Language of document : ECLI:EU:T:2011:343

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

12 luglio 2011 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato dei progetti relativi ad apparecchiature di comando con isolamento in gas – Decisione che constata un’infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo SEE – Ripartizione del mercato – Diritti della difesa – Prova dell’infrazione – Infrazione unica e continuata – Ammende – Gravità e durata dell’infrazione – Motivazione – Importo di partenza – Anno di riferimento»

Nella causa T-113/07,

Toshiba Corp., con sede in Tokyo (Giappone), rappresentata inizialmente dalla sig.ra J. MacLennan, solicitor, e dagli avv.ti A. Schulz e J. Borum, successivamente dalla sig.ra MacLennan e dall’avv. Schulz,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente dal sig. F. Arbault e dalla sig.ra J. Samnadda, successivamente dal sig. X. Lewis, poi dai sigg. J. Bourke e F. Ronkes Agerbeek e infine dai sigg. Ronkes Agerbeek e N. Khan, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, in via principale, una domanda di annullamento della decisione della Commissione 24 gennaio 2007, C (2006) 6762 def., relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/F/38.899 – Apparecchiature di comando con isolamento in gas), nella parte in cui riguarda la ricorrente, e, in subordine, una domanda di modifica degli artt. 1 e 2 di tale decisione al fine di annullare o ridurre l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto dalle sig.re I. Pelikánová (relatore), presidente, K. Jürimäe e dal sig. S. Soldevila Fragoso, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kantza, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 dicembre 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1.     Ricorrente

1        La Toshiba Corp., ricorrente, è una società giapponese attiva in vari settori, in particolare in quello delle apparecchiature di comando con isolamento in gas (in prosieguo: le «GIS»). Tra l’ottobre 2002 e l’aprile 2005 la sua attività in materia di GIS è stata esercitata attraverso una società comune, vale a dire la TM T & D Corp., detenuta in parti uguali con la Mitsubishi Electric Corp. (in prosieguo: la «Melco») e sciolta nel 2005.

2.     Prodotti

2        Le GIS servono a controllare il flusso di energia nelle reti elettriche. Si tratta di apparecchiature elettriche pesanti, utilizzate come componente principale nelle sottostazioni elettriche. Le GIS sono vendute in tutto il mondo già integrate in sottostazioni elettriche «chiavi in mano» o come apparecchiature separate da integrare in dette sottostazioni.

3.     Procedimento amministrativo

3        Il 3 marzo 2004 la ABB Ltd denunciava alla Commissione delle Comunità europee l’esistenza di pratiche anticoncorrenziali nel settore delle GIS, nell’ambito di una richiesta orale di immunità dalle ammende ai sensi della comunicazione della Commissione 19 febbraio 2002, relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»).

4        La richiesta di immunità dalle ammende presentata dall’ABB veniva integrata con osservazioni orali e prove documentali. Essa dava luogo, il 24 aprile 2004, ad una decisione della Commissione che concedeva un’immunità condizionata all’ABB.

5        Sulla base delle dichiarazioni dell’ABB, la Commissione avviava un’indagine e, in data 11 e 12 maggio 2004, effettuava accertamenti presso i locali di diverse società attive nel settore delle GIS.

6        Il 20 aprile 2006 la Commissione emanava una comunicazione degli addebiti, che veniva notificata a 20 società, inclusa, in particolare, la ricorrente. Il 18 e il 19 luglio 2006 la Commissione procedeva all’audizione delle società destinatarie della comunicazione degli addebiti.

4.     Decisione impugnata

7        Il 24 gennaio 2007 la Commissione adottava la decisione C (2006) 6762 def., relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/F/38.899 – Apparecchiature di comando con isolamento in gas) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

8        Ai punti 113‑123 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato che le varie imprese partecipanti all’intesa avevano coordinato l’assegnazione dei progetti di GIS a livello mondiale, ad eccezione di taluni mercati, in base a regole concordate, volte segnatamente a rispettare quote che riflettevano in ampia misura il valore delle loro quote di mercato storiche. Essa ha precisato che l’attribuzione dei progetti di GIS era effettuata sulla base di una quota congiunta «giapponese» e di una quota congiunta «europea», le quali dovevano essere in seguito ripartite, rispettivamente, tra i produttori giapponesi e tra quelli europei. Un accordo firmato a Vienna il 15 aprile 1988 (in prosieguo: l’«accordo GQ») stabiliva norme che consentivano di assegnare i progetti di GIS sia ai produttori giapponesi sia ai produttori europei, e di imputare il loro valore alla rispettiva quota. Ai punti 124–132 della decisione impugnata, la Commissione, poi, ha precisato che le varie imprese partecipanti all’intesa avevano raggiunto un accordo orale (in prosieguo: l’«intesa comune») in base al quale i progetti di GIS in Giappone, da un lato, e nei territori dei membri europei dell’intesa, dall’altro – definiti congiuntamente i «paesi d’origine» dei progetti di GIS –, erano riservati, rispettivamente, ai membri giapponesi e ai membri europei dell’intesa. I progetti di GIS nei «paesi d’origine» non costituivano oggetto di scambi di informazioni tra i due gruppi e non erano imputati alle rispettive quote.

9        L’accordo GQ prevedeva altresì norme per lo scambio delle informazioni necessarie al funzionamento del cartello tra i due gruppi di produttori, il quale era assicurato in particolare dai segretari di detti gruppi, per la manipolazione delle procedure di gara e per la fissazione dei prezzi dei progetti di GIS che non potevano essere assegnati. Ai termini del suo allegato 2, l’accordo GQ si applicava al mondo intero, eccezion fatta per Stati Uniti, Canada, Giappone e 17 paesi dell’Europa occidentale. Inoltre, in base all’intesa comune, i progetti di GIS nei paesi europei diversi dai «paesi d’origine» erano parimenti riservati al gruppo europeo, mentre i produttori giapponesi si impegnavano a non presentare offerte per i progetti di GIS in Europa.

10      Secondo la Commissione, la ripartizione dei progetti di GIS tra i produttori europei era disciplinata da un accordo firmato anch’esso a Vienna il 15 aprile 1988, intitolato «E‑Group Operation Agreement for GQ‑Agreement» (Accordo operativo del gruppo E ai fini dell’accordo GQ) (in prosieguo: l’«accordo EQ»). Essa ha precisato che l’assegnazione dei progetti di GIS in Europa seguiva le stesse regole e procedure applicabili all’assegnazione dei progetti di GIS in altri paesi. In particolare, anche i progetti di GIS in Europa dovevano essere notificati, elencati, ripartiti, gestiti oppure attribuiti ad un prezzo minimo.

11      Sulla base degli accertamenti di fatto e delle valutazioni giuridiche operate nella decisione impugnata, la Commissione ha concluso che le imprese coinvolte avevano violato l’art. 81 CE e l’art. 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (in prosieguo: l’«accordo SEE») e ha irrogato loro varie ammende il cui importo è stato calcolato conformemente al metodo illustrato negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 del trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti per il calcolo delle ammende») e nella comunicazione sulla cooperazione.

12      All’art. 1 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che la ricorrente aveva partecipato all’infrazione nel periodo compreso tra il 15 aprile 1988 e l’11 maggio 2004.

13      Per l’infrazione di cui all’art. 1 della decisione impugnata, alla ricorrente è stata inflitta, all’art. 2 della medesima decisione, un’ammenda di EUR 90 900 000, di cui EUR 4 650 000, corrispondenti all’infrazione commessa dalla TM T & D, da pagare in solido con la Melco.

 Procedimento e conclusioni delle parti

14      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 18 aprile 2007, la ricorrente ha proposto il ricorso in esame. Il controricorso e la replica sono stati depositati rispettivamente il 27 agosto e il 22 ottobre 2007.

15      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 29 novembre 2007, la ricorrente ha chiesto l’accoglimento delle sue conclusioni in contumacia, ai sensi dell’art. 122 del regolamento di procedura del Tribunale. Tale istanza è stata respinta con decisione del Tribunale (Seconda Sezione) 11 dicembre 2007.

16      La fase scritta è terminata con il deposito della controreplica in data 17 dicembre 2007.

17      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione), in data 22 settembre 2009, ha deciso di aprire la fase orale del procedimento. Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del suo regolamento di procedura, il Tribunale ha invitato la Commissione a depositare taluni documenti e ha chiesto alle parti di presentare le loro osservazioni sulla rilevanza di tali documenti in relazione ai motivi fondati sulla violazione del diritto di accesso agli atti. Il Tribunale ha inoltre posto per iscritto due quesiti alla Commissione, invitandola a rispondere in udienza.

18      In risposta all’invito del Tribunale, il 26 ottobre 2009 la Commissione ha comunicato i documenti in questione. La ricorrente ha presentato le proprie osservazioni in merito a tali documenti il 19 novembre 2009. La Commissione ha risposto alle osservazioni della ricorrente il 2 dicembre 2009.

19      Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti scritti e orali del Tribunale sono state sentite nel corso dell’udienza dell’11 dicembre 2009.

20      Con ordinanza 11 giugno 2010 il Tribunale ha deciso di riaprire la fase orale, ordinato alla Commissione di produrre taluni documenti nell’ambito delle misure istruttorie di cui all’art. 65 del regolamento di procedura e stabilito le modalità della loro consultazione da parte della ricorrente.

21      La Commissione ha dato seguito a questo invito nei termini assegnati.

22      La fase orale del procedimento si è conclusa il 28 luglio 2010.

23      Nel ricorso la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        in subordine, annullare la decisione impugnata nella parte in cui la riguarda;

–        in ulteriore subordine, modificare gli artt. 1 e 2 della decisione impugnata al fine di annullare o ridurre sostanzialmente l’importo dell’ammenda che le è stata inflitta;

–        condannare la Commissione alle spese, comprese quelle sostenute per la costituzione di una garanzia bancaria.

24      In udienza, la ricorrente ha rinunciato al primo capo delle sue conclusioni, diretto all’annullamento della decisione impugnata in toto.

25      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

26      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce quattro motivi. Il primo verte sul fatto che, nella decisione impugnata, la Commissione non avrebbe dimostrato in modo giuridicamente valido l’esistenza dell’intesa comune. Il secondo verte sul fatto che la Commissione non avrebbe dimostrato l’esistenza di un’infrazione unica e continuata. Il terzo verte sul fatto che sarebbero stati violati i suoi diritti della difesa. Il quarto verte sul fatto che la Commissione le avrebbe inflitto erroneamente un’ammenda.

27      La Commissione contesta la fondatezza dei motivi sollevati dalla ricorrente.

28      Anzitutto, occorre rilevare che la ricorrente non ha precisato quali dei suoi motivi siano stati invocati a sostegno delle diverse domande da essa presentate. A tale proposito si deve osservare, da un lato, che il primo, il secondo e il terzo motivo sono stati dedotti dalla ricorrente a sostegno della sua domanda diretta all’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui la riguarda. Infatti, qualora uno di tali motivi fosse accolto, in linea di principio occorrerebbe annullare integralmente la decisione impugnata nella parte relativa alla ricorrente. Dall’altro, il quarto motivo verte sulla determinazione dell’ammenda inflitta alla ricorrente e viene quindi invocato da quest’ultima a sostegno della sua domanda diretta all’annullamento o alla riduzione sostanziale dell’importo dell’ammenda che le è stata inflitta.

1.     Sulla domanda diretta all’annullamento degli artt. 1 e 2 della decisione impugnata nella parte in cui riguardano la ricorrente

29      Poiché l’annullamento della decisione impugnata per una violazione dei diritti della difesa della ricorrente renderebbe superfluo l’esame nel merito di detta decisione, occorre esaminare anzitutto il terzo motivo. Successivamente andranno esaminati il primo e il secondo motivo.

 Sul terzo motivo, vertente sul fatto che la Commissione avrebbe violato i diritti di difesa della ricorrente

30      La ricorrente ritiene che i suoi diritti della difesa siano stati violati. Nell’ambito della prima parte essa lamenta un errore fondamentale di procedura per quanto riguarda l’individuazione dell’infrazione nel dispositivo della decisione impugnata. Nella seconda parte essa lamenta una violazione del diritto di accesso agli atti. Nella terza parte sostiene che la Commissione ha snaturato taluni elementi del fascicolo.

31      La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

 Sulla prima parte, relativa all’insufficiente individuazione dell’infrazione nel dispositivo della decisione impugnata

–       Argomenti delle parti

32      Secondo la ricorrente, all’art. 1 del dispositivo della decisione impugnata la Commissione si sarebbe limitata a menzionare la partecipazione della ricorrente ad un insieme di accordi e di pratiche concordate senza individuare alcuna infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo SEE, il che costituirebbe un errore fondamentale di procedura.

33      La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

34      Dall’art. 1 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha constatato che le società interessate avevano partecipato ad un complesso di accordi e di pratiche concordate contrari all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo SEE nel settore delle GIS e ha precisato i periodi considerati. Pertanto, il dispositivo della decisione impugnata non specifica in cosa consistessero gli accordi e le pratiche contestati.

35      Tuttavia, occorre ricordare che il dispositivo di una decisione deve essere inteso alla luce dei motivi che lo sottendono (sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, detta «PVC II», Racc. pag. II‑931, punto 761). Nella specie, una sintesi degli elementi dell’infrazione sanzionata è stata esposta in particolare al punto 2 della decisione impugnata e tali elementi vengono precisati in altri punti della decisione impugnata. In tali circostanze si deve ritenere che, considerati i motivi che lo sottendono, la Commissione abbia individuato in maniera sufficientemente precisa, nel dispositivo della decisione impugnata, l’infrazione di cui trattasi. Pertanto, la presente parte dev’essere respinta.

 Sulla seconda parte, relativa ad una violazione del diritto di accesso agli atti

–       Argomenti delle parti

36      La ricorrente ritiene che la Commissione non le abbia dato accesso a tutti gli elementi a carico e a discarico.

37      Per quanto riguarda gli elementi a carico, la ricorrente sostiene di avere avuto solo un accesso parziale alla risposta dell’Hitachi alla comunicazione degli addebiti e di non avere avuto accesso alle dichiarazioni della Fuji che asseritamente confermano le dichiarazioni dell’ABB, evocate al punto 125 della decisione impugnata. Essa ritiene quindi di non avere potuto esprimersi né essere sentita su tali elementi, che pertanto, a suo parere, non avrebbero potuto essere fatti valere nella decisione impugnata.

38      Per quanto concerne gli elementi a discarico, la ricorrente precisa che, dal momento che non le è stato dato accesso completo al fascicolo, non ha potuto stabilire se fossero stati forniti da altre parti ulteriori elementi rilevanti. Essa ritiene, in ogni caso, che avrebbe dovuto avere accesso alla risposta supplementare dell’Hitachi Ltd alla comunicazione degli addebiti, che smentisce le conclusioni tratte nella decisione impugnata dalle dichiarazioni dell’Hitachi relative all’imputazione. Essa evoca inoltre le dichiarazioni di dipendenti della Melco e dell’Hitachi che smentiscono l’esistenza dell’intesa comune. Infine, fa riferimento alle dichiarazioni del sig. S. presentate dall’Areva, che apparentemente smentiscono la tesi relativa alla durata dell’accordo GQ.

39      La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

40      Il rispetto dei diritti della difesa esige che l’interessato sia stato messo in grado, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’asserita infrazione del Trattato (sentenza della Corte 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 66).

41      Corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, il diritto di accesso al fascicolo implica che la Commissione debba dare all’impresa interessata la possibilità di procedere ad un esame di tutti i documenti presenti nel fascicolo istruttorio che potrebbero essere rilevanti per la sua difesa. Questi ultimi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a discarico, fatti salvi i segreti aziendali di altre imprese, i documenti interni della Commissione e altre informazioni riservate (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 40 supra, punto 68).

42      A tal riguardo, deve rammentarsi che è solo all’inizio della fase del contraddittorio amministrativo che l’impresa di cui trattasi è informata, mediante la comunicazione degli addebiti, di tutti gli elementi essenziali su cui la Commissione si basa in tale fase del procedimento e che tale impresa dispone di un diritto di accesso al fascicolo inteso a garantire l’effettivo esercizio dei suoi diritti della difesa. Di conseguenza, la risposta alla comunicazione degli addebiti delle altre imprese che avrebbero partecipato all’intesa non rientra in linea di principio tra i documenti del fascicolo istruttorio che le parti possono consultare (sentenza del Tribunale 30 settembre 2009, causa T‑161/05, Hoechst/Commissione, Racc. pag. II‑3555, punto 163).

43      Tuttavia, qualora la Commissione intenda basarsi su un brano di una risposta ad una comunicazione degli addebiti o su un documento allegato a tale risposta per dimostrare l’esistenza di un’infrazione in un procedimento di applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, le altre imprese coinvolte in tale procedimento devono essere messe in grado di pronunciarsi riguardo a tale elemento di prova. In circostanze del genere, il detto brano di una risposta alla comunicazione degli addebiti o il documento allegato a tale risposta costituisce in effetti un elemento a carico nei confronti delle diverse imprese che avrebbero partecipato all’infrazione (v. sentenza Hoechst/Commissione, cit. al punto 42 supra, punto 164 e giurisprudenza ivi citata). Tale giurisprudenza è applicabile, per analogia, all’art. 53, n. 1, dell’accordo SEE.

44      Per analogia, se un brano di una risposta ad una comunicazione degli addebiti o un documento allegato a tale risposta può essere pertinente per la difesa di un’impresa, in quanto le consente di far valere elementi che non concordano con le deduzioni operate in tale fase dalla Commissione, esso costituisce un elemento a discarico. In tal caso, l’impresa interessata deve essere posta in condizione di procedere ad un esame del brano o del documento di cui trattasi e di pronunciarsi su di esso.

45      Tuttavia, il mero fatto che altre imprese abbiano avanzato gli stessi argomenti dell’impresa interessata e abbiano eventualmente impiegato più risorse per la loro difesa non è sufficiente per considerare tali argomenti come elementi a discarico (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑43/02, Jungbunzlauer/Commissione, Racc. pag. II‑3435, punti 353 e 355).

46      Quanto alle conseguenze di un accesso al fascicolo che non rispetti tali regole, la mancata comunicazione di un documento sul quale la Commissione si è basata per procedere contro un’impresa costituisce una violazione dei diritti della difesa solo se l’impresa interessata dimostra che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella sua decisione sarebbe stato diverso se dai mezzi di prova a carico avesse dovuto essere eliminato il documento non comunicato (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 40 supra, punti 71 e 73).

47      Per quanto riguarda la mancata trasmissione di un documento a discarico, l’impresa interessata deve solo provare che la sua mancata divulgazione ha potuto influenzare, a suo discapito, lo svolgimento del procedimento e il contenuto della decisione della Commissione. È sufficiente che l’impresa dimostri che essa avrebbe potuto utilizzare tali documenti a discarico per la propria difesa, nel senso che, se essa avesse potuto avvalersene durante il procedimento amministrativo, avrebbe potuto far valere elementi non concordanti con le deduzioni operate a quello stadio dalla Commissione e avrebbe potuto, pertanto, influenzare, in una qualsiasi maniera, le valutazioni svolte dall’istituzione nella decisione, quanto meno riguardo alla gravità e alla durata del comportamento contestatole e, di conseguenza, all’entità dell’ammenda (v. sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 40 supra, punti 74 e 75).

48      La possibilità che un documento non divulgato abbia potuto influire sullo svolgimento del procedimento e sul contenuto della decisione della Commissione può essere accertata solo dopo un esame provvisorio di taluni mezzi di prova che faccia emergere che i documenti non divulgati potevano avere, alla luce di tali mezzi di prova, un’importanza che non avrebbe potuto essere trascurata (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 40 supra, punto 76).

49      Nella specie, occorre respingere anzitutto gli argomenti della ricorrente relativi al fatto che essa non ha avuto accesso all’intero fascicolo della Commissione. Infatti, dalla giurisprudenza citata al precedente punto 41 risulta che la tutela dei diritti della difesa delle persone interessate da un procedimento amministrativo non implica che debba essere accordato un accesso completo agli atti.

50      Per quanto riguarda gli elementi a carico, va rilevato che la ricorrente non precisa quali elementi posti a suo carico nella decisione impugnata sarebbero contenuti nella parte della risposta dell’Hitachi alla comunicazione degli addebiti cui non ha avuto accesso. Essa non precisa neppure i motivi per i quali il fatto di aver avuto solo un accesso parziale a detto documento non le avrebbe consentito di esprimersi in merito alle dichiarazioni dell’Hitachi relative all’imputazione, che ne rappresentano l’elemento a carico essenziale. Pertanto, l’argomento della ricorrente relativo all’accesso parziale alla risposta dell’Hitachi alla comunicazione degli addebiti dev’essere respinto.

51      Inoltre, la Commissione ammette che non poteva basarsi sulle osservazioni della Fuji non comunicate alla ricorrente per fondare le censure formulate nei confronti di quest’ultima, ma nega di averle effettivamente invocate in quanto elementi a carico.

52      Va tuttavia rilevato che ai punti 125 e 255 della decisione impugnata la Commissione ha fatto riferimento alle osservazioni complementari della Fuji, in particolare a quelle presentate il 21 novembre 2006, per corroborare l’esistenza dell’intesa comune.

53      Pertanto, la decisione sull’argomento della ricorrente dipende dall’esito dell’esame del primo motivo, concernente la prova dell’esistenza dell’intesa comune. Infatti, qualora si constati che l’esistenza di detta intesa è stata accertata in misura giuridicamente sufficiente anche dopo aver escluso le pertinenti osservazioni della Fuji in quanto elemento a carico, occorrerà respingere le affermazioni della ricorrente. Per contro, qualora si constati che dette osservazioni costituiscono un elemento necessario per dare sostegno ai rilievi effettuati nella decisione impugnata in ordine all’esistenza dell’intesa comune, occorrerà accogliere l’argomento della ricorrente e, pertanto, annullare la decisione impugnata nella parte in cui la riguarda.

54      Quanto agli elementi a discarico, il Tribunale ha chiesto alla Commissione di produrre tutti i documenti individuati dalla ricorrente con un minimo di precisione. Poiché l’invito rivolto alla Commissione si basa sulle indicazioni fornite dalla stessa ricorrente, non può accogliersi la domanda di quest’ultima, formulata nelle osservazioni del 19 novembre 2009, diretta ad ottenere che la Commissione le trasmetta tutti i documenti prodotti in risposta ad analoghi inviti formulati dal Tribunale nelle cause T‑112/07, Hitachi e a./Commissione, e T‑133/07, Mitsubishi Electric/Commissione.

55      Per quanto riguarda i vari documenti prodotti dalla Commissione nella presente causa, si deve osservare, in primo luogo, che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la risposta supplementare dell’Hitachi alla comunicazione degli addebiti non rimette in discussione il contenuto fattuale delle sue dichiarazioni relative al meccanismo di notifica e di imputazione. In detta risposta supplementare l’Hitachi si è limitata a contestare l’interpretazione data dalla Commissione a tali dichiarazioni, in particolare per quanto riguarda la loro rilevanza in quanto prova dell’intesa comune e dell’esistenza di un’infrazione unica che implicava sia detta intesa che l’accordo GQ. Orbene, questo stesso argomento era già stato addotto dall’Hitachi nel brano della sua prima risposta alla comunicazione degli addebiti trasmesso alla ricorrente dalla Commissione. Pertanto, la risposta supplementare dell’Hitachi alla comunicazione degli addebiti non può essere considerata un elemento a discarico la cui comunicazione avrebbe potuto influire sullo svolgimento del procedimento e sul contenuto della decisione impugnata.

56      Si deve inoltre rilevare che la ricorrente lamenta erroneamente, nelle sue osservazioni del 19 novembre 2009, il fatto che, in seguito all’invito rivolto dal Tribunale alla Commissione, essa ha avuto solo un accesso parziale alla risposta supplementare dell’Hitachi alla comunicazione degli addebiti. Infatti, il carattere parziale dell’accesso a tale documento è dovuto al fatto che la ricorrente, nelle sue memorie, lo ha individuato quale potenziale elemento a discarico solo per quanto riguarda il meccanismo di notifica e di imputazione.

57      In secondo luogo, va rilevato che, nelle dichiarazioni scritte presentate nel novembre del 2006, i dipendenti della Melco e dell’Hitachi negano l’esistenza dell’intesa comune e delle discussioni ad essa relative e menzionano l’esistenza di barriere all’ingresso «elevate» sul mercato europeo. Peraltro, uno dei testimoni della Melco sottolinea che la Fuji non ha partecipato ai negoziati precedenti la firma dell’accordo GQ, mentre l’altra circostanza era che, a suo parere, l’esclusione di alcuni paesi europei dall’ambito di applicazione dell’accordo GQ era dovuta al rischio di applicazione delle norme in materia di concorrenza. Quanto ai testimoni dell’Hitachi, essi fanno riferimento ad una proposta dell’Alstom relativa ad un accordo tra i produttori europei e giapponesi, presentata nel luglio 2002, e al rigetto di tale proposta da parte dell’Hitachi.

58      A tale proposito si deve osservare, da un lato, che le testimonianze scritte dei dipendenti di una società, elaborate sotto il controllo di questa e da essa presentate ai fini della sua difesa nell’ambito del procedimento amministrativo condotto dalla Commissione, non possono, in linea di principio, essere considerate elementi diversi e autonomi dalle dichiarazioni della medesima società. Infatti, di regola, la posizione di una società in merito alla realtà dei fatti ad essa addebitati dalla Commissione è fondata, in primo luogo, sulle conoscenze e opinioni dei suoi dipendenti e dei suoi dirigenti.

59      Dall’altro, durante il procedimento amministrativo la ricorrente stessa ha contestato l’esistenza dell’intesa comune e delle discussioni ad essa relative e ha invocato l’esistenza di barriere all’ingresso «elevate» sul mercato europeo. Di conseguenza, il fatto che altre imprese abbiano invocato tali argomenti non può essere considerato un elemento a discarico.

60      Inoltre, i dettagli della proposta dell’Alstom presentata nel luglio 2002 sono stati rivelati nella comunicazione degli addebiti, mentre l’assenza della Fuji dai negoziati relativi all’accordo GQ viene menzionata nella testimonianza del sig. M, cui la ricorrente non nega di avere avuto accesso. Pertanto, tali elementi non costituiscono elementi a discarico.

61      Per contro, non risulta che l’argomento concernente il motivo per cui alcuni paesi europei erano esclusi dall’ambito di applicazione dell’accordo GQ sia stato sollevato dalla ricorrente, né che quest’ultima abbia avuto accesso ad un documento in cui viene esposto tale argomento. Pertanto, il brano in questione della testimonianza di uno dei dipendenti della Melco potrebbe essere considerato un elemento a discarico. Tuttavia, si tratta di una dichiarazione proveniente da un dipendente di una delle imprese coinvolte, con cui detto dipendente si è limitato a negare l’esistenza del comportamento illecito e che non è minimamente dimostrata. Ciò premesso, non si può ritenere che la comunicazione di tale elemento abbia potuto influire sullo svolgimento del procedimento e sul contenuto della decisione impugnata.

62      In terzo luogo, si deve osservare che la ricorrente stessa ammette, nelle sue osservazioni del 19 novembre 2009, che le dichiarazioni del sig. S., presentate dall’Areva, confermano il suo argomento per quanto riguarda l’asserita sospensione dell’applicazione dell’accordo GQ tra il 1999 e il 2002. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l’affermazione secondo cui occorreva prendere contatti con la TM T & D nel 2002 per riprendere le attività del cartello è stata esposta nella nota esplicativa dell’Areva sul funzionamento dell’intesa, che la ricorrente ha potuto consultare.

63      L’unico elemento potenzialmente a discarico contenuto nelle dichiarazioni del sig. S. è l’affermazione secondo cui l’accordo GQ non poteva funzionare senza un grande produttore quale la Siemens. Tuttavia, tale affermazione proveniente da un dipendente di un’impresa cui è stata addebitata la partecipazione all’infrazione non è sostenuta da prove ed è smentita sia dalle dichiarazioni di altre imprese coinvolte che dagli elementi documentali raccolti dalla Commissione e presentati ai punti 191‑198 della decisione impugnata. Pertanto, la comunicazione di tale elemento non avrebbe potuto influire sullo svolgimento del procedimento e sul contenuto della decisione impugnata.

64      Alla luce di quanto precede, occorre respingere gli argomenti della ricorrente concernenti l’accesso agli elementi a discarico. Tuttavia, come emerge dal precedente punto 53, la decisione su tale parte dipende dall’esito dell’esame degli argomenti addotti dalla ricorrente nell’ambito del suo primo motivo.

 Sulla terza parte, relativa allo snaturamento degli elementi del fascicolo

–       Argomenti delle parti

65      La ricorrente sostiene che la Commissione ha snaturato gli elementi del fascicolo e, pertanto, violato sia i suoi diritti della difesa che l’obbligo di esaminare il fascicolo in modo accurato e imparziale.

66      Secondo la ricorrente, in primo luogo, contrariamente a quanto affermato al punto 255 della decisione impugnata, l’impresa appartenente al gruppo di cui fa parte la VA TECH Transmission & Distribution GmbH & Co. KEG (in prosieguo: la «VA TECH») non ha osservato il silenzio riguardo all’esistenza dell’intesa comune, ma l’ha esplicitamente contestata nel corso dell’audizione.

67      In secondo luogo, la ricorrente lamenta di non aver potuto rispondere durante l’audizione alle domande concernenti i progetti imputati alla quota prevista dall’accordo GQ e l’elenco dei progetti asseritamente notificati, fornito dall’ABB. Essa precisa, basandosi su un estratto della trascrizione dell’audizione, di avere risposto che non era al corrente dell’imputazione.

68      In terzo luogo, la ricorrente sostiene che, nella decisione impugnata, la Commissione ha dichiarato erroneamente che essa aveva confermato che l’accordo GQ era proseguito dopo il 24 aprile 1999, mentre aveva sempre fatto valere che l’intesa su scala mondiale era terminata dopo che la Siemens e l’Hitachi avevano smesso di parteciparvi.

69      In quarto luogo, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione al punto 306 della decisione impugnata, la ricorrente sostiene di non avere confermato le dichiarazioni dell’Hitachi relative all’esistenza della notifica e di avere contestato sia la notifica che l’imputazione.

70      In quinto luogo, la ricorrente afferma di non poter escludere, dal momento che non ha avuto accesso alle dichiarazioni delle altre parti sulle quali la Commissione ha basato le proprie conclusioni, che anche il contenuto di tali dichiarazioni sia stato travisato nella decisione impugnata, il che risulterebbe peraltro molto probabile alla luce delle censure sopra esposte.

71      La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

72      Da un lato, si deve rilevare che il principio del rispetto dei diritti della difesa, il cui contenuto è stato ricordato al precedente punto 40, può essere violato, in ragione di uno snaturamento dei fatti, solo se quest’ultimo ha influito sulle possibilità per la parte interessata di comprendere il contenuto degli addebiti formulati dalla Commissione o di valutare gli elementi addotti a loro sostegno.

73      Orbene, nella specie, la ricorrente non precisa in quale misura gli asseriti snaturamenti dei fatti commessi dalla Commissione abbiano reso più difficile la sua difesa.

74      La censura relativa ad una violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa va pertanto respinta.

75      Dall’altro, l’obbligo di esaminare il fascicolo in modo accurato e imparziale, che è parte integrante del principio di buona amministrazione, risulta leso ogni qualvolta venga snaturato un elemento di fatto. Tuttavia, tale violazione consente di dichiarare l’illegittimità della decisione impugnata solo se la Commissione non avrebbe potuto pervenire alle medesime conclusioni qualora avesse interpretato correttamente gli elementi di fatto in questione.

76      Pertanto, l’interpretazione dei vari elementi di fatto asseritamente snaturati e le conseguenze degli snaturamenti eventualmente contestati saranno esaminate nell’ambito dei motivi della ricorrente che mettono in discussione gli elementi di fatto di cui trattasi.

77      Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, si deve respingere la terza parte del terzo motivo.

 Sul primo motivo, vertente sul fatto che la Commissione non avrebbe dimostrato in modo giuridicamente valido l’esistenza dell’intesa comune

78      Secondo la giurisprudenza, la Commissione deve fornire la prova delle infrazioni che essa constata e produrre gli elementi di prova idonei a dimostrare, in modo giuridicamente valido, l’esistenza dei fatti che integrano l’infrazione (v. sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, cause riunite T‑44/02 OP, T‑54/02 OP, T‑56/02 OP, T‑60/02 OP e T‑61/02 OP, Dresdner Bank e a./Commissione, Racc. pag. II‑3567, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

79      Ciò osservato, l’esistenza di un dubbio nella mente del giudice deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione con cui si constata un’infrazione. Il giudice non può quindi concludere che la Commissione abbia sufficientemente dimostrato l’esistenza dell’infrazione in questione se nutre ancora dubbi in merito a tale questione, in particolare nell’ambito di un ricorso diretto all’annullamento di una decisione che infligge un’ammenda (sentenza Dresdner Bank e a./Commissione, cit. al punto 78 supra, punto 60).

80      Infatti, in quest’ultima situazione, è necessario tener conto del principio della presunzione di innocenza, quale risulta in particolare dall’art. 6, n. 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, il quale fa parte dei diritti fondamentali che costituiscono principi generali del diritto comunitario. Tenuto conto della natura delle infrazioni in parola, nonché della natura e del grado di severità delle sanzioni che vi sono connesse, il principio della presunzione di innocenza si applica in particolare ai procedimenti relativi a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possano sfociare nella pronuncia di ammende o penalità di mora (v., in tal senso, sentenza Dresdner Bank e a./Commissione, cit. al punto 78 supra, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

81      Pertanto, è necessario che la Commissione raccolga elementi di prova precisi e concordanti per dimostrare che l’infrazione dedotta abbia avuto luogo. Tuttavia, occorre sottolineare che non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che la serie di indizi invocati dall’istituzione, complessivamente considerati, risponda a tale requisito (v. sentenza Dresdner Bank e a./Commissione, cit. al punto 78 supra, punti 62 e 63 e giurisprudenza ivi citata).

82      Inoltre, tenuto conto della notorietà del divieto di partecipare ad accordi anticoncorrenziali, non si può pretendere che la Commissione produca documenti che attestino in modo esplicito un contatto tra gli operatori interessati. Gli elementi frammentari e sporadici di cui la Commissione potrebbe disporre dovrebbero in ogni caso poter essere completati con deduzioni che permettano di ricostituire taluni dettagli. L’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale può quindi essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi che, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza (v. sentenza Dresdner Bank e a./Commissione, cit. al punto 78 supra, punti 64 e 65 e giurisprudenza ivi citata).

83      A tale proposito, la ricorrente sostiene che non occorre neppure applicare norme più flessibili in materia di prove, per tenere conto delle difficoltà che la Commissione incontrerebbe nel tentare di dimostrare un’infrazione. A suo parere, innanzi tutto, il regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU L 1, pag. 1), ha rafforzato i poteri della Commissione in tale settore. Inoltre, nella presente causa, la Commissione avrebbe acquisito un numero elevato di elementi di prova grazie al suo programma di clemenza. Oltre a ciò, grazie alle moderne tecnologie, esisterebbero molteplici copie dei documenti relativi ai membri dell’intesa su vari elaboratori. Secondo la ricorrente, i documenti in questione possono quindi essere cercati e identificati più facilmente ed il loro contenuto può essere ricostituito anche dopo essere stato cancellato.

84      Tuttavia, tali argomenti della ricorrente non possono essere accolti. Infatti, in primo luogo, sebbene dal ‘considerando’ 25 del regolamento n. 1/2003 risulti che il rafforzamento dei poteri della Commissione ha lo scopo di consentire di individuare, in particolare, infrazioni all’art. 81 CE, tale rafforzamento non garantisce di per sé che elementi probatori possano effettivamente essere raccolti più facilmente dalla Commissione in un determinato caso. La stessa considerazione è applicabile, in secondo luogo, al programma di clemenza. Infatti, per poter essere validamente invocati dalla Commissione in quanto prove di un’infrazione, gli elementi provenienti dalle imprese interessate devono, in ogni caso, soddisfare i criteri giurisprudenziali applicabili. Pertanto, l’esistenza di domande di clemenza, di per sé, non semplifica necessariamente il compito della Commissione. In terzo luogo, l’impatto della proliferazione dei file informatici è controbilanciata dalle misure tecniche adottate al riguardo dai membri dell’intesa. Nella specie, dai punti 173‑175 della decisione impugnata risulta che le parti hanno criptato i documenti rilevanti mediante strumenti informatici e che per effettuare le comunicazioni relative all’attività illecita sono state utilizzate caselle di posta elettronica anonime. Da un lato, non è stato dimostrato che la ricorrente abbia sistematicamente rifiutato di aderire a tali misure, e dagli atti non emerge un’opposizione costante. Dall’altro, dai medesimi elementi risulta che, quando la ricorrente non utilizzava il criptaggio e le caselle di posta elettronica anonime, le comunicazioni con la stessa venivano effettuate telefonicamente, e non per posta elettronica o con altre forme di scambio di file informatici.

85      Peraltro, quando la Commissione si basa unicamente sul comportamento sul mercato delle imprese in questione per concludere per l’esistenza di un’infrazione, è sufficiente per queste ultime dimostrare l’esistenza di circostanze che mettono in una luce diversa i fatti dimostrati dalla Commissione e che consentono in tal modo di sostituire una diversa spiegazione plausibile dei fatti a quella adottata dalla Commissione per concludere per l’esistenza di una violazione delle norme di concorrenza comunitarie (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, cause riunite T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, JFE Engineering e a./Commissione, Racc. pag. II‑2501, punto 186 e giurisprudenza ivi citata).

86      Come sostenuto dalla ricorrente, tale regola è applicabile anche quando gli elementi di prova sui quali si basa la Commissione siano insufficienti. In tal caso, infatti, detti elementi non consentono di dimostrare l’esistenza dell’infrazione inequivocabilmente e senza che sia necessaria un’interpretazione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 12 settembre 2007, causa T‑36/05, Coats Holdings e Coats/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 74).

87      Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, detta regola non è applicabile a tutti i casi in cui l’infrazione sia accertata per deduzione sulla base di altri fatti, mediante prove indirette o non documentali. Infatti, per quanto riguarda i mezzi di prova che possono essere invocati per dimostrare l’infrazione all’art. 81 CE, in diritto comunitario prevale il principio della libertà di forma dei mezzi probatori (sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑50/00, Dalmine/Commissione, Racc. pag. II‑2935, punto 72). Questa stessa giurisprudenza è applicabile, per analogia, all’art. 53 dell’accordo SEE.

88      Di conseguenza, le circostanze evocate dalla ricorrente, ammesso che siano dimostrate, pur potendo assumere rilevanza nella valutazione complessiva della serie di indizi invocati dalla Commissione, non implicano di per sé stesse che l’impresa interessata possa contestare le asserzioni della Commissione fornendo una spiegazione alternativa dei fatti.

89      Inoltre, nessuna norma né alcun principio generale del diritto comunitario impediscono alla Commissione di avvalersi, contro un’impresa, delle dichiarazioni di altre imprese alle quali viene addebitata la partecipazione all’intesa. Se così non fosse, l’onere della prova dei comportamenti contrari all’art. 81 CE, che incombe alla Commissione, sarebbe insostenibile e incompatibile con il compito di vigilanza sulla corretta applicazione di tali disposizioni ad essa attribuito (sentenza JFE Engineering e a./Commissione, cit. al punto 85 supra, punto 192). Questa stessa giurisprudenza è applicabile, per analogia, all’art. 53 dell’accordo SEE.

90      Tuttavia, la dichiarazione di un’impresa accusata di aver partecipato ad un’intesa, la cui esattezza viene contestata da varie altre imprese interessate, non può essere considerata una prova sufficiente dell’esistenza di un’infrazione commessa da queste ultime senza essere suffragata da altri elementi di prova, restando inteso che il grado di corroborazione richiesto può essere minore, a causa dell’attendibilità delle dichiarazioni di cui trattasi (sentenza JFE Engineering e a./Commissione, cit. al punto 85 supra, punti 219 e 220).

91      Quanto al valore probatorio dei diversi elementi di prova, l’unico criterio pertinente per valutare le prove prodotte risiede nella loro attendibilità (sentenza Dalmine/Commissione, cit. al punto 87 supra, punto 72).

92      Secondo le regole generali in materia di prova, l’attendibilità, e quindi il valore probatorio di un documento, dipende dalla sua fonte, dalle circostanze nelle quali è stato redatto, dal suo destinatario e dal suo contenuto (sentenza del Tribunale 15 marzo 2000, cause riunite T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II‑491, punti 1053 e 1838).

93      Quanto alle dichiarazioni, può peraltro essere riconosciuto un valore probatorio particolarmente elevato a quelle che, in primo luogo, siano attendibili, in secondo luogo, vengano rese a nome di un’impresa, in terzo luogo, provengano da una persona soggetta all’obbligo professionale di agire nell’interesse dell’impresa, in quarto luogo, vadano contro gli interessi del dichiarante, in quinto luogo, provengano da un testimone diretto dei fatti cui le dichiarazioni fanno riferimento e, in sesto luogo, siano state fornite per iscritto, deliberatamente e dopo un’attenta riflessione (v., in tal senso, sentenza JFE Engineering e a./Commissione, cit. al punto 85 supra, punti 205‑210)

94      Inoltre, benché una certa diffidenza nei confronti di deposizioni volontarie dei principali partecipanti ad un’intesa illecita sia generalmente opportuna, vista la possibilità, invocata dalla ricorrente, che tali soggetti tendano a fornire più elementi a carico relativi all’attività dei concorrenti, ciò non toglie che il fatto di chiedere il beneficio dell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione al fine di ottenere un’immunità o una riduzione dell’ammenda non crea necessariamente un incentivo a presentare elementi probatori deformati sulla partecipazione degli altri membri dell’intesa. Infatti, ogni tentativo di indurre la Commissione in errore potrebbe rimettere in discussione la sincerità e la completezza della cooperazione del richiedente e, pertanto, mettere in pericolo la possibilità che benefici pienamente della comunicazione sulla cooperazione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 16 novembre 2006, causa T‑120/04, Peróxidos Orgánicos/Commissione, Racc. pag. II‑4441, punto 70).

95      A tale proposito si deve inoltre osservare che le potenziali conseguenze della comunicazione di elementi deformati sono ancora più gravi se la dichiarazione contestata di un’impresa deve essere corroborata, come risulta dal precedente punto 90. Infatti, tale circostanza aumenta il rischio che le dichiarazioni inesatte vengano rilevate sia dalla Commissione che dalle altre imprese coinvolte.

96      Per quanto riguarda l’applicazione di tali regole al caso di specie, occorre rammentare preliminarmente che, secondo i rilievi effettuati nella decisione impugnata, l’intesa comune era un’intesa non scritta che includeva, in primo luogo, l’impegno delle imprese giapponesi a non penetrare nel mercato dei progetti di GIS nello Spazio economico europeo (SEE), in secondo luogo, l’impegno delle imprese europee a non penetrare nel mercato giapponese dei progetti di GIS e, in terzo luogo, l’impegno delle imprese europee a notificare alle imprese giapponesi i progetti di GIS nei paesi europei diversi dai paesi d’origine e di imputare tali progetti alla quota congiunta «europea» prevista dall’accordo GQ. Secondo la Commissione, l’obiettivo del meccanismo di notifica e di imputazione era offrire una compensazione alle imprese giapponesi, percepite come potenziali concorrenti sul mercato del SEE dalle imprese europee.

97      Tra le varie componenti dell’intesa comune elencate supra al punto 96, l’asserito impegno delle imprese giapponesi a non penetrare nel mercato del SEE costituisce il fondamento dell’addebito mosso dalla Commissione alla ricorrente. Di conseguenza, è l’esistenza di tale impegno che dev’essere dimostrata in modo giuridicamente valido. Tuttavia, le altre componenti dell’intesa comune, se comprovate, possono risultare pertinenti in quanto prove indirette che consentono di dedurre l’esistenza del corrispondente impegno delle imprese giapponesi.

98      La ricorrente nega l’esistenza dell’intesa comune e la propria partecipazione alla stessa. Essa contesta il valore probatorio dei vari elementi addotti dalla Commissione nella decisione impugnata e fa riferimento ad altri elementi da cui emergerebbe, a suo parere, che l’intesa comune non esisteva. La ricorrente ritiene quindi che la Commissione avrebbe dovuto accogliere la spiegazione alternativa dell’assenza dei produttori giapponesi dal mercato dei progetti di GIS nel SEE, legata all’esistenza delle barriere giuridiche, tecniche e commerciali all’ingresso su tale mercato. Adottando, in tali circostanze, la decisione impugnata, la Commissione avrebbe invertito l’onere della prova, violato il principio della presunzione di innocenza e oltrepassato la propria competenza.

99      La Commissione sostiene che l’esistenza dell’intesa comune, in particolare l’impegno delle imprese giapponesi a non penetrare nel mercato del SEE, è dimostrata in misura giuridicamente sufficiente da una serie di prove comprendente prove documentali, dichiarazioni di imprese, testimonianze ed elementi relativi all’effettivo funzionamento dell’intesa.

100    Occorre quindi valutare l’attendibilità e il contenuto dei diversi elementi in questione per verificare se, considerati globalmente, gli elementi invocati dalla Commissione siano atti a fondare una solida convinzione circa l’esistenza dell’intesa comune, che non possa essere rimessa in discussione dagli elementi addotti dalla ricorrente.

101    Quanto alle censure della ricorrente relative alla violazione del principio della presunzione di innocenza e al fatto che la Commissione avrebbe oltrepassato la propria competenza, esse si fondano sul presupposto che la Commissione non abbia fornito la prova dell’esistenza dell’intesa comune e della partecipazione della ricorrente alla stessa. Di conseguenza, se gli argomenti della ricorrente relativi alla prova dell’esistenza dell’infrazione e della sua partecipazione a quest’ultima devono essere respinti, ciò comporterà necessariamente anche il rigetto delle censure relative alla violazione del principio della presunzione di innocenza e al fatto che la Commissione avrebbe oltrepassato la propria competenza. Qualora invece si concluda che la partecipazione della ricorrente all’asserita infrazione non è stata dimostrata nella decisione impugnata, tale constatazione giustificherà di per sé l’annullamento di quest’ultima nella parte in cui riguarda la ricorrente.

 Sugli elementi presentati dall’ABB

–       Argomenti delle parti

102    La ricorrente contesta che i vari elementi presentati dall’ABB costituiscano una prova dell’intesa comune.

103    In via preliminare, la ricorrente sostiene che, in generale, gli elementi presentati dall’ABB hanno scarso valore probatorio, dal momento che essa beneficiava di un’immunità condizionata. Secondo la ricorrente, le dichiarazioni dell’ABB non contribuivano neppure alla sua stessa incriminazione. Per contro, l’ABB avrebbe potuto essere fortemente invitata a rispondere ai quesiti della Commissione in modo da confermare l’esistenza dell’intesa, dal momento che correva comunque il rischio di perdere il beneficio dell’immunità nel caso in cui la sua cooperazione fosse stata giudicata insufficiente. Pertanto, si sarebbe dovuto adottare un approccio critico riguardo agli elementi di prova provenienti dall’ABB.

104    Inoltre, la ricorrente mette in discussione il valore probatorio di ciascuno degli elementi presentati dall’ABB separatamente. Anzitutto, la ricorrente sostiene che la dichiarazione dell’ABB dell’11 marzo 2004, che conferma l’esistenza dell’intesa comune, è ambigua, in quanto l’ABB ha anche ammesso che non esisteva alcun accordo esplicito e che l’intesa comune era basata sul contesto di fatto, vale dire sul fatto che le imprese giapponesi erano accettate dai clienti europei solo in misura limitata e che, se volevano penetrare nel mercato europeo, dovevano affrontare talune difficoltà tecniche e giuridiche. Inoltre, secondo l’ABB, le imprese giapponesi partecipavano all’intesa solo nella parte in cui riguardava territori situati al di fuori del SEE.

105    In secondo luogo, la ricorrente si interroga sulla testimonianza fornita dal sig. M., un ex dipendente dell’ABB, in occasione del colloquio svoltosi il 23 settembre 2005. A tale proposito, essa sostiene che la volontà dell’ABB di sostenere la tesi della Commissione si è manifestata attraverso gli sforzi del suo consulente esterno volti ad orientare le dichiarazioni del sig. M. affinché ammettesse che la penetrazione nel mercato europeo da parte dei produttori giapponesi poteva diventare redditizia dopo un certo periodo di tempo.

106    La ricorrente aggiunge che il sig. M. non era più un dipendente dell’ABB al momento del colloquio, il che implica che egli non fosse tenuto ad agire nell’interesse della stessa. Inoltre, il fatto che il sig. M. sia tornato sulle proprie dichiarazioni dimostrerebbe le pressioni da lui subite, più che la sua volontà di fornire informazioni precise.

107    La ricorrente sostiene inoltre che le dichiarazioni del sig. M. relative all’esistenza dell’intesa comune sono una «prova per sentito dire» poco convincente. A suo parere, il sig. M. ha dichiarato che non era presente quando l’intesa comune era stata conclusa e che quest’ultima non era stata evocata durante le riunioni cui egli aveva partecipato. Pertanto, tali dichiarazioni sarebbero basate sull’opinione personale del sig. M. circa l’esistenza di un’intesa. La ricorrente osserva al riguardo che, ammesso che l’intesa comune sia esistita, sarebbe legittimo attendersi che, data la sua asserita gravità, le imprese che hanno presentato una richiesta di immunità producano elementi di prova esistenti all’epoca dei fatti controversi.

108    Quanto al contenuto delle dichiarazioni del sig. M., la ricorrente sostiene che quest’ultimo, oltre ad avere dichiarato che la conclusione di un accordo relativo a mercati stranieri presupponeva l’esistenza di un accordo sui paesi d’origine dei vari partecipanti, ha anche spiegato che, sebbene fosse eventualmente possibile per i produttori giapponesi penetrare nel mercato europeo, tuttavia tale sforzo non sarebbe stato redditizio. Successivamente, il 4 ottobre 2005 il consulente esterno dell’ABB avrebbe presentato una nuova dichiarazione, che si presume chiarisca le precedenti dichiarazioni del sig. M. e con cui viene formalmente affermata l’esistenza dell’intesa comune. Secondo la ricorrente, questi due elementi sono contraddittori e non possono quindi essere fatti valere.

109    In terzo luogo, la ricorrente sostiene che le dichiarazioni dei sigg. W. e P., dipendenti dell’ABB, sono «vaghe speculazioni», basate su pareri personali non sostenuti da prove. Infatti, allorché è stato interrogato sui motivi del rifiuto dei produttori giapponesi di partecipare a gare d’appalto per GIS in Europa, il sig. W. non avrebbe fatto riferimento all’intesa comune. Tuttavia, in precedenti dichiarazioni egli avrebbe spiegato che l’esistenza delle barriere «elevate» rendeva difficile la penetrazione nel mercato europeo.

110    La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

111    In via preliminare va rilevato che dai precedenti punti 94 e 95 risulta che non occorre esaminare automaticamente con prudenza gli elementi forniti da un’impresa che abbia chiesto di beneficiare di un’immunità dalle ammende. Per quanto riguarda il caso particolare delle testimonianze, è certamente possibile che i dipendenti di tale impresa, che sono tenuti ad agire nel suo interesse, condividano la volontà di presentare quanti più elementi a carico possibile, considerato altresì che la loro cooperazione nel procedimento può influire positivamente sul loro futuro professionale. Tuttavia, se è così, i dipendenti in questione sono anche consapevoli delle possibili conseguenze negative della presentazione di elementi inesatti, rese più sensibili dall’esigenza di corroborazione.

112    Quanto al sig. M., la ricorrente sostiene giustamente che un ex dipendente non è più tenuto, in linea di principio, ad agire nell’interesse del suo ex datore di lavoro riguardo alla cooperazione volontaria ad un procedimento amministrativo. Tuttavia, tale circostanza implica altresì che, in linea di principio, egli non abbia interesse a fornire elementi inesatti in tale contesto. A tale proposito si deve rilevare che, nel momento in cui ha reso la sua testimonianza, il sig. M. era già stato collocato a riposo. Pertanto, non risulta che la sua mancata cooperazione nel procedimento amministrativo potesse avere conseguenze per lui sfavorevoli.

113    Peraltro, non si può ritenere che gli elementi forniti dall’ABB non potessero avere per essa effetti pregiudizievoli. Infatti, poiché tali elementi sono stati forniti prima dell’invio della comunicazione degli addebiti, né l’ABB né i suoi dipendenti e l’ex dipendente potevano essere certi della portata e del contenuto esatto degli addebiti che sarebbero stati mossi all’ABB.

114    Quanto ai vari elementi invocati dalla ricorrente, in primo luogo, nelle sue osservazioni dell’11 marzo 2004, ossia prima che le fosse concessa l’immunità condizionata, l’ABB ha esplicitamente evocato l’esistenza di un’intesa comune in base alla quale le società giapponesi si astenevano dal presentare offerte per i progetti europei e le società europee si astenevano dal presentare offerte per i progetti giapponesi.

115    È vero che l’ABB ha dichiarato che l’intesa comune era fondata sulla circostanza che i produttori giapponesi non erano ben accetti dai clienti europei e dovevano affrontare determinati ostacoli sul mercato europeo. Tuttavia, dalle sue osservazioni dell’11 marzo 2004 risulta inequivocabilmente che, a suo parere, le imprese giapponesi coinvolte non si sono limitate a constatare l’esistenza di tali ostacoli, ma si sono impegnate nei confronti dei loro partner europei a non penetrare nel mercato del SEE. Pertanto, le barriere all’ingresso su tale mercato costituirebbero un fattore che ha portato alla conclusione di detta intesa. Si deve peraltro rilevare che tale osservazione non è paradossale, essendo naturale che un produttore, nell’ambito di una ripartizione del mercato come quella asserita dalla Commissione nel caso di specie, lasci ai concorrenti i mercati sui quali la sua posizione è debole.

116    Inoltre, è vero che l’ABB ha dichiarato che non esisteva alcun accordo esplicito con i produttori giapponesi riguardo alla manipolazione delle gare d’appalto, alla fissazione dei prezzi e alla ripartizione dei progetti nel SEE. Tuttavia, letta nel suo contesto, tale dichiarazione fa riferimento alla ripartizione dei mercati nazionali tra i produttori europei o alla ripartizione di progetti di GIS nel SEE. Essa non esclude quindi l’esistenza del generico impegno delle imprese giapponesi a non penetrare nel mercato del SEE, chiaramente esplicitato dall’ABB. Peraltro, non può rilevarsi alcuna incoerenza nelle dichiarazioni dell’ABB. Infatti, poiché, secondo l’ABB, le imprese giapponesi si erano impegnate a non penetrare nel mercato del SEE, non sarebbe stato utile per loro concludere accordi dettagliati con i produttori europei riguardo alla ripartizione di progetti di GIS sul medesimo mercato.

117    Alla luce delle osservazioni sin qui svolte, si deve concludere che le dichiarazioni dell’ABB dell’11 marzo 2004 non sono ambigue e costituiscono indizi dell’esistenza dell’intesa comune.

118    In secondo luogo, si deve ammettere che il consulente esterno dell’ABB è intervenuto in un momento preciso del colloquio del sig. M. per suggerirgli che poteva essere redditizio per i produttori giapponesi penetrare nel mercato europeo, cosa di cui il sig. M. non sembrava convinto. Di conseguenza, si deve ritenere che il sig. M. nutrisse dubbi circa l’interesse commerciale di siffatto comportamento e tener conto di tale circostanza nella valutazione del contenuto della sua testimonianza. Tuttavia, la ricorrente non spiega in quale misura tale intervento del consulente esterno dell’ABB pregiudichi l’attendibilità della testimonianza del sig. M. sotto altri aspetti.

119    Inoltre, la ricorrente sostiene giustamente che la testimonianza del sig. M. non sembra essere il risultato di una riflessione approfondita e che essa non è stata nemmeno rivista dopo una riflessione e verifiche supplementari. Infatti, la testimonianza è stata fornita oralmente e non risulta che in precedenza la Commissione abbia posto quesiti per iscritto al sig. M. né che le dichiarazioni relative all’intesa comune e alle barriere all’ingresso sul mercato del SEE siano state successivamente verificate e riviste da quest’ultimo.

120    Tuttavia, la ricorrente non deduce alcun elemento tale da indurre a ritenere che le eventuali modifiche delle dichiarazioni del sig. M. siano state motivate dalle pressioni che egli avrebbe subito.

121    Quanto all’argomento della ricorrente secondo cui la testimonianza del sig. M. sarebbe solo una «prova per sentito dire», esso dev’essere respinto. Infatti, il sig. M. è stato uno dei rappresentanti dell’ABB nell’ambito dell’intesa tra il 1988 e il 2002, ossia per quasi tutta la durata del suo funzionamento, mentre la stessa ABB era uno dei principali attori. Il sig. M. è stato quindi un testimone diretto e privilegiato delle circostanze da egli esposte.

122    A tale proposito si deve riconoscere che, nella sua testimonianza, il sig. M. ha confermato di non essere stato presente in occasione della conclusione dell’intesa comune. Inoltre, interrogato in merito alla questione se il tema dell’intesa comune fosse stato sollevato durante riunioni cui aveva partecipato, il sig. M. ha risposto che non era necessario evocarlo, in quanto l’intesa comune era sottintesa. Tuttavia, tali circostanze non mettono in discussione il valore probatorio della testimonianza del sig. M. Infatti, da un lato, un testimone può perfettamente produrre la prova di un fenomeno durevole anche se non ha assistito al suo inizio. Dall’altro, sebbene il sig. M. abbia dichiarato che la questione dell’intesa comune non era stata esplicitamente discussa durante le riunioni cui aveva partecipato, dalla sua testimonianza risulta che, a suo parere, era così in quanto il contenuto di detta intesa era compreso, accettato e applicato dai partecipanti senza che fosse necessaria una discussione esplicita.

123    In questo contesto, si deve osservare che l’impegno di un gruppo di produttori a non penetrare in un mercato riservato all’altro gruppo, quale l’impegno contestato dalla Commissione ai produttori giapponesi, si fonda su un concetto semplice che può essere applicato facilmente. Inoltre, tale applicazione non richiede, in linea di principio, un’interazione tra le imprese interessate. Di conseguenza, un impegno del genere può perfettamente esistere sotto forma di accordo non scritto, il che consente peraltro di ridurre il rischio che venga scoperto. A tale proposito, la Commissione ha rilevato ai punti 170‑176 della decisione impugnata che, nella specie, i partecipanti all’intesa hanno adottato una serie di precauzioni organizzative e tecniche per evitarne la divulgazione.

124    Quanto al contenuto della testimonianza del sig. M., questi ha dichiarato che esisteva tra i produttori giapponesi ed europei un accordo relativo alla protezione reciproca dei mercati nazionali, anteriore all’accordo GQ, che tale accordo era una condizione necessaria per la conclusione degli accordi relativi ad altre regioni e che il rispetto delle sue regole implicava che i produttori giapponesi non penetrassero nel mercato nazionale dei produttori europei, pur essendo in grado di farlo sotto l’aspetto tecnico. Il sig. M. ha inoltre spiegato, in tale contesto, il meccanismo di notifica e di imputazione nonché il fatto che i progetti di GIS nei paesi d’origine non erano oggetto di discussione tra i due gruppi di produttori e non venivano imputati alle quote previste dall’accordo GQ.

125    Inoltre, come osservato supra al punto 118, il sig. M. non era convinto che le imprese giapponesi avessero un interesse commerciale a penetrare nel mercato europeo dei progetti di GIS. Tuttavia, la posizione del sig. M., condivisa dal sig. P., non toglie nulla al fatto che, sia secondo i quattro testimoni dell’ABB che secondo l’ABB stessa, le imprese giapponesi si erano impegnate a non penetrare nel mercato del SEE, pur essendo in grado di farlo sotto l’aspetto tecnico.

126    A tale proposito si deve inoltre osservare che l’eventuale mancanza di interesse commerciale per i produttori giapponesi a penetrare nel mercato del SEE in un determinato momento non rende priva di scopo l’esistenza di un accordo come l’intesa comune. Infatti, tale accordo è idoneo, da un lato, a eliminare il rischio residuale di una futura penetrazione nei mercati di cui trattasi in caso di mutamento della situazione concorrenziale e a garantire così una sicurezza a lungo termine ai due gruppi di produttori, consolidandone le rispettive posizioni privilegiate. Dall’altro, esso può costituire la base di una fiducia reciproca tra i due gruppi. Orbene, secondo le dichiarazioni del sig. M., tale fiducia era necessaria per dare attuazione all’intesa su scala mondiale.

127    In base a quanto precede, si deve concludere che la testimonianza del sig. M. costituisce un indizio dell’esistenza dell’intesa comune.

128    In terzo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il sig. Wi. ha dichiarato che l’assenza delle imprese giapponesi dal mercato europeo era il risultato di un sistema di protezione dei mercati giapponesi ed europei, motivato dal fatto che ciascuno dei due gruppi di produttori non voleva che l’altro intervenisse sul suo mercato nazionale. Inoltre, il sig. P. ha fatto spontaneamente riferimento ad un’intesa comune con le imprese giapponesi, in base alla quale queste ultime si astenevano dal partecipare al mercato europeo e le imprese europee si astenevano dal partecipare al mercato giapponese. Pertanto, le testimonianze dei sigg. Wi. e P. non possono essere considerate «vaghe speculazioni», ma costituiscono al contrario elementi che confermano l’esistenza dell’intesa comune.

129    La medesima considerazione è peraltro applicabile all’ultima testimonianza presentata su iniziativa dell’ABB e fornita dal sig. V.-A. Interrogato sull’esistenza di un qualsiasi accordo tra i produttori europei e giapponesi, egli ha evocato un accordo tra i produttori giapponesi ed europei in base al quale le imprese europee si astenevano dall’«attaccare» le imprese giapponesi sul mercato giapponese e viceversa. Inoltre, il sig. V.-A. ha dichiarato di avere partecipato ad una discussione esplicita tra le imprese europee e il rappresentante di un’impresa giapponese in merito al rispetto di tale accordo, provocata dai tentativi delle imprese giapponesi di penetrare nel mercato europeo.

130    In conclusione, si deve osservare che le dichiarazioni e le testimonianze fornite dall’ABB costituiscono elementi atti a dimostrare l’intesa comune, dato che esse evocano l’esistenza di detta intesa, descrivono il contenuto della stessa e forniscono indicazioni circa la sua durata e i soggetti che vi hanno partecipato.

131    Inoltre, gli elementi forniti dall’ABB sono coerenti per quanto riguarda l’esistenza e il contenuto fondamentale dell’intesa comune. Benché esista una divergenza di opinioni per quanto riguarda l’interesse commerciale delle imprese giapponesi a penetrare nel mercato europeo, tale circostanza è irrilevante nel caso di specie rispetto alle dichiarazioni concernenti l’esistenza dell’intesa comune, come si è rilevato supra al punto 125.

132    Peraltro, le dichiarazioni dell’ABB sono state fornite a nome di un’impresa e dal loro contenuto risulta che esse sono fondate su verifiche interne e discussioni con dipendenti di tale impresa. Pertanto, si deve riconoscere loro un certo grado di valore probatorio.

133    Quanto alle dichiarazioni rese dai quattro testimoni in questione, esse risultano attendibili, dato che provengono da testimoni diretti dei fatti riportati, e dalle circostanze del caso di specie non emerge che detti testimoni avessero motivo di presentare elementi deformati. Pertanto, occorre riconoscere loro un elevato valore probatorio.

134    Tuttavia, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 90, il contenuto delle dichiarazioni e delle testimonianze fornite dall’ABB deve comunque essere corroborato da altri elementi.

 Sulla corroborazione degli elementi forniti dall’ABB

–       Argomenti delle parti

135    La ricorrente sostiene che, nella decisione impugnata, la Commissione non menziona elementi sufficienti a corroborare gli elementi forniti dall’ABB e in particolare non fa riferimento ad alcun elemento di prova esistente all’epoca dei fatti controversi.

136    In primo luogo, l’affermazione della Fuji secondo cui essa era consapevole dell’intesa comune, contenuta nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, non sarebbe sostenuta da prove né da una spiegazione e costituirebbe pertanto una sua tesi unilaterale. Inoltre, la Fuji non preciserebbe se essa fosse l’unica parte dell’asserita intesa, se si trattasse di un accordo tra produttori europei o se fossero coinvolti anche i produttori giapponesi. Inoltre, nella sua richiesta di immunità dell’11 luglio 2006 la Fuji non avrebbe menzionato l’esistenza dell’intesa comune. Quest’ultima non sarebbe stata menzionata neppure nelle cinque testimonianze dei dipendenti della Fuji da questa presentate.

137    Secondo la ricorrente, le dichiarazioni successive della Fuji che asseritamente confermano l’esistenza dell’intesa comune, in particolare la sua dichiarazione del 21 novembre 2006, non le sono state comunicate e pertanto non possono essere prese in considerazione.

138    Inoltre, lo scarso valore probatorio degli elementi forniti dalla Fuji sarebbe confermato dal fatto che quest’ultima non ha beneficiato di alcun trattamento favorevole da parte della Commissione in cambio della loro comunicazione.

139    In secondo luogo, per quanto riguarda l’affermazione secondo cui l’Alstom e l’Areva non hanno negato l’esistenza dell’intesa comune e la VA TECH non l’ha contestata apertamente, la ricorrente sostiene che l’assimilazione del silenzio ad una confessione costituisce una violazione del diritto di non autoaccusarsi e dei principi fondamentali in materia di prove. Peraltro, sotto l’aspetto pratico, l’esistenza dell’intesa comune sarebbe stata sostanzialmente irrilevante per i produttori europei, e il loro silenzio sarebbe quindi stato prevedibile. Sul piano procedurale, la ricorrente osserva che, dal momento che non ha avuto accesso alle memorie in questione, non ha potuto verificare la fondatezza dell’argomento della Commissione. Inoltre, la ricorrente ritiene che la VA TECH abbia effettivamente contestato l’esistenza dell’intesa comune.

140    In terzo luogo, la ricorrente fa valere che la sua semplice partecipazione alle riunioni con produttori europei nell’ambito dell’accordo GQ è ininfluente rispetto all’esistenza dell’intesa comune.

141    La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

142    Per quanto riguarda, anzitutto, gli elementi forniti dalla Fuji, dai precedenti punti 51‑53 risulta che le osservazioni che non sono state comunicate alla ricorrente, in particolare le osservazioni della Fuji del 21 novembre 2006, non possono essere invocate in quanto elemento a carico. Di conseguenza, dette osservazioni non sono atte a corroborare il contenuto degli elementi forniti dall’ABB.

143    Per contro, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, il cui brano pertinente è stato trasmesso alla ricorrente, la Fuji ha dichiarato che era al corrente dell’intesa comune in base alla quale i produttori giapponesi si astenevano dal tentare di penetrare nel mercato europeo, pur precisando che la ragione principale dell’assenza della Fuji dal mercato del SEE era che non si trattava di un fornitore significativo credibile di GIS in Europa.

144    Si deve riconoscere che tale dichiarazione è relativamente vaga, dato che la Fuji si limita ad evocare l’impegno dei produttori giapponesi a non penetrare nel mercato europeo. Tuttavia, così facendo, la Fuji ha suffragato l’elemento essenziale risultante dagli elementi presentati dall’ABB e addebitati dalla Commissione ai produttori giapponesi. Pertanto, la dichiarazione di cui trattasi non è irrilevante nel caso di specie. Ciò vale a maggior ragione in quanto le conoscenze limitate della Fuji possono essere spiegate con il suo ruolo secondario nell’ambito del cartello e, in particolare, con il fatto che, come risulta dal punto 150 della decisione impugnata, essa era l’unica impresa giapponese che non fosse membro del comitato del gruppo dei produttori giapponesi responsabile in particolare della concertazione tra i due gruppi di produttori nel quadro dell’accordo GQ.

145    Per quanto riguarda i dipendenti della Fuji, si deve osservare che essi non hanno negato l’esistenza dell’intesa comune, ma hanno semplicemente mantenuto il silenzio su questo punto. Pertanto, il contenuto delle dichiarazioni dei dipendenti Fuji non rimette in discussione il valore probatorio della dichiarazione contenuta nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti.

146    Quanto al contenuto della richiesta di immunità, dal punto 21 della comunicazione sulla cooperazione risulta che la Commissione può concedere una riduzione dell’ammenda solo se gli elementi di prova di cui trattasi rappresentano un valore probatorio significativo rispetto agli elementi già in suo possesso. Di conseguenza, in una richiesta di immunità presentata dopo l’invio della risposta alla comunicazione degli addebiti, l’impresa che intenda ottenere un riduzione dell’ammenda può legittimamente concentrare l’attenzione sugli elementi che, a suo parere, non sono stati ancora dimostrati in misura giuridicamente sufficiente al fine di apportare un valore aggiunto significativo. Orbene, tale circostanza può spiegare perché l’impresa interessata ometta gli elementi che considera comprovati al di là di ogni dubbio dagli elementi comunicati in precedenza.

147    Inoltre, tenuto conto del tenore letterale del punto 21 della comunicazione sulla cooperazione, non si può escludere che la presentazione di elementi dotati di un certo valore probatorio, ma che riguardano fatti già dimostrati da altri elementi, non dia luogo ad alcuna riduzione.

148    In secondo luogo, dall’estratto della trascrizione dell’audizione della VA TECH risulta che essa ha esplicitamente contestato l’esistenza dell’intesa comune durante tale audizione. Pertanto, l’argomento della Commissione secondo cui ciò non sarebbe avvenuto è infondato in fatto.

149    Per quanto riguarda la posizione asseritamente neutrale dell’Alstom e dell’Areva, la Commissione sostiene di non essersi basata su tale circostanza per desumere l’esistenza dell’intesa comune, ma di essersi limitata a prenderne atto. Sebbene tale interpretazione sia confermata dal tenore letterale del punto 125 della decisione impugnata, in cui non viene riconosciuto alcun valore corroborativo alla posizione dell’Alstom, dell’Areva e della VA TECH, contrariamente alle dichiarazioni della Fuji che confermano l’esistenza dell’intesa comune, essa è rimessa in discussione dal punto 255 di detta decisione, in cui la Commissione fa riferimento al riconoscimento implicito dell’esistenza dell’intesa comune da parte di alcuni produttori europei. In ogni caso, la posizione neutrale dell’Alstom e dell’Areva non può essere interpretata come una prova dell’esistenza dell’intesa comune. Infatti, tenuto conto dell’onere della prova incombente alla Commissione nell’ambito di una procedura di applicazione dell’art. 81 CE e dell’art. 53 dell’accordo SEE, la mancata contestazione di un fatto da parte di un’impresa non costituisce una prova del fatto in questione.

150    In terzo luogo, come sostenuto dalla ricorrente, il mero fatto che essa abbia partecipato alle riunioni dell’accordo GQ non costituisce una prova dell’esistenza dell’intesa comune. Infatti, la questione pertinente è se, come affermato dalla Commissione, detta intesa sia stata attuata dai vari partecipanti contemporaneamente all’accordo GQ e in collegamento con esso.

151    In quarto luogo, dal punto 127 della decisione impugnata risulta che, in occasione della riunione del 10 luglio 2002 durante la quale è stata discussa l’evoluzione dei metodi di funzionamento dell’intesa dopo che la Siemens e l’impresa Hitachi avevano ripreso a parteciparvi, l’Alstom ha presentato una proposta secondo cui i produttori europei dovevano restare in Europa e i produttori giapponesi dovevano restare in Giappone, senza tentare di penetrare nel mercato europeo. Inoltre, in tale punto si precisa che, durante la successiva riunione del 15 giugno 2002, il rappresentante dell’Hitachi aveva indicato che quest’ultima respingeva tale proposta, che i produttori europei avevano reagito dichiarando che l’Europa, compresa l’Europa centrale e orientale, era il loro mercato e che essi intendevano mantenere i prezzi applicati nell’Europea occidentale, e avevano inoltre annunciato che la questione sarebbe stata ridiscussa, anche se ciò non era accaduto.

152    A prima vista, tale sintesi delle riunioni del 10 e 15 luglio 2002, fondata su elementi forniti dall’Hitachi, induce a ritenere che l’Alstom abbia proposto di concludere una nuova intesa, proposta che è stata respinta dall’Hitachi e non è stata ulteriormente discussa, il che implicherebbe che, almeno a partire dal luglio 2002, non sia esistita alcuna intesa relativa al comportamento dei produttori giapponesi sul mercato del SEE.

153    Tuttavia, dalla sintesi della riunione del 15 luglio 2002 emerge, da un lato, che l’Hitachi non ha respinto l’idea stessa di una ripartizione dei mercati, ma solo la proposta concreta dell’Alstom. Dall’altro, in detta sintesi si afferma che l’Hitachi aveva rilevato che le rivendicazioni dei produttori europei includevano l’Europa centrale e orientale, il che fa presupporre che la sua opposizione fosse legata a tale aspetto specifico, ma non alla situazione nell’Europa occidentale.

154    Si deve inoltre osservare che la presentazione da parte dell’Alstom della suddetta proposta mette in discussione l’argomento della ricorrente per quanto riguarda la situazione concorrenziale sul mercato del SEE. Infatti, supponendo che, come sostenuto dalla ricorrente, i produttori giapponesi non siano stati percepiti come concorrenti credibili sul mercato del SEE a causa dell’esistenza di barriere all’ingresso insormontabili, un’intesa relativa al medesimo mercato sarebbe stata effettivamente inutile. In questo caso, i produttori europei, consapevoli di tale circostanza grazie alla loro posizione privilegiata in Europa, non avrebbero avuto alcun motivo di proporre un’intesa del genere. Orbene, dalla sintesi presentata dall’Hitachi risulta che la proposta dell’Alstom riguardava sia il mercato del SEE che quello dell’Europa centrale e orientale.

155    Pertanto, occorre accogliere l’interpretazione secondo cui, nella riunione del 10 luglio 2002, l’Alstom ha proposto l’estensione dell’intesa comune, quale asserita dalla Commissione, ai paesi dell’Europa centrale e orientale.

156    In quinto luogo, come rilevato al punto 131 della decisione impugnata, il contenuto dell’accordo EQ è pertinente, in una certa misura, per quanto riguarda l’esistenza dell’intesa comune.

157    Infatti, conformemente al punto 4 della parte «E (E‑Members)» dell’allegato 2 dell’accordo EQ, i produttori europei «adottano una decisione in ordine alla notifica dei progetti europei al [gruppo di produttori giapponesi]». Dal contesto dell’allegato 2 risulta che la trasmissione delle informazioni doveva essere effettuata prima dell’assegnazione dei progetti di GIS considerati.

158    Tale elemento consente di respingere, in una certa misura, l’argomento della ricorrente, poiché suggerisce che i produttori europei ritenevano che i produttori giapponesi potessero essere interessati quanto meno dal processo di assegnazione di taluni progetti di GIS nel SEE, e che fossero quindi potenziali concorrenti per tali progetti.

159    Tuttavia, nulla nell’accordo EQ o negli altri elementi addotti dalla Commissione dimostra che il meccanismo in questione sia stato attuato dai produttori europei o che i produttori giapponesi fossero al corrente della sua esistenza. Pertanto, l’accordo EQ costituisce solo un indizio della percezione delle imprese giapponesi da parte dei loro omologhi europei.

160    Alla luce di quanto precede, si deve concludere, da un lato, che la dichiarazione resa dalla Fuji nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti tende a confermare gli elementi forniti dall’ABB in ordine all’esistenza dell’intesa comune, e tuttavia il suo valore probatorio è limitato. Del pari, la proposta formulata dall’Alstom durante la riunione del 10 luglio 2002 costituisce una prova che l’intesa comune esisteva a tale data. Inoltre, il contenuto dell’accordo EQ costituisce un indizio che i produttori giapponesi erano considerati concorrenti credibili per la fornitura di determinati progetti di GIS nel SEE, come affermato dalla Commissione.

161    Dall’altro lato, né la posizione assunta dalla VA TECH in ordine all’esistenza dell’intesa comune, né quella dell’Alstom, né quella dell’Areva, né la semplice partecipazione della ricorrente alle riunioni tenutesi nell’ambito dell’accordo GQ costituiscono elementi atti a corroborare gli elementi forniti dall’ABB relativi all’esistenza di detta intesa.

 Sul meccanismo di notifica e di imputazione

–       Argomenti delle parti

162    In primo luogo, la ricorrente sostiene che l’argomento della Commissione relativo al meccanismo di notifica e di imputazione si basa sull’affermazione secondo cui i produttori giapponesi erano percepiti come potenziali concorrenti sul mercato dei progetti di GIS nel SEE. Tale affermazione sarebbe messa in dubbio dall’esplicita dichiarazione della VA TECH secondo la quale era praticamente impossibile per i produttori europei proporre i loro prodotti in Giappone e viceversa, nonché dalla testimonianza del sig. M., da cui emergerebbe che la penetrazione nel mercato europeo non era redditizia per le imprese giapponesi. Di conseguenza, le affermazioni relative alla notifica e all’imputazione sarebbero basate su una premessa di fatto manifestamente errata. Peraltro, in tale contesto, l’argomento della Commissione secondo cui l’esistenza dell’imputazione dimostrava l’assenza di barriere all’ingresso sul mercato europeo e, conseguentemente, l’esistenza dell’intesa comune sarebbe circolare.

163    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che le affermazioni della Commissione concernenti il meccanismo di notifica e di imputazione non sono state dimostrate in modo giuridicamente valido. A suo parere, l’argomento della Commissione si basa sul fatto che i produttori giapponesi venivano sistematicamente informati dei progetti di GIS nei paesi europei diversi dai paesi d’origine, affinché potessero controllarne l’imputazione alla quota congiunta «europea». Orbene, gli elementi diversi dalle dichiarazioni dell’ABB invocati dalla Commissione non dimostrerebbero né il carattere sistematico della notifica né l’esistenza di una distinzione tra i paesi d’origine e gli altri paesi europei.

164    A tale proposito la ricorrente afferma anzitutto di non avere partecipato all’accordo EQ, sicché quest’ultimo potrebbe essere considerato solo come una decisione unilaterale dei produttori europei. Peraltro, a suo parere, l’allegato 2 di detto accordo non prevede la notifica sistematica ai produttori giapponesi, ma anzi la esclude, dato che lascia ai produttori europei la decisione sull’eventuale notifica dei progetti europei. Del pari, il testo in questione non prevede l’imputazione dei progetti europei alla quota congiunta «europea».

165    Oltre a ciò, l’elenco dei progetti di GIS fornito dall’ABB sarebbe un documento redatto dalla stessa ABB che non è stato trasmesso agli altri partecipanti all’intesa. Pertanto, secondo la ricorrente, detto elenco non è una prova della notifica sistematica dei progetti di GIS in Europa alle imprese giapponesi.

166    Infine, l’estratto della richiesta di immunità dell’Hitachi secondo cui la Siemens faceva circolare periodicamente una tabella che riassumeva i progetti di GIS attribuiti alle imprese europee e giapponesi non preciserebbe se gli scambi in questione riguardavano progetti di GIS in Europa, e il contesto di tale dichiarazione sembrerebbe indicare che non fosse così. Quanto alla dichiarazione contenuta nella risposta dell’Hitachi alla comunicazione degli addebiti, secondo cui la notifica veniva effettuata al fine di consentire l’imputazione, essa non sarebbe confermata da nessun altro produttore giapponese e sarebbe specificamente smentita sia dalla ricorrente che dalla Fuji, la quale ha precisato che le informazioni relative alla ripartizione dei progetti di GIS in Europa non venivano sistematicamente trasmesse ai produttori giapponesi.

167    In terzo luogo, la ricorrente sostiene che il meccanismo di notifica e di imputazione descritto dalla Commissione è complesso e non viene applicato automaticamente. Pertanto, sarebbe improbabile che esso non fosse menzionato nell’accordo GQ o in un altro documento esistente all’epoca dei fatti controversi.

168    In quarto luogo, anche ammesso che taluni progetti europei siano stati imputati alla quota congiunta «europea» prevista dall’accordo GQ, tale circostanza non sarebbe un indizio di un’infrazione commessa dalla ricorrente. Secondo quest’ultima, l’imputazione poteva avere effetto solo al di fuori del territorio del SEE, poiché dava diritto a più progetti al di fuori di tale zona ai produttori giapponesi. Orbene, tale circostanza non equivarrebbe ad una infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’Accordo SEE.

169    La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

170    In via preliminare, va osservato che gli argomenti della Commissione relativi al meccanismo di notifica e di imputazione non si basano esclusivamente sulla tesi secondo cui i produttori giapponesi erano percepiti come concorrenti credibili sul mercato del SEE. Infatti, la Commissione ritiene di avere raccolto prove positive dell’esistenza di detto meccanismo. Pertanto, occorre esaminare il valore probatorio degli elementi addotti dalla Commissione per verificare se siano atti a dimostrare in modo giuridicamente valido l’esistenza del meccanismo di notifica e di imputazione, nonostante le contestazioni di alcune delle imprese interessate.

171    Si deve quindi rilevare che, nella sua testimonianza, il sig. M. ha esplicitamente affermato l’esistenza del meccanismo di notifica e di imputazione. Egli ha inoltre dichiarato che tale meccanismo non riguardava i progetti di GIS nei paesi d’origine, vale a dire in Giappone e in alcuni paesi europei. Per contro, non ha sostenuto che la realtà o la rilevanza di detto meccanismo fosse messa in discussione dal fatto che, a suo parere, le imprese giapponesi non avevano alcun interesse commerciale a penetrare nel mercato del SEE.

172    L’esistenza di un meccanismo consistente nell’imputare il valore dei progetti di GIS nel SEE alla quota mondiale prevista dall’accordo GQ è stata inoltre affermata nelle dichiarazioni dell’ABB.

173    Per quanto riguarda l’accordo EQ, si è osservato al precedente punto 157 che il punto 4 della parte «E (E‑Members)» del suo allegato 2 era dedicato all’eventuale comunicazione delle informazioni prima della ripartizione dei progetti di GIS in questione. Tuttavia, tale clausola non riguardava l’amministrazione dei progetti già assegnati. Di conseguenza, sebbene il suo contenuto costituisca un indizio tale da indurre a ritenere che i produttori giapponesi fossero considerati concorrenti credibili per la fornitura di determinati progetti di GIS nel SEE, le misure ivi previste non fanno parte del meccanismo di notifica e di imputazione quale asserito dalla Commissione. Pertanto, l’allegato 2 dell’accordo EQ è ininfluente ai fini della prova di tale meccanismo.

174    Del pari, come sostenuto dalla ricorrente, dagli elenchi dei progetti forniti dall’ABB non risulta che i progetti di GIS nel SEE siano stati regolarmente notificati ai produttori giapponesi. Pertanto, neppure detto elenco costituisce una prova del meccanismo di notifica e di imputazione.

175    Quanto agli elementi provenienti dall’Hitachi, si deve osservare che, letta nel contesto delle frasi immediatamente precedenti, la dichiarazione secondo cui la Siemens faceva circolare periodicamente le tabelle in cui era riassunta una parte dei progetti di GIS attribuiti ai vari membri dell’intesa fa riferimento a progetti di GIS al di fuori del SEE. Pertanto, anche tale dichiarazione è ininfluente ai fini della prova del meccanismo di notifica e di imputazione, quale asserito dalla Commissione, che avrebbe riguardato progetti di GIS nel SEE.

176    Per contro, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti l’Hitachi ha dichiarato che, prima che essa interrompesse la propria partecipazione all’intesa nel 1999, i produttori europei comunicavano ai produttori giapponesi i dettagli dei progetti di GIS che avrebbero fornito in Europa, per consentire che tali progetti fossero presi in considerazione nel determinare la quota dei progetti di GIS al di fuori del SEE attribuiti ai due gruppi di produttori in base all’accordo GQ.

177    Tale dichiarazione conferma esplicitamente l’esistenza fino al 1999 del meccanismo di notifica e di imputazione invocato dalla Commissione. Inoltre, il suo valore probatorio è elevato per due motivi. Da un lato, detta dichiarazione va contro gli interessi dell’Hitachi, dato che implica l’esistenza di un nesso tra le attività collusive all’interno del SEE e i produttori giapponesi, e costituisce quindi un elemento a carico. Dall’altro, dalla lettura del brano pertinente della risposta alla comunicazione degli addebiti emerge che le ricorrenti non erano consapevoli delle deduzioni che potevano operarsi sulla base di tale dichiarazione.

178    Peraltro, come si è rilevato supra al punto 55, l’Hitachi non è tornata sul contenuto fattuale delle sue dichiarazioni relative al meccanismo di notifica e di imputazione contenute nella sua risposta supplementare alla comunicazione degli addebiti.

179    Quanto alla Fuji, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti essa ha dichiarato che le informazioni relative alla ripartizione dei progetti di GIS nei paesi europei esclusi dall’ambito di applicazione dell’accordo GQ non venivano comunicate sistematicamente ai produttori giapponesi e che, pertanto, la Fuji non era al corrente del funzionamento dell’accordo EQ. L’esistenza del meccanismo di notifica e di imputazione è inoltre stata contestata dalla ricorrente, come risulta in particolare dall’estratto della trascrizione della sua audizione.

180    Tuttavia, si deve rilevare, da un lato, che le prese di posizione della Fuji e della ricorrente non sono contrarie ai loro interessi, dato che mirano a contestare l’esistenza di qualsiasi infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo SEE. Esse sono quindi dotate di una forza probatoria inferiore a quella degli elementi rilevanti forniti dall’ABB e dall’Hitachi.

181    Dall’altro, si deve rilevare che il ruolo secondario della Fuji nell’ambito del cartello, ricordato supra al punto 144, può spiegare perché essa non partecipasse a tutti gli scambi di informazioni provenienti dal gruppo dei produttori europei. Tale circostanza mette anche in discussione l’attendibilità delle dichiarazioni della Fuji su questo punto rispetto a quella degli elementi forniti dall’ABB e dall’Hitachi, che erano membri dei comitati dei loro rispettivi gruppi ed erano quindi più strettamente associati al funzionamento nel dettaglio dell’asserita intesa.

182    Inoltre, se è vero che il meccanismo di notifica e di imputazione necessitava di talune misure di attuazione, queste tuttavia non erano particolarmente complesse, dato che consistevano essenzialmente nella trasmissione di taluni dati dal gruppo europeo a quello giapponese, peraltro effettuata in parallelo a quella prevista dall’accordo GQ per i progetti di GIS al di fuori del SEE. Di conseguenza, non risulta che tali misure avrebbero necessariamente richiesto delle regole scritte, tenuto conto anche della volontà delle parti di un accordo anticoncorrenziale di ridurre il rischio che esso venga scoperto.

183    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che l’esistenza del meccanismo di notifica e di imputazione è stata dimostrata in misura giuridicamente sufficiente dagli elementi forniti dall’ABB, quali corroborati dalle dichiarazioni dell’Hitachi contenute nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti.

184    Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, dagli elementi menzionati al punto precedente non emerge che il meccanismo di notifica e di imputazione sia stato messo in atto occasionalmente e in modo discrezionale. Infatti, sebbene le dichiarazioni dell’ABB e dell’Hitachi e la testimonianza del sig. M. non riguardino esplicitamente questo punto, dai termini utilizzati nei documenti in questione si evince chiaramente che la notifica era un procedura applicata regolarmente e applicabile a tutti i partecipanti e progetti interessati. Come si è spiegato al precedente punto 181, le dichiarazioni della Fuji sono meno attendibili a tale riguardo rispetto agli elementi forniti dall’ABB e dall’Hitachi. Inoltre, si è già osservato supra al punto 173 che l’allegato 2 dell’accordo EQ non riguarda la notifica e l’imputazione, quali asserite dalla Commissione, e quindi non è pertinente a tale proposito.

185    Quanto alla durata dell’attuazione del meccanismo di notifica e di imputazione, le dichiarazioni dell’ABB non riguardano un periodo specifico e possono quindi, a priori, essere interpretate nel senso che fanno riferimento all’infrazione nella sua interezza. Quanto alle dichiarazioni del sig. M., esse riguardano il periodo in cui quest’ultimo ha partecipato alle attività dell’intesa, vale a dire tra il 1988 e il giugno 2002. Tuttavia, poiché si è osservato supra al punto 90 che gli elementi forniti dall’ABB dovevano essere corroborati da altri elementi, va rilevato che le dichiarazioni dell’Hitachi riguardano il periodo anteriore al momento in cui essa ha interrotto la propria partecipazione all’intesa, nel 1999. Pertanto, si deve ritenere che l’esistenza del meccanismo di notifica e di imputazione sia stata dimostrata in relazione a quest’ultimo periodo.

186    Per quanto concerne la rilevanza del meccanismo di notifica e di imputazione nell’ambito della prova dell’intesa comune, si deve ritenere che esso costituisca un indizio serio del fatto che i produttori giapponesi venivano percepiti dai produttori europei come concorrenti potenziali credibili sul mercato del SEE. Infatti, supponendo che il mercato europeo fosse effettivamente impenetrabile per i produttori giapponesi a causa dell’esistenza delle barriere all’ingresso, i produttori europei non avrebbero avuto motivo di notificare gli esiti dell’assegnazione di taluni progetti di GIS nel SEE né, a fortiori, di imputare tali progetti alla quota congiunta «europea» prevista dall’accordo GQ, in quanto tale imputazione avrebbe comportato la perdita di una parte dei progetti di GIS nelle regioni oggetto dell’accordo GQ. Pertanto, l’esistenza di tale meccanismo di notifica e di imputazione implica che le imprese giapponesi avrebbero potuto penetrare nel mercato europeo. Se non l’hanno fatto, è perché si sono impegnate a non farlo, in cambio di una quota maggiore di progetti di GIS al di fuori del SEE. Pertanto, il meccanismo in questione costituisce un nesso tra le attività collusive all’interno del SEE e i produttori giapponesi e, conseguentemente, una prova indiretta dell’esistenza dell’intesa comune.

187    La questione se il meccanismo di notifica e di imputazione avesse effetti sul mercato del SEE è irrilevante nel caso di specie. Infatti, come si è osservato supra al punto 97, il fondamento della censura mossa dalla Commissione alle ricorrenti nella decisione impugnata è l’impegno delle imprese giapponesi a non penetrare nel mercato del SEE, che è indirettamente dimostrato dall’esistenza del meccanismo di notifica e di imputazione. Per contro, dalla decisione impugnata non risulta che, secondo la Commissione, detto meccanismo costituisca un’infrazione autonoma all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo SEE.

188    Inoltre, non occorre dimostrare che il meccanismo di notifica e di imputazione non riguardava i progetti di GIS nei paesi d’origine europei per poter considerare siffatto meccanismo come un indizio pertinente dell’esistenza dell’intesa comune, in base al ragionamento esposto supra al punto 186. Di conseguenza, l’eventuale mancanza di conferme della testimonianza del sig. M. su questo punto è ininfluente.

189    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che l’esistenza della regolare notifica al gruppo di produttori giapponesi di taluni progetti di GIS nel SEE a seguito della loro assegnazione e l’imputazione di tali progetti alla quota congiunta «europea» prevista dall’accordo GQ è stata dimostrata, per quanto riguarda il periodo compreso tra il 1988 e l’interruzione da parte dell’Hitachi della propria partecipazione all’intesa nel 1999, dalle dichiarazioni dell’ABB, da quelle dell’Hitachi e dalla testimonianza del sig. M. Inoltre, il meccanismo in questione costituisce una prova indiretta dell’esistenza dell’intesa comune invocata dalla Commissione.

 Sugli elementi che asseritamente smentiscono l’esistenza dell’intesa comune

–       Argomenti delle parti

190    La ricorrente fa valere, in primo luogo, che dagli atti risulta che nella riunione del 15 luglio 2002 l’Hitachi ha respinto la proposta di concludere l’intesa comune, presentata dall’Alstom.

191    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che l’esistenza dell’intesa comune sarebbe contestata non solo da lei, ma anche dall’Hitachi, dalla Melco, dalla VA TECH e dalla Siemens. In particolare, la Siemens avrebbe presentato una dichiarazione di uno dei suoi dipendenti che ha partecipato alle attività dell’intesa, il sig. T., secondo cui non esisteva alcun accordo concernente la reciproca esclusiva dei mercati giapponese ed europeo. Orbene, nella decisione impugnata la Commissione non avrebbe esaminato tale elemento, pur essendosi basata sugli elementi contraddittori forniti dall’ABB.

192    La ricorrente rammenta inoltre che, a suo parere, l’esistenza dell’intesa comune era sostanzialmente irrilevante per i produttori europei che avevano ammesso l’esistenza di un’intesa europea. Pertanto, il loro silenzio sarebbe stato prevedibile, poiché essi avevano interesse a non contestare i fatti, per non pregiudicare l’esito delle loro domande di immunità.

193    In terzo luogo, la ricorrente addebita alla Commissione di non avere preso in considerazione l’accordo intitolato «General Rules for GE Agreement» (in prosieguo: l’«accordo GE»), concluso dai produttori il 17 marzo 1987 al fine di ripartirsi i progetti di GIS in Europa.

194    Secondo la ricorrente, l’esistenza di un accordo relativo ai progetti di GIS in Europa, anteriore all’accordo GQ, smentisce, anzitutto, l’argomento della Commissione secondo cui l’intesa comune offriva ai produttori europei un sostegno nell’organizzazione dell’intesa per detti progetti. Inoltre, l’esistenza dell’accordo GE rimetterebbe in discussione anche la constatazione effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata secondo cui l’assegnazione dei progetti di GIS a livello mondiale iniziava con l’attribuzione del mercato giapponese ai produttori giapponesi e del mercato europeo ai produttori europei. La collusione sarebbe semmai iniziata allorché questi ultimi si erano ripartiti il mercato europeo. Infine, poiché i produttori europei avevano attuato un’intesa relativa ai progetti di GIS in Europa, essi non avrebbero avuto alcun interesse a ripartire tali progetti con le imprese giapponesi, che non erano considerate concorrenti credibili sul mercato del SEE, né a concludere con loro l’intesa comune.

195    La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

196    In primo luogo, come rilevato supra al punto 155, si deve ritenere che durante la riunione del 10 luglio 2002 l’Alstom abbia proposto l’estensione dell’intesa comune, quale asserita dalla Commissione, ai paesi dell’Europa centrale e orientale. Tale circostanza corrobora l’esistenza dell’intesa comune.

197    In secondo luogo, la Commissione non ha commesso un errore nel ritenere che le dichiarazioni e le testimonianze dell’ABB, le dichiarazioni della Fuji relative all’esistenza dell’intesa comune e le dichiarazioni dell’Hitachi relative alla notifica e all’imputazione fossero dotate di una maggiore forza probatoria rispetto alle contestazioni dell’esistenza dell’intesa comune da parte della ricorrente, dell’Hitachi, della Melco, della VA TECH e della Siemens.

198    Infatti, a differenza del primo gruppo di elementi, le contestazioni in questione non sono contrarie agli interessi delle imprese di cui trattasi, dato che mirano a rimettere in discussione l’esistenza di qualsiasi infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo SEE. Tale conclusione vale anche per la testimonianza del sig. T., in cui quest’ultimo si è limitato ad illustrare la genesi dell’accordo GQ, a contestare l’esistenza dell’intesa comune e ad invocare le barriere all’ingresso tanto sul mercato del SEE quanto sul mercato giapponese. Per quel che riguarda, in particolare, l’intesa comune, la testimonianza del sig. T. non fornisce elementi nuovi rispetto a quelli prodotti dai destinatari della comunicazione degli addebiti.

199    Peraltro, non si può ritenere che le imprese europee, compresa la Siemens, non avessero interesse a contestare l’esistenza dell’intesa comune, dato che essa veniva interpretata dalla Commissione, nella comunicazione degli addebiti, come un accordo collusivo tra i produttori europei e i produttori giapponesi relativo al mercato del SEE e costituiva, pertanto, un’infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo SEE. Orbene, tale conclusione avrebbe leso gli interessi dei produttori europei, quanto meno potenzialmente, nel caso in cui non fosse stato possibile dimostrare in modo giuridicamente valido gli altri addebiti mossi dalla Commissione nei loro confronti.

200    In terzo luogo, l’argomento della ricorrente relativo all’accordo GE si basa sulla premessa secondo cui quest’ultimo è stato firmato ed attuato indipendentemente dall’accordo GQ o dall’intesa comune. A tale proposito, è pacifico che l’accordo GE è stato firmato prima dell’accordo GQ e dell’accordo EQ. Tuttavia, tale circostanza non implica che esso non fosse collegato agli altri elementi dell’intesa mondiale quale asserita dalla Commissione.

201    Infatti, secondo il suo art. 15, inizialmente l’accordo GE doveva essere una soluzione intermedia valida fino all’entrata in vigore dell’accordo GQ e, in mancanza di questa, doveva essere rinegoziato dopo il 31 dicembre 1988. Risulta quindi che, al momento della conclusione dell’accordo GE, i firmatari prevedevano già di porre in essere l’intesa mondiale e i suoi diversi elementi, compresa, secondo quanto affermato dalla Commissione, l’intesa comune. Tale interpretazione è corroborata dalla testimonianza del sig. M., secondo cui l’intesa mondiale è stata oggetto di negoziati complessi per vari anni prima della firma dell’accordo GQ.

202    Peraltro, secondo il sig. M., l’impegno reciproco dei due gruppi di produttori a non penetrare nei mercati nazionali dell’altro gruppo, che costituisce l’elemento essenziale dell’intesa comune invocata dalla Commissione, era anteriore alla conclusione dell’accordo GQ. Di conseguenza, tale impegno poteva essere preso in considerazione dai produttori europei in occasione della firma dell’accordo GE.

203    Pertanto, non si può ritenere che l’accordo GE metta in dubbio l’esistenza dell’intesa comune invocata dalla Commissione.

 Valutazione complessiva

204    Dall’esame svolto ai precedenti punti 111‑189 risulta, in primo luogo, che le dichiarazioni dell’ABB e le testimonianze dei suoi dipendenti e del suo ex dipendente attestano l’esistenza di un’intesa con cui i produttori europei e giapponesi si sono impegnati reciprocamente a non penetrare nei mercati nazionali dell’altro gruppo. Detti elementi permettono inoltre di individuare le parti dell’intesa e di concludere che essa, pur essendo probabilmente anteriore all’accordo GQ, è stata raggiunta, al più tardi, al momento della conclusione di quest’ultimo.

205    In secondo luogo, l’esistenza del suddetto impegno reciproco è confermata dalla proposta presentata dall’Alstom nella riunione del 10 luglio 2002. L’esistenza dell’impegno delle imprese giapponesi a non penetrare nel mercato europeo è inoltre suffragata dalle dichiarazioni della Fuji.

206    In terzo luogo, dalle dichiarazioni e dalla testimonianza dell’ABB, corroborate dalle dichiarazioni dell’Hitachi, risulta che i produttori giapponesi hanno accettato, almeno per quanto riguarda il periodo dal 1988 al 1999, la regolare notifica degli esiti dell’assegnazione di taluni progetti di GIS nel SEE e la loro imputazione alla quota congiunta «europea» prevista dall’accordo GQ. Inoltre, in base al punto 4 della parte «E (E‑Members)» dell’allegato 2 dell’accordo EQ, i produttori europei hanno previsto la possibilità di comunicare ai produttori giapponesi i particolari di determinati progetti di GIS nel SEE prima della loro assegnazione. Da queste due circostanze emerge che i produttori giapponesi erano considerati concorrenti credibili per la fornitura di taluni progetti di GIS nel SEE, ma si sono impegnati a non penetrare nel mercato europeo in cambio di una quota maggiore di progetti di GIS in altre regioni. Esse costituiscono quindi prove indirette dell’esistenza dell’accordo tra i produttori europei e i produttori giapponesi.

207    Pertanto, gli elementi addotti dalla Commissione confermano le sue affermazioni relative all’esistenza dell’intesa comune, quali riassunte supra al punto 96. Per contro, gli elementi invocati dalla ricorrente ed esaminati supra ai punti 196‑203 non sono atti a rimettere in discussione tali affermazioni. Si deve quindi concludere che l’esistenza dell’intesa comune è stata dimostrata in modo giuridicamente valido.

208    Tale conclusione implica il rigetto delle censure della ricorrente fondate sulla violazione del principio della presunzione di innocenza e sul fatto che la Commissione avrebbe oltrepassato la propria competenza, come si è spiegato supra al punto 101.

209    Inoltre, poiché la Commissione non si è basata esclusivamente sul comportamento delle imprese in questione sul mercato per accertare l’infrazione contestata, la ricorrente non può limitarsi a sostituire la spiegazione dei fatti utilizzata dalla Commissione con un’altra spiegazione plausibile. Pertanto, la spiegazione alternativa proposta dalla ricorrente è ininfluente rispetto all’esistenza di detta infrazione.

210    Ciò premesso, si deve respingere il primo motivo.

211    Inoltre, risulta da quanto precede che la Commissione poteva concludere per l’esistenza dell’intesa comune senza prendere in considerazione le osservazioni della Fuji del 21 novembre 2006 in quanto elemento a carico. Di conseguenza, conformemente a quanto esposto supra al punto 53, occorre respingere, in definitiva, la seconda parte del terzo motivo, concernente una violazione del diritto di accesso agli atti e, pertanto, il terzo motivo in toto.

 Sul secondo motivo, vertente sul fatto che la Commissione non avrebbe dimostrato l’esistenza di un’infrazione unica e continuata

212    Nell’ambito della prima parte del secondo motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione non ha dimostrato l’esistenza di un’infrazione unica che include l’accordo GQ, l’intesa comune e i comportamenti anticoncorrenziali dei produttori europei all’interno del SEE. Nell’ambito della seconda parte del secondo motivo, la ricorrente afferma che la Commissione non ha dimostrato né l’esistenza dell’intesa tra il settembre 1999 e il 25 marzo 2002, né la sua partecipazione all’intesa nel medesimo periodo.

213    La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

 Sulla prima parte, relativa alla prova di un’infrazione unica

–       Argomenti delle parti

214    La ricorrente sostiene che la Commissione, anche ammesso che abbia adeguatamente dimostrato l’esistenza dell’intesa comune, non ha dimostrato che essa intendeva contribuire alla ripartizione dei progetti, alla manipolazione delle offerte, alla fissazione dei prezzi e agli altri comportamenti anticoncorrenziali adottati all’interno del SEE dai produttori europei. La ricorrente osserva che, nella decisione impugnata, la Commissione ha affermato che i produttori europei si sforzavano di non rivelare ai produttori giapponesi le attività dell’intesa europea disciplinata dall’accordo EQ, preparando altresì un accordo dettagliato per la non divulgazione reciproca.

215    La ricorrente ritiene pertanto che non sussistano le condizioni richieste dalla giurisprudenza perché un’impresa possa essere considerata responsabile di tutti gli elementi di un’infrazione e, in particolare, nella specie, del comportamento dei produttori europei. Secondo la ricorrente, essa non ha mai partecipato a riunioni concernenti le attività del cartello all’interno del SEE. Inoltre, la Commissione non avrebbe dimostrato che essa intendeva contribuire con il proprio comportamento al conseguimento degli obiettivi comuni perseguiti da tutti i partecipanti. A tale proposito, il mero fatto che la Commissione possa desumere l’esistenza di un comportamento collusivo all’interno del SEE non sarebbe sufficiente.

216    La ricorrente sostiene inoltre che la Commissione non è competente a perseguire e sanzionare accordi che non abbiano per oggetto o per effetto di restringere la concorrenza all’interno nel SEE, quale l’accordo GQ.

217    La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

218    Gli accordi e le pratiche concordate di cui all’art. 81, n. 1, CE derivano necessariamente dal concorso di più imprese, tutte coautrici dell’infrazione, la cui partecipazione può però presentare forme differenti a seconda, segnatamente, delle caratteristiche del mercato interessato e della posizione di ciascuna impresa su tale mercato, degli scopi perseguiti e delle modalità di esecuzione scelte o previste. Tuttavia, la semplice circostanza che ciascuna impresa partecipi all’infrazione secondo forme ad essa peculiari non basta ad escluderne la responsabilità per il complesso dell’infrazione, compresi i comportamenti materialmente attuati da altre imprese partecipanti che però condividono il medesimo oggetto o il medesimo effetto anticoncorrenziale (sentenza della Corte 8 luglio 1999, causa C‑49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I‑4125, punti 79 e 80). Tale giurisprudenza è applicabile, per analogia, all’art. 53, n. 1, dell’accordo SEE.

219    Pertanto, un’impresa che abbia partecipato ad un’infrazione attraverso comportamenti propri, rientranti nelle nozioni di accordo o pratica concordata aventi un oggetto anticoncorrenziale ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE e diretti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso è responsabile, per tutta la durata della sua partecipazione alla detta infrazione, anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione, ove si accerti che l’impresa di cui trattasi era a conoscenza dei comportamenti illeciti delle altre partecipanti o che poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne i rischi (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 218 supra, punto 83). Tale giurisprudenza è applicabile, per analogia, all’art. 53, n. 1, dell’accordo SEE.

220    Nella specie, in primo luogo, dall’esame del primo motivo risulta che le imprese giapponesi, compresa la ricorrente, hanno partecipato con le imprese europee all’intesa comune, che era un accordo tra imprese ai sensi dell’art. 81 CE e dell’art. 53 dell’accordo SEE avente ad oggetto il mercato europeo dei progetti di GIS. Pertanto, la Commissione era competente a perseguire e sanzionare la partecipazione della ricorrente a tale accordo. Peraltro, l’esistenza dell’intesa comune implica che le imprese giapponesi fossero al corrente del fatto che i progetti di GIS nel SEE erano riservati ai produttori europei.

221    A tale proposito, la circostanza che la ricorrente non partecipasse alle misure collusive specifiche nel SEE è ininfluente. Considerata la natura del suo impegno nell’ambito dell’intesa comune, la sua partecipazione non sarebbe stata di alcuna utilità. Infatti, i produttori giapponesi non avevano alcun interesse ad intervenire nell’attribuzione stessa dei progetti di GIS nel SEE, che essi si erano impegnati a non ottenere. Il loro unico interesse sarebbe stato conoscere il valore dei progetti in questione e l’identità dei soggetti cui erano stati assegnati, per poter verificare l’imputazione alla quota congiunta «europea» prevista dall’accordo GQ. Orbene, almeno per quanto riguarda il periodo compreso tra il 1988 e il 1999, tali informazioni venivano comunicate ai produttori giapponesi attraverso il meccanismo di notifica.

222    Pertanto, si deve ritenere che il ruolo passivo dei produttori giapponesi per quanto riguarda l’attribuzione dei progetti di GIS sul mercato del SEE non fosse dovuto ad una loro scelta, bensì alle modalità della loro partecipazione all’accordo relativo al mercato del SEE. Per contro, questa stessa partecipazione era una condizione preliminare affinché l’assegnazione dei progetti di GIS nel SEE potesse essere effettuata tra i produttori europei conformemente al principio della protezione dei paesi d’origine o in base all’accordo GE.

223    In secondo luogo, le dichiarazioni dell’ABB e la testimonianza del sig. M. suggeriscono che, sebbene l’intesa comune non fosse esplicitamente menzionata nell’accordo GQ, essa era tuttavia alla base di tale accordo, poiché consentiva di instaurare il clima di fiducia necessario al funzionamento dell’intesa mondiale. L’esistenza del nesso tra l’intesa comune e l’accordo GQ è confermata dalla testimonianza del sig. V.-A., secondo cui in occasione di una riunione dell’accordo GQ è stata discussa tra i produttori europei e un rappresentante delle imprese giapponesi la necessità di rispettare l’intesa comune.

224    In terzo luogo, il meccanismo di notifica e di imputazione stabilisce un nesso tra le attività collusive delle imprese europee all’interno del SEE e l’intesa mondiale disciplinata dall’accordo GQ. Infatti, mediante tale meccanismo, gli esiti dell’assegnazione di taluni progetti di GIS nel SEE venivano presi in considerazione ai fini dell’attribuzione dei progetti di GIS in altre regioni, sulla base dell’accordo GQ. L’esistenza del meccanismo in questione è dimostrata dalle dichiarazioni e dalle testimonianze dell’ABB nonché dalle dichiarazioni dell’Hitachi.

225    In tale contesto, dagli elementi comunicati dalla ricorrente non risulta che l’accordo di non divulgazione tra i produttori europei sia stato effettivamente concluso né, a fortiori, che tale circostanza abbia influito sullo scambio di informazioni tra i due gruppi di produttori.

226    In quarto luogo, va rilevato che, data la regolare notifica dei risultati delle procedure di gara relative a taluni progetti di GIS nel SEE, effettuata quanto meno tra il 1988 e il 1999, le imprese giapponesi potevano ragionevolmente prevedere che l’assegnazione dei progetti di GIS nel SEE tra i produttori europei era il risultato di un comportamento collusivo. Infatti, la circostanza che siano stati regolarmente comunicati ad un gruppo di produttori, per vari anni, i risultati delle procedure di gara cui hanno partecipato i membri di un altro gruppo di produttori del medesimo settore industriale, senza un’apparente ragione legittima, supera i limiti di un normale comportamento concorrenziale. La notifica avrebbe quindi dovuto far sorgere dubbi circa le condizioni in cui venivano assegnati i progetti di GIS. Ciò vale a maggior ragione in quanto i risultati di una gara d’appalto non costituiscono necessariamente informazioni pubbliche, segnatamente quando si tratti di gare d’appalto indette da imprese private e per quanto riguarda i particolari dell’offerta prescelta.

227    A tale riguardo la Commissione ha giustamente affermato, al punto 277 della decisione impugnata, che un’eventuale successiva interruzione della notifica non poteva incidere sulla conoscenza del carattere collusivo dell’assegnazione dei progetti di GIS nel SEE, acquisita dalle imprese giapponesi grazie al meccanismo di notifica tra il 1988 e il 1999. Lo stesso vale per la TM T & D. Infatti, quest’ultima ha rilevato le attività in materia di GIS dei suoi azionisti, che erano entrambi parti dell’intesa. Pertanto, si può ritenere che essa possedesse le stesse conoscenze di detti azionisti per quanto riguarda l’assegnazione dei progetti di GIS nel SEE.

228    In quinto luogo, l’intesa comune, l’intesa mondiale disciplinata dall’accordo GQ e le attività collusive dei produttori europei all’interno del SEE sono state attuate contemporaneamente, riguardavano gli stessi prodotti e coinvolgevano i medesimi produttori europei nonché, nel caso dell’intesa comune e dell’accordo GQ, i medesimi produttori giapponesi. Inoltre, le diverse misure avevano un obiettivo comune, vale a dire l’istituzione di un sistema di ripartizione del mercato mondiale dei progetti di GIS e di assegnazione di tali progetti fra i vari partecipanti.

229    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che la Commissione non è incorsa in un errore affermando che l’intesa comune, l’intesa mondiale disciplinata dall’accordo GQ e le attività collusive dei produttori europei all’interno del SEE configuravano un’infrazione unica che perseguiva un obiettivo comune. Di conseguenza, la prima parte del secondo motivo dev’essere respinta.

 Sulla seconda parte, relativa alla prova di un’infrazione continuata e della partecipazione ininterrotta della ricorrente alla stessa

–       Argomenti delle parti

230    La ricorrente sostiene che la Commissione non ha dimostrato che la ricorrente avesse partecipato all’accordo GQ nel periodo in cui altre imprese non vi avevano preso parte, vale a dire tra il settembre 1999 e il 25 marzo 2002.

231    La ricorrente asserisce anzitutto che, in tale periodo, data l’assenza in particolare della Siemens, l’intesa era «crollata» e le riunioni GQ erano divenute un foro di discussioni più o meno informali senza oggetto o effetti anticoncorrenziali.

232    La ricorrente afferma, poi, di non avere partecipato all’accordo GQ nel periodo in questione. Tale circostanza sarebbe dimostrata dalla dichiarazione dell’Areva secondo cui, nel 2002, occorreva prendere contatti con la TM T & D per discussioni relative al mercato delle GIS, il che implicherebbe che la TM T & D non partecipava alle discussioni in corso. Inoltre, la dichiarazione dell’ABB relativa al proseguimento dell’intesa tra il settembre 1999 e il marzo 2002 sarebbe contraddittoria, in quanto l’ABB affermerebbe al tempo stesso che la ricorrente ha proseguito le operazioni dell’intesa e che la TM T & D ha aderito all’intesa più tardi, contemporaneamente, in particolare, alla Siemens. Oltre a ciò, la dichiarazione dell’ABB non sarebbe corroborata e proverrebbe da un’impresa che ha presentato una richiesta di immunità dalle ammende.

233    Infine, la ricorrente osserva che i riferimenti all’intesa fatti dalla Commissione in relazione al periodo considerato rinviano all’accordo GQ ed eventualmente agli accordi esistenti tra le imprese, ma non all’intesa comune.

234    La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

235    Secondo la giurisprudenza, l’esigenza della certezza del diritto di cui devono godere gli operatori economici implica che, quando sorge una controversia in merito all’esistenza di un’infrazione, la Commissione, la quale ha l’onere di provare le infrazioni da essa accertate, adduca elementi di prova idonei a dimostrare sufficientemente l’esistenza dei fatti costitutivi dell’infrazione. Per quanto concerne, più in particolare, l’asserita durata dell’infrazione, lo stesso principio di certezza del diritto impone che, in mancanza di elementi di prova tali da dimostrare direttamente la durata di un’infrazione, la Commissione produca quantomeno elementi di prova che si riferiscano a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che detta infrazione abbia avuto una durata ininterrotta entro due date precise (sentenze del Tribunale 7 luglio 1994, causa T‑43/92, Dunlop Slazenger/Commissione, Racc. pag. II‑441, punto 79; 6 luglio 2000, causa T‑62/98, Volkswagen/Commissione, Racc. pag. II‑2707, punto 188, e 5 aprile 2006, causa T‑279/02, Degussa/Commissione, Racc. pag. II‑897, punti 114 e 153).

236    Inoltre, il fatto che per alcuni periodi determinati la prova dell’esistenza di un’infrazione continuata non sia stata fornita non impedisce di ritenere che l’infrazione sia stata perpetrata su un arco di tempo complessivo più esteso di tali periodi, qualora una constatazione siffatta si basi su indizi obiettivi e concordanti. Nell’ambito di un’infrazione estesa su più anni, il fatto che le manifestazioni dell’intesa intervengano in periodi differenti, eventualmente separati da intervalli di tempo più o meno lunghi, resta ininfluente ai fini dell’esistenza dell’intesa stessa, a condizione che le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una medesima finalità e si inscrivano nel quadro di un’infrazione a carattere unitario e continuato (sentenza della Corte 21 settembre 2006, causa C‑113/04 P, Technische Unie/Commissione, Racc. pag. I‑8831, punto 169).

237    Quanto al proseguimento dell’intesa tra il settembre 1999 e il marzo 2002, si deve osservare preliminarmente che, dal momento che l’impegno assunto dalle imprese giapponesi in base all’intesa comune non consisteva in un’azione positiva, bensì in un’omissione, è intrinsecamente difficile dimostrare che tale intesa sia stata rispettata in maniera continuativa.

238    Tuttavia, in primo luogo, dalla testimonianza del sig. M. risulta che, fino al termine del suo coinvolgimento nel cartello, nel giugno 2002, sia l’accordo GQ che l’intesa comune hanno continuato ad essere attuati con la partecipazione delle imprese giapponesi diverse dall’Hitachi, sebbene l’assenza di quest’ultima e della Siemens rendesse l’operazione meno efficace. Lo stesso argomento risulta dalle dichiarazioni dell’ABB.

239    In secondo luogo, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, la Fuji conferma che le imprese giapponesi hanno partecipato all’infrazione, compresa l’intesa comune, fino al settembre 2000, data in cui essa afferma di avere abbandonato l’intesa.

240    In terzo luogo, si è concluso supra al punto 155 che, durante la riunione del 10 luglio 2002, l’Alstom ha proposto l’estensione dell’intesa comune ai paesi dell’Europa centrale e orientale. Tale circostanza implica che detta intesa esisteva sia alla data della riunione che durante un certo periodo precedente.

241    In quarto luogo, anche la costante assenza dei produttori giapponesi dal mercato europeo dei progetti di GIS nel periodo in questione costituisce un indizio del fatto che l’intesa comune ha continuato ad essere attuata.

242    In quinto luogo, poiché si è rilevato, nell’ambito della prima parte del presente motivo, che la Commissione non ha commesso un errore nel concludere per l’esistenza di un’infrazione unica che comprende in particolare l’intesa comune e l’accordo GQ, si deve ritenere, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, che una prova del funzionamento ininterrotto di quest’ultimo accordo, tra il settembre 1999 e il marzo 2002, costituisca un indizio pertinente del fatto che l’intesa comune è stata attuata anche in detto periodo. Infatti, dato il carattere unico dell’infrazione, è plausibile che il venir meno dell’intesa comune avrebbe compromesso il funzionamento dell’accordo GQ.

243    Orbene, la ricorrente non contesta i rilievi operati ai punti 191‑196 della decisione impugnata, secondo cui l’ABB, l’Alstom e la Melco si sono scambiate, nel dicembre 2000 e nel gennaio 2001, una serie di telecopie relative all’assegnazione dei progetti in base all’accordo GQ.

244    La ricorrente ha inoltre confermato che, tra le riunioni dell’accordo GQ elencate al punto 197 della decisione impugnata, essa ha partecipato a quelle del 18 maggio, del 13 luglio e del 14 settembre 2000, pur negando che le altre riunioni elencate abbiano avuto luogo.

245    Infine, la ricorrente non contesta che i progetti di GIS elencati al punto 198 della decisione impugnata sono stati assegnati in base all’accordo GQ e non presenta elementi tali da indurre a ritenere che essa abbia preso le distanze dai risultati delle assegnazioni o che non li abbia rispettati. Orbene, tali assegnazioni implicano che l’intesa è stata attiva o, quanto meno, ha prodotto effetti tra il 27 agosto 1998, data in cui è stato concluso l’accordo sul progetto menzionato al punto 198, sub h), della decisione impugnata, e il 12 ottobre 2001, data in cui ha cessato di produrre effetti l’accordo sul progetto menzionato al punto 198, sub a), della decisione impugnata. A tale proposito, occorre rammentare che l’art. 81 CE è applicabile quando gli effetti di un’intesa sono durati senza che l’intesa abbia avuto formalmente fine (sentenze del Tribunale 10 marzo 1992, causa T‑13/89, ICI/Commissione, Racc. pag. II‑1021, punto 254, e 13 dicembre 2001, causa T‑48/98, Acerinox/Commissione, Racc. pag. II‑3859, punto 63). Tale giurisprudenza è applicabile, per analogia, all’art. 53, n. 1, dell’accordo SEE.

246    Alla luce di tali elementi, l’argomento della ricorrente secondo cui, nel periodo in questione, le riunioni dell’accordo GQ sono divenute un foro di discussione senza oggetto o effetti anticoncorrenziali non può essere accolto, a prescindere dalla circostanza che tale argomento sia stato presentato nel corso del procedimento amministrativo. Ciò vale a maggior ragione in quanto tale argomento non è suffragato da elementi diversi dalle dichiarazioni non dimostrate della Melco.

247    Pertanto, si deve ritenere che gli elementi di prova invocati dalla Commissione in ordine all’attuazione dell’intesa comune e dell’accordo GQ tra il settembre 1999 e il marzo 2002 riguardino fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, il che implica che sia stata fornita la prova di un’infrazione continuata in relazione al periodo considerato.

248    Occorre aggiungere che gli elementi menzionati ai precedenti punti 238‑245 riguardano sia l’attuazione dell’intesa comune e dell’accordo GQ in generale che la partecipazione personale della ricorrente agli accordi in questione. Del resto, nell’ambito di taluni progetti indicati nell’elenco riprodotto al punto 198 della decisione impugnata, il cui contenuto non è stato contestato dalla ricorrente, quest’ultima viene identificata quale segreteria del gruppo dei produttori giapponesi. Orbene, tale elemento implica che, al momento dell’assegnazione dei progetti in questione, la ricorrente partecipava attivamente all’accordo GQ.

249    In tale contesto, i riferimenti all’esigenza di contattare la TM T & D durante i negoziati svoltisi nel 2002 e al fatto che essa ha aderito all’intesa nel 2002 possono essere spiegati con il fatto che in tale periodo era in fase di costituzione la società comune della Toshiba e della Melco, destinata a rilevare le attività in materia di GIS dei suoi azionisti. Orbene, poiché la TM T & D rappresentava una nuova struttura che riuniva le attività pertinenti dei due membri dell’intesa, è logico che i progetti di modifica del sistema dell’intesa dovessero essere discussi con lei.

250    Per quanto riguarda l’asserito interesse di un’impresa che abbia chiesto un’immunità dalle ammende, dei suoi dipendenti e dei suoi ex dipendenti a sopravvalutare il comportamento anticoncorrenziale delle altre imprese oggetto dell’indagine, occorre rinviare ai precedenti punti 94, 95, 111 e 112.

251    Da quanto precede risulta che la partecipazione della ricorrente all’intesa tra il settembre 1999 e il marzo 2002 è stata dimostrata mediante elementi sufficientemente ravvicinati nel tempo.

252    Pertanto, occorre respingere la seconda parte del secondo motivo e, conseguentemente, tale motivo nella sua interezza.

253    Poiché nessuno dei motivi addotti a sostegno della domanda diretta all’annullamento degli artt. 1 e 2 della decisione impugnata può essere accolto, tale domanda dev’essere respinta.

2.     Sulla domanda diretta all’annullamento o alla riduzione sostanziale dell’ammenda inflitta alla ricorrente

254    Nell’ambito del suo quarto motivo, la ricorrente sostiene che l’ammenda inflittale è discriminatoria ed eccessiva. Tale motivo è suddiviso in sei parti. La prima verte su un errore nella valutazione della gravità relativa della sua partecipazione all’infrazione. La seconda verte su un errore nella valutazione della durata dell’infrazione. La terza verte sul mancato rispetto dell’obbligo di motivazione per quanto concerne il calcolo dell’ammenda. La quarta verte su un errore nella determinazione dell’importo di base. La quinta verte sul carattere eccessivo dell’ammenda corrispondente all’infrazione commessa dalla TM T & D. La sesta verte su un errore nella valutazione delle circostanze attenuanti.

255    La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

 Sulla prima parte, concernente un errore nella valutazione della gravità relativa della partecipazione della ricorrente all’infrazione

 Argomenti delle parti

256    La ricorrente osserva che la proporzione delle ammende inflitte ai produttori europei e ai produttori giapponesi corrisponde alla proporzione delle quote definite dall’accordo GQ. Essa ne deduce che le è stata inflitta un’ammenda per il suo comportamento nell’ambito dell’accordo GQ. Orbene, tale approccio sarebbe errato e discriminatorio. Da un lato, la Commissione non avrebbe tenuto conto della minore gravità relativa della sua partecipazione all’intesa, dato che essa avrebbe partecipato unicamente all’intesa comune, mentre i produttori europei avrebbero partecipato sia a quest’ultima che alle attività collusive concernenti i progetti di GIS nel SEE. Dall’altro, la ricorrente sostiene che, sanzionandola per un comportamento al di fuori del SEE, la Commissione ha oltrepassato la propria competenza.

257    La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

258    Secondo la giurisprudenza, qualora un’infrazione sia stata commessa da più imprese, è necessario determinare la gravità relativa della partecipazione di ciascuna di esse (v. sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 218 supra, punto 150 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, il fatto che un’impresa non abbia preso parte a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa o che abbia svolto un ruolo secondario negli aspetti cui ha partecipato dev’essere tenuto in considerazione nel valutare la gravità dell’infrazione e nel determinare l’ammenda (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 218 supra, punto 90).

259    A tale riguardo occorre precisare, anzitutto, che la decisione impugnata non sanziona la partecipazione dei suoi destinatari all’accordo GQ, che non riguardava il territorio del SEE. Infatti, l’art. 1 della decisione impugnata dichiara chiaramente che l’infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo SEE riguardava il settore dei progetti di GIS nel SEE. Pertanto, l’argomento fondato sull’asserita mancanza di competenza della Commissione dev’essere respinto.

260    Peraltro, dall’esame del primo motivo risulta che la partecipazione dei produttori giapponesi agli accordi e alle pratiche concordate riguardanti il SEE non era della stessa natura di quella dei produttori europei. Infatti, le imprese giapponesi si sono impegnate, nell’ambito dell’intesa comune, a non penetrare nel mercato del SEE e la loro partecipazione consisteva quindi in un’omissione di agire. Le imprese europee, invece, si sono ripartite i vari progetti di GIS sul medesimo mercato, con atti collusivi positivi.

261    Tuttavia, non esistono differenze sostanziali per quanto riguarda la gravità di questi due tipi di comportamento. Invero, come si è rilevato supra al punto 221, considerata la natura dell’impegno assunto dalla ricorrente in base all’intesa comune, il fatto che essa non partecipasse all’assegnazione dei progetti di GIS nel SEE è ininfluente, dato che il suo intervento non presentava alcuna utilità. Pertanto, la circostanza invocata dalla ricorrente non era il risultato di una sua scelta, bensì la semplice conseguenza della natura della sua partecipazione all’accordo relativo al mercato del SEE. Per contro, questa stessa partecipazione era una condizione preliminare affinché l’attribuzione dei progetti di GIS nel SEE potesse essere effettuata tra i produttori europei secondo le regole concordate a tal fine.

262    Di conseguenza, si deve ritenere che la gravità del comportamento delle imprese giapponesi sia comparabile a quella del comportamento delle imprese europee. La prima parte del quarto motivo va quindi respinta.

 Sulla seconda parte, concernente un errore nella valutazione della durata dell’infrazione

 Argomenti delle parti

263    Riferendosi agli argomenti relativi alla sospensione delle attività dell’intesa e della partecipazione della ricorrente alla stessa tra il settembre 1999 e il marzo 2002, esposti supra ai punti 230‑233, la ricorrente sostiene che l’ammenda inflittale dovrebbe essere ridotta.

264    La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

265    La ricorrente si limita a ribadire nella presente parte gli argomenti già esaminati nell’ambito della seconda parte del secondo motivo. Orbene, dai precedenti punti 235‑252 risulta che tali argomenti non consentono di concludere che la Commissione abbia commesso un errore nel considerare che l’intesa è proseguita tra il settembre 1999 e il 25 marzo 2002 e nel desumerne la durata della partecipazione della ricorrente all’intesa.

266    Pertanto, occorre respingere la presente parte.

 Sulla terza parte, relativa al mancato rispetto dell’obbligo di motivazione per quanto riguarda il calcolo dell’ammenda

 Argomenti delle parti

267    La ricorrente sostiene che la Commissione non avrebbe spiegato adeguatamente il metodo di calcolo applicato per determinare l’ammenda che le è stata inflitta. Essa invoca, a tale riguardo, le difficoltà che ha incontrato nel determinare l’importo da versare alla Commissione e afferma che la sua posizione è confermata dal parere di economisti esperti in materia. Ritiene quindi che la Commissione non abbia rispettato il proprio obbligo di motivazione.

268    La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

269    La motivazione richiesta dall’art. 253 CE deve far apparire in maniera chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui promana l’atto, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato ai fini della difesa dei loro diritti ed al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo (sentenza della Corte 18 settembre 2003, causa C‑338/00 P, Volkswagen/Commissione, Racc. pag. I‑9189, punto 124). Anche se, a norma dell’art. 253 CE, la Commissione deve menzionare gli elementi di fatto e di diritto dai quali dipende la giustificazione della decisione e le considerazioni giuridiche che l’hanno indotta ad adottarla, detta disposizione non prescrive che la Commissione discuta tutti i punti di fatto e di diritto eventualmente trattati durante il procedimento amministrativo (sentenze della Corte 17 gennaio 1984, cause riunite 43/82 e 63/82, VBVB e VBBB/Commissione, Racc. pag. 19, punto 22; 11 luglio 1989, causa 246/86, Belasco e a./Commissione, Racc. pag. 2117, punto 55, e 18 settembre 2003, Volkswagen/Commissione, cit., punto 127). L’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone, che detto atto riguardi direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni (v. sentenza della Corte 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punto 63 e giurisprudenza ivi citata). La giurisprudenza succitata è applicabile, per analogia, alle decisioni della Commissione che constatano un’infrazione all’art. 53, n. 1, dell’accordo SEE.

270    Nella specie, gli elementi esposti ai punti 471‑552 della decisione impugnata consentono di comprendere il metodo scelto dalla Commissione per il calcolo dell’ammenda e di seguirne le varie fasi.

271    Del resto, poiché la ricorrente si è limitata ad affermare l’esistenza delle difficoltà che ha incontrato nel determinare l’importo dovuto alla Commissione, senza precisare la loro natura né la fase del calcolo in cui emergono, e non ha riportato le osservazioni degli economisti che afferma di avere consultato, il suo argomento relativo alla motivazione del calcolo dell’ammenda non può essere oggetto di un esame più approfondito.

272    Pertanto, la terza parte del quarto motivo dev’essere respinta.

 Sulla quarta parte, relativa ad un errore nella determinazione dell’importo di base

 Argomenti delle parti

273    La ricorrente sostiene che l’importo di base dell’ammenda è arbitrario e discriminatorio.

274    In primo luogo, la Commissione avrebbe calcolato le ammende inflitte in base ai fatturati relativi sia alle GIS autonome sia alle sottostazioni elettriche basate su una GIS. Orbene, tale modus operandi sarebbe sfavorevole ai produttori giapponesi, in quanto i progetti di GIS in Medio Oriente e in Asia, generalmente realizzati dai produttori giapponesi, implicano spesso sottostazioni «chiavi in mano» e includono quindi prodotti e servizi diversi dalle GIS. Pertanto, il fatturato dei produttori giapponesi tenderebbe ad essere superiore a quello dei produttori europei.

275    In secondo luogo, la Commissione si sarebbe basata sul fatturato corrispondente al 2003, vale a dire l’ultimo anno completo dell’infrazione, per determinare le quote di mercato delle imprese europee, mentre ha utilizzato il fatturato del 2001, più elevato, per quanto riguarda i produttori giapponesi, senza fornire motivi convincenti. Secondo la ricorrente, la Commissione avrebbe dovuto utilizzare i fatturati del 2003 per tutti i partecipanti all’intesa, dividendo per due i fatturati delle due società comuni in cui si concentravano all’epoca le attività in materia di GIS dei quattro produttori giapponesi. Tale approccio sarebbe stato coerente con il trattamento dei produttori europei, nonché con la prassi decisionale della Commissione.

276    In terzo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione l’ha erroneamente collocata nello stesso gruppo dell’Alstom o dell’Areva. A suo parere, supponendo che per il calcolo dell’importo di base dell’ammenda della ricorrente sia stato utilizzato il fatturato del 2003, la differenza in termini di quote di mercato rispetto all’Alstom o all’Areva sarebbe maggiore di quella esistente rispetto alle quote di mercato delle imprese appartenenti al gruppo inferiore, il che implica che la ricorrente avrebbe dovuto essere classificata in quest’ultimo gruppo.

277    Quanto alla prima censura, la Commissione afferma che il mero fatto che la presa in considerazione di taluni prodotti determini un fatturato superiore non costituisce la prova di una discriminazione.

278    Per quel che riguarda la seconda censura, la Commissione afferma di avere scelto il 2001 come anno di riferimento in quanto si trattava dell’esercizio precedente alla creazione della società comune della ricorrente e della Melco, vale a dire la TM T & D. Essa spiega, a tale proposito, che le società controllanti hanno partecipato all’intesa a titolo individuale per la maggior parte della sua durata, il che implica che era più appropriato determinare gli importi di base facendo riferimento ai loro rispettivi fatturati, segnatamente per tenere conto delle differenze esistenti tra le loro quote di mercato individuali al momento della creazione della TM T & D.

279    In terzo luogo, la Commissione sostiene che la censura relativa alla collocazione della ricorrente in un gruppo può essere accolta solo qualora lo fosse anche quella vertente sulla scelta dell’anno di riferimento. Orbene, ciò non sarebbe avvenuto.

 Giudizio del Tribunale

280    In limine, si deve ricordare che la Commissione dispone di un margine di discrezionalità nel fissare gli importi delle ammende al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole di concorrenza (v. sentenza del Tribunale 29 aprile 2004, cause riunite T‑236/01, T‑239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Tokai Carbon e a./Commissione, Racc. pag. II‑1181, punto 216 e giurisprudenza ivi citata).

281    L’importo dell’ammenda è fissato dalla Commissione in funzione della gravità dell’infrazione e, se occorre, della sua durata. La gravità dell’infrazione dev’essere accertata sulla scorta di criteri come le circostanze proprie al caso di specie, il suo contesto e l’effetto dissuasivo delle ammende. Devono essere presi in considerazione elementi obiettivi come il contenuto e la durata dei comportamenti anticoncorrenziali, il loro numero e la loro intensità, l’estensione del mercato interessato e il deterioramento subito dall’ordine pubblico economico. L’analisi deve considerare altresì l’importanza relativa e la quota di mercato delle imprese responsabili, nonché un’eventuale recidiva (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 40 supra, punti 89‑91).

282    Tuttavia, ogni volta che decide di imporre ammende ai sensi del diritto della concorrenza, la Commissione è tenuta a rispettare i principi generali del diritto, tra i quali figura il principio di parità di trattamento, quale interpretato dai giudici dell’Unione (sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑59/02, Archer Daniels Midland/Commissione, Racc. pag. II‑627, punto 315). Secondo una giurisprudenza costante, il principio di parità di trattamento ovvero di non discriminazione richiede che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, salvo obiettiva necessità (v. sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑311/94, BPB de Eendracht/Commissione, Racc. pag. II‑1129, punto 309 e giurisprudenza ivi citata).

283    Qualora sia opportuno basarsi sul fatturato delle imprese coinvolte nella stessa infrazione onde stabilire i rapporti tra le ammende da infliggere, è opportuno delimitare il periodo di cui si deve tener conto, in modo che i dati ottenuti siano quanto più possibile paragonabili (sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80‑103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 122).

284    Nella specie, dai punti 480‑490 della decisione impugnata risulta che, nel determinare gli importi di base, la Commissione ha deciso, conformemente al punto 1 A degli orientamenti per il calcolo delle ammende, di applicare un trattamento differenziato ai partecipanti all’intesa in base alla loro capacità di arrecare pregiudizio alla concorrenza. A tal fine, essa ha classificato le varie imprese in cinque gruppi, in funzione dell’importanza relativa dei loro fatturati mondiali ottenuti per le vendite delle GIS. In tale contesto, la Commissione ha ritenuto che i fatturati relativi al solo mercato del SEE non costituissero un criterio di valutazione affidabile, dato che l’intesa comune aveva lo scopo di garantire l’assenza dei produttori giapponesi da tale mercato.

285    Per quanto riguarda i prodotti da prendere in considerazione per determinare i fatturati delle imprese interessate, si deve rilevare che, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 281, la Commissione deve segnatamente prendere in considerazione l’estensione del mercato interessato. Orbene, nella specie, come indicato al punto 9 della decisione impugnata, l’intesa riguardava sia le GIS autonome che le sottostazioni comprensive di una GIS. Di conseguenza la Commissione non ha commesso un errore nel calcolare l’importo di partenza delle ammende delle imprese interessate in base ai fatturati relativi a tali prodotti. Conseguentemente, deve essere respinto l’argomento addotto dalla ricorrente a tal proposito.

286    Quanto alla scelta dell’anno di riferimento, dai punti 481, 482 e 484 della decisione impugnata risulta che, nel determinare il valore delle vendite mondiali, la Commissione si è basata sull’esercizio 2001 per quanto riguarda la ricorrente, la Fuji, l’Hitachi e la Melco, mentre si è basata sull’esercizio 2003, ossia l’ultimo anno completo dell’infrazione, per quanto riguarda i produttori europei. Del pari, il calcolo dell’importo di partenza delle ammende della ricorrente, della Fuji, dell’Hitachi e della Melco per la durata della loro partecipazione all’intesa in quanto imprese individuali è stato effettuato in base ai loro fatturati del 2001, mentre il calcolo dell’importo di base dei produttori europei è stato effettuato sulla base dei loro fatturati del 2003.

287    Si deve quindi rilevare che la Commissione non ha trattato i produttori giapponesi, compresa la ricorrente, e i produttori europei allo stesso modo per quanto riguarda la scelta dell’anno di riferimento. Pertanto, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 282, occorre verificare se esista una giustificazione obiettiva per siffatto trattamento differenziato.

288    A tale proposito, al punto 482 della decisione impugnata la Commissione ha indicato che il riferimento al 2001 era giustificato nel caso della ricorrente dal fatto che, per la maggior parte del periodo dell’infrazione, essa ha partecipato all’intesa in quanto impresa individuale, e non attraverso la società comune TM T & D che aveva rilevato le attività in materia di GIS della ricorrente e della Melco nel 2002.

289    In udienza, la Commissione ha precisato che il suo scopo era prendere in considerazione la diversa posizione concorrenziale dei due azionisti della TM T & D al momento della creazione di quest’ultima, dovuta al fatto che la Melco deteneva una quota di mercato mondiale delle GIS molto più grande di quella della ricorrente. Secondo la Commissione, il fatto di fare riferimento all’ultimo anno completo della partecipazione della ricorrente e della Melco all’intesa in quanto imprese individuali, ossia il 2001, consentiva di riflettere tale disparità nella determinazione dell’importo delle ammende, a differenza del metodo consistente nel dividere il fatturato della TM T & D realizzato nel 2003 tra i due azionisti in funzione delle loro rispettive partecipazioni nella società comune.

290    Lo scopo invocato dalla Commissione è legittimo, dato che consente di confrontare la capacità di arrecare pregiudizio alla concorrenza degli azionisti di una società comune nel periodo antecedente alla creazione di questa.

291    Tuttavia, risulta che, nella specie, la Commissione avrebbe potuto utilizzare altri metodi per conseguire lo scopo perseguito senza trattare i produttori giapponesi, da una parte, e i produttori europei, dall’altra, in modo diverso per quanto riguarda la scelta dell’anno di riferimento. A titolo d’esempio, nella determinazione delle ammende della ricorrente e della Melco per il periodo precedente la creazione della TM T & D, la Commissione avrebbe potuto basarsi sull’importo di partenza dell’ammenda di quest’ultima, calcolato in funzione dei fatturati corrispondenti al 2003 e diviso tra la ricorrente e la Melco secondo la proporzione delle vendite di GIS da esse effettuate nell’ultimo anno precedente la creazione della società comune, vale a dire nel 2001.

292    Pertanto, si deve rilevare che, nella specie, la volontà della Commissione di riprodurre fedelmente, nell’ambito della determinazione delle ammende, la posizione relativa della ricorrente e della Melco non giustifica il diverso trattamento di cui la ricorrente è stata oggetto.

293    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che, scegliendo il 2001 come anno di riferimento per determinare il valore delle vendite mondiali dei produttori giapponesi e per il calcolo dell’ammenda inflitta alla ricorrente per la sua partecipazione individuale all’intesa, la Commissione ha violato il principio della parità di trattamento.

294    Tale violazione inficia direttamente il calcolo dell’ammenda irrogata alla ricorrente all’art. 2, lett. i), della decisione impugnata per la sua partecipazione all’intesa in quanto impresa individuale. Essa inficia indirettamente, attraverso la determinazione del valore delle vendite mondiali e delle quote di mercato, il calcolo dell’ammenda inflitta alla ricorrente all’art. 2, lett. h), della decisione impugnata, relativa al periodo dell’esistenza della TM T & D.

295    Pertanto, occorre accogliere la presente parte e conseguentemente annullare l’art. 2, lett. h) e i), della decisione impugnata. Per contro, poiché il contenuto dell’art. 1 della decisione impugnata non risulta inficiato dalla scelta dell’anno di riferimento, non occorre annullarlo né modificarlo.

296    Inoltre, non occorre esaminare la quinta e la sesta parte del quarto motivo. Infatti, quand’anche tali parti fossero accolte, ciò non potrebbe determinare un annullamento della decisione impugnata più esteso di quello per il quale si è concluso al punto precedente.

297    In ultimo luogo, tenuto conto del fatto che l’illegittimità constatata riguarda la scelta stessa della base di calcolo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, il Tribunale non può procedere al calcolo di detta ammenda. Di conseguenza, nella specie non occorre esercitare la competenza di merito del Tribunale modificando l’art. 2, lett. h) e i), della decisione impugnata.

 Sulle spese

298    Ai sensi dell’art. 87, n. 3, del regolamento di procedura, il Tribunale, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

299    Poiché la domanda diretta all’annullamento dell’art. 1 della decisione impugnata è stata respinta, la ricorrente è risultata soccombente per una parte significativa delle sue conclusioni, pur avendo ottenuto l’accoglimento di un’altra parte delle stesse.

300    Ciò premesso, si deve disporre che la ricorrente sopporterà tre quarti delle spese sostenute dalle parti dinanzi al Tribunale e che la Commissione sopporterà un quarto di tali spese.

301    Peraltro, secondo costante giurisprudenza, le spese sostenute per la costituzione di una garanzia bancaria al fine di evitare l’esecuzione forzata della decisione non costituiscono spese sostenute per la causa, ai sensi dell’art. 91, lett. b), del regolamento di procedura (v. sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 5133 e giurisprudenza ivi citata). Di conseguenza, la domanda della ricorrente diretta ad ottenere che la Commissione sia condannata a sopportare tali spese deve essere respinta.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’art. 2, lett. h) e i), della decisione della Commissione 24 gennaio 2007, C (2006) 6762 def., relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/F/38.899 ‑ Apparecchiature di comando con isolamento in gas), è annullato nella parte in cui riguarda la Toshiba Corp.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      La Toshiba sopporterà tre quarti delle spese sostenute dalle parti dinanzi al Tribunale.

4)      La Commissione europea sopporterà un quarto delle spese sostenute dalle parti dinanzi al Tribunale.

Pelikánová

Jürimäe

Soldevila Fragoso

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 luglio 2011.



Indice


Fatti

1.  Ricorrente

2.  Prodotti

3.  Procedimento amministrativo

4.  Decisione impugnata

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1.  Sulla domanda diretta all’annullamento degli artt. 1 e 2 della decisione impugnata nella parte in cui riguardano la ricorrente

Sul terzo motivo, vertente sul fatto che la Commissione avrebbe violato i diritti di difesa della ricorrente

Sulla prima parte, relativa all’insufficiente individuazione dell’infrazione nel dispositivo della decisione impugnata

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sulla seconda parte, relativa ad una violazione del diritto di accesso agli atti

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sulla terza parte, relativa allo snaturamento degli elementi del fascicolo

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sul primo motivo, vertente sul fatto che la Commissione non avrebbe dimostrato in modo giuridicamente valido l’esistenza dell’intesa comune

Sugli elementi presentati dall’ABB

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sulla corroborazione degli elementi forniti dall’ABB

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sul meccanismo di notifica e di imputazione

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sugli elementi che asseritamente smentiscono l’esistenza dell’intesa comune

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Valutazione complessiva

Sul secondo motivo, vertente sul fatto che la Commissione non avrebbe dimostrato l’esistenza di un’infrazione unica e continuata

Sulla prima parte, relativa alla prova di un’infrazione unica

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sulla seconda parte, relativa alla prova di un’infrazione continuata e della partecipazione ininterrotta della ricorrente alla stessa

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

2.  Sulla domanda diretta all’annullamento o alla riduzione sostanziale dell’ammenda inflitta alla ricorrente

Sulla prima parte, concernente un errore nella valutazione della gravità relativa della partecipazione della ricorrente all’infrazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla seconda parte, concernente un errore nella valutazione della durata dell’infrazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla terza parte, relativa al mancato rispetto dell’obbligo di motivazione per quanto riguarda il calcolo dell’ammenda

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla quarta parte, relativa ad un errore nella determinazione dell’importo di base

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulle spese


* Lingua processuale: l’inglese.