Language of document : ECLI:EU:T:2011:344

Causa T‑132/07

Fuji Electric Co. Ltd

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Intese — Mercato dei progetti relativi ad apparecchiature di comando con isolamento in gas — Decisione che constata un’infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo SEE — Ripartizione del mercato — Prova dell’infrazione — Imputabilità del comportamento illecito — Durata dell’infrazione — Ammende — Circostanze attenuanti — Cooperazione»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Intese — Impresa — Nozione — Unità economica — Imputazione delle infrazioni

(Art. 81, n. 1, CE; accordo SEE, art. 53)

2.      Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Imputazione

(Art. 81, n. 1, CE; accordo SEE, art. 53)

3.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Onere della prova dell’infrazione e della sua durata incombente alla Commissione — Portata dell’onere della prova

(Art. 81, n. 1, CE; accordo SEE, art. 53)

4.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Modalità di prova — Ricorso a un insieme di indizi

(Art. 81, n. 1, CE; accordo SEE, art. 53)

5.      Concorrenza — Intese — Prova — Esame del valore probatorio di un documento — Criteri

(Art. 81, n. 1, CE; accordo SEE, art. 53)

6.      Diritto comunitario — Principi — Diritti fondamentali — Presunzione d’innocenza — Procedimento in materia di concorrenza — Applicazione

(Atto unico europeo, preambolo; art. 6, n. 2, UE; art. 81, n. 1, CE; accordo SEE, art. 53; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 47)

7.      Concorrenza — Intese — Partecipazione a riunioni aventi un oggetto anticoncorrenziale

(Art. 81 CE; accordo SEE, art. 53)

8.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Comunicazione degli addebiti — Obbligo di rispondervi — Insussistenza

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 18)

9.      Ricorso di annullamento — Ricevibilità — Persone fisiche o giuridiche — Riconoscimento nel corso del procedimento amministrativo, da parte dell’impresa destinataria di una comunicazione degli addebiti, degli elementi di fatto o di diritto che giustificano l’imputazione ad essa di un’infrazione — Limitazione dell’esercizio del diritto di ricorso — Violazione dei principi fondamentali di legalità e di rispetto dei diritti della difesa

(Artt. 81 CE e 230, quarto comma, CE; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 47 e 52, n. 1)

10.    Atti delle istituzioni — Motivazione — Obbligo — Portata — Decisione di applicazione delle regole di concorrenza

(Art. 81 CE; accordo SEE, art. 53)

11.    Ricorso di annullamento — Motivi di ricorso — Violazione delle forme sostanziali — Esame d’ufficio da parte del giudice

(Artt. 81 CE e 230 CE; accordo SEE, art. 53)

12.    Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazione commessa da una controllata — Imputazione alla società controllante — Onere della prova in capo alla Commissione

(Art. 81, n. 1, CE; accordo SEE, art. 53)

13.    Concorrenza — Ammende — Importo — Potere discrezionale della Commissione — Competenza del Tribunale a conoscere della legittimità e del merito — Possibilità di prendere in considerazione ulteriori elementi di informazione non menzionati nella decisione che infligge l’ammenda

[Artt. 263 TFUE e 264 TFUE; regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 4, e n. 1/2003, art. 23, n. 2, lett. a)]

14.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Comunicazione degli addebiti — Produzione di prove supplementari dopo l’invio della comunicazione degli addebiti — Ammissibilità — Presupposti

(Art. 81, n. 1, CE)

15.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Non imposizione o riduzione dell’ammenda in contropartita della cooperazione dell’impresa incriminata — Necessità di un comportamento che abbia agevolato l’accertamento dell’infrazione da parte della Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 2002/C 45/03, punto 26)

1.      L’art. 81, n. 1, CE, vietando alle imprese di stipulare accordi o di partecipare a pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, si rivolge ad entità economiche ognuna delle quali costituita da un’organizzazione unitaria di elementi personali, materiali e immateriali, che persegue stabilmente un determinato fine di natura economica, organizzazione che può concorrere alla realizzazione di un’infrazione prevista dalla stessa disposizione.

Tuttavia, per la loro applicazione ed esecuzione, le decisioni prese ai sensi dell’art. 81 CE devono essere rivolte ad entità dotate di personalità giuridica. Pertanto, quando la Commissione adotta una decisione in applicazione dell’arti. 81, n. 1, CE, essa deve identificare la o le persone, fisiche o giuridiche, che possono essere considerate responsabili del comportamento dell’impresa in causa e sanzionabili a tale titolo, alle quali indirizzare la decisione.

(v. punti 56-57)

2.      Quando più persone possono essere considerate personalmente responsabili della partecipazione ad un’infrazione di una sola ed unica impresa, ai sensi del diritto della concorrenza, esse devono essere considerate responsabili in solido di detta infrazione.

Inoltre, possono essere considerate personalmente e solidalmente responsabili della partecipazione di una sola ed unica impresa ad un’infrazione la persona sotto la responsabilità o la direzione della quale l’impresa era direttamente posta al momento dell’infrazione e la persona che, per il fatto di esercitare effettivamente un potere di controllo sulla prima e di determinarne il comportamento sul mercato, dirigeva indirettamente tale impresa nel momento in cui l’infrazione è stata commessa.

Ne consegue che il principio della responsabilità personale, secondo cui una persona può rispondere solamente dei propri atti, deve essere interpretata nel senso che riguarda tanto la responsabilità personale della persona che dirigeva direttamente l’impresa al momento dell’infrazione, quanto la responsabilità personale di chi, alla stessa epoca, la dirigeva indirettamente.

(v. punti 58-59, 153)

3.      In materia di onere della prova, da un lato, alla parte o all’autorità che asserisce l’esistenza di un’infrazione alle regole di concorrenza spetta l’onere di dimostrarla, dando piena prova dei fatti che integrano l’infrazione e, dall’altro, all’impresa che invoca il beneficio della difesa contro la constatazione dell’infrazione incombe l’onere di provare che le condizioni per l’applicazione di detta difesa sono soddisfatte, di modo che la detta autorità dovrà ricorrere ad altri elementi di prova.

La durata dell’infrazione è un elemento costitutivo della nozione di infrazione ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE; l’onere della prova di tale elemento incombe in via principale alla Commissione.

Tale ripartizione dell’onere della prova è però suscettibile di variazione, in quanto gli elementi di fatto che una parte fa valere possono essere tali da obbligare l’altra parte a fornire una spiegazione o una giustificazione, in mancanza della quale è lecito ritenere che l’onere della prova sia stato soddisfatto.

(v. punti 84-85)

4.      Per quanto riguarda i mezzi di prova che possono essere invocati dalla Commissione, nel diritto della concorrenza prevale il principio della libertà di forma dei mezzi probatori.

Nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole di concorrenza. Tali indizi e coincidenze consentono di rivelare non soltanto l’esistenza di comportamenti o accordi anticoncorrenziali, ma anche la durata di un comportamento anticoncorrenziale continuato e il periodo di applicazione di un accordo concluso in violazione delle regole di concorrenza.

In ogni caso, è necessario che la Commissione raccolga elementi di prova precisi e concordanti per dimostrare che l’infrazione dedotta abbia avuto luogo. Tuttavia, non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri in relazione a ciascun elemento dell’infrazione. È infatti sufficiente che il complesso degli indizi invocato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda a tale requisito.

Per quanto riguarda la durata dell’infrazione, in mancanza di elementi di prova tali da dimostrare direttamente la durata dell’infrazione, la Commissione si deve fondare quanto meno su elementi di prova riferentisi a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che l’infrazione sia durata ininterrottamente tra due date precise.

(v. punti 86-87)

5.      Quanto al valore probatorio che occorre riconoscere ai differenti elementi di prova raccolti nell’ambito di un’infrazione alle regole di concorrenza, l’unico criterio pertinente per valutare le prove liberamente prodotte consiste nella loro attendibilità. Secondo le regole generalmente applicabili in materia di prova, l’attendibilità e, pertanto, il valore probatorio di un documento dipendono dalla sua fonte, dalle circostanze in cui è stato redatto, dal suo destinatario e dal suo contenuto. In particolare, occorre riconoscere speciale valore alla circostanza che un documento sia stato redatto in collegamento immediato coi fatti o da un testimone diretto degli stessi. I documenti dai quali risulta che fra varie imprese hanno avuto luogo contatti coi quali esse hanno per l’appunto perseguito lo scopo di eliminare in anticipo ogni incertezza relativa al futuro comportamento dei loro concorrenti provano a sufficienza l’esistenza di una pratica concordata. Inoltre, le dichiarazioni contrarie agli interessi del dichiarante devono essere considerate, in linea di principio, come elementi di prova particolarmente affidabili.

(v. punto 88)

6.      Nell’ambito di un ricorso di annullamento diretto contro una decisione della Commissione che constata l’esistenza di un’infrazione alle norme della concorrenza e che infligge ammende ai destinatari, l’esistenza di un dubbio nella mente del giudice deve avvantaggiare i destinatari della decisione, sicché il giudice non può concludere che la Commissione ha sufficientemente dimostrato l’esistenza dell’infrazione in questione se nutre ancora dubbi in merito a tale questione. Infatti, in quest’ultima situazione, è necessario tener conto del principio della presunzione d’innocenza, quale risulta in particolare dall’art. 6, n. 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il quale fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la giurisprudenza della Corte, riaffermata peraltro dal preambolo dell’Atto unico europeo, dall’art. 6, n. 2, del Trattato sull’Unione europea, nonché dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sono oggetto di tutela nell’ordinamento giuridico dell’Unione europea. Considerata la natura delle infrazioni di cui trattasi, nonché la natura e il grado di severità delle sanzioni che vi sono connesse, il principio della presunzione d’innocenza si applica segnatamente alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza che possono sfociare nella pronuncia di ammende o di penalità di mora.

(v. punto 89)

7.      Un’impresa che non prenda pubblicamente le distanze dai risultati di una riunione cui ha partecipato o da un accordo di cui è stata parte rimane, in linea di principio, pienamente responsabile della propria partecipazione all’intesa. Sarebbe infatti troppo semplice per le imprese minimizzare il rischio di dover pagare un’ammenda ingente qualora potessero approfittare di un’intesa illecita e beneficiare in seguito di una riduzione dell’ammenda per il fatto di aver svolto solo un ruolo limitato nell’attuazione dell’infrazione, laddove il loro atteggiamento ha istigato altre imprese a comportarsi in maniera più dannosa per la concorrenza. Ne consegue che, anche ammesso che l’impresa interessata non abbia rispettato tutti gli accordi conclusi nell’ambito dell’intesa, tale circostanza non sarebbe sufficiente, in mancanza di prove del fatto che essa abbia preso pubblicamente le distanze dagli altri membri dell’intesa, ad esentarla dalla responsabilità in cui è incorsa per la sua partecipazione a detti accordi e, attraverso questi ultimi, all’infrazione constatata.

(v. punto 100)

8.      Le norme in materia di concorrenza non possono essere interpretate nel senso che obbligano la persona interessata, nell’ambito del procedimento amministrativo, a rispondere alla comunicazione degli addebiti inviatale dalla Commissione. Infatti, né le regole che enunciano i diritti e gli obblighi delle imprese nell’ambito del procedimento amministrativo previsto dalle norme in materia in concorrenza, né alcun principio generale di diritto obbligano dette imprese ad un’attività diversa da quella di fornire alla Commissione le informazioni che essa ha chiesto loro in forza dell’art. 18 del regolamento n. 1/2003. Inoltre, in mancanza di fondamento legale, tale dovere sarebbe difficilmente conciliabile con il principio del rispetto dei diritti della difesa, dato che renderebbe difficoltosa la proposizione di un ricorso dinanzi al giudice per una persona che, per una ragione qualsiasi, non abbia risposto ad una comunicazione degli addebiti.

Così, sebbene la legittimità della decisione con cui la Commissione constata che una persona ha violato le norme in materia di concorrenza e le infligge un’ammenda per tale motivo possa essere valutata solo in funzione degli elementi di fatto e di diritto esistenti alla data in cui è stata adottata detta decisione, non ne consegue che la persona interessata sia tenuta a fornire alla Commissione, fin dalla fase del procedimento amministrativo, tutti gli elementi che essa intende invocare a sostegno di un ricorso di annullamento, proposto dinanzi al giudice, contro la decisione adottata al termine del procedimento amministrativo.

(v. punti 124, 158)

9.      Nell’ambito di un procedimento di infrazione alle regole di concorrenza, allorché la persona interessata decide volontariamente di cooperare e, nell’ambito del procedimento amministrativo, riconosce espressamente o implicitamente gli elementi di fatto o di diritto che giustificano il fatto che le venga imputata l’infrazione, ciò tuttavia non limita l’esercizio stesso del diritto di ricorso di cui essa dispone in forza dell’art. 230, quarto comma, CE.

In assenza di uno specifico fondamento normativo, siffatta limitazione sarebbe in contrasto con i principi fondamentali di legalità e di rispetto dei diritti della difesa. Del resto, il diritto ad un ricorso effettivo e all’accesso ad un giudice imparziale è garantito dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e, secondo l’art. 52, n. 1, di tale Carta, qualsiasi limitazione all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti da quest’ultima dev’essere prevista dalla legge.

(v. punto 159)

10.    La motivazione di una decisione che arreca pregiudizio deve consentire l’esercizio effettivo del controllo della sua legittimità e fornire all’interessato le indicazioni necessarie per accertare se la decisione sia o meno fondata e il carattere sufficiente di tale motivazione va valutato alla luce delle circostanze della fattispecie, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi addotti e dell’interesse che i destinatari possono avere a ricevere chiarimenti.

Per svolgere le funzioni summenzionate, una motivazione sufficiente deve mettere in luce, in modo chiaro e non equivoco, l’iter logico seguito dall’autorità dell’Unione che ha emanato l’atto contestato.

Inoltre, allorché una decisione che applica l’art. 81 CE e l’art. 53 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo riguarda più destinatari e pone un problema d’imputabilità dell’infrazione, essa deve contenere una motivazione sufficiente nei confronti di ciascuno dei destinatari, specie di quelli che, secondo il tenore della stessa decisione, dovranno sopportare l’onere conseguente all’infrazione.

(v. punto 162)

11.    Nell’ambito di un ricorso di annullamento di una decisione di applicazione dell’art. 81 CE e dell’art. 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, il fatto che la ricorrente invochi un motivo di merito, concernente un errore manifesto di valutazione, e non un difetto o un’insufficienza di motivazione, vale a dire un motivo rientrante nell’inosservanza delle forme sostanziali, ai sensi dell’art. 230 CE, non priva il giudice della possibilità di rilevare d’ufficio tale motivo, dato che esso costituisce un motivo di ordine pubblico che può, e anzi deve, essere sollevato d’ufficio, a condizione di rispettare il principio del contraddittorio.

(v. punto 163)

12.    Ai fini dell’applicazione delle regole di concorrenza, la circostanza che una controllata abbia una personalità giuridica distinta non basta ad escludere la possibilità che il suo comportamento sia imputato alla società controllante, in particolare qualora la controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante.

In tale contesto spetta alla Commissione, in linea di principio, dimostrare che la controllante o le controllanti hanno effettivamente esercitato un’influenza determinante sul comportamento della controllata sul mercato, in base ad una serie di elementi fattuali tra i quali, in particolare, il potere direttivo esercitato dalla o dalle società controllanti sulla loro controllata. Generalmente, è la detenzione della maggioranza del capitale sociale della controllata che può permettere alla società controllante di esercitare effettivamente un’influenza determinante sulla propria controllata e, in particolare, sul suo comportamento sul mercato.

Tuttavia, una partecipazione minoritaria può consentire ad una società controllante di esercitare effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della sua controllata sul mercato se è accompagnata da diritti più estesi rispetto a quelli normalmente attribuiti agli azionisti di minoranza al fine di tutelare i loro interessi finanziari e che, esaminati secondo il metodo della serie di indizi convergenti, di natura giuridica o economica, sono atti a dimostrare l’esercizio di un’influenza determinante sul comportamento della controllata sul mercato. La prova dell’effettivo esercizio di un’influenza determinante può quindi essere prodotta dalla Commissione mediante un insieme di indizi, anche qualora ciascuno di tali indizi considerato isolatamente non abbia sufficiente forza probatoria.

L’effettivo esercizio di un potere direttivo da parte della o delle società controllanti sulla loro controllata può risultare direttamente dall’applicazione delle norme giuridiche pertinenti o da un accordo tra le società controllanti, concluso conformemente a tali norme, per la gestione della loro controllata comune. L’importanza del coinvolgimento della società controllante nella gestione della sua controllata può parimenti essere dimostrata dalla presenza, a capo della controllata, di molte persone che esercitano funzioni direttive in seno alla controllante. Tale cumulo di funzioni pone necessariamente la controllante in condizione di influenzare in maniera determinante il comportamento della sua controllata sul mercato, dato che consente ai membri dell’organo direttivo della controllante di assicurare, nell’esercizio delle loro funzioni direttive in seno alla controllata, che la linea di condotta di quest’ultima sul mercato sia conforme agli orientamenti definiti dagli organi direttivi della controllante. Tale obiettivo può essere raggiunto anche senza che il membro o i membri della società controllante che assumono funzioni di direzione in seno alla controllata abbiano la qualità di rappresentante societario della società controllante. Infine, l’implicazione della o delle società controllanti nella gestione della controllata può risultare dai rapporti d’affari intercorrenti tra le prime e la seconda. Così, quando una controllante è anche fornitrice o cliente della propria controllata, essa ha un interesse del tutto particolare a dirigere le attività di produzione o distribuzione di quest’ultima, al fine di trarre pienamente vantaggio dal valore aggiunto generato dall’integrazione verticale così realizzata.

Peraltro, per imputare ad una società controllante gli atti commessi dalla sua controllata non è affatto necessario dimostrare che la controllante sia stata direttamente implicata nei comportamenti contestati, o che ne fosse a conoscenza. Infatti, non è una relazione di istigazione a commettere l’illecito tra la controllante e la sua controllata né, a maggior ragione, un’implicazione della prima in tale illecito, bensì il fatto che, nel momento in cui è stata commessa l’infrazione, la controllante e la controllata tenessero un comportamento unitario sul mercato che legittima la Commissione ad adottare la decisione sanzionatoria nei confronti della controllante di un gruppo di società.

(v. punti 179-184, 196)

13.    Al di là del semplice controllo di legittimità effettuato nell’ambito di un ricorso di annullamento ai sensi dell’art. 263 TFUE che consente soltanto di respingere il ricorso di annullamento o di annullare l’atto impugnato, come previsto dall’art. 264 TFUE, la competenza estesa al merito legittima il giudice dell’Unione a riformare l’atto impugnato, anche in assenza di annullamento, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto, al fine di modificare, ad esempio, l’importo dell’ammenda inflitta per infrazione alle regole di concorrenza.

Di conseguenza, nei settori in cui la Commissione ha conservato un margine di discrezionalità, quale la fissazione di una percentuale di maggiorazione dell’ammenda per la durata dell’infrazione o per conferire alla sanzione un effetto dissuasivo, o quale la valutazione della qualità e dell’utilità della cooperazione fornita da un’impresa nel corso del procedimento amministrativo, in particolare rispetto ai contributi di altre imprese, il fatto che il controllo di legittimità effettuato nell’ambito del ricorso di annullamento, ai sensi dell’art. 263 TFUE, sia limitato alla verifica della mancanza di errori manifesti di valutazione non pregiudica, in linea di principio, l’esercizio da parte del giudice dell’Unione della sua competenza estesa al merito.

Nell’ambito della sua competenza estesa al merito, il giudice dell’Unione è competente a valutare l’adeguatezza delle ammende alla luce dei criteri fissati, a seconda dei casi, all’art. 15, n.  4, del regolamento n. 17 o all’art. 23, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1/2003. Quest’ultima valutazione può giustificare la produzione e la presa in considerazione di elementi aggiuntivi d’informazione non menzionati nella decisione della Commissione che infligge l’ammenda.

(v. punti 208-209)

14.    La comunicazione degli addebiti deve consentire agli interessati di prendere realmente atto dei comportamenti di cui la Commissione fa loro carico, e tale esigenza è rispettata quando la decisione finale non pone a carico degli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nella comunicazione degli addebiti e prende in considerazione soltanto fatti sui quali gli interessati hanno avuto modo di manifestare il proprio punto di vista.

Sebbene le infrazioni addebitate ad un’impresa in una decisione non possano essere differenti da quelle enunciate nella comunicazione degli addebiti, non può dirsi altrettanto per i fatti contestati, giacché è sufficiente, al riguardo, che le imprese interessate abbiano avuto la possibilità di manifestare il proprio punto di vista su tutti i fatti loro imputati. Infatti, nessuna norma impedisce alla Commissione di comunicare alle parti, dopo aver inviato la comunicazione degli addebiti, nuovi documenti che essa ritiene possano sostenere la sua tesi, sempreché sia concesso alle imprese il tempo necessario per presentare il proprio punto di vista al riguardo.

(v. punto 238)

15.    Se è vero che la data in cui gli elementi probatori vengono forniti alla Commissione influisce sulla loro qualificazione quale valore aggiunto significativo, dato che tale qualificazione dipende dagli elementi di prova già contenuti nel fascicolo della Commissione alla data di presentazione, il mero fatto che detti elementi siano stati presentati dopo la notifica della comunicazione degli addebiti non esclude che essi possano ancora presentare un valore aggiunto significativo, pur se il procedimento si trova ad uno stadio avanzato. In particolare, in una domanda ai sensi della comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese presentata dopo l’invio della comunicazione degli addebiti, un’impresa può concentrare l’attenzione sui fatti che, a suo parere, non sono stati sufficientemente dimostrati e possono quindi costituire un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in possesso della Commissione.

Inoltre, il punto 26 della comunicazione sulla cooperazione si limita ad enunciare un obbligo procedurale a carico della Commissione. Esso non prevede che qualsiasi collaborazione di un’impresa alla formazione della prova dell’infrazione sia necessariamente priva di valore se è intervenuta solo dopo la notifica della comunicazione degli addebiti. Peraltro, tale collaborazione può risultare molto utile quando gli elementi forniti erano precedentemente ignoti alla Commissione e incidono direttamente sulla gravità o sulla durata della presunta intesa.

(v. punti 239-240)