Language of document : ECLI:EU:T:2021:665

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

6 ottobre 2021 (1)

«Funzione pubblica – Agenti contrattuali – Indagine dell’OLAF – Rimborso di spese mediche – Sanzione disciplinare – Risoluzione del contratto senza preavviso – Articolo 10, lettera h), dell’allegato IX dello Statuto – Recidiva – Articolo 27 dell’allegato IX dello Statuto – Decisione che accoglie una domanda volta a ottenere che nel fascicolo personale non risulti alcuna menzione di una precedente sanzione – Articolo 26 dello Statuto – Non opponibilità al funzionario e non invocabilità contro il medesimo di una sanzione della quale non risulti alcuna menzione nel fascicolo personale»

Nella causa T‑121/20,

IP, rappresentato da L. Levi, S. Rodrigues e J. Martins, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da M. Brauhoff e A.‑C. Simon, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 270 TFUE e diretta all’annullamento della decisione della Commissione del 21 agosto 2019 di infliggere al ricorrente la sanzione disciplinare della risoluzione del contratto di lavoro senza preavviso,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da R. da Silva Passos, presidente, I. Reine e L. Truchot (relatore), giudici,

cancelliere: L. Ramette, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 maggio 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

1        IP, ricorrente, è entrato in servizio presso la Commissione europea il 21 luglio 2008, dapprima in qualità di agente interinale, in seguito, dal 16 settembre 2008, in qualità di agente contrattuale. Nel 2013 egli era inquadrato nel gruppo di funzioni I, grado 1, scatto 3. Dal 1° agosto 2018 è in stato di invalidità.

2        Con nota del 13 dicembre 2013, il Parlamento europeo ha informato l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) di aver riscontrato, nell’ambito di un audit interno, indizi che, a suo avviso, facevano presumere l’irregolarità di un certo numero di domande di rimborso di spese mediche relative a cure ricevute in strutture situate in Portogallo. Tali domande erano state presentate, tra il gennaio e l’agosto del 2013, da A e da B, sorella di quest’ultimo, entrambi funzionari presso il Parlamento. In detta nota, il Parlamento suggeriva di verificare se anche il ricorrente, designato da A quale sua persona di contatto in una banca dati dedicata alla gestione del personale del Parlamento, potesse aver commesso simili irregolarità.

3        L’8 settembre 2014 l’OLAF ha deciso di avviare un’indagine nei confronti del ricorrente in merito a domande di rimborso di spese mediche ritenute irregolari. Parallelamente, l’OLAF ha deciso di avviare altre due indagini nei confronti di A e di B, parimenti relative a domande di rimborso di spese mediche.

4        Il 21 dicembre 2015 l’OLAF ha concluso l’indagine con una relazione finale. In tale relazione l’OLAF ha constatato che, nel periodo oggetto dell’indagine, il ricorrente aveva presentato all’ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» (PMO) della Commissione domande di rimborso fondate su quattro documenti giustificativi che non corrispondevano all’effettivo importo delle spese sostenute. L’OLAF ha ritenuto che l’importo totale delle somme indebitamente percepite ammontasse a EUR 5 418.

5        L’OLAF ha trasmesso la sua relazione alla Commissione, raccomandandole di avviare un procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente e di recuperare l’importo di EUR 5 418. L’OLAF ha parimenti informato la Commissione del fatto che la relazione era stata trasmessa alle autorità giudiziarie portoghesi per un eventuale seguito giudiziario.

6        Con nota del 24 giugno 2016, l’Autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione della Commissione (in prosieguo: l’«AACC») ha conferito mandato all’Ufficio di indagine e disciplina della Commissione (IDOC) per condurre l’audizione del ricorrente.

7        Il 25 luglio 2017 l’AACC ha deciso di avviare un procedimento disciplinare dinanzi alla commissione di disciplina nei confronti del ricorrente.

8        Con parere del 16 aprile 2018, la commissione di disciplina ha raccomandato la sanzione della risoluzione senza preavviso del contratto di lavoro del ricorrente.

9        A seguito della comunicazione della relazione dell’OLAF alle autorità giudiziarie portoghesi, è stato avviato in Portogallo un procedimento penale a carico del ricorrente.

10      Il 22 novembre 2018 l’AACC ha deciso di sospendere il procedimento disciplinare avviato nei confronti del ricorrente.

11      Il 21 maggio 2019, in seguito alla chiusura del procedimento penale avviato in Portogallo, il ricorrente è stato convocato per un’audizione dinanzi all’AACC composta dalla direttrice generale della direzione generale «Risorse umane e sicurezza», dal direttore generale della direzione generale «Affari economici e finanziari» e dal vicedirettore generale della direzione generale «Agricoltura e sviluppo rurale» della Commissione (in prosieguo: l’«AACC tripartita»).

12      Il 21 agosto 2019 l’AACC tripartita ha adottato nei confronti del ricorrente, in applicazione degli articoli 49 e 119 del regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea (in prosieguo: il «RAA»), la sanzione disciplinare della risoluzione del contratto di lavoro senza preavviso (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

13      Nella decisione impugnata, l’AACC tripartita ha precisato che al ricorrente veniva addebitato di aver sottoposto al PMO due domande di rimborso di spese mediche non corrispondenti alle effettive spese sostenute o alle reali cure ricevute (punto 12 della decisione impugnata). Detta autorità ha qualificato tali fatti come un «tentativo di frode al bilancio dell’Unione europea», il che costituiva, a suo avviso, una mancanza particolarmente grave (punto 37 della decisione impugnata). Infine, l’AACC tripartita ha stabilito la sanzione da adottare alla luce dei criteri definiti all’articolo 10 dell’allegato IX dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto») (punti da 37 a 50 della decisione impugnata). Applicando l’articolo 10, lettera h), dell’allegato IX dello Statuto, l’AACC tripartita si è fondata, a fini di recidiva, su una nota di biasimo ricevuta dal ricorrente il 19 novembre 2010.

14      Il 7 ottobre 2019 il ricorrente ha presentato un reclamo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, contro la decisione impugnata.

15      Con decisione del 28 gennaio 2020 (in prosieguo: la «decisione di rigetto del reclamo»), il reclamo è stato respinto dalla Commissione.

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

16      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 febbraio 2020, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

17      Con istanza separata, depositata presso la cancelleria del Tribunale il 4 marzo 2020, il ricorrente ha chiesto il beneficio dell’anonimato conformemente all’articolo 66 del regolamento di procedura del Tribunale. Con decisione del 15 aprile 2020, il Tribunale (Settima Sezione) ha accolto tale richiesta.

18      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Settima Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del regolamento di procedura, ha posto alcuni quesiti scritti alle parti, invitandole a rispondere a una parte di essi per iscritto e agli altri in sede di udienza.

19      Le parti hanno risposto entro il termine impartito.

20      All’udienza tenutasi il 10 maggio 2021 le parti hanno svolto le loro difese e hanno risposto ai quesiti scritti e orali posti dal Tribunale. Inoltre, il ricorrente ha depositato un documento e la Commissione ha proposto di produrre due documenti.

21      In tali circostanze, il presidente della Settima Sezione ha dichiarato che la fase orale del procedimento si sarebbe chiusa successivamente per consentire alla Commissione di produrre i documenti indicati al precedente punto 20 e a ciascuna parte di presentare osservazioni.

22      La Commissione ha prodotto i documenti annunciati e ciascuna parte ha presentato le proprie osservazioni.

23      La fase orale del procedimento è stata chiusa il 2 giugno 2021.

24      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata e, per quanto necessario, la decisione di rigetto del reclamo;

–        condannare la Commissione alle spese.

25      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

III. In diritto

26      Prima di esaminare i motivi dedotti dal ricorrente, occorre stabilire l’oggetto del ricorso.

A.      Sull’oggetto del ricorso

27      In via preliminare, si deve ricordare che il reclamo amministrativo e il suo rigetto, esplicito o implicito, che sono parti integranti di una procedura complessa, costituiscono unicamente una condizione preliminare per agire in giudizio. Pertanto, una domanda di annullamento formalmente diretta avverso il provvedimento di rigetto di un reclamo comporta che il Tribunale sia chiamato a conoscere dell’atto iniziale che è stato oggetto del reclamo, se, di per sé, essa è priva di contenuto autonomo (sentenze del 17 gennaio 1989, Vainker/Parlamento, 293/87, EU:C:1989:8, punto 8, e del 25 ottobre 2018, KF/CSUE, T‑286/15, EU:T:2018:718, punto 115).

28      Una domanda di annullamento formalmente diretta contro il rigetto di un reclamo ha un contenuto autonomo se il rigetto del reclamo ha una portata diversa rispetto all’atto iniziale che è stato oggetto del reclamo. Tale ipotesi ricorre quando la decisione di rigetto del reclamo contiene un riesame della posizione del ricorrente sulla scorta di elementi di fatto o di diritto nuovi, oppure modifica o integra il dispositivo della decisione iniziale. In questi casi, il rigetto del reclamo costituisce, di per sé, un atto soggetto al controllo del giudice, che lo considera un atto lesivo che si sostituisce, almeno parzialmente, all’atto iniziale (sentenza del 21 maggio 2014, Mocová/Commissione, T‑347/12 P, EU:T:2014:268, punto 34).

29      Al di fuori dei casi in cui il rigetto del reclamo costituisce un atto autonomo che può essere oggetto, di per sé, di un ricorso di annullamento, la motivazione contenuta nella decisione di rigetto del reclamo, quando integra oppure si sostituisce alla motivazione dell’atto iniziale, dev’essere presa in considerazione per l’esame della legittimità di quest’ultimo atto, dovendosi presumere che tale motivazione coincida con quella dell’atto iniziale (v., in tal senso, sentenza del 9 dicembre 2009, Commissione/Birkhoff, T‑377/08 P, EU:T:2009:485, punti 58 e 59 e giurisprudenza ivi citata). La legittimità dell’atto iniziale è quindi all’occorrenza esaminata, segnatamente, alla luce dei motivi contenuti nella decisione di rigetto del reclamo.

30      Nella specie, poiché la decisione di rigetto del reclamo non ha una portata diversa rispetto alla decisione impugnata, il ricorso dev’essere considerato come diretto unicamente contro quest’ultima.

B.      Sull’esame dei motivi

31      Il ricorrente deduce sei motivi vertenti, il primo, sull’inosservanza dell’obbligo di diligenza e del dovere di sollecitudine; il secondo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione; il terzo, sull’irregolarità della relazione dell’OLAF; il quarto, sull’irregolarità del parere della commissione di disciplina; il quinto, sul mancato esame di tutte le circostanze del caso di specie nonché sulla violazione del principio secondo cui «il penale blocca il disciplinare nello stato in cui si trova» e, il sesto, sulla violazione dell’articolo 10 dell’allegato IX dello Statuto.

32      Si deve esaminare il sesto motivo e, in particolare, la contestazione del ricorrente dell’applicazione, da parte dell’AACC tripartita, delle disposizioni dell’articolo 10, lettera h), dell’allegato IX dello Statuto relative alla recidiva (v. punto 13 supra).

33      Ai sensi dell’articolo 10 dell’allegato IX dello Statuto:

«La sanzione disciplinare inflitta deve essere proporzionale alla gravità della mancanza commessa. Per determinare la gravità di quest’ultima e decidere in merito alla sanzione da infliggere, sono presi in considerazione, in particolare:

(…)

h)      il carattere di recidiva dell’atto o del comportamento scorretto;

(…)».

34      A tale riguardo, al punto 45 della decisione impugnata introdotto dal titolo «Carattere di recidiva dell’atto o del comportamento scorretto», l’AACC tripartita ha rammentato che il ricorrente aveva ricevuto una nota di biasimo il 19 novembre 2010 (in prosieguo: la «prima sanzione») per fatti, a suo avviso, comparabili a quelli che gli sono oggi addebitati. Essa ha ricordato che tali fatti consistevano nell’«aver chiesto a un medico di [fatturare al ricorrente] un importo di EUR 4,98 per un’analisi del sangue effettuata a un suo cugino (…) affetto da una patologia cardiaca [e nell’] aver tentato di ottenere un rimborso in due successive occasioni [da]i servizi ordinatori delle spese mediche della Commissione». L’AACC tripartita ha aggiunto, al punto 46 della decisione impugnata, che «[s]ebbene all’epoca si trattasse di una modica somma, [il ricorrente] era stato sanzionato per il carattere manifestamente fraudolento del suo comportamento».

35      Dopo aver rilevato, ai punti 47 e 48 della decisione impugnata, che, considerata la mancata previsione di un termine all’articolo 10, lettera h), dell’allegato IX dello Statuto, essa era «libera» di tenere conto della prima sanzione, l’AACC tripartita ha precisato quanto segue, al punto 49 della decisione impugnata:

«(…) l’AACC [tripartita] constata che [il ricorrente] ha commesso fatti simili a quelli che avevano giustificato la sanzione della nota di biasimo inflittagli e che ciò si è verificato circa quattro anni dopo. L’AACC [tripartita] ritiene che [il ricorrente] abbia quindi dimostrato di non aver tratto alcun insegnamento dalla sanzione disciplinare inflittagli nel 2010 e di aver continuato a far prevalere i suoi interessi personali su quelli dell’istituzione».

36      Il ricorrente sostiene che l’AACC tripartita non avrebbe dovuto tenere conto della prima sanzione a fini di recidiva, cosa che essa ha fatto in violazione dell’articolo 10, lettera h), dell’allegato IX dello Statuto.

37      A tale riguardo, da una parte, il ricorrente fa valere che l’AACC tripartita ha violato i principi di proporzionalità, di buona amministrazione e del termine ragionevole. Egli sottolinea, in primo luogo, la modicità della somma di cui aveva cercato di ottenere il rimborso, relativamente alla quale ha avuto luogo il primo procedimento disciplinare nei suoi confronti, e, in secondo luogo, il lasso di tempo trascorso tra le due sanzioni. Infine, il ricorrente contesta la somiglianza tra i fatti oggetto dei due procedimenti disciplinari.

38      Dall’altra parte, secondo il ricorrente, la prima sanzione non poteva risultare dal suo fascicolo personale, dato che aveva presentato domanda, ai sensi dell’articolo 27 dell’allegato IX dello Statuto, per ottenere che nel suddetto fascicolo non sussistesse alcuna menzione di tale sanzione.

39      Sebbene la richiesta del ricorrente sia stata accolta, la Commissione ritiene che una circostanza del genere non possa impedire di tenere in considerazione detta sanzione a fini di recidiva. A suo avviso, infatti, da una parte, l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 10, lettera h), dell’allegato IX dello Statuto non può essere limitata da alcun termine e, dall’altra parte, l’accoglimento della richiesta del ricorrente non può sortire l’effetto di cancellare la prima sanzione dal fascicolo disciplinare del medesimo, posto che le decisioni sanzionatorie sono conservate nel fascicolo disciplinare dei funzionari per 20 anni.

40      Nella sua risposta alle misure di organizzazione del procedimento adottate dal Tribunale (v. punto 18 supra), il ricorrente illustra quanto segue:

«(…) il criterio del carattere di recidiva implica l’esistenza di una precedente sanzione. Orbene, avendo chiesto e ottenuto, sulla base dell’articolo 27 dell’[a]llegato IX dello [S]tatuto, che nel suo fascicolo personale non risultasse più alcuna menzione della [prima sanzione], il ricorrente è legittimato a ritenere che di una siffatta sanzione non vi sia più traccia (…) e che, in ogni caso, essa non possa più essere invocata contro di lui dall’amministrazione, nella fattispecie nell’ambito di un nuovo procedimento disciplinare come quello di cui trattasi, a fortiori per applicare il criterio della recidiva nella fissazione della sanzione proporzionale alla gravità della mancanza commessa, ai sensi dell’articolo 10 dell’[a]llegato IX dello [S]tatuto».

41      Nella sua risposta alle misure di organizzazione del procedimento adottate dal Tribunale (v. punto 18 supra), la Commissione precisa quanto segue:

«4.      Per quanto riguarda l’influenza che la cancellazione della menzione della [prima sanzione] nel fascicolo personale del ricorrente avrebbe potuto avere sulla decisione contestata nell’ambito della presente controversia, se il ricorrente intende così affermare che tale elemento avrebbe dovuto essere preso in considerazione al fine di mitigare la sanzione contestata, un siffatto argomento è ricevibile ma non fondato (…) La Commissione ha infatti dimostrato che detta cancellazione non ha l’effetto di eliminare totalmente la [prima sanzione]. Dal momento che il fascicolo disciplinare relativo a tale sanzione è conservato per 20 anni, si può legittimamente tenerne conto ai fini dell’applicazione dell’articolo 10, lettera h), dell’allegato IX dello Statuto.

(…)

25. In forza dell’articolo 26, sesto comma, dello Statuto, per ciascun funzionario può essere tenuto un solo fascicolo personale.

26. Il fascicolo disciplinare è distinto dal fascicolo personale. Infatti, il primo contiene tutti i documenti relativi a un particolare procedimento disciplinare. Tali documenti sono conservati secondo i termini di conservazione indicati [supra]. Essi sono disponibili solo per i membri [dell’IDOC] e non figurano nel fascicolo personale.

27. Soltanto la decisione di sanzione disciplinare è inserita nel fascicolo personale, il che è conforme all’articolo 26, sesto comma, dello Statuto. Tale decisione è quindi accessibile nel sistema elettronico sicuro utilizzato dalla Commissione per la gestione delle risorse umane (…) esclusivamente ai membri del personale titolari di diritti di accesso. Essa vi [è] conservata per [tre] anni (per quanto riguarda l’ammonimento scritto e la nota di biasimo) oppure [sei] anni, per tutte le altre sanzioni elencate all’articolo 9, lettere da c) a h), dell’allegato IX dello Statuto».

42      Si deve esaminare la censura del ricorrente vertente sull’errore di diritto in cui sarebbe incorsa l’AACC tripartita nel fondarsi, a fini di recidiva, sulla prima sanzione, pur essendo stata accolta la domanda del ricorrente, presentata ai sensi dell’articolo 27 dell’allegato IX dello Statuto, per ottenere che nel suo fascicolo personale non risultasse alcuna menzione di detta sanzione.

43      A termini dell’articolo 27 dell’allegato IX dello Statuto:

«Il funzionario colpito da una sanzione disciplinare diversa dalla destituzione può, dopo tre anni se si tratta dell’ammonimento scritto o del biasimo, dopo sei anni se si tratta di altre sanzioni, presentare domanda per ottenere che nel fascicolo personale non risulti alcuna menzione della sanzione. L’autorità che ha il potere di nomina decide se la richiesta dell’interessato deve essere accolta».

44      Nella specie, il 20 gennaio 2014 il ricorrente ha presentato una domanda fondata sull’articolo 27 dell’allegato IX dello Statuto e intesa a ottenere che nel suo fascicolo personale non risultasse alcuna menzione della prima sanzione. Con decisione del 28 febbraio 2014, la Commissione ha accolto la richiesta del ricorrente. Essa ha quindi cancellato dal fascicolo personale del ricorrente ogni menzione della prima sanzione. Orbene, nella decisione impugnata, l’AACC tripartita si è basata su quest’ultima, a fini di recidiva, per stabilire la sanzione che riteneva adeguata ai fatti addebitati al ricorrente (v. punto 13 supra).

45      Occorre quindi stabilire in quale misura, per affermare l’esistenza di una recidiva, l’amministrazione possa opporre a un funzionario o invocare contro di lui una decisione di sanzione della quale non risulti alcuna menzione nel fascicolo personale.

46      In via preliminare, si deve rilevare che l’articolo 26 dello Statuto relativo al fascicolo personale del funzionario è applicabile agli agenti contrattuali in forza degli articoli 11 e 81 del RAA.

47      Ai sensi dell’articolo 26, primo comma, lettera a), dello Statuto, il fascicolo personale del funzionario deve contenere «tutti i documenti relativi alla sua posizione amministrativa e tutti i rapporti concernenti la sua competenza, il suo rendimento e il suo comportamento».

48      In tal senso, è stato statuito che una decisione sanzionatoria adottata nei confronti di un funzionario, riguardando la posizione amministrativa del funzionario, dev’essere allegata al suo fascicolo personale (sentenza del 2 aprile 1998, Apostolidis/Corte di giustizia, T‑86/97, EU:T:1998:71, punto 36).

49      Va evidenziato che una decisione del genere ha un’influenza determinante sulla posizione amministrativa di un funzionario quando l’autorità disciplinare decide di fondarsi su tale decisione, a fini di recidiva, per infliggere al funzionario, in forza delle disposizioni dell’articolo 10, lettera h), dell’allegato IX dello Statuto, una nuova sanzione disciplinare più severa. Ne deriva che essa deve figurare nel fascicolo personale di detto funzionario.

50      Si deve inoltre ricordare che l’articolo 26, secondo comma, dello Statuto dispone che «[o]gni documento deve essere registrato, numerato e classificato senza discontinuità» nel fascicolo personale e che «l’istituzione non può opporre a un funzionario, né produrre contro di lui documenti [relativi alla sua posizione amministrativa] che non gli siano stati comunicati prima dell’inserimento nel fascicolo personale».

51      Tale disposizione, che istituisce una forma di tutela a favore del funzionario rispetto alle azioni esperibili dall’amministrazione nei suoi riguardi, ha una sfera di applicazione ampia, dal momento che si applica a «tutti» i documenti «relativi alla sua posizione amministrativa».

52      Lo stesso vale per l’articolo 26, settimo comma, dello Statuto il quale stabilisce che «il funzionario» ha diritto di prendere visione di «tutti i documenti» inseriti nel suo fascicolo e di estrarne copia, «anche dopo la cessazione dal servizio».

53      Infine, all’articolo 26, sesto comma, dello Statuto si precisa che «per ciascun funzionario» può essere tenuto «un solo fascicolo personale», regola che, alla stregua della registrazione, della numerazione e della classificazione senza discontinuità dei documenti (v. punto 50 supra), facilita l’accesso del funzionario ai documenti che potrebbero essergli opposti o che sarebbero invocabili contro di lui, evitando che tali documenti siano sparsi in più fascicoli.

54      Come emerge dalla considerazioni esposte ai precedenti punti da 47 a 53, l’articolo 26 dello Statuto prevede un insieme di garanzie intese a tutelare il funzionario evitando che decisioni adottate dall’amministrazione e relative alla sua posizione amministrativa siano fondate su fatti la cui esistenza risulta da documenti di cui non vi è traccia nel suo fascicolo personale (v., in tal senso, sentenze del 28 giugno 1972, Brasseur/Parlamento, 88/71, EU:C:1972:58, punti 10 e 11, e del 2 aprile 1998, Apostolidis/Corte di giustizia, T‑86/97, EU:T:1998:71, punto 33).

55      Considerato il ruolo fondamentale del fascicolo personale ai fini della tutela e dell’informazione del funzionario, si deve concludere che una decisione di sanzione, pur se precedentemente versata al fascicolo personale di un funzionario, non può essere opposta al funzionario o invocata contro di lui se non ne risulta più alcuna menzione in detto fascicolo.

56      Occorre aggiungere che una decisione fondata su fatti non menzionati nel fascicolo personale è contraria alle garanzie dello Statuto (v., in tal senso, sentenza del 9 febbraio 1994, Lacruz Bassols/Corte di giustizia, T‑109/92, EU:T:1994:16, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

57      Inoltre, il diritto che verrebbe conferito all’amministrazione di fondarsi su una decisione di sanzione cancellata dal fascicolo personale di un funzionario per affermare l’esistenza di una recidiva ai sensi dell’articolo 10 dell’allegato IX dello Statuto equivarrebbe a privare di effetto utile, su tale punto, l’articolo 27 di detto allegato. Infatti, l’articolo 27 dell’allegato IX dello Statuto consente al funzionario di chiedere la cancellazione di una decisione di sanzione dal suo fascicolo personale, lasciando all’amministrazione la facoltà di decidere se accogliere tale richiesta. Basandosi su una siffatta decisione di sanzione, che essa ha tuttavia deciso di cancellare dal fascicolo personale del funzionario avvalendosi del suo ampio potere discrezionale, l’amministrazione intende, in realtà, reinserire tale decisione nel suddetto fascicolo.

58      Di conseguenza, l’autorità disciplinare che si fondi, a fini di recidiva, su una sanzione disciplinare della quale non risulti alcuna menzione nel fascicolo personale del funzionario interessato, dopo che è stata accolta una domanda presentata da tale funzionario ai sensi delle disposizioni dell’articolo 27 dell’allegato IX dello Statuto, viola i diritti che lo Statuto e, in particolare, il suo articolo 26, garantiscono ai funzionari.

59      Ne consegue che la Commissione, che ha tenuto conto della prima sanzione disciplinare al fine di determinare la gravità della mancanza in discussione e di infliggere la seconda sanzione disciplinare, ha violato l’articolo 10, lettera h), dell’allegato IX dello Statuto, in quanto la prima sanzione, di cui non risultava alcuna menzione nel fascicolo personale del ricorrente, non poteva più essergli opposta a fini di recidiva.

60      Gli argomenti addotti dalla Commissione non inficiano la conclusione indicata al precedente punto 59.

61      In primo luogo, la Commissione sostiene che talune disposizioni dello Statuto possono essere interpretate nel senso che una sanzione disciplinare adottata nei confronti di un funzionario, in quanto conservata nel fascicolo disciplinare, sarebbe invocabile contro tale funzionario quand’anche fosse stata cancellata qualsiasi menzione della sua esistenza dal fascicolo personale di detto funzionario.

62      La Commissione si richiama in proposito alle disposizioni dell’articolo 86 dello Statuto, integrate dal suo allegato IX. Tuttavia, essa non precisa come tali disposizioni, lette congiuntamente, consentano di supportare la sua argomentazione.

63      La Commissione fa parimenti valere la mancata indicazione di un termine all’articolo 10, lettera h), dell’allegato IX dello Statuto nonché il riferimento nel suddetto articolo alla condotta del funzionario «su tutto l’arco della carriera».

64      È vero che, in forza delle disposizioni invocate dalla Commissione al precedente punto 63, l’autorità disciplinare dispone di un ampio margine discrezionale per tenere conto della pregressa posizione amministrativa di un funzionario.

65      Tuttavia, tali disposizioni non fanno riferimento al fascicolo personale del funzionario. Esse non derogano quindi alla regola, derivante dalle disposizioni dell’articolo 26 dello Statuto, secondo la quale una decisione sanzionatoria inserita nel fascicolo personale di un funzionario non può essere opposta al funzionario o invocata contro di lui se non ne risulta più alcuna menzione in detto fascicolo (v. punto 55 supra).

66      Di conseguenza, le disposizioni invocate dalla Commissione non possono essere interpretate nel senso che consentono all’autorità disciplinare di tenere conto di una sanzione precedente inflitta a un funzionario nell’ipotesi in cui, in applicazione delle disposizioni dell’articolo 27 dell’allegato IX dello Statuto, nel fascicolo personale del funzionario non risulti alcuna menzione della suddetta decisione.

67      Peraltro, l’articolo 26, primo comma, dello Statuto prevede l’obbligo di inserire nel fascicolo personale del funzionario tutti i documenti relativi alla sua posizione amministrativa e tutti i rapporti concernenti la sua competenza, il suo rendimento e il suo comportamento. L’articolo 26, sesto comma, dello Statuto, a propria volta, sancisce l’obbligo di tenere un solo fascicolo personale per ciascun funzionario. Va aggiunto che lo Statuto e il RAA non fanno riferimento a nessun altro fascicolo diverso dal fascicolo personale, eccettuato il fascicolo medico menzionato all’articolo 26 bis dello Statuto.

68      Ne consegue che il fascicolo personale ha un carattere unitario che esclude l’esistenza, sotto qualunque forma, di qualsiasi altra raccolta di atti contenente documenti relativi alla posizione amministrativa del funzionario (sentenza dell’11 ottobre 1995, Baltsavias/Commissione, T‑39/93 e T‑553/93, EU:T:1995:177, punto 38).

69      L’amministrazione può naturalmente costituire un fascicolo relativo a un’indagine e, se del caso, al procedimento disciplinare collegato a tale indagine, come risulta segnatamente dalle disposizioni dell’articolo 13, paragrafo 1, dell’allegato IX dello Statuto. Tuttavia, un simile fascicolo è costituito ai soli fini del procedimento in questione (v., in tal senso, sentenze del 2 aprile 1998, Apostolidis/Corte di giustizia, T‑86/97, EU:T:1998:71, punto 36, e del 5 ottobre 2009, de Brito Sequeira Carvalho e Commissione/Commissione e de Brito Sequeira Carvalho, T‑40/07 P e T‑62/07 P, EU:T:2009:382, punto 96). Di conseguenza, gli atti e i documenti che esso contiene, in particolare l’eventuale decisione di sanzione relativa a tale procedimento, non possono essere opposti a un funzionario o invocati contro di lui al di fuori di detto procedimento, salvo che non siano inseriti nel fascicolo personale del funzionario.

70      Dalle considerazioni esposte ai precedenti punti da 62 a 69 emerge che la Commissione non ha fondati motivi per sostenere che talune disposizioni dello Statuto possono essere interpretate nel senso che una sanzione disciplinare, adottata nei confronti di un funzionario e conservata nel fascicolo disciplinare, sarebbe invocabile contro tale funzionario nonostante la cancellazione di qualsiasi menzione della sua esistenza dal fascicolo personale di detto funzionario.

71      In secondo luogo, al fine di giustificare la considerazione della prima sanzione, a fini di recidiva, in assenza di qualsivoglia menzione di tale sanzione nel fascicolo personale del ricorrente, la Commissione invoca le disposizioni della «Lista comune di conservazione dei fascicoli della Commissione europea», che consentirebbero la «conservazione dei fascicoli disciplinari per 20 anni».

72      La «Lista comune di conservazione dei fascicoli della Commissione europea» è stata adottata sul fondamento dell’articolo 6 dell’allegato del regolamento interno della Commissione, rubricato «Disposizioni relative alla gestione dei documenti», adottato con decisione della Commissione del 23 gennaio 2002 recante modificazione del suo regolamento interno (GU 2002, L 21, pag. 23).

73      A termini dell’articolo 6, rubricato «Conservazione», dell’allegato del regolamento interno della Commissione:

«(…)

Le regole amministrative e gli obblighi giuridici determinano la durata minima di conservazione di un documento.

Ogni direzione generale o servizio assimilato definisce la propria struttura organizzativa interna ai fini della conservazione dei propri fascicoli. La durata minima di conservazione all’interno dei propri uffici tiene conto di una lista comune definita, per tutta la Commissione, dalle modalità d’applicazione di cui all’articolo 12».

74      La «Lista comune di conservazione dei fascicoli della Commissione europea» è un documento sotto forma di tabella in cui sono fissati i termini per la conservazione dei diversi tipi di documenti. In tale tabella, alla riga 12.4.3, rubricata «Procedimento disciplinare», è previsto un termine di conservazione di 20 anni per le decisioni che impongono provvedimenti disciplinari.

75      Dalle considerazioni esposte ai precedenti punti da 72 a 74 risulta che esiste una base giuridica che consente la conservazione delle decisioni di sanzioni disciplinari per un periodo di 20 anni.

76      Tuttavia, alla luce del principio della gerarchia delle norme (v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2008, Strack/Commissione, T‑85/04, EU:T:2008:18, punti da 39 a 41), la «Lista comune di conservazione dei fascicoli della Commissione europea», limitandosi a istituire regole interne sull’applicazione di una decisione adottata dalla Commissione (v. punto 72 supra), non può inficiare la validità delle disposizioni precedentemente interpretate dello Statuto (v. punto 67 supra), il quale è un regolamento che possiede, in base all’articolo 288 TFUE, forza vincolante e portata generale (v., in tal senso, sentenza del 14 aprile 2005, Belgio/Commissione, C‑110/03, EU:C:2005:223, punto 33).

77      Inoltre, la normativa in discussione, contrariamente alle disposizioni dell’articolo 26 dello Statuto (v. punti da 47 a 54 supra), non ha per oggetto di stabilire le condizioni alle quali taluni documenti sono opponibili a un funzionario o invocabili contro di lui. Come risulta dal considerando 3 dell’allegato al regolamento interno della Commissione, tale normativa è intesa a «garantire che la Commissione sia in grado in qualsiasi momento di rendere conto del suo operato», con la conseguenza che i documenti conservati devono «custodire la memoria dell’istituzione, agevolare lo scambio di informazioni, fornire le prove delle operazioni effettuate e rispondere agli obblighi giuridici degli uffici». Detta normativa non può quindi consentire alla Commissione di fondarsi, a fini di recidiva, su una sanzione precedentemente pronunciata a carico di un funzionario ma di cui non risulti più alcuna menzione nel fascicolo personale del funzionario interessato.

78      Da tutte le suesposte considerazioni risulta che la censura del ricorrente, relativa all’errore in cui sarebbe incorsa l’AACC tripartita nel fondarsi, a fini di recidiva, sulla prima sanzione, pur essendo stata accolta la domanda del ricorrente diretta a ottenere che nel fascicolo personale non risulti alcuna menzione della precedente sanzione, dev’essere accolta.

79      Va rilevato che un siffatto errore nell’applicazione dell’articolo 10 dell’allegato IX dello Statuto è idoneo a comportare l’annullamento della decisione impugnata.

80      Infatti, da una parte, l’AACC tripartita, nel determinare la sanzione da adottare sulla base dei nove criteri indicati all’articolo 10 dell’allegato IX dello Statuto, ha dedicato quattordici punti della decisione impugnata, i punti da 37 a 50, all’esame di detti criteri. Orbene, il carattere di recidiva è il criterio tra questi che è stato esaminato in modo più approfondito, posto che cinque dei suddetti quattordici punti hanno ad oggetto quest’unico criterio.

81      Dall’altra parte, da uno dei passi richiamati supra al punto 34 risulta che l’AACC tripartita ha ritenuto che i fatti in discussione nei due procedimenti fossero comparabili, alla luce, segnatamente, del carattere a suo avviso «manifestamente fraudolento» dei fatti addebitati al ricorrente all’epoca dell’adozione della prima sanzione. Inoltre, dal passo richiamato al precedente punto 35 risulta che tale somiglianza e, di conseguenza, la reiterazione della condotta del ricorrente, nonostante la sanzione precedentemente inflittagli, sono state valutate dall’AACC tripartita come una circostanza aggravante che ha avuto un ruolo decisivo nella scelta della sanzione.

82      La presa in considerazione della prima sanzione da parte dell’AACC tripartita ha quindi avuto un’influenza determinante sulla scelta della sanzione adottata. Di conseguenza, l’errore di diritto constatato al precedente punto 78, che ha indotto l’AACC tripartita a tenere erroneamente conto della prima sanzione a fini di recidiva, deve condurre all’annullamento della decisione impugnata.

83      Occorre pertanto respingere la decisione impugnata senza che sia necessario, da una parte, esaminare le altre censure né gli altri motivi dedotti dal ricorrente e, dall’altra, statuire sulla ricevibilità dei documenti prodotti dalle parti durante e dopo l’udienza (v. punti da 20 a 22 supra).

 Sulle spese

84      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alle domande del ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della Commissione europea del 21 agosto 2019 di infliggere a IP la sanzione disciplinare della risoluzione del contratto di lavoro senza preavviso è annullata.

2)      La Commissione è condannata alle spese.

da Silva Passos

Reine

Truchot

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 ottobre 2021.

Firme


1      Lingua processuale: il francese.