizio CELEX a Lussemburgo. Occorre, infatti, ricordare che il rifiuto di accogliere la domanda della ricorrente si fonda sul fatto che la sua nuova assegnazione presso l'Ufficio delle pubblicazioni nel 1993 esulava dall'ambito di applicazione dell'art. 45, n. 3, dello Statuto, per il fatto, in particolare, che essa era stata adottata prima della decisione della Commissione 4 febbraio 1994 relativa allo «sblocco LA/A», grazie alla quale era oramai consentito, a determinate condizioni, di coprire un posto vacante di categoria A attraverso il trasferimento di un dipendente del quadro LA. In tale contesto, il riferimento, figurante nella decisione recante il rigetto del reclamo, alla mancata candidatura per l'impiego sopra menzionato si limitava a constatare il rifiuto della ricorrente di essere trasferita nell'ambito del servizio CELEX a Lussemburgo. Ora, detta considerazione non può apparire erronea, dal momento che, come risulta dagli argomenti della ricorrente, quest'ultima asserisce non già che desiderava candidarsi ad un impiego di categoria A a Lussemburgo, ma che un inquadramento nella categoria A doveva intervenire mediante la mera «regolarizzazione» della sua situazione, vale a dire senza che occorresse un trasferimento, condizione tuttavia indispensabile, a norma dell'art. 45, n. 3, dello Statuto, per il passaggio, senza concorso, alla categoria A.

95.
    Ne consegue che il motivo in esame deve essere respinto.

96.
    Da quanto precede risulta che, nella parte in cui riguarda l'annullamento della decisione recante rigetto della domanda di inquadramento nella categoria A, il ricorso deve essere respinto.

Sulla domanda diretta all'annullamento della decisione 22 dicembre 1995, che dispone la riassegnazione della ricorrente al servizio Traduzione della Commissione

97.
    La ricorrente solleva cinque motivi a sostegno della sua domanda di annullamento della decisione con cui è stata riassegnata al servizio Traduzione della Commissione. Il primo motivo è relativo all'incompetenza dell'autore della decisione impugnata; il secondo alla violazione del principio del legittimo affidamento; il terzo alla violazione del principio di buona amministrazione e del dovere di sollecitudine; il quarto all'erroneità e all'insufficienza della motivazione della decisione e alla mancata considerazione dell'interesse del servizio. Infine, il quinto motivo riguarda l'esistenza di uno sviamento di potere.

Sul primo motivo, relativo all'incompetenza dell'autore della decisione

Argomenti delle parti

98.
    La ricorrente sostiene che la decisione 22 dicembre 1995, con cui veniva riassegnata al servizio Traduzione, è inficiata da un vizio di incompetenza in quanto adottata dal direttore generale del personale e dell'amministrazione della Commissione. Benché, secondo la decisione (Euratom, CECA, CEE) 16 gennaio 1969, 69/13, relativa all'installazione dell'Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee (GU L 13, pag. 19, modificata dalla decisione 7 febbraio 1980, GU L 107, pag. 44; in prosieguo: la «decisione relativa all'installazione dell'Ufficio delle pubblicazioni»), i poteri dell'autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l'«APN») siano conferiti alla Commissione e l'attribuzione di tali poteri possa essere subdelegata in virtù dell'art. 2 dello Statuto, risulterebbe nondimeno dalla decisione della Commissione 1. giugno 1984, relativa all'esercizio dei poteri conferiti dallo Statuto del personale all'APN riguardo ai dipendenti di ruolo e agli altri agenti dell'Ufficio delle pubblicazioni (Informazioni amministrative 13 luglio 1984; in prosieguo: la «decisione della Commissione 1. giugno 1984»), che il direttore generale del personale e dell'amministrazione non ha la qualità di APN per quel che riguarda il personale dell'Ufficio delle pubblicazioni. Tale conclusione sarebbe confermata dal fatto che il membro della Commissione responsabile delle questioni del personale era stato l'autore della decisione 11 marzo 1993, per effetto della quale alla ricorrente era stata conferita una nuova assegnazione presso l'Ufficio delle pubblicazioni.

99.
    Replicando all'argomento secondo il quale il membro della Commissione responsabile delle questioni del personale avrebbe confermato la decisione di riassegnazione impugnata con lettera 10 giugno 1996, la ricorrente fa valere che si tratta di una conferma tardiva, cosicché il contenuto di detta lettera dovrebbe essere considerato nullo e privo di effetti per quanto concerne l'invalidità delladecisione 22 dicembre 1995. In ogni caso, la ricorrente ritiene che, poiché i trasferimenti di impieghi tra la Commissione e l'Ufficio delle pubblicazioni implicano la modifica dei crediti di bilancio che sono loro rispettivamente accordati, siffatta operazione debba essere effettuata con l'intervento del Parlamento europeo e del Consiglio, conformemente alle procedure previste in materia di bilancio. In caso contrario, si tratterebbe di una modifica illecita della destinazione dei crediti di bilancio concessi dal Consiglio (sentenza della Corte 6 luglio 1983, causa 117/81, Geist/Commissione, Racc. pag. 2191).

100.
    La Commissione sottolinea in via preliminare che, per quanto riguarda il personale di categoria A o, all'occorrenza, del quadro LA dell'Ufficio delle pubblicazioni, la delega di poteri prevista dalla decisione 1. giugno 1984 conferisce al membro della Commissione responsabile delle questioni del personale e dell'amministrazione la competenza a procedere alle assegnazioni dei dipendenti, ai sensi dell'art. 7, n. 1, dello Statuto. Nella fattispecie, la decisione 11 marzo 1993 di conferire alla ricorrente una nuova assegnazione presso l'Ufficio delle pubblicazioni sarebbe stata certamente presa dal membro della Commissione. Tuttavia, tale assegnazione andrebbe considerata come provvisoria per tutta la sua durata, poiché, in mancanza di un successivo inquadramento nella categoria A, la ricorrente aveva mantenuto la sua posizione di dipendente appartenente al quadro LA durante tutta la durata della sua permanenza presso l'Ufficio delle pubblicazioni. La Commissione, poiché si trattava di un dipendente che rientrava nel suo servizio originario, non ravvisa alcun motivo di critica nel fatto che la decisione di riassegnazione del 22 dicembre 1995 fosse stata adottata, di concerto con l'Ufficio delle pubblicazioni, dal direttore generale del personale e dell'amministrazione della Commissione nell'esercizio dei poteri conferiti dall'art. 7, n. 1, dello Statuto.

101.
    In ogni caso, il membro della Commissione competente per le questioni delpersonale, APN competente per l'Ufficio delle pubblicazioni, con lettera 10 giugno 1996 avrebbe confermato alla ricorrente la decisione di riassegnazione presa di concerto da detto Ufficio e dal servizio Traduzione. Peraltro, l'argomento basato sulla citata sentenza Geist non sarebbe pertinente, in quanto essa riguarderebbe una controversia completamente diversa, relativa all'impossibilità di retribuire un dipendente sulla base dei crediti per la ricerca se questi non è assegnato all'esecuzione di tali programmi, che sono decisi dal Consiglio.

102.
    In risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha rilevato che, anche se la retribuzione della ricorrente era presa a carico dall'Ufficio delle pubblicazioni, era comunque vero che il posto LA da lei occupato faceva parte della tabella dell'organico della Commissione. Ne risulterebbe che la decisione dell'APN competente era disciplinata dalla sua decisione 20 novembre 1985, relativa all'esercizio dei poteri devoluti dallo Statuto all'APN e dal regime applicabile agli altri agenti all'Autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione (Informazioni amministrative del 7 aprile 1986, n. 498). Ebbene, ai sensi di detta decisione, sarebbe il direttore generale del personale edell'amministrazione ad esercitare i poteri dell'APN per l'adozione di decisioni adottate in virtù dell'art. 7, n. 1, dello Statuto riguardo ai dipendenti di categoria A, o del quadro LA, dei gradi 4-8.

Giudizio del Tribunale

103.
    Il Tribunale ricorda, a titolo preliminare, che da una giurisprudenza costante risulta che le decisioni di riassegnazione devono rispettare, al pari dei trasferimenti, le norme di cui all'art. 7, n. 1, dello Statuto (sentenze della Corte Carbognani e Coda Zabetta/Commissione, citata, punto 21, e 21 maggio 1981, causa 60/80, Kindermann/Commissione, Racc. pag. 1329, punto 14; sentenza Turner/Commissione, citata, punto 32), ai sensi del quale «L'autorità che ha il potere di nomina assegna ciascun funzionario mediante nomina o trasferimento, nel solo interesse del servizio e prescindendo da considerazioni di cittadinanza, ad un impiego corrispondente al suo grado, nella sua categoria o quadro».

104.
    Riguardo ai dipendenti assegnati all'Ufficio delle pubblicazioni, l'art. 5, n. 1, della decisione relativa all'installazione dell'Ufficio delle pubblicazioni prevede che: «Le competenze dell'autorità che ha il potere di nomina sono esercitate dalla Commissione per quanto riguarda il direttore dell'Ufficio e gli altri funzionari ed agenti della categoria A e, se del caso, del quadro LA, alle seguenti condizioni: la Commissione procede alla loro nomina o promozione soltanto previo parere favorevole del Comitato direttivo (...). Inoltre, il Comitato direttivo partecipa direttamente alle procedure da svolgere, ove necessario, prima della nomina di detti funzionari e agenti (...)» Ai termini del n. 2, «Allo stesso modo si procederà (...) per gli atti di carattere gerarchico quali rapporti informativi, procedimenti disciplinari, firma dei contratti».

105.
    Come giustamente sottolinea la ricorrente, da dette disposizioni risulta che i poteri devoluti dallo Statuto all'APN sono esercitati dalla Commissione nei confronti dei dipendenti assegnati all'Ufficio delle pubblicazioni, in particolare di quelli del quadro LA, e il Comitato direttivo dell'Ufficio partecipa alle procedure di adozione di determinati atti, alle condizioni sopra citate.

106.
    Occorre constatare, inoltre, che sulla base di dette disposizioni ed in conformità dell'art. 2, n. 1, dello Statuto, a tenore del quale «[o]gni istituzione determina le autorità che esercitano nel suo ambito i poteri demandati dal presente statuto all'autorità che ha il potere di nomina», la Commissione ha adottato la sua decisione 1. giugno 1984 al fine di stabilire le autorità competenti ad esercitare i suoi poteri di APN nei confronti dei dipendenti dell'Ufficio delle pubblicazioni.

107.
    Nella fattispecie la ricorrente fa tuttavia valere che la decisione della Commissione 1. giugno 1984 non delegherebbe al direttore generale del personale e dell'amministrazione l'esercizio dei poteri di APN devoluti dallo Statuto nei confronti dei dipendenti dell'Ufficio delle pubblicazioni, cosicché egli non era competente ad adottare la controversa decisione di riassegnazione.

108.
    Al riguardo il Tribunale rileva, innanzi tutto, che l'art. 2 della decisione della Commissione 1. giugno 1984 riguarda espressamente i «dipendenti retribuiti con i crediti di bilancio dell'Ufficio» e prevede che i poteri demandati all'APN dallo Statuto sono esercitati, per quanto li riguarda, dalla Commissione, dal suo membro responsabile delle questioni del personale e dei suoi servizi nonché dal direttore dell'Ufficio, alle condizioni previste dall'allegato I. Ne consegue che, poiché, come risulta dal fascicolo, la ricorrente veniva retribuita con i crediti di bilancio dell'Ufficio, la determinazione dell'autorità competente in materia della sua riassegnazione presso il servizio Traduzione della Commissione era senz'altro soggetta, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, all'esercizio delle modalità previste dalla decisione 1. giugno 1984.

109.
    Ebbene, dall'allegato I della decisione 1. giugno 1984 risulta che, relativamente alle decisioni adottate ai sensi dell'art. 7, n. 1, dello Statuto, i poteri demandati all'APN sono esercitati dal membro della Commissione responsabile delle questioni del personale riguardo ai dipendenti di categoria A4-A8. L'art. 8 di detto allegato prevede, peraltro, che: «L'esercizio dei poteri nei confronti dei dipendenti di categoria A comporta del pari quello nei confronti dei dipendenti del quadro LA». Ne consegue che, secondo la decisione della Commissione 1. giugno 1984, competeva al membro della Commissione responsabile delle questioni del personale, e non al direttore generale del personale e dell'amministrazione, esercitare i poteri devoluti all'APN per quanto concerne l'adozione, in applicazione dell'art. 7, n. 1, dello Statuto, dell'impugnata decisione di riassegnazione.

110.
    Tuttavia, il fatto di aver derogato ai criteri previsti dalla decisione della Commissione 1. giugno 1984 non può, di per sé, comportare la nullità della decisione adottata nei confronti della ricorrente.

111.
    Dalla giurisprudenza della Corte risulta, infatti, che una subdelegazione o una deroga ai criteri stabiliti dalla stessa Commissione in una decisione adottata ai sensi dell'art. 2 dello Statuto può rendere nullo l'atto compiuto dall'amministrazione solo se menoma una delle garanzie offerte ai dipendenti dallo Statuto o viola le norme di una sana amministrazione del personale (sentenze della Corte 30 maggio 1973, causa 46/72, De Greef/Commissione, Racc. pag. 543, punto 21, e causa 49/72, Drescig/Commissione, Racc. pag. 565, punto 13). Infatti, come ha dichiarato la Corte, una decisione della Commissione adottata ai sensi dell'art. 2 dello Statuto implica una ripartizione del lavoro tra i vari servizi della Commissione, anziché una rigida attribuzione di poteri la cui inosservanza possa dar luogo alla nullità degli atti compiuti al di fuori dell'ambito stabilito. Tale caratteristica è confermata dal fatto che questo tipo di decisione è pubblicato dalla Commissione non già nella Gazzetta ufficiale, bensì in un bollettino d'informazioni destinato al personale (sentenze De Greef/Commissione, citata, punti 18 e 19, e Drescig/Commissione, citata, punti 10 e 11).

112.
    Nella fattispecie, il Tribunale constata che la ricorrente non sostiene, né tanto meno dimostra, che il fatto che la decisione impugnata sia stata adottata dal direttore generale del personale e dell'amministrazione, invece che dal membro della Commissione responsabile delle questioni del personale, sia stato, di per sé, idoneo a menomare una delle garanzie che le sono conferite dallo Statuto o i principi di buona amministrazione in materia di gestione del personale. In particolare, si deve constatare che la ricorrente non mette in discussione le qualifiche professionali del firmatario della decisione impugnata né l'accordo del direttore dell'Ufficio delle pubblicazioni e del Comitato di direzione dell'Ufficio per disporre la sua riassegnazione, come risulta dalla lettera in data 13 gennaio 1995.

113.
    Ciò vale tanto più in quanto, con lettera 10 giugno 1996, il membro competente della Commissione ha confermato inequivocabilmente l'impugnata decisione di riassegnazione.

114.
    Al riguardo la ricorrente fa tuttavia valere, da un lato, che si tratterebbe di una conferma tardiva e, dall'altro, che la sua riassegnazione implicava, inoltre, il ricorso ad una procedura che comportava l'intervento del Parlamento e del Consiglio.

115.
    In relazione alla prima censura, occorre constatare che, anche se la conferma proveniente dal membro della Commissione è intervenuta dopo la presentazione del ricorso in esame, è pur vero che essa è stata effettuata prima della decisione 17 giugno 1996, che respinge esplicitamente il reclamo della ricorrente avverso l'impugnata decisione di riassegnazione. Occorre, infatti, ricordare che in applicazione dell'art. 91, n. 4, dello Statuto e in deroga al n. 2 dello stesso articolo il ricorso ha potuto essere presentato senza attendere l'adozione di una decisione recante rigetto del reclamo (v. supra, punto 15).

116.
    Ora, secondo una giurisprudenza costante, il procedimento contenzioso ha lo scopo di consentire e di facilitare la composizione amichevole delle controversie insorte tra i dipendenti e l'amministrazione (sentenza della Corte 1. luglio 1976, causa 58/75, Sergy/Commissione, Racc. pag. 1139, punto 32, e sentenza del Tribunale 16 luglio 1992, causa T-1/91, Della Pietra/Commissione, Racc. pag. II-2145, punto 25). In particolare, come ha affermato il Tribunale, tale scopo può essere raggiunto anche quando la decisione controversa emani da un'autorità diversa dall'APN, in quanto quest'ultima è sempre in grado di ottenere una composizione amichevole, vuoi rinviando la decisione all'autorità competente per riesame, vuoi persuadendo il dipendente interessato che le sue lagnanze sono infondate (sentenza Della Pietra/Commissione, citata, punto 25). Ne consegue, nella fattispecie, che, poiché la lettera 10 giugno 1996 è appunto intervenuta nell'ambito della procedura precontenziosa per dissipare qualsiasi equivoco da parte della ricorrente riguardo all'effettivo accordo del membro della Commissione circa la decisione di riassegnazione, e ciò ai fini di una eventuale composizione amichevole per quanto concerne l'asserita incompetenza del direttore generale del personale e dell'amministrazione, non può essere accolta la censura riguardo al ritardo della detta lettera.

117.
    Per di più, e in ogni caso, l'argomento secondo il quale la sua riassegnazione avrebbe richiesto la consultazione del Parlamento europeo e del Consiglio è palesemente infondato, tenuto conto del disposto dell'art. 5 della decisione recante l'istituzione dell'Ufficio delle pubblicazioni, in forza del quale le competenze dell'APN nei confronti dei dipendenti di detto Ufficio sono esercitate dalla Commissione.

118.
    Dall'insieme di tali elementi risulta che il motivo deve essere respinto.

Sul secondo motivo, relativo alla violazione del principio del legittimo affidamento

Argomenti delle parti

119.
    La ricorrente sostiene che la decisione ha violato il suo legittimo affidamento di vedere la Commissione «regolarizzare» la sua situazione amministrativa procedendo ad inquadrarla nella categoria A. Tale affidamento sarebbe stato fondato, innanzi tutto, sul fatto che i compiti a lei conferiti a partire dal 1993 nell'ambito del gruppo CELEX erano esclusivamente amministrativi. Peraltro, il posto LA con il quale la ricorrente era stata trasferita nel 1993 all'Ufficio delle pubblicazioni sarebbe stato in realtà convertito in posto di categoria A, come sarebbe dimostrato dalla sua iscrizione, tra i dipendenti di categoria A, nella Guida dei servizi della Commissione del 1994 e dalla sua partecipazione alla correzione delle prove scritte di un concorso generale per la selezione di amministratori di grado A7/A6. Risulterebbe, inoltre, dai suoi prospetti di retribuzione, relativi al periodo in cui prestava servizio presso l'Ufficio delle pubblicazioni, che la sua retribuzione era imputata al bilancio di tale Ufficio.

120.
    Infine, la ricorrente nega di aver ripetutamente rifiutato di essere trasferita a Lussemburgo nell'ambito del gruppo CELEX per occuparvi un posto in qualità di dipendente di categoria A. Avrebbe soltanto fatto presente di non gradire, per motivi di salute, tale trasferimento.

121.
    La Commissione ritiene che gli argomenti fatti valere dalla ricorrente non siano atti a dimostrare una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento. La pubblicazione nella Guida dei servizi non avrebbe l'effetto di sancire o di definire ufficialmente situazioni amministrative e la mera partecipazione alla correzione delle prove scritte di un concorso generale di categoria A non attesterebbe altro che l'idoneità della ricorrente a valutare le prestazioni scritte dei candidati nell'ambito corrispondente alla sua formazione. Riguardo ai prospetti di retribuzione, la Commissione replica che anche se l'assegnazione della ricorrente fosse stata effettivamente imputata finanziariamente all'Ufficio delle pubblicazioni fino al 1996, il posto LA da lei occupato continuava tuttavia ad appartenere all'organigramma della Commissione, che ne aveva disposto per un periodo transitorio. Infatti, durante il periodo di messa a disposizione dell'impiego della ricorrente presso l'Ufficio delle pubblicazioni, un posto A, corrispondente allefunzioni che dovevano essere trasferite a Lussemburgo, sarebbe stato congelato presso detto Ufficio, cosicché quest'ultimo voleva recuperarne la disponibilità, visto il rifiuto della ricorrente di accettare un trasferimento a Lussemburgo.

122.
    Infine, la Commissione sottolinea che il passaggio alla categoria A nell'ambito del gruppo CELEX richiedeva un trasferimento ad un posto dichiarato vacante, sullabase delle disposizioni derogatorie adottate dalla Commissione, il 4 febbraio 1994, in applicazione del regolamento n. 3947/92. Tuttavia, la ricorrente avrebbe rifiutato a più riprese di accettare un trasferimento a Lussemburgo, fatto di cui aveva preso atto il direttore generale dell'Ufficio delle pubblicazioni con lettera 13 gennaio 1995.

Giudizio del Tribunale

123.
    Secondo una costante giurisprudenza, la possibilità di avvalersi del principio del legittimo affidamento è consentita solo alle persone in capo alle quali un'istituzione, fornendo loro assicurazioni precise, ha fatto sorgere aspettative fondate (sentenza della Corte 19 maggio 1983, causa 289/81, Mavridis/Parlamento, Racc. pag. 1731, punto 21; sentenze del Tribunale 27 marzo 1990, causa T-123/89, Chomel/Commissione, Racc. pag. II-131, punti 25 e 26; 23 ottobre 1990, causa T-46/89, Pitrone/Commissione, Racc. pag. II-577, punto 42, e 22 gennaio 1998, causa T-98/96, Costacurta/Commissione, Racc. pag. II-49, punto 72).

124.
    Nella fattispecie, va constatato che, anche se la ricorrente si è vista certamente conferire funzioni essenzialmente amministrative nell'ambito del servizio CELEX a partire dalla sua nuova assegnazione all'Ufficio delle pubblicazioni, la decisione 11 marzo 1993 che disponeva la sua nuova assegnazione presso detto Ufficio non contiene tuttavia alcuna assicurazione di un passaggio alla categoria A in via di deroga, ai sensi dell'art. 45, n. 3, dello Statuto, poiché si tratta chiaramente di una decisione relativa a una nuova assegnazione, e non di un provvedimento di trasferimento. Ora, come è stato sottolineato (v. supra, punto 81), l'esistenza di un provvedimento di trasferimento al fine di coprire un posto vacante costituisce, secondo l'articolo considerato, una condizione indispensabile per il passaggio, senza concorso, dal quadro LA alla categoria A.

125.
    Del pari, il fatto che la ricorrente sia stata indicata quale dipendente della categoria A nella Guida dei servizi del 1994 non può avere l'asserito valore probante poiché, in primo luogo, un organigramma stabilito all'interno di un'istituzione è un documento interno che non presenta le caratteristiche di un atto amministrativo, non produce effetti giuridici e ha una finalità strettamente informativa (sentenza Mc Avoy/Parlamento, citata, punto 45) e, poiché, in secondo luogo, come risulta dal fascicolo, la Guida dei servizi del marzo 1995, al contrario, citava la ricorrente quale dipendente del quadro LA.

126.
    Quanto agli altri elementi invocati dalla ricorrente, vale a dire la sua partecipazione alla correzione di un concorso generale per la selezione di amministratori e il fattoche la sua retribuzione fosse stata imputata sui crediti di bilancio dell'Ufficio delle pubblicazioni, il Tribunale rileva che neanche questi possono costituire l'espressione di assicurazioni precise, da parte dell'amministrazione, quanto all'inquadramento della ricorrente nella categoria A o alla sua non riassegnazione al servizio Traduzione della Commissione. A tale riguardo, è sufficiente osservare che nel suo terzo motivo la ricorrente contesta all'amministrazione di aver sempre fatto comparire il suo nominativo nell'elenco dei dipendenti LA e di averle dichiarato che una riassegnazione al suo servizio d'origine a Bruxelles sarebbe stata inevitabile, tenuto conto del suo rifiuto di recarsi a Lussemburgo dove era stato definitivamente trasferito il servizio CELEX (v. supra, punto 129). Ora, tali elementi sono, di per sé, idonei ad escludere l'esistenza di qualsiasi assicurazione nei suoi confronti.

127.
    Pertanto, la decisione di riassegnazione della ricorrente al servizio Traduzione della Commissione non può essere considerata adottata in violazione del principio del legittimo affidamento, e ciò a maggior ragione per il fatto che la riassegnazione del dipendente, ai sensi dell'art. 7, n. 1, dello Statuto, non costituisce un evento anormale e imprevedibile nella sua carriera (v. sentenza Costacurta/Commissione, già citata, punto 73).

128.
    Di conseguenza, il secondo motivo deve essere respinto.

Sul terzo motivo, relativo alla violazione del principio di buona amministrazione e del dovere di sollecitudine

Argomenti delle parti

129.
    La ricorrente sostiene, in primo luogo, che, siccome il suo nome continuava a figurare ogni anno sull'elenco dei dipendenti LA, ha subito, per effetto di tale negligenza, pressioni da parte della direzione dell'Ufficio delle pubblicazioni dirette a spogliarla delle sue funzioni. Tali pressioni sarebbero consistite nel comunicarle che sarebbe stata inevitabile una sua reintegrazione nel servizio Traduzione della Commissione se non avesse accettato di essere trasferita a Lussemburgo per svolgervi le funzioni che esercitava nel gruppo CELEX a Bruxelles. L'intensità di tali pressioni sarebbe aumentata dopo la sua richiesta, presentata il 16 gennaio 1995, mirante al suo inquadramento nella categoria A. Infine, l'Ufficio delle pubblicazioni l'avrebbe privata delle sue funzioni, dal febbraio 1995, in violazione del principio di buona amministrazione che imponeva di attendere la risposta alla sua domanda ed al suo reclamo. In tale contesto, la ricorrente deduce che la decisione di riassegnarla al servizio Traduzione ha, in realtà, il carattere di una sanzione dissimulata.

130.
    In risposta all'argomento secondo il quale ha sempre rifiutato un trasferimento a Lussemburgo, la ricorrente ribadisce di aver semplicemente indicato, per ragionidi salute, di non gradire tale trasferimento. La stessa sostiene, tuttavia, che si sarebbe immediatamente conformata ad un'eventuale decisione di trasferimento.

131.
    La ricorrente fa valere, in secondo luogo, che la Commissione non ha adempiuto il proprio dovere di sollecitudine adottando la decisione controversa, in quanto, nell'adottare una decisione relativa alla situazione di un dipendente, l'amministrazione deve tenere conto dell'interesse del servizio, ma anche dell'interesse della persona coinvolta. Ora, l'estromissione dalle sue funzioni presso l'Ufficio delle pubblicazioni e la sua riassegnazione al servizio Traduzione della Commissione costituirebbero una violazione dei suoi diritti di libertà, in quanto è costretta ad eseguire un lavoro obbligatorio.

132.
    La Commissione sottolinea in via preliminare che, per giurisprudenza costante, il trasferimento di un dipendente della Comunità, benché possa provocare all'interessato inconvenienti familiari e disagi economici, non costituisce un evento anormale ed imprevedibile nella sua carriera, quando le sedi di lavoro cui egli può essere assegnato sono distribuite in diversi Stati e l'autorità gerarchica può trovarsi per esigenze di servizio nella necessità di disporre detto trasferimento (sentenza 14 luglio 1988, cause riunite 23/87 e 24/87, Aldinger e a./ Parlamento, Racc. pag. 4395). Essa ne deduce che in seguito al trasferimento delle attività del gruppo CELEX a Lussemburgo la ricorrente avrebbe dovuto, in via di principio, raggiungere la nuova sede al pari di altri colleghi.

133.
    Nella fattispecie, l'amministrazione avrebbe tuttavia dato prova di una particolare sollecitudine, permettendo ai dipendenti assegnati al servizio CELEX che, come la ricorrente, non desideravano lasciare Bruxelles, di godere di un periodo transitorio atto a favorire la ricerca di soluzioni alternative. Nel caso della ricorrente, i tentativi di impiegarla presso altre direzioni generali si sarebbero rivelati infruttuosi, cosicché era necessario che l'amministrazione prendesse infine provvedimenti. Comunicandole che, a causa del suo rifiuto di essere trasferita a Lussemburgo, era necessario prevedere la sua reintegrazione nel servizio Traduzione, l'amministrazione non avrebbe quindi commesso alcuna pressione illecita. Così facendo, essa avrebbe, al contrario, agito nell'interesse del servizio e in conformità del principio di buona amministrazione, in quanto sarebbe stato assurdo lasciare indefinitamente in sospeso a Bruxelles un posto distaccato presso il servizio CELEX, che era operativo a Lussemburgo. In ogni caso, il fatto di aver evitato alla ricorrente un trasferimento della sede di lavoro a Lussemburgo, che avrebbe potuto essere disposto d'autorità, dimostrerebbe che la stessa non è stata vittima di alcuna intimidazione.

134.
    L'argomento secondo il quale la decisione di riassegnazione 22 dicembre 1995 avrebbe il carattere di una sanzione snaturerebbe quindi la realtà dei fatti, tanto più in quanto la ricorrente non avrebbe mai risposto alla lettera 13 gennaio 1995 del direttore dell'Ufficio delle pubblicazioni in cui quest'ultimo prendeva atto del suo rifiuto di trasferirsi a Lussemburgo, per manifestare la propria disponibilità a tale trasferimento.

135.
    L'affermazione relativa ad una presunta violazione «dei diritti di libertà» sarebbe poi incoerente. Ammesso che sia pertinente, si dovrebbe in tal caso ammettere che l'autorità amministrativa non abbia il potere di decidere riguardo ad un'assegnazione senza il previo assenso del dipendente. Risulterebbe tuttavia da una giurisprudenza costante che le istituzioni dispongono di un ampio potere discrezionale nell'organizzazione dei loro servizi e nell'assegnazione del personale che si trova a loro disposizione (sentenza 11 luglio 1996, causa T-102/95, Aubineau/Commissione, Racc. PI pag. I-A-357).

Giudizio del Tribunale

136.
    Il Tribunale osserva che, nella fattispecie, tanto dal fascicolo quanto dagli argomenti della ricorrente risulta che quest'ultima desiderava restare a Bruxelles piuttosto che essere assegnata a Lussemburgo, dove ormai il gruppo CELEX esplicava la sua attività in seguito al suo trasferimento all'Ufficio delle pubblicazioni. Da un lato, infatti, nella sua lettera alla ricorrente 13 gennaio 1995 il direttore generale dell'Ufficio delle pubblicazioni ha preso atto del fatto che essa si era opposta in due occasioni ad un trasferimento a Lussemburgo. Ora, la ricorrente non contesta il fatto di non aver risposto a detta lettera per smentire tale considerazione, o per manifestare la propria disponibilità riguardo a tale trasferimento. Dall'altro, in ogni caso, la ricorrente ammette che, per ragioni di salute, desiderava restare a Bruxelles.

137.
    Pertanto, il fatto di aver comunicato alla ricorrente che, in assenza di un trasferimento a Lussemburgo, sarebbe stata riassegnata al suo servizio d'origine per mantenere la sua sede di servizio a Bruxelles, invece di dimostrare l'esistenza di pressioni di qualsiasi tipo, rivela piuttosto che il suo interesse personale è stato preso in considerazione poiché in tal modo le è stato evitato un trasloco contro la sua volontà. Perciò la decisione non può essere considerata una sanzione dissimulata.

138.
    Inoltre, occorre ricordare che la riassegnazione di un dipendente non presuppone il consenso di quest'ultimo. Altrimenti si limiterebbe in modo inaccettabile la libertà di disposizione delle istituzioni nell'organizzazione dei loro servizi e nell'adattamento di detta organizzazione alle mutate esigenze (sentenze Carbognani e Coda Zabetta/Commissione, citata, punto 28; Aubineau/Commissione, citata, punto 30, e Costacurta/Commissione, citata, punto 40). Il fatto che la ricorrente non abbia chiesto di essere reintegrata nel servizio Traduzione della Commissione non può quindi condurre alla conclusione che la sua riassegnazione in tale servizio costituisca una sanzione dissimulata e sia stata decisa in violazione del dovere di sollecitudine.

139.
    Per quanto concerne, infine, l'argomento della ricorrente secondo cui è stata spogliata delle sue funzioni presso il servizio CELEX prima che fosse definitivamente respinta la sua domanda di inquadramento nella categoria A, ilTribunale rileva che esso non è suffragato dai fatti. Al riguardo, è sufficiente constatare che la decisione di riassegnazione impugnata è stata adottata il 22 dicembre 1995 e ha spiegato i propri effetti solo dal 16 gennaio 1996, mentre il reclamo della ricorrente contro il rifiuto della Commissione di inquadrarla come dipendente A era già stato respinto il 21 dicembre 1995.

140.
    Alla luce dell'insieme di tali elementi il motivo deve essere respinto.

Sul quarto motivo, relativo ad una motivazione insufficiente ed erronea dell'impugnata decisione e alla mancata considerazione dell'interesse del servizio

Argomenti delle parti

141.
    La ricorrente fa valere che la decisione è motivata in modo sommario ed erroneo per quanto riguarda l'interesse del servizio, in quanto si fonda essenzialmente sull'ipotesi di un trasferimento del gruppo CELEX da Bruxelles a Lussemburgo. Ora, nessuno dei dipendenti trasferiti all'Ufficio delle pubblicazioni nel 1993 e assegnati ai servizi CELEX e Eurobases sarebbe stato, in realtà, trasferito a Lussemburgo. In risposta all'argomento secondo il quale soltanto due dipendenti, appartenenti però alle categorie C e D, sarebbero stati mantenuti a Bruxelles nell'ambito del gruppo CELEX, la ricorrente ribatte che era stato tuttavia pubblicato nel 1993 l'avviso di posto vacante COM/128/93 per coprire un posto vacante a Bruxelles. Inoltre, dal momento che la decisione 21 dicembre 1995, relativa alla sua domanda di inquadramento nella categoria A, si limiterebbe a constatare che le funzioni da lei esercitate erano ormai «in gran parte» effettuate a Lussemburgo, ne conseguirebbe che una parte dell'attività del gruppo CELEX si svolge ancora a Bruxelles.

142.
    La ricorrente ritiene, peraltro, che l'interesse del servizio non sia stato preso in considerazione dal momento che non sarebbe stato provato che tale interesse imponeva il suo trasferimento a Lussemburgo o, in mancanza di ciò, la sua riassegnazione al servizio Traduzione a Bruxelles. Essa fa valere, al riguardo, che le sue funzioni nell'ambito del gruppo CELEX potevano essere esercitate indifferentemente a Lussemburgo o a Bruxelles.

143.
    Infine, sarebbe manifestamente illogico che la decisione di riassegnarla al servizio Traduzione fosse basata sull'interesse del servizio, ai sensi dell'art. 7, n. 1 dello Statuto, poiché è proprio su tale base che la ricorrente era stata assegnata, nel1993, all'Ufficio delle pubblicazioni a Bruxelles.

144.
    La Commissione sostiene che nessun dipendente di categoria A o del quadro LA assegnato al gruppo CELEX si trova più a Bruxelles, essendo stati mantenuti in loco soltanto due dipendenti, rispettivamente di livello C e D. Tutte le attività proprie di tale servizio, eccezion fatta per quei due posti, sarebbero state infatti trasferite a Lussemburgo, comprese le attività svolte con l'ausilio di personale esterno. L'avviso di posto vacante COM/128/93 sarebbe, al riguardo, non pertinentepoiché riguarderebbe un posto proprio del servizio Eurobases e non del servizio CELEX.

145.
    Per quel che concerne l'interesse del servizio, la Commissione ribatte, innanzi tutto, che non compete alla ricorrente contestare la decisione di trasferire le attività del gruppo CELEX a Lussemburgo. Tale scelta sarebbe il risultato di valutazioni proprie del modello che l'amministrazione decide di conferire all'organizzazione generale dei propri servizi, scelta che, nella fattispecie, sarebbe giustificata in particolare dal fatto che i testi che alimentano la base CELEX provengono essenzialmente dalle pubblicazioni ufficiali prodotte dall'Ufficio delle pubblicazioni a Lussemburgo. In tale contesto sarebbe stato assurdo tollerare che la ricorrente continuasse a svolgere le sue funzioni a Bruxelles quando i dipendenti A del gruppo CELEX dovevano ormai lavorare a Lussemburgo. Il giudizio avanzato al riguardo dalla ricorrente non sarebbe pertinente, dato che siffatta valutazione competerebbe soltanto all'autorità competente.

146.
    Quanto alla pretesa illogicità della decisione, la Commissione replica che la valutazione dell'interesse del servizio da parte dell'autorità competente può necessariamente variare nel tempo in funzione delle necessità del servizio cui essa deve provvedere. Nella fattispecie, non sarebbe quindi contraddittorio che l'interessata sia stata assegnata al servizio CELEX a Bruxelles all'inizio del 1993, quando poteva ancora lavorare in loco, e che è stata in seguito reintegrata nel servizio Traduzione nel dicembre 1995, tenuto conto della sua opposizione ad un trasferimento di sede.

Giudizio del Tribunale

147.
    Per quanto riguarda, in primo luogo, la censura relativa ad una motivazione insufficiente, basta ricordare che, da un lato, la decisione di riassegnazione comporta un riferimento esplicito all'art. 7 dello Statuto e all'interesse del servizio e che, dall'altro, nella sua lettera che accompagna la decisione, il direttore generale del personale e dell'amministrazione comunica alla ricorrente che, a causa del trasferimento del gruppo CELEX da Bruxelles a Lussemburgo e tenuto conto del desiderio di quest'ultima di restare assegnata a Bruxelles, si vede costretto a procedere, nell'interesse del servizio, alla sua riassegnazione quale dipendente del quadro LA (v. supra, punto 13). Pertanto, occorre concludere che i 'visti‘ della decisione, il riferimento esplicito agli interessi del servizio e le spiegazioni fornite nella lettera che accompagna la decisione offrono una motivazione sufficiente alla misura di riassegnazione impugnata.

148.
    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l'asserita mancata considerazione dell'interesse del servizio, occorre rilevare che la ricorrente contesta tanto l'effettiva riorganizzazione del servizio CELEX quanto la sua opportunità.

149.
    Riguardo, innanzi tutto, all'effettiva riorganizzazione del servizio CELEX, il Tribunale constata che gli elementi citati dalla ricorrente non sono idonei a rimettere in discussione il carattere effettivo del trasferimento di detto servizio presso l'Ufficio delle pubblicazioni a Lussemburgo. Così, la circostanza che un avviso di posto vacante, pubblicato nel 1993, abbia potuto riguardare la copertura di un posto dell'Ufficio delle pubblicazioni a Bruxelles è priva di pertinenza dal momento che, anche ammettendo che riguardasse un impiego nell'ambito del servizio CELEX, la pubblicazione di detto avviso non poteva pregiudicare un trasferimento successivo di detto servizio, a seguito della riorganizzazione effettuata. Peraltro, la ricorrente non può dedurre dalla decisione 21 dicembre 1995 che una parte, anche minima, delle funzioni da lei esercitate nell'ambito del servizio CELEX sia ancora espletata a Bruxelles. Al riguardo, occorre rilevare che detta decisione si limitava a constatare che, alla data della sua adozione, gran parte del lavoro della ricorrente veniva, sin d'allora, svolta a Lussemburgo a causa del trasferimento del servizio (v. supra, punto 12).

150.
    Per quanto riguarda, poi, l'asserita inopportunità della riorganizzazione del servizio, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, le istituzioni dispongono di un ampio potere discrezionale nell'organizzazione dei loro servizi in funzione dei compiti loro affidati e nell'assegnazione, per lo svolgimento di tali compiti, del personale disponibile, a condizione però che tale assegnazione venga effettuata nell'interesse del servizio e nel rispetto dell'equivalenza dei posti. Data l'ampiezza del potere discrezionale delle istituzioni quanto alla valutazione dell'interesse del servizio, il sindacato del giudice comunitario deve quindi limitarsi ad accertare che l'APN non abbia travalicato limiti ragionevoli e non si sia avvalsa del suo potere discrezionale in modo manifestamente errato (sentenze del Tribunale 13 dicembre 1990, causa T-20/89, Moritz/Commissione, Racc. pag. II-769, punto 39, e Turner/Commissione, citata, punto 53).

151.
    Nella fattispecie, il Tribunale rileva che l'affermazione della ricorrente secondo la quale le sue funzioni nell'ambito del servizio CELEX avrebbero potuto essere svolte tanto a Bruxelles quanto a Lussemburgo non è idonea a provare l'esistenza di un qualsivoglia errore manifesto di valutazione da parte dell'APN per quanto riguarda la valutazione dell'interesse del servizio. A tale riguardo occorre, al contrario, constatare che la volontà della ricorrente di rimanere assegnata a Bruxelles era divenuta incompatibile con il fatto che il servizio CELEX e le funzioni da lei espletate presso di esso erano stati progressivamente trasferiti a Lussemburgo, a seguito dell'attribuzione all'Ufficio delle pubblicazioni delle competenze collegate alla gestione di detto servizio.

152.
    Infine, l'argomento relativo al fatto che nel 1993 la ricorrente era stata assegnata, all'Ufficio delle pubblicazioni non può, di per sé, dimostrare l'asserita illogicità della sua successiva riassegnazione, avvenuta il 22 dicembre 1995, dal momento che, come giustamente ha fatto valere la Commissione, la valutazione dell'interesse del servizio può necessariamente variare nel corso del tempo a seconda dei cambiamenti relativi alla sua organizzazione.

153.
    Da tali elementi emerge che il motivo deve essere respinto.

Sul quinto motivo, relativo ad uno sviamento di potere

Argomenti delle parti

154.
    La ricorrente sostiene che l'impugnata decisione è viziata da sviamento di potere poiché tale misura aveva come scopo quello di giustificare lo spossessamento delle sue funzioni e del suo posto di categoria A che le era stato attribuito nell'organigramma dell'Ufficio delle pubblicazioni.

155.
    La Commissione ricorda che, per giurisprudenza costante, una decisione è viziata da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottata per raggiungere scopi diversi da quelli dichiarati. Nella fattispecie, l'argomento della ricorrente sarebbe infondato e non suffragato da alcun elemento di prova.

Giudizio del Tribunale

156.
    Il Tribunale ricorda che, come risulta dall'esame del terzo e del quarto motivo, la ricorrente non ha fornito la prova dell'esistenza di una sanzione dissimulata nei suoi confronti o della mancata osservanza dell'interesse del servizio. Ora, da una giurisprudenza costante risulta che, qualora una decisione non sia stata giudicata contraria all'interesse del servizio, non si può parlare di sviamento di potere (sentenze del Tribunale 10 luglio 1992, cause riunite T-59/91 e T-79/91, Eppe/Commissione, Racc. pag. II-2061, punto 57, e 19 giugno 1997, causa T-73/96, Forcat Icardo/Commissione, Racc. PI pag. II- 485, punto 39).

157.
    Pertanto, il motivo deve essere respinto.

158.
    Dall'insieme di tali elementi risulta che, nella parte in cui riguarda l'annullamento della decisione di riassegnazione 22 dicembre 1995, il ricorso deve essere del pari respinto.

B - Sulla domanda di risarcimento danni

Argomenti delle parti

159.
    La ricorrente chiede la riparazione, equitativamente determinata, dei danni morali e materiali subiti per i comportamenti illeciti dell'amministrazione. Le pressioni e le intimidazioni subite avrebbero arrecato danni alla sua tranquillità interiore e alla sua salute. La ricorrente fa riferimento in proposito ad un referto redatto nel 1996. Inoltre, a causa del suo allontanamento dal servizio CELEX, l'esercizio della sua attività professionale, la sua reputazione nonché lo svolgimento della sua carriera avrebbero subito un danno.

160.
    La Commissione fa valere che l'amministrazione non ha tenuto alcun comportamento illecito. Non sarebbe peraltro stato presentato alcun elemento di prova attestante l'esistenza di pressioni illecite o di intimidazioni, o di danni di natura psicofisica da essi derivanti. Non si sarebbe verificata, inoltre, alcuna perturbazione della sua attività professionale dal momento che la ricorrente stessa ha scelto di non recarsi a Lussemburgo ed è stata reintegrata nel servizio Traduzione, il che non implicherebbe alcun pregiudizio per la sua considerazione. Infine, non si potrebbe constatare alcun danno allo svolgimento della sua carriera, dal momento che la sua riassegnazione al servizio Traduzione non la priva della possibilità di accedere in futuro alla categoria A, avvalendosi delle possibilità offerte dall'art. 45, nn. 3 e 4, dello Statuto.

Giudizio del Tribunale

161.
    Il Tribunale rileva che, nella fattispecie, la ricorrente si avvale dell'asserita illiceità del comportamento dell'amministrazione adducendo argomenti già esaminati nell'ambito della domanda di annullamento, vale a dire, da un lato, l'esercizio di pressioni nei suoi confronti per spogliarla delle sue funzioni presso il servizio CELEX e, dall'altro, l'illegittimità della sua riassegnazione presso il servizio Traduzione della Commissione. Ora, secondo una giurisprudenza costante, la domanda di risarcimento danni deve essere respinta qualora presenti uno stretto collegamento con la domanda d'annullamento, che, dal canto suo, è stata respinta, vuoi perché irricevibile, vuoi perché infondata (sentenze del Tribunale Della Pietra/Commissione, citata, punto 34; 6 giugno 1996, causa T-262/94, Baiwin/Commissione, Racc. PI pag. II-739, punto 151, e 14 luglio 1997, causa T-123/95, B/Parlamento, Racc. PI pag. II-697, punto 82).

162.
    Nella fattispecie, essendo stata respinta la domanda d'annullamento formulata dalla ricorrente, si deve pertanto respingere la domanda di risarcimento danni.

163.
    Da tutto quanto precede emerge che il ricorso dev'essere interamente respinto.

Sulle spese

164.
    A termini dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell'art. 88 dello stesso regolamento, nelle controversie tra le Comunità e i loro dipendenti le spese sostenute dalle istituzioni restano a carico di queste.

165.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura le istituzioni intervenute nella causa sopportano le proprie spese.

166.
    Di conseguenza, occorre disporre che ciascuna delle parti sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    Ciascuna delle parti, nonché il Consiglio, sopporterà le proprie spese.

Kalogeropoulos    Bellamy    Pirrung

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 settembre 1998.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

A. Kalogeropoulos


1: Lingua processuale: l'italiano.