Language of document : ECLI:EU:C:2016:215

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 7 aprile 2016 (1)

Causa C‑442/14

Bayer CropScience SA-NV,

Stichting De Bijenstichting

contro

College voor de toelating van gewasbeschermingsmiddelen en biociden

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal College van Beroep voor het bedrijfsleven (Tribunale amministrativo per il commercio e l’industria, Paesi Bassi)]

«Direttiva 2003/4/CE – Accesso all’informazione ambientale – Eccezioni – Riservatezza delle informazioni industriali e commerciali – Informazioni sulle emissioni nell’ambiente – Riservatezza – Regolamento (CE) n. 1107/2009 – Prodotti fitosanitari – Direttiva 98/8/CE – Biocidi»





I –    Introduzione

1.        Un tema ricorrente nella politica ambientale europea è la trasparenza. Non solo le autorità e le imprese, ma anche i cittadini, le organizzazioni non governative e gli scienziati indipendenti devono essere messi nelle condizioni di partecipare in modo qualificato al dibattito sulla tutela dell’ambiente e di contribuire così a una migliore protezione dello stesso.

2.        Particolarmente dibattuto è il ruolo dei prodotti fitosanitari nella cosiddetta «mortalità delle api», ossia la riduzione del numero di api e di altre specie di insetti che contribuiscono all’impollinazione delle piante (2). Sussiste pertanto un particolare interesse pubblico rispetto alle informazioni che i produttori presentano alle autorità nell’ambito della procedura di autorizzazione, disciplinata dal diritto dell’Unione, volta ad ottenere l’autorizzazione di sostanze attive e prodotti fitosanitari. Detti produttori temono però di subire svantaggi competitivi qualora i loro concorrenti dovessero accedere alle informazioni di cui trattasi.

3.        Il conflitto di interessi in parola è disciplinato dalla direttiva sull’informazione ambientale (3) che regola l’accesso alle suddette informazioni (4). In base ad essa, le autorità possono, in effetti, negare, in linea di principio, l’accesso alle informazioni ambientali in loro possesso a tutela della riservatezza delle informazioni commerciali o industriali ma devono comunque divulgare le informazioni sulle emissioni nell’ambiente e le informazioni la cui diffusione risponde a un interesse pubblico prevalente.

4.        Il procedimento in esame riguarda l’accesso a informazioni che sono state presentate nell’ambito di una procedura di autorizzazione di prodotti fitosanitari e di un biocida. Accanto alla questione se si tratti di informazioni sulle emissioni, occorre anzitutto chiarire quali effetti abbia la mancata domanda di trattamento riservato sulla richiesta di informazioni ambientali. Una domanda siffatta può essere presentata dal produttore nell’ambito della procedura di autorizzazione dei prodotti fitosanitari e dei biocidi.

II – Contesto normativo

A –    Diritto internazionale

5.        Il diritto di accesso all’informazione ambientale è sancito dalla Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (5) (in prosieguo: la «Convenzione di Århus»), sottoscritta dalla Comunità il 25 giugno 1998 ad Århus (Danimarca) (6).

6.        L’articolo 4, paragrafo 4, lettera d), della Convenzione disciplina il rifiuto della divulgazione di informazioni ambientali a tutela della riservatezza delle informazioni commerciali o industriali:

«Una richiesta di informazioni ambientali può essere respinta, qualora la divulgazione di tali informazioni possa pregiudicare:

(…)

d)      la riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, qualora essa sia tutelata dalla legge a salvaguardia di legittimi interessi economici; tuttavia devono essere divulgate le informazioni sulle emissioni rilevanti ai fini della tutela dell’ambiente;

(…)».

7.        La tutela della riservatezza delle informazioni commerciali, trasmesse alle autorità statali, è allo stesso tempo oggetto dell’articolo 39, paragrafo 3, dell’accordo TRIPS (7):

«I membri, qualora subordinino l’autorizzazione della commercializzazione di prodotti chimici farmaceutici o agricoli implicanti l’uso di nuove sostanze chimiche alla presentazione di dati relativi a prove o di altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno, assicurano la tutela di tali dati da sleali usi commerciali. Essi inoltre proteggono detti dati dalla divulgazione, salvo nei casi in cui risulti necessaria per proteggere il pubblico o a meno che non vengano prese misure atte a garantire la protezione dei dati contro sleali usi commerciali».

B –    Diritto dell’Unione

1.      Direttiva sull’informazione ambientale

8.        Il diritto di accesso all’informazione ambientale è accordato sulla base della direttiva sull’informazione ambientale. Essa dà attuazione al diritto di accesso all’informazione ambientale in conformità alla Convenzione di Århus.

9.        L’articolo 2 della direttiva sull’informazione ambientale definisce in particolare, come segue, la nozione di informazione ambientale:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1)      “informazione ambientale” qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale concernente:

a)      lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria e l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica e i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, nonché le interazioni tra questi elementi;

b)      fattori quali le sostanze, l’energia, il rumore, le radiazioni o i rifiuti, compresi quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi e altri rilasci nell’ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente di cui alla lettera a);

(…)».

10.      Il diritto di accesso all’informazione ambientale è sancito nell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sull’informazione ambientale:

«Gli Stati membri provvedono affinché le autorità pubbliche siano tenute, ai sensi delle disposizioni della presente direttiva, a rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta da ess[e] o per loro conto a chiunque ne faccia richiesta, senza che il richiedente debba dichiarare il proprio interesse».

11.      Le eccezioni sono disciplinate nell’articolo 4 della direttiva sull’informazione ambientale. Nel caso di specie assume particolare rilievo il paragrafo 2, lettere d), e) e g):

«Gli Stati membri possono disporre che la richiesta di informazione ambientale sia respinta qualora la divulgazione di tale informazione rechi pregiudizio:

(…)

d)      alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali qualora la riservatezza sia prevista dal diritto nazionale o comunitario per tutelare un legittimo interesse economico, compreso l’interesse pubblico di mantenere la riservatezza statistica ed il segreto fiscale;

e)      ai diritti di proprietà intellettuale;

(…)

g)      agli interessi o alla protezione di chiunque abbia fornito le informazioni richieste di sua propria volontà, senza che sussistesse alcun obbligo legale reale o potenziale in tal senso, a meno che la persona interessata abbia acconsentito alla divulgazione delle informazioni in questione;

(…)

I motivi di rifiuto di cui ai paragrafi 1 e 2 sono interpretati in modo restrittivo tenendo conto nel caso specifico dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione. In ogni caso specifico l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione è ponderato con l’interesse tutelato dal rifiuto. Gli Stati membri non possono, in virtù del paragrafo 2, lettere a), d), f), g) e h), disporre che una richiesta sia respinta se quest’ultima concerne informazioni sulle emissioni nell’ambiente.

(…)».

2.      La direttiva sui prodotti fitosanitari

12.      La direttiva sui prodotti fitosanitari (8) ha disciplinato in primo luogo l’immissione in commercio di prodotti fitosanitari.

13.      L’articolo 13, paragrafo 7, quarto comma, della direttiva sui prodotti fitosanitari riguarda la prevenzione di esperimenti inutili sugli animali:

«Qualora, tuttavia il richiedente e i detentori di autorizzazioni precedenti dello stesso prodotto non siano in grado di giungere ad un accordo sullo scambio delle informazioni, gli Stati membri possono adottare misure nazionali che obblighino il richiedente e i detentori di autorizzazioni precedenti stabiliti sul loro territorio a mettere in comune i dati al fine di evitare le ripetizioni di esperimenti sugli animali vertebrati e determinare nel contempo la procedura per l’utilizzazione delle informazioni e il ragionevole equilibrio tra gli interessi delle parti in causa».

14.      L’articolo 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari prevede la seguente norma:

«Fatt[a] salv[a] [la direttiva sull’informazione ambientale], gli Stati membri e la Commissione provvedono affinché le informazioni fornite dai richiedenti riguardanti segreti industriali o commerciali, vengano considerate riservate su domanda del richiedente interessato all’iscrizione di una sostanza attiva nell’allegato I o del richiedente dell’autorizzazione di un prodotto fitosanitario e previa accettazione da parte dello Stato membro o della Commissione della motivazione addotta dal richiedente.

La riservatezza non si applica:

(…)».

3.      Il regolamento sui prodotti fitosanitari

15.      Ai sensi del suo articolo 84, il regolamento sui prodotti fitosanitari (9), che sostituisce la direttiva sui prodotti fitosanitari, si applica a decorrere dal 14 giugno 2011.

16.      Il considerando 39 del regolamento in parola così recita:

«Gli studi rappresentano un investimento importante. Tale investimento dovrebbe essere protetto per stimolare la ricerca. Per questo motivo, i test e gli studi presentati da un richiedente ad uno Stato membro, salvo quelli su animali vertebrati che sono soggetti alla condivisione obbligatoria dei dati, dovrebbero essere protetti contro l’utilizzo da parte di un altro richiedente. Tuttavia, per consentire la concorrenza, questa protezione dovrebbe essere limitata nel tempo. Inoltre, essa dovrebbe riguardare solo gli studi realmente necessari a fini normativi, in modo da evitare che i richiedenti prolunghino artificialmente il periodo di protezione presentando nuovi studi che non sono necessari. Gli operatori del settore, in particolare le piccole e medie imprese, dovrebbero avere le stesse opportunità in relazione all’accesso al mercato».

17.      Il considerando 41 del regolamento sui prodotti fitosanitari verte sulla richiesta di informazioni. Ivi si afferma quanto segue:

«Poiché gli Stati membri, la Commissione e l’Autorità applicano regole diverse in materia di accesso e riservatezza dei documenti, è opportuno chiarire le disposizioni riguardanti l’accesso e la riservatezza delle informazioni contenute nei documenti in possesso di tali autorità».

18.      L’articolo 7 del regolamento sui prodotti fitosanitari concerne la procedura di autorizzazione delle sostanze attive. Il suo paragrafo 3 è del seguente tenore:

«Nel presentare la domanda il richiedente può chiedere, conformemente all’articolo 63, che talune informazioni, comprese certe parti del fascicolo, siano tenute riservate, e le separa fisicamente.

Gli Stati membri valutano le richieste di riservatezza. A fronte di una richiesta d’accesso alle informazioni, lo Stato membro relatore decide quali informazioni debbano essere tenute riservate».

19.      L’articolo 33 del regolamento sui prodotti fitosanitari contiene disposizioni sulla procedura di autorizzazione per i prodotti fitosanitari:

«1.      Il richiedente che desideri immettere sul mercato un prodotto fitosanitario presenta una domanda di autorizzazione o di modifica di un’autorizzazione, personalmente o tramite un rappresentante, a ciascuno degli Stati membri in cui intende immettere sul mercato il prodotto.

(…)

4.      Nel presentare la domanda il richiedente può chiedere, conformemente all’articolo 63, che talune informazioni, comprese certe parti del fascicolo, siano tenute riservate, e le separa fisicamente.

Nello stesso tempo, il richiedente presenta l’elenco completo degli studi di cui all’articolo 8, paragrafo 2, e un elenco delle relazioni dei test e degli studi per cui viene richiesta la protezione dei dati conformemente all’articolo 59.

A fronte di una richiesta di accesso alle informazioni, lo Stato membro che esamina la domanda decide quali informazioni devono essere tenute riservate.

(…)».

20.      L’articolo 59 del regolamento sui prodotti fitosanitari disciplina la protezione dei dati. Ivi si prevede quanto segue:

«1.      Le relazioni dei test e degli studi beneficiano della protezione dei dati, alle condizioni stabilite nel presente articolo.

(…)

Le relazioni protette non possono essere usate, dallo Stato membro che le ha ricevute, a vantaggio di altri richiedenti di autorizzazioni relative a prodotti fitosanitari, antidoti agronomici, sinergizzanti e coadiuvanti, salvo il disposto del paragrafo 2 del presente articolo, dell’articolo 62 e dell’articolo 80.

(…)

3.      La protezione dei dati di cui al paragrafo 1 è concessa soltanto qualora il primo richiedente l’abbia chiesta per le relazioni dei test o degli studi concernenti la sostanza attiva, l’antidoto agronomico o il sinergizzante, il coadiuvante e il prodotto fitosanitario nel momento in cui ha presentato il fascicolo e, per ciascuna relazione dei test e degli studi, abbia fornito allo Stato membro interessato le informazioni di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera f), e all’articolo 33, paragrafo 3, lettera d), nonché la conferma che non è mai stato concesso un periodo di protezione dei dati per la relazione dei test e degli studi o che non è scaduto l’eventuale periodo di protezione dei dati concesso».

21.      Il capo VI del regolamento, recante il titolo «Accesso del pubblico alle informazioni», è composto dall’articolo 63 in materia di riservatezza:

«1.      Le persone che chiedono che le informazioni da esse presentate in applicazione del presente regolamento siano trattate come informazioni riservate forniscono una prova verificabile a dimostrazione del fatto che la divulgazione delle informazioni potrebbe nuocere ai loro interessi commerciali o alla tutela della vita privata e integrità dell’interessato.

2.      La divulgazione delle informazioni seguenti è considerata, di norma, pregiudizievole per la tutela degli interessi commerciali oppure della vita privata e dell’integrità dell’interessato:

a)      il metodo di fabbricazione;

b)      le specifiche sulle impurezze della sostanza attiva, eccezion fatta per le impurezze che sono considerate come rilevanti sotto il profilo tossicologico, ecotossicologico o ambientale;

c)      i risultati relativi a lotti di fabbricazione della sostanza attiva, comprese le impurezze;

d)      i metodi di analisi delle impurezze presenti nella sostanza attiva, così come fabbricata, eccezion fatta per i metodi di analisi delle impurezze considerate rilevanti sotto il profilo tossicologico, ecotossicologico o ambientale;

e)      i legami che esistono tra un fabbricante o un importatore e il richiedente o il titolare dell’autorizzazione;

f)      le informazioni sulla composizione completa di un prodotto fitosanitario;

g)      i nomi e gli indirizzi delle persone impegnate nella sperimentazione su animali vertebrati.

3.      Il presente articolo fa salva l’applicazione della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale».

4.      La direttiva sui biocidi

22.      La direttiva sui biocidi (10) contiene disposizioni applicabili in tutta l’Unione riguardanti, in particolare, l’autorizzazione e l’immissione sul mercato di biocidi all’interno degli Stati membri in vista della loro utilizzazione. L’articolo 19 – «Riservatezza» – prevede quanto segue:

«1.      Fatta salva la [direttiva sull’informazione ambientale], un richiedente può indicare all’autorità competente le informazioni che ritiene critiche dal punto di vista commerciale e la cui diffusione potrebbe danneggiarlo sul piano industriale o commerciale, e che pertanto desidera vengano considerate riservate e comunicate soltanto alle autorità competenti e alla Commissione. In ciascun caso si richiede una giustificazione esauriente. Fatte salve le informazioni di cui al paragrafo 3 e le disposizioni delle direttive 67/548/CEE e 88/379/CEE, gli Stati membri provvedono, su richiesta dell’interessato, a garantire la riservatezza sulla composizione integrale delle formule dei prodotti.

2.      L’autorità competente a cui viene inoltrata la richiesta decide, sulla scorta delle prove documentali prodotte dal richiedente, quali informazioni siano riservate a norma del paragrafo 1.

Le informazioni che l’autorità competente destinataria della richiesta considera riservate sono trattate come tali anche dalle altre autorità competenti, dagli Stati membri e dalla Commissione.

3.      Dopo il rilascio dell’autorizzazione, la riservatezza non si applica:

(…)».

23.      La direttiva sui biocidi è stata sostituita, con effetto dal 1o settembre 2013, dal regolamento sui biocidi (11). Posto che le domande di autorizzazione rilevanti sono state presentate già nel 2011, il regolamento in parola non svolge però alcun ruolo ai fini della risposta alla presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

III – Procedimento principale e questioni pregiudiziali

24.      La Bayer CropScience SA‑NV (in prosieguo: la «Bayer CropScience») è titolare di un’autorizzazione per una serie di prodotti fitosanitari e per un biocida contenenti la sostanza attiva Imidacloprid. La Stichting de Bijenstichting (in prosieguo: la «Fondazione per la protezione delle api»), un’organizzazione che si occupa della mortalità delle api, chiede all’autorità competente dei Paesi Bassi, il College voor de toelating van gewasbeschermingsmiddelen en biociden (in prosieguo: l’«autorità competente per il rilascio delle autorizzazioni»), di avere accesso ai documenti presentati ai fini dell’autorizzazione relativamente a questi prodotti.

25.      La Bayer CropScience non ha richiesto che la documentazione presentata nell’ambito della procedura di autorizzazione fosse dichiarata riservata né al momento della prima autorizzazione dei prodotti, né in sede di modifica di detta autorizzazione o delle disposizioni di legge che ne disciplinano l’impiego in data 28 aprile 2011 e 8 luglio 2011. Solo a seguito delle domande di divulgazione proposte dalla Fondazione per la protezione delle api la Bayer CropScience si è opposta a una divulgazione, deducendo una possibile violazione del diritto d’autore e della riservatezza delle informazioni commerciali e industriali e del diritto alla protezione dei dati.

26.      Con decisione del 9 luglio 2012 l’autorità competente per il rilascio delle autorizzazioni ha respinto le domande della Fondazione per la protezione delle api dell’11 maggio 2011, 24 agosto 2011 e 25 ottobre 2011 in quanto esse non riguarderebbero informazioni relative a «emissioni nell’ambiente» e la divulgazione non sarebbe giustificata sulla base di una ponderazione tra l’interesse generale alla divulgazione, da un lato, e l’interesse specifico alla riservatezza spettante ai detentori dell’autorizzazione, dall’altro.

27.      A fronte dell’opposizione proposta dalla Fondazione per la protezione delle api seguiva, il 18 marzo 2013, una decisione sull’opposizione con cui l’autorità competente per il rilascio delle autorizzazioni accoglieva parzialmente detta opposizione e disponeva la divulgazione di 35 documenti in quanto contenenti informazioni sulle emissioni nell’ambiente. Quanto ad ulteriori 49 documenti, essa stabiliva che non contenevano informazioni siffatte e che non sussisteva alcun interesse pubblico prevalente alla loro diffusione. L’autorità competente per il rilascio delle autorizzazioni respingeva quindi, riguardo ad essi, l’opposizione.

28.      I 35 documenti che l’autorità competente per il rilascio delle autorizzazioni vuole divulgare consistono in studi di laboratorio, (semi)sperimentazioni sul campo, un riassunto e due presentazioni. Gli studi di laboratorio contengono dati relativi a esperimenti condotti sugli effetti dell’Imidacloprid sulle api. Le (semi)sperimentazioni sul campo contengono i risultati di misurazioni di residui del prodotto fitosanitario e/o del principio attivo, compresi i metaboliti e i prodotti emessi a seguito di degradazione o reazione. Si tratta – a grandi linee – di sostanze residue che sono presenti sopra o nei semi, le foglie, il polline o il nettare di una coltura (derivante da un seme trattato), nel miele e nelle api, a seguito dell’uso del prodotto fitosanitario o del biocida.

29.      Avverso la suddetta decisione presentavano quindi reclamo sia la Bayer CropScience, sia la Fondazione per la protezione delle api. È nell’ambito del suddetto procedimento che il College van Beroep voor het bedrijfsleven (Tribunale amministrativo per il commercio e l’industria) sottopone alla Corte le seguenti questioni:

1)      Se il disposto dell’articolo 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari, e, rispettivamente, dell’articolo 63 in combinato disposto con l’articolo 59 del regolamento sui prodotti fitosanitari o, rispettivamente, dell’articolo 19 della direttiva sui biocidi, implichi che si debba prendere una decisione su una richiesta di riservatezza, ai sensi dei citati articoli 14, 63 e 19, presentata dal richiedente di cui ai detti articoli, per ciascuna fonte di informazione, prima o all’atto del rilascio dell’autorizzazione o, rispettivamente, prima o all’atto della modifica dell’autorizzazione, mediante una decisione comunicabile ai terzi interessati.

2)      In caso di soluzione affermativa della questione che precede: se l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva sull’informazione ambientale debba essere interpretato nel senso che, in mancanza di una decisione come indicato nella questione che precede, il resistente, in quanto autorità nazionale, deve procedere alla divulgazione dell’informazione ambientale richiesta nel caso in cui detta domanda sia presentata dopo il rilascio dell’autorizzazione o, rispettivamente, dopo la sua modifica.

3)      Come debba essere interpretata la nozione di «emissioni nell’ambiente», di cui all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva sull’informazione ambientale, in considerazione di quanto esposto al riguardo dalle parti al punto 5.5 della presente sentenza interlocutoria, alla luce del contenuto dei documenti di cui al punto 5.2.

4)      a.     Se i dati che offrono una valutazione dello scarico nell’ambiente di un prodotto, delle sue sostanze attive e di altri elementi a seguito dell’uso del prodotto debbano essere considerati come «informazione sulle emissioni nell’ambiente».

b.      In caso affermativo, se al riguardo faccia differenza la circostanza che detti dati siano stati ottenuti mediante (semi)sperimentazioni sul campo o mediante studi di altro tipo (come ad esempio studi di laboratorio e di traslocazione).

5)      Se possano essere considerati «informazione sulle emissioni nell’ambiente» studi di laboratorio nei quali l’impostazione è rivolta ad esaminare aspetti isolati in circostanze standardizzate e nel contesto delle quali vengono esclusi molti fattori, come ad esempio le influenze climatiche, e i test vengono sovente effettuati con dosaggi elevati – rispetto all’uso nella pratica.

6)      Se a questo riguardo debbano essere compresi tra le «emissioni nell’ambiente» anche i residui derivanti dall’applicazione del prodotto nel test, ad esempio nell’aria o nel terreno, nelle foglie, nel polline o nel nettare di una coltura (che deriva da un seme trattato), nel miele o in organismi non bersaglio.

7)      E se ciò valga anche per la misura della dispersione (di sostanze) nell’applicazione del prodotto nel test.

8)      Se dall’espressione «informazione sulle emissioni nell’ambiente», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo comma, seconda frase, della direttiva sull’informazione ambientale, consegua che, allorché si configurano emissioni nell’ambiente, deve essere divulgata l’intera fonte di informazioni e non soltanto i dati (di misurazione) da essa eventualmente desumibili.

9)      Se, ai fini dell’applicazione dell’eccezione per le informazioni commerciali o industriali, ai sensi del citato articolo 4, paragrafo 2, lettera d), occorra operare una distinzione tra, da un lato, le «emissioni» e, dall’altro, gli «scarichi e altri rilasci nell’ambiente», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva sull’informazione ambientale.

30.      Al procedimento scritto hanno preso parte, oltre alla Bayer CropScience e alla Fondazione per la protezione delle api, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica ellenica, il Regno dei Paesi Bassi, il Regno di Svezia e la Commissione europea. Ad eccezione della Grecia e della Germania, le suddette parti hanno presentato anche osservazioni orali all’udienza del 4 febbraio 2016.

IV – Analisi

31.      Le nove questioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale riguardano tre insiemi di aspetti: occorre anzitutto chiarire se il trattamento riservato delle informazioni richieste presupponga una tempestiva domanda in tal senso da parte delle imprese interessate (prima e seconda questione; v., al riguardo, sub A). È necessario poi stabilire la portata della nozione di «informazioni sulle emissioni nell’ambiente» (terza e nona questione; v., in proposito, sub B), per applicare ‑ infine ‑ detta nozione a determinate tipologie di informazioni (quarta, quinta, sesta, settima e ottava questione; v., al riguardo, sub C).

A –    Sulla richiesta di riservatezza

32.      Con le prime due questioni, cui occorre rispondere congiuntamente, il giudice del rinvio desidera sapere se, a fronte di una richiesta di riservatezza ai sensi dell’articolo 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari, debba essere emanata, prima o contestualmente all’autorizzazione, una decisione comunicabile ai terzi interessati e, in caso affermativo, se le informazioni ambientali richieste debbano necessariamente essere divulgate quando una siffatta richiesta è stata presentata soltanto dopo la concessione dell’autorizzazione o una sua modifica.

33.      Il giudice del rinvio muove così dalla posizione espressa dalla Fondazione per la protezione delle api, secondo cui una dichiarazione sulla riservatezza che non sia stata resa ‑ come nel caso di specie – all’atto della presentazione di una richiesta di autorizzazione o di modifica, non può essere recuperata ex post. Le relative informazioni non devono pertanto essere soggette a vincolo di riservatezza.

34.      Un elemento a supporto di tale posizione sembra, di primo acchito, rinvenirsi nella sentenza Stichting Natuur en Milieu. La Corte ha ivi stabilito che gli Stati membri e la Commissione, in base all’articolo 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari, si adoperano affinché le indicazioni che sono state fornite dai richiedenti dell’autorizzazione di immissione in commercio di prodotti fitosanitari e che costituiscono un segreto industriale o commerciale restino riservate, ove tali richiedenti ne facciano domanda e lo Stato membro, o la Commissione, accetti la motivazione fornita dagli interessati (12).

35.      La posizione della Corte non può però essere intesa nel senso che un trattamento riservato può essere preso in considerazione soltanto ove il richiedente ne abbia fatto richiesta. L’accertamento si riferisce invece unicamente all’applicazione della procedura di richiesta ai sensi dell’articolo 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari.

36.      L’applicazione della disposizione in parola fa salva infatti la direttiva sull’informazione ambientale i cui requisiti devono essere rispettati in sede di presentazione di una domanda di accesso all’informazione ambientale (13). In base all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva in parola, gli Stati membri possono disporre che una siffatta domanda ‑ a meno che quest’ultima concerna le emissioni nell’ambiente ‑ sia respinta qualora la divulgazione di tale informazione rechi pregiudizio alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, nel caso in cui tale riservatezza sia prevista dal diritto nazionale o dal diritto dell’Unione.

37.      Né il tenore letterale, né la sistematica della direttiva sull’informazione ambientale subordinano la facoltà degli Stati membri di tutelare le informazioni commerciali o industriali a una richiesta di trattamento riservato da presentare preventivamente. E anche nella direttiva sui prodotti fitosanitari il diritto di presentare una domanda in tal senso è strutturato quale semplice possibilità. La mancata presentazione di una domanda produce, quale unica conseguenza giuridica, l’assenza di una decisione degli organismi competenti in quel momento sul trattamento riservato delle relative informazioni.

38.      Ma neppure una decisione sulla riservatezza esenta le autorità competenti dall’obbligo di pronunciarsi su una domanda di accesso all’informazione ambientale nel rispetto dell’articolo 4 della direttiva sull’informazione ambientale (14). Nemmeno la mancanza di una decisione sulla riservatezza può quindi precludere agli organismi competenti l’applicazione dell’articolo 4.

39.      Qualcosa di diverso non si ricava neppure dall’articolo 13, paragrafo 7, quarto comma, della direttiva sui prodotti fitosanitari. In base alla disposizione in parola, il detentore di un’autorizzazione precedente può essere chiamato a mettere a disposizione determinate informazioni ai successivi richiedenti in modo da evitare duplicazioni negli esperimenti sugli animali.

40.      La Fondazione per la protezione delle api desume dall’utilizzo delle diverse nozioni di «richiedente» e «detentori di autorizzazioni precedenti» che solo il primo sia legittimato a richiedere la riservatezza. Chi è già «detentore di autorizzazioni precedenti» non potrebbe più farne richiesta (retroattivamente).

41.      Non è però possibile trarre una siffatta conclusione. L’articolo 13, paragrafo 7, quarto comma, della direttiva sui prodotti fitosanitari affronta infatti soltanto una questione specifica, ossia come debba essere gestito il contrasto tra un richiedente e il detentore di autorizzazioni precedenti rispetto ai dati risultanti da esperimenti sugli animali vertebrati. La nozione di «detentori di autorizzazioni precedenti» non assume invece alcun rilievo nella definizione di altre questioni da parte della direttiva sui prodotti fitosanitari. Ciò vale, in particolare, per il trattamento riservato di informazioni in caso di domande di accesso.

42.      Tale rapporto tra il diritto di chiedere un trattamento riservato e la tutela della riservatezza delle informazioni commerciali e industriali da parte della direttiva sull’informazione ambientale corrisponde peraltro anche agli obiettivi della rispettiva disciplina. Il diritto di formulare una domanda ai sensi dell’articolo 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari dovrebbe agevolare l’autorità competente nell’identificare le informazioni delicate. Una violazione di detto interesse all’efficienza non giustifica tuttavia la violazione di (preminenti) interessi economici legittimi delle imprese interessate che, in base all’articolo 4, paragrafo 2, lettera d), della direttiva sull’informazione ambientale, dovrebbero essere garantiti mediante la riservatezza delle informazioni commerciali o industriali.

43.      Nella prassi, l’assenza di una domanda di trattamento riservato può tuttavia avere delle conseguenze rispetto alla tutela della riservatezza delle informazioni commerciali o industriali. In mancanza di una siffatta domanda, le autorità competenti possono infatti, di norma, ritenere che le informazioni che non devono manifestamente essere tutelate come segreti commerciali o industriali, possono essere divulgate. In tali casi esse non sono tenute a consultare le imprese prima della divulgazione.

44.      L’articolo 19 della direttiva sui biocidi e l’articolo 63 del regolamento sui prodotti fitosanitari corrispondono ampiamente – per quanto qui di rilievo ai fini della presente questione – all’articolo 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari e non portano quindi a una conclusione diversa.

45.      Occorre pertanto rispondere alle prime due questioni nel senso che il trattamento riservato di informazioni presentate nell’ambito della procedura di autorizzazione a norma della direttiva sui prodotti fitosanitari o della direttiva sui biocidi non presuppone, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva sull’informazione ambientale, che detto trattamento riservato sia stato preventivamente richiesto in conformità all’articolo 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari, all’articolo 19 della direttiva sui biocidi o all’articolo 63, paragrafo 1, del regolamento sui prodotti fitosanitari.

B –    Sull’interpretazione della clausola sulle emissioni

46.      Il punto principale della domanda di pronuncia pregiudiziale è costituito dalla clausola sulle emissioni contenuta nell’articolo 4, paragrafo 2, quarta frase, della direttiva sull’informazione ambientale. Essa dispone che gli Stati membri non possono, in virtù delle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2, lettere a), d), f), g) e h), disporre che una richiesta sia respinta se quest’ultima concerne informazioni sulle emissioni nell’ambiente. La tutela delle deliberazioni interne delle autorità pubbliche, della riservatezza delle informazioni commerciali, dei dati personali, delle persone che hanno fornito informazioni di propria volontà e degli interessi ambientali non può quindi essere opposta alla divulgazione di informazioni sulle emissioni.

47.      La direttiva sull’informazione ambientale non definisce però, essa stessa, la nozione di «emissioni nell’ambiente». Nemmeno la Convenzione di Århus, cui la suddetta direttiva dà in parte attuazione, contiene una qualche definizione della nozione in parola.

48.      Già nelle mie conclusioni Stichting Natuur en Milieu ho preso posizione sulla presente questione, sostenendo che sia le informazioni concernenti il rilascio di sostanze in quanto tale, sia le informazioni sulle conseguenze di detto rilascio devono essere considerate come informazioni sulle emissioni nell’ambiente (15). La Corte invece non si è ancora espressa sul punto.

49.      La nona questione solleva tuttavia una questione ad oggi non ancora affrontata, ossia se occorra distinguere tra le emissioni, da un lato, e gli scarichi e gli altri rilasci, dall’altro (v., al riguardo, sub 1). In seguito mi occuperò della prima parte della terza questione che è diretta a sapere se la nozione di emissione corrisponda alla definizione di cui all’articolo 2, punto 5, della direttiva IPPC (16) o all’articolo 3, punto 4, della direttiva relativa alle emissioni industriali (17) (v., al riguardo, sub 2). Risponderò poi alla seconda parte della terza questione ossia se la clausola sulle emissioni debba essere limitata alle informazioni sulle emissioni effettive (v., in proposito, sub 3). L’interpretazione così sviluppata della clausola sulle emissioni deve essere tuttavia ridimensionata alla luce del regolamento sui prodotti fitosanitari (v., al riguardo, sub 4).

1.      Sulla differenza tra emissioni, scarichi e altri rilasci

50.      Con la nona questione il giudice del rinvio vuole sapere se, ai fini dell’eccezione per la riservatezza delle informazioni commerciali o industriali ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera d), della direttiva sull’informazione ambientale, occorra distinguere tra «emissioni», da un lato, e «scarichi e altri rilasci di sostanze nell’ambiente», dall’altro. L’eventuale applicazione di una distinzione siffatta imporrebbe un’interpretazione restrittiva della nozione di emissione.

51.      Argomenti a favore di una distinzione possono essere reperiti nella genesi e nella sistematica della direttiva sull’informazione ambientale.

52.      La proposta di direttiva sull’informazione ambientale conteneva, all’articolo 4, paragrafo 2, lettera d), una norma secondo cui gli Stati membri non potevano, in caso di riservatezza di informazioni commerciali o industriali, rifiutare una richiesta se vertente su informazioni sulle emissioni, gli scarichi o altri rilasci nell’ambiente disciplinati da disposizioni della legislazione comunitaria (18). Per le emissioni, gli scarichi e gli altri rilasci nell’ambiente doveva quindi applicarsi una disciplina unitaria.

53.      Nella posizione comune del Consiglio, la formulazione della disposizione in parola è stata tuttavia limitata alle emissioni con la motivazione che si intendeva riavvicinare la formulazione della disposizione in parola al tenore della Convenzione di Århus (19).

54.      Il Parlamento ha continuato invece a esprimersi a favore di un utilizzo parallelo delle nozioni di «emissioni», «scarichi» e «altri rilasci» (20). Questa posizione non è riuscita però ad affermarsi in seno al comitato di conciliazione, cosicché l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva sull’informazione ambientale ha ricevuto la sua attuale formulazione.

55.      Se ne potrebbe desumere che la clausola sulle emissioni non comprende gli «scarichi e gli altri rilasci nell’ambiente».

56.      La Germania e la Bayer CropScience propongono una variante di tale posizione richiamandosi all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva sull’informazione ambientale. In base a questa disposizione, la nozione di «informazione ambientale» comprende qualsiasi informazione riguardante fattori come, in particolare, le emissioni, gli scarichi e altri rilasci nell’ambiente che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a).

57.      La Germania e la Bayer CropScience ne deducono che la nozione di emissioni deve essere interpretata in senso restrittivo in quanto, in caso contrario, non resterebbe più alcuno spazio per un’applicazione delle nozioni di «scarichi» e «altri rilasci».

58.      Non ritengo però che tale distinzione rappresenti la strada giusta. Una limitazione precisa tra emissioni e scarichi non corrisponde all’obiettivo della clausola sulle emissioni e non può neppure essere desunta dal rispettivo significato letterale.

59.      In base all’articolo 4, paragrafo 4, lettera d), della Convenzione di Århus, devono essere infatti divulgate le informazioni sulle emissioni rilevanti ai fini della tutela dell’ambiente. Una distinzione tra emissioni, scarichi e altri rilasci non ha tuttavia alcun significato evidente ai fini della tutela dell’ambiente.

60.      Il significato delle nozioni di emissione, scarico e rilascio conferma tale obiettivo posto che esse in ampia misura coincidono. Si potrebbe essere propensi a circoscrivere le emissioni ai rilasci nell’atmosfera e gli scarichi invece ai rilasci liquidi, ma si tratterebbe di una limitazione piuttosto artificiosa delle due nozioni.

61.      Lo mostrano le definizioni di emissione contenute in altre disposizioni del diritto dell’Unione che ne equiparano, in larga misura, la nozione a quella di rilascio. L’articolo 3, punto 4, della direttiva relativa alle emissioni industriali definisce le emissioni come «lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell’installazione, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell’aria, nell’acqua o nel terreno». E l’articolo 2, punto 8, della direttiva sulla responsabilità ambientale (21) descrive le emissioni come il rilascio nell’ambiente di sostanze, preparati, organismi o microrganismi. Le definizioni non lasciano spazio per una distinzione tra emissioni, scarichi e altri rilasci.

62.      Anche l’utilizzo congiunto delle tre nozioni all’interno dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva sull’informazione ambientale non è volto a limitare la nozione di emissione. Si deve invece ritenere che esso miri anzitutto a fornire la descrizione più ampia possibile del rilascio di sostanze nell’ambiente. Ciò corrisponde all’obiettivo della direttiva sull’informazione ambientale, che, in base all’articolo 1, lettera b), è diretta a ottenere la più ampia possibile sistematica disponibilità e diffusione al pubblico dell’informazione ambientale (22). Occorre quindi riconoscere un’accezione ampia alla nozione di informazione ambientale (23).

63.      Per tale ragione, le nozioni di emissioni, scarichi e altri rilasci finiscono necessariamente per sovrapporsi, meccanismo non nuovo alla direttiva sull’informazione ambientale (24). Esse non sono invece dirette a creare categorie rigorosamente distinte di informazioni ambientali soggette a conseguenze giuridiche diverse rispetto all’accesso.

64.      Nulla di diverso può aver perseguito il temporaneo impiego delle tre nozioni nella clausola sulle emissioni durante le discussioni sulla direttiva sull’informazione ambientale. Non sussiste alcun elemento a favore di una limitazione della nozione di emissioni o per riconoscere conseguenze giuridiche diverse delle tre nozioni. La rinuncia ad utilizzare tutte e tre le nozioni si spiega invece, da un lato, alla luce della consonanza con la Convenzione di Århus e, dall’altro, per il fatto che già la nozione di emissione descrive in modo sufficiente i rilasci che si intendono considerare.

65.      Ne consegue che, nell’ambito della clausola sulle emissioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2, quarta frase, della direttiva sull’informazione ambientale, non occorre distinguere tra emissioni, scarichi e altri rilasci.

2.      Sulla definizione di emissioni in altre direttive

66.      La definizione di emissioni di cui all’articolo 3, punto 4, della direttiva relativa alle emissioni industriali, affrontata prima, ci conduce alla prima parte della terza questione, ossia se la clausola sulle emissioni debba essere limitata alle emissioni provenienti da impianti. In tal caso, l’impiego di prodotti fitosanitari e di biocidi non dovrebbe essere di norma considerato quale emissione posto che il rilascio di detti prodotti non trae origine da un impianto.

67.      Tale posizione non trova alcun fondamento nel tenore letterale della direttiva sull’informazione ambientale, posto che essa non rimanda, ai fini della definizione di emissione, ad altre direttive. Al contrario: l’originaria proposta della Commissione di circoscrivere la clausola sulle emissioni alle «emissioni (…) disciplinat[e] da disposizioni della legislazione comunitaria», ossia alle emissioni come disciplinate in altre direttive, non ha trovato accoglimento (25).

68.      Alcune parti fondano tuttavia la limitazione della clausola sulle emissioni alle emissioni provenienti da impianti sulla guida per l’applicazione della Convenzione di Århus. Questa guida proponeva anzitutto di utilizzare, in sede di applicazione della clausola sulle emissioni della Convenzione di Århus, la definizione di cui all’articolo 2, punto 5, della direttiva IPPC (26). Nella seconda edizione, essa rimanda invece alla definizione di emissioni, avente lo stesso tenore, di cui all’articolo 3, punto 4, della direttiva relativa alle emissioni industriali (27). Entrambe le definizioni limitano la nozione di emissioni ai rilasci provenienti da impianti.

69.      La guida può di certo essere considerata come un documento illustrativo da prendere, se del caso, in considerazione ‑ accanto ad altri elementi rilevanti ‑ ai fini dell’interpretazione della Convenzione. Tuttavia, le analisi ivi contenute non sono vincolanti e non hanno neppure la validità normativa che spetta alle disposizioni della Convenzione di Århus (28).

70.      Ai fini della questione in esame occorre osservare che la guida non fornisce alcuna motivazione del perché debba trovare applicazione proprio la definizione della direttiva IPPC e della direttiva relativa alle emissioni industriali. Si potrebbe, ad esempio, fare ricorso anche alla definizione di cui all’articolo 2, punto 8, della direttiva sulla responsabilità ambientale che non fa riferimento a un impianto come origine dell’emissione, ma soltanto alla riconducibilità alle attività umane.

71.      Non sussiste neppure un particolare collegamento tra la direttiva IPPC o la direttiva relativa alle emissioni industriali e il diritto di accesso all’informazione ambientale, che possa giustificare un’applicazione estensiva proprio della definizione di emissioni collegate agli impianti. È vero che la direttiva IPPC e le corrispondenti sezioni della direttiva relativa alle emissioni industriali contribuiscono all’attuazione della Convenzione di Århus (29). Le disposizioni della Convenzione in parola riferite agli impianti hanno tuttavia un ambito di applicazione nettamente più contenuto rispetto al diritto di accesso all’informazione ambientale.

72.      Da un esame più attento della clausola sulle emissioni di cui all’articolo 4, paragrafo 4, lettera d), della Convenzione di Århus risulta poi chiaramente che una limitazione alle emissioni degli impianti sarebbe persino contraria alla sua finalità. In base ad esso, infatti, devono essere divulgate le informazioni sulle emissioni rilevanti ai fini della tutela dell’ambiente. Che le emissioni provengano da impianti non ha, tuttavia, alcuna importanza ai fini del loro impatto ambientale. Si pensi solo alle emissioni prodotte dalla circolazione di veicoli (30). Di conseguenza, la guida indica anche, immediatamente prima del rinvio alla definizione di emissione contenuta nella direttiva relativa alle emissioni industriali, che in linea di principio ogni informazione sulle emissioni dovrebbe ricadere nella clausola sulle emissioni della Convenzione (31).

73.      Posto che la clausola sulle emissioni deve pertanto essere interpretata in senso estensivo, è più ragionevole riconoscere alle diverse definizioni della nozione carattere illustrativo e non tener conto di limitazioni che traggono origine soltanto dallo scopo della rispettiva disposizione.

74.      Dalla definizione di emissione contenuta nell’articolo 3, punto 1, della direttiva relativa alla limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi (32), si ricava così che la nozione di emissione comprende, in ogni caso, lo scarico di sostanze. La limitazione ivi contenuta agli scarichi nell’aria di sostanze provenienti da impianti di combustione trae origine quindi esclusivamente dall’obiettivo molto limitato della direttiva in parola ed è pertanto irrilevante.

75.      La definizione di emissione di cui all’articolo 3, punto 4, della direttiva relativa alle emissioni industriali conferma che le emissioni comprendono il rilascio di sostanze. Da essa si evince, inoltre, che devono essere compresi anche lo scarico di vibrazioni, calore o rumore, posto che essi possono evidentemente essere rilevanti ai fini della tutela dell’ambiente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera d), della Convenzione di Århus. È poi evidente che non solo i rilasci nell’aria per la tutela dell’ambiente, ma anche quelli nell’acqua o nel terreno, sono a tal fine rilevanti.

76.      L’espressa limitazione alle emissioni provenienti da impianti corrisponde invece soltanto all’obiettivo della direttiva relativa alle emissioni industriali, di disciplinare la suddetta specifica tipologia di emissioni. Tale obiettivo non rileva però per quanto riguarda l’accesso a informazioni sulle emissioni importanti ai fini della tutela dell’ambiente.

77.      La definizione di emissione di cui all’articolo 2, punto 8, della direttiva sulla responsabilità ambientale conferma che non può assumere rilievo il fatto se le emissioni siano rilasciate da impianti. Rileva invece se esse possano essere ricondotte all’attività umana. Dalla suddetta definizione si può inoltre ricavare che anche il rilascio di organismi o microorganismi può costituire un’emissione in quanto anch’esso può essere rilevante ai fini della protezione dell’ambiente. Il fatto che le vibrazioni, il calore o il rumore non sono ivi citati non dovrebbe per contro indurre a escluderli dalla clausola sulle emissioni.

78.      Propongo pertanto di interpretare la clausola sulle emissioni nel senso che essa comprende informazioni sul rilascio nell’ambiente e, in particolare, nell’aria, nell’acqua o nel terreno, a seguito di attività umane, di sostanze, organismi, microorganismi, vibrazioni, calore o rumore.

3.      Sulla limitazione alle informazioni sulle emissioni effettive

79.      Con la seconda parte della terza questione occorre chiarire se la clausola sulle emissioni debba essere limitata alle emissioni effettive. Si discute quindi, da un lato, della limitazione rispetto alle emissioni ipotetiche [v., al riguardo, sub a)] e, dall’altro, della questione se le informazioni sulle emissioni comprendano soltanto le emissioni in quanto tali o anche le informazioni sui loro effetti [v., al riguardo, sub b)].

a)      Sulla limitazione rispetto alle emissioni ipotetiche

80.      È in particolare la Commissione ad affermare, richiamandosi alle mie conclusioni nella causa Ville de Lyon, che la clausola sulle emissioni si riferirebbe soltanto alle emissioni effettive ma non a quelle ipotetiche. Le informazioni a disposizione non riguarderebbero però emissioni effettive.

81.      È vero che, nelle mie conclusioni, ho sostenuto che la tutela della riservatezza delle informazioni commerciali cessa solo nel momento in cui vengono rilasciate le sostanze alle quali si riferiscono le informazioni riservate (33).

82.      Anche la nozione stessa di informazione ambientale richiede, nel caso delle emissioni, che esse incidano o possano incidere sugli elementi dell’ambiente ai sensi dell’articolo 2, punto 1, lettera a), della direttiva sull’informazione ambientale. Se un impatto è tutt’al più ipotizzabile, la direttiva non può neppure trovare applicazione.

83.      Occorre quindi riconoscere, in linea con la Commissione, che le informazioni attinenti a ipotetiche emissioni non ricadono nella clausola sulle emissioni.

84.      I prodotti fitosanitari autorizzati sono tuttavia di norma rilasciati in conformità alla destinazione. Si deve quindi ritenere che le informazioni sulla loro autorizzazione non riguardino emissioni ipotetiche.

b)      Sulle informazioni relative agli effetti delle emissioni

85.      Molto più importante è la questione se la limitazione della clausola sulle emissioni alle emissioni effettive significhi che essa si riferisce soltanto alle informazioni sulle emissioni in quanto tali e, quindi, solo alle indicazioni circa il quando e il dove una determinata emissione si è verificata. In un tal caso, solo un numero molto ristretto di informazioni ricavabili dalla procedura di autorizzazione dei prodotti fitosanitari o dei biocidi ricadrebbe nella clausola sulle emissioni. Si tratterebbe essenzialmente delle indicazioni sul rilascio del prodotto nelle sperimentazioni sul campo. Già i risultati di dette sperimentazioni non dovrebbero più invece essere considerati come informazioni sulle emissioni.

86.      Come però ho già osservato nelle mie conclusioni nella causa Stichting Natuur en Milieu e a. (34), proprio le conseguenze delle emissioni sono, di norma, la ragione della divulgazione delle informazioni sulle emissioni nell’ambiente. Il pubblico ha, infatti, un grande interesse a sapere come possa essere coinvolto da un’emissione. Prima dell’emissione conseguenze per l’uomo o l’ambiente erano abbastanza improbabili o, almeno, erano limitate alla sfera del detentore del segreto commerciale. Le sostanze rilasciate invece interagiscono per forza di cose con l’ambiente e forse anche con l’uomo. Pertanto, la guida all’applicazione della Convenzione di Århus sottolinea che la tutela della riservatezza delle informazioni commerciali dovrebbe cessare nel momento in cui vengono rilasciate le sostanze alle quali si riferiscono le informazioni riservate (35). I possibili effetti sull’ambiente non devono essere quindi concepiti come informazioni commerciali riservate.

87.      La situazione della Fondazione per la protezione delle api attesta la necessità di un’interpretazione siffatta. Essa teme che determinati prodotti fitosanitari ledano le api alla cui tutela essa si dedica. Per affrontare tali preoccupazioni essa necessita di un accesso il più ampio possibile al fascicolo di autorizzazione di detto prodotto. Solo tale fascicolo permette infatti di comprendere e controllare le ragioni alla base dell’autorizzazione dei prodotti fitosanitari ed eventualmente di contestarla per non aver sufficientemente considerato i rischi per le api (36).

88.      La clausola sulle emissioni non comprende pertanto soltanto indicazioni sulle emissioni in quanto tali ma anche informazioni sui loro effetti.

4.      Sul regolamento sui prodotti fitosanitari

89.      Il regolamento sui prodotti fitosanitari, emanato dopo la clausola sulle emissioni, modifica tuttavia il quadro giuridico posto che il suo articolo 63, paragrafo 2, definisce un catalogo di informazioni la cui divulgazione è pregiudizievole per la tutela degli interessi commerciali.

90.      Il regolamento sui prodotti fitosanitari trova applicazione ratione temporis al caso di specie. In base al suo articolo 84, primo comma, esso si applica - e doveva applicarsi - a decorrere dal 14 giugno 2011, come confermato dalla disposizione transitoria contenuta nell’articolo 80, paragrafo 5, per le procedure di autorizzazione e di modifica pendenti.

91.      Dal punto di vista formale, il catalogo delle informazioni meritevoli di tutela ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 3, del regolamento sui prodotti fitosanitari non osta a un’applicazione della clausola sulle emissioni della direttiva sull’informazione ambientale.

92.      In primis, il catalogo a norma dell’articolo 63, paragrafo 3, del regolamento sui prodotti fitosanitari fa salva la direttiva sull’informazione ambientale e non incide, di conseguenza, sulla clausola sulle emissioni.

93.      In secondo luogo, il catalogo chiarisce soltanto quali informazioni ricadono nella tutela di determinate eccezioni rispetto al diritto di accesso. La questione se esse debbano essere comunque divulgate in ragione di interessi pubblici prevalenti resta pertanto aperta. Proprio tale questione, nel caso di informazioni che riguardano le emissioni nell’ambiente, è disciplinata dalla clausola sulle emissioni mediante una presunzione legale di un interesse pubblico prevalente.

94.      Un siffatto approccio formale trascurerebbe tuttavia il fatto che il legislatore, nello stilare il catalogo, doveva sapere che le informazioni in parola sono collegate all’autorizzazione dei prodotti fitosanitari. Se fosse partito dal presupposto che le informazioni ricavabili dalla procedura di autorizzazione ricadono nella clausola sulle emissioni in quanto i prodotti fitosanitari sono destinati a essere rilasciati nell’ambiente, egli avrebbe previsto un catalogo di informazioni da trattare con particolare riservatezza del tutto privo di ogni effetto pratico. Rispetto a tali informazioni opererebbe, infatti, sempre la presunzione di interesse pubblico prevalente alla divulgazione. Come osserva, tuttavia, correttamente la Commissione, non si può presumere che il legislatore intendesse emanare una disciplina priva di efficacia pratica.

95.      Si deve quindi ritenere che il legislatore abbia implicitamente valutato ex novo il contemperamento effettuato tra i diritti e i principi fondamentali interessati e abbia quindi precisato, limitandola, la portata della clausola sulle emissioni.

96.      La nuova valutazione di cui trattasi conferma, in particolare, la riservatezza delle informazioni sulla composizione completa del prodotto fitosanitario e sulle impurità della sostanza attiva. Come stabilito nell’ambito della causa C‑673/13 P, le informazioni in parola hanno carattere delicato soprattutto in quanto esse permettono di ricostruire il procedimento di produzione e facilitano così la contraffazione (37). Tale nuova valutazione da parte del legislatore corrisponde quindi alla ponderazione compiuta dalla Corte nella sentenza ABNA e a. (38) cui si richiama la Bayer CropScience.

97.      La clausola sulle emissioni non può così trovare applicazione alle informazioni indicate nell’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento sui prodotti fitosanitari. In base all’articolo 4, paragrafo 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale, occorre pertanto decidere sull’accesso alle informazioni in parola sulla base di una valutazione del singolo caso.

98.      Si osservi, per completezza, che l’articolo 66 del regolamento sui biocidi contiene ulteriori disposizioni speciali sull’accesso alle informazioni che tuttavia non sono ancora applicabili ratione temporis alla controversia principale, neppure rispetto ai biocidi.

5.      Conclusione

99.      La nozione di «informazioni sulle emissioni nell’ambiente» contenuta nell’articolo 4, paragrafo 2, quarta frase, della direttiva sull’informazione ambientale deve quindi essere interpretata nel senso che essa comprende le informazioni sul rilascio nell’ambiente e, in particolare nell’aria, nell’acqua o nel terreno, a seguito di attività umane, di sostanze, organismi, microorganismi, vibrazioni, calore o rumore oltre alle informazioni sugli effetti di dette emissioni, ma non le informazioni indicate nell’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento sui prodotti fitosanitari.

100. Né la tutela, riconosciuta in base ai diritti fondamentali, della riservatezza delle informazioni commerciali rispetto alle informazioni sulle emissioni, né l’articolo 39, paragrafo 3, dell’accordo TRIPS ostano necessariamente a un’interpretazione in tal senso. Il legislatore potrebbe infatti riconoscere all’interesse agli effetti sull’ambiente delle emissioni un peso maggiore rispetto agli interessi economici ad ottenere la tutela della riservatezza delle informazioni commerciali o industriali (39).

101. Per quanto attiene, in particolare, all’accordo TRIPS, il legislatore era legittimato a ritenere che, nel caso dei prodotti fitosanitari e dei biocidi, la protezione della popolazione imponesse di accedere alle informazioni controverse e che il catalogo delle informazioni particolarmente delicati di cui all’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento sui pesticidi accordasse una garanzia sufficiente. La questione dell’utilizzo commerciale sleale resta indipendente da tale valutazione ed è oggetto di disposizioni specifiche, ad esempio, con riferimento alla «tutela dei dati» in base alla normativa in materia di prodotti fitosanitari.

102. Occorre, da ultimo, osservare che, nell’ambito di applicazione del diritto di accesso ai documenti, la Corte ha già rinunciato in più occasioni a compiere un esame del singolo caso e ha ammesso presunzioni generali (40). È vero che dette presunzioni riguardavano di volta in volta il diniego all’accesso, ma dovrebbero essere allo stesso modo possibili presunzioni a favore di esso.

C –    Sulle diverse singole questioni

103. La quarta, quinta, sesta, settima e ottava questione della domanda di pronuncia pregiudiziale riguardano una serie di problemi di dettaglio cui risulta relativamente agevole fornire una risposta sulla base dell’interpretazione prima sviluppata della clausola sulle emissioni. Tutte le suddette questioni riguardano infatti informazioni finalizzate alla valutazione delle conseguenze dei rischi del rilascio dei prodotti. Le relative informazioni non ricadono, prima facie, nell’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento sui prodotti fitosanitari; ciò dovrebbe tuttavia essere verificato dai giudici nazionali a fronte di eccezioni in tal senso.

104. La nozione di «informazioni sulle emissioni nell’ambiente» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, quarta frase, della direttiva sull’informazione ambientale comprende in particolare:

–        dati che offrono una valutazione dello scarico nell’ambiente di un prodotto, delle sue sostanze attive e di altri elementi a seguito dell’uso del prodotto a prescindere dal fatto che detti dati siano stati ottenuti mediante (semi)sperimentazioni sul campo o mediante studi di altro tipo (come ad esempio studi di laboratorio e di traslocazione);

–        informazioni su studi di laboratorio nei quali l’impostazione è rivolta ad esaminare aspetti isolati in circostanze standardizzate e nel contesto delle quali vengono esclusi molti fattori, come ad esempio le influenze climatiche, e i test vengono sovente effettuati con dosaggi elevati – rispetto all’uso nella pratica;

–        residui derivanti dall’applicazione del prodotto nel test, ad esempio nell’aria o nel terreno, nelle foglie, nel polline o nel nettare di una coltura (che deriva da un seme trattato), nel miele o in organismi non bersaglio;

–        la misura della dispersione (di sostanze) nell’applicazione del prodotto nel test;

–        l’intera fonte di informazioni e non soltanto i dati (di misurazione) da essa eventualmente desumibili.

V –    Conclusione

105. Suggerisco alla Corte di rispondere come segue alla domanda di pronuncia pregiudiziale:

1)      Il trattamento riservato di informazioni, presentate nell’ambito della procedura di autorizzazione a norma della direttiva 91/414/CEE, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari, o a norma della direttiva 98/8/CE, relativa all’immissione sul mercato dei biocidi, non presuppone, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, che detto trattamento riservato sia stato preventivamente richiesto in conformità all’articolo 14 della direttiva 91/414, all’articolo 19 della direttiva 98/8 o all’articolo 63, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1107/2009, relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari.

2)      La nozione di «informazioni sulle emissioni nell’ambiente», contenuta nell’articolo 4, paragrafo 2, quarta frase, della direttiva 2003/4 deve essere interpretata nel senso che essa comprende le informazioni sul rilascio nell’ambiente e, in particolare nell’aria, nell’acqua o nel terreno, a seguito di attività umane, di sostanze, organismi, microorganismi, vibrazioni, calore o rumore, oltre alle informazioni sugli effetti di dette emissioni, ma non le informazioni indicate nell’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1107/2009.

3)      La nozione di «informazioni sulle emissioni nell’ambiente» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, quarta frase, della direttiva 2003/4 comprende in particolare:

–        dati che offrono una valutazione dello scarico nell’ambiente di un prodotto, delle sue sostanze attive e di altri elementi a seguito dell’uso del prodotto a prescindere dal fatto che detti dati siano stati ottenuti mediante (semi)sperimentazioni sul campo o mediante studi di altro tipo (come ad esempio studi di laboratorio e di traslocazione);

–        informazioni su studi di laboratorio nei quali l’impostazione è rivolta ad esaminare aspetti isolati in circostanze standardizzate e nel contesto delle quali vengono esclusi molti fattori, come ad esempio le influenze climatiche, e i test vengono sovente effettuati con dosaggi elevati – rispetto all’uso nella pratica;

–        residui derivanti dall’applicazione del prodotto nel test, ad esempio nell’aria o nel terreno, nelle foglie, nel polline o nel nettare di una coltura (che deriva da un seme trattato), nel miele o in organismi non bersaglio;

–        la misura della dispersione (di sostanze) nell’applicazione del prodotto nel test; e

–        l’intera fonte di informazioni e non soltanto i dati (di misurazione) da essa eventualmente desumibili.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – V., ad esempio, European Academies’ Science Advisory Council, Ecosystem services, agriculture and neonicotinoids, EASAC policy report 26, aprile 2015, http://www.easac.eu/fileadmin/Reports/Easac_15_ES_web_complete_01.pdf.


3 – Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU 2003, L 41, pag. 26).


4 – Sentenza Stichting Natuur en Milieu e a. (C‑266/09, EU:C:2010:779, punto 43).


5 – GU 2005, L 124, pag 4.


6 – Approvata con decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1).


7 – Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, costituente l’allegato 1 C all’Accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), firmato a Marrakech il 15 aprile 1994 e adottato con decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986–1994) (GU 1994, L 336, pag. 1).


8 – Direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (GU 1991, L 230, pag. 1).


9 – Regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE (GU 2009, L 309, pag. 1).


10 – Direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa all’immissione sul mercato dei biocidi (GU 1998, L 123, pag. 1).


11 – Regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi (GU 2012, L 167, pag. 1).


12 – Sentenza Stichting Natuur en Milieu e a. (C‑266/09, EU:C:2010:779, punto 50).


13 – Sentenza Stichting Natuur en Milieu e a. (C‑266/09, EU:C:2010:779, punto 51).


14 – Sentenza Stichting Natuur en Milieu e a. (C‑266/09, EU:C:2010:779, punto 51).


15 – V. le mie conclusioni nella causa Stichting Natuur en Milieu e a. (C‑266/09, EU:C:2010:546, paragrafi da 93 a 95).


16 – Direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU 1996, L 257, pag. 26).


17 – Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU 2010, L 334, pag. 17).


18 – Articolo 4, paragrafo 2, lettera d), della proposta della Commissione per una direttiva sull’informazione ambientale, COM(2000) 402 definitivo, pag. 25 (riprodotta in parte sub GU 2000, C 337E, pag. 156).


19 – Motivazione della posizione comune del 28 gennaio (documento del Consiglio n. 11878/1/01 REV 1 ADD 1, pag. 10) e comunicazione della Commissione al Parlamento europeo sulla posizione comune del Consiglio nell’ambito della procedura di emanazione della direttiva sull’informazione ambientale, SEC(2002) 103 definitivo.


20 – GU 2003, C187E, pag. 124.


21 – Direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU 2004, L 143, pag. 56).


22 – Sentenza Fish Legal (C‑279/12, EU:C:2013:853, punto 66).


23 – Sentenze Mecklenburg (C‑321/96, EU:C:1998:300, punto 19), e Glawischnig (C‑316/01, EU:C:2003:343, punto 24).


24 – Sentenza Office of Communications (C‑71/10, EU:C:2011:525, punto 30).


25 – V. supra, paragrafi da 52 a 54.


26 – Stec/Casey‑Lefkowitz/Jendrośka, The Aarhus Convention: An Implementation Guide, New York, 2000, pag. 60 (pag. 76 della versione francese).


27 – Ebbesson/Gaugitsch/Miklau/Jendrośka/Stec/Marshall, The Aarhus Convention: An Implementation Guide, seconda edizione, 2014, pag. 88.


28 – Sentenze Flachglas Torgau (C‑204/09, EU:C:2012:71, punto 36), e Solvay e a. (C‑182/10, EU:C:2012:82, punto 27).


29 – V. considerando 27 della direttiva relativa alle emissioni industriali.


30 – V. già le mie conclusioni nella causa Stichting Natuur en Milieu e a. (C‑266/09, EU:C:2010:546, paragrafo 90).


31 – Ebbesson e a., cit. alla nota 27, pag. 88.


32 – Direttiva (UE) 2015/2193 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015 (GU 2015, L 313, pag. 1).


33 – V. le mie conclusioni nella causa Ville de Lyon (C‑524/09, EU:C:2010:613, paragrafi 73 e 74).


34 – Causa C‑266/09, EU:C:2010:546, paragrafo 95.


35 – Ebbesson e a., cit. alla nota 27, pag. 88.


36 – V., in senso analogo, sentenza Azelvandre (C‑552/07, EU:C:2009:96, punto 51).


37 – V. le mie conclusioni in data odierna nella causa in parola, paragrafo 21.


38 – Sentenza ABNA e a. (C‑453/03, C‑11/04, C‑12/04 e C‑194/04, EU:C:2005:741, punti 82 e 83).


39 – V. sentenze Nelson e a. (C‑581/10 e C‑629/10, EU:C:2012:657, punto 81), e Križan e a. (C‑416/10, EU:C:2013:8, punti da 113 a 115), nonché le mie conclusioni Stichting Natuur en Milieu e a. (C‑266/09, EU:C:2010:546, paragrafo 95).


40 – Sentenze Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau (C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punto 61); Svezia/API e Commissione (C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 94); Commissione/Agrofert Holding (C‑477/10 P, EU:C:2012:394, punto 64); Commissione/Éditions Odile Jacob (C‑553/10 P e C‑554/10 P, EU:C:2012:682, punto 123), e LPN/Commissione (C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 49).