Language of document : ECLI:EU:C:2013:700

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 24 ottobre 2013 (1)

Causa C‑461/12

Granton Advertising BV

contro

Inspecteur van de Belastingdienst Haaglanden/kantoor Den Haag

[Domanda di pronuncia pregiudiziale del Gerechtshof ‘s-Hertogenbosch (Paesi Bassi)]

«Normativa tributaria – Imposta sul valore aggiunto – Articolo 13, parte B, lettera d), punti 3 e 5, della sesta direttiva 77/388/CEE – Esenzione dall’imposta per operazioni relative a effetti commerciali e titoli – Emissione di carte di sconto»





I –    Introduzione

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda ancora una volta le difficoltà create da sistemi di distribuzione complessi nell’ambito della normativa sull’imposta sul valore aggiunto (2). Il trattamento tributario di speciali carte di sconto, oggetto del procedimento principale, tocca contemporaneamente due settori problematici del diritto dell’Unione in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA).

2.        Da un lato si discute della finalità dell’esenzione dall’imposta di operazioni finanziarie, che rappresenta ancora uno dei grandi dilemmi della normativa riguardante l’imposta sul valore aggiunto, poiché, come ha recentemente osservato la commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo, non sono mai state chiarite in modo inequivoco le precise motivazioni di questa esenzione (3).

3.        Dall’altro lato il presente procedimento riguarda, a margine, anche questioni relative al trattamento ai fini dell’IVA dei buoni. A tal proposito, la Commissione, proprio di recente, ha puntualmente rilevato che il mondo economico si è evoluto e che le disposizioni in materia di IVA, in tale situazione, potrebbero non essere più attuali (4).

4.        La Corte di giustizia ha ora la possibilità, nel presente procedimento, di sviluppare ulteriormente e di precisare la propria giurisprudenza precedente in tali settori problematici della normativa in materia di imposta sul valore aggiunto, al fine di far fronte alla perplessità degli organi dell’Unione e all’apparente lacunosità delle norme dell’Unione.

II – Contesto normativo

5.        Per l’arco temporale dal 2001 al 2005, rilevante per il procedimento principale, la normativa dell’Unione applicabile in materia di imposta sul valore aggiunto è costituita dalla sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari ‒ Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (5) (in prosieguo: la «sesta direttiva»).

6.        Ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), della sesta direttiva, gli Stati membri esonerano dall’imposta, tra le altre, le seguenti operazioni:

«(...)

3.       le operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali, ad eccezione del ricupero [sic!] dei crediti;

(...)

5.      le operazioni, compresa la negoziazione, eccettuate la custodia e la gestione, relative ad azioni, quote parti di società o associazioni, obbligazioni, altri titoli, ad esclusione:

–        dei titoli rappresentativi di merci;

–        dei diritti o titoli di cui all’articolo 5, paragrafo 3;

(…)».

7.        La legge dei Paesi Bassi sull’IVA (Wet op de omzetbelasting) si conforma a queste disposizioni della sesta direttiva.

III – Procedimento principale e causa dinanzi alla Corte di giustizia

8.        Il procedimento principale riguarda, sostanzialmente, un avviso di rettifica dell’imposta sul valore aggiunto per il periodo dal 2001 al 2005 per un importo di EUR 643 567. Questo è rivolto contro la società neerlandese Granton Advertising BV (in prosieguo: la «Granton Advertising»), che nel periodo suddetto aveva venduto carte denominate Grantoncards a un prezzo compreso tra EUR 15 e 25 e, secondo l’amministrazione tributaria, aveva indebitamente trattato queste operazioni come esenti dall’imposta.

9.        Il possessore di una Grantoncard aveva diritto, per un determinato periodo di tempo, a sconti nella fruizione di talune prestazioni di determinate imprese, indicate in dettaglio sulla carta. Tra tali prestazioni rientravano determinate offerte, ad esempio, di ristoranti, cinema o hotel. Un tipico sconto si configurava allorché, per l’acquisto di due unità, doveva essere pagato solamente il prezzo di una unità. La Grantoncard non attribuiva invece alcun diritto a somme di denaro o ad usufruire di prestazioni gratuitamente.

10.      Le imprese indicate sulla carta si erano obbligate contrattualmente nei confronti della Granton Advertising a praticare gli sconti. A fronte di ciò la Granton Advertising non era tenuta ad effettuare alcun pagamento alle imprese.

11.      La Granton Advertising, dinanzi alle autorità e ai tribunali nazionali, invoca l’esenzione dall’imposta delle operazioni di vendita delle Grantoncards. Il Gerechtshof ‘s-Hertogenbosch, ora investito della controversia, ritiene decisiva, a tal proposito, l’interpretazione della sesta direttiva. Esso ha quindi sottoposto alla Corte di giustizia, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, le seguenti questioni:

«1.      Se l’espressione “altri titoli”, di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva debba essere interpretata nel senso che essa comprende una Grantoncard, ossia una carta trasferibile utilizzata per il pagamento (parziale) di beni e servizi, e, in tal caso, se pertanto l’emissione e la vendita di siffatta carta siano esenti dall’imposta sul valore aggiunto.

2.      In caso di risposta negativa, se quindi l’espressione “altri effetti commerciali”, di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva debba essere interpretata nel senso che in essa rientra la siffatta Grantoncard e, in tal caso, se pertanto l’emissione e la vendita di tale carta siano esenti dall’imposta sul valore aggiunto.

3.      Qualora una Grantoncard configuri un “altro titolo” o un “altro effetto commerciale”, nel senso sopra indicato, se, per la questione se l’emissione e la vendita della medesima siano esenti da imposta sul valore aggiunto, sia rilevante che, in caso di uso di detta carta, la riscossione dell’imposta su una parte proporzionale del corrispettivo per essa pagata sia praticamente illusoria».

12.      Nella causa dinanzi alla Corte hanno depositato osservazioni scritte il Regno dei Paesi Bassi, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord nonché la Commissione.

IV – Valutazione giuridica

13.      Come tutti gli intervenienti che si sono espressi dinanzi alla Corte, sono dell’opinione che una Grantoncard non configuri né un «altro titolo» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva (v. a tal proposito sub A), né un «altro effetto commerciale» ai sensi del punto 3 della disposizione (v. a tal proposito sub B). Benché, considerata tale conclusione, la terza questione non avrebbe più bisogno di alcuna risposta, tratterò anche quest’ultima in via subordinata sub C.

A –    L’esenzione di operazioni relative a titoli ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva

14.      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede se una Grantoncard rappresenti un «altro titolo» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva, e se la vendita di siffatta carta sia perciò esente dall’IVA.

15.      Secondo la giurisprudenza, affinché un’operazione sia esente dall’IVA ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva, devono ricorrere due condizioni generali. Da un lato, l’operazione deve essere effettuata «sul mercato dei valori mobiliari», dall’altro lato, essa deve modificare la situazione giuridica e finanziaria delle parti contraenti (6). A tale scopo è sufficiente che l’operazione possa creare, modificare o estinguere i diritti e gli obblighi delle parti contraenti relativi a titoli (7).

16.      Il Regno Unito sembra volersi discostare da tale giurisprudenza, ritenendo che, nel caso di specie, l’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva non si applichi già per il fatto che l’emissione della Grantoncard non modifica ancora la situazione giuridica e finanziaria delle parti contraenti.

17.      Si deve peraltro sottolineare che non è il titolo stesso a dover modificare la situazione giuridica e finanziaria delle parti contraenti, bensì l’operazione, la quale, ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva, deve essere «relativa» a un titolo. Ciò accade normalmente nel caso della cessione di un titolo, che evidentemente modifica la situazione giuridica e finanziaria delle parti contraenti in relazione allo stesso, ma può anche verificarsi nel caso di una garanzia per la sottoscrizione di azioni (8). Nella specie, poiché le Grantoncards sono state vendute, sussisteva comunque una modifica della situazione giuridica e finanziaria delle parti contraenti in relazione alla Grantoncard.

18.      Di conseguenza, nel caso in esame si pone soltanto la questione se si tratti di un’operazione «sul mercato dei valori mobiliari». Ciò presuppone che la Grantoncard rappresenti un titolo.

19.      La Corte di giustizia sinora non ha ancora definito quali elementi contraddistinguano un titolo ai fini dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva. In questo contesto si pongono fondamentalmente due questioni: quali tipi di diritti ricadano nella nozione di titolo, e se un siffatto diritto debba essere cartolarizzato, cioè incorporato in un determinato documento cartaceo o altro supporto materiale.

20.      La seconda delle suddette questioni è priva di rilevanza per il procedimento principale, poiché la Grantoncard è in ogni caso rappresentativa di un diritto, dovendo essere presentata alle rispettive imprese per far valere i diritti ad essa connessi. Si deve tuttavia stabilire se il diritto conferito dalla Grantoncard, in sostanza il diritto a uno sconto su talune prestazioni di determinate imprese, sia un diritto che rientra nella nozione di titolo ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva.

21.      Dato che la formulazione di questa disposizione è decisamente vaga, tale questione dev’essere chiarita facendo ricorso all’interpretazione sistematica e teleologica.

1.      Impianto sistematico

22.      Il Regno dei Paesi Bassi ha giustamente rilevato che, nell’interpretazione della nozione di titolo, devono essere ricomprese le «azioni, quote parti di società [o] associazioni» nonché le «obbligazioni» espressamente menzionate nella disposizione. Ciò poiché attraverso la formulazione «altri titoli» risulta chiaro che anche i diritti suddetti costituiscono titoli. In tale contesto appare opportuno far rientrare nella nozione di titolo innanzitutto due tipi di diritti: diritti di partecipazione in una società e diritti a una somma di denaro nei confronti di un debitore.

23.      Inoltre, si deve concordare con il Regno Unito laddove afferma che, anche i derivati da tali diritti, ad esempio le opzioni e i contratti a termine, fanno parte dei titoli di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva. Tra i derivati esenti ve ne sono alcuni che, a certe condizioni, conferiscono il diritto a una partecipazione in una società o a una somma di denaro nei confronti di un debitore. Che simili diritti rientrino nella nozione di titolo è confermato dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1777/2005 (9), il quale presuppone che vi siano opzioni la cui vendita ricade nell’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva. Tale regolamento, tuttavia, in virtù dell’articolo 23 del medesimo, non è applicabile nel periodo rilevante per il procedimento principale. Già nel 2001, peraltro, il comitato IVA ha stabilito, a grande maggioranza, che operazioni con opzioni, che vengono effettuate sul mercato regolamentato dei capitali, sono esenti ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), della sesta direttiva (10).

24.      Dall’eccezione per i titoli rappresentativi di merci di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, primo trattino, della sesta direttiva si deve inoltre desumere che, in sostanza, anche diritti alla cessione di un bene possono rientrare nella nozione di titolo. Non devono invece, precisamente, essere esonerate operazioni relative a titoli rappresentativi di merci.

25.      L’ulteriore eccezione di cui al secondo trattino esclude dall’esenzione i diritti o i titoli di cui all’articolo 5, paragrafo 3, della sesta direttiva. Secondo la lettera c) di tale disposizione, gli Stati membri possono, ad esempio, considerare beni materiali le quote d’interessi e le azioni il cui possesso assicura, di diritto o di fatto, l’attribuzione in proprietà o in godimento di un bene immobile. Nella specie si tratta quindi, in determinate ipotesi, di considerare il trasferimento di diritti relativi a una società, il quale rappresenta sostanzialmente una prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 6 della sesta direttiva (11), in modo simile al trasferimento del bene immobile stesso e, conseguentemente, come cessione di un bene ai sensi dell’articolo 5 della sesta direttiva.

26.      La Corte di giustizia, a tal proposito, ha affermato che questa eccezione all’esenzione non vale se lo Stato membro interessato non si è avvalso della facoltà di cui all’articolo 5, paragrafo 3, lettera c), della sesta direttiva (12). Ne deriva che i diritti menzionati nell’eccezione di cui al secondo trattino possono essere sostanzialmente anch’essi oggetto di un titolo esente in base all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva. Poiché l’eccezione di cui al secondo trattino non rinvia, tuttavia, solamente alla lettera c), ma all’intero terzo paragrafo dell’articolo 5, dovrebbero perciò ricadere nella nozione di titolo tutti i diritti ivi menzionati. L’articolo 5, paragrafo 3, non contiene però solamente nella sua lettera c) le ipotesi descritte di diritti relativi a una società che attribuiscono il diritto di proprietà su beni immobili. Anche le lettere a) e b) descrivono diritti su beni immobili nonché diritti reali, che conferiscono al loro titolare un potere d’uso sui beni immobili, senza che questi diritti vengano trasmessi necessariamente attraverso la partecipazione a una società.

27.      D’altro canto non si deve necessariamente interpretare che, in virtù di tale ampio rinvio del secondo trattino sull’esenzione all’intero articolo 5, paragrafo 3, della sesta direttiva, rientrino tra i diritti che possono costituire oggetto di un titolo non solo i diritti di partecipazione in una società, i diritti a somme di denaro nei confronti di un debitore e i loro derivati, bensì, sostanzialmente, ogni ulteriore diritto su beni immobili. Il rinvio può piuttosto essere interpretato nel senso che esso deve comprendere solamente quelle ipotesi dell’articolo 5, paragrafo 3, che secondo la definizione generale rientrano senz’altro nella nozione di titolo.

28.      Si deve perciò stabilire che, in base ad un’interpretazione sistematica, il concetto di titolo di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva comprende in ogni caso i seguenti diritti: diritti di partecipazione in una società, diritti a somme di denaro nei confronti di un debitore e derivati di questi diritti. Poiché entrambi i primi due tipi di diritti sono espressamente indicati nella disposizione, «altri titoli» individua di conseguenza i derivati di questi diritti.

2.      Ratio e finalità

29.      Come illustrerò in seguito, questa soluzione interpretativa non è posta in dubbio nemmeno dalla ratio e dalla finalità dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva.

30.      Come già affermato dall’avvocato generale Jääskinen, la finalità dell’esenzione di operazioni finanziarie non è chiara, poiché, in particolare, i lavori preparatori non affrontano tale questione (13).

31.      Anche la Corte di giustizia ha sinora affrontato in modo solo marginale la questione dell’individuazione della finalità di tale esenzione. Nella giurisprudenza, peraltro, si rinviene più volte la constatazione secondo cui le varie esenzioni disciplinate nell’articolo 13, parte B, lettera d), della sesta direttiva sono finalizzate a evitare sia l’aumento del costo del credito al consumo sia le difficoltà collegate alla determinazione della base imponibile (14). Questo tentativo di spiegazione non può, tuttavia, essere soddisfacente per le esenzioni che non riguardano né la concessione di un credito, né difficoltà evidenti collegate alla determinazione della base imponibile.

32.      Entrambi tali aspetti rilevano invero per l’esenzione che deve essere esaminata nel caso di specie, riguardante operazioni relative a titoli ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva. Tale esenzione non ha un’influenza sul costo di un credito al consumo, né vi sono difficoltà, ad esempio nel caso di vendita di un titolo, collegate alla determinazione della base imponibile, poiché essa può essere ricavata facilmente dal prezzo di vendita, ai sensi dell’articolo 11, parte A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva.

33.      L’avvocato generale Sharpston, proprio recentemente, non ha potuto infine individuare lo scopo dell’esenzione per le operazioni relative ai titoli (15), e nemmeno io trovo al riguardo alcuna spiegazione soddisfacente. Ciononostante, dalla giurisprudenza della Corte di giustizia in merito alla finalità dell’esenzione per la gestione di fondi di investimento ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva, si può desumere che l’esenzione per le operazioni relative ai titoli è finalizzata a sottrarre all’applicazione dell’IVA gli investimenti finanziari (16). Ravvisare in ciò l’unica finalità sarebbe però in contrasto con la giurisprudenza della Corte, in base alla quale anche la vendita di partecipazioni secondo una strategia di gruppo è compresa nell’esenzione dall’imposta (17).

34.      In una situazione così poco chiara è opportuno concentrarsi su un principio che la Corte ha ripetuto innumerevoli volte con giurisprudenza costante: le disposizioni della sesta direttiva che stabiliscono l’esenzione dall’imposta debbono essere interpretate restrittivamente, in quanto comportano una deroga al principio generale in base al quale l’imposta sulla cifra d’affari è riscossa per ogni prestazione di servizi o cessione di beni effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo (18).

35.      È pur vero che la Corte ha successivamente circoscritto tale principio, nella sua giurisprudenza, aggiungendo che l’interpretazione dell’esenzione dall’imposta non può tuttavia essere talmente restrittiva da privare di efficacia l’esenzione, e deve quindi essere conforme agli obiettivi perseguiti dalle dette esenzioni (19). Nel caso in cui, tuttavia, – come nella presente fattispecie riguardante l’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva – non possa essere ravvisato un siffatto obiettivo, il principio di interpretazione restrittiva delle esenzioni fiscali deve trovare applicazione senza limitazioni.

36.      In tale contesto non sussiste alcun motivo per considerare come titoli, ai fini di tale esenzione, la concessione di diritti diversi dai diritti di partecipazione in una società, dai diritti a somme di denaro nei confronti di un debitore o da loro derivati. L’interpretazione restrittiva proposta, in forza del rinvio contenuto nell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, secondo trattino, della sesta direttiva, impedisce inoltre di far rientrare nella nozione di titolo qualsiasi diritto su beni immobili (20).

3.      Conclusione interlocutoria

37.      La Grantoncard non attribuisce un diritto di partecipazione in società né un diritto a una prestazione pecuniaria. Essa non conferisce tali diritti nemmeno nella forma di un derivato, poiché non ha ad oggetto alcun diritto condizionato a una partecipazione in una società o a una prestazione pecuniaria, ma rende solamente possibile l’acquisto di una prestazione a un prezzo ridotto. Una carta di sconto come la Grantoncard non configura pertanto un «altro titolo» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva, cosicché la sua vendita non è esente dall’imposta in base a tale disposizione.

B –    L’esenzione per le operazioni relative a effetti commerciali ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva

38.      La seconda questione pregiudiziale è tesa a chiarire se la Grantoncard costituisca un «altro effetto commerciale» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva e se la vendita di siffatta carta sia perciò esente dall’imposta sul valore aggiunto.

39.      Oltre alle operazioni collegate alla gestione dei conti correnti, l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva esonera le operazioni «relative (...) ai crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali».

40.      Come hanno giustamente rilevato sia il Regno dei Paesi Bassi sia il Regno Unito, gli esempi menzionati nella disposizione attribuiscono rispettivamente un diritto a una determinata somma di denaro. È pertanto evidente che con l’espressione «altri effetti commerciali» occorre intendere solo quegli ulteriori diritti che – senza rappresentare un credito o un assegno – danno diritto a una determinata somma di danaro.

41.      Tale interpretazione è inoltre conforme con la ratio e con l’obiettivo che io attribuisco all’esenzione dall’imposta delle operazioni relative a effetti commerciali. A tal proposito sono convinto che trattandosi di diritti considerati dal pubblico al pari del denaro, essi debbano essere trattati, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, come l’esborso stesso di denaro. L’esborso di denaro, tuttavia, come è noto, non viene assoggettato all’imposta in sé e per sé, bensì esso costituisce solo la controprestazione di una prestazione soggetta ad imposta, ciò sia perché non si tratta di una cessione di beni né di una prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della sesta direttiva (21), sia perché esso è sottratto all’imposizione dall’articolo 13, parte B, lettera d), punto 4, della sesta direttiva.

42.      Una carta come la Grantoncard, che conferisce solamente il diritto a una riduzione sul prezzo nell’acquisto di determinate prestazioni, non ha tuttavia ad oggetto una determinata somma di denaro, né potrebbe essere considerata dal pubblico al pari del denaro.

43.      Di conseguenza, la seconda questione pregiudiziale deve essere risolta nel senso che una carta di sconto come la Grantoncard non rappresenta un «altro effetto commerciale» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva. La suddetta esenzione dall’imposta non è perciò nemmeno applicabile alla vendita delle Grantoncard.

C –    Assoggettamento all’imposta dell’uso della Grantoncard

44.      Con la sua terza questione, infine, il giudice del rinvio chiede quale influenza abbia su un’esenzione della Grantoncard la circostanza che, in caso di uso di detta carta, la riscossione dell’imposta su una parte proporzionale del corrispettivo per essa pagato sia praticamente illusoria.

45.      Tale questione viene peraltro posta dal giudice del rinvio solamente per il caso in cui la Grantoncard costituisca un «altro titolo» oppure un «altro effetto commerciale» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punti 5 e 3, della sesta direttiva. Poiché, come sopra esposto, tale ipotesi non ricorre, la Corte non deve pertanto rispondere a tale questione.

46.      Ritengo tuttavia utile un chiarimento riguardo ad essa, dato che all’origine della questione posta dal giudice del rinvio potrebbero esservi supposizioni errate circa il trattamento ai fini dell’IVA di carte di sconto o di buoni. La Commissione ha correttamente fatto presente che, a questo proposito, occorre tener conto della giurisprudenza della Corte di giustizia sull’uso di buoni che al momento dell’utilizzo danno diritto a uno sconto e che, al riguardo, sono paragonabili alla Grantoncard in questione.

47.      L’uso della Grantoncard per ottenere le prestazioni in essa indicate non comporta, nel momento del suo utilizzo, l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto. La base imponibile per le prestazioni che vengono acquistate con l’uso della carta, ai sensi dell’articolo 11, parte A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva, è data soltanto dal prezzo che deve essere effettivamente pagato dall’utilizzatore della Grantoncard, che da solo costituisce il valore della controprestazione.

48.      La Corte, nella sua giurisprudenza, ha infatti ammesso solamente in due casi che il buono utilizzato ai fini di una riduzione del prezzo normale di una prestazione abbia di per sé un valore e comporti l’innalzamento della base imponibile rispetto al prezzo pagato.

49.      Un’ipotesi si verifica, da un lato, qualora il soggetto passivo, che riceve un buono per la riduzione del prezzo, possa convertire tale buono in denaro presso un terzo (22). In tal caso il buono ricevuto dal soggetto passivo ha per quest’ultimo un valore pecuniario e deve essere considerato, nella determinazione della base imponibile, come un mezzo di pagamento (23).

50.      Dall’altro lato, un buono per la riduzione del prezzo incide sulla determinazione della base imponibile, nel momento in cui viene utilizzato, se il soggetto passivo che lo riceve ha esso stesso venduto il buono in precedenza. Anche in tal caso il buono deve essere assimilato a un mezzo di pagamento e al momento dell’uso deve essere stimato di valore pari al prezzo realizzato in occasione della sua precedente vendita (24).

51.      Nessuna delle due ipotesi ricorre, tuttavia, nel caso di specie. Le imprese, che si sono obbligate nei confronti di Granton Advertising a concedere sconti nel caso di uso della Grantoncard, non hanno venduto esse stesse la Grantoncard, né la presentazione della Grantoncard a un terzo conferisce a dette imprese diritti di credito nei suoi confronti.

52.      Il prezzo pagato al momento dell’acquisto della Grantoncard non ha perciò alcuna incidenza sulla base imponibile delle prestazioni acquistate utilizzando la Grantoncard. Di conseguenza non deve essere applicata l’imposta su una parte proporzionale del corrispettivo per essa pagato.

53.      Si deve peraltro concordare con il giudice del rinvio che, nel caso di esenzione della vendita della Grantoncard dall’IVA, tale imposta debba essere applicata sul suo utilizzo, per garantirne l’applicazione sull’importo complessivo versato dal consumatore finale per l’acquisto delle prestazioni indicate sulla carta stessa. Poiché alla vendita della Grantoncard, come si è visto, non possono tuttavia essere applicate le esenzioni di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punti 5 e 3, della sesta direttiva, l’assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto dell’importo complessivamente pagato dal titolare di una Grantoncard per l’acquisto delle prestazioni indicate sulla medesima si completa in due fasi – più precisamente, corrispondenti al momento della vendita della Grantoncard e al momento del suo utilizzo.

54.      Nel caso in cui la Corte ritenga necessario rispondere alla terza questione pregiudiziale, questa dovrebbe essere risolta, alla luce delle suesposte considerazioni, nel senso che, in una fattispecie come quella del procedimento principale, nel caso di utilizzo della Grantoncard non deve essere applicata l’imposizione su una parte proporzionale del corrispettivo per essa pagato.

V –    Conclusione

55.      In conclusione propongo, tuttavia, di rispondere solamente alle prime due questioni pregiudiziali del Gerechtshof ‘s‑Hertogenbosch, nel modo seguente:

Una carta di sconto come la Grantoncard non rappresenta né un «altro titolo» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, né un «altro effetto commerciale» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva.


1 –      Lingua originale: il tedesco.


2 – V. al riguardo, da ultimo, le mie conclusioni presentate il 13 settembre 2012 nella causa Grattan (C‑310/11).


3 – Relazione della commissione per i problemi economici e monetari del 15 settembre 2008 sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda il trattamento dei servizi assicurativi e finanziari, A6-0344/2008, pag. 22.


4 – Cfr. la proposta della Commissione di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda il trattamento dei buoni, pubblicata senza data e numero di documento sul sito Internet http://ec.europa.eu/taxation_customs/taxation/vat/key_documents/legislation_proposed/index_de.htm (consultato il 5 ottobre 2013), pag. 2.


5 – GU L 145, pag. 1.


6 – Sentenze del 29 ottobre 2009, SKF (C‑29/08, Racc. pag. I-10413, punto 48); del 10 marzo 2011, Skandinaviska Enskilda Banken (C‑540/09, Racc. pag. I-1509, punto 30); del 5 luglio 2012, DTZ Zadelhoff (C‑259/11, punto 22), e del 19 luglio 2012, Deutsche Bank (C‑44/11, punto 36); cfr. anche la sentenza del 28 luglio 2011, Nordea Pankki Suomi (C‑350/10, Racc. pag. I-7359, punto 26).


7 – V. sentenze Skandinaviska Enskilda Banken, cit. alla nota 6, punti 31 e segg.; DTZ Zadelhoff, cit. alla nota 6, punto 23, e Deutsche Bank, cit. alla nota 6, punto 37; cfr. anche la sentenza del 13 dicembre 2001, CSC Financial Services (C‑235/00, Racc. pag. I‑10237, punto 33).


8 – Cfr. la sentenza Skandinaviska Enskilda Banken, cit. alla nota 6, punto 33.


9 – Regolamento (CE) n. 1777/2005 del Consiglio, del 17 ottobre 2005, recante disposizioni di applicazione della direttiva 77/388/CEE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto (GU L 288, pag. 1).


10 – Orientamento risultante dalla 63a riunione del 17 luglio 2001 – TAXUD/2441/01; sulla portata degli orientamenti del comitato IVA v. le mie conclusioni presentate il 31 gennaio 2013 nella causa RR Donnelley Global Turnkey Solutions Poland (C‑155/12, paragrafi 47 e segg.).


11 – V. articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, primo trattino, della sesta direttiva.


12 – Sentenza DTZ Zadelhoff, cit. alla nota 6, punto 42.


13 – Conclusioni presentate il 16 dicembre 2010 nella causa Skandinaviska Enskilda Banken (C‑540/09, Racc. pag. I‑1509, paragrafo 22).


14 – V. sentenze del 19 aprile 2007, Velvet & Steel Immobilien (C‑455/05, Racc. pag. I‑3225, punto 24); del 22 ottobre 2009, Swiss Re Germany Holding (C‑242/08, Racc. pag. I‑10099, punto 49), e Skandinaviska Enskilda Banken, cit. alla nota 6, punto 21; v. anche l’ordinanza del 14 maggio 2008, Tiercé Ladbroke (C‑231/07 e C‑232/07, Racc. pag. I‑73*, punto 24).


15 – V. le conclusioni presentate l’8 maggio 2012 nella causa Deutsche Bank (C‑44/11, paragrafi 36 e seg. e 51 e segg. nonché la giurisprudenza e la dottrina ivi citate).


16 – V. la sentenza del 7 marzo 2013, Wheels Common Investment Fund Trustees e. a. (C‑424/11, punto 19 ed la giurisprudenza ivi citata).


17 – Sentenza SKF, cit. alla nota 6, punti 42 e segg.


18 – V. solo le sentenze del 26 giugno 1990, Velker International Oil Company (C‑185/89, Racc. pag. I-2561, punto 19), e del 21 marzo 2013, PFC Clinic (C‑91/12, punto 23).


19 – V. solo le sentenze del 6 novembre 2003, Dornier (C‑45/01, Racc. pag. I‑12911, punto 42), e PFC Clinic, cit. alla nota 18, punto 23.


20 – V. supra, paragrafi da 25 a 27.


21 – Così si desume dalla sentenza del 14 luglio 1998, First National Bank of Chicago (C‑172/96, Racc. pag. I‑4387); v. nello specifico Dobratz, Leistung und Entgelt im Europäischen Umsatzsteuerrecht, 2005, pagg. 47 e seg. e 153  e segg.


22 – V. la sentenza del 27 marzo 1990, Boots Company (C‑126/88, Racc. pag. I‑1235, punto 13).


23 – Sentenza del 15 ottobre 2002, Commissione/Germania (C‑427/98, Racc. pag. I‑8315, punto 58).


24 – V. la sentenza del 24 ottobre 1996, Argos Distributors (C‑288/94, Racc. pag. I‑5311, punti dal 18 al 20).