Language of document : ECLI:EU:T:2015:478

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

8 luglio 2015 (*)

«Marchio comunitario – Procedimento di dichiarazione di nullità – Marchio comunitario figurativo REDROCK – Marchi nazionali denominativi anteriori ROCK, KEPROCK, FLEXIROCK, FORMROCK, FLOOR‑ROCK, TERMAROCK, KLIMAROCK, SPEEDROCK, DUROCK, SPLITROCK, PLANAROCK, TOPROCK, KLEMMROCK, FIXROCK, SONOROCK PLUS, VARIROCK, SONOROCK e MASTERROCK – Impedimento relativo alla registrazione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T‑548/12,

Deutsche Rockwool Mineralwoll GmbH & Co. OHG, con sede a Gladbeck (Germania), rappresentata da J. Krenzel, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato da V. Mahelka, P. Geroulakos e M. Rajh, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto dalla

Redrock Construction s.r.o., con sede a Praga (Repubblica ceca), rappresentata da D. Krofta, avvocato,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell’UAMI del 16 ottobre 2012 (procedimento R 1596/2011‑4), relativa a un procedimento di dichiarazione di nullità tra la Deutsche Rockwool Mineralwoll GmbH & Co. OHG e la Redrock Construction s.r.o.,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da G. Berardis, presidente, O. Czúcz (relatore) e A. Popescu, giudici,

cancelliere: I. Drăgan, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 dicembre 2012,

visto il controricorso dell’UAMI depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 maggio 2013,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 aprile 2013,

vista la replica depositata presso la cancelleria del Tribunale il 21 agosto 2013,

in seguito all’udienza del 12 novembre 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 20 maggio 2004 la Redrock Construction s.r.o., interveniente, ha presentato una domanda di registrazione di marchio comunitario presso l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il segno figurativo seguente:

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3        I prodotti e i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio rientrano segnatamente nelle classi 1, 2, 17, 19 e 37 ai sensi dell’Accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 1: «Prodotti chimici destinati all’industria; mastici compresi in questa classe; materiali chimici ausiliari per l’uso industriale; resine sintetiche; resine artificiali allo stato grezzo; resine epossidiche; composti chimici per l’uso industriale; adesivi destinati all’uso industriale; prodotti per la conservazione del cemento (ad eccezione delle pitture e degli oli); sostanze di carica e agenti di carica»;

–        classe 2: «Vernici (tinture) e prodotti ausiliari vernicianti; colori; vernici in polvere e sostanze di carica; verniciature, smalti; resine naturali non lavorate; mastici compresi in questa classe; prodotti per la protezione dei metalli dalla corrosione; diluenti per vernici e smalti»;

–        classe 17: «Materiali di tenuta e di isolamento; mastici di riempimento; materie isolanti»;

–        classe 19: «Materiali da costruzione non metallici; calcestruzzo; malta; cemento; intonaci (materiali da costruzione); intonaco; miscele di cemento; materiali vernicianti per edilizia; materiali non metallici per la costruzione di strade; pavimenti non metallici; materiali non metallici per la costruzione di scarichi per l’umidità; composti per la posa dei pavimenti; legname da costruzione»;

–        classe 37: «Costruzioni; costruzione [di edifici]; informazioni relative al settore edilizio; servizi di riparazione e d’installazione; consulenza nel settore edilizio».

4        Il 5 marzo 2010 il segno di cui trattasi è stato registrato come marchio comunitario (in prosieguo: il «marchio contestato») segnatamente per i prodotti e i servizi suindicati, con il numero 3866365.

5        Il 6 aprile 2010 la Deutsche Rockwool Mineralwoll GmbH & Co. OHG, ricorrente, ha depositato una domanda di dichiarazione di nullità avverso il marchio contestato ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del suddetto regolamento.

6        La domanda di dichiarazione di nullità si fondava sui seguenti marchi:

–        il marchio denominativo anteriore ROCK, registrato in Germania il 24 marzo 2003 con il numero 30229274, per alcuni prodotti e servizi compresi nelle classi 1, da 6 a 8, 17, 19, 37 e 42,

–        il marchio denominativo anteriore KEPROCK, registrato in Germania il 30 maggio 2003 con il numero 30312115, per i prodotti e i servizi seguenti:

–        classe 17: «Prodotti in lana minerale sotto forma di teli, stuoie, feltri minerali, pannelli, stuoie laminari, pannelli laminari e pezzi sagomati, i suddetti articoli anche con un rivestimento semplice o doppio realizzati in dispersioni di materie plastiche e/o vetro solubile e/o leganti a base d’acqua e/o di resina sintetica, con o senza riempitivi e/o pigmenti di colore, tutti gli articoli da utilizzarsi come isolanti termici e acustici, segnatamente articoli da utilizzarsi come isolanti di coperture per tetti piani o per tetti piani con angolazione o per tetti inclinati; articoli per tetti molto appuntiti, specialmente sotto forma di pannelli»;

–        classe 19: «Prodotti in lana minerale sotto forma di reti, stuoie, feltri, pannelli, stuoie laminari, pannelli laminari e pezzi sagomati; pannelli isolanti acustici applicabili a secco e pannelli per tetti reversibili in fibre minerali, i suddetti articoli anche con un rivestimento semplice o doppio realizzati in dispersioni di materie plastiche e/o vetro solubile e/o leganti a base d’acqua e/o di resina sintetica, con o senza riempitivo e/o pigmenti di colore, tutti i suddetti articoli come protezione antincendio e/o materiale da costruzione, in particolare articoli da utilizzarsi come isolanti di coperture per tetti piani o per tetti piani con angolazione o per tetti inclinati¸; articoli per tetti molto appuntiti, specialmente sotto forma di pannelli»;

–        classe 37: «Settore edile e della costruzione; servizi di installazione, in particolare lavori di isolamento termico e/o acustico sui tetti; istallazione di articoli come protezione antincendio, in particolare sui tetti»;

–        il marchio denominativo anteriore FLEXIROCK, registrato in Germania il 21 settembre 1994 con il numero 2078534, per alcuni prodotti compresi nelle classi 17 e 19;

–        il marchio denominativo anteriore FORMROCK, registrato in Germania il 21 settembre 1994 con il numero 2078535, per alcuni prodotti compresi nelle classi 17 e 19;

–        il marchio denominativo anteriore FLOOR‑ROCK, registrato in Germania il 6 ottobre 1994 con il numero 2079579 per alcuni prodotti compresi nelle classi 17 e 19;

–        il marchio denominativo anteriore TERMAROCK, registrato in Germania il 18 settembre 1995 con il numero 39502727, per alcuni prodotti compresi nelle classi 17 e 19;

–        il marchio denominativo anteriore KLIMAROCK, registrato in Germania il 7 maggio 1996 con il numero 39517348, per alcuni prodotti compresi nelle classi 17 e 19;

–        il marchio denominativo anteriore SPEEDROCK, registrato in Germania il 21 maggio 1996 con il numero 39543868, per alcuni prodotti compresi nelle classi 17 e 19;

–        il marchio denominativo anteriore DUROCK, registrato in Germania l’11 giugno 1996 con il numero 39551027, per alcuni prodotti compresi nelle classi 17 e 19;

–        il marchio denominativo anteriore SPLITROCK, registrato in Germania il 23 maggio 1996 con il numero 39605619, per alcuni prodotti compresi nelle classi 17 e 19;

–        il marchio denominativo anteriore PLANAROCK, registrato in Germania il 17 dicembre 1996 con il numero 39644214, per alcuni prodotti compresi nelle classi 17 e 19;

–        il marchio denominativo anteriore TOPROCK, registrato in Germania il 23 aprile 1997 con il numero 39707589, per alcuni prodotti compresi nelle classi 17 e 19;

–        il marchio denominativo anteriore KLEMMROCK, registrato in Germania il 10 ottobre 1997 con il numero 39737546, per alcuni prodotti compresi nelle classi 17 e 19;

–        il marchio denominativo anteriore FIXROCK, registrato in Germania il 23 agosto 1999 con il numero 39920622, per alcuni prodotti compresi nelle classi 6, 17 e 19;

–        il marchio denominativo anteriore SONOROCK PLUS, registrato in Germania l’11 febbraio 2002 con il numero 30166175, per alcuni prodotti e servizi compresi nelle classi 17, 19 e 37;

–        il marchio denominativo anteriore VARIROCK, registrato in Germania l’11 febbraio 2002 con il numero 30166176, per alcuni prodotti e servizi compresi nelle classi 17, 19 e 37;

–        il marchio denominativo anteriore SONOROCK, registrato in Germania l’11 febbraio 2002 con il numero 30166177, per alcuni prodotti e servizi compresi nelle classi 17, 19 e 37;

–        il marchio denominativo anteriore MASTERROCK, registrato in Germania il 9 luglio 2002 con il numero 30212141, per alcuni prodotti e servizi compresi nelle classi 17, 19 e 37.

7        La domanda di dichiarazione di nullità si fondava su tutti i prodotti e servizi designati dai marchi anteriori ed era diretta contro tutti i prodotti e servizi designati dal marchio contestato elencati al punto 3.

8        Con decisione del 12 luglio 2011, la divisione di annullamento ha respinto la domanda di dichiarazione di nullità presentata dalla ricorrente. A suo giudizio, i prodotti e i servizi contraddistinti dai segni in conflitto erano identici o simili. Per quanto riguarda l’elemento «rock», la divisione di annullamento ha ritenuto che lo stesso fosse descrittivo dei prodotti coperti dai marchi anteriori e che i segni in conflitto presentassero un certo grado di somiglianza. Tuttavia, tenuto conto del livello elevato di attenzione del pubblico di riferimento, essa ha concluso nel senso che, per quanto concerneva tutti i marchi anteriori, non sussisteva un rischio di confusione. Infine, ha respinto l’argomento della ricorrente relativo all’asserita esistenza di una famiglia di marchi.

9        Il 3 agosto 2011 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’UAMI avverso la decisione della divisione di annullamento.

10      Con decisione del 16 ottobre 2012 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quarta commissione di ricorso ha confermato la decisione della divisione di annullamento. Per quanto riguarda la domanda di dichiarazione di nullità fondata sul marchio anteriore ROCK, essa ha rilevato che l’assenza di un rischio di confusione era stata accertata in via definitiva dal Tribunale nella sentenza del 13 ottobre 2009, Deutsche Rockwool Mineralwoll/UAMI – Redrock Construction (REDROCK) (T‑146/08, EU:T:2009:398). Per quanto riguarda la domanda di dichiarazione di nullità fondata sul marchio anteriore KEPROCK, la commissione di ricorso ha ritenuto che il livello di attenzione del pubblico di riferimento fosse elevato, che i prodotti del marchio contestato compresi nelle classi 1 e 2 e il legname da costruzione compreso nella classe 19 fossero diversi, mentre ha ritenuto che gli altri prodotti e gli altri servizi contestati fossero in parte identici e in parte analoghi ai prodotti e ai servizi coperti dal marchio KEPROCK. Inoltre, i segni in conflitto presenterebbero un livello di somiglianza visiva inferiore alla media e un livello di somiglianza fonetica medio, ma non presenterebbero una somiglianza concettuale. Infine, l’elemento comune «rock» avrebbe solamente un carattere distintivo debole. Pertanto, non sussisterebbe alcun rischio di confusione. La commissione di ricorso ha ritenuto che il rischio di confusione fosse altresì escluso per quanto riguarda gli altri marchi anteriori sostanzialmente per le stesse ragioni. Inoltre, essa ha ritenuto che la protezione ampliata concessa alle famiglie di marchi non potesse essere applicata nel caso di specie.

 Conclusioni delle parti

11      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI alle spese.

12      L’UAMI e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

13      A sostegno del proprio ricorso la ricorrente deduce un motivo unico, che verte sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e dell’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009.

14      Ai sensi di tali articoli, un marchio comunitario è dichiarato nullo allorché, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore. Inoltre, a norma dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), punto ii), del regolamento n. 207/2009, si devono intendere per marchi anteriori i marchi registrati in uno Stato membro la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario.

15      Per giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o eventualmente da imprese economicamente legate tra loro. Il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, a seconda della percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi, e tenendo conto di tutti i fattori pertinenti nella fattispecie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi designati [sentenze del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, Racc., EU:T:2003:199, punti da 30 a 33, e del 7 novembre 2013, Three-N-Products/UAMI – Munindra (AYUR), T‑63/13, EU:T:2013:583, punto 14].

16      Nel caso di specie, va rilevato che il Tribunale, nella sentenza REDROCK, punto 10 supra (EU:T:2009:398), ha accertato l’assenza di un rischio di confusione tra i segni ROCK e REDROCK. Tale conclusione non è stata rimessa in discussione dalla ricorrente ed è del resto passata in giudicato. Pertanto, occorre valutare la sussistenza del rischio di confusione tra il segno REDROCK e il resto dei marchi anteriori.

17      Al tal riguardo, occorre segnalare che, sia dinanzi all’UAMI sia dinanzi al Tribunale, la ricorrente ha focalizzato il proprio argomento sul rischio di confusione tra il segno REDROCK e il marchio anteriore KEPROCK e si è concentrata sui prodotti coperti dai marchi anteriori che sono fabbricati, sostanzialmente, a partire dalla lana minerale, senza avere dedotto un argomento a parte con riguardo ai servizi coperti da tali marchi.

 Sul pubblico di riferimento

18      Secondo la giurisprudenza, per quanto riguarda il livello di attenzione del pubblico di riferimento, ai fini della valutazione globale del rischio di confusione, si ritiene che il consumatore medio dei prodotti e dei servizi interessati sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre altresì tenere conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare a seconda della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi [v. sentenza del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T‑256/04, Racc., EU:T:2007:46, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

19      Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha ritenuto che il territorio di riferimento fosse la Germania, paese in cui i marchi anteriori sono stati registrati e sono protetti, e che il pubblico di riferimento fosse composto da professionisti del settore della costruzione e, a volte, da consumatori medi ben informati nell’ambito della costruzione che acquistavano i prodotti in questione in negozi «fai da te». Essa ha ritenuto che il livello di attenzione del pubblico fosse elevato al momento dell’acquisto in considerazione del prezzo e della presunta lunga durata dei prodotti in parola.

20      La ricorrente non contesta tale ragionamento.

21      Occorre sottolineare che i prodotti presi in considerazione, che sono in gran parte materiali per l’edilizia, non sono destinati ad essere utilizzati quotidianamente da consumatori medi. La loro tecnicità richiede una scelta precisa e informata, indipendentemente dal prezzo e dalla quantità dei prodotti venduti. Inoltre, il semplice fatto che un tipo di prodotto non sia acquistato frequentemente dal consumatore tende a dimostrare che il livello di attenzione di quest’ultimo sarà piuttosto elevato. Va aggiunto che, anche se una parte dei prodotti in questione è accessibile al grande pubblico, è poco frequente che l’acquisto sia portato a termine da semplici consumatori, i quali in genere affidano tale compito a un professionista o si fanno consigliare da consumatori il cui livello di conoscenza della materia sia superiore alla media (v., in tal senso, sentenza REDROCK, punto 10 supra, EU:T:2009:398, punti 45 e 46).

22      Va aggiunto che le conoscenze sulle caratteristiche, sulla qualità e sulla fonte commerciale dei materiali per l’edilizia sono di massima importanza per il pubblico di riferimento poiché tali prodotti – una volta integrati in un immobile – possono essere spesso sostituiti unicamente a costi elevati. Inoltre, la loro cattiva qualità può causare danni all’immobile, il che può richiedere un intervento costoso. Per tali motivi, è ragionevole prevedere che anche il consumatore medio, che non affida il compito di selezionare tali prodotti a un professionista, svolga ricerche su internet sui prodotti in questione e sia, in ogni caso, interessato alla provenienza e all’identità del fabbricante di tali prodotti.

23      Lo stesso vale per quanto concerne i servizi per l’edilizia che rientrano nella classe 37, la cui scelta implica una selezione precisa e informata e richiede un elevato livello di attenzione da parte del pubblico di riferimento.

24      Di conseguenza, si deve ritenere che il livello di attenzione del pubblico di riferimento sia particolarmente elevato (v., in tal senso, la sentenza REDROCK, punto 10 supra, EU:T:2009:398, punto 47).

 Sul confronto dei prodotti e dei servizi coperti dai marchi REDROCK e KEPROCK

25      Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che i prodotti coperti dal marchio contestato che rientrano nelle classi 1 e 2 e il legname da costruzione che appartiene alla classe 19 fossero diversi, mentre ha ritenuto che gli altri prodotti e servizi contestati fossero in parte identici e in parte analoghi ai prodotti e ai servizi coperti dal marchio KEPROCK.

26      La ricorrente contesta tale valutazione. Essa sostiene che i prodotti coperti dal marchio contestato che rientrano nelle classi 1 e 2 hanno il medesimo utilizzo dei prodotti coperti dal marchio KEPROCK che rientrano nelle classi 17 e 19 o possono essere complementari a tali prodotti. Inoltre, i canali di distribuzione sarebbero gli stessi. Pertanto, i suddetti prodotti sarebbero simili. Inoltre, essa ritiene che i «materiali di tenuta» coperti dal marchio contestato, compresi nella classe 17, siano non solo analoghi alle materie isolanti coperte dal marchio KEPROCK, comprese nelle classi 17 e 19, ma anche molto simili.

27      È giocoforza constatare che, secondo la decisione impugnata, i «materiali di tenuta e di isolamento; mastici di riempimento; materie isolanti» compresi nella classe 17, coperti dal marchio contestato, sono identici a «tutti gli articoli da utilizzarsi come isolanti termici e acustici», compresi nella stessa classe, coperti dal marchio KEPROCK. Inoltre, la commissione di ricorso ha ritenuto che i «materiali da costruzione non metallici», compresi nella classe 19, coperti dal marchio contestato fossero identici ai materiali da costruzione, compresi nella stessa classe, coperti dal marchio KEPROCK. Infine, secondo la commissione di ricorso, i servizi per l’edilizia coperti dai segni in questione, compresi nella classe 37, erano anch’essi identici.

28      Essa ha ritenuto che, nonostante l’identità di tali prodotti e servizi coperti dai segni in conflitto, non sussistesse un rischio di confusione.

29      Pertanto, va innanzitutto esaminata la questione se la commissione di ricorso potesse legittimamente concludere nel senso che non sussisteva un rischio di confusione per quanto riguarda i prodotti e i servizi coperti dai segni in conflitto che essa considerava identici. Infatti, la validità di una conclusione del genere, nella decisione impugnata, renderebbe superfluo l’esame del livello di somiglianza degli altri prodotti e degli altri servizi.

30      Pertanto, il Tribunale ritiene opportuno esaminare anzitutto la somiglianza tra i segni REDROCK e KEPROCK.

 Sul confronto dei segni REDROCK e KEPROCK

31      La ricorrente addebita alla commissione di ricorso di avere erroneamente valutato la somiglianza tra REDROCK e KEPROCK e il carattere descrittivo dell’elemento «rock» per i prodotti del settore dell’edilizia.

32      Occorre ricordare che la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi da parte del consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio di solito percepisce un marchio come un tutt’uno e non si dedica ad esaminarne i vari dettagli (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, Racc., EU:C:2007:333, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

33      La valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a paragonarla con un altro marchio. Occorre, invece, svolgere il confronto esaminando i marchi controversi, ciascuno nel suo insieme, il che non esclude che l’impressione globale prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da uno o più dei suoi elementi (v. sentenza UAMI/Shaker, punto 32 supra, EU:C:2007:333, punto 41 e giurisprudenza ivi citata). Solamente quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante (sentenze UAMI/Shaker, punto 32 supra, EU:C:2007:333, punto 42, e del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C‑193/06 P, EU:C:2007:539, punto 42). Ciò potrebbe verificarsi segnatamente quando tale componente può, da sola, dominare l’immagine di tale marchio che il pubblico di riferimento conserva nella memoria, cosicché tutte le altre componenti del marchio risultino trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta (sentenza Nestlé/UAMI, cit., EU:C:2007:539, punto 43).

 Osservazioni preliminari

34      Secondo la giurisprudenza, per valutare il carattere distintivo degli elementi di un marchio occorre prendere in considerazione la loro maggiore o minore attitudine a concorrere ad identificare i prodotti o servizi per i quali il marchio è stato registrato come provenienti da un’impresa determinata e, quindi, a distinguere tali prodotti o servizi da quelli di altre imprese. Quando si procede a tale valutazione, vanno prese in considerazione, in particolare, le qualità intrinseche dell’elemento di cui trattasi, per accertare se esso sia o meno privo di qualsiasi carattere descrittivo dei prodotti o servizi per i quali il marchio è stato registrato [sentenze del 13 giugno 2006, Inex/UAMI – Wiseman (Raffigurazione di una pelle di mucca), T‑153/03, Racc., EU:T:2006:157, punto 35, e del 27 febbraio 2008, Citigroup/UAMI – Link Interchange Network (WORLDLINK), T‑325/04, EU:T:2008:51, punto 66].

35      Nel caso di specie, nel contesto del confronto visivo, la commissione di ricorso ha ritenuto che il pubblico di riferimento identificasse l’elemento «rock» come una parola, ma ha esaminato i segni in conflitto nel loro insieme. Per quanto riguarda il confronto fonetico, la commissione di ricorso ha constatato che il segno REDROCK sarebbe percepito dal pubblico di riferimento come una parola inglese composta da termini del vocabolario di base, mentre il marchio KEPROCK sarebbe percepito come un’espressione di fantasia. Poi, secondo la stessa, dal punto di vista concettuale, i consumatori tedeschi di riferimento dedurrebbero immediatamente il significato dei due termini del vocabolario inglese di base che compongono il marchio REDROCK. Inoltre, tenuto conto dei prodotti e dei servizi in questione, i consumatori assocerebbero l’elemento «rock» agli equivalenti tedeschi del termine «pietra», ossia «Fels» e «Stein», cosicché il suddetto elemento avrebbe un debole carattere distintivo. Inoltre, la commissione di ricorso ha ritenuto che la combinazione delle lettere «kep» fosse priva di significato sia in inglese sia in tedesco. Pertanto, secondo la stessa, il pubblico non ha motivo di scomporre il marchio KEPROCK e lo percepirà come una combinazione di termini di fantasia.

36      In primo luogo, la ricorrente sostiene che il pubblico di riferimento percepisce un marchio come un tutt’uno. Essa ritiene, pertanto, che la commissione di ricorso abbia erroneamente esaminato separatamente la prima e la seconda sillaba dei segni in conflitto.

37      A tal riguardo, occorre rilevare che anche se il consumatore medio di solito percepisce un marchio come un tutt’uno e non si dedica ad esaminarne i vari elementi (sentenza del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C‑342/97, Racc., EU:C:1999:323, punto 25), ciò non toglie che, percependo un segno denominativo, esso identificherà elementi denominativi che gli suggeriscono un significato concreto o che somigliano a vocaboli noti [sentenze del 6 ottobre 2004, Vitakraft-Werke Wührmann/UAMI – Krafft (VITAKRAFT), T‑356/02, Racc., EU:T:2004:292, punto 51, e RESPICUR, punto 18 supra, EU:T:2007:46, punto 57]. L’individuazione degli elementi denominativi comprensibili per il consumatore è rilevante sotto il profilo della valutazione delle somiglianze fonetiche, visive e concettuali tra i segni in conflitto [v., in tal senso, sentenza del 25 giugno 2010, MIP Metro/UAMI – CBT Comunicación Multimedia (Metromeet), T‑407/08, Racc., EU:T:2010:256, punti 37 e 38].

38      Pertanto, la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto che il pubblico di riferimento identificherebbe l’elemento denominativo «rock» come una parola, anche senza alcuna separazione visiva tra tale elemento e gli altri elementi dei segni in conflitto. Infatti, anche laddove il consumatore medio tedesco non conoscesse approfonditamente l’inglese, il termine «rock» fa parte delle parole inglesi elementari e sia i professionisti sia i consumatori assocerebbero il termine «rock» a quello di «pietra» (sentenza REDROCK, punto 10 supra, EU:T:2009:398, punto 53).

39      Lo stesso vale per l’elemento «red» del marchio contestato, che in inglese indica il colore rosso e, dal momento che esso fa parte del vocabolario di base della lingua inglese, sarà direttamente comprensibile dal pubblico di riferimento (sentenza REDROCK, punto 10 supra, EU:T:2009:398, punto 78).

40      La commissione di ricorso non ha quindi commesso alcun errore nel considerare che il pubblico di riferimento separerebbe il marchio REDROCK in due elementi, «red» e «rock», e identificherebbe l’elemento «rock» del marchio KEPROCK come una parola dotata di significato.

41      Va aggiunto che la ricorrente, argomentando sulla famiglia di marchi aventi come elemento comune la parola «rock», riconosce che il suddetto elemento ha una certa autonomia in tutti i marchi anteriori, ivi incluso KEPROCK, poiché, a suo parere, tale elemento costituisce l’elemento seriale che consentirebbe al pubblico di associare tutti questi marchi a una sola origine commerciale. Pertanto, essa non può poi negare, in un altro contesto, che l’elemento «rock» costituisca un elemento separato, identificabile dal pubblico di riferimento.

42      Infine, dalla decisione impugnata si evince chiaramente che, dopo l’identificazione dell’elemento «rock» come parola dotata di significato, la commissione di ricorso, al momento del confronto, ha preso in considerazione tutti i segni in conflitto e che, per di più, ha constatato che il segno KEPROCK sarebbe percepito, nel suo insieme, come una combinazione di termini di fantasia sul piano fonetico e concettuale.

43      Orbene, nulla vieta alla commissione di ricorso di identificare anzitutto gli elementi comprensibili dei segni in conflitto, di valutare il loro carattere distintivo e di confrontare in seguito i suddetti segni nel loro insieme. Un tale approccio è perfettamente compatibile con la giurisprudenza citata ai punti 32 e 37. Inoltre, l’identificazione degli elementi «distintivi» e «dominanti» può richiedere la valutazione della capacità distintiva relativa di tutte le parti che compongono il marchio e, pertanto, l’identificazione degli elementi meno distintivi. Un esercizio siffatto non compromette la possibilità di tener conto dell’impressione globale generata dai marchi in una fase successiva dell’esame.

44      Pertanto, l’argomento della ricorrente che verte sull’esame separato degli elementi che compongono i segni in conflitto deve essere respinto.

45      In secondo luogo, va ricordato che la commissione di ricorso si è fondata, in numerosi passaggi della decisione impugnata, sul carattere descrittivo dell’elemento «rock».

46      A tal riguardo, occorre rilevare che almeno una parte dei materiali di costruzione designati dal marchio contestato e la quasi totalità dei prodotti designati dai marchi anteriori sono fabbricati a partire da materie prime a base di pietra che, specialmente nel loro stato naturale, possono essere facilmente associate dal pubblico di riferimento al termine «rock», anche nel senso di «roccia» o «scogliera», per cui tale termine è ampiamente descrittivo (sentenza REDROCK, punto 10 supra, EU:T:2009:398, punto 54).

47      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento della ricorrente secondo cui il termine «rock» in tedesco assume altri significati, ossia la denominazione di un genere musicale e di un capo di abbigliamento femminile. Infatti, ai fini della valutazione del carattere distintivo o descrittivo del segno, bisogna tenere conto del significato di tale segno che fa riferimento ai prodotti contrassegnati o che designa una delle loro caratteristiche (sentenze del 23 ottobre 2003, UAMI/Wrigley, C‑191/01 P, Racc., EU:C:2003:579, punto 32, e REDROCK, punto 10 supra, EU:T:2009:398, punto 55).

48      Inoltre, nel caso di specie, il termine «rock» trasmette anche un messaggio elogiativo delle caratteristiche dei prodotti e dei servizi designati, che comprendono segnatamente i materiali di costruzione e l’attività di costruzione, in quanto tale termine può essere inteso come facente riferimento alla solidità e alla stabilità delle rocce o di altre formazioni di pietra. Orbene, un termine elogiativo che fa riferimento alle caratteristiche dei prodotti o dei servizi designati non è dotato, rispetto a questi ultimi, di un elevato carattere distintivo intrinseco [v., in tal senso, sentenze del 16 gennaio 2008, Inter-Ikea/UAMI – Waibel (idea), T‑112/06, EU:T:2008:10, punto 51, e REDROCK, punto 10 supra, EU:T:2009:398, punto 56].

49      Ne consegue che l’elemento comune «rock» è ampiamente descrittivo e elogiativo dei prodotti e dei servizi contraddistinti dai segni in conflitto, cosicché esso possiede solamente un debole carattere distintivo intrinseco, come la commissione di ricorso ha correttamente affermato.

 Sull’aspetto visivo del confronto

50      Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che i segni REDROCK e KEPROCK avevano in comune la seconda parte e il numero di lettere. Tuttavia, sussisterebbero differenze rilevanti nelle parti iniziali dei segni, alle quali il pubblico attribuirebbe generalmente più attenzione e che, nella fattispecie, costituirebbero anche le parti più distintive dei marchi in conflitto. La lettera comune «e» sarebbe visivamente differente nel marchio REDROCK e nel marchio KEPROCK, giacché presenterebbe una grafica stilizzata originale. Pertanto, i segni presenterebbero un livello di analogia sul piano visivo inferiore alla media.

51      La ricorrente ritiene che i marchi siano molto simili sul piano visivo. Essa sostiene che le lettere maiuscole «K» e «R», nonché «P» e «D» hanno strutture simili.

52      Va rilevato che i due marchi sono composti da sette lettere e hanno in comune la seconda sillaba «rock».

53      Tuttavia, si deve constatare che tale sillaba è identificata dal pubblico di riferimento con la parola «rock», che rimanda alle caratteristiche dei prodotti e dei servizi interessati ed è dotata unicamente di un debole carattere distintivo.

54      Inoltre, secondo la giurisprudenza, il consumatore presta generalmente maggiore attenzione alla parte iniziale delle parole piuttosto che alle successive [sentenza del 17 marzo 2004, El Corte Inglés/UAMI – González Cabello e Iberia Líneas Aéreas de España (MUNDICOR), T‑183/02 e T‑184/02, Racc., EU:T:2004:79, punto 81). Inoltre, se è vero che anche la parola «red» è compresa dal pubblico di riferimento e messa in relazione con l’elemento «rock», ciò non toglie che l’elemento figurativo – la riproduzione stilizzata della lettera maiuscola «E» in grigio – si trovi nella parte iniziale del marchio REDROCK.

55      Pertanto, dal punto di vista visivo, il pubblico di riferimento attribuisce maggiore attenzione alle parti iniziali dei segni in conflitto piuttosto che all’elemento comune «rock».

56      Orbene, nel caso di specie, la parte iniziale dei segni in conflitto si differenzia per due lettere su tre, avendo in comune solamente la lettera maiuscola «E». Per di più, la rappresentazione stilizzata di detta lettera maiuscola «E» e l’uso del colore grigio allontana ancor di più l’immagine visiva dell’elemento «red» del marchio contestato dall’elemento «kep» che figura nel marchio anteriore.

57      Per quanto concerne l’asserita somiglianza tra le lettere maiuscole «K» e «R», nonché «P» e «D», va constatato che, dato il livello di attenzione elevato del pubblico di riferimento, quest’ultimo percepirà certamente la differenza tra tali lettere, anche laddove conservi solamente un’immagine incompleta del marchio anteriore.

58      Va dunque confermata l’analisi della commissione di ricorso secondo la quale il livello di somiglianza sul piano visivo dei segni controversi è inferiore alla media e, va precisato, inoltre, che tale somiglianza è debole.

 Sull’aspetto fonetico del confronto

59      Per quanto attiene al confronto sul piano fonetico, secondo la decisione impugnata, i consumatori tedeschi di riferimento pronunciano i due marchi in due sillabe. La sequenza di vocali sarebbe la stessa. Il segno REDROCK sarebbe percepito come una parola inglese composta da termini del vocabolario di base, cosicché il marchio sarebbe pronunciato secondo le regole di pronuncia inglesi. Il marchio tedesco anteriore KEPROCK sarebbe percepito come un’espressione di fantasia e sarebbe quindi pronunciato secondo le regole di pronuncia tedesche. Anche se la parte finale si pronuncia in modo molto simile, la differenza della parte iniziale sarebbe chiaramente percepibile. Pertanto, sul piano fonetico, i marchi avrebbero un grado di somiglianza medio.

60      Secondo la ricorrente, non esiste alcuna ragione pratica per la quale i consumatori di lingua tedesca pronuncino il marchio contestato secondo le regole di pronuncia inglesi, pur pronunciando il marchio anteriore KEPROCK secondo le regole di pronuncia tedesche. Il consumatore medio non comprenderebbe che il senso dell’elemento «rock» corrisponde alle parole tedesche «Fels» o «Gestein». Al contrario, il consumatore tedesco metterebbe la parola «rock» in relazione con la parola tedesca identica che significa «gonna» o, se pensa all’inglese, con la parola che designa un genere musicale. Dato che i segni in conflitto verrebbero pronunciati secondo le regole tedesche di pronuncia e che i suoni «r» e «k», nonché «d» e «p», sarebbero vicini, i suddetti segni sarebbero fortemente simili dal punto di vista fonetico.

61      Va ricordato che i segni in conflitto hanno una lunghezza identica e condividono la stessa sequenza di vocali. Hanno anche in comune la seconda sillaba, la parola «rock».

62      La parte iniziale contiene invece alcune consonanti differenti.

63      Inoltre, il pubblico di riferimento comprende certamente il significato delle parole inglesi «red» e «rock». Tuttavia, ciò non impedisce che una parte dei consumatori pronunci il marchio contestato secondo le regole di pronuncia tedesche.

64      Ad ogni modo, anche nell’ipotesi in cui i segni in questione fossero pronunciati secondo le regole di pronuncia tedesche, la differenza tra il suono «r», erre gutturale in tedesco, e quella del suono «k» resterebbe molto evidente. Inoltre, anche se la differenza tra il suono delle consonanti «d» e «p» è leggermente inferiore, il pubblico di riferimento la può percepire.

65      Alla luce di tali considerazioni, anche laddove la pronuncia tedesca sia adottata come base di valutazione, sul piano fonetico la somiglianza tra i segni in questione è media, come correttamente ritenuto dalla commissione di ricorso.

 Sull’aspetto concettuale del confronto

66      Secondo la decisione impugnata, dal punto di vista concettuale, i consumatori tedeschi di riferimento percepiranno immediatamente il significato dei due termini del vocabolario di base che compongono il marchio REDROCK. Pertanto, per essi, il marchio contestato evocherebbe una pietra di colore rosso. La parte iniziale del marchio KEPROCK non avrebbe invece alcun significato, cosicché quest’ultimo sarebbe percepito come una combinazione di termini di fantasia. I segni in conflitto sarebbero pertanto diversi sul piano concettuale.

67      Va ricordato che la ricorrente non ha dedotto alcun argomento relativo al confronto sul piano concettuale.

68      Il Tribunale, nella sua sentenza REDROCK, punto 10 supra (EU:T:2009:398), ha già statuito che l’elemento «rock» che compone il marchio contestato era compreso dal pubblico di riferimento, il quale collega l’aggettivo inglese «red» al sostantivo inglese «rock», come avente il significato di «pietra», «roccia» o «scogliera». Esso descrive quindi, nel suo complesso, un’immagine determinata dal significato di tali parole (sentenza REDROCK, punto 10 supra, EU:T:2009:398, punto 80).

69      Il marchio KEPROCK, invece, non genera nel consumatore alcuna immagine determinata, dal momento che l’elemento «kep» è privo di significato. Pertanto, anche se il pubblico di riferimento attribuisce all’elemento «rock» un significato, il segno KEPROCK è percepito nel suo complesso come una combinazione di termini di fantasia priva di un significato particolare.

70      Di conseguenza, occorre constatare che non è possibile confrontare il significato dei segni REDROCK e KEPROCK, di modo che il confronto sul piano concettuale resta un elemento neutro nel caso di specie.

71      Tenuto conto di quanto precede, occorre dichiarare che tra i segni in conflitto sussiste una somiglianza debole sul piano visivo, una somiglianza media sul piano fonetico, mentre il confronto sul piano concettuale è neutro.

 Sul rischio di confusione

72      La commissione di ricorso ha constatato che tra il marchio contestato e i marchi anteriori non sussiste un rischio di confusione.

73      La ricorrente contesta tale valutazione.

 Sul rischio di confusione tra i segni REDROCK e KEPROCK

74      In primo luogo, va rilevato che il carattere distintivo del marchio anteriore KEPROCK è medio, come correttamente sostenuto dalla commissione di ricorso. Infatti, il Tribunale osserva che il segno KEPROCK non è particolarmente innovativo o sorprendente, né è tale da possedere un carattere distintivo intrinseco superiore a un grado normale. Va aggiunto che la ricorrente stessa non individua fattori che dimostrerebbero che il marchio KEPROCK sarebbe più distintivo di un marchio medio che non possiede alcun significato. Del resto, la ricorrente non sostiene che il marchio KEPROCK avrebbe acquisito un maggiore carattere distintivo in seguito all’uso.

75      In secondo luogo, occorre sottolineare che il livello di attenzione del pubblico di riferimento è particolarmente elevato al momento dell’acquisto dei prodotti e dei servizi di cui trattasi e che il suddetto pubblico desidera conoscere l’identità della fonte commerciale di questi ultimi.

76      In terzo luogo, va ricordato che tra i segni in conflitto sussiste una somiglianza debole sul piano visivo, una somiglianza media sul piano fonetico, mentre il confronto dei segni sul piano concettuale è neutro.

77      A tal riguardo, occorre aggiungere che nella valutazione globale del rischio di confusione, gli aspetti visivo, fonetico e concettuale dei segni in conflitto non hanno sempre lo stesso valore e che occorre tenere conto della natura dei prodotti di cui trattasi nonché analizzare le condizioni obiettive nelle quali i marchi possono presentarsi sul mercato [sentenza del 6 ottobre 2004, New Look/UAMI – Naulover (NLSPORT, NLJEANS, NLACTIVE e NLCollection), da T‑117/03 a T‑119/03 e T‑171/03, Racc., EU:T:2004:293, punto 49].

78      Il grado di somiglianza auditiva tra due marchi ha un’importanza ridotta nel caso di prodotti che sono commercializzati in modo tale che, di regola, il pubblico di riferimento, al momento dell’acquisto, percepisca visivamente il marchio che li designa [sentenze del 14 ottobre 2003, Phillips-Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), T‑292/01, Racc., EU:T:2003:264, punto 55, e idea, punto 48 supra, EU:T:2008:10, punti 78 e 79].

79      Orbene, ciò accade con i materiali di costruzione contraddistinti dai segni in conflitto, che sono commercializzati in modo da consentire al consumatore medio di percepire visivamente i marchi apposti. Va altresì sottolineato che la scelta dei prodotti in questione, da parte del pubblico di riferimento, è necessariamente preceduta dall’esame delle caratteristiche di tali prodotti, nei negozi o su internet, giacché tale pubblico desidera essere sicuro che i materiali utilizzati svolgano la loro funzione a lungo termine nell’edificio nel quale sono integrati. Tali circostanze implicano altresì che il pubblico di riferimento si confronta da un punto di vista visivo con l’immagine del marchio prima di fare la propria scelta.

80      Ciò premesso, il Tribunale ritiene che non sussista un rischio di confusione tra i marchi REDROCK e KEPROCK, considerati isolatamente, neppure per quanto concerne i prodotti contraddistinti dai due marchi che sono identici. Infatti, il consumatore medio che mostra un grado di attenzione particolarmente elevato al momento dell’acquisto percepirà le differenze esistenti tra i marchi e non penserà che i prodotti contrassegnati dai segni in conflitto abbiano la stessa origine commerciale.

81      Lo stesso vale per quanto riguarda i servizi coperti dai marchi REDROCK e KEPROCK, rispetto ai quali la ricorrente non adduce, del resto, argomenti specifici. I segni in conflitto non saranno confusi dal pubblico di riferimento per le ragioni esposte ai precedenti punti da 74 a 76.

82      Pertanto, è superfluo esaminare gli argomenti della ricorrente volti a dimostrare che, per taluni prodotti, la somiglianza è di grado più elevato rispetto a quella riscontrata nella decisione impugnata, dato che non sussiste alcun rischio di confusione neppure per quanto riguarda i prodotti e i servizi identici. A tal riguardo bisogna ricordare che il termine «rock» è ampiamente descrittivo ed elogiativo rispetto a tutti i prodotti ed elogiativo rispetto ai servizi contrassegnati dai marchi anteriori.

 Sul rischio di confusione tra il marchio REDROCK e gli altri marchi anteriori

83      Per quanto riguarda gli altri marchi anteriori, la commissione di ricorso ha ritenuto che la distanza tra i suddetti marchi e il segno REDROCK fosse sufficiente a compensare l’identità o la somiglianza dei prodotti e dei servizi coperti.

84      La ricorrente, che si è concentrata sul confronto dei marchi REDROCK e KEPROCK nonché sull’argomento attinente alla famiglia di marchi, non adduce alcun argomento particolare riguardo agli altri marchi anteriori (FLEXIROCK, FORMROCK, FLOOR-ROCK, TERMAROCK, KLIMAROCK, SPEEDROCK, DUROCK, SPLITROCK, PLANAROCK, TOPROCK, KLEMMROCK, FIXROCK, SONOROCK PLUS, VARIROCK, SONOROCK e MASTERROCK) considerati separatamente.

85      A tal riguardo, per quanto concerne il confronto sul piano visivo, occorre precisare che tra gli altri marchi anteriori, solamente TOPROCK e FIXROCK contengono lo stesso numero di lettere di REDROCK. Tuttavia, le parti iniziali di tali marchi, alle quali, secondo la giurisprudenza, il pubblico di riferimento presta generalmente maggiore attenzione (v. punto 54 supra), sono totalmente distinte, dal momento che nessuna lettera negli elementi «top» e «fix» corrisponde all’elemento «red». Peraltro, anche se i marchi anteriori KLEMMROCK e SPEEDROCK contengono la lettera «e», va ricordato che il resto delle parti iniziali dei segni in questione è totalmente distinto dalla parte iniziale del marchio REDROCK e, inoltre, i suddetti marchi anteriori sono composti da nove lettere, mentre REDROCK ne contiene solo sette. Pertanto, tenuto conto anche della presenza di un elemento figurativo nel marchio REDROCK, i marchi TOPROCK, FIXROCK, SPEEDROCK e KLEMMROCK, da un lato, e il marchio REDROCK, dall’altro, presentano, al massimo, un grado di somiglianza debole sul piano visivo, nonostante l’elemento comune «rock». Ciò vale a fortiori per gli altri marchi anteriori.

86      Poi, per quanto riguarda il confronto sul piano fonetico, va aggiunto che solamente il suono del marchio anteriore KLEMMROCK presenta talune somiglianze con quello del marchio REDROCK, per la presenza della stessa sequenza di vocali e dello stesso numero di sillabe. Tuttavia, la combinazione delle consonanti «k» ed «l» all’inizio del segno rende leggermente difficile la pronuncia, a cui si aggiunge inoltre la presenza della doppia «m», che rende ancora più diversa la pronuncia di tale marchio da quella di REDROCK. Pertanto, la somiglianza fonetica tra KLEMMROCK e REDROCK, è, tutt’al più, debole. Ciò vale a fortiori per gli altri marchi anteriori.

87      Infine, per quanto concerne il confronto sul piano concettuale, occorre precisare che, nel caso della maggior parte di marchi anteriori, il termine «rock» possiede il medesimo significato che nel caso del marchio REDROCK. Tuttavia, i primi elementi «flexi», «form», «floor», «terma», «klima», «speed», «split», «plana», «top», «klemm», «fix», «sono», «vari» e «master» possiedono un significato totalmente distinto da quello di «red», cosicché, nel complesso, il grado di somiglianza sul piano concettuale tra i segni in questione è, tutt’al più, debole. Con riguardo al marchio «DUROCK», si giunge alla medesima conclusione laddove si presuma che il consumatore medio tedesco identifichi l’elemento «dur» come se rinviasse alle nozioni di durata o di solidità. In alternativa, ove si presuma che il pubblico di riferimento non attribuisca alcun significato all’elemento «du», il confronto concettuale risulta neutro.

88      Si deve quindi giungere alla conclusione che, tenuto conto del livello di attenzione particolarmente elevato del pubblico di riferimento, le differenze tra il marchio contestato e i marchi anteriori FLEXIROCK, FORMROCK, FLOOR-ROCK, TERMAROCK, KLIMAROCK, SPEEDROCK, DUROCK, SPLITROCK, PLANAROCK, TOPROCK, KLEMMROCK, FIXROCK, SONOROCK PLUS, VARIROCK, SONOROCK e MASTERROCK sono sufficienti per escludere qualsiasi rischio di confusione.

 Sul rischio di confusione che si asserisce risultare dalla presenza di una famiglia di marchi aventi in comune l’elemento «rock»

89      Nella decisione impugnata la commissione di ricorso ha concluso nel senso che la ricorrente non può basarsi sulla protezione ampliata concessa a una famiglia di marchi.

90      La ricorrente sostiene che i marchi anteriori KEPROCK, FLEXIROCK, FORMROCK, FLOOR-ROCK, TERMAROCK, KLIMAROCK, SPEEDROCK, DUROCK, SPLITROCK, PLANAROCK, TOPROCK, KLEMMROCK, FIXROCK, SONOROCK PLUS, VARIROCK, SONOROCK e MASTERROCK costituiscono una famiglia di marchi. A suo parere, il consumatore medio penserà che il marchio contestato appartenga anche a tale serie e, quindi, che l’origine commerciale dei prodotti contrassegnati dal marchio contestato sia la stessa, il che costituisce un rischio di associazione.

91      Va ricordato che il rischio di associazione costituisce un’ipotesi specifica del rischio di confusione, caratterizzato dalla circostanza che i marchi controversi pur non potendo esser confusi direttamente dal pubblico interessato, potrebbero essere percepiti come due marchi del medesimo titolare [v. sentenza del 9 aprile 2003, Durferrit/UAMI – Kolene (NU-TRIDE), T‑224/01, Racc., EU:T:2003:107, punto 60 e giurisprudenza ivi citata]. Al fine di tener conto di tale criterio, è necessario che la domanda di nullità sia fondata sull’esistenza di più marchi che presentano caratteristiche comuni che permettono di considerarli parte di una medesima serie o famiglia di marchi (sentenza del 18 dicembre 2008, Les Éditions Albert René/UAMI, C‑16/06 P, Racc., EU:C:2008:739, punto 101). Tuttavia, il fattore della serie o della famiglia di marchi rileva solo se l’elemento comune è distintivo. Infatti, se tale elemento è descrittivo, non è idoneo a far sorgere un rischio di confusione [v., in tal senso, sentenza del 6 luglio 2004, Grupo El Prado Cervera/UAMI – Héritiers Debuschewitz (CHUFAFIT), T‑117/02, Racc., EU:T:2004:208, punto 59].

92      In primo luogo, occorre rammentare che il Tribunale ha statuito che la protezione ampliata concessa a una famiglia di marchi non poteva essere correttamente invocata laddove l’elemento comune dei marchi anteriori fosse ampiamente descrittivo rispetto ai prodotti e ai servizi designati. Infatti, un termine che rinvia alla natura di detti prodotti e servizi non può costituire il tronco comune distintivo di una famiglia di marchi [v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2012, Caixa Geral de Depósitos/UAMI – Caixa d’Estalvis i Pensions de Barcelona (la Caixa), T‑255/09, EU:T:2012:383, punto 82].

93      Va ricordato che l’elemento «rock» è ampiamente descrittivo e elogiativo dei prodotti e servizi designati dai marchi anteriori. Pertanto, ai sensi della giurisprudenza citata ai precedenti punti 91 e 92, esso non è idoneo a costituire l’elemento comune di una famiglia di marchi.

94      In secondo luogo, tale valutazione è confermata dall’ordinanza del 30 gennaio 2014, Industrias Alen/The Clorox Company (C‑422/12 P, Racc., EU:C:2014:57, punto 45), nella quale la Corte ha statuito che la constatazione dell’esistenza di un rischio di confusione tra i marchi CLOROX e CLORALEX non comporterebbe la concessione al titolare di un marchio anteriore di un monopolio sull’elemento «clor», ampiamente descrittivo dei prodotti in questione, dal momento che l’esistenza di un rischio di confusione comportava unicamente la tutela di una determinata combinazione di elementi, senza tuttavia tutelare, in quanto tale, un elemento descrittivo facente parte di detta combinazione.

95      Orbene, il riconoscimento della famiglia di marchi contenenti l’elemento seriale «rock» comporterebbe precisamente la monopolizzazione dell’elemento «rock», che è ampiamente descrittivo e elogiativo dei prodotti e servizi designati dai marchi anteriori. La protezione ampliata per il riconoscimento della presenza di una famiglia di marchi significherebbe che, in pratica, nessun altro operatore potrebbe registrare un marchio contenente l’elemento «rock» e potrebbe vedersi eventualmente proibito l’uso di tale elemento nei propri slogan e nel proprio materiale pubblicitario. Una restrizione siffatta alla libera concorrenza, che deriverebbe dal fatto di riservare un termine di base della lingua inglese a un solo operatore economico, non può essere giustificata dall’obiettivo di ricompensare gli sforzi creativi o promozionali del titolare dei marchi anteriori. Infatti, laddove non si tratti di un carattere distintivo acquisito in seguito all’uso, il valore commerciale che costituisce la suddetta esclusività non è il risultato di simili sforzi del titolare, ma unicamente quello del significato del termine, prestabilito dalla lingua in questione, che rinvia alle caratteristiche dei prodotti e dei servizi interessati.

96      In terzo luogo, la ricorrente non può validamente invocare la sentenza del 27 aprile 2010, UniCredito Italiano/UAMI – Union Investment Privatfonds (UNIWEB) (T‑303/06 e T‑337/06, EU:T:2010:160). Infatti, in tale sentenza, il Tribunale ha sottolineato l’importanza del carattere distintivo dell’elemento seriale «uni» in relazione ai servizi richiesti e ha ritenuto che tale carattere fosse di un livello tale per cui l’elemento poteva indurre, di per sé, a determinare, nella mente del pubblico di riferimento, un’associazione diretta alla serie invocata (sentenza UNIWEB, cit., EU:T:2010:160, punti 35, 38 e 39). Orbene, nel caso di specie non si ravvisa un carattere distintivo di un livello del genere.

97      Invero, l’elemento «uni» possiede, certamente, un significato per il consumatore medio tedesco, ma non può essere confrontato direttamente con i servizi finanziari, in particolare con i fondi di investimento designati dai marchi anteriori nella causa che ha dato origine alla sentenza UNIWEB, punto 96 supra (EU:T:2010:160). L’elemento «rock» invocato nel caso di specie rinvia invece alle caratteristiche dei materiali e dei servizi di costruzione designati dai marchi anteriori. Pertanto, dal momento che il contesto fattuale è diverso con riferimento a detto punto fondamentale, la soluzione adottata in tale sentenza non può essere applicata nella presente causa.

98      Ne consegue che, nel caso di specie, l’elemento «rock», essendo ampiamente descrittivo e elogiativo dei prodotti e servizi designati dai marchi anteriori, non è idoneo a costituire il tronco comune di una famiglia di marchi.

99      A titolo aggiuntivo, occorre rilevare chela ricorrente non ha, comunque, apportato la prova dell’uso serio di un numero sufficiente di marchi che potrebbero costituire una famiglia di marchi.

100    Secondo la giurisprudenza, l’uso serio di un marchio non può essere dimostrato da probabilità o da presunzioni, ma deve basarsi su elementi concreti e oggettivi che provino un’utilizzazione effettiva e sufficiente del marchio sul mercato interessato [sentenze VITAKRAFT, punto 37 supra, EU:T:2004:292, punto 28, e del 30 novembre 2009, Esber/UAMI – Coloris Global Coloring Concept (COLORIS), T‑353/07, EU:T:2009:475, punto 24].

101    Orbene, nel caso di specie, le prove dell’uso serio presentate dalla ricorrente dinanzi all’UAMI consistono in una dichiarazione giurata e in cataloghi nei quali sono rappresentati i prodotti contrassegnati dai marchi anteriori.

102    Pertanto, come correttamente rilevato dalla commissione di ricorso, la ricorrente non ha presentato prove indipendenti, come studi di mercato, fatture o dati numerici riguardanti la pubblicità in grado di dimostrare le cifre menzionate nella dichiarazione giurata. Inoltre, i cataloghi dimostrano unicamente l’esistenza dei marchi anteriori, ma non indicano le quantità distribuite e i periodi durante i quali tale distribuzione avrebbe avuto luogo.

103    Pertanto, la ricorrente non ha apportato elementi concreti e oggettivi che consentirebbero di provare un’utilizzazione effettiva e sufficiente di tutti i marchi anteriori, o almeno di un numero di essi sufficiente da essere già qualificato come famiglia di marchi. Orbene, una siffatta dimostrazione è richiesta dalla giurisprudenza relativa alla famiglia di marchi [v., in tal senso, sentenza del 23 febbraio 2006, Il Ponte Finanziaria/UAMI – Marine Enterprise Projects (BAINBRIDGE), T‑194/03, Racc., EU:T:2006:65, punti 126 e 127].

104    Tenuto conto di quanto precede, gli argomenti della ricorrente attinenti all’asserita presenza di una famiglia di marchi devono essere respinti.

105    Di conseguenza, il motivo unico della ricorrente e, pertanto, il suo ricorso devono essere respinti.

 Sulle spese

106    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, poiché è rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese sostenute dall’UAMI e dall’interveniente, conformemente alle loro domande.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Deutsche Rockwool Mineralwoll GmbH & Co. OHG è condannata alle spese.

Berardis

Czúcz

Popescu

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 luglio 2015.

Firme


* Lingua processuale: il ceco.