Language of document : ECLI:EU:T:2021:76

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

10 febbraio 2021 (*)

«Funzione pubblica – Assunzione – Concorso generale EPSO/AD/338/17 – Decisione della commissione giudicatrice di non ammettere il ricorrente alla fase successiva del concorso – Principio di non discriminazione fondata sulla disabilità – Accesso ai documenti – Rigetto della domanda di accesso ai quesiti posti nell’ambito di una prova – Segreto dei lavori della commissione giudicatrice – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Concorso generale EPSO/AD/356/18 – Elenco di riserva – Ricorso di annullamento – Carenza di interesse ad agire – Irricevibilità – Responsabilità»

Nella causa T‑488/18,

XC, residente a Milano (Italia), rappresentato da C. Bottino, avvocato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da A. Spina e L. Vernier, in qualità di agenti, assistiti da A. Dal Ferro, avvocato,

convenuta,

avente ad oggetto, in primo luogo, una domanda fondata sull’articolo 270 TFUE e diretta all’annullamento della decisione della commissione giudicatrice del concorso generale EPSO/AD/338/17, del 4 dicembre 2017, di non ammettere il ricorrente alla fase successiva del concorso; in secondo luogo, una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2018) 3969 della Commissione, del 19 giugno 2018, in materia di accesso ai documenti; in terzo luogo, una domanda fondata sull’articolo 270 TFUE e diretta all’annullamento dell’elenco di riserva del concorso generale EPSO/AD/356/18, pubblicato il 22 maggio 2019, e, in quarto luogo, una domanda fondata sull’articolo 270 TFUE e diretta a ottenere il risarcimento di diversi danni che il ricorrente afferma di aver subìto,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da J. Svenningsen, presidente, C. Mac Eochaidh (relatore) e T. Pynnä, giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

 Decisione della commissione giudicatrice del concorso generale EPSO/AD/338/17, del 4 dicembre 2017, di non ammettere il ricorrente alla fase successiva del concorso

1        Il 30 marzo 2017, l’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il bando relativo al concorso generale EPSO/AD/338/17 volto alla costituzione di un elenco riserva per l’assunzione di amministratori AD 5 (GU 2017, C 99 A, pag. 1; in prosieguo: il «primo bando di concorso»).

2        L’allegato II del primo bando di concorso, intitolato «Disposizioni generali relative ai concorsi generali», indica quanto segue:

«1.3.      Pari opportunità e misure particolari

I candidati affetti da disabilità o da condizioni di salute che possono ostacolare la loro capacità di sostenere le prove sono pregati di indicarlo nell’atto di candidatura e di comunicare all’EPSO il tipo di misure particolari di cui necessitano».

3        Il 31 maggio 2017, XC, ricorrente, ha presentato la propria candidatura al concorso summenzionato. Nell’ambito della sua candidatura, egli ha segnalato all’EPSO la propria disabilità visiva e ha presentato una richiesta, al riguardo, per poter disporre di più tempo per effettuare le prove, ai sensi della disposizione citata al punto 2 supra.

4        Con messaggio di posta elettronica del 6 giugno 2017, l’EPSO ha accordato al ricorrente tempo aggiuntivo nella misura del 50% per i test a risposta multipla relativi al ragionamento verbale, numerico e astratto (in prosieguo: i «test a risposta multipla»), di cui si fa menzione al punto 2 del primo bando di concorso.

5        Il 27 settembre 2017, l’EPSO ha informato il ricorrente che questi aveva superato i test a risposta multipla e l’ha invitato alla prova successiva del concorso, ossia la cosiddetta prova «e‑tray». Tale prova consisteva, come precisava la descrizione pubblicata sul sito dell’EPSO, nel gestire una «situazione di lavoro reale» con replica di «una casella di posta elettronica contenente informazioni relative a una particolare questione». Come indicato al punto 5 sotto il titolo «Modalità di selezione» del primo bando di concorso, tale prova era destinata a valutare la capacità dei candidati di analizzare e risolvere problemi, di produrre risultati di qualità e di individuare priorità, nonché il loro spirito organizzativo e la loro capacità di lavorare con gli altri.

6        Lo stesso giorno, il ricorrente ha presentato all’EPSO una nuova richiesta di misure particolari, auspicando che venisse evitato l’inconveniente che si era verificato nell’ambito dello svolgimento dei test a risposta multipla, ossia la mancata concessione del tempo aggiuntivo che gli era stato accordato. Il ricorrente aveva infatti dovuto sostenere tali test una seconda volta, poiché, la prima volta, a causa di un malfunzionamento tecnico, il programma informatico relativo ai suddetti test non gli aveva concesso alcun tempo aggiuntivo per via di un errore del sistema.

7        Il 12 ottobre 2017, l’EPSO ha informato il ricorrente che avrebbe avuto a disposizione tempo aggiuntivo in misura pari alla metà del tempo accordato agli altri candidati, vale a dire 8 minuti in aggiunta ai 15 minuti necessari per la lettura delle istruzioni relative allo svolgimento della prova e 25 minuti supplementari in aggiunta ai 50 minuti previsti per scegliere le diverse risposte alle situazioni presentate nel corso della prova. Inoltre, l’EPSO ha affermato che sarebbe stato consegnato al ricorrente un contaminuti e che un assistente lo avrebbe aiutato a gestire il tempo a sua disposizione. Infine, l’EPSO ha indicato che un altro assistente sarebbe stato disponibile per tutti gli aggiustamenti dello schermo che si fossero resi necessari e che, se lo avesse voluto, il ricorrente poteva utilizzare lenti o altri strumenti necessari alla visione.

8        Con decisione del 4 dicembre 2017 (in prosieguo: la «prima decisione impugnata»), la commissione giudicatrice del concorso EPSO/AD/338/17 ha deciso di non ammettere il ricorrente alla fase successiva del concorso, in quanto egli non aveva ottenuto il punteggio minimo richiesto per essere ammesso.

9        Con messaggio di posta elettronica del 5 marzo 2018, il ricorrente ha presentato al direttore dell’EPSO, in qualità di autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN)», un reclamo amministrativo contro la prima decisione impugnata, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»). Nell’ambito di tale reclamo, il ricorrente ha affermato, da un lato, che la prova e‑tray non era affidabile ai fini della selezione dei candidati e, dall’altro, che l’EPSO aveva violato la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 333, pag. 16), e segnatamente gli articoli 2 e 5 della medesima. In particolare, secondo il ricorrente, la misura compensativa particolare di cui aveva beneficiato non soddisfaceva i requisiti dell’articolo 5 della direttiva 2000/78 in materia di soluzioni ragionevoli per i disabili. Il ricorrente ha inoltre affermato che la percentuale di candidati disabili che avevano superato i concorsi dell’EPSO era significativamente inferiore alla percentuale di candidati partecipanti a tali concorsi, il che dimostrerebbe che la misura compensativa concessa era insufficiente.

10      L’EPSO non ha fornito una risposta esplicita a tale reclamo.

 Decisione C(2018) 3969 della Commissione, del 19 giugno 2018, in materia di accesso ai documenti

11      Il 5 marzo 2018, in forza del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), il ricorrente ha presentato una domanda, registrata con il numero 2018/1328, volta a ottenere l’accesso alla copia dei documenti relativi alla prova e‑tray, sia in lingua italiana sia nell’eventuale lingua originale di redazione di tali documenti, con l’indicazione delle risposte fornite dal ricorrente, di quelle ritenute corrette dalla commissione giudicatrice e dei criteri e punteggi di valutazione (in prosieguo: la «domanda iniziale»).

12      Con decisione del 21 marzo 2018, l’EPSO ha opposto rifiuto alla domanda iniziale.

13      Il 12 aprile 2018, il ricorrente ha presentato una domanda di conferma della domanda iniziale, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 (in prosieguo: la «domanda di conferma»). In tale occasione, egli ha presentato un’altra domanda volta a ottenere l’accesso al numero di caratteri, compresi gli spazi, dei documenti della prova in questione, distinta per ciascun messaggio di posta elettronica facente parte di quest’ultima, per ciascuna domanda e per ciascuna risposta ritenuta corretta.

14      Con decisione C(2018) 3969, del 19 giugno 2018 (in prosieguo: la «seconda decisione impugnata»), la Commissione europea ha confermato la decisione del 21 marzo 2018 e ha inoltre opposto rifiuto alla domanda volta a ottenere l’accesso al numero di caratteri dei documenti della prova.

 Elenco di riserva del concorso generale EPSO/AD/356/18, pubblicato il 22 maggio 2019

15      L’8 marzo 2018, l’EPSO ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il bando di concorso generale EPSO/AD/356/18 volto alla costituzione di un elenco riserva per l’assunzione di amministratori AD 5 (GU 2018, C 88 A, pag. 1; in prosieguo: il «secondo bando di concorso»).

16      Il 3 maggio 2018, il ricorrente ha presentato la propria candidatura al suddetto concorso e, in tale occasione, ha presentato una nuova domanda di misure compensative, ai sensi del punto 1.3 dell’allegato II del secondo bando di concorso, le cui disposizioni sono identiche a quelle citate al punto 2 supra.

17      In primo luogo, in considerazione della disabilità visiva menzionata al punto 3 supra, egli ha chiesto di poter sostenere la prova su carta con l’utilizzo di una penna, anziché su computer.

18      In secondo luogo, egli ha indicato che gli era appena stata diagnosticata una nuova disabilità, causata da lesioni neurologiche alla sostanza bianca cerebrale, che comportava in particolare una riduzione dell’abilità di risoluzione di problemi. A tale riguardo, ha sostenuto che la cosiddetta prova «SJT» (situational judgment test) poteva discriminarlo.

19      Con messaggio di posta elettronica del 28 maggio 2018, l’EPSO ha accolto la richiesta del ricorrente, concedendogli però solo del tempo aggiuntivo e non entrando nel merito delle ulteriori richieste.

20      Dopo vari scambi di messaggi di posta elettronica, l’EPSO ha confermato, il 7 giugno 2018, il suo rifiuto di accogliere le suddette richieste del ricorrente, basandosi sul parere di un medico interno alla Commissione.

21      Dopo aver sostenuto le prime prove, il ricorrente è stato informato dall’EPSO, il 19 settembre 2018, di non aver ottenuto il punteggio minimo richiesto per essere ammesso alla prova successiva del concorso.

22      Con messaggio di posta elettronica del 25 settembre 2018, il ricorrente ha chiesto all’EPSO di potere accedere alle valutazioni effettuate da quest’ultimo e dai suoi medici con riferimento al diniego delle misure compensative richieste.

23      Con messaggio di posta elettronica del 29 settembre 2018, il ricorrente ha presentato all’EPSO una domanda di riesame, come previsto al punto 4.2.2 dell’allegato II del secondo bando di concorso.

24      Con lettera del 19 ottobre 2018, l’EPSO ha risposto alla richiesta menzionata al punto 22 supra fornendo una copia delle valutazioni del medico interno. Secondo queste, previa consultazione delle relazioni fornite dagli specialisti, non sussistevano argomenti medici sufficienti per privilegiare un supporto su «carta» al supporto «schermo».

25      Il 22 maggio 2019, l’ESPO ha pubblicato sul suo sito Internet l’elenco di riserva del concorso EPSO/AD/356/18 (in prosieguo: la «terza decisione impugnata»).

 Procedimento e conclusioni delle parti

26      Il 9 agosto 2018, il ricorrente ha presentato una domanda di ammissione al gratuito patrocinio ai sensi dell’articolo 147 del regolamento di procedura. Con ordinanza del 18 dicembre 2018, il presidente del Tribunale ha accolto tale domanda.

27      Poiché il ricorrente non ha proposto il nome di un avvocato, il presidente del Tribunale, con ordinanza del 7 maggio 2019, ha designato, conformemente all’articolo 148, paragrafi 5 e 6, del regolamento di procedura, l’avv. Carlo Bottino quale avvocato incaricato di rappresentare il ricorrente. Tale ordinanza è stata notificata a tale avvocato, mediante e‑Curia, il 10 maggio 2019 e al ricorrente, mediante lettera raccomandata, il 20 maggio 2019.

28      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 giugno 2019, il ricorrente ha proposto il ricorso di cui trattasi.

29      Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 giugno 2019, conformemente all’articolo 66 del regolamento di procedura, il ricorrente ha chiesto il beneficio dell’anonimato. Con decisione del 31 luglio 2019, il Tribunale (Nona Sezione) ha accolto tale istanza.

30      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, a norma dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, il giudice relatore è stato assegnato all’Ottava Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la causa di cui trattasi.

31      Con lettera del 28 gennaio 2020, le parti sono state informate della chiusura della fase scritta del procedimento e della possibilità, per esse, di chiedere lo svolgimento di un’udienza alle condizioni previste all’articolo 106 del regolamento di procedura.

32      Le parti non hanno presentato domanda di svolgimento di un’udienza.

33      Il 19 giugno 2020, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 89, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale ha invitato il ricorrente e la Commissione a rispondere ad alcuni quesiti. Il ricorrente e la Commissione hanno ottemperato a tali richieste nei termini impartiti.

34      Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la prima decisione impugnata;

–        annullare la seconda decisione impugnata;

–        annullare la terza decisione impugnata;

–        disporre il risarcimento del danno subìto a seguito delle decisioni impugnate per l’importo che il Tribunale riterrà adeguato;

–        condannare la Commissione alle spese.

35      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla tardività del controricorso

36      Nell’ambito della replica, il ricorrente eccepisce la presunta tardività del controricorso. Secondo il ricorrente, l’atto di ricorso sarebbe stato infatti notificato alla Commissione il 10 luglio 2019 e il termine per il deposito del controricorso sarebbe quindi scaduto il 20 settembre 2019. Il controricorso, depositato il 23 settembre 2019, sarebbe pertanto tardivo.

37      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

38      A tale riguardo, si deve rilevare, al pari della Commissione, che tale censura è infondata, in quanto si basa sull’erronea premessa che la data di notifica dell’atto di ricorso sia il 10 luglio 2019 e non già l’11 luglio 2019.

39      Conformemente al punto 23 delle condizioni di utilizzo dell’applicazione e‑Curia, infatti, la data e l’ora della notifica corrispondono al momento in cui l’utente chiede accesso all’atto di procedura, ossia, secondo l’allegato D 1 della controreplica, l’11 luglio 2019.

40      Per di più, conformemente agli articoli 81 e 60 del regolamento di procedura, la Commissione disponeva di due mesi e dieci giorni, dopo la notifica dell’atto di ricorso, per presentare il controricorso. Inoltre, secondo l’articolo 58, paragrafo 2, del regolamento di procedura, se il giorno di scadenza del termine è un sabato, una domenica o una festività legalmente riconosciuta, la scadenza è prorogata sino alla fine del successivo giorno non festivo.

41      Dagli atti di causa consta che l’atto di ricorso è stato notificato alla Commissione l’11 luglio 2019, sicché essa, ai sensi degli articoli 81 e 60 del regolamento di procedura, aveva tempo per depositare il controricorso fino al 21 settembre 2019. Poiché il 21 settembre 2019 era un sabato, la scadenza del termine è stata prorogata al lunedì 23 settembre 2019, data in cui l’atto in questione è stato depositato.

42      Di conseguenza, l’affermazione del ricorrente secondo la quale il controricorso della Commissione sarebbe tardivo è infondata in punto di fatto.

 Sulle conclusioni di annullamento

 Sulla domanda di annullamento della prima decisione impugnata

43      Il ricorrente deduce tre motivi a sostegno della sua domanda, vertenti, il primo, sulla violazione degli articoli 3 e 7 dell’allegato III dello Statuto; il secondo, sulla violazione dell’articolo 6 dell’allegato III dello Statuto e del principio della parità di trattamento e, il terzo, sulla violazione del divieto di discriminazione fondata sulla disabilità di cui all’articolo 1 quinquies dello Statuto e agli articoli 2 e 5 della direttiva 2000/78.

44      La Commissione contesta la ricevibilità dei primi due motivi, in quanto essi non sarebbero stati dedotti preliminarmente nel reclamo.

45      Come statuito dalla Corte (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer, C‑23/00 P, EU:C:2002:118, punti 51 e 52), il giudice dell’Unione europea può valutare se, nell’interesse della buona amministrazione della giustizia, un ricorso debba comunque essere respinto nel merito, senza che occorra statuire sulla sua ricevibilità. Nel caso di specie, si deve constatare che, indipendentemente dalla questione della loro ricevibilità, i tre motivi a sostegno della domanda di annullamento devono, in ogni caso, essere respinti in quanto infondati, per le ragioni che seguono.

–       Sul primo motivo, relativo alla violazione degli articoli 3 e 7 dell’allegato III dello Statuto

46      Nell’ambito del primo motivo, il ricorrente deduce la violazione degli articoli 3 e 7 dell’allegato III dello Statuto, in quanto a determinare il contenuto della prova e‑tray sarebbe stato l’EPSO, e non già la commissione giudicatrice.

47      In particolare, il ricorrente sostiene che da vari atti del fascicolo emerge che la prova e‑tray è stata predisposta da un contrattista esterno, in collaborazione con l’EPSO, e che solo in un secondo tempo, quando la prova era già stata di fatto interamente predisposta, essa è stata sottoposta alla commissione giudicatrice per una convalida puramente formale.

48      Il ricorrente afferma, infatti, basandosi sul verbale della riunione della commissione giudicatrice dell’8 febbraio 2017 vertente sulla convalida del contenuto della prova e‑tray (in prosieguo: il «verbale della riunione dell’8 febbraio 2017»), che il presidente della commissione giudicatrice ha indicato agli altri membri della stessa che vi era «poco o niente spazio per eventuali correzioni», indicazione che si riferirebbe al contenuto della prova.

49      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

50      L’articolo 30, primo comma, dello Statuto e l’articolo 5, primo comma, dell’allegato III dello Statuto prevedono che spetta alla commissione giudicatrice stabilire, rispettivamente, l’elenco dei candidati dichiarati idonei e l’elenco dei candidati che soddisfano le condizioni fissate dal bando di concorso. Secondo la giurisprudenza, alla luce di tali competenze, la commissione giudicatrice riveste un ruolo fondamentale nello svolgimento di un concorso (v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2011, Commissione/Pachtitis, T‑361/10 P, EU:T:2011:742, punto 43).

51      Pertanto, sebbene l’EPSO eserciti i poteri di selezione conferiti alle APN in materia di concorsi, tanto la scelta quanto la valutazione del contenuto delle domande poste nell’ambito di un concorso esulano dalla sua competenza. Infatti, nel quadro delineato dall’articolo 1, paragrafo 1, prima frase, della decisione 2002/621/CE dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore, del 25 luglio 2002, relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee (GU 2002, L 197, pag. 56), il quale dispone che l’EPSO è incaricato di organizzare concorsi generali al fine di garantire alle istituzioni i servizi di funzionari reclutati nelle migliori condizioni finanziarie e di professionalità, il paragrafo 2, lettera c), del medesimo articolo attribuisce all’EPSO piuttosto un ruolo di assistenza nei confronti della commissione giudicatrice nello svolgimento di un concorso, affidandogli l’incarico di mettere a punto i metodi e le tecniche di selezione (v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2011, Commissione/Pachtitis, T‑361/10 P, EU:T:2011:742, punti 52 e 54).

52      Nel caso di specie, dal verbale della riunione dell’8 febbraio 2017 consta che tutti i membri della commissione giudicatrice del concorso si sono riuniti l’8 febbraio 2017, che essi hanno preso conoscenza e poi convalidato l’insieme dei documenti relativi alla prova e‑tray (punto 3 del verbale, intitolato «Reading and validation of the documents») e che è stato successivamente avviato un dibattito tra i membri della commissione giudicatrice (punto 4 del processo verbale, intitolato «Feedback of the Board after the reading session»). Dal fascicolo consta altresì che, il 21 giugno 2017, la commissione giudicatrice ha proceduto a un nuovo esame della validità della prova come prova di concorso, al termine del quale ha approvato i documenti relativi alla prova e‑tray che le erano stati presentati e ha quindi autorizzato l’utilizzo di tali documenti come prova del concorso.

53      Da quanto precede risulta che è stata effettivamente la commissione giudicatrice del concorso, e non già l’EPSO, ad aver effettuato la convalida finale della prova e‑tray.

54      Inoltre, il fatto che il contenuto della prova sia stato predisposto da un contrattista esterno in collaborazione con l’EPSO e indipendentemente dalla commissione giudicatrice non può, di per sé, rendere illegittima la prima decisione impugnata.

55      Occorre infatti rilevare che nessuna disposizione dello Statuto, e in particolare gli articoli 3 e 7 dell’allegato III dello stesso, osta a che la commissione giudicatrice di concorso possa avvalersi dell’assistenza di persone esterne per lo svolgimento dei suoi lavori, a condizione che essa conservi il potere discrezionale finale (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 26 gennaio 2005, Roccato/Commissione, T‑267/03, EU:T:2005:23, punto 67 e giurisprudenza ivi citata).

56      D’altronde, come indica la Commissione, l’assistenza offerta dall’EPSO alla commissione giudicatrice è un’attività inerente all’esecuzione dei compiti affidati a tale ufficio dall’articolo 7, paragrafo 2, dell’allegato III dello Statuto.

57      Inoltre, il ricorrente sottolinea, basandosi sul verbale della riunione dell’8 febbraio 2017, che il presidente della commissione giudicatrice ha ricordato agli altri membri della stessa che vi era «poco o niente spazio per eventuali correzioni», il che mostrerebbe che la commissione giudicatrice non poteva modificare il contenuto della prova e‑tray.

58      A tale riguardo, al primo paragrafo del verbale summenzionato, sotto il titolo «Introduction», è esposto quanto segue: «In apertura della riunione, [il presidente della commissione giudicatrice] ha ricordato le sfide poste dall’esercizio: si tratta di un esercizio interconnesso con poco o nessun margine per eventuali correzioni, è eliminatorio e il punteggio ottenuto farà parte del punteggio ottenuto nel centro di valutazione». Orbene, il Tribunale ritiene indubbio, al pari della Commissione, che tale passaggio del verbale significhi che la commissione giudicatrice disponeva di un margine di discrezionalità limitato, se non nullo, per quanto riguarda la correzione delle copie dei candidati e non, come afferma il ricorrente, che i membri della commissione giudicatrice disponevano di un potere limitato, se non nullo, per modificare il contenuto della prova.

59      Inoltre, il ricorrente afferma, basandosi sul verbale della riunione dell’8 febbraio 2017, che il presidente della commissione giudicatrice avrebbe indicato agli altri membri della medesima che la versione inglese del testo delle prove era già ultimata, prima del suo esame da parte della stessa commissione giudicatrice, e che non era più possibile per quest’ultima apportarvi modifiche, poiché il testo in questione doveva essere tradotto in tutte le altre lingue.

60      A tale riguardo, l’interpretazione del suddetto verbale da parte del ricorrente risulta errata. Si deve infatti ritenere, al pari della Commissione, che il riferimento, nel verbale in parola, all’importanza di disporre di una versione inglese della prova che sia «impeccabile» dipenda dall’elevato numero di lingue nelle quali tale testo doveva essere successivamente tradotto, e non già dall’impossibilità di apportare modifiche a una prova già integralmente elaborata da persone diverse dai membri della commissione giudicatrice.

61      Infine, il ricorrente menziona, nell’ambito della replica, una lettera del segretario generale del Parlamento europeo al segretariato della Commissione, recante la data del 14 marzo 2017, nella quale si accenna al fatto che il Parlamento mette regolarmente a disposizione dell’EPSO membri del suo personale perché facciano parte delle commissioni giudicatrici dei concorsi, che l’EPSO si caratterizzerebbe per una deplorevole mancanza di flessibilità e di adattabilità e che le critiche costruttive mosse dai rappresentanti del Parlamento circa l’organizzazione e il contenuto dei concorsi sarebbero sistematicamente ignorate. Secondo il ricorrente, tale documento dimostra che l’EPSO ha violato il principio in forza del quale tanto la scelta quanto la valutazione del contenuto delle domande poste nell’ambito di un concorso esulano dalla propria competenza.

62      A tale proposito, si deve rilevare, senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità dell’atto in questione, che tale lettera non è manifestamente idonea a dimostrare che, nell’ambito del concorso di cui trattasi, la commissione giudicatrice non ha effettivamente convalidato la versione finale del contenuto della prova e‑tray.

63      Il primo motivo deve quindi essere respinto nel suo complesso, senza che sia necessario esaminare le domande di provvedimenti istruttori formulate dal ricorrente nella replica, in quanto, se anche tali provvedimenti fossero disposti, i documenti invocati non sarebbero idonei a mettere in discussione la constatazione, di cui al punto 53 supra, secondo cui la commissione giudicatrice ha effettivamente convalidato la versione finale del contenuto della prova e‑tray.

–       Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 6 dell’allegato III dello Statuto e del principio della parità di trattamento

64      Nell’ambito del secondo motivo, il ricorrente sostiene che la preparazione delle prove del concorso sarebbe stata effettuata in violazione del principio della segretezza dei lavori della commissione giudicatrice, stabilito all’articolo 6 dell’allegato III dello Statuto, per il motivo che il contrattista esterno, che aveva contribuito alla preparazione delle prove, e i funzionari dell’EPSO erano a conoscenza di tali prove.

65      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

66      In una prima censura, il ricorrente sottolinea che il contrattista esterno incaricato dell’elaborazione della prova e‑tray era a conoscenza del suo contenuto e che «i requisiti di indipendenza e di confidenzialità [richiesti per i membri del suo personale erano] assai deboli e [consistevano nel] semplice divieto di partecipare ai concorsi EPSO per coloro che hanno avuto la possibilità materiale di conoscere la prova e [nel] divieto esteso anche ai familiari di primo grado per lo staff che invece (...) ha materialmente preparato e sviluppato la prova», il che comporterebbe una violazione del principio della parità di trattamento.

67      Il Tribunale ritiene tuttavia che i requisiti di riservatezza imposti al suddetto contrattista esterno e ai membri del suo personale nonché i divieti di partecipazione menzionati al punto 66 supra siano stati precauzioni intese a ovviare ai rischi ragionevolmente prevedibili di lesione del principio della parità di trattamento tra i candidati ai concorsi nei quali sarebbero stati impiegati gli esercizi elaborati in collaborazione con tale contrattista. A tale riguardo, si deve rilevare che il ricorrente non fornisce alcun elemento che avvalori la tesi secondo la quale, in primo luogo, i requisiti che impediscono a taluni membri del personale del contrattista esterno e a taluni loro familiari di candidarsi al concorso in questione sarebbero stati insufficienti e, in secondo luogo, gli stessi requisiti non sarebbero stati rispettati nel caso di specie.

68      La prima censura deve quindi essere respinta.

69      In una seconda censura, il ricorrente sottolinea che alcuni funzionari dell’Unione hanno partecipato a test vertenti sul contenuto della prova e‑tray e che sussisteva il rischio che informazioni riservate relative a detto contenuto fossero successivamente trasmesse ad alcuni candidati, in violazione del principio della parità di trattamento tra i candidati.

70      A tale riguardo, occorre tener presente che, come indica la Commissione, i funzionari dell’Unione che hanno partecipato ai test sono tenuti al segreto professionale, conformemente all’articolo 17 dello Statuto, ed erano, per di più, tenuti a sottoscrivere una dichiarazione di riservatezza.

71      Inoltre, il ricorrente allude a un rischio di fuga di informazioni riservate, ma non dimostra che una simile fuga abbia avuto luogo. In particolare, il documento citato a tale proposito, ossia il verbale di una riunione della commissione giudicatrice, non corrobora in alcun modo la censura del ricorrente, atteso che tale documento non prova né l’esistenza né il rischio di una fuga di informazioni riservate.

72      Pertanto, la seconda censura deve essere respinta.

73      In una terza censura, il ricorrente critica il fatto che membri del personale dell’EPSO abbiano partecipato a riunioni della commissione giudicatrice, non solo come supporto amministrativo, ma anche presenziando a talune riunioni, in violazione del principio della segretezza dei lavori della commissione giudicatrice. Il ricorrente sostiene che la presenza di membri del personale dell’EPSO a tali riunioni impediva agli altri membri della commissione giudicatrice di dare il loro parere sul contenuto delle prove, per timore di non essere più selezionati dall’EPSO in futuro per far parte di altre commissioni giudicatrici di concorso.

74      A tale riguardo, occorre rilevare che, come risulta dalla giurisprudenza menzionata al punto 55 supra, nessuna disposizione dello Statuto, e in particolare gli articoli 3 e 7 dell’allegato III dello stesso, osta a che la commissione giudicatrice di concorso possa avvalersi dell’assistenza di persone esterne, come membri dell’EPSO, per lo svolgimento dei suoi lavori, a condizione che essa conservi il potere discrezionale finale, come avvenuto nel caso di specie. In particolare, come ricorda giustamente la Commissione, la presenza di rappresentanti dell’EPSO alle suddette riunioni era necessaria affinché l’EPSO potesse esercitare le sue funzioni conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, dell’allegato III dello Statuto, in particolare al fine di poter rispondere alle domande poste dai membri della commissione giudicatrice.

75      Inoltre, come riferito al punto 70 supra, i membri dell’EPSO sono tenuti al segreto professionale, in forza dell’articolo 17 dello Statuto. Infine, nessun elemento del fascicolo consente di ritenere che membri del personale dell’EPSO abbiano esercitato pressioni sui membri della commissione giudicatrice o abbiano dato prova di ingerenza nelle discussioni tra i membri della commissione giudicatrice relativamente alla convalida delle prove.

76      Per di più, come rileva la Commissione, l’argomento secondo il quale i membri della commissione giudicatrice non sarebbero più liberi di manifestare la propria opinione per timore di misure di ritorsione dell’EPSO è del tutto infondato, giacché la partecipazione di un funzionario ai lavori della commissione giudicatrice come membro di questa non comporta alcuna forma di retribuzione né alcun altro vantaggio particolare, bensì un impegno personale anche gravoso. Pertanto, il rischio che l’imparzialità o l’indipendenza di un funzionario chiamato a far parte di una commissione giudicatrice possa essere alterata dal timore di non entrare a far parte della commissione giudicatrice di un altro concorso futuro non è dimostrato, in quanto si basa su speculazioni.

77      Ne consegue che occorre respingere la terza censura e, pertanto, il secondo motivo di ricorso nella sua interezza, senza che sia necessario esaminare le domande di provvedimenti istruttori formulate dal ricorrente nella replica, in quanto, se anche fossero disposti, i documenti invocati non sarebbero idonei a mettere in discussione la constatazione, di cui ai punti 70 e 71 supra, secondo cui i funzionari dell’Unione che hanno partecipato ai test sono tenuti al segreto professionale, conformemente all’articolo 17 dello Statuto, che erano tenuti a firmare una dichiarazione di riservatezza e che il ricorrente non ha dimostrato che avesse effettivamente avuto luogo una fuga di informazioni riservate.

–       Sul terzo motivo, relativo alla violazione del principio di non discriminazione fondata sulla disabilità di cui all’articolo 1 quinquies dello Statuto e agli articoli 2 e 5 della direttiva 2000/78

78      Con il terzo motivo, il ricorrente contesta, anzitutto, la competenza dell’EPSO per quanto riguarda la determinazione delle misure particolari di cui egli poteva beneficiare per via della sua disabilità.

79      Inoltre, il ricorrente adduce, in sostanza e in via principale, che l’EPSO sarebbe incorso in un errore manifesto di valutazione non avendo predisposto misure particolari sufficienti, tenuto conto, da un lato, della sua disabilità e, dall’altro, delle specificità della prova e‑tray, il che costituirebbe una violazione dell’articolo 1 quinquies dello Statuto e degli articoli 2 e 5 della direttiva 2000/78.

80      Il ricorrente sottolinea, in subordine, che l’EPSO non ha motivato la sua scelta delle misure particolari concesse.

81      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

82      Ai sensi dell’articolo 1 quinquies dello Statuto:

«1.      Nell’applicazione del presente [S]tatuto è proibita ogni discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle, le origini etniche o sociali, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza a una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o l’orientamento sessuale.

(…)

4.      Ai fini del paragrafo 1, per persone con disabilità si intendono coloro che presentano duratura menomazione fisica, mentale, intellettuale o sensoriale che, in interazione con barriere di diversa natura, può ostacolare una loro piena ed effettiva partecipazione nella società su un piano di uguaglianza con gli altri. Tale menomazione è determinata secondo la procedura di cui all’articolo 33.

Un disabile si considera in possesso del requisito di cui all’articolo 28, lettera e), se è in grado di svolgere le funzioni essenziali dell’impiego una volta predisposti accomodamenti ragionevoli.

Per “accomodamenti ragionevoli” in rapporto con le funzioni essenziali di un impiego si intende l’adozione di misure adeguate, in base alle necessità, per consentire alla persona disabile di accedere, partecipare o avanzare nell’impiego, ovvero di seguire attività di formazione, salvo che ciò comporti un onere sproporzionato per l’istituzione.

(…)

5.      Quando una persona a cui si applica il presente [S]tatuto, che si considera lesa a seguito della mancata applicazione nei suoi confronti del principio di pari trattamento sopra menzionato, esponga fatti sulla base dei quali si possa presumere che vi sia stata discriminazione diretta o indiretta, spetta all’istituzione dimostrare che non si è avuta violazione del suddetto principio di parità. (...)».

83      Secondo una giurisprudenza costante, il principio di non discriminazione impone che situazioni comparabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza del 14 dicembre 2017, RL/Corte di giustizia dell’Unione europea, T‑21/17, EU:T:2017:907, punto 47 e giurisprudenza ivi citata). Si deve anche precisare, da un lato, che non è necessario che le situazioni siano identiche, ma soltanto che siano comparabili, e, dall’altro lato, che l’esame di tale comparabilità deve essere condotto non in maniera globale e astratta, bensì in modo specifico e concreto, tenuto conto dell’oggetto e dello scopo della normativa di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2017, Milkova, C‑406/15, EU:C:2017:198, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

84      Occorre ricordare l’esistenza di un principio di non discriminazione, in particolare basata sulla disabilità, che deve essere considerato un principio generale del diritto dell’Unione cui la direttiva 2000/78 dà espressione concreta in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (v., in tal senso, sentenza del 19 gennaio 2010, Kücükdeveci, C‑555/07, EU:C:2010:21, punto 21). Il divieto di qualsiasi discriminazione fondata, in particolare, sulla disabilità è sancito dall’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la quale, dal 1° dicembre 2009, ha lo stesso valore giuridico dei trattati (sentenza del 13 settembre 2011, Prigge e a., C‑447/09, EU:C:2011:573, punto 38). Tale divieto è altresì sancito, nell’ambito dello Statuto, dall’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, primo comma, del medesimo.

85      Relativamente agli articoli 2 e 5 della direttiva 2000/78, invocati dal ricorrente, occorre rilevare che, sebbene questi non avanzi alcun argomento specifico sulla base delle disposizioni di tale direttiva, essa costituisce una fonte di ispirazione ammessa nell’ambito del contenzioso relativo al personale delle istituzioni dell’Unione, quanto alla determinazione degli obblighi dell’autorità di regolamentazione competente per quanto riguarda il principio di non discriminazione (v., in tal senso, sentenza del 7 febbraio 2019, RK/Consiglio, T‑11/17, EU:T:2019:65, punti da 68 a 70 e giurisprudenza ivi citata).

86      Nel caso di specie, il ricorrente non contesta il contenuto della prova di cui trattasi, ma unicamente le modalità previste dall’EPSO per il suo svolgimento per quanto riguarda lo stesso ricorrente, che avrebbero dato origine a una discriminazione indiretta nei suoi confronti.

87      In primo luogo, per quanto concerne la presunta incompetenza dell’EPSO ad adottare le soluzioni ragionevoli, occorre osservare che, secondo il bando di concorso, l’attuazione delle misure procedurali necessarie per consentire a un candidato disabile di partecipare al concorso spetta all’EPSO e non alla commissione giudicatrice.

88      Nello specifico, il punto 1.3 dell’allegato II del bando di concorso, recante disposizioni generali all’attenzione dei candidati, indica che i «candidati affetti da disabilità» sono tenuti a rivolgersi all’EPSO, in particolare al servizio «EPSO Accessibility», per sollecitare le «misure particolari di cui necessitano».

89      Orbene, tali disposizioni erano regolari. Infatti, come risulta dall’articolo 1, primo comma, e dall’articolo 4 dell’allegato III dello Statuto, spetta all’APN – e quindi all’EPSO nei casi in cui, come nella fattispecie, le istituzioni gli conferiscono il potere di organizzare il concorso –, e non alla commissione giudicatrice, definire il contenuto del bando di concorso e decidere le sue modalità e quindi, anche, le eventuali modifiche di cui tali modalità possono ragionevolmente essere oggetto per tenere conto dell’eventuale disabilità di taluni candidati, atteso che tali misure rientrano nelle modalità di organizzazione del concorso stesso.

90      In secondo luogo, dal fascicolo risulta che, nella sua richiesta di misure particolari presentata il 5 giugno 2017 prima dei test a risposta multipla, il ricorrente aveva unicamente comunicato la necessità di disporre di tempo aggiuntivo per effettuare tali test. L’EPSO ha risposto favorevolmente a tale richiesta il 6 giugno 2017, concedendo il 50% di tempo aggiuntivo rispetto al tempo impartito agli altri candidati non disabili. Il ricorrente non ha contestato tale decisione e ha successivamente superato i test a risposta multipla.

91      Il 27 settembre 2017, il ricorrente ha presentato una nuova richiesta di misure particolari al servizio «EPSO Accessibility», auspicando che venisse evitato l’inconveniente che si era verificato nell’ambito dello svolgimento dei test a risposta multipla, ossia la mancata concessione del tempo aggiuntivo che gli era stato accordato.

92      Di conseguenza, risulta che le uniche misure particolari di cui il ricorrente aveva chiesto l’adozione per lo svolgimento della prova e‑tray consistevano nella concessione di un tempo aggiuntivo identico a quello concesso dall’EPSO il 6 giugno 2017 per i test a risposta multipla, ossia il 50% di tempo aggiuntivo rispetto al tempo impartito ai candidati non disabili. L’EPSO ha risposto favorevolmente a tale richiesta e ha offerto al ricorrente, in aggiunta, la possibilità di utilizzare i propri strumenti di lettura e di beneficiare dell’aiuto di un assistente per gli aggiustamenti tecnici dello schermo.

93      Pertanto, alla luce in particolare della disposizione richiamata al punto 88 supra, il ricorrente non può legittimamente contestare all’EPSO di non aver predisposto misure particolari che egli non aveva previamente richiesto.

94      In ogni caso, non si può ritenere che le misure adottate dall’EPSO nel caso di specie fossero insufficienti. L’affermazione del ricorrente secondo la quale egli avrebbe dovuto perlomeno disporre, per la prova di cui trattasi, del doppio tempo non è comprovata.

95      Il Tribunale rileva, al pari della Commissione, che, con le stesse misure particolari, il ricorrente ha superato i test a risposta multipla e che egli non adduce elementi che dimostrino che tali misure particolari fossero insufficienti per la prova e‑tray. A tale riguardo, le sue affermazioni relative alle particolarità di tale prova sono irrilevanti. Le misure di cui ha beneficiato sia per la suddetta prova sia per i test a risposta multipla sono infatti consistite essenzialmente nella concessione di un tempo aggiuntivo pari al 50% del tempo normale accordato agli altri candidati. Orbene, tale tempo normale era, in ciascun caso, necessariamente adeguato al contenuto e alle peculiarità della prova di cui trattasi, anche, se del caso, per quanto riguarda il volume dei dati di cui occorreva prendere conoscenza. Inoltre, contrariamente a quanto suggerisce il ricorrente, la proporzione relativamente esigua dei candidati che hanno risposto a tutte le domande nell’ambito della prova di cui trattasi, pur essendo indicativa della difficoltà della stessa, non costituisce un indizio pertinente relativo al volume dei dati da leggere.

96      Da quanto precede deriva che il ricorrente non ha dato prova di fatti che consentano di presumere l’esistenza di una discriminazione indiretta, atteso che le misure particolari che gli sono state proposte erano adeguate in considerazione della sua disabilità e delle specificità della prova in questione.

97      In terzo luogo, l’argomento del ricorrente secondo il quale la valutazione è stata effettuata unicamente «in astratto» è infondato, così come l’argomento relativo all’assenza di motivazione della decisione dell’EPSO del 12 ottobre 2017, giacché tale decisione ha risposto alle richieste del ricorrente del 27 settembre 2017 ed era fondata sul certificato medico prodotto dal medesimo, elementi entrambi richiamati nella decisione di cui trattasi.

98      Il fatto che, come ricordato nella risposta alla domanda di accesso ai documenti relativamente a tale punto, non esista un altro documento in materia non può avere alcuna conseguenza quanto a un presunto difetto di motivazione, dal momento che, sebbene l’EPSO abbia confermato, in tale risposta, che gli unici documenti esistenti erano già in possesso del ricorrente, esso ha nondimeno altresì precisato le modalità secondo le quali la sua situazione era stata esaminata, vale a dire nel rispetto del principio secondo il quale qualsiasi ostacolo che impedisca a un candidato disabile di partecipare alle prove del concorso su un piano di parità con gli altri candidati non disabili deve essere eliminato. Nel caso del ricorrente, la risposta dell’EPSO precisa ancora una volta che la decisione è stata adottata sulla base dei soli elementi indicati dal ricorrente, ossia il certificato medico e la domanda del 27 settembre 2017.

99      Ne consegue che il terzo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

100    Pertanto, la domanda di annullamento della prima decisione impugnata deve essere respinta.

 Sulla domanda di annullamento della seconda decisione impugnata

101    Come precisato ai punti da 11 a 14 supra, con la domanda iniziale, presentata in forza del regolamento n. 1049/2001, il ricorrente ha chiesto l’accesso alla copia dei documenti relativi alla prova e‑tray, sia in lingua italiana sia nell’eventuale lingua originale di redazione di detta prova, con l’indicazione delle risposte fornite dal medesimo, di quelle ritenute corrette dalla commissione giudicatrice e dei criteri e punteggi di valutazione. Di fronte al rifiuto opposto dall’EPSO alla domanda iniziale il 21 marzo 2018, il ricorrente ha presentato una domanda di conferma, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001. In tale occasione, egli ha presentato un’altra domanda volta a ottenere l’accesso al numero di caratteri, compresi gli spazi, dei documenti della prova in questione, distinta per ciascun messaggio di posta elettronica facente parte di quest’ultima, per ciascuna domanda e per ciascuna risposta ritenuta corretta. Con la seconda decisione impugnata, la Commissione ha confermato la decisione del 21 marzo 2018 e ha inoltre opposto rifiuto alla domanda diretta a ottenere l’accesso al numero di caratteri dei documenti della prova.

102    Si deve rilevare che, nel ricorso, il ricorrente non contesta le valutazioni della Commissione contenute nella seconda decisione impugnata relativamente al rifiuto di accesso alle «risposte fornite dal ricorrente, (...) quelle ritenute corrette dalla [c]ommissione esaminatrice e [i] criteri/punteggi di valutazione».

103    Tuttavia, il ricorrente sostiene che la Commissione ha errato nel rifiutare l’accesso, in primo luogo, al contenuto della prova e‑tray e, in secondo luogo, al numero di caratteri di tale prova.

–       Sulla tardività della domanda di annullamento della seconda decisione impugnata

104    La finalità dei termini di ricorso è, secondo una giurisprudenza costante, di salvaguardare in seno alle istituzioni dell’Unione la certezza del diritto, indispensabile al loro buon funzionamento, evitando di rimettere in discussione indefinitamente gli atti dell’Unione che comportano effetti giuridici. Tali termini sono di ordine pubblico e né le parti né il giudice possono disporne. Tali termini rispondono del pari alla necessità di evitare qualsiasi discriminazione o trattamento arbitrario nell’amministrazione della giustizia (v. sentenza del 5 marzo 2008, Combescot/Commissione, T‑414/06 P, EU:T:2008:58, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

105    Il Tribunale ritiene che occorra verificare d’ufficio se i termini di ricorso siano stati rispettati nel caso di specie.

106    A tal fine, occorre determinare, in primo luogo, la base giuridica adeguata ai fini dell’esame della domanda di annullamento della seconda decisione impugnata.

107    Il ricorrente ha presentato la domanda di annullamento della seconda decisione impugnata sulla base dell’articolo 263 TFUE. Tuttavia, nella sua risposta ai quesiti posti nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, il ricorrente rileva che l’articolo 91, paragrafo 1, dello Statuto prevede la competenza speciale della Corte di giustizia per «ogni controversia», senza distinzione, «tra l’Unione e una delle persone indicate nel presente [S]tatuto», il che comprende, a suo avviso, i candidati ai procedimenti di concorso, come avviene nel caso di specie. Pertanto, secondo il ricorrente, la base giuridica adeguata di detta domanda di annullamento è l’articolo 270 TFUE.

108    Nella sua risposta alla misura di organizzazione del procedimento, la Commissione fa presente che la seconda decisione impugnata è stata adottata sulla base del regolamento n. 1049/2001. Orbene, la Commissione rileva che ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del citato regolamento, «[i]n caso di rifiuto totale o parziale, l’istituzione è tenuta ad informare il richiedente dei mezzi di cui questi dispone, vale a dire l’avvio di un ricorso giurisdizionale contro l’istituzione e/o la presentazione di una denuncia presso il mediatore, a norma degli articoli 230 e 195 del trattato CE». Pertanto, secondo la Commissione, la base giuridica sulla quale si fonda la domanda di annullamento della seconda decisione impugnata è l’articolo 263 TFUE, dal momento che detta decisione è stata adottata esclusivamente sulla base del regolamento n. 1049/2001.

109    Secondo la giurisprudenza, il regolamento n. 1049/2001 è infatti teso a conferire un diritto di accesso del pubblico in generale ai documenti delle istituzioni. In tal senso, conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, i beneficiari del diritto di accesso ai documenti delle istituzioni sono i cittadini dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro senza che tali persone siano tenute a dimostrare un interesse specifico a ottenerne l’accesso. La qualità di funzionario è quindi irrilevante per quanto riguarda il diritto di accesso ai documenti previsto dal regolamento n. 1049/2001 e le decisioni adottate sulla base del medesimo (v. sentenza del 13 dicembre 2012, Commissione/Strack, T‑197/11 P e T‑198/11 P, EU:T:2012:690, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

110    In aggiunta, si deve rilevare che le decisioni fondate sul regolamento n. 1049/2001 non possono essere assimilate agli atti che arrecano pregiudizio ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto a causa delle differenze relative alle loro rispettive modalità di adozione e alle condizioni che devono essere soddisfatte per poterne contestare la legittimità (sentenza del 13 dicembre 2012, Commissione/Strack, T‑197/11 P e T‑198/11 P, EU:T:2012:690, punto 49).

111    A tale riguardo, per quanto riguarda le decisioni fondate sul regolamento n. 1049/2001, a norma dell’articolo 7 di detto regolamento, un richiedente deve presentare una prima domanda di accesso a documenti, cui deve essere data una risposta entro un termine di quindici giorni lavorativi a decorrere dalla sua registrazione. Tale termine può essere prorogato di quindici giorni lavorativi in via eccezionale. In caso di rifiuto totale o parziale di accesso o di mancata risposta entro il termine richiesto, il richiedente ha facoltà di presentare all’istituzione una domanda di conferma entro 15 giorni lavorativi. L’istituzione deve rispondere alla domanda di conferma entro un termine di quindici giorni lavorativi a decorrere dalla sua registrazione, termine che può essere prorogato di ulteriori quindici giorni lavorativi in via eccezionale. Se l’istituzione rifiuta totalmente o parzialmente l’accesso ai documenti o se non risponde entro il termine impartito, il richiedente può proporre ricorso contro la risposta alla domanda di conferma alle condizioni previste all’articolo 263 TFUE (sentenza del 13 dicembre 2012, Commissione/Strack, T‑197/11 P e T‑198/11 P, EU:T:2012:690, punto 50).

112    Le modalità di adozione di un atto che arreca pregiudizio ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, così come le condizioni che devono essere soddisfatte per poterne contestare la legittimità, sono invece molto diverse (sentenza del 13 dicembre 2012, Commissione/Strack, T‑197/11 P e T‑198/11 P, EU:T:2012:690, punto 51).

113    A norma dell’articolo 90 dello Statuto, infatti, qualsiasi persona cui si applica tale Statuto può presentare all’APN una domanda che la inviti a prendere una decisione nei suoi confronti. L’APN notifica la propria decisione nel termine di quattro mesi a decorrere dalla presentazione della domanda e la mancata risposta entro i termini va considerata come decisione implicita di rigetto. In caso di decisione esplicita o di decisione implicita di rigetto, la persona interessata può presentare reclamo all’APN entro un termine di tre mesi. L’APN deve notificare la sua decisione nel termine di quattro mesi a decorrere dalla presentazione del reclamo, e la mancanza di risposta entro i termini va considerata come decisione implicita di rigetto. È quindi possibile contestare la legittimità dell’atto che arreca pregiudizio ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto entro un termine di tre mesi a decorrere dalla notifica della risposta al reclamo o a decorrere dalla scadenza del termine per rispondere a detto reclamo (sentenza del 13 dicembre 2012, Commissione/Strack, T‑197/11 P e T‑198/11 P, EU:T:2012:690, punto 52).

114    Da quanto precede risulta che una stessa decisione non può essere considerata al contempo come atto che arreca pregiudizio ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto e come una decisione impugnabile ai sensi del regolamento n. 1049/2001 (sentenza del 13 dicembre 2012, Commissione/Strack, T‑197/11 P e T‑198/11 P, EU:T:2012:690, punto 53).

115    Orbene, nel caso di specie, è pacifico che la seconda decisione impugnata è stata adottata sulla base del regolamento n. 1049/2001.

116    Conformemente alla giurisprudenza citata ai punti da 109 a 114 supra, occorre pertanto constatare che la domanda di annullamento della seconda decisione impugnata deve essere esaminata sulla base dell’articolo 263 TFUE, e non dell’articolo 270 TFUE, sicché il termine di ricorso è di due mesi.

117    In secondo luogo, occorre determinare il periodo nel quale il termine di ricorso è stato sospeso per via della domanda di ammissione al gratuito patrocinio presentata personalmente dal ricorrente, senza l’intervento di un avvocato.

118    Tale domanda è stata presentata il 9 agosto 2018 e l’ordinanza con la quale il Tribunale ha designato l’avvocato incaricato di rappresentare il ricorrente è stata notificata a tale avvocato, mediante e‑Curia, il 10 maggio 2019 e al ricorrente, con lettera raccomandata, il 20 maggio 2019.

119    Conformemente all’articolo 147, paragrafo 7, del regolamento di procedura, in un caso del genere, il termine di ricorso è sospeso fino alla data di notifica dell’ordinanza che designa l’avvocato incaricato di rappresentare il richiedente il gratuito patrocinio.

120    Nella sua risposta ai quesiti posti nell’ambito della misura di organizzazione del procedimento, il ricorrente ha sostenuto che la sospensione del termine di ricorso connessa a una domanda di ammissione al gratuito patrocinio, che deve dar luogo a un’ordinanza di designazione dell’avvocato incaricato di rappresentare il richiedente tale gratuito patrocinio, ha fine solo quando tale ordinanza è stata notificata sia all’avvocato designato sia allo stesso richiedente personalmente.

121    La Commissione ha rilevato a sua volta che la giurisprudenza esistente (sentenza del 30 gennaio 2020, PV/Commissione, T‑786/16 e T‑224/18, non pubblicata, EU:T:2020:17, punti 103 e 104; ordinanze del 14 gennaio 1993, Lallemand-Zeller/Commissione, T‑92/92 AJ, EU:T:1993:3; dell’11 marzo 2010, M/EMEA, T‑12/08 P‑RENV‑RX, EU:T:2010:84, punti 15 e 16, e del 15 dicembre 2009, Apostolov/Commissione, F‑8/09, EU:F:2009:169, punti 9 e 10) tende a indicare che il termine sospeso dalla domanda di ammissione al gratuito patrocinio che deve dar luogo alla designazione di un avvocato ricomincia a decorrere dalla data di notifica dell’ordinanza recante tale designazione al richiedente, e non già all’avvocato designato. Secondo la Commissione, la logica del parallelismo delle forme porterebbe parimenti alla medesima conclusione, dal momento che, in una situazione del genere, la domanda di ammissione al gratuito patrocinio è stata presentata direttamente dal richiedente il gratuito patrocinio, e non tramite un avvocato.

122    Tuttavia, la Commissione ha altresì sottolineato che un’ordinanza che designa un avvocato nell’ambito di una domanda di ammissione al gratuito patrocinio segna un punto di svolta a partire dal quale il ricorrente è formalmente rappresentato in giudizio da un avvocato. Secondo la Commissione, si potrebbe dunque ritenere che a partire da quel momento si applichino le norme abituali di notifica e pertanto che la notifica fatta all’avvocato debba essere considerata come una notifica fatta alla parte rappresentata in giudizio.

123    La Commissione aggiunge che, una volta effettuata tale notifica, l’avvocato designato è in grado di compiere gli adempimenti necessari alla difesa del richiedente il gratuito patrocinio. Da questo punto di vista, non sussisterebbero differenze fondamentali tra la notifica al ricorrente e la notifica al suo avvocato. Spetterebbe infatti al ricorrente, non appena questi riceve l’ordinanza che designa il suo avvocato, esercitare la dovuta diligenza e mettersi in contatto con l’avvocato designato il più presto possibile. Analogamente, se l’avvocato riceve per primo la notifica, egli dovrebbe prendere contatto con il ricorrente il più rapidamente possibile.

124    Pertanto, la Commissione è dell’avviso che, nella fattispecie, risulti più conforme alla ratio e all’economia degli articoli 147 e 148 del regolamento di procedura ritenere rilevante la prima notifica dell’ordinanza di designazione dell’avvocato incaricato di rappresentare il richiedente il gratuito patrocinio, che si tratti della notifica al ricorrente o a tale avvocato.

125    A tale riguardo, occorre ricordare che, nel contesto di una domanda di ammissione al gratuito patrocinio, l’articolo 148, paragrafo 5, del regolamento di procedura prevede le condizioni alle quali può esser conferito mandato a un avvocato, su iniziativa del cancelliere del Tribunale, al fine di rappresentare una parte dinanzi al Tribunale (sentenza dell’11 giugno 2019, Frank/Commissione, T‑478/16, EU:T:2019:399, punto 65). In tal senso, nonostante la giurisprudenza citata al punto 121, che sembra accreditare la tesi opposta, l’ordinanza che designa l’avvocato incaricato di rappresentare il ricorrente contiene un mandato di rappresentanza, sicché il termine di ricorso ricomincia a decorrere dalla data di notifica di detta ordinanza all’avvocato, poiché i rapporti tra tale avvocato e il ricorrente sono allora instaurati dalla decisione del presidente del Tribunale e tale avvocato è dunque tenuto, in forza delle norme deontologiche al medesimo incombenti e che possono far sorgere la sua responsabilità nei confronti del suo cliente, ad assicurare il rispetto del termine di ricorso, la ripresa di decorrenza del quale gli è stata espressamente indicata dal Tribunale dell’ambito della notifica dell’ordinanza in questione.

126    Pertanto, nel caso di specie, i termini di ricorso avverso le decisioni impugnate sono stati sospesi il 9 agosto 2018 (data di presentazione della domanda di ammissione al gratuito patrocinio) e hanno ricominciato a decorrere il 10 maggio 2019 (data di notifica dell’ordinanza di designazione all’avvocato del ricorrente).

127    In terzo luogo, occorre verificare se il ricorso contro la seconda decisione impugnata sia stato proposto entro il termine prescritto all’articolo 263 TFUE.

128    La seconda decisione impugnata è stata notificata al ricorrente il 26 giugno 2018.

129    Ai sensi dell’articolo 263 TFUE, un ricorso di annullamento di una decisione deve essere proposto nel termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica, al quale si aggiunge un termine di dieci giorni previsto all’articolo 60 del regolamento di procedura. La data limite entro la quale il ricorrente poteva proporre un ricorso di annullamento contro la seconda decisione impugnata avrebbe dovuto essere il 5 settembre 2018.

130    Il ricorrente ha presentato una domanda di ammissione al gratuito patrocinio il 9 agosto 2018, vale a dire 27 giorni prima della data limite per il deposito del ricorso.

131    Il termine di ricorso è stato sospeso il 9 agosto 2018 e ha ricominciato a decorrere il 10 maggio 2019.

132    Il ricorso è stato proposto il 17 giugno 2019.

133    Da quanto precede risulta che il ricorso avrebbe dovuto essere proposto dal ricorrente entro il 6 giugno 2019 e che, di conseguenza, la parte del ricorso diretta all’annullamento della seconda decisione impugnata è intervenuta dopo la scadenza del termine di ricorso.

134    Tuttavia, in quarto luogo, occorre osservare che, nell’ambito della sua risposta alla misura di organizzazione del procedimento, il ricorrente sostiene che, se la parte del ricorso diretto contro la seconda decisione impugnata dovesse essere considerata tardiva, egli avrebbe il diritto a che gli venga riconosciuto il beneficio dell’errore scusabile per quanto riguarda i termini di ricorso. Egli si riferisce, al riguardo, all’indicazione della lettera di notifica dell’ordinanza che designa un avvocato che ha ricevuto personalmente dalla cancelleria del Tribunale, secondo la quale «la presente notifica pone[va] fine alla sospensione del termine previsto per la presentazione del ricorso».

135    Per quanto riguarda i termini di ricorso, la nozione di errore scusabile deve essere interpretata in maniera rigorosa e può riguardare solo circostanze eccezionali in cui, segnatamente, l’istituzione interessata abbia assunto un comportamento tale da ingenerare, da solo o in modo determinante, una comprensibile confusione nel singolo in buona fede che ha dato prova di tutta la diligenza che si richiede a una persona normalmente accorta (sentenza del 22 settembre 2011, Bell & Ross/UAMI, C‑426/10 P, EU:C:2011:612, punto 47).

136    Nel caso di specie, come risulta dal punto 118 supra, la cancelleria del Tribunale ha inviato due lettere per notificare l’ordinanza di designazione dell’avvocato: una prima lettera a tale avvocato, mediante e‑Curia, e una seconda al richiedente, mediante raccomandata.

137    Risulta poi che sia nella lettera destinata all’avvocato designato sia in quella destinata al ricorrente figurava un’indicazione secondo la quale «[l]a presente notifica pone[va] fine alla sospensione del termine previsto per la presentazione del ricorso».

138    Stante tale indicazione, la lettera della cancelleria del Tribunale destinata al ricorrente era tale da ingenerare una comprensibile confusione in quest’ultimo, inducendolo a pensare che la data di notifica dell’ordinanza nei suoi riguardi fosse la data da prendere in considerazione per il calcolo dei termini di ricorso.

139    Orbene, se tale data dovesse essere presa in considerazione per il calcolo dei termini di ricorso, il termine di presentazione del ricorso nella parte in cui è diretto all’annullamento della seconda decisione impugnata sarebbe stato domenica 16 giugno e, quindi, sulla base dell’articolo 58, paragrafo 2, del regolamento di procedura, il termine sarebbe scaduto solo alla fine del giorno successivo (il 17 giugno 2019), sicché la parte del ricorso diretta contro la seconda decisione impugnata dovrebbe essere considerata ricevibile.

140    Pertanto, si deve riconoscere al ricorrente il beneficio dell’errore scusabile. La domanda di annullamento della seconda decisione impugnata non è quindi tardiva.

–       Sul primo motivo, relativo alla violazione del regolamento n. 1049/2001 in quanto la Commissione ha rifiutato l’accesso al contenuto della prova etray

141    Il ricorrente non contesta il fatto che la Commissione potesse legittimamente basarsi su una presunzione generale di sussistenza dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, relativa alla tutela del processo decisionale della Commissione, per rifiutare l’accesso al contenuto della prova e‑tray.

142    Nondimeno, il ricorrente ritiene, in sostanza, che la Commissione sia incorsa in un errore rifiutandogli l’accesso al contenuto di tale prova, in quanto egli sarebbe riuscito a confutare detta presunzione dimostrando che, in primo luogo, aveva ragioni concrete per contestare la regolarità della prova di cui trattasi e, in secondo luogo, il risultato, previo annullamento delle domande contestate, poteva portare alla sua ammissione alla fase successiva del concorso.

143    La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

144    Occorre ricordare che, sebbene il regolamento n. 1049/2001 miri a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni che sia il più ampio possibile, da tale regolamento risulta altresì che tale diritto di accesso è comunque assoggettato a determinati limiti fondati su motivi di interesse pubblico o privato. In tal senso, il considerando 11 di detto regolamento pone in particolare l’accento sulla necessità di «consentire alle istituzioni di proteggere le loro consultazioni e discussioni interne quando sia necessario per tutelare la propria capacità di espletare le loro funzioni» (v. sentenza del 12 novembre 2015, Alexandrou/Commissione, T‑515/14 P e T‑516/14 P, EU:T:2015:844, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

145    Il regime delle eccezioni è definito dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001. In forza dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento in questione, le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento contenente riflessioni per uso interno, facenti parte di discussioni e consultazioni preliminari in seno all’istituzione interessata, qualora la divulgazione del documento possa pregiudicare seriamente il processo decisionale dell’istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

146    Dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 deriva quindi che il regime dell’eccezione dallo stesso prevista si basa su un bilanciamento degli interessi che si oppongono in una data situazione, vale a dire, da un lato, gli interessi che sarebbero favoriti dalla divulgazione dei documenti di cui trattasi e, dall’altro, quelli che sarebbero minacciati da tale divulgazione. La decisione su una domanda di accesso a documenti dipende dallo stabilire quale debba essere l’interesse prevalente nel caso di specie (sentenza del 12 novembre 2015, Alexandrou/Commissione, T‑515/14 P e T‑516/14 P, EU:T:2015:844, punto 75).

147    Dalla giurisprudenza risulta altresì che l’istituzione dell’Unione interessata può fondarsi su presunzioni di carattere generale che si applicano a determinate categorie di documenti, poiché considerazioni di ordine generale analoghe possono applicarsi a domande di divulgazione riguardanti documenti della stessa natura (v. sentenza del 12 novembre 2015, Alexandrou/Commissione, T‑515/14 P e T‑516/14 P, EU:T:2015:844, punto 88 e giurisprudenza ivi citata).

148    Per accertare l’esistenza di una presunzione, la Corte si è basata, in particolare, sul fatto che le eccezioni al diritto di accesso ai documenti, di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, non possono essere interpretate, quando i documenti oggetto della domanda di accesso rientrano in un settore particolare del diritto dell’Unione, senza tener conto delle norme specifiche che disciplinano l’accesso a tali documenti (v. sentenza del 12 novembre 2015, Alexandrou/Commissione, T‑515/14 P e T‑516/14 P, EU:T:2015:844, punto 90 e giurisprudenza ivi citata).

149    Nel caso di specie, poiché le questioni controverse rientrano nell’ambito particolare della funzione pubblica dell’Unione, l’eccezione relativa alla tutela del processo decisionale, prevista all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, deve essere interpretata tenendo conto del principio della segretezza dei lavori della commissione giudicatrice, enunciato all’articolo 6 dell’allegato III dello Statuto (sentenza del 12 novembre 2015, Alexandrou/Commissione, T‑515/14 P e T‑516/14 P, EU:T:2015:844, punto 93).

150    Sulla base di una simile interpretazione, conformemente agli obiettivi perseguiti dal principio di tutela della segretezza dei lavori della commissione giudicatrice, la Commissione può legittimamente presumere, senza procedere a un esame specifico e concreto di tali documenti, che la divulgazione delle domande a risposta multipla poste nell’ambito dei test di preselezione dei concorsi generali arrechi, in linea di principio, un grave pregiudizio al suo processo decisionale (sentenza del 12 novembre 2015, Alexandrou/Commissione, T‑515/14 P e T‑516/14 P, EU:T:2015:844, punto 94). Si deve infatti tener presente che la tutela del contenuto di tale banca dati, mediante il principio della segretezza dei lavori della commissione giudicatrice, è giustificata dalle seguenti considerazioni. Da un lato, essa mira a evitare la divulgazione delle domande contenute nella banca dati, che rischierebbe di pregiudicare il principio della parità di trattamento dei candidati a concorsi futuri. Inoltre, la comunicazione sistematica, su richiesta, e senza esigere alcuna giustificazione concreta, del testo delle domande poste, ai candidati che non hanno superato la prova, ostacolerebbe l’organizzazione, nell’ambito dei concorsi generali, di prove sulla base di domande a scelta multipla, attinte da una banca dati dell’EPSO, il che disconoscerebbe l’ampio potere discrezionale della commissione giudicatrice nell’organizzazione delle prove e sarebbe contrario al principio di buona amministrazione (sentenza del 12 novembre 2015, Alexandrou/Commissione, T‑515/14 P e T‑516/14 P, EU:T:2015:844, punto 82).

151    L’applicazione di una simile presunzione generale, in relazione alle domande a risposta multipla poste nell’ambito di un concorso generale, si inserisce pienamente nel sistema del regolamento n. 1049/2001, che deve conciliarsi con le regole speciali applicabili, giustificate da obiettivi specifici. Pertanto, l’applicazione di una simile presunzione generale, qualora la Commissione decida di avvalersi dell’eccezione relativa alla tutela del processo decisionale per respingere una domanda di accesso a domande a risposta multipla poste nell’ambito di un concorso generale, presentata ai sensi del regolamento n. 1049/2001, non può essere intesa come l’aggiunta di una nuova eccezione (sentenza del 12 novembre 2015, Alexandrou/Commissione, T‑515/14 P e T‑516/14 P, EU:T:2015:844, punto 95).

152    Occorre peraltro sottolineare che la presunzione generale summenzionata non esclude la possibilità di dimostrare che un dato documento, di cui viene chiesta la divulgazione, non rientra in tale presunzione o che sussiste un interesse pubblico prevalente che giustifichi la divulgazione del documento in questione, in forza dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 (v. sentenza del 12 novembre 2015, Alexandrou/Commissione, T‑515/14 P e T‑516/14 P, EU:T:2015:844, punto 96 e giurisprudenza ivi citata). Invero, tale divulgazione rischierebbe di ledere il principio della parità di trattamento dei candidati a un futuro concorso nel quale il contenuto della prova sia nuovamente utilizzato e, pertanto, ostacolerebbe tale riutilizzo, il che disconoscerebbe l’ampio potere discrezionale della commissione giudicatrice nell’organizzazione delle prove e sarebbe contrario al principio di buona amministrazione.

153    Occorre sottolineare anzitutto che la presunzione generale di pregiudizio al processo decisionale individuata dal Tribunale nella sentenza del 12 novembre 2015, Alexandrou/Commissione (T‑515/14 P e T‑516/14 P, EU:T:2015:844), relativa all’accesso al testo di domande a risposta multipla contenute in una banca dati, può essere applicata per analogia al caso di specie. Come ha infatti spiegato la Commissione nella seconda decisione impugnata, al pari di tali domande a risposta multipla, il contenuto della prova e‑tray poteva essere riutilizzato successivamente, in futuri concorsi. Di conseguenza, la divulgazione delle domande e delle risposte corrette di una simile prova pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale della Commissione per quanto riguarda i futuri concorsi.

154    Il ricorrente, del resto, non contesta che la Commissione fosse legittimata a fondarsi su una presunzione generale di esistenza dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, relativa alla tutela del suo processo decisionale, per rifiutare l’accesso al contenuto della prova di cui trattasi.

155    Tuttavia, il ricorrente ritiene di essere riuscito a confutare tale presunzione generale dimostrando che, in primo luogo, egli aveva ragioni concrete per contestare la regolarità di tale prova e che, in secondo luogo, il risultato, previo annullamento delle domande contestate, poteva portare alla sua ammissione alla fase successiva del concorso.

156    Orbene, come sostenuto dalla Commissione nella seconda decisione impugnata e conformemente alla giurisprudenza citata al punto 152 supra, il Tribunale constata che il ricorrente non ha dedotto, né nella domanda di conferma né nell’atto di ricorso, l’esistenza di un interesse pubblico prevalente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 che osterebbe alla mancata divulgazione del contenuto della prova di cui trattasi.

157    Il ricorrente ha sostenuto, infatti, nella domanda di conferma, di aver bisogno di conoscere l’esatta lunghezza della prova al fine di valutare l’opportunità di presentare una domanda di annullamento della prima decisione impugnata. Orbene, l’interesse invocato dal ricorrente nel caso di specie, consistente nell’agevolare l’esercizio dei suoi diritti della difesa nell’ambito del suo ricorso avverso la prima decisione impugnata, costituisce un interesse «privato» che non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 14 luglio 2016, Sea Handling/Commissione, C‑271/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:557, punti da 97 a 99).

158    Pertanto, il primo motivo deve essere respinto.

–       Sul secondo motivo, relativo alla violazione del regolamento n. 1049/2001 in quanto la Commissione ha rifiutato l’accesso al numero di caratteri della prova etray

159    Con il secondo motivo, il ricorrente contesta alla Commissione di aver opposto rifiuto alla domanda di accesso al numero di caratteri della prova e‑tray, che egli aveva presentato in occasione della domanda di conferma.

160    Secondo il ricorrente, infatti, la Commissione è incorsa in due errori ritenendo, da un lato, che tale domanda costituisse una nuova domanda rispetto a quella inizialmente presentata e, dall’altro, che il documento richiesto non potesse essere qualificato come documento esistente.

161    Quanto a quest’ultimo punto, il ricorrente sottolinea, basandosi sulla sentenza dell’11 gennaio 2017, Typke/Commissione (C‑491/15 P, EU:C:2017:5, punti 37 e 38), che devono essere qualificate come documento esistente tutte le informazioni che possono essere estratte da una banca dati elettronica nell’ambito del suo uso corrente mediante strumenti di ricerca preprogrammati, anche se tali informazioni non sono ancora state presentate in tale forma o non hanno mai formato l’oggetto di una ricerca da parte degli agenti delle istituzioni, e che ne consegue che, per soddisfare i requisiti del regolamento n. 1049/2001, le istituzioni possono essere indotte a costituire un documento a partire dalle informazioni contenute in una banca dati utilizzando gli strumenti di ricerca esistenti.

162    Orbene, secondo il ricorrente, è notorio che tutte le correnti applicazioni informatiche permettono di contare automaticamente i caratteri di un testo e che, pertanto, tale informazione è ben ricompresa nel concetto di «documento» ai sensi del regolamento n. 1049/2001.

163    La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

164    Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, le domande di accesso a un documento sono presentate in qualsiasi forma scritta in modo sufficientemente preciso per consentire all’istituzione di identificare il documento.

165    Inoltre, ai sensi dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1049/2001, l’istituzione concede l’accesso al documento richiesto oppure, con risposta scritta, motiva il rifiuto totale o parziale e informa il richiedente del suo diritto di presentare una domanda di conferma. Nel caso di un rifiuto totale o parziale, il richiedente può chiedere alla stessa di rivedere la sua posizione, presentando una domanda di conferma.

166    Infine, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, l’istituzione destinataria di una domanda di conferma concede l’accesso al documento richiesto oppure, con risposta scritta, motiva il rifiuto totale o parziale. In caso di rifiuto totale o parziale, l’istituzione è tenuta ad informare il richiedente dei mezzi di cui questi dispone.

167    A tale riguardo, la Corte ha ricordato che la procedura di accesso ai documenti si svolge in due tempi e che la risposta a una domanda iniziale di accesso ai documenti costituisce solo una prima presa di posizione, che conferisce al ricorrente la possibilità di invitare l’istituzione interessata a riesaminare la sua posizione con una domanda di conferma (v., in tal senso, ordinanza del 15 febbraio 2012, Internationaler Hilfsfonds/Commissione, C‑208/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:76, punto 30).

168    Pertanto, una domanda di conferma può essere presentata solo per invitare la Commissione a riesaminare la sua posizione iniziale relativamente al documento o ai documenti già richiesti, e non per presentare una domanda di accesso ad altri documenti.

169    Orbene, nel caso di specie, nell’ambito della domanda di conferma, il ricorrente ha chiesto l’accesso a un documento che, anche supponendo che possa essere creato dalla Commissione, non era menzionato nella sua domanda iniziale, laddove una simile domanda deve essere sufficientemente precisa per consentire l’identificazione del documento in questione, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001.

170    Inoltre, occorre precisare che, contrariamente a quanto afferma il ricorrente, la domanda relativa al numero di caratteri della prova e‑tray non mirava a ottenere un accesso parziale al documento inizialmente richiesto. Il conteggio dei caratteri, infatti, per ciascun messaggio di posta elettronica e per ciascuna domanda posta, anche supponendo che fosse tecnicamente realizzabile, avrebbe richiesto la creazione di un documento nuovo, sicché l’accesso a quest’ultimo non costituiva un accesso a talune sezioni del documento inizialmente richiesto.

171    Pertanto, il secondo motivo, vertente su una domanda di accesso a un documento che non è stato oggetto di una domanda di conferma alla Commissione, deve essere respinto in quanto irricevibile (ordinanza dell’11 dicembre 2006, Weber/Commissione, T‑290/05, non pubblicata, EU:T:2006:381, punti 35 e 36), senza che sia necessario statuire sulla questione se tale documento potesse essere qualificato come documento esistente ai sensi della sentenza dell’11 gennaio 2017, Typke/Commissione (C‑491/15 P, EU:C:2017:5, punti 37 e 38).

172    La domanda di annullamento della seconda decisione impugnata deve quindi essere respinta nel suo complesso.

 Sulla domanda di annullamento della terza decisione impugnata

173    Il ricorrente chiede l’annullamento dell’elenco di riserva di un altro concorso al quale ha partecipato, ossia il concorso generale EPSO/AD/356/18, pubblicato sul sito dell’EPSO il 22 maggio 2019.

174    Nell’atto di ricorso, il ricorrente riferisce di essere stato informato il 19 settembre 2018 della sua esclusione dal suddetto concorso per non avere raggiunto il punteggio minimo richiesto per essere ammesso alla prova successiva.

175    Il ricorrente afferma di aver in seguito presentato all’EPSO, il 29 settembre 2018, una domanda di riesame, come previsto dal punto 4.2.2 dell’allegato II del secondo bando di concorso, e di non aver ricevuto alcuna risposta a tale domanda, nonostante l’obbligo di fornire una risposta motivata enunciato nelle disposizioni generali di concorso. Secondo il ricorrente, tale omessa risposta costituisce una violazione di cui all’articolo 265, terzo comma, TFUE. Inoltre, il ricorrente ha insistito, nella replica, sul fatto che tale domanda era una domanda di riesame e non già un reclamo amministrativo come ritenuto dalla Commissione.

176    In mancanza di risposta alla sua domanda di riesame, e in attesa di conoscere le motivazioni della sua esclusione dal concorso, il ricorrente afferma di essersi trovato costretto a ricorrere «al buio» contro tale esclusione, chiedendo l’annullamento dell’elenco di riserva di detto concorso, pubblicato il 22 maggio 2019, sulla base dell’articolo 270 TFUE.

177    Infine, nella replica, il ricorrente ha fatto presente che rinunciava alla sua domanda relativa al ricorso per carenza menzionato al punto 175 supra, circostanza di cui la Commissione ha preso atto nella controreplica.

178    La Commissione contesta la ricevibilità e la fondatezza della domanda di annullamento in esame.

179    In via preliminare, il Tribunale prende atto della rinuncia del ricorrente al ricorso per carenza menzionato al punto 175 supra.

180    Occorre poi rilevare che l’annullamento di tutti i risultati di un concorso costituisce, in linea di principio, una sanzione eccessiva rispetto all’irregolarità commessa, e ciò a prescindere dalla natura dell’irregolarità e dalla portata delle sue conseguenze sui risultati del concorso (sentenza del 5 maggio 2010, Bouillez e a./Consiglio, F‑53/08, EU:F:2010:37, punto 83). Pertanto, una domanda diretta all’annullamento dell’elenco di riserva di un concorso è, in linea di principio, ricevibile, conformemente alla giurisprudenza, solo nei limiti in cui riguarda il rifiuto della commissione giudicatrice del concorso di inserire il ricorrente nell’elenco di riserva in questione (v., in tal senso, sentenza del 25 maggio 2000, Elkaïm e Mazuel/Commissione, T‑173/99, EU:T:2000:142, punto 23 e giurisprudenza ivi citata). Invero, qualora, nell’ambito di un concorso generale bandito per la costituzione di una riserva di assunzione, venga constatata un’irregolarità, i diritti di un ricorrente sono adeguatamente tutelati se la commissione giudicatrice e l’APN riesaminano la decisione che arreca pregiudizio al medesimo e cercano una soluzione equa per il suo caso, senza che sia necessario mettere in discussione i risultati del concorso nel loro complesso o annullare le nomine effettuate in esito allo stesso (v. sentenza del 6 luglio 1993, Commissione/Albani e a., C‑242/90 P, EU:C:1993:284, punto 13 e giurisprudenza ivi citata).

181    Ne consegue che la domanda del ricorrente diretta all’annullamento dell’elenco di riserva nel suo complesso è irricevibile per mancanza di interesse ad agire.

182    Pertanto, la domanda di annullamento dev’essere integralmente respinta.

 Sulla domanda di risarcimento del danno

183    Il ricorrente chiede il risarcimento di un triplo danno che afferma di aver subìto.

184    In primo luogo, egli ritiene che la Commissione sia venuta meno al suo obbligo di rispondere a varie sue domande relative ai concorsi EPSO/AD/338/17 ed EPSO/AD/356/18, il che l’avrebbe costretto a proporre un ricorso senza disporre dei termini esatti della posizione assunta dalla Commissione.

185    In secondo luogo, egli afferma, in sostanza, di essere stato vittima di una discriminazione da parte della Commissione e che un mero annullamento «di un atto discriminatorio» non sarebbe di per sé sufficiente a riparare gli effetti nefasti della discriminazione subìta.

186    In terzo luogo, il ricorrente contesta all’EPSO di non aver risposto al suo messaggio di posta elettronica del 23 maggio 2018 nel quale egli chiedeva al responsabile del servizio giuridico dell’EPSO di evitare di impiegare in futuro l’espressione «candidates with handicap» (candidati portatori di handicap), in quanto potenzialmente offensiva, e di dare istruzioni in tal senso al personale di tale ufficio. Tale mancata risposta costituirebbe una violazione dell’articolo 12, paragrafi 1 e 3, del codice di buona condotta amministrativa, quale elaborato dal Mediatore europeo sul fondamento dell’articolo 228 TFUE.

187    Infine, il ricorrente indica di rimettersi alla valutazione del Tribunale per quanto riguarda la quantificazione del danno.

188    La Commissione contesta la ricevibilità e la fondatezza della domanda di risarcimento.

189    In via preliminare, va ricordato che i concorsi generali, finalizzati all’assunzione di funzionari dell’Unione, sono organizzati dalle istituzioni al fine di garantire il funzionamento del servizio pubblico dell’Unione e che l’organizzazione di tali concorsi è disciplinata dalle disposizioni dello Statuto (v. sentenza del 13 settembre 2011, Zangerl‑Posselt/Commissione, T‑62/10 P, EU:T:2011:463, punto 36 e giurisprudenza ivi citata) e in particolare dai suoi articoli 90 e 91.

190    Inoltre, occorre ricordare che, nel sistema dei mezzi di ricorso instaurato dagli articoli 90 e 91 dello Statuto, un ricorso per risarcimento è ricevibile solo se preceduto da un procedimento precontenzioso conforme alle disposizioni statutarie (sentenza del 13 dicembre 2012, A/Commissione, T‑595/11 P, EU:T:2012:694, punto 110).

191    Orbene, sulla scorta della giurisprudenza, tale procedimento cambia a seconda che il danno di cui si chiede il risarcimento sia stato cagionato da un atto recante pregiudizio ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto o da un comportamento dell’amministrazione privo di carattere decisionale. Nel primo caso, l’interessato deve proporre nei termini stabiliti un reclamo all’APN avverso l’atto di cui trattasi. Nel secondo caso, invece, il procedimento amministrativo deve iniziare con la presentazione di una domanda ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, dello Statuto, diretta a ottenere un risarcimento e, eventualmente, proseguire con un reclamo avverso la decisione di rigetto della domanda (v. sentenza del 13 dicembre 2012, A/Commissione, T‑595/11 P, EU:T:2012:694, punto 111 e giurisprudenza ivi citata).

192    Da tale giurisprudenza risulta che stabilire se i danni lamentati trovino la loro origine in un atto che arreca pregiudizio o in un comportamento dell’amministrazione privo di contenuto decisionale è indispensabile per verificare il rispetto del procedimento precontenzioso e dei termini previsti dagli articoli 90 e 91 dello Statuto e, quindi, la ricevibilità del ricorso. Poiché tali norme sono di ordine pubblico, tale qualificazione rientra nell’esclusiva competenza del giudice dell’Unione, il quale non è vincolato, al riguardo, dalla qualificazione proposta dalle parti. Non è infatti ammissibile che, redigendo un ricorso in modo da evitare di affermare che i danni derivano dall’illegittimità di taluni atti, un soggetto possa eludere l’applicazione delle norme in materia di termini previste dallo Statuto (v. sentenza del 13 dicembre 2012, A/Commissione, T‑595/11 P, EU:T:2012:694, punto 112 e giurisprudenza ivi citata).

193    Dalla giurisprudenza risulta altresì che, qualora sussista un nesso diretto tra un ricorso di annullamento e un’azione di risarcimento danni, quest’ultima è ricevibile in quanto accessoria rispetto al ricorso di annullamento, senza dover essere necessariamente preceduta da una domanda con cui si inviti l’amministrazione a risarcire i danni asseritamente subìti e da un reclamo con cui si contesti la fondatezza del rigetto implicito o esplicito della domanda (v. sentenza del 13 dicembre 2012, A/Commissione, T‑595/11 P, EU:T:2012:694, punto 113 e giurisprudenza ivi citata).

194    Nel caso di specie, si deve rilevare, al pari della Commissione, che, al di là del danno dedotto in relazione a una discriminazione, di cui al punto 185 supra, che risulterebbe da un atto preciso dell’EPSO, consistente nell’aver determinato le misure necessarie a consentire al ricorrente, per via della sua disabilità, di sostenere le prove del concorso di cui trattasi, non risulta che gli altri danni dedotti dal ricorrente possano essere imputati a un comportamento di carattere decisionale. Ne consegue che la domanda di risarcimento è irricevibile nella parte in cui riguarda il danno dedotto in relazione alla mancata risposta a talune domande del ricorrente, di cui al punto 184 supra, e il danno dedotto in relazione a talune espressioni considerate offensive, di cui al punto 186 supra, poiché non è stato consentito all’APN di prendere preliminarmente posizione su una domanda al riguardo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, dello Statuto.

195    Infine, per quanto riguarda il danno dedotto in relazione a una discriminazione, di cui al punto 185 supra, e che può essere ricollegato alle affermazioni del ricorrente formulate nei confronti delle decisioni impugnate prima e terza, va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, la fondatezza di un ricorso per risarcimento danni proposto ai sensi dell’articolo 270 TFUE è subordinata alla sussistenza di un insieme di condizioni, vale a dire l’illegittimità del comportamento contestato alle istituzioni, l’effettività del danno dedotto e l’esistenza di un nesso di causalità diretto tra il comportamento dedotto e il danno lamentato. Queste tre condizioni sono cumulative, sicché l’assenza di una di esse è sufficiente per respingere un ricorso per risarcimento danni (v. sentenza del 21 febbraio 2008, Commissione/Girardot, C‑348/06 P, EU:C:2008:107, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

196    Poiché non è stata constatata alcuna irregolarità in relazione alle decisioni impugnate prima e terza nell’ambito del ricorso di annullamento di cui trattasi e, in particolare, poiché il terzo motivo della domanda di annullamento della prima decisione impugnata è stato respinto in quanto infondato, occorre respingere la domanda di risarcimento relativa al danno descritto al punto 185 supra in quanto infondata.

197    Pertanto, la domanda di risarcimento del danno dev’essere respinta nel suo complesso.

 Sulle spese

198    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il ricorrente, rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.


2)      XC è condannato alle spese.

Svenningsen

Mac Eochaidh

Pynnä

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 febbraio 2021.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

      M. van der Woude


*      Lingua processuale: l’italiano.