Language of document : ECLI:EU:T:2024:191

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

20 marzo 2024 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documenti concernenti una procedura per inadempimento avviata dalla Commissione nei confronti dell’Italia – Diniego di accesso – Eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile – Obbligo di motivazione – Presunzione generale di riservatezza – Interesse pubblico prevalente»

Nella causa T‑261/23,

Roberto Acampora, residente a Napoli (Italia), e le altre parti ricorrenti i cui nomi figurano in allegato (1), rappresentati da E. Iorio, avvocata,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da M. Burón Pérez e A. Spina, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto da J. Svenningsen, presidente, J. Laitenberger e J. Martín y Pérez de Nanclares (relatore), giudici,

cancelliere: V. Di Bucci

vista la fase scritta del procedimento,

vista l’assenza di una domanda di fissazione di udienza presentata dalle parti entro il termine di tre settimane dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, e avendo il Tribunale deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del proprio regolamento di procedura, di statuire senza aprire la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il loro ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, i ricorrenti – il sig. Roberto Acampora e le altre persone fisiche i cui nomi sono indicati in allegato – chiedono l’annullamento della decisione C(2023) 3436 della Commissione, del 21 maggio 2023, che ha rigettato esplicitamente la loro domanda di accesso (GestDem 2023/0263) alla lettera di costituzione in mora complementare del 15 luglio 2022 inviata alla Repubblica italiana nell’ambito della procedura di infrazione 2016/4081, vertente sulla compatibilità con il diritto dell’Unione europea della normativa nazionale disciplinante il servizio fornito dai magistrati onorari, nonché alla risposta della Repubblica italiana del 15 dicembre 2022 (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Circostanze all’origine della controversia e fatti successivi alla presentazione del ricorso

2        I ricorrenti sono o sono stati magistrati onorari italiani, ad eccezione della sig.ra Angela Di Nardo e del sig. Pierangelo Santoro, entrambi cittadini italiani ed eredi di magistrati onorari.

3        Il 15 luglio 2021, la Commissione europea ha inviato, nell’ambito della procedura di infrazione 2016/4081, una lettera di costituzione in mora alla Repubblica italiana, a motivo del fatto che la normativa nazionale disciplinante il servizio fornito dai magistrati onorari non era conforme a varie disposizioni dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43), dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, che figura in allegato alla direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU 1998, L 14, pag. 9), della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9), e della direttiva 92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (GU 1992, L 348, pag. 1) (in prosieguo: le «direttive in questione»).

4        Il 15 luglio 2022, la Commissione ha inviato alla Repubblica italiana una lettera di costituzione in mora complementare (in prosieguo: la «lettera di costituzione in mora complementare»), alla quale la Repubblica italiana ha risposto con lettera del 15 dicembre 2022.

5        Il 15 gennaio 2023, i ricorrenti hanno chiesto, sulla base del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), l’accesso alla lettera di costituzione in mora complementare nonché alla risposta della Repubblica italiana (in prosieguo: i «documenti richiesti»). La domanda è stata proposta tramite il portale della piattaforma elettronica EASE ed è stata registrata con il numero di riferimento GestDem 2023/0263.

6        Con lettera del 27 gennaio 2023, la Commissione ha respinto tale domanda argomentando che i documenti richiesti rientravano interamente nell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, relativa alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile (in prosieguo: la «decisione iniziale di rigetto»).

7        Con messaggio di posta elettronica del 1° febbraio 2023, i ricorrenti hanno presentato, a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, una domanda di conferma intesa a che la Commissione rivedesse la propria posizione (in prosieguo: la «domanda di conferma»).

8        Il 22 febbraio 2023, la Commissione ha prorogato fino al 15 marzo 2023 il termine per la risposta alla domanda di conferma.

9        Con messaggio di posta elettronica del 15 marzo 2023, la Commissione ha fatto sapere che non era in grado di inviare la risposta entro il termine prorogato, a causa di difficoltà amministrative. Tale assenza di risposta, entro il termine previsto dall’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, come prorogato ai sensi del paragrafo 3 di questo stesso articolo, ha determinato il perfezionarsi di una decisione implicita negativa relativa ai documenti richiesti (in prosieguo: la «decisione implicita di rigetto»).

10      Il 15 maggio 2023, i ricorrenti hanno proposto un ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, mediante il quale essi chiedevano l’annullamento della decisione iniziale di rigetto nonché della decisione implicita di rigetto.

11      Il 21 maggio 2023, la Commissione ha adottato la decisione impugnata, mediante la quale essa ha confermato il diniego di accesso ai documenti richiesti.

 Conclusioni delle parti

12      A seguito dell’adattamento del ricorso introduttivo, i ricorrenti concludono, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

13      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        dichiarare che il ricorso contro la decisione iniziale di rigetto è manifestamente irricevibile;

–        constatare che non vi è più luogo a statuire sul ricorso contro la decisione implicita di rigetto in virtù dell’adozione della decisione impugnata;

–        respingere il ricorso di annullamento come adattato;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

 In diritto

 Sulloggetto del ricorso

14      Il 30 giugno 2023, la Commissione ha presentato una domanda di non luogo a statuire nella misura in cui il ricorso era diretto all’annullamento della decisione implicita di rigetto. In tale domanda, la Commissione ha eccepito anche l’irricevibilità del ricorso laddove questo riguardava la decisione iniziale di rigetto. I ricorrenti hanno presentato una memoria di adattamento del ricorso in data 22 luglio 2023, ma non hanno depositato osservazioni in merito alla domanda di non luogo a statuire. Con ordinanza del 18 settembre 2023, il Tribunale ha deciso di riunire al merito l’esame della domanda di non luogo a statuire.

15      In primo luogo, da un lato, una costante giurisprudenza riconosce che la risposta ad una domanda iniziale di accesso ai documenti costituisce soltanto una prima presa di posizione che conferisce alla parte ricorrente la possibilità di invitare la Commissione a riesaminare la posizione in questione, e che soltanto l’atto adottato dalla Commissione in risposta ad una domanda di conferma, il quale sostituisce la presa di posizione iniziale, presenta la natura di una decisione ed è suscettibile di produrre effetti giuridici idonei ad incidere sugli interessi della parte ricorrente e, dunque, di essere impugnato con un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE (v. ordinanza del 15 febbraio 2012, Internationaler Hilfsfonds/Commissione, C‑208/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:76, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata).

16      Pertanto, nella misura in cui il ricorso mira all’annullamento della decisione iniziale di rigetto, esso deve essere respinto perché irricevibile.

17      Dall’altro lato, è pacifico che la decisione impugnata, mediante la quale la Commissione ha rigettato esplicitamente la domanda di conferma, ha sostituito la decisione implicita di rigetto, sicché, conformemente alla domanda di non luogo a statuire formulata dalla Commissione e non contestata dai ricorrenti, non vi è più luogo a statuire su tale decisione implicita.

18      Infatti, anche se il regolamento n. 1049/2001 non prevede alcuna possibilità di derogare ai termini previsti dai suoi articoli 7 e 8, la decisione implicita di rigetto è stata caducata per effetto dell’adozione, quantunque tardiva, della decisione esplicita di rigetto, con la conseguenza che non vi è più luogo a statuire sul ricorso laddove è diretto contro la suddetta decisione implicita [v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2016, Strack/Commissione, T‑221/08, EU:T:2016:242, punto 56 (non pubblicata) e la giurisprudenza ivi citata].

19      In secondo luogo, il presente ricorso ha ormai ad oggetto una domanda intesa all’annullamento della decisione impugnata, nella misura in cui l’oggetto suddetto è stato validamente esteso alla decisione impugnata, notificata ai ricorrenti il 22 maggio 2023, mediante l’adattamento del ricorso introduttivo effettuato con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 luglio 2023.

20      Infatti, se invero le conclusioni delle parti sono caratterizzate, in linea di principio, dalla loro immutabilità, l’articolo 86 del regolamento di procedura del Tribunale, che costituisce una codificazione di una preesistente giurisprudenza relativa alle eccezioni che tale principio di immutabilità può conoscere (sentenza del 9 novembre 2017, HX/Consiglio, C‑423/16 P, EU:C:2017:848, punto 18), prevede una deroga a detto principio. Infatti, ai sensi dell’articolo 86, paragrafi 1 e 2, del regolamento di procedura, qualora un atto di cui si chiede l’annullamento venga sostituito da un altro atto avente il medesimo oggetto, il ricorrente può, prima della chiusura della fase orale del procedimento o prima della decisione del Tribunale di statuire senza fase orale, adattare il ricorso introduttivo per tener conto del suddetto elemento nuovo, introducendo tale adattamento mediante atto separato ed entro il termine previsto dall’articolo 263, sesto comma, TFUE, entro il quale può essere chiesto l’annullamento dell’atto che giustifica l’adattamento del ricorso introduttivo.

21      Poiché le condizioni suindicate sono soddisfatte nella specie, occorre considerare che il ricorso è ormai diretto all’annullamento della decisione impugnata.

 Nel merito

22      A sostegno del loro ricorso, i ricorrenti deducono tre motivi, vertenti, il primo, sulla ricevibilità del ricorso, il secondo, sulla violazione dei principi in materia di accesso agli atti delle istituzioni dell’Unione sanciti dall’articolo 1, secondo comma, TUE, dall’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché dall’articolo 1 e dall’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, nonché sull’esistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione, e, il terzo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione.

23      Occorre esaminare anzitutto il primo motivo, poi il terzo motivo, e infine il secondo motivo.

 Sul primo motivo, relativo alla ricevibilità del ricorso

24      I ricorrenti sostengono che il presente ricorso è pienamente ricevibile, nella misura in cui esistono sia un interesse generale ed astratto dei ricorrenti come cittadini dell’Unione il cui diritto all’informazione è leso dall’operato della Commissione, sia un interesse concreto ed attuale dei ricorrenti alla difesa di un loro diritto di proprietà, quale garantito dall’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali, nonché il loro diritto ad un ricorso effettivo, quale garantito dall’articolo 47 di tale Carta.

25      La Commissione sottolinea di non avere alcuna obiezione alla ricevibilità del ricorso, così come adattato. Per contro, la ricevibilità astratta del ricorso non può costituire un motivo di ricorso diretto contro la decisione impugnata, sicché il primo motivo dovrebbe essere respinto perché irricevibile.

26      Occorre comprendere gli argomenti fatti valere dai ricorrenti nell’ambito di questo primo motivo come intesi unicamente a dimostrare la ricevibilità del loro ricorso, così come è stato adattato, in ragione del loro interesse ad agire contro la decisione impugnata per i benefici che essi potrebbero ricavare dall’annullamento di tale decisione.

27      A questo proposito, dato che le condizioni per l’adattamento del ricorso introduttivo sono soddisfatte, come si è accertato al punto 21 supra, che i ricorrenti soddisfano le condizioni per la ricevibilità del presente ricorso e che, inoltre, la Commissione non contesta la ricevibilità di quest’ultimo, occorre considerare il ricorso ricevibile.

 Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione

28      I ricorrenti sostengono che la Commissione si è limitata a formulare delle indicazioni del tutto generiche e stereotipate al fine di spiegare le ragioni per le quali la divulgazione dei documenti richiesti pregiudicherebbe il «clima di fiducia reciproca» tra la Commissione e la Repubblica italiana, in un contesto nondimeno segnato dalle protratte violazioni da parte della Repubblica italiana nel recepire le direttive in questione.

29      Oltre a ciò, la decisione impugnata non indicherebbe chiaramente né le ragioni sulle quali essa si fonda, né la sua base giuridica, né gli elementi di fatto, né il modo in cui i diversi interessi pertinenti sono stati presi in considerazione.

30      Infine, la decisione impugnata non indicherebbe le ragioni per le quali una divulgazione anche solo parziale dei documenti richiesti non ha potuto essere concessa.

31      La Commissione contesta gli argomenti dei ricorrenti.

32      Occorre ricordare che, secondo una consolidata giurisprudenza, la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve essere adattata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve far apparire in maniera chiara e non equivoca il ragionamento seguito dall’istituzione, autrice dell’atto, in modo da permettere agli interessati di conoscere le giustificazioni della misura adottata e al giudice competente di esercitare il suo controllo. Il requisito di motivazione deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie, e segnatamente del contenuto dell’atto, della natura delle motivazioni addotte e dell’interesse a ricevere chiarimenti che possono avere i destinatari o altri soggetti direttamente e individualmente riguardati dall’atto. Non è richiesto che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, nella misura in cui la questione se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti fissati dal citato articolo 296 TFUE deve essere valutata alla luce non soltanto del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto nonché dell’insieme delle norme giuridiche disciplinanti la materia in questione (v. sentenza del 7 luglio 2011, Valero Jordana/Commissione, T‑161/04, non pubblicata, EU:T:2011:337, punto 48 e la giurisprudenza ivi citata).

33      Nel caso di una domanda di accesso ai documenti, qualora l’istituzione in questione rifiuti tale accesso, essa deve dimostrare in ciascun caso di specie, sulla base delle informazioni di cui dispone, che i documenti riguardo ai quali viene chiesto l’accesso rientrano effettivamente nelle eccezioni elencate nel regolamento n. 1049/2001 (v. sentenza del 7 luglio 2011, Valero Jordana/Commissione, T‑161/04, non pubblicata, EU:T:2011:337, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata).

34      Nel caso di specie, occorre ricordare che, in primo luogo, la Commissione ha indicato che i documenti richiesti facevano parte del fascicolo amministrativo di una procedura di infrazione attualmente in corso nei confronti della Repubblica italiana, alla quale è stato attribuito il numero di riferimento 2016/4081. In secondo luogo, la Commissione ha sottolineato che, al fine di permetterle di adempiere i propri compiti e di disciplinare le controversie nell’ambito della procedura di infrazione, era necessario assicurare un clima di fiducia reciproca tra essa e lo Stato membro interessato in tutte le fasi del procedimento e fino alla conclusione definitiva dell’indagine, indipendentemente dalla durata di tale procedura. Orbene, secondo la Commissione, la divulgazione al pubblico dei documenti richiesti avrebbe non soltanto pregiudicato il dialogo tra essa e le autorità italiane, per il quale era essenziale un clima di fiducia reciproca, ma avrebbe altresì inficiato la sua capacità di definire liberamente la linea da seguire in questa vicenda, senza ingerenze esterne. A questo proposito, essa ha segnatamente respinto l’argomento dei ricorrenti secondo cui il clima di fiducia reciproca sarebbe deteriorato in caso di durata eccessiva di una procedura. Inoltre, la Commissione ha invocato l’esistenza di una presunzione generale di non divulgazione, riconosciuta dalla giurisprudenza della Corte, riguardante tutti i documenti relativi alla procedura di infrazione ai sensi dell’articolo 258 TFUE. Alla luce di tali circostanze, la Commissione ha concluso che esisteva un rischio reale e non ipotetico che la divulgazione dei documenti richiesti potesse pregiudicare l’indagine in corso nell’ambito della procedura di infrazione 2016/4081 nonché il suo eventuale seguito. Pertanto, i documenti richiesti dovevano essere tutelati a titolo dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. In terzo luogo, la Commissione ha analizzato gli argomenti addotti dai ricorrenti per dimostrare l’esistenza di interesse pubblico prevalente, che avrebbe giustificato la divulgazione dei documenti richiesti, ma è pervenuta alla conclusione che essi non erano idonei a provare l’esistenza di un interesse siffatto. Infine, in quarto luogo, la Commissione ha indicato che i documenti oggetto di una presunzione generale di non divulgazione sfuggivano all’obbligo di una divulgazione, integrale o parziale, del loro contenuto, sicché un accesso parziale ai documenti richiesti non era possibile.

35      Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, la decisione impugnata è munita di una motivazione sufficiente alla luce della giurisprudenza citata ai punti 32 e 33 supra, nella misura in cui essa indica, in termini giuridicamente sufficienti, il motivo di diniego di accesso e fornisce adeguatamente le ragioni per le quali i documenti richiesti rientrano, secondo la Commissione, effettivamente e interamente nell’eccezione contemplata dall’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, sicché è esclusa l’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 6, di tale regolamento. Allo stesso modo, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, la Commissione ha senz’altro preso in considerazione gli argomenti da essi addotti, sia per contestare l’applicazione della presunzione generale di non divulgazione che per dimostrare l’esistenza di un interesse pubblico prevalente, li ha analizzati e li ha respinti.

36      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dagli altri argomenti dei ricorrenti.

37      Da un lato, i ricorrenti ritengono, in sostanza, che la Commissione avrebbe potuto maggiormente motivare il diniego di accesso parziale ai documenti richiesti, tenuto conto del fatto che essa stessa ha fornito informazioni sulla procedura di infrazione 2016/4081 e sulla lettera di costituzione in mora complementare nella nota stampa INF/21/3440 del 15 luglio 2022 e nella nota stampa INF/22/3768 del 15 luglio 2023.

38      Tuttavia, come risulta dalla giurisprudenza ricordata al punto 32 supra, la Commissione non è tenuta a specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti. Orbene, poiché la Commissione ha chiarito le ragioni per le quali un accesso parziale ai documenti richiesti non era possibile, la motivazione della decisione impugnata deve essere considerata sufficiente.

39      Per contro, il fatto che la Commissione abbia fornito informazioni in merito alla procedura di infrazione 2016/4081 e all’invio della lettera di costituzione in mora complementare potrebbe avere un impatto sull’analisi della fondatezza della decisione impugnata nella parte riguardante il diniego di accesso parziale ai documenti richiesti, e verrà dunque esaminato nell’ambito del secondo motivo.

40      Dall’altro lato, secondo i ricorrenti, il diniego di accesso alla lettera di costituzione in mora complementare è surreale in quanto quest’ultima è già stata diffusa in seno ad un gruppo chiuso su un social network su Internet.

41      Prescindendo dal fatto che tale argomento è inoperante al fine di dimostrare un difetto di motivazione della decisione impugnata, è sufficiente rilevare che la divulgazione non autorizzata di un documento non può avere come conseguenza di rendere accessibile al pubblico un documento rientrante in una delle eccezioni previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 (sentenza del 25 ottobre 2013, Beninca/Commissione, T‑561/12, non pubblicata, EU:T:2013:558, punto 55).

42      Occorre pertanto respingere il terzo motivo.

 Sul secondo motivo, relativo alla violazione dei principi in materia di accesso agli atti delle istituzioni dell’Unione sanciti dall’articolo 1, secondo comma, TUE, dall’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali, nonché dall’articolo 1 e dall’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, nonché all’esistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione

43      In primo luogo, i ricorrenti sottolineano che la procedura di infrazione 2016/4081 è stata protratta in maniera eccessiva e che l’inadempimento persistente della Repubblica italiana ai propri obblighi dimostra il venir meno di qualsiasi «clima di fiducia reciproca» tra questo Stato membro e la Commissione, sicché la Commissione non poteva legittimamente presumere che, fintanto che essa non avesse preso una decisione riguardo alla Repubblica italiana, la divulgazione dei documenti richiesti avrebbe pregiudicato gravemente ed effettivamente questo presunto «clima di fiducia reciproca».

44      In secondo luogo, i ricorrenti sostengono, in sostanza, che esiste un interesse pubblico prevalente alla divulgazione dei documenti richiesti. A questo proposito, essi fanno valere segnatamente che l’indipendenza dei magistrati, ivi compresi i magistrati onorari come gli stessi ricorrenti, costituisce un interesse pubblico primario ed è una condizione essenziale dello Stato di diritto.

45      La Commissione contesta gli argomenti dei ricorrenti.

–       Sull’applicazione di una presunzione generale di non divulgazione

46      A titolo preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, TFUE, qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni dell’Unione, secondo i principi e le condizioni stabilite dalla normativa dell’Unione. Inoltre, questo stesso diritto è riconosciuto dall’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali.

47      Il regolamento n. 1049/2001 mira – come indicano il suo considerando 4 e il suo articolo 1 – a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni il più ampio possibile. Risulta del pari da detto regolamento, e segnatamente dal suo considerando 11 e dal suo articolo 4 che prevede un regime di eccezioni al riguardo, che tale diritto di accesso è comunque soggetto a determinati limiti fondati su ragioni di interesse pubblico o privato (sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 40). Tuttavia, poiché tali eccezioni derogano al principio dell’accesso più ampio possibile del pubblico ai documenti, esse devono essere interpretate e applicate in maniera restrittiva (sentenza del 13 luglio 2017, Saint‑Gobain Glass Deutschland/Commissione, C‑60/15 P, EU:C:2017:540, punto 63).

48      In virtù dell’eccezione invocata dalla Commissione, stabilita all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione del documento in questione.

49      Ne consegue che il regime delle eccezioni previsto dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, e segnatamente dal paragrafo 2 di tale articolo, è fondato su un bilanciamento degli interessi che si fronteggiano in una determinata situazione, ossia, da un lato, gli interessi che sarebbero avvantaggiati dalla divulgazione dei documenti in questione e, dall’altro, gli interessi che sarebbero minacciati da tale divulgazione. La decisione presa su una domanda di accesso a determinati documenti dipende dalla questione di quale sia l’interesse che deve prevalere nel caso di specie (sentenze del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 42, e del 23 gennaio 2017, Justice & Environment/Commissione, T‑727/15, non pubblicata, EU:T:2017:18, punto 42).

50      Nella presente causa, è pacifico che i documenti cui si riferisce la domanda dei ricorrenti e in relazione ai quali la Commissione ha opposto un diniego di accesso rientrano in un’attività di indagine, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Infatti, i ricorrenti chiedono l’accesso ai documenti contenuti nel fascicolo amministrativo della Commissione concernente una procedura di infrazione avviata contro la Repubblica italiana, il che costituisce innegabilmente un’attività di indagine (v., in tal senso, sentenze del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punti 1 e 43, e del 23 gennaio 2017, Justice & Environment/Commissione, T‑727/15, non pubblicata, EU:T:2017:18, punto 43).

51      Orbene, per giustificare il diniego di accesso ad un documento di cui è stata chiesta la divulgazione, non è sufficiente, in linea di principio, che tale documento rientri in un’attività menzionata all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001. L’istituzione interessata deve anche fornire dei chiarimenti riguardo alla questione di come l’accesso a tale documento potrebbe arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione prevista dall’articolo sopra citato (sentenze del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 116; del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 44, e del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 68).

52      Tuttavia, la giurisprudenza ha riconosciuto che all’istituzione interessata è consentito fondarsi, al riguardo, su presunzioni generali applicabili a determinate categorie di documenti, dato che considerazioni di ordine generale simili possono applicarsi a domande di divulgazione relative a documenti della stessa natura (sentenze del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 116; del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 45, e del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 69).

53      Occorre constatare che, secondo la giurisprudenza, si può presumere che la divulgazione dei documenti relativi ad una procedura di infrazione, nel corso della fase precontenziosa di quest’ultima, rischia di alterare il carattere di tale procedura nonché di modificarne lo svolgimento, e che, pertanto, tale divulgazione pregiudicherebbe, in linea di principio, la tutela degli obiettivi delle attività di indagine, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 (sentenze del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 65, e del 23 gennaio 2017, Justice & Environment/Commissione, T‑727/15, non pubblicata, EU:T:2017:18, punto 46).

54      Di conseguenza, giustamente la Commissione ha potuto avvalersi della presunzione generale con riguardo ai documenti relativi alla procedura di infrazione 2016/4081 per rifiutare la divulgazione dei documenti richiesti.

55      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento dei ricorrenti secondo cui la Repubblica italiana avrebbe contribuito a far venir meno il clima di fiducia reciproca che deve esistere tra essa e la Commissione, continuando a disattendere i propri obblighi alla luce del diritto dell’Unione.

56      Infatti, come giustamente indicato dalla Commissione nella decisione impugnata, quando essa ritiene che uno Stato membro abbia violato i propri obblighi, spetta ad essa valutare l’opportunità di agire contro tale Stato, stabilire le disposizioni che quest’ultimo avrebbe violato e scegliere il momento in cui essa avvierà la procedura per inadempimento nei suoi confronti. Di conseguenza, un denunciante nell’ambito di una procedura per inadempimento non dispone del diritto di esigere dalla Commissione che questa adotti una posizione in un determinato senso, oppure del diritto di impugnare un rifiuto della Commissione di avviare una procedura di infrazione nei confronti di uno Stato membro (v. sentenza del 9 ottobre 2018, Pint/Commissione, T‑634/17, non pubblicata, EU:T:2018:662, punto 64 e la giurisprudenza ivi citata). Allo stesso modo, non spetta ai ricorrenti stabilire se e quando sia venuto meno il clima di fiducia tra la Commissione e la Repubblica italiana, con la conseguenza che non troverebbe più applicazione la presunzione generale di non divulgazione.

–       Sull’esistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione

57      Occorre rilevare che le presunzioni generali riconosciute dalla giurisprudenza in riferimento a determinate categorie di documenti, tra cui quella dei documenti relativi ad una procedura di infrazione nel corso della fase precontenziosa di quest’ultima, non escludono la possibilità di dimostrare che un dato documento, di cui si chiede la divulgazione, non beneficia della presunzione in questione o che esiste, a norma dell’articolo 4, paragrafo 2, ultima parte di frase, del regolamento n. 1049/2001, un interesse pubblico prevalente che giustifica la divulgazione del documento in questione (v., in tal senso, sentenze del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 66, e del 23 gennaio 2017, Justice & Environment/Commissione, T‑727/15, non pubblicata, EU:T:2017:18, punto 48).

58      Incombe tuttavia al richiedente invocare in maniera concreta specifiche circostanze che fondano un interesse pubblico prevalente idoneo a giustificare la divulgazione dei documenti in questione (sentenze del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 94, e del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 90).

59      L’esposizione di considerazioni di ordine puramente generale non può essere sufficiente per dimostrare che un interesse pubblico prevalente si erge al di sopra delle ragioni che giustificano il rifiuto di divulgazione dei documenti in questione (v., in tal senso, sentenze del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 158; del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 93, e del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione, C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punto 131).

60      Nel caso di specie, in primo luogo, i ricorrenti fanno valere che esiste un interesse diffuso, concreto e attuale alla divulgazione dei documenti richiesti, nella misura in cui, da un lato, occorre rendere pubblico il comportamento della Repubblica italiana e, dall’altro, l’indipendenza dei magistrati, anche quella dei magistrati onorari come i ricorrenti stessi, costituisce un interesse pubblico primario e una condizione essenziale dello Stato di diritto. In tali circostanze, la divulgazione dei documenti richiesti permetterebbe ai cittadini di conoscere non soltanto gli inadempimenti contestati allo Stato membro accusato di non tutelare l’indipendenza del potere giudiziario, ma anche la posizione della Commissione per quanto riguarda tali violazioni.

61      A questo proposito, occorre rilevare che, come sottolineato dalla Commissione nella decisione impugnata, tale istituzione provvede affinché il pubblico sia informato dell’avanzamento dei fascicoli specifici relativi a procedure di infrazione mediante la regolare pubblicazione di comunicati stampa. Nel caso di specie, i ricorrenti non contestano che il pubblico è stato effettivamente informato della trasmissione, da parte della Commissione, della lettera di costituzione in mora e della lettera di costituzione in mora complementare alle autorità italiane, rispettivamente mediante la nota stampa INF/21/3440 del 15 luglio 2022 e mediante la nota stampa INF/22/3768 del 15 luglio 2023. Allo stesso modo, il pubblico è stato informato del fatto che tali lettere di costituzione in mora sono state indirizzate alla Repubblica italiana, precisamente in quanto la Commissione ha ritenuto che la normativa nazionale disciplinante il servizio fornito dai magistrati onorari non fosse conforme a varie disposizioni delle direttive in questione.

62      Di conseguenza, il pubblico è stato informato non soltanto del comportamento della Repubblica italiana, ma anche dell’opinione della Commissione al riguardo e dell’importanza che essa riconosce al trattamento dei magistrati onorari italiani.

63      In tale contesto, gli argomenti che i ricorrenti fanno valere, quali ricordati al punto 60 supra, non permettono di dimostrare che la divulgazione dei documenti richiesti sia necessaria per rendere pubbliche la condotta della Repubblica italiana e le censure generali mosse dalla Commissione nei suoi confronti. Tutt’al più si tratta di considerazioni generali relative al principio di trasparenza e al diritto del pubblico di essere informato del lavoro delle istituzioni.

64      Orbene, come giustamente rilevato dalla Commissione nella decisione impugnata, simili considerazioni non possono giustificare la divulgazione di documenti relativi alla fase precontenziosa di una procedura per inadempimento (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punti 91 e 93).

65      In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che la divulgazione della lettera di costituzione in mora complementare non pregiudica necessariamente l’obiettivo della procedura di infrazione 2016/4081, dato che il regime giuridico che risulta dall’insieme delle direttive in questione prevede vari requisiti di trasparenza e di tutela dell’indipendenza del potere giudiziario.

66      A questo proposito, è sufficiente rilevare che i ricorrenti non indicano le disposizioni precise delle direttive in questione che stabilirebbero i requisiti di trasparenza e di tutela dell’indipendenza del potere giudiziario in grado di giustificare la divulgazione dei documenti richiesti, nonostante l’esistenza di una presunzione generale di non divulgazione.

67      In terzo luogo, i ricorrenti sostengono che la divulgazione dei documenti richiesti contribuisce, in linea di principio, alla realizzazione dell’obiettivo di prevenire l’adozione di disposizioni in materia di indipendenza della magistratura incompatibili con il diritto dell’Unione e, prima di tutto, con i principi dello Stato di diritto enunciati nel regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione (GU 2020, L 433 I, pag. 1), relativo al principio di condizionalità. A questo proposito, vi sarebbe un evidente interesse pubblico a sapere se vi siano minacce all’indipendenza della magistratura, che possono causare l’intervento delle autorità dell’Unione a tutela del bilancio di quest’ultima nei confronti di uno Stato membro che ha percepito fondi.

68      Nondimeno, come sostenuto in sostanza e giustamente dalla Commissione nella decisione impugnata, è giocoforza constatare che non spetta ai ricorrenti stabilire in quale misura il diritto dell’Unione sia stato rispettato dalle autorità italiane. Al contrario, occorre avallare la valutazione della Commissione secondo cui l’interesse pubblico a che fosse questa stessa istituzione a chiarire se il diritto dell’Unione fosse stato rispettato dalla Repubblica italiana costituiva la strada più efficace per tutelare l’indipendenza dei magistrati onorari e il bilancio dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 98).

69      In quarto luogo, i ricorrenti fanno valere che la divulgazione dei documenti richiesti permetterebbe al pubblico di controllare e di conoscere l’insieme delle informazioni che costituiscono il fondamento dell’azione di tutela dell’effettivo recepimento del diritto dell’Unione.

70      Orbene, l’obiettivo invocato dai ricorrenti per giustificare la divulgazione dei documenti richiesti, consistente nell’esercitare un controllo sull’azione della Commissione nell’ambito della procedura di infrazione 2016/4081, finisce per negare l’esistenza del potere di valutazione discrezionale di cui tale istituzione gode nell’ambito delle procedure per inadempimento, malgrado che la presunzione generale di riservatezza che si ricollega all’insieme dei documenti relativi a procedure siffatte miri per l’appunto a proteggere, tra l’altro, il carattere utile dell’azione della Commissione nell’ambito di tali procedure (v., in tal senso, sentenza del 9 ottobre 2018, Pint/Commissione, T‑634/17, non pubblicata, EU:T:2018:662, punto 66 e la giurisprudenza ivi citata).

71      In quinto luogo, i ricorrenti affermano che la divulgazione dei documenti richiesti è un presupposto per l’esercizio effettivo, da parte loro, dei loro diritti democratici, riconosciuti in particolare dagli articoli 17 e 47 della Carta dei diritti fondamentali. Questa divulgazione sarebbe tanto più necessaria per il fatto che la Commissione non ha divulgato alcun atto relativo alla procedura di infrazione 2016/4081 malgrado che il mancato recepimento delle direttive in questione da parte della Repubblica italiana duri da vari anni.

72      A questo proposito, è sufficiente ricordare che l’interesse consistente nel facilitare l’esercizio dei diritti di singoli nell’ambito di ricorsi giurisdizionali, permettendo loro di utilizzare dei documenti al fine di facilitare la loro difesa dinanzi a dei giudici nazionali, costituisce un interesse privato e non un interesse pubblico (v., in tal senso, sentenze del 14 luglio 2016, Sea Handling/Commissione, C‑271/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:557, punti 97 e 99, e del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑306/12, EU:T:2014:816, punto 99).

73      Risulta dall’insieme delle considerazioni sopra esposte che i ricorrenti non hanno dimostrato l’esistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione dei documenti richiesti.

–       Sulla possibilità di un accesso parziale ai documenti richiesti

74      Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni al diritto di accesso, le parti restanti del documento sono divulgate.

75      Occorre rilevare che le presunzioni generali, come quella concernente l’accesso ai documenti afferenti ad una procedura per inadempimento, significano che i documenti ricadenti sotto tali eccezioni sfuggono all’obbligo di una divulgazione integrale o parziale del loro contenuto (v., in tal senso, sentenze del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 133; del 25 marzo 2015, Sea Handling/Commissione, T‑456/13, non pubblicata, EU:T:2015:185, punto 91, e ordinanza del 25 maggio 2016, Syndial/Commissione, T‑581/15, non pubblicata, EU:T:2016:337, punto 53).

76      Nel caso di specie, nella decisione impugnata, la Commissione ha esaminato la possibilità di concedere un accesso parziale ai documenti richiesti ed ha ritenuto che tale accesso non potesse essere concesso, dato che i documenti richiesti erano assistiti da una presunzione generale di non divulgazione.

77      Così facendo, essa si è conformata alla giurisprudenza ricordata al punto 75 supra, sicché occorre concludere che giustamente detta istituzione ha rifiutato l’accesso parziale ai documenti richiesti.

78      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento dei ricorrenti secondo cui, in sostanza, la Commissione avrebbe dovuto tener conto del fatto che essa stessa ha dato informazioni in merito alla procedura di infrazione 2016/4081 e alla lettera di costituzione in mora complementare nella nota stampa INF/21/3440 del 15 luglio 2022 e nella nota stampa INF/22/3768 del 15 luglio 2023.

79      Infatti, è giocoforza constatare che la pubblicità generata intorno a tale procedura su iniziativa della Commissione mediante la pubblicazione di note stampa rispondeva all’esigenza di informare il pubblico, conformemente alla prassi abituale di detta istituzione, senza che per questo fosse divulgato il contenuto esatto della lettera di costituzione in mora complementare (v., in tal senso, ordinanza del 2 settembre 2014, Verein Natura Havel e Vierhaus/Commissione, T‑538/13, non pubblicata, EU:T:2014:738, punto 58).

80      Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre respingere il secondo motivo e, pertanto, il presente ricorso.

 Sulle spese

81      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Oltre a ciò, ai sensi dell’articolo 137 di detto regolamento, in caso di non luogo a statuire, il Tribunale decide liberamente sulle spese.

82      Tenuto conto delle circostanze del caso di specie, e segnatamente della distinzione operata tra, da un lato, le conclusioni presentate nel ricorso introduttivo e intese all’annullamento della decisione iniziale di rigetto nonché della decisione implicita di rigetto e, dall’altro, le conclusioni presentate nella domanda di adattamento del ricorso introduttivo e intese all’annullamento della decisione esplicita di rigetto, occorre procedere ad una suddivisione delle spese.

83      Così, in primo luogo, preso atto che la mancata risposta tempestiva della Commissione alla domanda di conferma ha portato i ricorrenti a proporre il presente ricorso e che è stata detta istituzione ad adottare in seguito la decisione esplicita di rigetto e a depositare la domanda di non luogo a statuire, occorre condannare la Commissione a farsi carico delle proprie spese e di quelle dei ricorrenti afferenti al ricorso introduttivo e alla domanda di non luogo a statuire (v., in tal senso, ordinanza del 14 dicembre 2020, ClientEarth/Commissione, T‑255/20, non pubblicata, EU:T:2020:642, punto 19).

84      In secondo luogo, poiché i ricorrenti sono rimasti soccombenti per quanto riguarda le conclusioni presentate nella memoria di adattamento del ricorso introduttivo, depositata conformemente all’articolo 86 del regolamento di procedura, occorre condannarli a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione nell’ambito della domanda di adattamento del ricorso introduttivo, conformemente alle conclusioni di tale istituzione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Non vi è più luogo a statuire sulle conclusioni intese all’annullamento della decisione implicita della Commissione europea del 15 marzo 2022 che ha respinto la domanda di conferma per l’esercizio dell’accesso.

2)      Il ricorso è respinto perché irricevibile nella parte in cui mira all’annullamento della decisione della Commissione del 27 gennaio 2023 che ha respinto la domanda iniziale di accesso.

3)      Il ricorso è respinto per il resto.

4)      La Commissione è condannata a farsi carico delle proprie spese, nonché di quelle del sig. Roberto Acampora e delle altre parti ricorrenti i cui nomi figurano in allegato, che sono afferenti al ricorso introduttivo e alla domanda di non luogo a statuire.

5)      Il sig. Acampora e le altre parti ricorrenti i cui nomi figurano in allegato sono condannati a farsi carico delle proprie spese e di quelle della Commissione afferenti alla domanda di adattamento del ricorso introduttivo.

Svenningsen

Laitenberger

Martín y Pérez de Nanclares

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 marzo 2024.

Il cancelliere

 

Il presidente

V. Di Bucci

 

S. Papasavvas


*      Lingua processuale: l’italiano.


1      L’elenco delle altre parti ricorrenti è allegato soltanto alla versione notificata alle parti.