Language of document : ECLI:EU:C:2024:264

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NICHOLAS EMILIOU

presentate il 21 marzo 2024 (1)

Cause riunite C611/22 P e C625/22 P

Illumina, Inc.

contro

Commissione europea (C611/22 P)

e

Grail LLC

contro

Illumina, Inc.,

Commissione europea (C625/22 P)

«Impugnazione – Concorrenza – Concentrazioni tra imprese – Articolo 22 del regolamento (CE) n. 139/2004 – Concentrazioni che non hanno dimensione comunitaria –Richiesta di rinvio proveniente da un’autorità garante della concorrenza non competente ai sensi della legislazione nazionale – Decisione della Commissione di esaminare l’operazione di concentrazione – Competenza della Commissione – Termine di presentazione della richiesta di rinvio – Obbligo di agire entro un termine ragionevole – Principio di buona amministrazione – Diritto di difesa – Legittimo affidamento»






I.      Introduzione

1.        Le più moderne normative antitrust, sia all’interno dell’Unione europea che altrove, si basano su una triplice serie di disposizioni: disposizioni in materia di accordi e pratiche concordate, disposizioni relative a comportamenti unilaterali (o sfruttamento abusivo di posizione dominante) e disposizioni in materia di controllo delle concentrazioni.

2.        La particolarità delle norme in materia di controllo delle concentrazioni risiede nel fatto che, a differenza delle altre due serie di disposizioni, esse generalmente impongono alle autorità (amministrative e/o giudiziarie) competenti di effettuare un tipo di controllo ex ante, in contrapposizione a un tipo di controllo ex post: esse verificano se la concentrazione proposta, ove realizzata, possa arrecare un pregiudizio significativo a una concorrenza effettiva. Si tratta di una valutazione tecnica particolarmente complessa e laboriosa, «che non si basa sull’applicazione di precise regole scientifiche, ma di criteri e principi opinabili» e che consiste in una «valutazione prognostica in merito agli effetti della concentrazione sulla struttura e sulle dinamiche concorrenziali dei mercati interessati, tenendo conto dei numerosi fattori, in continua evoluzione, che possono incidere sui futuri sviluppi della domanda e dell’offerta in tali mercati» (2).

3.        Tuttavia, tale valutazione deve essere effettuata nel più breve tempo possibile. Infatti, al fine di preservare l’efficacia del sistema, la maggior parte dei regimi giuridici, compreso quello dell’Unione, impone alle imprese interessate di notificare l’operazione alle autorità competenti e di sospenderne la realizzazione fino a quando esse non ricevano l’autorizzazione di queste ultime. La notifica e la sospensione determinano costi significativi e comportano alcuni rischi per le imprese interessate.

4.        In tale contesto, la scelta, da parte del legislatore, del tipo di soglie e la fissazione dei relativi importi che, ove raggiunti, determinano l’applicazione degli obblighi di notifica e di sospensione per le parti della concentrazione rivestono un’importanza cruciale per il corretto funzionamento del sistema. Tali soglie svolgono una duplice funzione: garantire un «legame locale» che giustifichi l’intervento delle autorità in questione e filtrare le operazioni potenzialmente rilevanti. Idealmente, le soglie dovrebbero essere agevolmente calcolabili (per evitare dubbi sul fatto che una determinata operazione debba essere notificata) e dovrebbero essere fissate a un livello tale da ridurre al minimo, da un lato, il numero di operazioni che ricadono nel sistema anche se poco idonee a sollevare problemi sotto il profilo della concorrenza e, dall’altro, di quelle che ne rimangono al di fuori pur essendo idonee a sollevare preoccupazioni di tale genere (3).

5.        Il sistema dell’Unione per il controllo delle concentrazioni, disciplinato dal regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese («Regolamento [dell’Unione] sulle concentrazioni») (in prosieguo: il «regolamento dell’Unione sulle concentrazioni») (4), si basa principalmente sul fatturato delle imprese partecipanti alla concentrazione. Tuttavia, in tale regolamento vi sono talune disposizioni che, in via eccezionale, attribuiscono alla Commissione europea la competenza a esaminare concentrazioni che non soddisfano le soglie di fatturato in questione, quando il caso è rinviato a tale istituzione dalle autorità degli Stati membri, eventualmente a seguito di un invito in tal senso della Commissione stessa. La presente causa verte principalmente sulla definizione del significato e della portata di una di tali disposizioni, l’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. In sintesi, la questione chiave di cui al presente procedimento è la seguente: se tale disposizione consenta alla Commissione di esaminare una concentrazione a seguito del rinvio da parte di autorità di uno Stato membro, qualora queste ultime non siano competenti a esaminarla, poiché la concentrazione in questione non soddisfa le soglie fissate nella loro legislazione nazionale in materia di controllo delle concentrazioni.

6.        Nonostante l’apparente semplicità della questione, fornire una risposta corretta non è affatto semplice. All’interprete è richiesta un’analisi ermeneutica meticolosa, allo scopo di stabilire l’interpretazione corretta dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. A tal fine occorre non soltanto esaminare il tenore letterale, la genesi, il contesto e la finalità della disposizione in parola, ma anche tener conto della logica del sistema dell’Unione di controllo delle concentrazioni, nonché di taluni principi fondamentali del diritto dell’Unione (quali il principio dell’equilibrio istituzionale, di sussidiarietà, di certezza del diritto, di territorialità, ecc.). Un ultimo aspetto, non meno rilevante, riguarda l’importanza della risposta a tale questione ai fini del corretto ed efficace funzionamento del sistema dell’Unione di controllo delle concentrazioni, che non potrà mai essere sottolineata abbastanza.

II.    Contesto normativo dell’Unione

7.        L’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, intitolato «Rinvio alla Commissione», prevede quanto segue:

«1.      Uno o più Stati membri possono chiedere alla Commissione di esaminare qualsiasi concentrazione, secondo la definizione dell’articolo 3, che non ha dimensione comunitaria ai sensi dell’articolo 1 ma incide sul commercio fra Stati membri e rischia di incidere in misura significativa sulla concorrenza nel territorio dello Stato o degli Stati membri che presentano la richiesta.

La richiesta va presentata al più tardi entro 15 giorni lavorativi dalla data in cui la concentrazione è stata notificata o, se non è prescritta la notificazione, resa nota in altro modo allo Stato membro interessato.

2.      La Commissione informa senza ritardo le autorità competenti degli Stati membri e le imprese interessate di qualsiasi richiesta ricevuta ai sensi del paragrafo 1.

Tutti gli altri Stati membri hanno facoltà di aderire alla richiesta iniziale entro il termine di 15 giorni lavorativi dalla data in cui la Commissione li ha informati della richiesta iniziale.

(...)

3.      La Commissione può, al più tardi entro 10 giorni lavorativi a decorrere dalla scadenza del termine stabilito al paragrafo 2, decidere di esaminare la concentrazione se ritiene che incida sul commercio fra Stati membri e rischi di incidere in misura significativa sulla concorrenza nel territorio dello Stato o degli Stati membri che presentano la richiesta. Se la Commissione non prende una decisione entro tale termine, si considera che abbia deciso di esaminare la concentrazione conformemente alla richiesta.

La Commissione informa della sua decisione tutti gli Stati membri e le imprese interessate e può chiedere che venga effettuata una notificazione in applicazione dell’articolo 4.

Lo Stato o gli Stati membri che hanno presentato la richiesta alla Commissione si astengono dall’applicare ulteriormente alla concentrazione la loro legislazione nazionale sulla concorrenza.

4.      Quando la Commissione esamina una concentrazione in applicazione del paragrafo 3, si applicano l’articolo 2, l’articolo 4, paragrafi 2 e 3, e gli articoli 5, 6 e da 8 a 21. L’articolo 7 si applica nella misura in cui l’operazione di concentrazione non è stata realizzata alla data nella quale la Commissione informa le imprese interessate che la richiesta è stata presentata.

Se non è prescritta una notificazione in applicazione dell’articolo 4, il termine stabilito all’articolo 10, paragrafo 1, per l’avvio di un procedimento decorre dal giorno lavorativo successivo a quello in cui la Commissione ha informato le imprese interessate della sua decisione di esaminare la concentrazione in applicazione del paragrafo 3.

5.      La Commissione può informare uno o più Stati membri che ritiene che una concentrazione soddisfi i criteri di cui al paragrafo 1. In questi casi la Commissione può invitare lo Stato o gli Stati membri in questione a presentare una richiesta ai sensi del paragrafo 1».

8.        Il meccanismo di rinvio attualmente previsto all’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni è stato inizialmente istituito all’articolo 22 («Applicazione del presente regolamento»), paragrafi da 3 a 6, del regolamento CEE sulle concentrazioni del 1989 (5) (in prosieguo: il «regolamento comunitario sulle concentrazioni»), in seguito modificato dal regolamento (CE) del Consiglio n. 1310/97 (6). Il regolamento comunitario sulle concentrazioni è stato in seguito abrogato dal regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, con effetto dal 1º maggio 2004.

III. Fatti

9.        I fatti più rilevanti, quali risultano dalla sentenza nella causa T‑227/21, Illumina/Commissione (in prosieguo: la «sentenza impugnata») (7), possono essere riassunti come segue.

10.      Il 20 settembre 2020 la Illumina Inc., una società con sede negli Stati Uniti d’America che commercializza soluzioni in materia di analisi genetica e genomica mediante sequenziamento e mediante chip, ha concluso un accordo e un piano di fusione diretto all’acquisizione del controllo esclusivo della Grail, LLC (ex Grail, Inc.), che sviluppa analisi del sangue di diagnosi precoce dei tumori, e della quale essa deteneva già il 14,5% del capitale (in prosieguo: la «concentrazione in questione»). Il 21 settembre 2020 la Illumina e la Grail (in prosieguo: le «ricorrenti») hanno pubblicato un comunicato stampa che annunciava tale concentrazione.

11.      Poiché il fatturato delle ricorrenti non superava le soglie rilevanti, in particolare in considerazione del fatto che la Grail non generava redditi in nessuno Stato membro dell’Unione europea o altrove nel mondo, la concentrazione in questione non presentava una dimensione europea, ai sensi dell’articolo 1 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, e non è dunque stata notificata alla Commissione. La concentrazione in questione non è stata notificata neppure negli Stati membri dell’Unione o in Stati parti dell’accordo sullo Spazio economico europeo (8), poiché essa non rientrava nell’ambito di applicazione della loro normativa nazionale in materia di controllo delle concentrazioni.

12.      Dopo aver ricevuto, nel dicembre 2020, una denuncia concernente la concentrazione in questione, la Commissione ha intrattenuto alcuni scambi con il denunciante, con una serie di autorità nazionali garanti della concorrenza (in prosieguo: le «ANC») e con la Competition and Markets Authority del Regno Unito (autorità garante della concorrenza e dei mercati).

13.      Il 19 febbraio 2021 la Commissione ha informato gli Stati membri in merito alla concentrazione in questione, inviando loro una lettera in conformità all’articolo 22, paragrafo 5, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni (in prosieguo: la «lettera di invito»). In tale lettera la Commissione ha illustrato le ragioni per cui essa riteneva, prima facie, che la concentrazione sembrasse soddisfare le condizioni previste all’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni e ha invitato gli Stati membri a presentare una richiesta di rinvio.

14.      Il 4 marzo 2021, nel corso di una conversazione telefonica, la Commissione ha informato il rappresentante legale di ciascuna delle ricorrenti in merito alla lettera di invito e alla possibilità di una richiesta di rinvio ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.

15.      Il 9 marzo 2021 l’Autorité de la concurrence française (autorità francese garante della concorrenza; in prosieguo: l’«ACF») ha chiesto alla Commissione, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, di esaminare la concentrazione in questione (in prosieguo: la «richiesta di rinvio»). Il 10 marzo 2021 la Commissione, in conformità all’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, ha informato le ANC e l’Autorità di vigilanza AELS della richiesta di rinvio. L’11 marzo 2021 la Commissione ha parimenti informato le ricorrenti della richiesta di rinvio, dichiarando che la concentrazione in questione non poteva essere realizzata laddove e nei limiti in cui fosse applicabile l’obbligo di sospensione previsto all’articolo 7 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, in combinato disposto con l’articolo 22, paragrafo 4, primo comma, seconda frase, di detto regolamento (in prosieguo: la «lettera di informazione»).

16.      Il 16 e il 29 marzo 2021 le ricorrenti hanno presentato alla Commissione osservazioni in opposizione alla richiesta di rinvio. Il 2, il 7 e il 12 aprile 2021 la Illumina ha risposto alle richieste di informazioni indirizzatele dalla Commissione il 26 marzo e l’8 aprile 2021.

17.      Con lettere del 24, 26 e 31 marzo 2021 le autorità garanti della concorrenza belga, greca, islandese, dei Paesi Bassi e norvegese hanno chiesto di aderire alla richiesta di rinvio, in conformità all’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni (in prosieguo: le «richieste di adesione»).

18.      Il 31 marzo 2021 la Commissione ha pubblicato una comunicazione intitolata «Orientamenti della Commissione sull’applicazione del meccanismo di rinvio di cui all’articolo 22 del regolamento [dell’Unione sulle concentrazioni] per determinate categorie di casi» (9).

19.      Con decisioni del 19 aprile 2021 la Commissione ha accolto la richiesta di rinvio e le richieste di adesione. In tali decisioni, la Commissione: i) ha constatato che la richiesta di rinvio era stata presentata nel termine di 15 giorni lavorativi previsto all’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni; ii) ha constatato che le richieste di adesione avevano rispettato il termine previsto all’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni; iii) ha deciso che la concentrazione in questione soddisfaceva i criteri di un rinvio ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni; e iv) ha respinto in quanto infondati gli argomenti delle ricorrenti concernenti un’asserita violazione dei loro diritti di difesa e di altri principi generali del diritto dell’Unione.

IV.    Procedimento dinanzi al Tribunale, sentenza impugnata e procedimento dinanzi alla Corte

20.      Con atto introduttivo depositato il 28 aprile 2021, la Illumina ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, chiedendo l’annullamento della lettera di informazione, della decisione di accogliere il rinvio dell’ACF e delle decisioni di accogliere le richieste di adesione (in prosieguo: le «decisioni controverse»).

21.      Con ordinanze e decisioni del presidente della Terza Sezione (ampliata) del Tribunale, i) la Grail è stata ammessa a intervenire a sostegno delle conclusioni della Illumina, ii) la Repubblica ellenica, la Repubblica francese, il Regno dei Paesi Bassi e l’Autorità di vigilanza AELS sono stati ammessi a intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione, e iii) la domanda di intervento della Computer & Communications Industry Association a sostegno delle conclusioni della Illumina è stata respinta.

22.      La Illumina, sostenuta dalla Grail, ha chiesto al Tribunale di annullare le decisioni controverse e la lettera di informazione, nonché di condannare la Commissione alle spese. Da parte sua, la Commissione, sostenuta dalla Repubblica ellenica, dalla Repubblica francese, dal Regno dei Paesi Bassi e dall’Autorità di vigilanza AELS, ha chiesto al Tribunale di respingere il ricorso in quanto irricevibile o, in subordine, in quanto in parte irricevibile e in parte infondato, nonché di condannare la Illumina alle spese.

23.      Il 13 luglio 2022, con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto il ricorso, ha condannato la Illumina a sopportare le proprie spese e quelle sostenute dalla Commissione, e ha condannato la Repubblica ellenica, la Repubblica francese, il Regno dei Paesi Bassi, l’Autorità di vigilanza AELS e la Grail a sopportare le proprie spese.

24.      Con le loro impugnazioni dinanzi alla Corte, proposte rispettivamente il 22 e il 30 settembre 2022, la Illumina (causa C‑611/22 P) e la Grail (causa C‑625/22 P) hanno chiesto alla Corte di annullare la sentenza impugnata, di annullare le decisioni controverse e di condannare la Commissione alle spese del procedimento. La Grail ha chiesto inoltre alla Corte di annullare la richiesta dell’ACF e la lettera di informazione della Commissione.

25.      Il 21 dicembre 2022 il presidente della Corte, dopo aver sentito il giudice relatore, l’avvocato generale e le parti, ha deciso di riunire le due cause ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza, conformemente all’articolo 54, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte (in prosieguo: il «regolamento di procedura»). Con decisione del 10 gennaio 2023, il presidente della Corte ha inoltre deciso, dopo aver sentito il giudice relatore e l’avvocato generale, di respingere la richiesta della Commissione di trattare la causa C‑625/22 P mediante procedimento accelerato, previsto dagli articoli da 133 a 136 del regolamento di procedura, e in via prioritaria, ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

26.      Mediante due ordinanze del presidente della Corte del 10 marzo 2023, la Biocom California è stata ammessa a intervenire a sostegno delle conclusioni della Illumina nella causa C‑611/22 P e le domande di intervento a sostegno delle conclusioni della Grail nella causa C‑625/22 P, presentate dalla Association Française des Juristes d’Entreprise (AFJE) e dalla European Company Lawyers Association (ECLA) sono state respinte.

27.      Nelle loro comparse di risposta, la Commissione, la Repubblica francese, il Regno dei Paesi Bassi e l’Autorità di vigilanza AELS hanno chiesto alla Corte di respingere le impugnazioni e di condannare le ricorrenti alle spese. A loro volta, la Grail e la Illumina hanno depositato una comparsa di risposta, rispettivamente nella causa C‑611/22 P e nella causa C‑625/22 P, chiedendo entrambe alla Corte di annullare la sentenza impugnata, di annullare le decisioni controverse e di condannare la Commissione alle spese.

28.      Le ricorrenti hanno depositato una replica e le parti avverse una controreplica. Le ricorrenti, le parti avverse e gli intervenienti hanno presentato le loro osservazioni nel corso dell’udienza dinanzi alla Corte, che si è tenuta il 12 dicembre 2023.

V.      Valutazione

29.      A sostegno delle loro impugnazioni, entrambe le ricorrenti deducono tre motivi, che si sovrappongono in larga misura. Li esaminerò quindi congiuntamente.

30.      Di conseguenza, valuterò, in primo luogo, se il Tribunale abbia commesso un errore nella sua interpretazione del significato e della portata dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni (A). In secondo luogo, mi occuperò delle censure delle ricorrenti secondo le quali la richiesta di rinvio è stata presentata tardivamente e la Commissione ha violato il suo obbligo di agire entro un termine ragionevole (B). In terzo e ultimo luogo, affronterò la questione dell’asserita violazione dei principi di legittimo affidamento e di certezza del diritto (C).

A.      Primo motivo: significato e portata dell’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni

31.      Il primo motivo di impugnazione della Illumina e della Grail verte sui punti da 85 a 185 della sentenza impugnata. In tali passaggi, il Tribunale ha respinto il primo motivo dedotto dalla Illumina in primo grado, vertente sull’incompetenza della Commissione a esaminare la concentrazione in questione. In particolare, dopo aver esaminato gli argomenti delle parti, il Tribunale è giunto alla seguente conclusione:

«183.      (...) tenuto conto delle interpretazioni letterale, storica, contestuale e teleologica dell’articolo 22 del [regolamento dell’Unione sulle concentrazioni], si deve concludere che gli Stati membri possono, alle condizioni ivi enunciate, presentare una richiesta di rinvio ai sensi di tale disposizione indipendentemente dalla portata della loro normativa nazionale in materia di controllo delle concentrazioni.

184.      Pertanto la Commissione, con le decisioni impugnate, ha correttamente accettato la richiesta di rinvio e le richieste di adesione ai sensi dell’articolo 22 del [regolamento dell’Unione sulle concentrazioni] (...)».

1.      Argomenti delle parti

32.      La Illumina sostiene che, avallando l’applicazione dell’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni effettuata dalla Commissione, il Tribunale è incorso in un errore di interpretazione di tale disposizione. In particolare, la Illumina sostiene che il Tribunale ha omesso: i) di applicare una serie di principi fondamentali del diritto dell’Unione (quali i principi di certezza del diritto, di proporzionalità e di sussidiarietà); ii) di individuare e valutare correttamente l’oggetto del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni; iii) di interpretare restrittivamente una disposizione che costituisce una deroga a una regola generale; e iv) di riconoscere l’importanza del contesto e dell’oggetto della disposizione di cui trattasi. Analogamente, la Grail ritiene che un’interpretazione testuale, storica, contestuale e teleologica dell’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni non corrobori l’interpretazione che ne ha dato il Tribunale.

33.      La Biocom, in sostanza, sostiene gli argomenti dedotti dalle ricorrenti, sottolineando l’incertezza giuridica e l’onere sproporzionato che la sentenza impugnata pone in capo alle parti della concentrazione.

34.      La Commissione sostiene che il primo motivo di impugnazione delle ricorrenti è inoperante, irricevibile nella parte in cui è fondato su taluni documenti preparatori e, in subordine, infondato. La Commissione ritiene che il Tribunale abbia interpretato correttamente l’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. In particolare, essa sostiene che le ricorrenti i) hanno omesso di tenere in debito conto la chiara formulazione di tale disposizione e ii) sono incorse in un errore nel ritenere che l’interpretazione accolta dal Tribunale faccia sì che il sistema del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni non fornisca un’adeguata certezza del diritto alle parti della concentrazione.

35.      I governi francese e dei Paesi Bassi, nonché l’Autorità di vigilanza AELS condividono il punto di vista della Commissione. In particolare, il governo francese sostiene che il Tribunale ha applicato correttamente i principi di certezza del diritto, di proporzionalità e di sussidiarietà. Il governo dei Paesi Bassi sostiene che, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, esso era legittimato a chiedere alla Commissione di esaminare una concentrazione come quella in questione o di aderire a una richiesta formulata da un’altra ANC. Da parte sua, l’Autorità di vigilanza AELS sostiene che le ricorrenti si sono erroneamente fondate sul sistema a sportello unico introdotto dal regolamento dell’Unione sulle concentrazioni: tale meccanismo riguarda soltanto concentrazioni di dimensione comunitaria, mentre non trova applicazione in relazione a concentrazioni prive di siffatta dimensione.

2.      Analisi

36.      Nelle pagine che seguono esaminerò, anzitutto, alcune obiezioni preliminari di ordine procedurale sollevate dalla Commissione, per poi esaminare la fondatezza del primo motivo di impugnazione delle ricorrenti.

a)      Questioni preliminari

37.      In via preliminare, è opportuno trattare gli argomenti della Commissione ai sensi dei quali i) il primo motivo di impugnazione delle ricorrenti è inoperante e ii) la Grail si fonda su taluni documenti che sono inammissibili.

38.      Questi argomenti non mi convincono.

39.      In primo luogo, un motivo di impugnazione è inoperante quando, anche qualora sia ritenuto fondato, non può comportare l’annullamento della sentenza impugnata (10). È evidente che ciò non si verifica nel caso dei motivi di impugnazione oggetto di esame in questa sede. È pacifico che, qualora il Tribunale, come sostenuto dalle ricorrenti, abbia interpretato erroneamente la natura e la portata dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, con la conseguenza che la Commissione non avrebbe potuto esaminare la concentrazione in questione, la sentenza impugnata sarebbe viziata da un errore di diritto che determinerebbe l’annullamento di tale sentenza, nonché l’annullamento delle decisioni controverse.

40.      L’affermazione della Commissione secondo cui le ricorrenti non hanno contestato le statuizioni del Tribunale contenute in taluni passaggi della sentenza impugnata (punti da 90 a 94 della sentenza impugnata per quanto riguarda la Illumina e punti 183 e 184 per quanto riguarda la Grail) è contraddetta dal testo delle impugnazioni. Infatti, la censura della Commissione sembra vertere, piuttosto, sulla forza degli argomenti dedotti dalle ricorrenti per contestare le statuizioni del Tribunale contenute in tali passaggi. Si tratta, tuttavia, di una questione che riguarda la fondatezza del motivo di impugnazione, e non il suo asserito carattere inoperante.

41.      In secondo luogo, l’affermazione della Commissione concernente l’asserita inammissibilità di taluni documenti sui quali la Grail si fonda per quanto attiene all’interpretazione storica dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni (in prosieguo: i «documenti controversi») è anch’essa infondata. La Commissione sostiene, in sostanza, che, ai fini dell’ammissibilità di tali documenti in sede di impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia, essi avrebbero dovuto essere stati previamente prodotti dinanzi al Tribunale. A tal fine, la Commissione si fonda sull’ordinanza del presidente della Corte del 10 ottobre 2023, Deutsche Lufthansa/Ryanair e a. (11).

42.      Tuttavia, un requisito generale ai sensi del quale i documenti devono previamente essere prodotti dinanzi al Tribunale, ai fini della loro successiva ammissibilità in sede di impugnazione davanti alla Corte, non è previsto nel regolamento di procedura della Corte, né discende dalla giurisprudenza dei giudici dell’Unione. Non potrebbe essere altrimenti: una regola di tal genere sarebbe del tutto irragionevole e controproducente. È quasi superfluo sottolineare, a tal riguardo, che i ricorsi di annullamento e i procedimenti di impugnazione hanno un oggetto differente (una decisione la prima, una sentenza la seconda) e che le questioni di diritto sulle quali i due giudici sono chiamati a pronunciarsi possono, pertanto, non coincidere interamente.

43.      Soprattutto, una regola di tal genere sarebbe in contrasto con i principi che disciplinano la produzione delle prove dinanzi ai giudici dell’Unione. La Corte di giustizia ha costantemente dichiarato che «il principio della parità delle armi, corollario della nozione stessa di processo equo, garantito in particolare dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [in prosieguo: la «Carta»], implica l’obbligo di dare a ciascuna parte una ragionevole opportunità di presentare il suo caso, comprese le sue prove, in condizioni che non la pongano in netto svantaggio rispetto al suo avversario» (12). Per quanto riguarda la produzione delle prove, la regola di base è che qualsiasi prova può essere prodotta dinanzi ai giudici dell’Unione. Tuttavia, tali giudici possono tener conto dell’esistenza di eventuali interessi (intragiudiziali o extragiudiziali) che, in via eccezionale, possono giustificare il rifiuto di ammettere le prove, e bilanciare tali interessi con quelli che depongono a favore della loro ammissione (13). Ciò può verificarsi, ad esempio, nel caso in cui un documento sia stato ottenuto illegalmente o contenga informazioni riservate che non dovrebbero essere divulgate al pubblico al fine di tutelare determinati interessi pubblici o privati.

44.      Nel caso di specie, i documenti controversi sono stati ottenuti legalmente dalla Grail a seguito di domande di accesso a documenti presentate ai sensi del regolamento (CE) n. 1049/2001 (14), al fine di contestare taluni passaggi specifici della sentenza impugnata. Poiché tali passaggi riguardano una delle questioni chiave della presente causa (la questione se l’interpretazione data dal Tribunale all’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni sia suffragata o meno da un’interpretazione storica di quest’ultimo), non vedo alcun motivo plausibile per cui alle ricorrenti non debba essere consentito di fondarsi sui documenti controversi. Infatti, se tali documenti dovessero essere dichiarati inammissibili, le ricorrenti sarebbero de facto private della possibilità di contestare le valutazioni del Tribunale di cui ai punti da 69 a 117 della sentenza impugnata. Ciò sarebbe in contrasto con il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, sancito dall’articolo 47 della Carta.

45.      Analogamente, la tesi della Commissione secondo cui la Corte non potrebbe esaminare documenti regolarmente prodotti da una parte è manifestamente insostenibile. Come dichiarato dalla Corte, a tal riguardo, «il principio vigente nel diritto dell’Unione è quello del libero apprezzamento delle prove» (15) e «il criterio decisivo di apprezzamento del valore probatorio delle prove regolarmente prodotte è soltanto la loro attendibilità» (16).

46.      L’ordinanza del presidente su cui si fonda la Commissione è irrilevante nel presente contesto. Tale causa riguardava una domanda di una società presentata alla Corte al fine di ottenere il trattamento riservato, rispetto alle altre parti del procedimento, di talune informazioni contenute nel testo e in un allegato della sua impugnazione. È importante notare che le informazioni per le quali era stato chiesto il trattamento riservato erano state prodotte in primo grado, ma erano state in seguito espunte dal fascicolo in quanto ritenute non pertinenti dal Tribunale. Di conseguenza, tali informazioni non hanno beneficiato di un trattamento riservato in primo grado, dal momento che il Tribunale le aveva espunte dal fascicolo senza procedere a una ponderazione del loro carattere riservato e delle esigenze inerenti al diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, come previsto dall’articolo 103, paragrafo 2, del suo regolamento di procedura. Su tale base, il presidente ha respinto la domanda di trattamento riservato presentata da tale società, sottolineando che, poiché le informazioni in questione non figuravano nel fascicolo sulla base del quale il Tribunale aveva pronunciato la sua decisione, esse non potevano, in linea di principio, essere pertinenti ai fini del controllo, da parte della Corte, della legittimità di tale decisione in sede di impugnazione. Non vi era quindi alcun motivo per accordare un trattamento riservato, in sede di impugnazione, alle informazioni che la ricorrente aveva volontariamente divulgato nei suoi atti processuali.

47.      L’ordinanza in parola costituisce una chiara applicazione dei principi di base ai sensi dei quali l’impugnazione dinanzi alla Corte è limitata alle questioni di diritto e l’oggetto di tale procedimento è circoscritto a quello del procedimento di primo grado, non potendo essere modificato in sede di impugnazione (17). Tuttavia, a differenza di tale causa, la presente causa riguarda i) una questione di diritto (l’interpretazione dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni), e non l’accertamento di fatti controversi, e ii) una questione che è stata sollevata e discussa in primo grado, e sulla quale il Tribunale si è pronunciato.

48.      Da tale ordinanza non risulta affatto che, al fine di contestare un passaggio cruciale di una sentenza impugnata, un ricorrente debba aver presentato i pertinenti elementi di prova già in primo grado. Tale ordinanza non può neppure essere interpretata nel senso che la corretta interpretazione del diritto è una questione che spetta alla ricorrente provare in modo giuridicamente adeguato, né tantomeno che questa è tenuta a farlo in primo grado. Ciò sarebbe in evidente contraddizione con il consolidato principio iura novit curia (18), nonché con numerose pronunce della Corte (19).

49.      Ciò premesso, la Commissione ha ragione nell’affermare che, in linea di principio, gli elementi essenziali degli argomenti di diritto delle ricorrenti devono figurare nel ricorso stesso e che i documenti ad esso allegati hanno un mero ruolo di supporto. Pertanto, sebbene la Corte non sia vincolata dall’interpretazione del diritto proposta dalle parti e sia libera, a tal fine, di trarre ispirazione da qualsiasi documento legittimamente prodotto dinanzi ad essa, non ci si può attendere che la Corte ricerchi e individui, negli allegati delle impugnazioni, le censure e gli argomenti sui quali queste ultime possono essere fondate (20). Di conseguenza, non prenderò in considerazione gli argomenti che non sono stati esplicitati nelle impugnazioni e che non possono essere correttamente intesi senza esaminare gli allegati.

b)      Merito

50.      Mi occuperò ora del merito del primo motivo di impugnazione delle ricorrenti. In sostanza, tale motivo solleva la questione se il Tribunale sia incorso in un errore di diritto nella sua interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Come già indicato, tale giudice è giunto alla conclusione che un’interpretazione «letterale, storica, contestuale e teleologica» di tale disposizione deponeva a favore della tesi secondo cui gli Stati membri possono chiedere alla Commissione di esaminare una concentrazione priva di dimensione comunitaria, anche qualora non siano competenti a esaminare siffatta concentrazione in forza del diritto nazionale. Infatti, il Tribunale ha statuito che l’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni persegue vari obiettivi, uno dei quali è «consentire, in quanto “meccanismo correttivo”, un controllo efficace di tutte le concentrazioni che possono ostacolare in maniera significativa una concorrenza effettiva nel mercato interno e che si sottraggono, a causa del mancato superamento delle soglie di fatturato, alle normative in materia di controllo delle concentrazioni dell’Unione e degli Stati membri» (21).

51.      Nelle pagine che seguono illustrerò le ragioni per le quali ritengo che il Tribunale abbia commesso un errore nell’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Sebbene gli argomenti fondati sul tenore letterale di tale disposizione, dedotti dalla Commissione e accolti dal Tribunale, abbiano una certa forza, una serie di altri elementi interpretativi – che attengono alla genesi, al contesto e all’obiettivo della disposizione di cui trattasi e che rivestono un’importanza sistemica maggiore – indica molto chiaramente che il significato e la portata dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni non sono quelli dichiarati nella sentenza impugnata.

1)      Interpretazione testuale dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni

52.      L’analisi deve iniziare dalla formulazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, che è opportuno ribadire: «[u]no o più Stati membri possono chiedere alla Commissione di esaminare qualsiasi concentrazione (...) che non ha dimensione comunitaria (...) ma incide sul commercio fra Stati membri e rischia di incidere in misura significativa sulla concorrenza nel territorio dello Stato o degli Stati membri che presentano la richiesta».

53.      Come constatato dal Tribunale, tale disposizione i) enuncia determinate condizioni che devono essere soddisfatte ai fini della sua applicazione, fra le quali non vi è il requisito che la concentrazione rientri nell’ambito di applicazione della normativa nazionale relativa al controllo delle concentrazioni (22); ii) utilizza l’espressione ampia «qualsiasi concentrazione» (23); e iii) non distingue gli Stati membri che hanno adottato un sistema nazionale di controllo delle concentrazioni da quelli che non lo hanno adottato (24). Alla luce di ciò, il Tribunale è giunto alla conclusione che, in linea di principio, un’interpretazione letterale dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni avallava l’interpretazione proposta dalla Commissione. Tuttavia, poiché la formulazione della disposizione non consentiva di trarre una conclusione definitiva su tale punto, il Tribunale ha ritenuto opportuno integrare l’analisi ricorrendo ad altri metodi interpretativi (25).

54.      Concordo su entrambi questi punti.

55.      Sulla base di un’interpretazione prima facie del testo dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, l’interpretazione estensiva data dal Tribunale a tale disposizione è difendibile. Si può infatti ritenere che gli elementi sopra elencati indichino che tutti gli Stati membri possono rinviare qualsiasi concentrazione alla Commissione, indipendentemente dal fatto che essi dispongano o meno di un sistema nazionale di controllo delle concentrazioni e, in caso affermativo, dal fatto che la concentrazione di cui trattasi rientri o meno in detto sistema.

56.      Al contempo, è anche vero che, come rilevato dal Tribunale, la formulazione concisa e generale di tale disposizione non fornisce una risposta evidente alla questione interpretativa di cui trattasi.

57.      La Commissione non è d’accordo su tale punto. Essa sottolinea, in particolare, l’ampia portata della disposizione che, a suo avviso, sottintende chiaramente (o non esclude espressamente) che gli Stati membri dotati di un sistema nazionale di controllo delle concentrazioni possano rinviare anche casi che non rientrano nei loro sistemi. Tuttavia, sottintendere (o non escludere) qualcosa non può essere equiparato, ai fini dell’interpretazione testuale di una disposizione, ad affermarlo espressamente. La questione se la premessa minore del ragionamento della Commissione (ossia che la portata della disposizione include anche i rinvii come quello di cui trattasi) sia la continuazione logica della premessa maggiore della Commissione (ossia che la formulazione della disposizione è ampia) non può essere risolta, come la Commissione vorrebbe che la Corte facesse, esaminando un singolo comma del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni in «isolamento clinico» rispetto al resto della disposizione e, più in generale, rispetto al resto del regolamento.

58.      In linea di principio, l’affermazione della Commissione secondo cui, quando la formulazione di una disposizione risulta sufficientemente chiara, la Corte non dovrebbe ricorrere ad alcun altro mezzo interpretativo lascia perplessi. La Corte è libera, com’è ovvio, di ricorrere a tutti i metodi interpretativi che ritiene appropriati in ogni situazione concreta. Ritengo opportuno insistere su tale aspetto, che possiede rilevanza costituzionale: quando le questioni controverse riguardano l’interpretazione del diritto, non si applicano principi quali il principio dispositivo, dell’onere della prova o del livello probatorio. Ribadisco che, in questo contesto, il principio decisivo è iura novit curia.

59.      L’argomento della Commissione, inoltre, trascura la giurisprudenza costante della Corte. Come la Corte ha affermato molto chiaramente nella sentenza Cilfit, «ogni disposizione di diritto [dell’Unione] va ricollocata nel proprio contesto e interpretata alla luce dell’insieme delle disposizioni del suddetto diritto» (26). Infatti, secondo una giurisprudenza costante, «per interpretare una norma di diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte» (27). Di conseguenza, la Corte non ha mai esitato a procedere a un’interpretazione contestuale e/o teleologica di una disposizione, anche in presenza di una formulazione asseritamente chiara, al fine di confermare l’interpretazione letterale (28) o, se del caso, di discostarsene (29).

60.      Del resto, non vi è nulla di insolito nell’importanza che la Corte ha costantemente attribuito, in particolare, all’interpretazione contestuale e teleologica. Infatti, anche la convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, che, com’è noto, distingue tra la «regola generale di interpretazione» e i «mezzi complementari di interpretazione» (30), include tutti i suddetti elementi nel primo gruppo e stabilisce un nesso indissolubile tra di essi. L’articolo 31, paragrafo 1, di tale convenzione prevede quanto segue: «[u]n trattato deve essere interpretato in buona fede seguendo il senso ordinario da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo» (31).

61.      Anche per questo motivo, il fatto che la Commissione ponga l’accento sull’espressione «qualsiasi concentrazione», utilizzata all’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, è fuori luogo. Occorre esaminare il tipo di concentrazioni alle quali si riferisce l’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni per stabilire il significato preciso del termine «qualsiasi». A rischio di affermare l’ovvio, l’espressione «qualsiasi concentrazione» non può che riferirsi a una concentrazione che non soltanto rientra nell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni ma che, inoltre, e a maggior ragione, rientra nell’ambito di applicazione del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Un esame contestuale di tale disposizione è quindi inevitabile.

62.      Analogamente, sarebbe assurdo suggerire che Corte debba fermarsi all’esame del testo di una disposizione quando siano stati portati alla sua attenzione taluni elementi specifici che mettono in discussione la formulazione asseritamente chiara di tale disposizione (32). Si tratta precisamente della situazione di cui al presente procedimento: come sarà mostrato nel prosieguo, numerosi elementi suggeriscono un’interpretazione differente della disposizione in questione.

63.      Analogamente, reputo non pertinente l’argomento dell’Autorità di vigilanza AELS che pone l’accento sull’assenza, nell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, di termini diretti a indicare che il meccanismo di rinvio sarebbe applicabile esclusivamente a concentrazioni idonee a essere esaminate ai sensi delle normative nazionali degli Stati membri in materia di concorrenza. L’Autorità di vigilanza AELS sottolinea, a tale riguardo, la differenza tra il testo dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni (il quale, parimenti, concerne un meccanismo di rinvio e contiene detti termini) e il testo dell’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Tale argomento, tuttavia, non tiene conto del fatto che, a differenza della prima disposizione, la seconda è stata originariamente introdotta al fine di includervi concentrazioni suscettibili di sollevare problemi a livello nazionale, nei casi in cui lo Stato o gli Stati membri in questione non disponessero di un sistema nazionale di controllo delle concentrazioni. Di conseguenza, l’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni non poteva contenere un’espressione analoga a quella di cui all’articolo 4, paragrafo 5, dello stesso regolamento, poiché ciò avrebbe determinato l’esclusione degli Stati membri a beneficio dei quali tale disposizione era stata introdotta. Infatti, il Tribunale stesso, al punto 126 della sentenza impugnata, ha rifiutato di stabilire un parallelismo tra le due disposizioni.

64.      In ogni caso, nella presente causa, le obiezioni di principio della Commissione sono non soltanto prive di fondamento, ma anche non pertinenti, dato che vi sono almeno due elementi testuali sufficienti a mettere in dubbio l’interpretazione letterale che, secondo la Commissione, sarebbe chiara al punto di determinare l’immediata esclusione di qualsiasi altro metodo di interpretazione dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.

65.      In primo luogo, il titolo della disposizione costituisce uno di tali elementi. L’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni è intitolato «Rinvio alla Commissione». Nella grande maggioranza delle versioni linguistiche (33), il termine corrispondente a «rinvio» ha una connotazione specifica. Esso suggerisce, infatti, che tale disposizione riguarda, in linea di principio, casi che sono effettivamente o potenzialmente pendenti dinanzi alle autorità nazionali e che sono in seguito rinviati (ossia trasmessi, trasferiti, passati, assegnati, ecc...) alla Commissione. Tale interpretazione sarebbe conforme alla massima giuridica nemo dat quod non habet (nessuno dà ciò che non ha).

66.      In secondo luogo, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, una delle condizioni che devono essere soddisfatte affinché la Commissione possa esaminare concentrazioni al di sotto delle soglie fissate all’articolo 1 di detto regolamento, è che la concentrazione in questione «risch[i] di incidere in misura significativa sulla concorrenza nel territorio dello Stato o degli Stati membri che presentano la richiesta» (34). Tale formulazione è del tutto ragionevole se si pensa che la disposizione in questione è destinata, fin dalla sua introduzione nel regolamento comunitario sulle concentrazioni originario, a permettere l’esame di concentrazioni suscettibili di falsare la concorrenza in uno Stato membro privo di un sistema nazionale di controllo delle concentrazioni. Inoltre, tale formulazione è conforme alla finalità di una disposizione che, dopo le sue modifiche nel 1997 e nel 2004, è, come mostrerò nel prosieguo, diretta anche a rafforzare il carattere di sportello unico del sistema dell’Unione di controllo delle concentrazioni evitando, per quanto possibile, notifiche multiple a livello nazionale.

67.      Di converso, la formulazione della disposizione diviene meno ovvia se essa è interpretata, come affermato dal Tribunale, nel senso che costituisce un «“meccanismo correttivo” (...) [per] consentire un controllo delle concentrazioni che possono ostacolare in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato interno» (35). Se questo è vero, per quale motivo il legislatore dell’Unione ha fatto riferimento soltanto a restrizioni della concorrenza a livello degli Stati membri? La disposizione non dovrebbe fare riferimento, più in generale o in aggiunta, a restrizioni della concorrenza nel mercato interno?  Soprattutto, per quale motivo la Commissione dovrebbe aver bisogno di un rinvio da parte dell’autorità di uno Stato membro se il problema concorrenziale si pone a livello dell’Unione?

68.      Gli elementi testuali summenzionati sembrano idonei a far sorgere alcuni dubbi sull’interpretazione della disposizione proposta dalla Commissione, asseritamente non problematica.

69.      Pertanto, come avviene generalmente per le disposizioni giuridiche che sono, in una certa misura, non chiare, o perlomeno non autonome (il che, a mio avviso, è il caso della disposizione di cui trattasi, un singolo comma in un articolo di un regolamento), il vecchio adagio inglese «bare reading is bare feeding» (una lettura superficiale alimenta poco la riflessione) sembra alquanto appropriato. Di conseguenza, per determinare l’esatto significato e la portata dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, è di fatto necessario, come correttamente statuito dal Tribunale, ricorrere anche agli altri metodi interpretativi utilizzati dalla Corte di giustizia.

2)      Interpretazione storica dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni

70.      Nei paragrafi da 96 a 117 della sentenza impugnata, dopo aver esaminato una serie di documenti relativi alla genesi del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, il Tribunale è giunto alla conclusione che «l’interpretazione storica tende a confermare che l’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del [regolamento dell’Unione sulle concentrazioni] consente ad uno Stato membro, indipendentemente dalla portata della sua normativa nazionale in materia di controllo delle concentrazioni, di rinviare alla Commissione concentrazioni che non raggiungono le soglie di fatturato di cui all’articolo 1 di tale regolamento, ma che rischiano di avere effetti transfrontalieri significativi».

71.      Non condivido tale valutazione. In particolare, ho quattro riserve principali a tal riguardo: i) i documenti ai quali la sentenza impugnata fa riferimento risentono di alcune limitazioni intrinseche per quanto concerne la loro idoneità a chiarire l’intenzione del legislatore dell’Unione; ii) i passaggi citati di tali documenti non corroborano le conclusioni del Tribunale; iii) una lettura integrale di tali documenti smentisce, di fatto, tali conclusioni; e iv) il Tribunale ha omesso di prendere in considerazione numerosi altri documenti, tra i quali i pertinenti lavori preparatori, che sostengono l’interpretazione proposta dalle ricorrenti.

i)      Limiti della valutazione storica del Tribunale (I)

72.      In primo luogo, come giustamente sottolineato dalla Grail, due limitazioni importanti caratterizzano intrinsecamente il tipo di documenti menzionati nella sentenza impugnata a sostegno della conclusione che ne è tratta. Tutti questi documenti (il libro verde del 1996 (36), il libro verde del 2001 (37), la proposta della Commissione del 2003 (38) e il documento di lavoro dei servizi della Commissione del 2009 (39)) sono stati redatti dalla Commissione e sono successivi all’adozione del regolamento comunitario sulle concentrazioni. A mio avviso, l’approccio del Tribunale nella presente causa lascia alquanto perplessi.

73.      Alla Commissione è stato chiesto, in udienza, se l’asserita ampia portata dell’(attuale) articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni i) fosse già presente nel regolamento comunitario sulle concentrazioni originario, adottato nel 1989; ii) sia stata aggiunta in sede di modifica di tale disposizione nel 1997; o iii) sia stata introdotta in sede di adozione del nuovo regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, nel 2004. La Commissione ha risposto, senza esitazione, che una siffatta portata così ampia era presente fin dall’inizio: vale a dire, fin dall’articolo 22, paragrafo 4, del regolamento comunitario sulle concentrazioni, quale adottato nel 1989. L’Autorità di vigilanza AELS ha adottato la stessa posizione (40).

74.      Se ciò è vero, mi sembra che, al fine di effettuare una valutazione storica del significato e della portata dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, i documenti successivi all’adozione, nel 1989, del regolamento comunitario sulle concentrazioni rivestano un’importanza minore rispetto a quelli che precedono l’adozione di detto regolamento. Non ritengo sia necessario spiegare il motivo per cui, al fine di dimostrare l’intenzione del legislatore, i documenti preparatori (intesi come i documenti utilizzati nel corso dell’elaborazione di una determinata disposizione) siano di regola più significativi rispetto ai documenti adottati ex post facto.

75.      A tale riguardo, ritengo inoltre che la sentenza impugnata sia contraddittoria. Al punto 115 di tale sentenza, il Tribunale ha rifiutato, per principio, di esaminare cinque documenti, redatti dalla Commissione e menzionati negli atti delle ricorrenti, i quali avrebbero dimostrato che, fino a tempi recenti, la Commissione stessa non interpretava l’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni nel modo proposto nel presente procedimento.

76.      Se tale disposizione era caratterizzata da un’ampia portata sin dall’adozione del regolamento comunitario sulle concentrazioni, nel 1989, per quale motivo il Tribunale ha preso in considerazione numerosi documenti redatti dopo il 1989, ma non quelli indicati dalle ricorrenti? Se, da un lato, la portata della disposizione è stata ampliata con l’adozione del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, nel 2004, per quale motivo il Tribunale non ha citato alcun documento del processo legislativo che ha condotto all’adozione di tale regolamento, e in particolare quelli redatti dall’istituzione che ha agito come legislatore unico, vale a dire il Consiglio? Questo mi conduce al prossimo punto.

77.      Infatti, è alquanto sorprendente che, per confermare l’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni sostenuta dalla Commissione, il Tribunale si sia basato unicamente su documenti redatti dalla Commissione stessa, senza citare alcun documento del Consiglio.

78.      Posso certamente concordare sul fatto che un documento ufficiale che espone il punto di vista della Commissione per quanto attiene al significato e alla portata di una determinata disposizione di un regolamento o di una direttiva rivesta un certo peso, soprattutto quando tale disposizione è stata inclusa nella proposta iniziale e non è stata oggetto di discussioni o di modifiche sostanziali nel corso del processo legislativo. Tuttavia, il punto di vista della Commissione non può essere considerato un fattore determinante ai fini dell’interpretazione, da parte della Corte, di tale disposizione. Ciò vale a fortiori allorché la disposizione sia stata aggiunta dal Consiglio in una fase relativamente avanzata del processo legislativo, a seguito di lunghe discussioni, come avviene nel caso dell’(attuale) articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.

79.      In questo contesto, reputo problematico il fatto che nessuno dei documenti citati nei punti da 96 a 117 della sentenza impugnata sia stato redatto dal Consiglio e/o sia precedente all’adozione del regolamento comunitario sulle concentrazioni, nel 1989.

ii)    Limiti della valutazione storica del Tribunale (II)

80.      In secondo luogo, i documenti storici sui quali si è basato il Tribunale non corroborano, di fatto, la conclusione che ne è tratta, per due ragioni: i) i passaggi citati nella sentenza impugnata sono irrilevanti ai fini della questione controversa, e ii) altri passaggi più pertinenti degli stessi documenti sono stati trascurati o la loro importanza è stata erroneamente minimizzata.

81.      Il Tribunale ha iniziato la sua valutazione storica della disposizione dichiarando che il «meccanismo di rinvio faceva seguito all’auspicio del Regno dei Paesi Bassi, il quale non disponeva all’epoca di un [sistema di controllo delle concentrazioni], di far esaminare dalla Commissione concentrazioni aventi effetti negativi nel suo territorio, a condizione che tali concentrazioni pregiudicassero parimenti il commercio tra Stati membri, ragion per cui detto meccanismo è stato denominato “clausola olandese”» (41). Esso ha poi fatto riferimento a una serie di documenti pertinenti, dai quali risulterebbe che i) il meccanismo di rinvio è generalmente considerato uno strumento utile, specialmente per gli Stati membri che non dispongono, al momento, di un sistema di controllo delle concentrazioni, ma il ricorso a tale meccanismo non è affatto riservato a tali Stati (42); ii) detto meccanismo è destinato a consentire agli Stati membri di chiedere alla Commissione di esaminare una concentrazione che presenta un effetto transfrontaliero in una situazione in cui le soglie previste all’articolo 1 del regolamento non sono raggiunte (43); iii) gli obiettivi di tale meccanismo sono stati successivamente estesi nel corso del tempo, al fine di permettere richieste di rinvio congiunte che avrebbero consentito di evitare notifiche multiple a livello nazionale, senza mettere in discussione il suo obiettivo iniziale (44); e iv) le modifiche apportate a tale disposizione dimostrano che la Commissione ha privilegiato un più ampio ricorso al meccanismo di rinvio (45).

82.      Tutte queste affermazioni del Tribunale sono, a mio avviso, corrette in termini fattuali. È una verità «lapalissiana» il fatto che l’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni si applica alle concentrazioni con effetti transfrontalieri che non raggiungono le soglie di cui all’articolo 1 di tale regolamento. Inoltre, è pacifico che il meccanismo di rinvio previsto all’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni può essere utilizzato sia dagli Stati membri non dotati di un sistema di controllo delle concentrazioni, sia dagli Stati membri dotati di detto sistema. Infine, non vi è dubbio che il meccanismo di rinvio sia stato modificato nel corso del tempo al fine di ampliarne gli obiettivi e di consentirne un uso il più frequente possibile.

83.      Tuttavia, nulla in tali constatazioni chiarisce, direttamente o indirettamente, la questione al centro del motivo di impugnazione in esame: ossia se l’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni permetta o meno agli Stati membri che dispongono di un sistema nazionale di controllo delle concentrazioni di rinviare casi che non rientrano in tale sistema.

84.      Pertanto, non soltanto i documenti menzionati nella sentenza impugnata hanno un valore persuasivo relativo, ma inoltre, a un esame più approfondito, le parti di tali documenti che sono citate non supportano affatto la conclusione finale che ne è tratta al punto 116 di tale sentenza. Le constatazioni del Tribunale sono, quindi, manifestamente irrilevanti.

iii) Limiti della valutazione storica del Tribunale (III)

85.      In terzo luogo, considerati nel loro insieme, gli stessi documenti menzionati nella sentenza impugnata sembrano contraddire le constatazioni del Tribunale e, quindi, corroborare l’interpretazione proposta dalle ricorrenti. Occorre sottolineare l’importanza di tale aspetto. Secondo una giurisprudenza costante della Corte di giustizia, i documenti sui quali il Tribunale si fonda devono essere letti integralmente per valutarne correttamente il valore probatorio. Estrapolare da un documento uno o più passaggi specifici, e poi dedurne conseguenze incompatibili con il contenuto effettivo del documento considerato nel suo insieme, costituisce un errore di diritto (46).

86.      Tali principi sono, a mio avviso, pertinenti nel presente contesto.

87.      Anzitutto, mi sorprende che il punto 99 della sentenza impugnata minimizzi l’importanza del passaggio contenuto nel libro verde del 2001, in cui si dichiara che, alla luce del fatto che, alla data dell’adozione di detto libro, solo il Granducato del Lussemburgo non disponeva di un sistema di controllo delle concentrazioni, «[i]n pratica, (…) il potenziale di applicazione dell’articolo 22, paragrafo 3 nella sua forma originale [era] molto limitato» (47). È vero che tale passaggio implica, come correttamente dichiarato dal Tribunale, che agli Stati membri diversi dal Lussemburgo non era precluso il ricorso all’articolo 22, paragrafo 3, del regolamento comunitario sulle concentrazioni (48). Tuttavia, lo ribadisco, non è questa la questione controversa. Infatti, tale passaggio suggerisce che, in ragione dei limiti al ricorso al meccanismo di rinvio da parte degli Stati membri dotati di un sistema di controllo delle concentrazioni, l’utilizzo pratico del meccanismo di rinvio si era ridotto nel corso del tempo. La maggior parte degli Stati membri aveva nel frattempo adottato un sistema nazionale di controllo delle concentrazioni e, di conseguenza, aveva un interesse più limitato, e meno opportunità, di rinviare un caso alla Commissione.

88.      Interpretato in tal senso, il passaggio in questione si inserisce perfettamente fra gli estratti dei documenti citati nei punti anteriori della sentenza impugnata e corrobora la posizione delle ricorrenti: il meccanismo di rinvio è stato concepito ed era considerato «specialmente» utile per gli Stati membri privi di un sistema di controllo delle concentrazioni. Se gli Stati membri dotati di un sistema di controllo delle concentrazioni avessero potuto rinviare qualsiasi caso di concentrazione, indipendentemente dal fatto che rientrasse o meno nei loro sistemi, l’utilizzo e l’utilità di tale meccanismo per detti Stati membri non sarebbero stati particolarmente pregiudicati dall’adozione di un regime nazionale e il meccanismo non sarebbe stato certamente «limitato».

89.      Inoltre, altri passaggi molto chiari e significativi dei documenti menzionati dal Tribunale non sono stati citati nella sentenza impugnata.

90.      Ad esempio, nel discutere i limiti del quadro normativo all’epoca in vigore e le opzioni disponibili per modificarlo al fine di includervi un maggior numero di concentrazioni con effetti transfrontalieri, il libro verde del 1996 non menziona l’asserita possibilità di sottoporre all’esame della Commissione concentrazioni che sfuggono ai sistemi nazionali di controllo delle concentrazioni ai sensi dell’articolo 22 del regolamento comunitario sulle concentrazioni. Infatti, tale disposizione è menzionata come una disposizione che concerne meramente la «ripartizione dei casi fra la Commissione e gli Stati membri». Il libro verde del 1996 si spinge fino a dichiarare che «[a]l disotto delle soglie previste [dal regolamento comunitario sulle concentrazioni], le operazioni di concentrazione sono soggette al controllo nazionale, se questo è previsto» (49).

91.      Inoltre, il libro verde del 2001 è persino più chiaro nel contraddire l’interpretazione data dal Tribunale all’articolo 22, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. In primo luogo, il documento indica che i suoi obiettivi («rafforzare l’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza alle operazioni che presentano effetti transfrontalieri, nonché il funzionamento dello “sportello unico”, e risolvere il problema delle notificazioni multiple») dovevano essere raggiunti garantendo che i casi che avessero dato luogo a notifiche multiple a livello nazionale potessero essere trattati dalla Commissione (50). Va da sé che i casi che danno luogo a notifiche multiple non sono quelli che si situano al di sotto delle soglie nazionali. Infatti, il documento menzionato faceva ampio riferimento a rinvii di casi oggetto di notifiche obbligatorie e/o volontarie a livello nazionale (51), ma non si rinviene alcuna indicazione del fatto che il meccanismo di rinvio potesse essere utilizzato anche per concentrazioni che non sono notificabili a livello nazionale (52).

92.      In secondo luogo, il libro verde del 2001 indicava che una delle ragioni dello scarso ricorso al meccanismo di rinvio di cui all’articolo 22 del regolamento comunitario sulle concentrazioni consisteva nelle «differenze tecniche che permangono tra le varie procedure nazionali relative al controllo delle concentrazioni, con particolare riferimento all’evento che determina la notificazione e alle norme relative ai termini per la notificazione» (53). Ovviamente, una considerazione di tal genere sarebbe stata priva di rilevanza se l’articolo 22 del regolamento comunitario sulle concentrazioni avesse permesso agli Stati membri di rinviare concentrazioni alla Commissione indipendentemente dal fatto che fosse stata presentata una notifica a livello nazionale (54). Analogamente, se il Tribunale avesse ragione, le dichiarazioni contenute nel libro verde del 2001, ai sensi delle quali era difficile aumentare l’operatività di rinvii congiunti ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3, del regolamento comunitario sulle concentrazioni, poiché ciò sarebbe dipeso dal conseguimento di un «grado sufficiente d’armonizzazione delle legislazioni nazionali», sarebbero inspiegabili (55).

93.      Per quanto riguarda la proposta della Commissione del 2003, il suo paragrafo 21 è formulato come segue: «[u]no degli obiettivi iniziali dell’articolo 22 [del regolamento comunitario sulle concentrazioni] era di dare agli Stati membri che non avevano una legislazione nazionale sul controllo delle concentrazioni la possibilità di affidare alla Commissione l’esame dei casi che avessero un’incidenza sul commercio tra Stati membri; oggi però solo il Lussemburgo si trova in questa condizione. Tuttavia la possibilità per un singolo Stato membro di rinviare un caso alla Commissione non dovrebbe essere totalmente esclusa» (56). Ciò lascia intendere che il ricorso unilaterale da parte degli Stati membri al meccanismo di rinvio, sebbene possibile, è stato considerato poco probabile. Presumibilmente, se l’articolo 22 del regolamento comunitario sulle concentrazioni avesse consentito agli Stati membri dotati di un sistema di controllo delle concentrazioni di rinviare anche casi che essi non potevano esaminare, il ricorso al meccanismo di rinvio non avrebbe potuto essere considerato poco probabile.

94.      Inoltre, i punti da 22 a 25 di tale proposta indicano altresì che il principale difetto delle disposizioni in materia di rinvio (articoli 9 e 22 del regolamento comunitario sulle concentrazioni) è che vi si poteva ricorrere solo dopo che la concentrazione fosse stata notificata alla Commissione o alle ANC, a seconda del caso. Inoltre, il punto 28 di tale documento precisa molto chiaramente che la possibilità per la Commissione di invitare gli Stati membri a presentare una richiesta di rinvio era limitata ai casi già notificati.

95.      Infine, il punto 133 del documento di lavoro dei servizi della Commissione del 2009 chiarisce quanto segue: i) lungi dall’essere una questione evidente, come sostenuto dalla Commissione, il fatto che agli Stati membri dotati di un sistema di controllo delle concentrazioni dovesse essere consentito il ricorso all’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni in riferimento a concentrazioni non rientranti nei loro sistemi era controverso, nonostante la formulazione della disposizione non sembrasse escluderlo, e la maggior parte degli Stati membri che aveva assunto una posizione su tale questione propendeva per una risposta in senso negativo (57); ii) alcuni portatori di interesse consultati (fra i quali le ANC), avevano persino messo in dubbio l’opportunità stessa di mantenere in vigore una disposizione quale l’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, poiché permettere a «uno Stato membro non competente di effettuare un rinvio o di aderire a un rinvio ai sensi dell’articolo 22» creava problemi a livello di prevedibilità, incertezza del diritto ed eccessiva durata delle procedure; e iii) poiché il motivo originario dell’esistenza dell’articolo 22 era divenuto quasi obsoleto, tale disposizione conservava un’utilità «nei casi in cui uno Stato membro, a seguito di un periodo di valutazione di un’operazione, giunga alla conclusione che un caso sarebbe valutato meglio dalla Commissione (58).

96.      Concludo pertanto nel senso che i documenti sui quali si basano i punti da 96 a 117 della sentenza impugnata non soltanto non supportano la conclusione che ne è stata tratta dal Tribunale, ma, letti integralmente, contraddicono, di fatto, tale conclusione.

iv)    Limiti della valutazione storica del Tribunale (IV)

97.      In quarto luogo, l’errore commesso dal Tribunale nel concludere che l’interpretazione storica dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni conferma la sua ampia portata diviene ancora più evidente se si esaminano altri documenti pertinenti, tra i quali, in particolare, taluni lavori preparatori, compresi quelli del Consiglio.

98.      I lavori preparatori mostrano alquanto chiaramente che, durante le discussioni e i negoziati che hanno condotto all’adozione del regolamento comunitario sulle concentrazioni da parte del Consiglio, nel 1989, alcuni dei temi più controversi riguardavano la definizione dell’ambito di applicazione materiale del regolamento e la sua articolazione con altre norme (comunitarie e nazionali) parimenti applicabili alle operazioni notificate ai sensi di tale regolamento. In particolare, sono sorte due questioni: l’applicazione del regolamento comunitario sulle concentrazioni doveva essere esclusiva oppure anche gli Stati membri potevano esaminare le concentrazioni notificate, in parallelo? L’applicazione del regolamento comunitario sulle concentrazioni avrebbe escluso a priori l’applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato CEE allora in vigore alla stessa operazione? (59).

99.      A tale riguardo, in sede di Consiglio è stato infine raggiunto un accordo, in base al quale la competenza della Commissione ai sensi del regolamento comunitario sulle concentrazioni doveva essere esclusiva e, di converso, le concentrazioni che non raggiungevano le soglie stabilite nel regolamento comunitario sulle concentrazioni dovevano essere esaminate soltanto dalle autorità nazionali (60). Inoltre, mentre non era possibile escludere l’applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato CEE (diritto primario) alle operazioni rientranti nel regolamento, era possibile limitare l’applicazione a dette operazioni della normativa di attuazione di tali disposizioni (61). Ciò ha condotto all’aggiunta di due paragrafi all’articolo 22 della proposta della Commissione (62).

100. Tale accordo in seno al Consiglio ha sollevato il problema dei vari Stati membri che, all’epoca, non disponevano di un sistema nazionale di controllo delle concentrazioni (tra i quali Belgio, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi): chi avrebbe esaminato le concentrazioni al di sotto delle soglie del regolamento comunitario sulle concentrazioni ma produttive di un impatto sui loro mercati nazionali? Da qui l’introduzione della «clausola olandese», che consentiva alla Commissione di «fare le veci» delle autorità nazionali e agire per loro conto, in via eccezionale, in assenza di una normativa in materia di controllo delle concentrazioni oppure ove tali autorità, a causa della loro poca esperienza o di risorse limitate, ritenessero che la Commissione si trovasse «in posizione migliore» per esaminare una concentrazione che era stata loro notificata.

101. Infatti, sia il Consiglio che la Commissione hanno ritenuto che si potesse «ragionevolmente presumere» che le concentrazioni al di sotto delle soglie del regolamento comunitario sulle concentrazioni avessero, in generale, un impatto sul commercio insufficiente a giustificare un esame a livello dell’Unione (63). Il Consiglio e la Commissione erano consapevoli del fatto che le soglie del regolamento comunitario sulle concentrazioni potevano essere basate su una molteplicità di valori e che tali valori potevano essere fissati a importi diversi (qualsiasi importo sarebbe equivalso necessariamente a una delega)  (64). Pertanto, a tutte le parti coinvolte nel processo legislativo, compreso il Commissario per la concorrenza dell’epoca (65), era ampiamente chiaro che, indipendentemente dal tipo e dall’importo delle soglie scelte, alcune concentrazioni suscettibili di incidere sul mercato comune sarebbero comunque sfuggite all’esame ex ante da parte della Commissione ai sensi del regolamento comunitario sulle concentrazioni (66). Tuttavia, ciò è stato considerato inevitabile per una serie di ragioni: in particolare, mantenere a un livello ragionevole il carico di lavoro della Commissione (67), garantire la certezza del diritto alle parti della concentrazione (68) e stabilire una ripartizione di competenze equilibrata e netta tra la Commissione e le autorità nazionali (69). In ogni caso, era chiaro che gli articoli 85 e 86 del Trattato CEE autorizzavano un intervento ex post per tutte le concentrazioni inferiori alle soglie (70).

102. Di fatto, non vi è un unico documento, nella vasta mole di lavori preparatori relativi alla versione originaria del regolamento comunitario sulle concentrazioni presentati dalle parti, che caratterizzi il meccanismo di rinvio previsto all’articolo 22, paragrafi da 3 a 5, del regolamento comunitario sulle concentrazioni come avente l’obiettivo «correttivo» menzionato dal Tribunale. Al fine di confermare tale punto, alla Commissione è stato chiesto, in udienza, di indicare un qualsiasi documento di tale genere, ma essa non è stata in grado di farlo. Ciò non sorprende, a mio avviso, poiché molte delle discussioni che si sono svolte all’interno del Consiglio in merito alla precisa formulazione di tale disposizione, come testimoniate dai lavori preparatori, diverrebbero incomprensibili se le concentrazioni al di sotto delle soglie nazionali potessero comunque essere esaminate in virtù del meccanismo di rinvio.

103. Lo stesso vale, mutatis mutandis, per le modifiche apportate al regolamento comunitario sulle concentrazioni nel 1997. Come indicato al precedente paragrafo 82, è vero che il legislatore dell’Unione ha inteso ampliare la portata del meccanismo di rinvio di cui all’articolo 22 del regolamento comunitario sulle concentrazioni. Tuttavia, nei lavori preparatori relativi alla revisione del regolamento non vi è alcuna indicazione del fatto che le modifiche perseguissero l’obiettivo di colmare lacune, come suggerito dal Tribunale. Di converso, l’obiettivo stesso del rafforzamento del sistema dello sportello unico, evitando notifiche multiple, si pone in contrasto con l’interpretazione dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni accolta dal Tribunale.

104. Infatti, rinvengo un elemento intrinsecamente paradossale nel fatto che il Tribunale faccia riferimento a un documento il quale chiarisce che la ratio della modifica dell’articolo 22 del regolamento comunitario sulle concentrazioni nel 1997 era quella di evitare notifiche multiple al fine di accogliere un’interpretazione di tale disposizione che, come spiegherò nel prosieguo (71), incoraggia, di fatto, le imprese che non sono tenute a effettuare alcuna notifica ai sensi delle normative dell’Unione e nazionali in materia di controllo delle concentrazioni a effettuare siffatte notifiche (potenzialmente, fino a 30 (72)), soltanto a fini precauzionali.

105. Inoltre, i documenti storici relativi all’adozione, nel 2004, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni non corroborano le conclusioni del Tribunale concernenti l’intenzione del legislatore dell’Unione di utilizzare il meccanismo di rinvio di cui all’articolo 22 per rimediare alle asserite carenze derivanti dalla rigidità delle soglie stabilite all’articolo 1 del regolamento (73). L’idea alla base delle modifiche apportate alle disposizioni dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni era il perseguimento dell’obiettivo di rafforzare la funzione di sportello unico del meccanismo di rinvio, evitando alle parti della concentrazione l’onere di effettuare notifiche multiple. La formulazione stessa delle modifiche lo testimonia alquanto chiaramente (74).

106. Infine, anche taluni documenti redatti dalla Commissione dopo l’adozione del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni forniscono indicazioni utili. Come indicato in precedenza, il loro valore interpretativo non può che essere relativo. Tuttavia, poiché lo stesso Tribunale si è basato unicamente su documenti della Commissione posteriori all’adozione del regolamento comunitario sulle concentrazioni, tali documenti aggiuntivi offrono un’immagine più completa, fornendo indicazioni interessanti sull’interpretazione dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni da parte della Commissione nel corso del tempo.

107. In particolare, nella comunicazione della Commissione sul rinvio in materia di concentrazioni, del 2005 (75), pubblicata a seguito dell’adozione del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, i rinvii ai sensi dell’articolo 22 di tale regolamento sono sistematicamente designati come rinvii «dopo la notificazione» (76). L’uso di tale espressione è difficilmente conciliabile con l’affermazione, ribadita a più riprese dalla Commissione, secondo cui quest’ultima avrebbe sempre interpretato tale disposizione nel senso che consente agli Stati membri di rinviare casi che si collocano al di sotto delle soglie fissate dal diritto nazionale. Inoltre, se si accettassero gli argomenti della Commissione, risulterebbe singolare il fatto che lo stesso documento non contenga alcun riferimento, nell’elenco delle «categorie di casi che normalmente meglio si prestano a formare oggetto di rinvio alla Commissione, a norma dell’articolo 22», a concentrazioni che danno luogo a gravi problemi di concorrenza e che non rientrano in alcun sistema di controllo delle concentrazioni all’interno dell’Unione (77). Presumibilmente, tale situazione avrebbe dovuto figurare al primo posto dell’elenco.

108. Analogamente, nel libro bianco del 2014, intitolato «Verso un controllo più efficace delle concentrazioni nell’UE», la Commissione ha proposto, in particolare, di «rendere il sistema di rinvio dei casi più efficace ed efficiente (...) modificando l’articolo 22 in modo da rafforzare il rispetto del principio dello sportello unico» (78). È interessante notare che le modifiche proposte all’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni prevedevano espressamente che soltanto gli Stati membri «competenti a esaminare un’operazione conformemente alla normativa nazionale» potessero chiedere un rinvio alla Commissione od opporsi ad esso (79). È lecito nutrire dubbi sul fatto che, mediante siffatte proposte, la Commissione intendesse circoscrivere la portata dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, poiché ciò contrasterebbe sia con l’obiettivo principale di rendere il sistema di controllo delle concentrazioni più efficace ed efficiente, sia con l’obiettivo più specifico di migliorare i meccanismi di rinvio, «sia prima che dopo la (...) notifica» (80) Osservo, per inciso, che anche in tale documento la Commissione ha fatto nuovamente riferimento al meccanismo di cui all’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni come a un rinvio «successivo alla notificazione» (81).

109. Infine, è di interesse anche la tabella di marcia della Commissione, del 2016, per la valutazione degli aspetti procedurali e giurisdizionali del controllo delle concentrazioni nell’Unione. In tale documento la Commissione esamina la possibilità di integrare le soglie di competenza esistenti, basate sul fatturato, con altre, basate su criteri alternativi, nonché la necessità di razionalizzare il sistema di rinvio. A mio avviso, non possono esservi due temi più strettamente connessi alla questione controversa in questa sede. È assolutamente eclatante il fatto che, in tale documento, non sia stata fatta alcuna menzione della portata asseritamente ampia dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Per inciso, anche tale documento caratterizza il sistema di rinvio come relativo alla «corretta ripartizione dei casi» e il rinvio da parte degli Stati membri alla Commissione come un meccanismo «successivo alla notificazione» (82).

110. La mia conclusione provvisoria è che un’interpretazione storica dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni supporta inequivocabilmente la conclusione che il Tribunale è incorso in un errore di diritto per quanto concerne il significato e la portata del meccanismo di rinvio in questione.

3)      Interpretazione contestuale dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni

111. Mi occuperò ora dei punti da 118 a 139 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale ha proceduto a un’interpretazione contestuale dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. A tal fine, il Tribunale ha preso in considerazione 12 elementi di contesto, contenuti in 5 disposizioni (o insiemi di disposizioni) del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Dopo aver esaminato tali elementi, il Tribunale è giunto alla conclusione che «dall’interpretazione contestuale risulta che una richiesta di rinvio ai sensi dell’articolo 22 del [regolamento dell’Unione sulle concentrazioni] può essere presentata indipendentemente dalla portata di una normativa nazionale in materia di controllo delle concentrazioni» (83).

112. Non condivido tale conclusione, per quattro ragioni distinte: i) le disposizioni del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni diverse dall’articolo 22 non confermano l’interpretazione accolta dal Tribunale, e ii) lo stesso vale per gli altri paragrafi e commi dell’articolo 22; iii) il Tribunale ha erroneamente minimizzato l’importanza di taluni elementi contestuali che, pur non essendo affatto decisivi, sembrano avere un certo peso se considerati in modo corretto; e iv) il Tribunale ha trascurato alcuni altri elementi contestuali che sembrano contraddire le sue conclusioni.

i)      Limiti della valutazione contestuale del Tribunale (I)

113. Il Tribunale ha iniziato la sua valutazione contestuale esaminando se la formulazione di disposizioni del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni diverse dall’articolo 22 potesse far luce sul significato e sulla portata dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, di tale regolamento. A tal fine, esso ha esaminato, anzitutto, quattro disposizioni (o insiemi di disposizioni) del regolamento.

114. In primo luogo, il Tribunale ha constatato che le basi giuridiche scelte dal legislatore dell’Unione (gli attuali articoli 103 e 352 TFUE) (84) ai fini dell’adozione, in un primo momento, del regolamento comunitario sulle concentrazioni e, in seguito, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, non fornivano alcuna indicazione sul significato e sulla portata corretti dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Esso ha quindi respinto la tesi della Illumina secondo cui le basi giuridiche sostenevano l’interpretazione di tale disposizione da essa proposta (85).

115. Tale conclusione è, a mio avviso, corretta. Sia dai preamboli del regolamento comunitario sulle concentrazioni e del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni (86) che dai lavori preparatori (87) si evince che il legislatore dell’Unione ha ritenuto che l’articolo 103 TFUE, il quale permette l’adozione della normativa necessaria «ai fini dell’applicazione dei principi contemplati dagli articoli 101 e 102 [TFUE]» fosse, considerato singolarmente, insufficiente al fine di istituire un sistema di controllo delle concentrazioni che mirasse a prevenire la mera creazione di posizioni dominanti (in contrapposizione allo sfruttamento abusivo di posizione dominante, vietato dall’articolo 102 TFUE), nonché a disciplinare le concentrazioni sul mercato dei prodotti agricoli che, ai sensi dell’articolo 38, paragrafo 3, TFUE e dell’allegato I del TFUE (88), potevano essere assoggettate a un regime giuridico specifico che includesse eccezioni alla piena applicazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza. Di conseguenza, il legislatore dell’Unione ha ritenuto necessario basare il regolamento anche sull’articolo 352 TFUE (89).

116. La questione se le basi giuridiche del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni possano essere pertinenti ai fini del tema di cui si tratta è stata anche oggetto di lunghe discussioni in udienza. La Commissione, da parte sua, ha sostenuto che la scelta del legislatore confermerebbe indirettamente la sua posizione, poiché l’articolo 352 TFUE è una disposizione idonea ad attribuire agli Stati membri una nuova competenza a chiedere alla Commissione di esaminare una determinata concentrazione, anche in assenza di una previsione in tal senso nel diritto nazionale. Tuttavia, indipendentemente dalla questione se l’articolo 352 TFUE possa essere interpretato in tal modo, in nessun documento storico ho rinvenuto indicazioni di una riflessione di tal genere da parte del legislatore. Come indicato in modo del tutto chiaro sia nel preambolo che nei lavori preparatori, la scelta della base giuridica da parte del legislatore non è stata influenzata dalla portata dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni (90).

117. In secondo luogo, il Tribunale ha fatto riferimento all’articolo 1, paragrafi 1 e 2, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, il quale fissa le soglie al di sopra delle quali una concentrazione è considerata di «dimensione comunitaria» (ed è quindi soggetta al regime di notifica obbligatoria) e chiarisce che tali soglie si applicano «fatti salvi l’articolo 4, paragrafo 5, e l’articolo 22». Dall’articolo 1, paragrafi 1 e 2, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni il Tribunale ha dedotto che «l’ambito di applicazione del [regolamento dell’Unione sulle concentrazioni] e, di conseguenza, la competenza di esame della Commissione relativa alle concentrazioni dipendono, in via principale, dal superamento delle soglie di fatturato che definiscono la dimensione europea e, in subordine, dai meccanismi di rinvio previsti all’articolo 4, paragrafo 5, e all’articolo 22 di tale regolamento, i quali integrano dette soglie autorizzando l’esame, da parte della Commissione, di talune concentrazioni che non hanno dimensione europea» (91).

118. Ribadisco che la conclusione del Tribunale a tale riguardo è del tutto corretta, e nessuna delle parti contesta che l’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni permetta alla Commissione di esaminare determinate concentrazioni che si collocano al di sotto delle soglie fissate all’articolo 1 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Tuttavia, la conclusione del Tribunale non fornisce alcuna indicazione sulla vera questione controversa: quali concentrazioni al di sotto delle soglie del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni possano essere esaminate dalla Commissione ai sensi dell’articolo 22 di tale regolamento.

119. In terzo luogo, il Tribunale ha preso in considerazione il testo dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Tale disposizione prevede un altro meccanismo di rinvio, che consente alle parti di una concentrazione che non ha dimensione comunitaria e che può essere esaminata a norma delle legislazioni nazionali sulla concorrenza di almeno tre Stati membri di richiedere l’esame di tale concentrazione da parte della Commissione. Come rilevato dal Tribunale, queste due disposizioni differiscono sensibilmente per quanto concerne le loro condizioni di applicazione e la loro finalità. Il Tribunale ha quindi rifiutato di interpretare l’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni alla luce del suo articolo 4, paragrafo 5 (92).

120. Per le ragioni esposte al precedente paragrafo 63, tale approccio mi sembra giustificato. A mio avviso, semplicemente, il testo dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni non è decisivo ai fini dell’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, di tale regolamento.

121. In quarto luogo, il Tribunale ha dichiarato che l’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni «non può essere interpretato alla luce dei meccanismi di rinvio previsti all’articolo 4, paragrafo 4, e all’articolo 9 di detto regolamento» (93). Le differenze nella formulazione di tali disposizioni dimostrerebbero, secondo il Tribunale, che tali meccanismi «non [sono] allineat[i]» e, di conseguenza, non se ne potrebbe trarre alcuna conclusione quanto al significato e alla portata dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni (94).

122. Anche in tal caso la constatazione del Tribunale è corretta: gli argomenti delle ricorrenti a tal riguardo non erano persuasivi. Allo stesso tempo, può essere utile aggiungere che tali disposizioni non supportano neppure gli argomenti della Commissione; infatti, esse non si pronunciano sulla questione controversa.

ii)    Limiti della valutazione contestuale del Tribunale (II)

123. Infine, ai punti da 130 a 138 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato il significato e la portata dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni alla luce degli altri paragrafi e commi di tale disposizione. A tal fine, il Tribunale ha preso in considerazione otto elementi contenuti nell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.

124. In primo luogo, a differenza di quanto dichiarato dal Tribunale (95), la formulazione dell’articolo 22, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, il quale prevede che la richiesta di rinvio debba essere presentata «al più tardi entro 15 giorni lavorativi dalla data in cui la concentrazione è stata notificata o, se non è prescritta la notificazione, resa nota in altro modo allo Stato membro interessato» (96) non significa che il suo primo comma «disciplin[i] (...) le situazioni in cui le concentrazioni non sono notificate, ma semplicemente rese note allo Stato membro interessato, o in quanto non rientrano nell’ambito di applicazione di detto sistema o in quanto un siffatto sistema non esiste» (97).

125. Il Tribunale ha trascurato il fatto evidente che i termini «resa nota» erano necessari affinché la disposizione svolgesse la sua funzione essenziale di «clausola olandese»: permettere agli Stati membri privi di un sistema nazionale di controllo delle concentrazioni di chiedere alla Commissione di esaminare le concentrazioni potenzialmente problematiche a livello nazionale.

126. Inoltre, il Tribunale ha ignorato le modifiche apportate nel corso del tempo all’articolo 22, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Nel regolamento comunitario sulle concentrazioni originario, tale disposizione si limitava a stabilire che la richiesta doveva aver luogo «entro (...) un mese dalla data in cui l’operazione di concentrazione è stata comunicata allo Stato membro o realizzata». Quando il regolamento comunitario sulle concentrazioni è stato modificato, nel 1997, tale disposizione recitava: «[l]a richiesta deve aver luogo entro (...) un mese dalla data in cui l’operazione di concentrazione è stata comunicata allo Stato membro o agli Stati membri che hanno presentato la richiesta congiunta o è stata realizzata». Infine, solo con l’adozione del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni tale disposizione è stata modificata in modo da includervi anche un riferimento alla data in cui la concentrazione è stata «notificata» (98).

127. Cosa possiamo dedurre da tali modifiche? A mio avviso, esse confermano chiaramente quanto evidenziato dall’analisi dei lavori preparatori: i) l’articolo 22 del regolamento comunitario sulle concentrazioni originario è stato concepito per disciplinare i rinvii da parte di Stati membri privi di un sistema di controllo delle concentrazioni (ciò spiega l’assenza di qualsiasi riferimento a notifiche); ii) l’articolo 22 del regolamento comunitario sulle concentrazioni è stato modificato nel 1997 per consentire un rinvio da parte di più Stati membri, al fine di evitare notifiche multiple, nel caso in cui la Commissione fosse considerata l’autorità nella posizione migliore per decidere (per questo motivo è stato introdotto un riferimento a richieste congiunte); e iii) l’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni ha consolidato l’acquis dell’articolo 22 e rafforzato la funzione di sportello unico di tale disposizione (e ciò spiega l’introduzione del riferimento a notifiche) (99). Di conseguenza, a mio avviso, la conclusione del Tribunale basata sul testo dell’articolo 22, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni non è corretta.

128. In secondo luogo, il Tribunale ha dichiarato che le ricorrenti non potevano fondarsi sulla formulazione dell’articolo 22, paragrafo 2, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, il quale impone alla Commissione di informare «le autorità competenti degli Stati membri» della richiesta di rinvio. Tale riferimento è generico e non implica che sia stata effettuata una notifica a livello nazionale o, comunque, che detta notifica sia possibile (100).

129. Concordo, in parte, con il Tribunale. Considerato isolatamente, tale elemento non risulta determinante al fine di stabilire il significato e la portata dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Tuttavia, come spiegherò ai paragrafi da 152 a 162 delle presenti conclusioni, la disposizione di cui trattasi non è priva di qualsiasi significato allorché valutata in combinato disposto con altre disposizioni pertinenti.

130.  In terzo luogo, il Tribunale ha statuito che l’articolo 22, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, a norma del quale «[t]utti gli altri Stati membri hanno facoltà di aderire alla richiesta iniziale [di rinvio]» è «coerente con il suo paragrafo 1 e conferma che qualsiasi Stato membro può presentare una richiesta di rinvio o di adesione ai sensi di tale articolo, indipendentemente dalla portata della sua normativa nazionale in materia di controllo delle concentrazioni» (101).

131. Non si può negare che si tratti di un elemento che, come dichiarato dal Tribunale, sembra corroborare la posizione della Commissione. Tuttavia, il valore persuasivo di tale elemento è alquanto limitato, e ciò per i seguenti quattro motivi.

–        Anzitutto, come rilevato dallo stesso Tribunale, la formulazione dell’articolo 22, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni è simile a quella dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, di tale regolamento. Tenuto conto del legame stretto e intrinseco tra le due disposizioni (che disciplinano, rispettivamente, i soggetti che possono presentare una richiesta e quelli che possono presentare una richiesta congiunta), ciò è alquanto logico. Non sorprende, quindi, che entrambe le disposizioni contengano termini similmente incondizionati. Tuttavia, poiché la prima disposizione è asseritamente non chiara, è difficile ritenere che l’equivalente formulazione della seconda fornisca orientamenti affidabili sul significato della prima.

–        La formulazione dell’articolo 22, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni non è chiara anche per un altro motivo. Infatti, il considerando 15 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, che riguarda l’articolo 22 di tale regolamento, dichiara che «[g]li altri Stati membri altresì competenti per esaminare la concentrazione dovrebbero avere la facoltà di aderire alla richiesta [di rinvio]» (102). Questo considerando dà come minimo adito a dubbi quanto all’interpretazione, da parte del Tribunale, dell’articolo 22, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, poiché suggerisce che gli Stati membri che effettuano il rinvio debbano essere competenti.

–        Inoltre, anche qualora si concordi con l’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni accolta dal Tribunale, ciò non creerebbe alcuna incongruenza rispetto all’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, di tale regolamento proposta dalle ricorrenti. La Commissione acquisisce una potenziale competenza a esaminare una concentrazione che si colloca al di sotto delle soglie di cui all’articolo 1 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni allorché uno Stato membro competente presenta una richiesta di rinvio ai sensi dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Pertanto, quando uno o più Stati membri aderiscono a una richiesta di rinvio di un altro Stato membro (validamente presentata), la concentrazione è già entrata nell’ambito di applicazione del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Non è pertanto problematico né anomalo il fatto che qualsiasi Stato membro possa aderire a una richiesta di tal genere.

–        Infine, il fatto che uno o più Stati membri aderiscano (ab initio o successivamente) a una richiesta di rinvio (validamente) presentata o in corso di presentazione da parte di un altro Stato membro non ha alcuna conseguenza negativa per le imprese interessate in termini di certezza del diritto e di prevedibilità delle procedure (103). Ciò si pone in forte contrasto con le conseguenze che deriverebbero, a tal riguardo, dall’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni nel modo suggerito dalla Commissione (104).

132. In quarto luogo, il Tribunale ha statuito che il fatto che, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, «[t]utti i termini nazionali relativi alla concentrazione in questione sono sospesi», non corroborava l’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 2, primo comma, di tale regolamento proposta dalla ricorrente (105).

133. Anche su tale punto condivido la conclusione immediata che ne ha tratto il Tribunale: l’articolo 22, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, considerato di per sé, non chiarisce affatto la portata dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, di tale regolamento (106).

134. In quinto luogo, il Tribunale ha esaminato la formulazione dell’articolo 22, paragrafo 3, terzo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, ai sensi del quale «[l]o Stato o gli Stati membri che hanno presentato la richiesta alla Commissione si astengono dall’applicare ulteriormente alla concentrazione la loro legislazione nazionale sulla concorrenza». A tale riguardo, il Tribunale ha statuito che siffatta disposizione non supporta gli argomenti delle ricorrenti: le legislazioni nazionali in questione comprendono anche le disposizioni nazionali in materia di accordi anticoncorrenziali e di abuso di posizione dominante (107).

135. A tal riguardo, condivido pienamente la valutazione del Tribunale. Infatti, l’articolo 22, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni non supporta l’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, di tale regolamento dedotta dalle ricorrenti (e, allo stesso modo, quella proposta dalla Commissione).

136. In sesto luogo, il Tribunale ha esaminato l’articolo 22, paragrafo 4, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, ai sensi del quale, quando la Commissione accetta di esaminare una concentrazione oggetto di rinvio, si applicano l’articolo 2, l’articolo 4, paragrafi 2 e 3, e gli articoli 5, 6 e da 8 a 21 di tale regolamento, mentre l’articolo 7 si applica «nella misura in cui l’operazione di concentrazione non è stata realizzata alla data nella quale la Commissione informa le imprese interessate che la richiesta è stata presentata». Dalla formulazione di tale disposizione la Commissione deduce che l’obbligo di sospensione contenuto nell’articolo 7 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni disciplina «tanto le situazioni in cui la concentrazione oggetto della richiesta di rinvio non rientra (...) nell’ambito di applicazione di alcuna normativa nazionale, quanto quelle in cui una siffatta normativa è applicabile ma non prevede la sua sospensione» (108).

137. La deduzione del Tribunale lascia perplessi. Considerata alla lettera, essa è corretta (109). Tuttavia, è anche irrilevante ai fini della questione di cui discute in questa sede. Di conseguenza, intendo la deduzione del Tribunale nel senso che l’obbligo di sospensione previsto all’articolo 7 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni è applicabile anche alle concentrazioni che non rientrano nel sistema nazionale di controllo delle concentrazioni dello Stato membro che presenta la richiesta.

138. Tuttavia, sembra esservi una lacuna nel ragionamento del Tribunale: infatti, non è immediatamente evidente il modo in cui tale deduzione discenda dalla formulazione dell’articolo 22, paragrafo 4, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. In ogni caso, ritengo che tale deduzione sia errata.

139. L’articolo 22, paragrafo 4, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni rende applicabile l’obbligo di sospensione a tutte le concentrazioni per le quali è stata presentata una richiesta di rinvio, al fine di garantire l’efficacia del sistema di controllo e di evitare che si verifichino distorsioni della concorrenza prima che la Commissione decida se esaminerà o meno il caso.

140. Il fatto che l’obbligo di sospensione si applichi solo nella misura in cui «l’operazione di concentrazione non è stata realizzata alla data nella quale la Commissione informa le imprese interessate che la richiesta è stata presentata» è la conseguenza inevitabile del fatto che la concentrazione in relazione alla quale è stata presentata una richiesta di rinvio possa essere stata (legittimamente) realizzata prima della presentazione della richiesta. Vi sono diverse ragioni per cui ciò è possibile. In particolare, la richiesta di rinvio può provenire da uno Stato membro (o da uno Stato SEE/AELS) (110): i) che non dispone di un sistema di controllo delle concentrazioni; ii) che dispone di un sistema di controllo delle concentrazioni che non prevede un obbligo di sospensione (111); e iii) in cui l’obbligo di sospensione, benché esistente, non era applicabile nel caso concreto. Su quest’ultimo punto, è certamente importante osservare che la portata degli obblighi di sospensione, comprese le esenzioni e le eventuali deroghe a detti obblighi, nonché la durata dei periodi di attesa applicabili, variano da uno Stato membro all’altro (112).

141. La conclusione del Tribunale relativa all’articolo 7 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni costituisce, quindi, un non sequitur. A mio avviso, l’articolo 22, paragrafo 4, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni non chiarisce la corretta interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, di tale regolamento.

142. In settimo luogo, il Tribunale ha sottolineato che, conformemente all’articolo 22, paragrafo 5, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, «[l]a Commissione può informare uno o più Stati membri che ritiene che una concentrazione soddisfi i criteri di cui al paragrafo 1 [di tale articolo]». Poiché tale formulazione si riferisce soltanto ai criteri in questione, che sembrano essere tassativi, il Tribunale ha ritenuto che la disposizione di cui trattasi non esiga che la concentrazione rientri nell’ambito di applicazione di una normativa nazionale in materia di controllo delle concentrazioni (113).

143. A mio avviso, il Tribunale procede a una lettura troppo ampia di tale disposizione. L’articolo 22, paragrafo 5, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni integra l’articolo 22, paragrafo 1, di tale regolamento: il meccanismo di rinvio in questione può essere avviato da uno o più Stati membri, ma anche dalla Commissione, dovendo essere soddisfatte, in entrambi i casi, le due condizioni sostanziali imposte dall’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, il che spiega il motivo per cui il linguaggio utilizzato nelle due disposizioni è molto simile. Sarebbe di fatto singolare se l’articolo 22, paragrafo 5, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni fosse più dettagliato o presentasse differenze significative rispetto all’articolo 22, paragrafo 1, di tale regolamento. Pertanto, come ho indicato al precedente paragrafo 131, una siffatta disposizione difficilmente può essere utilizzata come fonte affidabile ai fini dell’interpretazione contestuale della disposizione di cui riflette la formulazione.

144. Inoltre, anche se si dovesse considerare rilevante la formulazione dell’articolo 22, paragrafo 5, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, rinvengo perlomeno altre due spiegazioni per siffatta formulazione: non soltanto esse non supportano la posizione della Commissione, ma possono addirittura essere considerate favorevoli alla posizione delle ricorrenti.

145. Una di queste spiegazione diviene evidente se si concentra l’attenzione sul punto 110 della sentenza impugnata. In tale passaggio, il Tribunale ha rilevato che, in una causa precedente (in prosieguo la «causa Kesko»), esso aveva già dichiarato che «non spettava alla Commissione decidere sulla competenza di un’autorità nazionale garante della concorrenza a presentare una richiesta di rinvio ai sensi dell’articolo 22 del [regolamento dell’Unione sulle concentrazioni], ma che le spettava solamente verificare se tale richiesta fosse, a prima vista, quella di uno Stato membro» (114). Tale conclusione è corretta nel senso che la questione se una determinata concentrazione possa essere notificata ai sensi del diritto nazionale non è una questione di diritto dell’Unione, bensì di diritto nazionale. Pertanto, non può spettare alla Commissione informare uno Stato membro ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 5, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni del fatto che, a suo avviso, sono soddisfatte non soltanto le condizioni sostanziali per il rinvio, ma anche le soglie nazionali.

146. Un’altra spiegazione discende dall’assenza di qualsivoglia indicazione, nell’articolo 22, paragrafo 5, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, concernente i criteri che la Commissione dovrebbe utilizzare per individuare «uno o più Stati membri» che, ai sensi di tale disposizione, essa può contattare per invitarli a presentare una richiesta. Si tratta degli Stati membri sul cui territorio la concorrenza può essere pregiudicata? In caso affermativo, la Commissione può scegliere liberamente soltanto alcuni di essi (e sulla base di quali criteri?) o è tenuta a trattarli in modo uguale? La formulazione di tale disposizione potrebbe, a prima vista, apparire un poco ambigua a tal riguardo. O forse no. Si potrebbe sostenere che la Commissione dispone di un’ampia discrezionalità in materia poiché, in particolare, essa può essere tenuta a considerare, in ciascun caso concreto, quali Stati membri siano prima facie competenti a presentare una richiesta di rinvio e quali non lo siano.

147. Di conseguenza, sono dell’avviso che neppure l’articolo 22, paragrafo 5, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni sia di ausilio ai fini di determinare la natura e la portata dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma di tale regolamento.

148. Infine, il Tribunale ha statuito che le altre disposizioni dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni «non contengono alcun elemento rilevante che possa contribuire a chiarire ulteriormente il contenuto dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, di detto regolamento». (115) Come spiegherò nelle prossime sezioni delle presenti conclusioni, non condivido quest’ultima conclusione.

149. Sulla base dei vari elementi contestuali sopra illustrati, il Tribunale è giunto alla conclusione che un’interpretazione contestuale dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni conferma che una richiesta di rinvio ai sensi dell’articolo 22 di tale regolamento può essere presentata indipendentemente dalla portata delle norme nazionali in materia di controllo delle concentrazioni. Tuttavia, come ho spiegato, una siffatta conclusione non deriva dall’analisi contestuale effettuata dal Tribunale. In tale analisi, il Tribunale si è basato, nel complesso, su 12 elementi contestuali. Degli elementi esaminati:

–        7 sono, ad avviso del Tribunale stesso, irrilevanti ai fini dell’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Infatti, essi sono stati esaminati principalmente per respingere alcuni argomenti delle ricorrenti. Il Tribunale non ha dichiarato (e neppure suggerito) che tali elementi possano suffragare la posizione della Commissione; e

–        1 elemento è stato menzionato dal Tribunale al fine di corroborare un punto che, tuttavia, non è controverso e, per di più, non fornisce alcuna indicazione per quanto concerne l’interpretazione controversa.

150. Di conseguenza, anche volendo accogliere interamente il ragionamento del Tribunale, quod non, la sua conclusione sarebbe fondata soltanto su quattro elementi contestuali. Tuttavia, tre di questi elementi, come è stato spiegato, sono stati valutati erroneamente, e uno di essi, effettivamente favorevole alla posizione della Commissione, non risulta particolarmente persuasivo.

151. Inoltre, reputo problematica l’analisi contestuale effettuata nella sentenza impugnata per altre due ragioni: i) il Tribunale ha erroneamente escluso la rilevanza di taluni elementi contestuali che, sebbene nient’affatto decisivi, possiedono un valore indicativo ove correttamente considerati; e ii) il Tribunale ha trascurato altri elementi contestuali che sembrano contraddire le sue conclusioni.

iii) Limiti della valutazione contestuale del Tribunale (III)

152. Anzitutto, a mio avviso, taluni elementi contestuali la cui rilevanza il Tribunale ha escluso (116), acquisiscono un certo valore ermeneutico ove si tengano debitamente in considerazioni due aspetti trascurati dal Tribunale: il loro collegamento e il fattore tempo.

153. Mi spiego. Gli elementi ai quali mi riferisco sono disposizioni e considerando del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni che, se esaminati isolatamente, possono sembrare non particolarmente significativi ai fini dell’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, di tale regolamento. Tuttavia, in realtà, facendo un passo indietro ed esaminando congiuntamente tali disposizioni, tenendo conto del momento e delle ragioni della loro introduzione nel regolamento, si possono effettivamente trarre alcune indicazioni utili.

154. In primo grado, le ricorrenti si sono fondate su una serie di disposizioni e di considerando del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni i quali sembrano basarsi sulla premessa che i) la concentrazione oggetto di rinvio ai sensi dell’articolo 22 di tale regolamento sia stata notificata o fosse suscettibile di essere notificata a livello nazionale (117); ii) detta concentrazione debba in ogni caso essere esaminata da un’autorità, anche nel caso in cui la Commissione decida di non esaminarla (118); o iii) le autorità nazionali che effettuano il rinvio debbano essere competenti a esaminare la concentrazione. Quest’ultimo punto merita una breve spiegazione.

155. Come già menzionato, l’articolo 22, paragrafo 2, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni impone alla Commissione di «informa[re (...) le autorità competenti degli Stati membri e le imprese interessate di qualsiasi richiesta [di rinvio] ricevuta». Al pari del Tribunale, anch’io sono incline a interpretare i termini «autorità competenti» come riferiti alle autorità generalmente competenti in materia di concentrazioni, anziché alle autorità competenti a esaminare una determinata concentrazione ai sensi del diritto nazionale.

156. Tuttavia, questa interpretazione è messa in discussione, come menzionato al precedente paragrafo 131, dal considerando 15 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, un considerando che si occupa precisamente del meccanismo di rinvio in questione e, più specificamente, delle condizioni che devono essere soddisfatte ai fini del suo utilizzo ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Tale considerando recita quanto segue: «[u]no Stato membro dovrebbe poter rinviare alla Commissione una concentrazione che non ha dimensione comunitaria ma che incide sul commercio tra Stati membri e rischia di incidere in misura significativa sulla concorrenza all’interno del suo territorio. Gli altri Stati membri altresì competenti per esaminare la concentrazione dovrebbero avere la facoltà di aderire alla richiesta» (119). Mi chiedo se la formulazione di tale considerando non indichi, come sostenuto dalle ricorrenti, che lo Stato membro che effettua il rinvio debba essere competente, ai sensi del diritto nazionale, a esaminare la concentrazione in questione.

157. Il Tribunale ha trattato in modo sbrigativo gli argomenti delle ricorrenti: tali disposizioni e considerando non possono essere interpretati nel senso che, per essere oggetto di rinvio, una determinata concentrazione deve essere notificata o notificabile nello Stato membro che attiva il meccanismo (120). Ciò è chiaramente corretto. È quasi superfluo ribadire che il meccanismo di cui all’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni può essere utilizzato dagli Stati membri che non possiedono un sistema nazionale di controllo delle concentrazioni e, infatti, è stato concepito principalmente a loro beneficio.

158. In un certo senso, tuttavia, è troppo semplicistico interrompere l’analisi giuridica a questo punto, come ha fatto il Tribunale. Analogamente, ritengo sorprendente il fatto che neanche la Commissione abbia insistito sul tenore letterale di tali disposizioni nelle sue osservazioni, tenuto conto della grande importanza che essa attribuisce all’interpretazione testuale nel contesto della presente causa.

159. Non ci si può che chiedere, in tale contesto, se non vi sia una certa incoerenza negli argomenti dedotti dalla Commissione e nella motivazione della sentenza impugnata. Entrambi si basano ampiamente sul tenore letterale (asseritamente chiaro) di determinate disposizioni e trascurano poi quanto sembra discendere dal tenore letterale (asseritamente chiaro) di altre disposizioni, per il semplice fatto che non può essere conciliato con l’interpretazione data alle prime. A mio avviso, ignorare le indicazioni fornite da talune disposizioni a motivo del fatto che dette indicazioni non si adattano alla conclusione provvisoria precedentemente raggiunta non costituisce un’interpretazione contestuale accurata. Assomiglia di più a un ragionamento circolare.

160. Un interprete più prudente avrebbe dovuto, a mio avviso, interrogarsi sul motivo per cui alcune disposizioni e considerando del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni potrebbero non significare ciò che la loro formulazione suggerisce. A mio avviso, la ragione dell’idiosincrasia di tali considerando e disposizioni risiede nel fatto che nessuno di essi è stato incluso, nel 1989, nel regolamento comunitario sulle concentrazioni originario. Sono stati tutti introdotti successivamente, quando il regolamento comunitario sulle concentrazioni, dopo essere stato modificato su questo aspetto nel 1997, è stato infine abrogato dal regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.

161. Poiché questo punto è già stato oggetto di un esame approfondito, non è necessario dilungarsi nuovamente su di esso. Il regolamento dell’Unione sulle concentrazioni mirava a sviluppare l’obiettivo dello «sportello unico» del meccanismo di rinvio. Pertanto, poiché tale obiettivo riguarda soltanto le operazioni di concentrazione notificate o notificabili, è alquanto evidente che la formulazione delle disposizioni e dei considerando in parola è stata redatta tenendo presente tali operazioni.

162. In quest’ottica, la formulazione di tali disposizioni e considerando ha perfettamente senso ed è coerente con il resto del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Di conseguenza, anche questi elementi contestuali suggeriscono che l’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni non è mai stato destinato a permettere agli Stati membri di rinviare alla Commissione concentrazioni che si collocano al di sotto delle soglie nazionali. Se così non fosse, probabilmente essi sarebbero stati redatti in modo diverso. Utilizzando un altro adagio inglese, direi che, per quanto concerne queste disposizioni e considerando, il Tribunale «could not see the wood for the trees» (non è riuscito a vedere la foresta a causa degli alberi).

iv)    Limiti della valutazione contestuale del Tribunale (IV)

163. Inoltre, il Tribunale ha ignorato altri aspetti del contesto giuridico che, a mio avviso, sembrano parimenti supportare l’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni sostenuta dalle ricorrenti.

164. Anche su questo punto posso essere breve. Infatti, ho già menzionato alcuni di questi elementi nei precedenti passaggi delle presenti conclusioni.

165. Anzitutto, il considerando 15, in fine, indica che, in forza dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, la Commissione acquisisce il «potere di esaminare e trattare un caso di concentrazione per conto di uno o più Stati membri richiedenti» (121). La formulazione di tale considerando è difficilmente conciliabile con una disposizione che, secondo la Commissione e il Tribunale, attribuisce alla Commissione la competenza a esaminare talune concentrazioni che incidono sulla concorrenza nel mercato interno. Se il problema è nel mercato interno, per quale motivo la Commissione dovrebbe agire nell’interesse, in vece o in nome (122) di un’autorità nazionale, a fortiori di un’autorità che non è competente a esaminare la concentrazione di cui trattasi?

166. I miei dubbi sul punto sono aggravati dalla formulazione dell’articolo 22, paragrafo 5, del regolamento comunitario sulle concentrazioni originario, il quale era così formulato: «[l]a Commissione adotta, in applicazione del paragrafo 3, solo le misure strettamente necessarie per preservare o ripristinare una concorrenza effettiva nel territorio dello Stato membro, in base alla cui richiesta essa è intervenuta» (123). La limitazione espressa dei poteri conferiti alla Commissione in tali circostanze (124) dimostra, a mio avviso inequivocabilmente, che l’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni non era destinato a svolgere l’ampia funzione correttiva ad esso attribuita dal Tribunale.

167. È interessante notare anche il fatto che, nella sentenza impugnata, non è stato fatto riferimento all’articolo 1, paragrafi 4 e 5, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, il quale prevede una procedura semplificata (125) per permettere al Consiglio, su proposta della Commissione, di «riesaminare le soglie e i criteri» che, ai sensi di tale disposizione, definiscono l’ambito di applicazione del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni (126). È importante notare che tale disposizione menziona non soltanto le «soglie» (vale a dire le soglie di fatturato), ma anche i «criteri». Ciò significa che il legislatore dell’Unione può, ove lo ritenga necessario, decidere di sostituire o integrare le soglie di fatturato con criteri basati su altri tipi di valori (ad esempio, il prezzo pagato dall’acquirente, il valore dell’operazione, le quote di mercato, la quota dell’offerta, il valore degli attivi locali da trasferire, il potenziale impatto sui mercati interessati, ecc...). Esiste quindi un meccanismo correttivo integrato nel regolamento dell’Unione sulle concentrazioni che consente un rapido adeguamento dell’ambito di applicazione di tale regolamento qualora i criteri di competenza in uso si rivelino non più idonei, a causa degli sviluppi del mercato, a includere concentrazioni potenzialmente pregiudizievoli.

168. Concordo con la Commissione sul fatto che, considerato di per sé, il valore ermeneutico di tale elemento non dovrebbe essere sovrastimato. Tuttavia, esso fa sorgere interrogativi quanto alla necessità che sia presente, nel regolamento, un meccanismo correttivo ad hoc come quello prospettato dal Tribunale. Inoltre, questo elemento contestuale diviene molto più rilevante per l’interprete quando esaminato in una prospettiva differente.

169. Occorre tenere a mente che una disposizione analoga all’articolo 1, paragrafi 4 e 5, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni era già presente nel regolamento comunitario sulle concentrazioni originario e che, in quest’ultimo, il collegamento fra il meccanismo di adeguamento delle soglie e il meccanismo di rinvio era diretto ed esplicito. È interessante notare che il meccanismo di rinvio previsto, all’epoca, dall’articolo 22, paragrafi da 3 a 5, del regolamento comunitario sulle concentrazioni era stato inizialmente concepito come un meccanismo temporaneo. Infatti, l’articolo 22, paragrafo 6, del regolamento comunitario sulle concentrazioni prevedeva che «[i] paragrafi 3, 4 e 5 continuano ad essere applicati finché le soglie di cui all’articolo 1, paragrafo 2 non siano state rivedute». Ciò significa che il legislatore dell’Unione riteneva, nel 1989, che il meccanismo di rinvio fosse destinato a diventare obsoleto una volta che l’esperienza «sul campo» avesse permesso di effettuare gli adeguamenti necessari alle soglie di fatturato (127). Ovviamente, siffatta considerazione sarebbe stata del tutto priva di significato se il meccanismo di rinvio fosse stato destinato, come sostenuto dalla Commissione, a includere anche concentrazioni al di sotto delle soglie nazionali: la sua utilità non sarebbe stata affatto pregiudicata da eventuali modifiche delle soglie di cui al regolamento comunitario sulle concentrazioni. A fortiori, se il meccanismo di rinvio fosse stato destinato a includere concentrazioni al di sotto delle soglie nazionali, per quale motivo renderlo temporaneo?

170. La mia conclusione provvisoria è che, nel complesso, un’interpretazione contestuale dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni supporta anche la conclusione che il Tribunale è incorso in un errore di diritto per quanto concerne il significato e la portata del meccanismo di rinvio in questione. Infatti, sebbene vi siano elementi a favore di entrambe le tesi, quelli che suggeriscono che tale disposizione abbia una portata più limitata sono molto più numerosi e rilevanti rispetto a quelli che inducono a propendere per una portata più ampia.

4)      Interpretazione teleologica dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni

171. In seguito, ai punti da 140 a 151 della sentenza impugnata, il Tribunale ha proceduto a un’interpretazione teleologica dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, concentrandosi principalmente sulla formulazione del preambolo. In particolare, ha sottolineato che, come risulta dai considerando 5, 6, 8, 24 e 25 di tale regolamento, l’obiettivo di quest’ultimo è «consentire un controllo efficace di tutte le concentrazioni aventi effetti significativi sulla struttura della concorrenza nell’Unione». Il Tribunale ha altresì sottolineato che, al considerando 11, i meccanismi di rinvio sono denominati «meccanism[i] correttiv[i]», il che suggerisce che essi danno luogo a «una competenza sussidiaria della Commissione che le conferisce la flessibilità necessaria per conseguire l’obiettivo di tale regolamento». Su tale base, esso ha concluso che «l’interpretazione teleologica conferma che una richiesta di rinvio ai sensi dell’articolo 22 del [regolamento dell’Unione sulle concentrazioni] può essere presentata indipendentemente dalla portata di una normativa nazionale in materia di controllo delle concentrazioni».

172. Mi trovo in disaccordo, nuovamente, con l’opinione del Tribunale. Per spiegare il motivo, tenterò di affrontare due questioni che, nel presente contesto, chiariscono il significato e la portata dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. In primo luogo, quali sono gli obiettivi specifici di tale disposizione? In secondo luogo, l’obiettivo asseritamente perseguito da tale disposizione, consistente nel colmare lacune, è conforme agli obiettivi generali del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni?

i)      Limiti della valutazione teleologica del Tribunale (I)

173. La risposta alla prima questione risulta, in questa fase della mia analisi, chiara parzialmente. Infatti, sia una valutazione storica che una valutazione contestuale del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni hanno rivelato due obiettivi indubbiamente perseguiti dal meccanismo di rinvio di cui all’articolo 22 di tale regolamento. Il primo obiettivo, che ha indotto a includere il meccanismo di rinvio nel regolamento comunitario sulle concentrazioni originario (la «clausola olandese») consisteva nel permettere l’esame di concentrazioni suscettibili di falsare la concorrenza a livello locale nei casi in cui lo Stato membro in questione non disponesse di un sistema nazionale di controllo delle concentrazioni. Il secondo obiettivo, introdotto con la revisione del regolamento comunitario sulle concentrazioni nel 1997, e poi rafforzato con l’adozione del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, è l’obiettivo dello «sportello unico»: permettere l’esame da parte della Commissione di una concentrazione notificata o notificabile in vari Stati membri, al fine di evitare notifiche multiple a livello nazionale.

174. Il primo obiettivo non risulta evidente dalla formulazione del preambolo del regolamento comunitario sulle concentrazioni originario. Tuttavia, il fatto che il meccanismo di rinvio sia stato inizialmente istituito per perseguire tale obiettivo è stato accertato dal Tribunale ed è pacifico tra le parti. In ogni caso, l’assenza di qualsiasi riferimento a tale obiettivo nel preambolo del regolamento comunitario sulle concentrazioni non sorprende, poiché, come già spiegato, la sua portata e il suo significato erano originariamente destinati ad essere assai limitati. Infatti, inizialmente, esso doveva trovare applicazione soltanto temporaneamente, vale a dire fino a quando le soglie di fatturato non fossero state adeguate, e in via eccezionale, dato il suo ambito di applicazione ristretto, come espressamente dichiarato dal Commissario per la concorrenza dell’epoca (128).

175. Di converso, il secondo obiettivo è menzionato espressamente (e con enfasi) nel preambolo sia del regolamento del 1997 che del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni (129). Neppure ciò sorprende, considerata l’importanza delle modifiche apportate al meccanismo di rinvio in questione.

176. Devo ora occuparmi della questione se possa essere individuato un terzo obiettivo asseritamente perseguito dall’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, quello consistente nel colmare lacune, che permetterebbe il controllo di concentrazioni che si collocano al di sotto tanto delle soglie dell’Unione quanto delle soglie nazionali. Il Tribunale ha trovato conferma di tale obiettivo nel considerando 11 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, ai sensi del quale «le regole che disciplinano il rinvio dell’esame delle concentrazioni dalla Commissione agli Stati membri e dagli Stati membri alla Commissione dovrebbero costituire un efficace meccanismo correttivo».

177. A tal riguardo, ritengo che il Tribunale abbia interpretato erroneamente tale considerando. L’espressione «meccanismo correttivo» non dovrebbe essere interpretata isolatamente, ma considerata nel suo contesto specifico.

178. In primo luogo, qual è l’oggetto del considerando 11? Il suo contesto è importante. Il considerando 8 chiarisce i principi di base relativi alla ripartizione delle competenze tra la Commissione e le ANC. I considerando 9 e 10 riguardano le soglie di fatturato di cui al regolamento dell’Unione sulle concentrazioni necessarie affinché una concentrazione sia di «dimensione comunitaria». A sua volta, il considerando 12 riguarda le concentrazioni che si collocano al di sotto delle soglie di fatturato di cui al regolamento dell’Unione sulle concentrazioni ma che «sono scrutinabili nell’ambito di più sistemi nazionali di controllo delle concentrazioni». Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, nel considerando 12 si osserva che «[l]a notifica multipla della medesima operazione accresce l’incertezza del diritto, gli adempimenti e i costi a carico delle imprese e può condurre a valutazioni divergenti», sicché è necessario «sviluppare ulteriormente il sistema di rinvio delle concentrazioni dagli Stati membri interessati alla Commissione». I considerando da 13 a 16 si concentrano invece sulla necessità di instaurare una cooperazione tra la Commissione e le ANC a tal fine, e illustrano il funzionamento dei vari meccanismi di rinvio.

179. A mio avviso, il contesto di cui sopra suggerisce che il considerando 11 faccia riferimento a un meccanismo con una funzione correttiva in termini di ripartizione delle competenze tra la Commissione e le ANC. Tale considerando non riguarda l’introduzione, come indicato dal Tribunale, di «una competenza sussidiaria della Commissione che le conferisce la flessibilità necessaria per conseguire l’obiettivo di tale regolamento» (130).

180. Le considerazioni di cui sopra trovano ulteriore sostegno, in primo luogo, nel fatto che tale considerando non figurava nel regolamento comunitario sulle concentrazioni originario, essendo stato introdotto soltanto con il regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Infatti, l’utilità del meccanismo di rinvio per quanto concerne la ripartizione dei casi tra diverse autorità, tutte competenti a esaminare una determinata concentrazione, è emersa soltanto nel 1997 e ha poi acquisito maggiore importanza nel 2004.

181. Infatti, il punto 94 del libro verde del 2001 lo conferma: in esso si legge che «perché l’articolo 22, paragrafo 3 possa costituire un meccanismo correttivo generalmente applicabile al problema delle notificazioni multiple, non basterebbe probabilmente procedere alla modifica del solo regolamento» (131). Questo punto consente di trarre due conclusioni. In primo luogo, il termine «meccanismo correttivo» di cui al considerando 11 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni fa riferimento al solo problema delle notifiche multiple, e non al problema più ampio di tutte le lacune intrinseche di un sistema di controllo delle concentrazioni basato su soglie. Inoltre, il problema delle notifiche multiple sorge soltanto a motivo del fatto che le concentrazioni possono essere assoggettate a vari sistemi nazionali di controllo delle concentrazioni, e non perché esse sfuggono a siffatti sistemi. In secondo luogo, utilizzare l’articolo 22 come un rimedio al problema delle notifiche multiple è una questione che ha richiesto una discussione e una modifica legislativa, e non si trattava, dunque, della finalità originaria di tale articolo. Ne conseguirebbe che anche utilizzare l’articolo 22 per porre rimedio ad altri problemi più ampi richiederebbe una discussione e modifiche.

182. Quando il considerando 11 è letto nella sua interezza, le considerazioni che precedono trovano ulteriore conferma. Il considerando in parola così recita: «[l]e regole che disciplinano il rinvio dell’esame delle concentrazioni (...) dovrebbero costituire un efficace meccanismo correttivo alla luce del principio di sussidiarietà; dette regole tutelano opportunamente gli interessi degli Stati membri in materia di concorrenza e tengono conto della necessità della certezza del diritto e del principio dello sportello unico». Da tale testo deduco due elementi. In primo luogo, il riferimento al principio di sussidiarietà e all’opportuna tutela della concorrenza degli Stati membri conferma la portata limitata del meccanismo di rinvio: esso mira soltanto a porre rimedio a situazioni in cui la concorrenza è pregiudicata a livello locale. In secondo luogo, il riferimento alla certezza del diritto e al principio dello sportello unico suggerisce altresì che i meccanismi di rinvio mirano a sostituire diverse procedure nazionali con un’unica procedura centralizzata, il che presuppone che le concentrazioni in questione soddisfino le soglie nazionali.

183. Di conseguenza, continuo a non essere persuaso dall’interpretazione del considerando 11 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni accolta dal Tribunale. Non mi convince neppure il fatto che il Tribunale si basi sui considerando 6 e 24 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni nella parte in cui fanno riferimento al controllo efficace di tutte le concentrazioni.

184. Ribadisco che, qualora tali considerando siano letti nella loro interezza e collocati nel contesto corretto, risulta alquanto chiaro che il termine «tutte» non significa che qualsiasi concentrazione che avviene nel mondo, purché idonea a sollevare un problema a livello di concorrenza in alcuni Stati membri, debba essere soggetta a un controllo «efficace» ai sensi del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Nel considerando 6 si afferma quanto segue: «[o]ccorre quindi uno strumento giuridico specifico che consenta un controllo efficace di tutte le concentrazioni in funzione della loro incidenza sulla struttura della concorrenza nella Comunità e che sia il solo applicabile a tali concentrazioni». Analogamente, il considerando 24 così recita: «il presente regolamento deve consentire un controllo efficace di tutte le concentrazioni sotto il profilo dei loro effetti sulla concorrenza nella Comunità».

185. Vari elementi testuali contenuti in tali considerando contraddicono chiaramente la tesi secondo cui essi vertono sul meccanismo di rinvio in questione. In primo luogo, non «tutte le concentrazioni» possono essere controllate ai sensi del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni: salvo che siano soddisfatte le soglie di cui a tale regolamento, una concentrazione deve, di regola, essere esaminata da altre autorità per la concorrenza (degli Stati membri dell’Unione e/o di Stati terzi). In secondo luogo, per quanto riguarda le concentrazioni che, se si accogliesse la teoria della Commissione, rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni «attraverso la porta di servizio» (cioè quelle per le quali, in linea di principio, né la Commissione, né le ANC interessate sono competenti), non si può dire che il regolamento dell’Unione sulle concentrazioni sia «il solo [strumento] applicabile a tali concentrazioni»; infatti, l’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni ammette procedure parallele dinanzi alla Commissione (ove richiesto da una o più ANC) e dinanzi a una o più ANC (quelle che non aderiscono alla richiesta di rinvio). In terzo luogo, ai sensi dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, la Commissione non esamina le concentrazioni «sotto il profilo dei loro effetti sulla concorrenza nella Comunità», come indicato ai considerando 6 e 24 (132), ma soltanto nei territori degli Stati membri che effettuano il rinvio (articolo 22, paragrafi 1 e 5, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni). Infatti, i giudici dell’Unione hanno costantemente interpretato i termini «tutte le concentrazioni», che figurano nel preambolo del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, come riferiti alle concentrazioni «di dimensione comunitaria» (133).

186. Se ciò è vero, tuttavia, si pone una questione: a che cosa si riferisce il termine «tutte» nel contesto di tali considerando? La risposta si rinviene, anche in questo caso, nella formulazione dei considerando in parola, ed è confermata dalla loro genesi e dalla loro finalità. Le espressioni utilizzate in tali considerando possono essere ricondotte al settimo considerando del regolamento comunitario sulle concentrazioni originario (134) e mirano a rendere assolutamente chiaro che, ai sensi del regolamento sulle concentrazioni, tutte le concentrazioni sono valutate «sotto il profilo dei loro effetti sulla concorrenza». Questo chiarimento, che oggi può apparire ovvio e, quindi, superfluo, all’epoca dell’adozione del regolamento comunitario sulle concentrazioni non era affatto anodino. Infatti, un’altra ragione che ha bloccato, per molti anni, i negoziati all’interno del Consiglio era la netta divergenza di opinioni tra vari Stati membri per quanto concerne i criteri che la Commissione avrebbe dovuto utilizzare per decidere se autorizzare o meno una concentrazione. Mentre la Commissione e numerosi Stati membri propendevano per un’analisi basata esclusivamente sulla concorrenza, alcuni Stati membri si opponevano a tale idea, ritenendo che le concentrazioni dovessero essere valutate anche alla luce di altre considerazioni, in particolare ragioni di politica industriale. Alla fine ha prevalso la prima concezione ed è stato raggiunto il compromesso di inserire nel regolamento la cosiddetta clausola tedesca (all’epoca, articolo 21, paragrafo 3, del regolamento comunitario sulle concentrazioni, oggi articolo 21, paragrafo 4, regolamento dell’Unione sulle concentrazioni), che ha attribuito alcune competenze residuali di intervento agli Stati membri (135). La giurisprudenza dei giudici dell’Unione sembra confermare la mia interpretazione del considerando (136).

187. Di conseguenza, a mio avviso, il fatto che il Tribunale si sia basato sui considerando 6, 11 e 24 in tale contesto è fuori luogo. A un esame più approfondito, non vi è alcun riferimento, nei preamboli dei tre regolamenti sulle concentrazioni, al fatto che all’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni sia attribuita la funzione di colmare lacune, né si può trarre da essi una siffatta deduzione. Il silenzio su questo punto è assai significativo, tenuto conto dell’impatto potenzialmente straordinario che una disposizione di tal genere avrebbe sul funzionamento di un sistema di controllo delle concentrazioni che i) «poggia sul principio di una precisa ripartizione delle competenze tra [la Commissione e le autorità nazionali]» (137) e ii) il cui ambito di applicazione è «limita[to] mediante soglie quantitative» (138).

188. Ciò detto, un’altra questione in tale contesto è se l’obiettivo di colmare lacune attribuito a tale disposizione dal Tribunale sia conforme agli obiettivi generali del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.

ii)    Limiti della valutazione teleologica del Tribunale (II)

189. Al punto 140 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato il preambolo del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni ed è giunto alla conclusione che l’obiettivo di colmare le lacune attribuito al meccanismo di rinvio in questione è coerente con «l’obiettivo di tale regolamento [che] consiste nel consentire un controllo efficace di tutte le concentrazioni aventi effetti significativi sulla struttura della concorrenza nell’Unione» (139).

190. Ritengo che questa analisi sollevi due problemi principali: il Tribunale ha ignorato alcuni elementi chiave del preambolo e ha interpretato erroneamente taluni considerando.

191. In primo luogo, il Tribunale ha ripetutamente sottolineato l’obiettivo del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni di garantire un controllo efficace delle concentrazioni, spingendosi fino al punto di definirlo come «l’obiettivo», cioè l’unico obiettivo del regolamento.

192. Non vi è dubbio, a mio avviso, che l’obiettivo di garantire un controllo efficace delle concentrazioni sia la vera ragion d’essere del regolamento e, conseguentemente, la sua importanza è sottolineata nel preambolo del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Tuttavia, non può trattarsi dell’unico obiettivo o, in altri termini, detto obiettivo non esiste isolatamente. Infatti, l’articolo 2 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni prevede che le «concentrazioni di cui al presente regolamento sono valutate conformemente agli obiettivi del presente regolamento» (140).

193. Infatti, il perseguimento dell’obiettivo di consentire un controllo efficace delle concentrazioni va di pari passo con il perseguimento di altri obiettivi, alcuni dei quali sono particolarmente rilevanti nel caso di specie. Il primo di questi obiettivi, che è il risultato delle lunghe e (oserei dire) accese discussioni che hanno infine condotto all’adozione del regolamento comunitario sulle concentrazioni, dopo quasi 20 anni di negoziati all’interno del Consiglio, è istituire un sistema in cui la competenza è condivisa tra la Commissione e le ANC (141). Il secondo obiettivo è realizzare, a livello dell’Unione, un sistema efficiente basato sul principio dello «sportello unico»: la Commissione dispone di competenza esclusiva per esaminare le concentrazioni notificate ai sensi del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, che non necessitano di ulteriori notifiche al livello degli Stati membri, e le autorità nazionali si astengono dall’applicare ulteriormente a tali operazioni la loro legislazione nazionale sulla concorrenza (142). Il terzo obiettivo consiste nell’istituire un sistema efficiente e prevedibile, in grado di garantire certezza del diritto alle imprese interessate (143). Lo stesso Tribunale menziona, al punto 226 della sentenza impugnata, gli «obiettivi fondamentali di efficacia e di celerità sottesi [al regolamento dell’Unione sulle concentrazioni]» e l’intenzione del legislatore dell’Unione di «effettuare una chiara ripartizione degli interventi delle autorità nazionali e dell’Unione».

194. Mentre i primi due obiettivi menzionati al paragrafo precedente sono, per ovvie ragioni, caratteristiche specifiche del sistema di controllo delle concentrazioni dell’Unione, il terzo non lo è. Infatti, ogni sistema di controllo delle concentrazioni esistente a livello mondiale mira a raggiungere un equilibrio tra un controllo effettivo della concorrenza e la necessità di evitare dei costi inutili e ritardi, sia per le parti della concentrazione che per la stessa amministrazione pubblica (144). Per garantire tale equilibrio, le norme in materia di concentrazioni si basano generalmente su soglie che filtrano le operazioni da esaminare e impongono alle autorità termini specifici per completare la loro valutazione. È quindi impossibile sovrastimare l’importanza che rivestono la prevedibilità e la certezza del diritto, in particolare per le parti della concentrazione. Le imprese potenzialmente soggette a obblighi di notifica e sospensione devono sapere, con un grado di sicurezza relativamente elevato, se l’operazione prevista sarà oggetto di un controllo antitrust, da parte di quali autorità e quando ci si potrà attendere una risposta definitiva da parte di dette autorità (145).

195. Ciò è vero, come si è detto, a livello mondiale. Tuttavia, ciò vale a maggior ragione per le concentrazioni che potrebbero essere oggetto di controllo nell’Unione. Non soltanto in quanto, all’interno dell’Unione, coesistono varie autorità di controllo (la Commissione e le ANC) – con tutto ciò che questo comporta in termini di complessità – ma anche perché, a differenza della grande maggioranza dei regimi di controllo delle concentrazioni nel mondo, il regolamento dell’Unione sulle concentrazioni impone alle parti della concentrazione un divieto a livello mondiale di portare a termine l’operazione. Ciò significa che la realizzazione di un’operazione notificata deve, in linea di principio, essere sospesa integralmente sino all’adozione, da parte della Commissione, di una decisione definitiva. Le parti della concentrazione non possono, di conseguenza, accelerare tale realizzazione, ad esempio mantenendo separati taluni attivi, unità o imprese locali fino alla concessione dell’autorizzazione pendente. I costi e i rischi imposti alle parti della concentrazione sono, di conseguenza, persino più grandi, sicché tali imprese devono essere in grado di adottare, a tal riguardo, precauzioni adeguate.

196. A tal fine, come statuito dalla Corte, il regolamento dell’Unione sulle concentrazioni «contiene (...) disposizioni il cui obiettivo è quello di limitare, per ragioni di certezza del diritto e nell’interesse delle imprese coinvolte, la durata delle procedure di verifica delle operazioni di competenza della Commissione». Infatti, il legislatore dell’Unione «ha voluto garantire un controllo delle operazioni di concentrazione entro termini compatibili sia con le esigenze di una buona amministrazione sia con quelle del commercio» (146).

197. Alla luce di quanto sopra, concordo sul fatto che garantire l’efficacia del sistema (intesa come capacità di includervi le concentrazioni potenzialmente pregiudizievoli) sia l’obiettivo primario del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Tuttavia, tale efficacia non può essere conseguita a scapito di un perseguimento soddisfacente degli altri obiettivi del regolamento. Pertanto, i riferimenti all’«efficacia» contenuti nel preambolo non possono indurre l’interprete a massimizzare la portata e lo scopo delle disposizioni del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni al punto di estendere la loro portata al di là delle chiare intenzioni del legislatore dell’Unione, alterando l’equilibrio attentamente progettato tra i vari obiettivi.

198. In tale contesto, ci si chiede se l’obiettivo di colmare lacune, assegnato dalla Commissione all’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni e confermato dal Tribunale, sia coerente con gli altri obiettivi descritti in precedenza e con l’equilibrio stabilito tra di essi. A mio avviso, la risposta a tale questione è chiaramente in senso negativo. Mi sembra che l’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni accolta dal Tribunale si ponga in contrasto con i tre obiettivi menzionati al precedente paragrafo 193, e che essa possa alterare l’equilibrio tra di essi che il legislatore dell’Unione ha inteso stabilire.

199. In primo luogo, la «sovrapposizione di competenza» che discenderebbe dall’interpretazione, da parte del Tribunale, dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni – Commissione (grandi concentrazioni)/ANC (concentrazioni al di sotto delle soglie del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni ma al di sopra delle soglie nazionali)/Commissione (concentrazioni al di sotto delle soglie nazionali) – risulta poco coerente con un sistema che, come sottolineato della Corte di giustizia, «poggia sul principio di una precisa ripartizione delle competenze tra le autorità di controllo nazionali e [dell’Unione]» (147).

200. Questa interpretazione risulta singolare anche se considerata alla luce del principio di sussidiarietà, un principio richiamato in non meno di quattro considerando del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni (148). Si tratta di un regolamento che, nelle parole del Commissario per la concorrenza dell’epoca, rappresentava «un eccellente esempio del modo in cui [tale principio] può essere posto in pratica» (149). La sussidiarietà è un principio che, in termini semplici, ha principalmente un effetto discensionale: in un settore di competenze concorrenti, esso tende a spingere la competenza a realizzare una specifica azione verso il basso, verso gli Stati membri (150). Naturalmente, in alcune circostanze tale principio può anche avere un effetto ascensionale: esso può spingere la competenza in alto, verso l’Unione, quando una determinata azione sembra risultare più efficace, a motivo della sua portata o dei suoi effetti, se intrapresa a livello dell’Unione Tuttavia, mi chiedo se una situazione in cui la competenza a un facere (in questo caso esaminare una concentrazione) è attribuita a un’istituzione dell’Unione (la Commissione), a motivo del fatto stesso che uno Stato membro ha ritenuto la portata o gli effetti di situazioni come quella di cui trattasi non sufficientemente importanti da giustificare un’azione a livello nazionale, non sia in contrasto con la logica della sussidiarietà.

201. In secondo luogo, è pacifico tra le parti che una delle conseguenze derivanti dall’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni accolta dal Tribunale è che le parti che desiderano avere la certezza che una concentrazione prevista non possa essere contestata dalla Commissione dopo la sua realizzazione, nonostante tale concentrazione non debba essere notificata a nessuna autorità nell’Unione e non sia sottoposta ad alcun obbligo sospensivo dovrebbero: i) sospendere temporaneamente la sua realizzazione; e ii) informare della concentrazione (potenzialmente) tutti gli Stati dell’Unione e del SEE/AELS (per un totale di 30 diverse autorità nazionali), al fine di innescare la decorrenza del termine di 15 giorni lavorativi di cui all’articolo 22, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.

202. In tale contesto, mi sembra importante aggiungere che, secondo la Commissione, la comunicazione della concentrazione ad opera delle parti alle autorità nazionali in questione dovrebbe contenere tutti i dati e le informazioni necessari a tali autorità al fine di stabilire se siano soddisfatte le due condizioni sostanziali di cui all’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, vale a dire che la concentrazione incide sul commercio fra Stati membri e rischia di incidere in misura significativa sulla concorrenza nel territorio dello Stato membro in questione. Tuttavia, mi sembra evidente che una valutazione solida di tali condizioni non è un’operazione semplice, tantomeno nel termine di soli 15 giorni lavorativi. Pertanto, probabilmente, in molti casi le notifiche informali trasmesse alle autorità nazionali potrebbero dover essere alquanto complesse e dettagliate e, quindi, non molto diverse dalle comunicazioni di regola richieste per una notifica formale.

203. Ciò implica, in pratica, che le imprese che realizzano un’operazione che, in linea di principio, è esclusa da qualsiasi sistema di controllo delle concentrazioni nell’Unione, possono finire per essere indotte a depositare notifiche informali presso tutte le autorità nazionali, semplicemente per evitare il futuro ricorso al meccanismo di rinvio in questione, che potrebbe avere, dal loro punto di vista, conseguenze drammatiche.

204. Inoltre, se un’ANC che non è competente a esaminare una concentrazione presenta una richiesta di rinvio, determinando l’applicazione del meccanismo di rinvio, e una o più ANC che, di converso, sono competenti a esaminarla decidono di non aderire alla richiesta, il meccanismo di rinvio potrebbe avere l’effetto di moltiplicare le procedure in atto parallelamente. Infatti, le procedure dinanzi alle ANC competenti coesisterebbero con quella aggiuntiva dinanzi alla Commissione, che non sarebbe esistita se non per effetto del ricorso al meccanismo di rinvio.

205. Quanto precede dimostra che l’interpretazione data dal Tribunale all’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni porterebbe a introdurre un’eccezione di ampia portata al principio dello sportello unico, difficilmente coerente con uno degli obiettivi principali di tale regolamento, e si porrebbe altresì in contraddizione con l’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione in sede di modifica dell’articolo 22, nel 1997 e nel 2004.

206. In terzo luogo – e questo, a mio avviso, è l’aspetto più problematico – la procedura o le procedure che risulterebbero da un’ampia interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni difficilmente sarebbero efficienti, prevedibili e idonee ad assicurare certezza del diritto alle parti.

207. Anzitutto, è chiaro che, e la Commissione non lo contesta, salvo che le parti della concentrazione intraprendano azioni per informare le 30 autorità nazionali dell’esistenza di una concentrazione non notificabile, tali parti non possono avere alcuna certezza del diritto quanto alla questione se la Commissione sarà invitata, in futuro, a esaminare la concentrazione sulla base dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni e, in caso affermativo, entro quale termine.

208. La Commissione replica che le parti della concentrazione possono, nondimeno, ottenere certezza del diritto qualora, come indicato in precedenza, esse portino all’attenzione di tali 30 autorità, mediante notifiche informali, la concentrazione prevista. Ciò farebbe «iniziare il conto alla rovescia» e, qualora non sia presentata una richiesta di rinvio entro 15 giorni lavorativi, le parti potranno avere la certezza che la concentrazione non sarà sottoposta ad alcun controllo nell’Unione.

209. Tuttavia, non sono sicuro che un siffatto modo di procedere garantisca molta più certezza o, in ogni caso, un’adeguata certezza del diritto alle parti. Il problema principale è che si tratta di una procedura informale che non è prevista in nessuna disposizione del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni né, per quanto a mia conoscenza, nelle normative degli Stati membri. Pertanto, le concentrazioni non notificabili non sono soggette alle norme procedurali nazionali né a quelle previste nello stesso regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. È vero che l’articolo 22, paragrafo 4, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni rende alcune disposizioni di tale regolamento applicabili all’esame di tali concentrazioni, ma soltanto dopo che la Commissione ha accettato il rinvio. Il periodo precedente è una sorta di «terra di nessuno», in relazione al quale vi è pochissima chiarezza e prevedibilità.

210. Ad esempio, chi è legittimato ad avviare la procedura informale? Si tratta soltanto delle parti della concentrazione o anche di terzi (ad esempio, concorrenti delle parti della concentrazione)? La formulazione dell’articolo 22, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni suggerisce quest’ultima risposta. In tal caso, l’ANC può effettuare un rinvio ai sensi dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni sulla base delle informazioni fornite da tali terzi e, se del caso, senza sentire le parti della concentrazione? Poiché l’autorità dispone soltanto di 15 giorni lavorativi per adottare una decisione, non si può escludere un trattamento superficiale del caso. Che cosa accade se le informazioni sono inesatte o incomplete? Le conseguenze per le parti della concentrazione risultanti da una valutazione erronea, da parte di un’autorità nazionale, delle condizioni sostanziali del rinvio possono non essere trascurabili.

211. La Commissione ritiene tuttavia che il termine inizi a decorrere soltanto a partire dal momento in cui le ANC dispongono di informazioni sufficienti per effettuare l’analisi richiesta dall’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Tuttavia, ciò significa che il termine di 15 giorni lavorativi può diventare illusorio, poiché potrebbe essere spesso prorogato (e presumibilmente sarà prorogato) da una o più autorità, mediante una o più richieste di informazioni, lasciando così le parti della concentrazione senza un orizzonte temporale prevedibile.

212. Inoltre, nel regolamento dell’Unione sulle concentrazioni non si rinviene alcuna indicazione sul tipo e sul livello di dettaglio delle informazioni che le parti della concentrazione dovrebbero includere nelle loro notifiche informali. Certamente, le parti potrebbero utilizzare come modello i formulari ufficiali di notifica dell’Unione (come recentemente modificati: formulario CO, formulario CO semplificato, formulario RM e formulario MC) (151). Tuttavia, neppure la Commissione si è spinta fino al punto di suggerirlo. Ciò avrebbe implicato, ovviamente, l’applicabilità de facto della procedura di notifica di cui al regolamento dell’Unione sulle concentrazioni a concentrazioni non notificabili. La Commissione ha invece suggerito, in udienza, che le parti potrebbero ispirarsi alle informazioni che, ai sensi dell’articolo articolo 14 del regolamento sui mercati digitali (152), le imprese designate come gatekeeper (controllori dell’accesso) devono fornirle quando intendono procedere a talune concentrazioni. Tuttavia, a parte il fatto che è bizzarro suggerire alle parti di reperire indicazioni in uno strumento normativo diverso, adottato dopo il regolamento dell’Unione sulle concentrazioni e applicabile soltanto a taluni specifici settori specifici dell’economia, non sono certo che le informazioni elencate in tale strumento siano sufficienti ai fini dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.

213. Inoltre, un piccolo ma importante dettaglio: in quale lingua dovrebbero essere comunicate dette informazioni? La Commissione ha sostenuto che qualsiasi lingua comunemente compresa dal personale dell’autorità nazionale di cui si tratta (ad esempio, l’inglese) sarebbe adeguata. Non vedo su quale base la Commissione possa sostenere questa tesi. In ogni caso, dubito che le autorità nazionali accetterebbero di effettuare un’analisi alquanto complessa, entro un termine assai breve, sulla base di un documento (probabilmente accompagnato da taluni allegati) redatto in una lingua che non è la loro.

214. Alla luce di quanto precede, ritengo che l’interpretazione teleologica dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni effettuata dal Tribunale sia errata, poiché non è coerente con una serie di obiettivi che il sistema di controllo delle concentrazioni istituito dal regolamento dell’Unione sulle concentrazioni mira a perseguire ed è suscettibile di alterare l’equilibrio tra tali obiettivi previsto dal legislatore dell’Unione. L’importanza di detto equilibrio non è sfuggita alla Corte. Nella sua recente sentenza nella causa CK Telecoms, ad esempio, la Corte ha osservato che il «dovere di celerità che caratterizza l’economia generale del [regolamento dell’Unione sulle concentrazioni]» è di tale importanza che anche una concentrazione pregiudizievole sarà considerata approvata, salvo che la Commissione non adotti una decisione entro il termine prescritto (153).

5)      Altre considerazioni relative all’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni

215. Infine, spiegherò brevemente il motivo per cui l’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni accolta dal Tribunale solleva, a mio avviso, una serie di problemi sistemici sotto il profilo di vari principi del diritto dell’Unione.

216. È importante sottolineare, in via preliminare, che l’interpretazione data dal Tribunale a tale disposizione determina un ampliamento assai significativo dell’ambito di applicazione del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni e della competenza della Commissione (154). In un colpo solo, grazie a un’interpretazione originale dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, la Commissione acquista la competenza a esaminare pressoché qualsiasi concentrazione che si realizzi in qualsiasi parte del mondo, indipendentemente dal fatturato delle imprese, dalla loro presenza nell’Unione e dal valore dell’operazione, nonché in qualsiasi momento, anche molto tempo dopo la realizzazione della concentrazione. Ciò è chiaro e pacifico. Infatti, quando in udienza è stato rivolto questo specifico quesito alla Commissione, essa ha confermato che, in teoria, ciò è vero. Tuttavia, essa ha aggiunto che, in pratica, ciò non avverrebbe, dato che la Commissione non ha alcun interesse a fare uso di tale competenza frequentemente e che, quindi, continuerà ad agire in modo moderato a tal riguardo. Secondo la Commissione, la concentrazione in questione presentava alcune caratteristiche peculiari, a differenza della grande maggioranza delle altre concentrazioni che potrebbero rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.

217. Tuttavia, nella presente causa non viene in considerazione soltanto l’applicazione di tale competenza (verosimilmente nuova) in materia di controllo della concentrazione in questione. La Corte è infatti chiamata a interpretare, per la prima volta, il significato e la portata dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, che può trovare applicazione, potenzialmente, in un numero indefinito di casi. La posizione della Commissione non può che sollevare preoccupazioni sotto vari aspetti.

218. In primo luogo, dubito che questa posizione sia coerente con il principio dell’equilibrio istituzionale, un principio caratteristico della struttura istituzionale dell’Unione, derivante dall’articolo 13, paragrafo 2, TUE, il quale implica, in sostanza, che ciascuna delle istituzioni eserciti le proprie competenze nel rispetto di quelle delle altre istituzioni (155).

219. Uno degli elementi fondamentali del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni è la definizione delle soglie che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafi da 1 a 3, di tale regolamento, determinano il sorgere dell’obbligo di notifica. Tuttavia, secondo l’interpretazione dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni data dalla Commissione, il valore di tali soglie e, indirettamente, delle soglie e dei criteri fissati nelle legislazioni nazionali diventa meramente relativo. È ben possibile che una concentrazione non debba essere notificata presso alcuna autorità nell’Unione, ma ciò non escluderebbe affatto la possibilità che la Commissione rivendichi la propria competenza a esaminarla ai sensi dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni (156).

220. Non escludo affatto che, in un mondo sempre più basato su una «economia 2.0» possa essere auspicabile, e forse addirittura necessario, modificare le attuali soglie di controllo delle concentrazioni. In tale contesto, può essere interessante notare che, molto recentemente, due Stati membri (Austria e Germania) hanno modificato la loro legislazione nazionale per includervi soglie basate sui valori della transazione. Altri Stati utilizzano soglie di competenza diverse, specificamente concepite per consentire il controllo di concentrazioni nonostante l’impresa oggetto dell’operazione non generi entrate a livello locale [come il Regno Unito, con il «share of supply test» (criterio della quota dell’offerta)]. Naturalmente, queste e altre opzioni potrebbero essere prese in considerazione in vista di una modifica del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Tuttavia, si tratta di un compito che spetta al legislatore dell’Unione, e non alla Commissione.

221. In secondo luogo, l’ampia interpretazione, da parte del Tribunale, dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni determina una consistente possibilità che si verifichino casi di conflitto con il principio di territorialità del diritto dell’Unione. È opportuno ricordare che, per essere conforme al diritto internazionale, l’applicazione del diritto dell’Unione presuppone un collegamento adeguato con il territorio dell’Unione (157). Più precisamente, dalle sentenze Intel e Gencor risulta che l’applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione al comportamento di imprese è legittima, indipendentemente dal luogo in cui tale comportamento è posto in essere, nella misura in cui esso produca effetti prevedibili, immediati e sostanziali nell’Unione (in prosieguo: il «criterio degli effetti qualificati») (158).

222. Concordo certamente con la Commissione sul fatto che le condizioni sostanziali previste all’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni sono, in linea di principio, idonee a garantire un collegamento adeguato con il territorio dell’Unione. Tuttavia, occorre ricordare che, come si è detto, la verifica di tali condizioni è effettuata soltanto prima facie ed entro un termine particolarmente breve (15 giorni lavorativi). Di conseguenza, non si può escludere che, ai sensi dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, l’Unione possa dichiararsi competente a esaminare una concentrazione (con tutto ciò che ne consegue, compresa l’applicazione immediata dell’obbligo di sospendere, su base mondiale, qualsiasi atto di realizzazione dell’operazione) che si potrebbe in seguito rivelare priva di effetti prevedibili, immediati e sostanziali sul territorio dello Stato membro interessato.

223. In terzo luogo, tale situazione può creare problemi sotto il profilo del principio della cortesia internazionale. Sono ben consapevole del fatto che i contorni di tale principio e le sue implicazioni giuridiche sono alquanto sfumati (159). Tuttavia, mi sembra che da tale principio si possa trarre, quanto meno, un obbligo generale per gli Stati, prima di rivendicare la loro competenza in casi che presentano un’importante componente estera e un legame nazionale alquanto debole, di valutare se l’applicazione delle loro normative possa produrre l’effetto di compromettere l’efficace applicazione delle normative di Stati terzi che hanno un legame territoriale più forte con tali casi. Una siffatta interpretazione del principio risulta ampiamente coerente con i suggerimenti di altri colti avvocati generali (160), con gli accordi internazionali dell’Unione in materia (161) e con le decisioni di altri organi giurisdizionali, anche in materia di diritto della concorrenza (162). In tale contesto, mi chiedo se la posizione della Commissione in merito all’ampia portata della sua competenza a esaminare concentrazioni ai sensi dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni sia pienamente conforme al principio di cortesia internazionale.

224. In quarto luogo, l’argomento delle ricorrenti secondo cui l’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni accolta dal Tribunale si pone in conflitto con i principi di uguaglianza e di proporzionalità non mi sembra infondato, come invece sostenuto dalla Commissione. Infatti, imprese con vendite limitate o inesistenti nell’Unione si troverebbero, di fatto, in una situazione notevolmente peggiore rispetto a quella di imprese con attività più importanti nell’Unione.

225. Queste ultime possono beneficiare del sistema dello sportello unico istituito dal regolamento dell’Unione sulle concentrazioni o, in alternativa, dovranno effettuare soltanto una o più notifiche nazionali nei paesi in cui soddisfano le soglie nazionali. Il numero di tali notifiche può essere calcolato in anticipo e le parti della concentrazione sono a conoscenza di quali autorità esamineranno la concentrazione, delle modalità dell’esame e del termine entro il quale esso sarà effettuato. Di converso, come già spiegato, le imprese parti di concentrazioni non notificabili non hanno modo di prevedere il destino della loro operazione, salvo che effettuino, nel SEE, non meno di 30 notifiche informali e, anche in tal caso, molti aspetti delle procedure, compresa la loro durata, resterebbero incerti.

226. A mio avviso, tale situazione risulta problematica sotto il profilo del principio di uguaglianza, il quale impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che un simile trattamento non sia obiettivamente giustificato (163). Essa sembra inoltre creare un onere sproporzionato, in termini di costi e di rischi, per le imprese coinvolte in un’operazione, imprese che, come si è detto, svolgano attività alquanto limitate nell’Unione (164).

227. In quinto luogo, il principio di effettività non può portare a estendere la portata della disposizione in questione al di là di quanto è ragionevole e necessario ai fini del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Ho spiegato la mia posizione al riguardo al precedente paragrafo 197. In questo contesto, mi basta aggiungere un ultimo elemento: non mi convince l’affermazione della Commissione circa la necessità di colmare una lacuna nell’ambito di applicazione del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.

228. Come costantemente statuito dalla Corte, da ultimo nella sentenza Towercast (165), gli articoli 101 e 102 TFUE sono applicabili a concentrazioni che non soddisfano le soglie previste nel regolamento dell’Unione sulle concentrazioni (incluse quelle che non soddisfano le soglie nazionali). Tali disposizioni consentono alle ANC di intervenire ex post sulle concentrazioni che si rivelano anticoncorrenziali. È vero che un intervento ex post può effettivamente essere una «soluzione di ripiego» rispetto a un controllo ex ante. Tuttavia, le differenze tra queste due forme di controllo costituivano, come emerge inequivocabilmente dai lavori preparatori, un aspetto che è stato debitamente preso in considerazione dal legislatore dell’Unione nel corso del processo che ha condotto all’adozione del regolamento comunitario sulle concentrazioni. Le considerazioni della Commissione non possono, di conseguenza, rimettere in discussione scelte specifiche operate dal legislatore dell’Unione.

229. Inoltre, non mi convincono neppure gli argomenti dedotti dalla Commissione e da alcuni dei governi intervenuti nel presente procedimento, secondo i quali un’azione ai sensi degli articoli 101 e 102 TFUE sarebbe inefficace e dispendiosa in termini di tempo.

230. Come recentemente confermato dalla Corte nella sentenza European Superleague Company, è accertata l’esistenza di uno sfruttamento abusivo di una posizione dominante quando un comportamento ha «per effetto, attuale o potenziale, o pure per oggetto, di impedire in una fase preliminare, mediante la creazione di ostacoli all’ingresso o il ricorso ad altre misure ostruttive (...), alle imprese potenzialmente concorrenti anche solo di accedere a detto o a detti mercati e, in tal modo, di impedire lo sviluppo della concorrenza su detti mercati a danno dei consumatori, ivi limitando la produzione, lo sviluppo di prodotti o di servizi alternativi o, ancora, l’innovazione» (166). A mio avviso, un’acquisizione cosiddetta «killer» rientra perfettamente in tale descrizione, offrendo un esempio paradigmatico di abuso di posizione dominante «per oggetto» (167).

231. Per questo motivo, non ritengo che sia necessaria un’indagine molto lunga o complessa per dimostrare l’esistenza di un’infrazione. Soprattutto perché, se è vero che un controllo ex post di una concentrazione già realizzata – che non è infrequente in varie giurisdizioni (168) – può comportare alcuni inconvenienti, esso possiede anche un notevole vantaggio: le autorità non sono tenute a effettuare alcuna previsione circa il comportamento futuro delle imprese. Infatti, nella sua valutazione, l’autorità garante della concorrenza può esaminare sia gli elementi di prova anteriori alla concentrazione (ad esempio, per stabilire l’intenzione dell’acquirente e se tale impresa considerava l’impresa oggetto dell’operazione come un’effettiva minaccia alla sua posizione sul mercato), nonché gli elementi di prova posteriori alla concentrazione, che dimostrano ciò che è realmente accaduto nel mercato dopo l’acquisizione (ad esempio, per stabilire se si siano prodotti effetti significativi sui prezzi, sulla produzione e sull’innovazione o se le attività dell’impresa oggetto dell’operazione siano state interrotte o notevolmente ridotte) (169).

232. Inoltre, occorre ricordare che, quando indagano su possibili infrazioni degli articoli 101 e 102 TFUE, le ANC dispongono dei poteri previsti nella cosiddetta direttiva ECN+(170). Ai sensi di tale direttiva, quando è accertata un’infrazione, l’autorità competente ha il potere non soltanto di imporre sanzioni pecuniarie (articoli da 13 a 16), ma può anche, in forza dell’articolo 10, paragrafo 1, di tale direttiva, obbligare le imprese in questione a «porre fine all’infrazione constatata. A tal fine [l’autorità può] imporre l’adozione di qualsiasi rimedio comportamentale o strutturale proporzionato all’infrazione commessa e necessario a far cessare effettivamente l’infrazione stessa». Ciò può includere anche, in casi particolarmente gravi, uno scioglimento parziale o totale dell’entità risultante dalla concentrazione (171). Inoltre, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, di tale direttiva, le ANC possono anche «agire d’ufficio al fine di ordinare, mediante decisione, l’imposizione di misure cautelari alle imprese (…) almeno nei casi di urgenza dovuta al rischio di danno grave e irreparabile per la concorrenza, ove constatino prima facie la sussistenza di un’infrazione dell’articolo 101 o 102 TFUE». Tali misure potrebbero, ad esempio, assumere la forma di decisioni di sospensione (172).

233. In sesto luogo, la portata molto ampia attribuita dal Tribunale a una disposizione che costituisce, incontestabilmente, un’eccezione alle disposizioni dell’articolo 1 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni si pone in contrasto con il consolidato principio interpretativo secondo cui le eccezioni o le deroghe all’impianto o alle norme generali di uno strumento giuridico devono essere interpretate restrittivamente, affinché dette norme non vengano svuotate del loro contenuto (173). Di fatto, il Tribunale ha già ritenuto tale principio pertinente in sede di interpretazione della portata del meccanismo di rinvio previsto all’articolo 9 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni (174). Non mi è chiaro il motivo per cui, nella sentenza impugnata, esso abbia deciso di ignorare l’importanza di detto principio interpretativo per quanto concerne il meccanismo di rinvio di cui all’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni (175).

234. Sulla base delle considerazioni che precedono, ritengo che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dell’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Per questo motivo, la sentenza impugnata deve essere annullata.

235. Tuttavia, qualora la Corte non condivida la mia valutazione del primo motivo di impugnazione, ritengo che essa debba respingere le impugnazioni. Nella prossima sezione spiegherò brevemente le ragioni per le quali ritengo che il secondo e il terzo motivo di impugnazione delle ricorrenti siano infondati.

B.      Secondo motivo: termini per la richiesta di rinvio e obbligo della Commissione di agire entro un termine ragionevole

236. Il secondo motivo di impugnazione della Illumina e della Grail concerne il rigetto, da parte del Tribunale, del secondo motivo dedotto dalla Illumina in primo grado, vertente sulla tardività della richiesta di rinvio e, in subordine, sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di «buona amministrazione». In particolare, le ricorrenti contestano i punti da 190 a 211 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale è giunto alla conclusione che:

«la nozione di “resa nota (…) allo Stato membro interessato”, come figurante all’articolo 22, paragrafo 1, secondo comma, [del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni], deve essere interpretata nel senso che essa esige una trasmissione attiva di informazioni pertinenti a tale Stato membro, che gli consentano di valutare, in via preliminare, se le condizioni per una richiesta di rinvio ai sensi di tale articolo siano soddisfatte. Di conseguenza, secondo tale interpretazione, il termine di quindici giorni lavorativi previsto in detta disposizione inizia a decorrere, se non è prescritta la notificazione della concentrazione, a partire dal momento in cui tali informazioni sono state trasmesse».

237. Le ricorrenti contestano inoltre i punti 240 e da 242 a 245 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale ha constatato, in particolare che i) «[la Illumina] non era in grado di precisare sufficientemente gli asseriti “errori fattuali significativi” inficianti la decisione impugnata che avrebbero già viziato la lettera di invito, e dunque potuto incidere in maniera decisiva sul contenuto della richiesta di rinvio dell’ACF» e ii) «[le ricorrenti] interessate (...) hanno (...) avuto diverse occasioni per far conoscere il loro punto di vista nel corso del procedimento amministrativo sfociato nell’adozione [delle] decisioni [controverse]».

1.      Argomenti delle parti

238. Con il secondo motivo di impugnazione, le ricorrenti sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto i) non avendo dedotto alcuna conseguenza giuridica dalla corretta conclusione che la Commissione ha impiegato un termine irragionevole per inviare agli Stati membri la lettera d’invito concernente la concentrazione in questione, e ii) avendo constatato che la Commissione non ha violato il diritto di difesa delle parti durante la procedura che ha condotto all’adozione delle decisioni controverse.

239. La Commissione sostiene che tale motivo di impugnazione è infondato e, in parte, irricevibile.

2.      Analisi

240. Gli argomenti delle ricorrenti non mi convincono.

241. In primo luogo, non ritengo che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto nell’interpretazione dei termini «resa nota (...) allo Stato membro interessato» di cui all’articolo 22, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Come sottolineato al punto 192 della sentenza impugnata, da un confronto delle varie versioni linguistiche del regolamento risulta che, ai fini della decorrenza del termine di 15 giorni lavorativi, non è sufficiente che la concentrazione sia annunciata pubblicamente nello Stato membro in questione, ad esempio mediante un comunicato stampa o attraverso una copertura mediatica (176) affinché le autorità interessate possano venirne a conoscenza. Tale disposizione esige invece una comunicazione attiva della concentrazione alle autorità. Tale interpretazione mi sembra conforme alla finalità della disposizione, che è consentire alle autorità di effettuare un esame preliminare al fine di valutare se, prima facie, le condizioni sostanziali enunciate all’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni siano soddisfatte (177).

242. A mio avviso, le ricorrenti non hanno dedotto alcun argomento idoneo a far sorgere dubbi in merito a tale interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.

243. In secondo luogo, sebbene non mi convinca pienamente il contesto normativo cui il Tribunale ha fatto ricorso per determinare le conseguenze derivanti dal mancato invio, da parte della Commissione, della lettera di invito entro un termine ragionevole, ritengo che la conclusione raggiunta nella sentenza impugnata sia corretta.

244. A mio avviso, il punto centrale della questione non è se le ricorrenti potessero dimostrare che, a causa del ritardo con il quale la Commissione ha agito, i loro diritti della difesa sono stati violati. La questione cruciale è, piuttosto, se le ricorrenti potessero fornire elementi sufficienti diretti a indicare che, in assenza dell’irregolarità procedurale di cui trattasi, l’esito della procedura avrebbe potuto essere diverso.

245. Come ho spiegato nelle mie conclusioni nella causa HSBC, la giurisprudenza dei giudici dell’Unione sembra distinguere due forme principali di errori procedurali: la violazione di «forme sostanziali», che determina automaticamente l’invalidità dell’atto in questione, e la violazione di altre norme procedurali, che è soggetta al «criterio dell’errore innocuo». Ciò significa che gli errori procedurali «ordinari» comportano l’annullamento dell’atto impugnato, a meno che l’errore non possa essere considerato innocuo, nel senso che non ha prodotto o non poteva produrre alcun impatto sull’esito della procedura. È importante notare che tale criterio, a seconda delle caratteristiche della norma violata, è stato applicato in tre forme diverse: i) violazioni di natura grave e strutturale che danno luogo a una presunzione (relativa) che l’errore abbia influenzato l’esito del procedimento e in relazione alle quali l’onere di confutare la presunzione incombe alla parte convenuta; ii) errori «ordinari» che possono o meno aver influenzato l’esito della procedura, in relazione ai quali la parte ricorrente è tenuta a provare che, in assenza dell’errore, l’atto impugnato avrebbe potuto essere diverso; e iii) irregolarità minori, che comportano l’annullamento dell’atto in questione qualora la parte ricorrente dimostri che, in assenza dell’errore, l’esito della procedura sarebbe stato diverso (178).

246. Alla luce del testo della disposizione pertinente (che non prevede alcun termine specifico) (179) e della finalità e della logica del sistema di controllo delle concentrazioni istituito dal regolamento dell’Unione sulle concentrazioni (che mira a garantire un controllo efficace delle concentrazioni potenzialmente anticoncorrenziali, mediante un sistema efficiente e prevedibile in grado di offrire certezza del diritto alle imprese interessate) (180), mi sembra che l’omessa azione della Commissione entro un termine ragionevole non possa essere considerata una violazione di una forma sostanziale e che si dovrebbe applicare il criterio ordinario per gli errori procedurali (181).

247. Né nelle osservazioni presentate in primo grado, né nell’ambito del presente procedimento le ricorrenti hanno fornito elementi concreti idonei a indicare che, se la Commissione avesse agito entro un termine ragionevole, la sua valutazione concernente la possibilità di sottoporre la concentrazione in questione a un rinvio ai sensi dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni e la sua idoneità a tal fine avrebbe potuto essere diversa.

248. In ogni caso, concordo con la Commissione anche sul fatto che le ricorrenti abbiano omesso di i) invocare espressamente una violazione dei loro diritti della difesa in primo grado, con la conseguenza che tale parte del motivo di impugnazione è irricevibile, e ii) provare in modo sufficiente che la loro capacità di esercitare i diritti di difesa nel corso della procedura che ha condotto all’adozione delle decisioni controverse sia stata pregiudicata. Su quest’ultimo punto, è vero che le ricorrenti hanno dedotto una serie di elementi i quali suggeriscono che, nei confronti di tali imprese, la Commissione potrebbe non aver agito con il grado di trasparenza e di equità che ci si dovrebbe normalmente attendere dall’amministrazione pubblica (182). Evidentemente, ciò è motivo di rammarico, poiché siffatti tipi di condotta possono incidere sul modo in cui il pubblico percepisce il funzionamento di un servizio che, in ragione degli importanti poteri di cui è investito, dovrebbe agire in modo coerente con la massima imparzialità e obiettività. Tuttavia, resta il fatto che la condotta della Commissione non ha privato le ricorrenti della possibilità di far valere i loro argomenti di fatto e di diritto nel corso della procedura avviata ai sensi dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, al fine di influenzarne l’esito.

249. Per le ragioni sopra esposte, il secondo motivo di impugnazione dovrebbe essere respinto.

C.      Terzo motivo: principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto

250. Con il loro terzo motivo di impugnazione, diretto contro i punti da 254 a 260 della sentenza impugnata, la Illumina e la Grail contestano al Tribunale di aver respinto il terzo motivo dedotto dalla Illumina in primo grado, vertente sulla violazione dei principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto. In tali passaggi, il Tribunale si è limitato a valutare gli argomenti concernenti il legittimo affidamento, poiché quelli relativi alla certezza del diritto non erano stati sviluppati in modo adeguato.

251. Per quanto riguarda il principio di tutela del legittimo affidamento, il Tribunale ha constatato che i principali elementi invocati dalla Illumina non suffragavano «l’esistenza della presunta politica della Commissione sulla quale la [Illumina] si fonda[va]» e non potevano essere considerati costituire «rassicurazioni precise, incondizionate e concordanti da parte della Commissione con riferimento al trattamento della concentrazione in questione».

1.      Argomenti delle parti

252. Le ricorrenti ritengono che la motivazione della sentenza impugnata sia viziata da una serie di errori di diritto. In particolare, esse sostengono che il Tribunale: i) ha snaturato il senso dell’argomento della Illumina in primo grado concernente il legittimo affidamento; ii) ha erroneamente ritenuto che potesse sorgere un legittimo affidamento soltanto se le rassicurazioni sulle quali si basava detto affidamento avessero riguardato specificamente la concentrazione in questione; iii) è incorso in un errore nel valutare l’importanza del discorso della sig. ra Margrethe Vestager, vicepresidente esecutiva della Commissione e Commissaria per la concorrenza, pronunciato soltanto pochi mesi prima dell’invio della lettera di invito da parte della Commissione (183); e iv) ha omesso di esaminare gli argomenti delle ricorrenti basati sulla violazione del principio della certezza del diritto.

253. La Commissione replica che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto sul punto.

2.      Analisi

254. Anche in questo caso, sebbene alcuni dei passaggi pertinenti della sentenza impugnata non mi convincano, ritengo che il Tribunale non sia incorso in errore nel respingere il terzo motivo della Illumina.

255. Anzitutto, l’affermazione delle ricorrenti secondo cui il Tribunale avrebbe snaturato il senso degli argomenti fondati sul legittimo affidamento non è persuasiva. Secondo le ricorrenti, l’argomento della Illumina consisteva nel fatto che la Commissione aveva determinato il sorgere dell’aspettativa che essa non avrebbe incoraggiato richieste di rinvio relative a concentrazioni al di sotto delle soglie nazionali, mentre il Tribunale ha esaminato se la Commissione potesse legittimamente accettare tali rinvii. Ciò equivale, a mio avviso, a «spaccare il capello in quattro». È chiaro che i due aspetti sono complementari e difficilmente possono essere dissociati.

256. La parte essenziale dell’argomento delle ricorrenti era, in sostanza, che esse non potevano prevedere l’improvviso cambiamento di politica della Commissione per quanto riguarda l’interpretazione dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Ciò che conta, in realtà, a tal riguardo, è se le ricorrenti potessero legittimamente ritenere, in virtù delle informazioni ricevute dalla Commissione, che la loro concentrazione non sarebbe stata oggetto di un rinvio ai sensi dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. La questione se, in tale contesto, il rinvio in questione sia stato effettuato da una o più ANC, vuoi d’ufficio, vuoi perché invitate a farlo dalla Commissione, non mi sembra rilevante.

257. Inoltre, non mi convincono neppure gli argomenti delle ricorrenti diretti a contestare il mancato esame, da parte del Tribunale, delle loro censure concernenti la violazione del principio della certezza del diritto. Dopo aver esaminato le osservazioni delle ricorrenti in primo grado, devo concordare con il Tribunale sul fatto che esse non hanno presentato alcun argomento specifico a tal riguardo. In altri termini, nessun elemento che potesse essere distinto dai loro argomenti relativi al legittimo affidamento, che il Tribunale ha espressamente esaminato nella sentenza impugnata.

258.  Inoltre, non ritengo che sussistano, nel caso di specie, tutte le condizioni necessarie affinché una parte possa invocare il principio del legittimo affidamento.

259. È vero che taluni passaggi della sentenza impugnata sono, a mio avviso, errati. Al punto 254 di tale sentenza, il Tribunale ha menzionato un filone giurisprudenziale ai sensi del quale informazioni precise, incondizionate e concordanti fornite dall’amministrazione possono far sorgere un legittimo affidamento, a condizione, in particolare, che tali informazioni «siano conformi alle norme applicabili». In seguito, al punto 265 della sentenza, riferendosi a tale giurisprudenza, il Tribunale ha aggiunto che, «poiché dal primo motivo emerge che le decisioni impugnate erano fondate su un’interpretazione corretta della portata di tale articolo, la ricorrente non può far valere il riorientamento della prassi decisionale della Commissione».

260. Non posso concordare con il Tribunale su tale aspetto. La giurisprudenza citata dal Tribunale (che mi sembra essere composta essenzialmente da sentenze del Tribunale stesso) non può logicamente significare che i singoli possono far valere il legittimo affidamento soltanto se le rassicurazioni fornite dall’amministrazione sono conformi alle norme applicabili. Infatti, se le rassicurazioni sono conformi alle norme applicabili, non vi è alcuna necessità, per i soggetti in questione, di invocare la tutela del legittimo affidamento: la loro posizione sarebbe debitamente protetta dalle stesse disposizioni alle quali l’amministrazione fa riferimento. La ratio del principio del legittimo affidamento è, evidentemente, quella di tutelare i singoli che, senza colpa, sono indotti in errore dall’interpretazione del diritto applicabile adottata dall’amministrazione.

261. A mio avviso, tale filone giurisprudenziale può essere ammesso soltanto se inteso nel senso che esclude la possibilità, per i singoli, di avvalersi del principio del legittimo affidamento nei casi in cui un soggetto ragionevolmente accorto si renderebbe conto che le rassicurazioni fornite dall’amministrazione non sono conformi alle norme applicabili. Di conseguenza, se, nel caso di specie, le ricorrenti avessero effettivamente ricevuto dalla Commissione «rassicurazioni precise, incondizionate e concordanti», il fatto che tale istituzione abbia poi applicato correttamente l’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni non avrebbe potuto impedire a tali imprese di invocare una violazione del principio del legittimo affidamento.

262. Ciò detto, concordo con il Tribunale sul fatto che, in ogni caso, rassicurazioni di tal genere non possono essere tratte dal discorso della Commissaria menzionato dalle ricorrenti. Come correttamente rilevato dal Tribunale, sia l’oggetto del discorso (che «verteva sulla politica generale della Commissione in materia di concentrazioni e non menzionava la concentrazione in questione») (184) sia il contenuto essenziale e il tenore dello stesso (nel quale si legge che, in passato, «la Commissione aveva avuto l’abitudine di scoraggiare le autorità nazionali dal rinviare concentrazioni per il cui esame non erano esse stesse competenti») (185) escludono che un siffatto discorso possa essere considerato come fonte di rassicurazioni «precise, incondizionate e concordanti» ai sensi della giurisprudenza della Corte (186).

263. Alla luce di quanto precede, anche il terzo motivo di impugnazione dovrebbe, a mio avviso, essere respinto.

VI.    Conseguenze della valutazione: definizione della presente causa

264. Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima può, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta.

265. A mio avviso, ciò è chiaramente quanto avviene nel presente procedimento. Il Tribunale è incorso in un errore nell’interpretazione e nell’applicazione dell’articolo 22 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni. Sulla base di un’interpretazione corretta di tale disposizione, quest’ultima non autorizza la Commissione ad adottare decisioni come quelle contestate dalle ricorrenti nel presente procedimento. Tali decisioni dovrebbero, pertanto, essere annullate.

266. Tuttavia, la richiesta dell’ACF e la lettera di informazione della Commissione non possono essere annullate per i seguenti motivi: i) il primo atto non è stato impugnato in primo grado (187) (tralasciando il fatto che non si tratta di un atto di un’istituzione dell’Unione) e ii) la lettera di informazione, sebbene impugnata in primo grado, è stata considerata dal Tribunale un atto non impugnabile (188). Inoltre, i relativi passaggi della sentenza impugnata non sono stati contestati dalle ricorrenti.

VII. Spese

267. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, e dell’articolo 184, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché le ricorrenti hanno chiesto la condanna alle spese e le loro impugnazioni sono state accolte, la Commissione dovrebbe essere condannata a farsi carico delle spese relative al procedimento.

268. Conformemente all’articolo 140 e all’articolo 184, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nel procedimento, l’Autorità di vigilanza AELS e la Biocom dovrebbero farsi carico delle proprie spese.

VIII. Conclusione

269. Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di:

–        annullare la sentenza del Tribunale del 13 luglio 2022, Illumina/Commissione (T‑227/21, EU:T:2022:447);

–        annullare la decisione C(2021) 2847 final della Commissione, del 19 aprile 2021, che accoglie la richiesta dell’autorità francese garante della concorrenza di esaminare l’operazione di concentrazione intesa all’acquisizione, da parte della Illumina, Inc., del controllo esclusivo della Grail, Inc. (caso COMP/M.10188 – Illumina/Grail), delle decisioni C(2021) 2848 final, C(2021) 2849 final, C(2021) 2851 final, C(2021) 2854 final e C(2021) 2855 final della Commissione, del 19 aprile 2021, che accolgono le richieste delle autorità garanti della concorrenza belga, dei Paesi Bassi, greca, islandese e norvegese di aderire a tale richiesta di rinvio, e della lettera della Commissione europea dell’11 marzo 2021 che informa la Illumina e la Grail di detta richiesta di rinvio;

–        condannare la Commissione alle spese del procedimento; e

–        condannare la Repubblica francese, il Regno dei Paesi Bassi, l’Autorità di vigilanza dell’Associazione europea di libero scambio e la Biocom California a farsi carico delle proprie spese.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nella causa Commissione/Tetra Laval (C‑12/03 P, EU:C:2004:318, paragrafo 73).


3      Su tali questioni v. International Competition Network Merger Working Group Notification & Procedures Subgroup, «Setting Notification Thresholds For Merger Review», aprile 2008 (disponibile sul sito Internet dell’International Competition Network).


4      GU 2004, L 24, pag. 1.


5      Regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (GU 1989, L 395, pag. 1). L’articolo 22, paragrafi da 3 a 6, era così formulato:


«3.      Qualora la Commissione constati, su richiesta di uno Stato membro, che un’operazione di concentrazione (...) che sia priva di dimensione comunitaria ai sensi dell’articolo 1, crea o rafforza una posizione dominante, tale da ostacolare in modo significativo una concorrenza effettiva nel territorio dello Stato membro interessato, essa può, nella misura in cui tale concentrazione incida sul commercio tra Stati membri, prendere le decisioni di cui all’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma e paragrafi 3 e 4.


4.      Si applicano l’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), nonché gli articoli 5, 6, 8 e da 10 a 20. (...) Tale richiesta deve aver luogo entro e non oltre un mese dalla data in cui l’operazione di concentrazione è stata comunicata allo Stato membro o realizzata. (…)


5.      La Commissione adotta, in applicazione del paragrafo 3, solo le misure strettamente necessarie per preservare o ripristinare una concorrenza effettiva nel territorio dello Stato membro, in base alla cui richiesta essa è intervenuta.


6.      I paragrafi 3, 4 e 5 continuano ad essere applicati finché le soglie di cui all’articolo 1, paragrafo 2 non siano state rivedute».


6      Regolamento del 30 giugno 1997 che modifica il regolamento (CEE) n. 4064/89 relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (GU 1997, L 180, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento del 1997»). Esso ha modificato l’articolo 22 del regolamento comunitario sulle concentrazioni prevedendo, in particolare: i) l’introduzione, al paragrafo 3, di un riferimento alla richiesta congiunta di vari Stati membri; ii) l’introduzione, al paragrafo 4, delle frasi «[l]’articolo 7 si applica nella misura in cui l’operazione di concentrazione non è stata realizzata alla data nella quale la Commissione informa le parti che la richiesta è stata presentata» e «[l]a richiesta deve aver luogo entro e non oltre un mese dalla data in cui l’operazione di concentrazione è stata comunicata allo Stato membro o agli Stati membri che hanno presentato la richiesta congiunta o è stata realizzata»; e iii) la soppressione del paragrafo 6.


7      EU:T:2022:447.


8      GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE».


9      GU 2021, C 113, pag. 1.


10      V., ad esempio, sentenza del 22 giugno 2023, DI/BCE (C‑513/21 P, EU:C:2023:500, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).


11      C‑457/23 P, EU:C:2023:760.


12      V., in particolare, sentenza del 12 luglio 2022, Nord Stream 2/Parlamento e Consiglio (C‑348/20 P, EU:C:2022:548, punto 128 e giurisprudenza ivi citata). Il corsivo è mio.


13      V., in tal senso, ibidem, punti 130 e 131, nonché, con ulteriori riferimenti, conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Nord Stream 2/Parlamento e Consiglio (C‑348/20 P, EU:C:2021:831, paragrafo 120).


14      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43).


15      Sentenza del 12 luglio 2022, Nord Stream 2/Parlamento e Consiglio (C‑348/20 P, EU:C:2022:548, punto 129 e giurisprudenza ivi citata).


16      V., ad esempio, ordinanza del 12 giugno 2019, OY/Commissione (C‑816/18 P, EU:C:2019:486, punto 6 delle conclusioni dell’avvocato generale citate al punto 4 dell’ordinanza, e giurisprudenza ivi citata).


17      V., infatti, i punti 9 e 10 dell’ordinanza citata.


18      V., nuovamente, conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Nord Stream 2/Parlamento e Consiglio (C‑348/20 P, EU:C:2021:831, paragrafo 177 e giurisprudenza ivi citata).


19      V., ad esempio, sentenze del 6 settembre 2017, Intel/Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 86) e del 25 marzo 2021, Xellia Pharmaceuticals e Alpharma/Commissione (C‑611/16 P, EU:C:2021:245, punto 153).


20      V., per analogia, sentenza del 30 settembre 2021, Corte dei conti/Pinxten (C‑130/19, EU:C:2021:782, punti 310 e 311 e giurisprudenza ivi citata).


21      Punto 177 della sentenza impugnata. Il corsivo è mio.


22      Punti 89, 90 e 92 della sentenza impugnata.


23      Punto 91 della sentenza impugnata (il corsivo è mio). Ciò vale per la maggior parte delle versioni linguistiche del regolamento, sebbene una minoranza di esse (come le versioni neerlandese e svedese) non utilizzi l’espressione «qualsiasi concentrazione», ma altri termini che potrebbero essere tradotti con «una concentrazione».


24      Punto 93 della sentenza impugnata.


25      Punti 94 e 95 della sentenza impugnata.


26      Sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:335, punto 20). Il corsivo è mio.


27      V., ex multis, sentenza del 6 ottobre 2020, Jobcenter Krefeld (C‑181/19, EU:C:2020:794, punto 61 e giurisprudenza ivi citata). Il corsivo è mio.


28      Ibidem, punti 62 e 66.


29      V., ad esempio, sentenze del 19 novembre 2009, Sturgeon e a. (C‑402/07 e C‑432/07, EU:C:2009:716, punti da 40 a 69) e del 27 ottobre 2016, Commissione/Germania (C‑220/15, EU:C:2016:815, punti da 38 a 47).


30      (1969) UNTS Vol. 1155, pag. 331. V., rispettivamente, articolo 31 e articolo 32.


31      Il corsivo è mio.


32      Come dichiarato dall’avvocato generale Wathelet, la Corte può limitarsi all’interpretazione letterale della disposizione quando il testo di cui trattasi è assolutamente chiaro e univoco, ma non è tenuta a farlo (v., a tal riguardo, conclusioni nella causa Francia/Parlamento, C‑73/17, EU:C:2018:386, paragrafo 25 e giurisprudenza ivi citata).


33      V., tra gli altri, i termini «postoupení» (ceco), «Verweisung» (tedesco), «παραπομπή» (greco), «remisión» (spagnolo), «renvoi» (francese), «áttétel» (ungherese), «rinvio» (italiano), «remessa» (portoghese) e «napotitev» (sloveno).


34      Il corsivo è mio.


35      Punto 142 della sentenza impugnata (il corsivo è mio). V. anche punti 141, 165, 177 e 182 di tale sentenza.


36      Libro verde della Commissione, del 31 gennaio 1996, concernente la revisione del regolamento sulle concentrazioni (COM (96) 19 def.), menzionato ai punti 97 e 98 della sentenza impugnata.


37      Libro verde della Commissione, dell’11 dicembre 2001, sulla revisione del regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio (COM (2001) 745 definitivo), menzionato ai punti 97, 99, 101 e 103 della sentenza impugnata.


38      Proposta della Commissione di regolamento del Consiglio relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese («Regolamento comunitario sulle concentrazioni») (GU 2003, C 20, pag. 4), menzionato ai punti 97 e da 106 a 113 della sentenza impugnata.


39      Documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la comunicazione della Commissione al Consiglio – Relazione sul funzionamento del regolamento n. 139/2004 del 30 giugno 2009 (SEC(2009) 808 final/2), menzionata ai punti 97 e 115 della sentenza impugnata.


40      Purtroppo il Tribunale non ha preso espressamente posizione su questo aspetto, e una posizione non può neppure essere dedotta dall’esame della motivazione della sentenza impugnata. Infatti, il Tribunale ha fatto riferimento indistintamente a elementi presenti nel regolamento comunitario sulle concentrazioni originario e a elementi aggiunti successivamente, dal regolamento del 1997 o dal regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.


41      Punto 97 della sentenza impugnata.


42      Punto 98 della sentenza impugnata.


43      Punto 102 della sentenza impugnata.


44      In particolare nel 1997, quando la disposizione è stata modificata. V. punto 103 della sentenza impugnata.


45      Punto 109 della sentenza impugnata.


46      V., in particolare, sentenze del 18 luglio 2007, Industrias Químicas del Vallés/Commissione (C‑326/05 P, EU:C:2007:443, punti da 60 a 68) e del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio (C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punto 76).


47      Punto 99 della sentenza impugnata.


48      Ciò è tuttora valido nel momento in cui si scrive. Tuttavia, prendo atto del fatto che la situazione è suscettibile di mutare in un futuro prossimo, poiché il governo lussemburghese ha presentato, nell’agosto 2023, un progetto di legge che istituisce un sistema di controllo delle concentrazioni in tale paese.


49      Punti 9 e 10 del libro verde del 1996 (il corsivo è mio).


50      Punto 86 del libro verde del 2001, menzionato al punto 103 della sentenza impugnata.


51      Con l’espressione notifiche «volontarie», la Commissione faceva riferimento a quelle depositate presso l’autorità garante della concorrenza del Regno Unito, poiché il Regno Unito (che all’epoca era uno Stato membro dell’Unione) possiede un sistema di controllo delle concentrazioni che, a differenza del sistema dell’Unione e di quelli degli altri Stati membri, non si basa su notifiche obbligatorie, bensì su notifiche volontarie.


52      V., in particolare, pag. 4 («Compendio») e punti da 72 a 88 del libro verde del 2001.


53      Punto 53 (il corsivo è mio).


54      Tale aspetto è inoltre sottolineato dal riferimento, nel libro verde del 2001, alla mancanza di definizione dell’espressione «comunicare un’operazione di concentrazione allo Stato membro», anche se «sembra comunque naturale adottare la data di una notificazione nazionale come data iniziale negli Stati membri in cui esiste l’obbligo di notificazione». Anche in questo caso, la Commissione si riferisce chiaramente a casi portati all’attenzione delle autorità nazionali, in quanto rientranti nei rispettivi sistemi nazionali di controllo delle concentrazioni.


55      V., in particolare, punti 93, 95 e 99 del libro verde del 2001.


56      Il corsivo è mio.


57      V. punto 138 del documento di lavoro dei servizi della Commissione del 2009: «sulla questione se uno Stato membro debba poter effettuare un rinvio o aderire a un rinvio pur essendo incompetente a decidere il caso, cinque Stati membri hanno ritenuto che ciò debba essere permesso, mentre nove erano di avviso contrario. Ciò solleva la questione se uno Stato membro debba essere autorizzato o meno a rinviare un caso quando non è competente, ma l’attività delle parti produce effetti in tale Stato membro» (il corsivo è mio).


58      V. punti 133, da 140 a 142 e 144 del documento di lavoro dei servizi della Commissione del 2009 (il corsivo è mio). V., analogamente, punto 86 del libro verde del 2001.


59      V., in particolare, Consiglio, relazioni del 7 novembre 1988 (9114/88), del 10 novembre 1988 (9265/88) e dell’8 dicembre 1988 (10054/88).


60      Progetto di processo verbale della 1339a sessione del Consiglio del 18 luglio 1989 (8016/89 PV/ CONS 47), pag. 2.


61      In primis, il regolamento CEE del Consiglio n. 17, del 6 febbraio 1962: Primo regolamento d’applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato [CEE] (GU 1962, P 13, pag. 204).


62      Commissione, proposta modificata di regolamento (CEE) del Consiglio sul controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese, (COM(88) 97 def.) (GU 1988, C 130, pag. 4). L’articolo 22 di tale proposta, intitolato «Applicazione esclusiva del presente regolamento» era così formulato: «[i] regolamenti (CEE) n. 17, 1017/68 4056/86 e 3975/87 non sono applicabili alle concentrazioni che rientrano nel campo d’applicazione del presente regolamento».


63      V. Consiglio, nota della Presidenza al Consiglio, 7 aprile 1989 (5857/89 (RC 9)), allegato, punto 4; relazioni del 12 aprile 1989 (6267/89, RC 12); progetto di processo verbale della 1339a sessione del Consiglio del 18 luglio 1989 (8016/89 PV/ CONS 47), punto 13; relazioni del 9 novembre 1989, (9672/89 (RC 41)), pag. 3. V. anche la lettera di Sir Leon Brittan al Consiglio (SG (89) D/5429) del 24 aprile 1989, pag. 2.


64      V. relazione della Commissione al Consiglio sull’applicazione del regolamento sulle concentrazioni, del 28 luglio 1993 (COM(93) 385 def., pag. 14) (in prosieguo: la «relazione del 1993»); Commissione, nota di G. Drauz al servizio giuridico (COMP/HT.60), gruppo di lavoro del Consiglio, 6 giugno 2003 (11430), punto 4.


65      V. Sir Leon Brittan, Competition Policy and Merger Control in the Single European Market, Grotius, 1991, pagg. 33 e 49. Analogamente, Jones, C., «Procedures and Enforcement under EEC Merger Regulation», in Hawk, B. (a cura di), Annual Proceedings of the Fordham Corporate Law Institute, 1990, pag. 476.


66      V. Commissione, relazione del 1993, pag. 7. V. anche comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo concernente la revisione del regolamento sulle concentrazioni, COM (96) 313 final, punto 5. V. anche Levy, N., Rimsa, A. e Buzatu, B., «The jurisdictional reach of EC merger control: Striking the right balance», in Kokkoris, I. e Levy, N., Research Handbook on Global Merger Control, Edward Elgar Publishing, 2023, pag. 219: «Nessun sistema attuabile di controllo delle concentrazioni può includere tutte le operazioni suscettibili di incidere sulla concorrenza in una determinata giurisdizione» [traduzione libera].


67      V. Consiglio, risultati dei lavori del gruppo sulle questioni economiche (controllo delle concentrazioni), 8 marzo 1989, (5770/89 RC 8) pag. 4. V. anche la lettera di Sir Leon Brittan al Consiglio, 30 marzo 1989 (SG (89) D/4008), pag. 2.


68      V. Consiglio, relazione al Comitato dei rappresentanti permanenti, 9 dicembre 1988, (10189/89 RC 36), pag. 8; e parere del servizio giuridico, 11 luglio 1989 (7896/89 JUR 98 RC 24), pag. 10. V. anche Commissione, relazione del 1993, pag. 14.


69      V. Sir Leon Brittan, op. cit. alla nota 65, pagg. 39, 48 e 53.


70      V. Consiglio, parere del servizio giuridico, 11 luglio 1989 (7896/89 JUR 98 RC 24), pag. 4.


71      V. paragrafi 201 e 208 delle presenti conclusioni.


72      Questo numero corrisponde a tutti gli Stati membri dell’Unione (ad eccezione del Lussemburgo) e agli Stati SEE/AELS (Islanda e Norvegia) che dispongono attualmente di un regime nazionale di controllo delle concentrazioni.


73      Di converso, l’adozione del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni mirava a rafforzare gli elementi positivi del regolamento comunitario sulle concentrazioni. V. Commissione, nota di G. Drauz al servizio giuridico (COMP/HT.60), gruppo di lavoro del Consiglio, 6 giugno 2003 (11430), pag. 7; e la proposta della Commissione del 2003, punto 10.


74      V. supra, note 5 e 6.


75      GU 2005, C 56, pag. 2.


76      V., in particolare, i punti 33, 45, 47 e 50 della comunicazione.


77      V. punto 45 della comunicazione.


78      Punti 2 e 79 del libro bianco del 2014.


79      Punti 69 e 70 del libro bianco del 2014.


80      Punto 61 del libro bianco del 2014.


81      Punti 21, 63 e 69 del libro bianco del 2014.


82      Disponibile sul sito Internet della Commissione. V., in particolare le sezioni A.1, B.2 e B.3.


83      Punto 139 della sentenza impugnata.


84      Già articoli 87 e 235 del Trattato CEE.


85      Punti 119 e 120 della sentenza impugnata,


86      V. settimo considerando del regolamento comunitario sulle concentrazioni e considerando 7 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.


87      V., in particolare, Consiglio, risultati dei lavori del gruppo sulle questioni economiche (controllo delle concentrazioni), 29 maggio 1989 (7752/89 RC 20) pag. 5; risultati dei lavori del gruppo sulle questioni economiche (controllo delle concentrazioni), 22 giugno 1989 (7827/89 RC 22) pag. 1, allegato II, pag. 3; e parere del servizio giuridico, 11 luglio 1989 (7896/89 JUR 98 RC 24), pag. 4.


88      All’epoca, articolo 38 del Trattato CEE e allegato II del Trattato CEE.


89      In sostanza, l’articolo 352, paragrafo 1, TFUE consente al Consiglio di adottare disposizioni appropriate nei casi in cui un’azione dell’Unione appare necessaria, nel quadro delle politiche definite dai Trattati, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai Trattati senza che questi ultimi abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine.


90      Su tale tema, v. anche Dashwood, A., Community Report, XIV congresso FIDE, Madrid, 2010.


91      Punti da 121 a 124 della sentenza impugnata. Il corsivo è mio.


92      Punti 125 e 126 della sentenza impugnata.


93      L’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni consente alle parti di una concentrazione di chiedere alla Commissione di rinviare l’esame di una concentrazione di dimensione comunitaria, interamente o in parte, alle autorità di uno Stato membro, qualora tale concentrazione «p[ossa]incidere in misura significativa sulla concorrenza in un mercato all’interno di uno Stato membro che presenta tutte le caratteristiche di un mercato distinto». A sua volta, l’articolo 9 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni consente alla Commissione, in determinate circostanze, di rinviare una concentrazione che le è stata notificata alle autorità competenti degli Stati membri interessati.


94      Punti da 127 a 129 della sentenza impugnata.


95      Punto 130 della sentenza impugnata.


96      Il corsivo è mio.


97      Punto 130 della sentenza impugnata, il corsivo è mio.


98      Il corsivo è mio in tali disposizioni.


99      V. paragrafi 100, 103 e 105 delle presenti conclusioni. Per quanto riguarda più specificamente il regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, v. anche il considerando 12 di tale regolamento. Questa evoluzione, anche a causa della progressiva riduzione della possibilità di ricorrere al meccanismo di rinvio, è stata sottolineata anche nella dottrina giuridica: v., ad esempio, Albors-Llorens, A., Goyder, D.G. e Goyder, J., Goyder’s EC Competition Law, 5a edizione, Oxford University Press, 2009, pag. 431; e Frenz, W., Handbook of EU Competition Law, Springer, 2016, pag. 1308.


100      Punto 131 della sentenza impugnata.


101      Punto 132 della sentenza impugnata. Il corsivo è mio.


102      Il corsivo è mio. Tornerò su tale questione ai paragrafi 155 e 156 delle presenti conclusioni.


103      Infatti, la procedura è stata validamente instaurata e, se non altro, una richiesta di rinvio congiunta da parte di vari Stati membri promuove la coerenza del sistema: qualora la richiesta sia accolta, tutti gli Stati membri interessati «si astengono dall’applicare ulteriormente alla concentrazione [in questione] la loro legislazione nazionale sulla concorrenza» (articolo 22, paragrafo 3, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni), comprese le loro disposizioni in materia di accordi anticoncorrenziali e di abuso di posizione dominante alla concentrazione in questione. V., su quest’ultimo aspetto, punto 134 della sentenza impugnata.


104      V., più dettagliatamente, paragrafi da 206 a 214 delle presenti conclusioni.


105      Punto 133 della sentenza impugnata.


106      Tuttavia, v. paragrafi da 152 a 162 delle presenti conclusioni.


107      Punto 134 della sentenza impugnata.


108      Punti 135 e 136 della sentenza impugnata.


109      Infatti, i) se uno Stato membro che non dispone di un sistema nazionale di controllo delle concentrazioni presenta una richiesta di rinvio, l’obbligo di sospensione previsto all’articolo 7 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni si applica alla concentrazione in questione indipendentemente dal fatto che essa rientri o meno nell’ambito di uno o più altri sistemi nazionali di controllo delle concentrazioni, e ii) se uno Stato membro presenta una richiesta di rinvio, l’obbligo di sospensione previsto all’articolo 7 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni si applica alla concentrazione in questione in forza del regolamento comunitario sulle concentrazioni e, quindi, indipendentemente dal fatto che la legislazione di tale Stato membro preveda o meno un obbligo equivalente.


110      Come giustamente sottolineato dall’Autorità di vigilanza AELS nelle sue osservazioni, il regolamento dell’Unione sulle concentrazioni è un atto che, ai sensi dell’articolo 57 dell’accordo SEE, è applicabile anche negli «Stati SEE AELS» (Islanda, Liechtenstein e Norvegia); il Liechtenstein non dispone di un sistema nazionale di controllo delle concentrazioni.


111      Questo è notoriamente il caso del Regno Unito, che era ancora uno Stato membro dell’Unione quando sono stati adottati il regolamento comunitario sulle concentrazioni e il regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.


112      Per una buona rassegna di questi aspetti specifici del sistema, v. «Merger Notification and Procedures Templates» (schede informative in materia di notifiche e procedure applicabili alle concentrazioni) presentati da molti Stati membri dell’Unione all’International Competition Network (disponibili sul sito Internet di quest’ultima).


113      Punto 137 della sentenza impugnata.


114      Sentenza del 15 dicembre 1999, Kesko/Commissione, T‑22/97, ECLI:EU:T:1999:327, punto 84).


115      Punto 138 della sentenza impugnata.


116      V., paragrafi da 129 a 133 delle presenti conclusioni.


117      V., in particolare, articolo 22, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni: «[t]utti i termini nazionali relativi alla concentrazione in questione sono sospesi». Il corsivo è mio.


118      V., nuovamente, articolo 22, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni: «(...) fino a quando non sia stato deciso, secondo la procedura di cui al presente articolo, dove deve essere esaminata la concentrazione». Il corsivo è mio.


119      Il corsivo è mio.


120      Per quanto concerne l’articolo 22, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, v. punti 133 e 150 della sentenza impugnata. Tuttavia, il Tribunale si occupa soltanto dell’espressione «[t]utti i termini nazionali» e non dell’espressione «fino a quando non sia stato deciso (...) dove deve essere esaminata la concentrazione». Per quanto riguarda il considerando 15 («altresì competenti»), v. punti da 149 a 151 della sentenza impugnata.


121      Il corsivo è mio.


122      V. anche le espressioni analoghe contenute, ad esempio, nelle versioni tedesca («für»), greca («για λογαριασμό»), spagnola («en nombre de»), francese («au nom d[e]») e italiana («per conto di») del regolamento. Nel senso che la Commissione sembra agire nel quadro di una sorta di delega dei poteri spettanti all’autorità nazionale competente, v.: Cohen-Tanugi, C., e a., La pratique communautaire du contrôle des concentrations, De Boeck Université, 1995, pag. 56. Analogamente, Sir Leon Brittan, op. cit. alla nota 65, pag. 52.


123      Il corsivo è mio. Questa disposizione è stata oggetto di una modifica minore nel 1997 ed è stata abrogata dal regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, in quanto non più coerente con la nuova funzione di sportello unico dell’articolo 22 di tale regolamento. V., Cook, J. e Kerse, C., EC Merger Control, 5a edizione, Sweet&Maxwell, 2005, pag. 343.


124      Il fatto che i poteri limitati della Commissione implicassero un ambito di applicazione limitato per il meccanismo di rinvio previsto, all’epoca, dall’articolo 22 del regolamento comunitario sulle concentrazioni è stato sottolineato, ad esempio, da Cook, J. e Kerse, C., EEC Merger Control – Regulation 4064/89, 1a edizione, Sweet&Maxwell, 1991, pagg. 60 e 61.


125      Infatti, una modifica del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni richiederebbe, di regola, l’unanimità (a causa della base giuridica costituita dall’articolo 352 TFUE), ma l’articolo 1, paragrafo 5, di tale regolamento permette al Consiglio di modificare le soglie «deliberando a maggioranza qualificata».


126      V. anche il considerando 9 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, ai sensi del quale «(…) [l]a Commissione dovrebbe riferire al Consiglio sull’applicazione delle soglie e dei criteri previsti, affinché il Consiglio, intervenendo a norma dell’articolo 202 del trattato, sia in grado di rivederli periodicamente, (…) alla luce dell’esperienza acquisita; occorre quindi che gli Stati membri comunichino alla Commissione dati statistici per la preparazione delle sue relazioni e di eventuali proposte di modifica. Le relazioni e le proposte della Commissione dovrebbero essere basate sulle pertinenti informazioni fornite regolarmente dagli Stati membri» (il corsivo è mio). Da tale considerando deduco che l’articolo 1, paragrafi 4 e 5, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni permette il ricorso alla procedura semplificata in qualsiasi momento successivo all’adozione della relazione da presentare entro il 1º luglio 2009. Tuttavia, riconosco che la formulazione della disposizione è caratterizzata da un margine di ambiguità, che potrebbe indurre a ritenere che la procedura semplificata fosse applicabile soltanto alle modifiche proposte a seguito dell’adozione della relazione del 2009. Ciò nonostante, anche tralasciando la formulazione specifica del considerando 9 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, l’idea che tale disposizione sia applicabile soltanto una volta sembra illogica. Infatti, con il trascorrere del tempo, la necessità di adeguare le soglie diventa sempre più evidente.


127      V. Downes, T. A. eh Ellison, J., The legal control of mergers in the EC, Blackston, 1991, pagg. da 63 a 65, i quali sottolineano il carattere temporaneo del meccanismo.


128      V. Sir Leon Brittan, op. cit. alla nota 65, pag. 42: «Questa disposizione è definita in modo rigoroso e non consente alla Commissione, in via generale, di esaminare concentrazioni al di sotto della soglia, anche se suscettibili, in tal modo, di eludere lo spirito della norma che fissa detta soglia» (il corsivo è mio) [traduzione libera]. V. anche ibidem, «The Law and Policy of Merger control in the EEC», European Law Review, 1990, pag. 245.


129      V., in particolare, il considerando 10 del regolamento del 1997 e i considerando 11, 12 e 14 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.


130      Come affermato al punto 142 della sentenza impugnata.


131      Il corsivo è mio.


132      Il corsivo è mio.


133      V., in particolare, sentenza del 4 marzo 2020, Marine Harvest/Commissione (C‑10/18 P, EU:C:2020:149, punto 108 e giurisprudenza ivi citata). V. anche sentenza del 12 dicembre 2012, Electrabel/Commissione (T‑332/09, EU:T:2012:672, punto 246).


134      Tale considerando era così formulato: «considerando quindi che occorre creare uno strumento giuridico nuovo sotto forma di regolamento che consenta un controllo effettivo di tutte le operazioni di concentrazione in funzione della loro incidenza sulla struttura di concorrenza nella Comunità e che sia il solo applicabile a tali concentrazioni».


135      Conformemente a tale disposizione, indipendentemente dalla competenza esclusiva della Commissione a esaminare le concentrazioni rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni, «gli Stati membri possono adottare opportuni provvedimenti per tutelare interessi legittimi diversi da quelli presi in considerazione dal presente regolamento e compatibili con i principi generali e le altre disposizioni del diritto comunitario».


136      V., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2017, Austria Asphalt (C‑248/16, EU:C:2017:643, punto 21). V. anche sentenze del 25 marzo 1999, Gencor/Commissione (T‑102/96, EU:T:1999:65, punto 314); e del 22 settembre 2021, Altice Europe/Commissione (T‑425/18, EU:T:2021:607, punto 299).


137      V. sentenza del 22 giugno 2004, Portogallo/Commissione (C‑42/01, EU:C:2004:379, punto 50) e considerando 8 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.


138      V. considerando 9 del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni.


139      V. particolare, punto 140 della sentenza impugnata.


140      Il corsivo è mio. Infatti, anche la dottrina giuridica ha fatto riferimento al regolamento comunitario sulle concentrazioni come a uno strumento che persegue diversi obiettivi: v., ad esempio, Navarro Varona e a., Merger Control in the EU: Law, Economics and Practice, 1a edizione, Oxford University Press, 2001, pagg. da 1 a 5.


141      V. i riferimenti al principio di sussidiarietà nei considerando 6, 8, 11 e 14. V. anche il considerando 8, in fine: «[l]e concentrazioni che non sono previste dal presente regolamento rientrano in linea di massima nella competenza degli Stati membri».


142      V. i riferimenti al principio dello sportello unico nei considerando 8 e 11, alla «competenza esclusiva» della Commissione nel considerando 17 e ai limiti che ne derivano per l’azione degli Stati membri nei considerando 18 e 19.


143      V. i riferimenti all’efficienza nei considerando 14, 15 e 16, alla prevedibilità nel considerando 15 e alla certezza del diritto nei considerando 11, 25 e 34. V. anche il libro verde del 1996, punto 29. Nella dottrina giuridica, v., in particolare, Blaise, J.B., «Concurrence – Contrôle des opérations de concentration», Revue trimestrielle de droit européen, 1990, pag. 743; e Venit, J., «The “merger” control regulation: Europe comes of age…or Caliban’s dinner», Common Market Law Review, 1990, pag. 44.


144      Analogamente, Whish, R. e Bailey, D., Competition Law, 8a edizione, Oxford University Press, 2018, pagg. 832 e 833.


145      V., in generale, Irarrazabal Philippi, F., «Merger control procedure», Global Dictionary of Competition Law, Concurrences, Art. N° 12342.


146      Sentenza del 22 giugno 2004, Portogallo/Commissione (C‑42/01, EU:C:2004:379, punti 51 e 53). V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Cementbouw Handel & Industrie/Commissione (C‑202/06 P, EU:C:2007:255, paragrafo 44).


147      V. sentenza del 22 giugno 2004, Portogallo/Commissione (C‑42/01, EU:C:2004:379, punto 50). V. anche il considerando 8 («[l]e concentrazioni che non sono previste dal presente regolamento rientrano in linea di massima nella competenza degli Stati membri») e il considerando 9 («[o]ccorre [che] il campo d’applicazione del presente regolamento [sia] limita[to] mediante soglie quantitative per coprire le concentrazioni che rivestono dimensione comunitaria»).


148      V. supra, nota 141.


149      Sir Leon Brittan, «Subsidiarity in the Constitution of the EC», Robert Schuman Lecture, European University Institute, 1992, pag. 12 [traduzione libera].


150      Articolo 5, paragrafo 3, primo comma, TUE: «[i]n virtù del principio di sussidiarietà (...) l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione».


151      V. regolamento di esecuzione (UE) 2023/914 della Commissione, del 20 aprile 2023, recante esecuzione del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese e che abroga il regolamento (CE) n. 802/2004 (GU 2023, L 119, pag. 22).


152      Regolamento (UE) 2022/1925 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2022, relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale e che modifica le direttive (UE) 2019/1937 e (UE) 2020/1828 (regolamento sui mercati digitali) (GU 2022, L 265, pag. 1).


153      Sentenza del 13 luglio 2023, Commissione/CK Telecoms UK Investments (C‑376/20 P, EU:C:2023:561, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).


154      Come sottolineato da tutta la dottrina, v. ad esempio, Bushell, G., Chapter II, in Jones, C. e Weinert, L. (a cura di), EU Competition Law, Vol. II, Book One, Edward Elgar Publishing, 2021, pag. 41.


155      V., recentemente, sentenza del 22 novembre 2022, Commissione/Consiglio (Adesione all’Atto di Ginevra) (C‑24/20, EU:C:2022:911, punto 83).


156      Ciò vale, a fortiori, se si ritiene, come me, che la procedura semplificata prevista all’articolo 1, paragrafi 4 e 5, del regolamento dell’Unione sulle concentrazioni per la modifica di tali soglie sia tuttora applicabile. V. supra, note 125 e 126.


157      V., ex multis, sentenza del 24 novembre 1992, Poulsen e Diva Navigation (C‑286/90, EU:C:1992:453, punto 28).


158      Sentenze del 6 settembre 2017, Intel/Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punti da 40 a 47) e del 25 marzo 1999, Gencor/Commissione (T‑102/96, EU:T:1999:65, punto 243).


159      V. conclusioni dell’avvocato generale Darmon nelle cause riunite Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione (89/85, 104/85, 114/85, 116/85, 117/85 e da 125/85 a 129/85, EU:C:1988:258, paragrafo 57).


160      V., ad esempio, per quanto concerne il diritto della concorrenza, le conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa InnoLux/Commissione (C‑231/14 P, EU:C:2015:292, paragrafi da 39 a 42) e dell’avvocato generale Wahl nella causa Intel Corporation/Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2016:788, paragrafi 283 e 300); e, in un contesto diverso, le conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Nikiforidis (C‑135/15, EU:C:2016:281, paragrafo 88).


161      V., ad esempio, l’articolo I, paragrafo 2, lettera b), e l’articolo IV dell’Accordo tra le Comunità europee e il governo degli Stati Uniti d’America in merito all’utilizzazione dei principi della «comitas gentium» attiva nell’applicazione del loro diritto della concorrenza, del 4 giugno 1998 (GU 1998, L 173, pag. 28).


162      V., in particolare, parere della Corte suprema degli Stati Uniti d’America, E. Hoffmann-La Roche, Ltd. v. Empagran S.A., 124 S. Ct. 2359 (2004).


163      V., in particolare, sentenza del 17 dicembre 2020, Centraal Israëlitisch Consistorie van België e a. (C‑336/19, EU:C:2020:1031, punto 85). Per quanto concerne l’applicazione di tale principio nel presente contesto, v. mutatis mutandis il punto 236 della sentenza impugnata.


164      Come osservato da Korah, V., può essere molto costoso per le imprese interagire con diverse autorità e fornire loro informazioni, in più lingue, in forme differenti e in tempi distinti, ma in ogni caso relativamente brevi (v. An Introductory Guide to EC Competition Law and Practice, 8a edizione, Hart, 2004, pag. 356).


165      Sentenza del 16 marzo 2023 (C‑449/21, EU:C:2023:207).


166      Sentenza del 21 dicembre 2023 (C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 131).


167      V., mutatis mutandis, United States Department of Justice and the Federal Trade Commission (dipartimento di Giustizia e Commissione federale per il commercio degli Stati Uniti d’America), Horizontal Merger Guidelines, 2010, sezione 6.4.


168      V., con riferimenti, OCSE, «Disentangling Consummated Mergers: Experiences and Challenges», Competition Policy Roundtable Background Note, 2022.


169      Su tale tema, v., ad esempio, Ginsburg, D. H. e Wong-Ervin, K. W., «Challenging Consummated Mergers Under Section 2», Competition Policy International, maggio 2020.


170      Direttiva (UE) 2019/1 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che conferisce alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione più efficace e che assicura il corretto funzionamento del mercato interno (GU 2019, L 11, pag. 3). Su tale direttiva v., in generale, Arsenidou, E., «The ECN+ Directive», in Dekeyser, K. e a. (a cura di), Regulation 1/2003 and EU Antitrust Enforcement – A Systematic Guide, Wolters Kluwer, 2023, pagg. da 143 a 149.


171      V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Towercast (C‑449/21, EU:C:2022:777, paragrafo 63).


172      Sulle misure cautelari, v., recentemente, OCSE, «Interim Measures in Antitrust Investigations», Competition Policy Roundtable Background Note, 2022.


173      V., ad esempio, sentenza del 28 ottobre 2022, Generalstaatsanwaltschaft München (Estradizione e ne bis in idem) (C‑435/22 PPU, EU:C:2022:852, punto 119 e giurisprudenza ivi citata).


174      Sentenza del 3 aprile 2003, Royal Philips Electronics/Commissione (T‑119/02, EU:T:2003:101, punto 354).


175      V. punto 182 della sentenza impugnata. Il senso di questo passaggio mi è alquanto oscuro.


176      V., a tal riguardo, punto 203 della sentenza impugnata.


177      V., a tal riguardo, punto 199 della sentenza impugnata.


178      V., con ulteriori riferimenti, le mie conclusioni nella causa HSBC Holdings e a./Commissione (C‑883/19 P, EU:C:2022:384, paragrafi da 38 a 59).


179      V., a tal riguardo, punto 221 della sentenza impugnata.


180      V., a tal riguardo, punto 226 della sentenza impugnata.


181      V., per analogia, la giurisprudenza dei giudici dell’Unione citata al punto 240 della sentenza impugnata.


182      In particolare, è difficile comprendere il motivo per cui le ricorrenti siano state contattate dalla Commissione, e in seguito informate delle preoccupazioni che questa nutriva, quasi tre mesi dopo la ricezione, da parte della stessa, di una denuncia relativa alla concentrazione, sebbene la Commissione abbia intrattenuto, nel corso di tale periodo, numerosi scambi con il denunciante, varie ANC, autorità di altri Stati membri e la Competition and Markets Authority.


183      Discorso intitolato «The Future of EU Merger Control», pronunciato in occasione della 24a conferenza annuale sulla concorrenza dell’International Bar Association, l’11 settembre 2020.


184      V., a tal riguardo, punto 260 della sentenza impugnata.


185      V., a tal riguardo, punto 261 della sentenza impugnata.


186      V., ad esempio, sentenze del 20 maggio 2021, Riigi Tugiteenuste Keskus (C‑6/20, EU:C:2021:402, punto 49) e del 31 marzo 2022, Smetna palata na Republika Bulgaria (C‑195/21, EU:C:2022:239, punto 65).


187      V., a tal riguardo, punto 62 della sentenza impugnata.


188      V., a tal riguardo, punti 79 e 80 della sentenza impugnata.