Language of document : ECLI:EU:T:2018:841

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

27 novembre 2018 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documenti e informazioni relativi a una decisione della Commissione di porre fine a una “lettera di intesa e di adesione al Team Europe” – Diniego di accesso – Eccezione relativa alla tutela della vita privata e alla protezione degli individui – Protezione dei dati personali – Regolamento (CE) n. 45/2001 – Diniego di trasferimento – Articoli 7, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali – Responsabilità extracontrattuale»

Nelle cause riunite T‑314/16 e T‑435/16,

VG, in qualità di erede universale di MS, rappresentata inizialmente da L. Levi e M. Vandenbussche, successivamente da L. Levi, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da F. Clotuche‑Duvieusart e A.‑C. Simon, successivamente da F. Clotuche‑Duvieusart e B. Mongin, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, da un lato, la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE volta all’annullamento delle decisioni della Commissione del 2 febbraio e del 19 aprile 2016, recanti rigetto della domanda di accesso di MS a documenti che lo riguardavano, nonché del 16 giugno 2016, recante rigetto della sua domanda volta ad ottenere il trasferimento dei dati personali che lo riguardavano contenuti nei documenti oggetto di tale domanda di accesso e, dall’altro, la domanda fondata sull’articolo 268 TFUE volta ad ottenere il risarcimento del danno asseritamente subito da MS a causa di tale diniego di accesso e di trasferimento,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da I. Pelikánová, presidente, V. Valančius e U. Öberg (relatore), giudici,

cancelliere: G. Predonzani, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 marzo 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

A.      Fatti antecedenti alla presentazione dei ricorsi

1        MS è Stato membro della rete Team Europe nel periodo compreso tra il 20 luglio 2011 e il 10 aprile 2013.

2        La rete Team Europe è una rete locale di comunicazione il cui principale compito consiste nell’assistere le rappresentanze della Commissione europea nella loro comunicazione sulle politiche europee a livello locale e i cui membri operano come relatori, moderatori, animatori di eventi ed esperti in comunicazione.

3        I membri della rete Team Europe sono legati all’Unione europea, rappresentata dalla Commissione, da una «lettera di intesa e di adesione al Team Europe» (in prosieguo: la «lettera di intesa»). Tale lettera prevede la possibilità per ciascuna parte di rinunciare, in qualsiasi momento, a detta intesa per iscritto, senza ulteriori condizioni. Essa indica altresì, in sostanza, che tali membri non sono retribuiti dalla Commissione. Detta lettera stabilisce, inoltre, che i membri agiscono su base volontaria, ma che, a talune condizioni, possono accettare il rimborso delle spese da loro sostenute o un compenso ragionevole da parte degli organizzatori delle manifestazioni alle quali partecipano.

4        Il 10 aprile 2013 il capo della rappresentanza della Commissione in Francia (in prosieguo: la «rappresentanza») ha contattato MS, via telefono, dopo aver ricevuto una denuncia relativa al suo comportamento indesiderato proveniente da donne che avevano partecipato a una conferenza o a un seminario della rete Team Europe. A seguito di tale conversazione, essa ha informato MS, per lettera, che poneva fine alla sua collaborazione con tale rete, con effetto immediato, conformemente alle disposizioni della lettera di intesa.

5        Il 6 giugno 2013 MS ha presentato una denuncia al Mediatore europeo avverso la decisione della Commissione di porre fine alla sua collaborazione con la rete Team Europe.

6        Nel corso del procedimento dinanzi al Mediatore, MS è stato informato del fatto che la Commissione aveva fondato la propria decisione del 10 aprile 2013 di porre fine alla sua collaborazione con la rete Team Europe su tre documenti, ossia, in primo luogo, una denuncia proveniente da una persona che aveva partecipato a una delle conferenze organizzate dalla rete Team Europe (in prosieguo: «X»), in secondo luogo, un’e‑mail da lui inviata a X (mettendo in copia un’altra persona, Y) e, in terzo luogo, uno scambio che aveva avuto su un social network con X (in prosieguo: i «documenti controversi»). Inoltre, egli è stato informato della circostanza che la Commissione aveva affermato che la solidità del fascicolo era confermata da nuovi elementi emersi nel corso del procedimento, in quanto vari membri del personale della rappresentanza (in prosieguo, rispettivamente: i «membri della rappresentanza») avevano confermato alla loro direzione che vari agenti della direzione generale (DG) «Comunicazione» di tale istituzione, due dei quali lavoravano nella rappresentanza ed altri due esercitavano le loro funzioni a Bruxelles (Belgio) (in prosieguo: gli «agenti della Commissione»), dal 2013 erano stati destinatari di osservazioni inopportune da parte sua (in prosieguo: le «testimonianze controverse»). La Commissione non aveva trasmesso a MS né i documenti né le testimonianze controversi.

7        Con decisione del 19 novembre 2015, il Mediatore ha chiuso la propria indagine sulla denuncia presentata da MS. In tale decisione, il Mediatore ha riscontrato, in particolare, gli estremi di una cattiva amministrazione, per il motivo che la Commissione non aveva sentito MS in maniera adeguata, né aveva proceduto a una valutazione sufficientemente approfondita del caso di specie, prima di adottare la sua decisione del 10 aprile 2013 di porre fine alla collaborazione di quest’ultimo con la rete Team Europe. La Commissione non ha adottato alcuna misura nei confronti di MS a seguito della presentazione di tale denuncia e della decisione del Mediatore.

8        Con lettera del 18 dicembre 2015, MS ha inviato al capo della rappresentanza, sulla base del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 45), una domanda iniziale di accesso ai documenti e alle testimonianze controversi nonché ai nomi delle persone che avevano reso tali testimonianze.

9        Con lettera del 2 febbraio 2016, il direttore generale della DG «Comunicazione» della Commissione, dopo aver consultato X, descritto come l’autore dei documenti controversi, ha negato a MS l’accesso a detti documenti (in prosieguo: la «decisione del 2 febbraio 2016»). Tale diniego si fondava sull’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 e riguardava la tutela della vita privata e dell’integrità dell’individuo, in quanto i documenti controversi contenevano alcuni dati personali di terzi e non era dimostrato che l’accesso a tali dati fosse necessario per MS e non arrecasse pregiudizio agli interessi legittimi di detti terzi. Riguardo alla domanda di accesso alle testimonianze controverse, la Commissione ha aggiunto che queste ultime non erano state prese in considerazione in sede di adozione della sua decisione del 10 aprile 2013 di porre fine alla collaborazione di MS con la rete Team Europe.

10      Con lettera del 19 febbraio 2016, MS ha presentato una domanda confermativa, nella quale dimostrava la necessità di avere accesso ai documenti controversi e l’assenza di pregiudizio per gli interessi legittimi di terzi in conseguenza di un simile accesso. In tale domanda confermativa, egli formulava, inoltre, una richiesta di trasferimento dei dati personali che lo riguardavano contenuti nei documenti controversi (in prosieguo: i «dati personali controversi»), fondata sull’articolo 13 del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU 2001, L 8, pag. 1).

11      Con decisione del 19 aprile 2016, il segretario generale della Commissione ha risposto alla domanda confermativa (in prosieguo: la «decisione del 19 aprile 2016»). Da un lato, egli ha precisato che le testimonianze controverse non potevano essere trasmesse a MS in quanto non erano state trasposte in un documento. Dall’altro, ha negato a MS l’accesso ai documenti controversi basandosi sulle eccezioni previste all’articolo 4, paragrafi 1, lettera b), e 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 relativi, rispettivamente, alla tutela della vita privata e dell’integrità dell’individuo e alla protezione delle procedure giurisdizionali. Inoltre, in tale decisione, il segretario generale della Commissione ha dichiarato che la domanda di trasferimento dei dati personali controversi non rientrava nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1049/2001 e che sarebbe stata trasmessa alla DG «Comunicazione», servizio competente a rispondere a detta domanda.

12      Con lettera del 16 giugno 2016, il capo della rappresentanza ha respinto la domanda di trasferimento dei dati personali controversi (in prosieguo: la «decisione del 16 giugno 2016»). In proposito, egli ha considerato che, «tenuto conto della controversia che (…) oppon[eva] [MS] alle persone citate nelle testimonianze [controverse], risult[ava] che tali persone [avessero] esposto ragioni legittime di temere un pregiudizio [per] i loro interessi ad personam» e che, al fine di garantire i loro diritti e le loro libertà, i dati personali in questione non potessero essere trasmessi a MS.

13      MS ha adito anche il Garante europeo della protezione dei dati (GEPD), ai sensi dell’articolo 20, paragrafi 3 e 4, del regolamento n. 45/2001. Con decisione del GEPD del 3 febbraio 2017, il relativo procedimento è stato sospeso in attesa delle interveniende sentenze nelle presenti cause.

B.      Fatti successivi alla presentazione dei ricorsi

14      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 luglio 2016, MS ha proposto un ricorso volto ad ottenere la condanna della Commissione al risarcimento dei danni a seguito della decisione di quest’ultima, del 10 aprile 2013, di porre fine alla sua collaborazione con la rete Team Europe. Tale ricorso è stato iscritto a ruolo con il numero T‑17/16.

15      Con ordinanza del 31 maggio 2017, MS/Commissione (T‑17/16, non pubblicata, EU:T:2017:379), il Tribunale ha respinto la domanda di risarcimento di MS in quanto manifestamente irricevibile, atteso che l’oggetto del ricorso era di natura contrattuale e, dunque, in assenza di una clausola compromissoria, esulava dalla sua competenza.

16      Il 5 gennaio 2018 MS ha proposto un’impugnazione avverso tale ordinanza.

II.    Procedimenti e conclusioni delle parti

17      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale il 15 giugno e il 1o agosto 2016, MS ha presentato domande di ammissione al gratuito patrocinio.

18      Con ordinanze del 30 settembre e del 28 novembre 2016, il presidente del Tribunale ha rispettivamente concesso a MS il beneficio del gratuito patrocinio e designato un avvocato.

19      Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 15 e 22 dicembre 2016, MS ha proposto i ricorsi che sono stati iscritti a ruolo con i numeri T‑314/16 e T‑435/16.

20      Nella causa T‑314/16, con ordinanza del 6 luglio 2017, il Tribunale ha ingiunto alla Commissione, ai sensi dell’articolo 91, lettera c), dell’articolo 92, paragrafo 1, e dell’articolo 104 del regolamento di procedura del Tribunale, di produrre tutti i documenti sui quali si era fondata la decisione di quest’ultima del 10 aprile 2013, con la quale essa aveva posto fine alla partecipazione di MS alla rete Team Europe.

21      Il 14 luglio 2017 la Commissione ha prodotto i documenti controversi, chiedendone il trattamento riservato nei confronti di MS. Conformemente all’articolo 104 del regolamento di procedura, i documenti non sono stati comunicati a MS.

22      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato la Commissione a rispondere a taluni quesiti. La Commissione ha ottemperato a tale richiesta entro il termine impartito.

23      Con ordinanza del presidente della Prima Sezione del Tribunale del 30 gennaio 2018, le cause T‑314/16 e T‑435/16 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della decisione che definisce il giudizio, conformemente all’articolo 68 del regolamento di procedura.

24      Il 19 febbraio 2018 l’avvocato di MS ha informato la cancelleria del Tribunale che quest’ultimo era deceduto. Successivamente, il Tribunale è stato informato che la ricorrente, VG, in qualità di erede universale di MS, aveva deciso di insistere nei ricorsi.

25      Nella causa T‑314/16, la ricorrente, in qualità di erede universale di MS, chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione del 2 febbraio 2016, che respinge la domanda di accesso di MS ai documenti controversi, e la decisione del 19 aprile 2016, che conferma tale rigetto;

–        condannare la Commissione al risarcimento del danno morale, valutato in EUR 20 000, che MS avrebbe subito a causa della mancata concessione dell’accesso ai documenti controversi;

–        condannare la Commissione alle spese.

26      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente, in qualità di erede universale di MS, alle spese.

27      Nella causa T‑435/16, la ricorrente, in qualità di erede universale di MS, chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione del 16 giugno 2016, che respinge la richiesta di MS di trasferirgli i dati personali in questione;

–        condannare la Commissione al risarcimento del danno morale, valutato in EUR 20 000, che MS avrebbe subito a causa del rifiuto di trasferirgli i dati personali controversi;

–        condannare la Commissione alle spese.

28      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente, in qualità di erede universale di MS, alle spese.

III. In diritto

A.      Sulla domanda di non luogo a statuire sollevata dalla Commissione nella causa T435/16

29      All’udienza, la Commissione ha sostenuto che, a seguito del decesso di MS, era venuto meno l’oggetto del ricorso nella causa T‑435/16 e che, di conseguenza, non vi era più luogo a statuire su di esso. L’articolo 2, lettera a), del regolamento n. 45/2001 definirebbe l’interessato come «una persona fisica identificata o identificabile», cosicché esso non si applicherebbe ai dati delle persone decedute e i diritti fatti valere da MS sarebbero stati intrasmissibili.

30      Con la sua domanda, la Commissione afferma, in sostanza, che la ricorrente, in qualità di erede universale di MS, avrebbe perso il proprio interesse alla risoluzione della controversia a causa del decesso di MS.

31      A tal proposito, dalla giurisprudenza risulta che un’azione di annullamento avviata dal destinatario di un atto può essere proseguita dall’avente causa a titolo universale dello stesso, in particolare in caso di decesso di una persona fisica (v. ordinanza del 12 luglio 2016, Yanukovych/Consiglio, T‑347/14, EU:T:2016:433, punto 67 e giurisprudenza ivi citata). Analogamente, l’avente causa a titolo universale può proseguire un’azione volta ad ottenere il risarcimento di un danno morale asseritamente subito dal defunto, allorché quest’ultimo aveva chiesto di beneficiare di tale azione prima di morire, cosicché essa rientrava nel suo patrimonio alla data di apertura della successione.

32      Inoltre, secondo una costante giurisprudenza, l’interesse ad agire della parte ricorrente deve perdurare fino alla pronuncia della decisione del giudice, pena il non luogo a statuire, il che presuppone che il ricorso possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che l’ha proposto (v. ordinanza del 12 luglio 2016, Yanukovych/Consiglio, T‑347/14, EU:T:2016:433, punto 67 e giurisprudenza ivi citata).

33      Nel caso di specie, come rilevato al precedente punto 24, MS è deceduto dopo aver proposto i ricorsi in esame e il suo rappresentante ha dichiarato che la ricorrente intendeva insistere in tali ricorsi, in qualità di erede universale del suo defunto figlio, producendo una dichiarazione scritta di quest’ultima a tal fine, il certificato di morte nonché la carta d’identità della ricorrente.

34      Il ricorso nella causa T‑435/16 mirava, in particolare, a far sì che MS ottenesse il trasferimento dei dati personali controversi nonché il risarcimento del danno morale da lui asseritamente subito a causa del rigetto, da parte della Commissione, della sua domanda di trasferimento. Non è oggetto di contestazione che detti dati personali riguardavano comportamenti indesiderati di MS connessi alla sua collaborazione con la rete Team Europe (v. supra, punto 4) ed erano tali da nuocere, in particolare, alla reputazione e all’onore di quest’ultimo, in qualità di collaboratore di detta rete. Del resto, è pacifico che i dati in parola hanno fondato la decisione della Commissione del 10 aprile 2013 di porre fine alla collaborazione di MS con tale rete (v. supra, punto 6).

35      In tali circostanze, dal momento che, come precisato al precedente punto 31, l’avente causa a titolo universale di MS ha diritto di proseguire il procedimento, persiste il suo interesse ad agire, nonostante il decesso di MS, allo scopo di ottenere l’annullamento della decisione del 16 giugno 2016, che respinge la richiesta di MS di trasferirgli i dati personali controversi, e il risarcimento del danno morale che MS avrebbe subito a causa del rigetto, da parte della Commissione, della sua richiesta di trasferirgli detti dati.

36      Ciò premesso, l’interesse della ricorrente a insistere nel ricorso nella causa T‑435/16, in qualità di erede universale di MS, persiste nonostante il decesso di quest’ultimo.

37      La domanda di non luogo a statuire sollevata dalla Commissione nella causa T‑435/16 deve dunque essere respinta.

B.      Nel merito

1.      Sulle domande di annullamento

a)      Sulla domanda di annullamento delle decisioni del 2 febbraio e del 19 aprile 2016, nelle parti in cui respingono la domanda di accesso di MS alle testimonianze controverse

38      La possibilità per un’istituzione dell’Unione di accogliere una domanda di accesso ai documenti delle istituzioni ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 presuppone, evidentemente, che i documenti oggetto della domanda esistano (sentenza del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione, C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punto 38; v., altresì, sentenza dell’11 giugno 2015, McCullough/Cedefop, T‑496/13, non pubblicata, EU:T:2015:374, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

39      Secondo la giurisprudenza, qualsiasi dichiarazione delle istituzioni relativa all’inesistenza di documenti richiesti gode di una presunzione di legittimità. Pertanto, tale dichiarazione gode di una presunzione di veridicità. Si tratta nondimeno di una presunzione semplice, che la ricorrente, in qualità di erede universale di MS, può confutare con tutti i mezzi, in base a indizi pertinenti e concordanti (v. sentenza dell’11 giugno 2015, McCullough/Cedefop, T‑496/13, non pubblicata, EU:T:2015:374, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

40      Nel caso di specie, la Commissione, nella decisione del 2 febbraio 2016, ha negato l’accesso alle testimonianze controverse facendo valere l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 e spiegando di non aver preso in considerazione tali testimonianze nella sua decisione del 10 aprile 2013 di porre fine alla collaborazione del ricorrente con la rete Team Europe. Successivamente, nella decisione del 19 aprile 2016, essa ha affermato che le testimonianze controverse non erano state trasposte in un documento.

41      In risposta a una misura di organizzazione del procedimento del Tribunale, la Commissione ha confermato che essa «non dispon[eva] di alcuna traccia scritta di tali testimonianze (…) e dunque non det[eneva] documenti contenenti le testimonianze [controverse]». Tenuto conto di tale dichiarazione e dell’assenza di elementi di prova prodotti dalla ricorrente, in qualità di erede universale di MS, al fine di invertire la presunzione di legittimità e di veridicità che l’accompagna, nel caso di specie non sussistono ragioni sufficienti a consentire di porre in dubbio detta dichiarazione.

42      Pertanto, occorre respingere la domanda di annullamento delle decisioni del 2 febbraio e del 19 aprile 2016, nelle parti in cui respingono la domanda di accesso di MS alle testimonianze controverse, senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità della domanda di annullamento nella parte in cui riguarda la decisione del 2 febbraio 2016.

b)      Sulla domanda di annullamento delle decisioni del 2 febbraio e del 19 aprile 2016, nelle parti in cui respingono la domanda di accesso di MS ai documenti controversi

43      A sostegno della domanda di annullamento in esame, la ricorrente, in qualità di erede universale di MS, deduce, in sostanza, due motivi. Il primo motivo verte su violazioni dell’articolo 2 e dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, nonché dell’articolo 2 e dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, di tale regolamento. Il secondo motivo verte su violazioni dell’obbligo di motivazione, dei diritti della difesa e dei principi del rispetto della vita privata e di proporzionalità.

1)      Sulla prima parte del primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 2 e dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001

44      La ricorrente sostiene che, benché i documenti controversi contengano dati personali relativi a X e ad altri terzi, la Commissione non ha dimostrato che la divulgazione di tali documenti arrecherebbe concretamente ed effettivamente pregiudizio alla tutela della vita privata e dell’integrità di X o a quella degli altri terzi che siano menzionati in tali documenti.

45      Inoltre, la ricorrente, in qualità di erede universale di MS, giustifica l’assenza di rischio per gli interessi legittimi dei terzi con «la finalità della sua azione [volta a] ristabilire la verità e l’onore di MS». La ricorrente aggiunge che le contestazioni riguarderebbero esclusivamente quest’ultimo, cosicché la divulgazione dei documenti controversi non potrebbe arrecare pregiudizio alla tutela della vita privata e dell’integrità di X o a quella di altri terzi in essi parimenti menzionati.

46      Al riguardo, la ricorrente, in qualità di erede universale di MS, fa riferimento alla circostanza che il Mediatore, al punto 32 della sua proposta di soluzione amichevole, ha già constatato che la Commissione «non [aveva] fornito la prova di un rischio effettivo per (…) gli interessi legittimi di [X]».

47      La ricorrente, in qualità di erede universale di MS, asserisce inoltre di aver dimostrato la necessità del trasferimento dei dati personali controversi sulla base dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001. A suo dire, i documenti controversi sarebbero indispensabili per la comprensione delle accuse della Commissione nei confronti di MS e della sua decisione del 10 aprile 2013 di porre fine alla collaborazione di quest’ultimo con la rete Team Europe, nonché per la dimostrazione dell’infondatezza delle accuse della Commissione. La ricorrente ha spiegato che MS era già in possesso della corrispondenza scambiata tra lui e X mediante un social network e via e‑mail, ma che contestava l’autenticità dei documenti controversi ai quali non aveva avuto accesso.

48      Fondandosi sulla sentenza del 22 maggio 2012, Internationaler Hilfsfonds/Commissione (T‑300/10, EU:T:2012:247, punto 107), la ricorrente sostiene infine che i documenti controversi non diverrebbero pubblici se fossero divulgati sulla base del regolamento n. 1049/2001.

49      In primo luogo, il Tribunale ricorda che il regolamento n. 1049/2001 mira, come precisato dal suo considerando 4 e dal suo articolo 1, a conferire al pubblico un diritto d’accesso ai documenti delle istituzioni che sia il più ampio possibile (v. sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

50      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, le disposizioni relative all’accesso del pubblico ai documenti riguardano tutti i documenti detenuti dalla Commissione, vale a dire tutti i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d’attività dell’Unione europea.

51      Atteso che il regolamento n. 1049/2001 mira a garantire l’accesso di qualsiasi persona ai documenti, un documento divulgato in base alle sue disposizioni diviene di pubblico dominio (sentenze del 21 maggio 2014, Catinis/Commissione, T‑447/11, EU:T:2014:267, punto 62, e del 15 luglio 2015, Dennekamp/Parlamento, T‑115/13, EU:T:2015:497, punto 67).

52      Al riguardo, è vero che il Tribunale ha constatato che la divulgazione di dati personali riguardanti esclusivamente il richiedente l’accesso di cui trattasi non può essere negata adducendo che essa arrecherebbe pregiudizio alla tutela della vita privata e dell’integrità dell’individuo (v., in tal senso, sentenze del 22 maggio 2012, Internationaler Hilfsfonds/Commissione, T‑300/10, EU:T:2012:247, punti da 107 a 109, e del 12 maggio 2015, Unión de Almacenistas de Hierros de España/Commissione, T‑623/13, EU:T:2015:268, punto 91).

53      Tuttavia, contrariamente agli argomenti della ricorrente, tale giurisprudenza non trova applicazione nel caso di specie, in quanto i documenti controversi contengono dati personali che non riguardano esclusivamente MS.

54      Dalla sentenza del 22 maggio 2012, Internationaler Hilfsfonds/Commissione (T‑300/10, EU:T:2012:247, punto 109), risulta infatti esplicitamente che, se è vero che la tutela dell’interesse di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 non è necessaria nei confronti del richiedente l’accesso tuttavia, essa deve essere garantita, conformemente alle disposizioni del regolamento n. 45/2001, nei confronti dei terzi.

55      In secondo luogo, occorre constatare che il diritto di accesso ai documenti non dipende dalla natura dell’interesse individuale che il richiedente l’accesso potrebbe o meno avere ad ottenere l’informazione richiesta (sentenza del 21 maggio 2014, Catinis/Commissione, T‑447/11, EU:T:2014:267, punto 61; v. altresì, in tal senso, sentenza del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 43).

56      Peraltro, nella misura in cui il richiedente l’accesso, quale membro del pubblico, non è tenuto a giustificare la propria domanda di accesso ai documenti, è altresì irrilevante, ai fini del regolamento n. 1049/2001, l’interesse reale che può rappresentare per il richiedente la divulgazione dei documenti di cui trattasi (v. sentenza del 26 aprile 2016, Strack/Commissione, T‑221/08, EU:T:2016:242, punto 252 e giurisprudenza ivi citata).

57      In terzo luogo, si deve constatare che il regolamento n. 1049/2001, in conformità al suo considerando 11, prevede, nel suo articolo 4, un regime di eccezioni che autorizza le istituzioni a rifiutare l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio a uno degli interessi tutelati dall’articolo stesso (v. sentenze del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 74 e giurisprudenza ivi citata, e del 13 gennaio 2017, Deza/ECHA, T‑189/14, EU:T:2017:4, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

58      A tal riguardo, l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001 prevede che le istituzioni neghino l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela della vita privata e all’integrità dell’individuo, in particolare in conformità con la legislazione dell’Unione sulla protezione dei dati personali. Tale disposizione, che prevede un regime specifico e rafforzato di tutela delle persone i cui dati personali possano, eventualmente, essere comunicati al pubblico, esige che l’eventuale pregiudizio alla loro vita privata e alla loro integrità sia sempre esaminato e valutato in conformità, in particolare, con il regolamento n. 45/2001 (v. sentenza del 7 luglio 2015, Axa Versicherung/Commissione, T‑677/13, EU:T:2015:473, punti 138 e 139 e giurisprudenza ivi citata).

59      Pertanto, quando un’istituzione decide di negare l’accesso a un documento di cui le è stata chiesta la divulgazione, essa deve spiegare, in linea di principio, come l’accesso a tale documento possa arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, che tale istituzione invoca. Inoltre, il rischio di un siffatto pregiudizio dev’essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

60      Tale regime di eccezioni è fondato su una ponderazione degli interessi che si oppongono in una data situazione, ovvero, da un lato, gli interessi che sarebbero favoriti dalla divulgazione dei documenti in questione e, dall’altro, quelli che sarebbero minacciati da tale divulgazione. La decisione su una domanda di accesso ai documenti dipende dallo stabilire quale debba essere l’interesse prevalente nel caso di specie (sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 42).

61      Nel caso di specie, non è oggetto di contestazione che i documenti controversi contengano dati personali che riguardano sia MS sia X ed altri terzi.

62      Ai sensi dell’articolo 2, lettera a), del regolamento n. 45/2001, l’espressione «dati personali» rinvia a «qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile (…); si considera identificabile la persona che può essere identificata, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento ad un numero d’identificazione o ad uno o più elementi specifici caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, psichica, economica, culturale o sociale».

63      Dall’articolo 2, lettera a), del regolamento n. 45/2001 e dalla giurisprudenza della Corte (sentenze del 29 giugno 2010, Commissione/Bavarian Lager, C‑28/08 P, EU:C:2010:378, punto 68, e del 23 novembre 2011, Dennekamp/Parlamento, T‑82/09, non pubblicata, EU:T:2011:688, punto 27) risulta che i cognomi ed i nomi possono essere considerati dati personali.

64      Oltre ai dati nominativi, anche gli elementi di informazione riguardanti le attività professionali esercitate da una persona possono essere considerati dati personali dal momento che, da un lato, si tratta di informazioni relative alle condizioni di lavoro di tali persone e, dall’altro, dette informazioni possono indirettamente consentire – una volta che esse sono riconducibili a una data o a un periodo preciso – l’identificazione di una persona fisica ai sensi della summenzionata disposizione (v. sentenza del 22 maggio 2012, Internationaler Hilfsfonds/Commissione, T‑300/10, EU:T:2012:247, punto 117 e giurisprudenza ivi citata).

65      Inoltre, la Corte ha dichiarato che l’uso dell’espressione «qualsiasi informazione» nell’ambito della definizione della nozione di «dati personali» rifletteva l’obiettivo del legislatore dell’Unione di attribuire un’accezione estesa a tale nozione, che non era limitata alle informazioni sensibili o di ordine privato, ma comprendeva potenzialmente ogni tipo di informazioni, tanto oggettive quanto soggettive, sotto forma di pareri o di valutazioni, a condizione che esse fossero «concernenti» la persona interessata (sentenza del 20 dicembre 2017, Nowak, C‑434/16, EU:C:2017:994, punto 34).

66      Ai sensi dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, in linea di principio, è consentito trasferire dati personali soltanto se il destinatario dimostra la necessità di un tale trasferimento e se non sussistono ragioni per presumere che possano subire pregiudizio interessi legittimi degli interessati.

67      In tale contesto, incombe anzitutto a colui che chiede il trasferimento dimostrarne la necessità. Se la dimostra, spetta allora all’istituzione interessata verificare se non sussistano ragioni per presumere che il trasferimento in questione possa pregiudicare gli interessi legittimi dell’interessato. In assenza di ragioni di tale sorta, occorre procedere al trasferimento richiesto, mentre, nel caso contrario, l’istituzione interessata deve effettuare un bilanciamento tra i diversi interessi in gioco per pronunciarsi sulla domanda di accesso. La decisione su una domanda di accesso del pubblico a documenti siffatti dipende dallo stabilire quale debba essere l’interesse prevalente nel caso di specie (v. sentenze del 16 luglio 2015, ClientEarth e PAN Europe/EFSA, C‑615/13 P, EU:C:2015:489, punto 47 e giurisprudenza ivi citata, e del 13 gennaio 2017, Deza/ECHA, T‑189/14, EU:T:2017:4, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

68      Nel caso di specie, la Commissione ha correttamente considerato che, trattandosi di informazioni e di valutazioni relative alla vita privata di MS, di X nonché di altri terzi e che consentirebbero la loro identificazione, il contenuto dei documenti controversi rientrava nella nozione di dati personali.

69      Orbene, la divulgazione al pubblico dei documenti controversi sulla base del regolamento n. 1049/2001 arrecherebbe pregiudizio alla tutela della vita privata e dell’integrità tanto di MS e di X quanto degli altri terzi citati in tali documenti.

70      Infatti, alla luce delle circostanze del caso di specie, non corrisponde all’interesse di MS, né di X, né degli altri terzi citati che i documenti controversi diventino di pubblico dominio.

71      Perciò, la Commissione doveva ponderare i differenti interessi in gioco al fine di pronunciarsi sulla domanda di accesso alla denuncia di X e alla corrispondenza scambiata tra MS e quest’ultima via e‑mail e mediante un social network alla luce dell’eccezione relativa alla tutela della vita privata e dell’integrità dell’individuo di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, conformemente al regolamento n. 45/2001.

72      In proposito, la Commissione doveva altresì tener conto del fatto che, conformemente all’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una o più delle summenzionate eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate (v., in tal senso, ordinanza del 27 novembre 2012, Steinberg/Commissione, T‑17/10, non pubblicata, EU:T:2012:625, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

73      La Commissione ha nondimeno ritenuto che, nel caso di specie, non fosse possibile isolare alcune parti dei documenti controversi e considerarle non coperte dall’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, né distinguere fra tali documenti quelli contenenti dati personali controversi relativi a MS o X e di altri terzi.

74      In proposito, si deve rilevare che anche i dati personali che fossero stati resi anonimi dovrebbero essere considerati dati personali relativi a un terzo, in quanto sarebbero tali da essere attribuiti a una persona fisica identificabile mediante il ricorso ad informazioni aggiuntive.

75      Orbene, nel caso di specie, un accesso parziale a informazioni contenute nella denuncia di X o nella corrispondenza scambiata fra quest’ultimo e MS avrebbe permesso al pubblico di identificare le persone menzionate nei documenti controversi.

76      Pertanto, la Commissione non poteva autorizzare un accesso parziale ai documenti controversi senza rivelare, in particolare, l’identità degli altri terzi in essi citati.

77      Peraltro, atteso che i documenti controversi contenevano dati personali che non riguardavano esclusivamente MS e che sarebbero divenuti di pubblico dominio se detti documenti fossero stati trasmessi a tale persona, la Commissione, in base a una ponderazione degli interessi in gioco, ha fatto correttamente prevalere l’interesse di X e di altri terzi a che la loro identità non diventasse di pubblico dominio sull’interesse di MS a che tale identità potesse essere resa pubblica ed ha negato a quest’ultimo l’accesso, fondandosi sull’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001.

78      Ne consegue che l’argomento addotto dalla ricorrente al riguardo dev’essere respinto.

79      Di conseguenza, la prima parte del primo motivo dev’essere respinta.

2)      Sulla seconda parte del primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 2 e dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001

80      La ricorrente sostiene che i documenti controversi non sono stati elaborati in vista di una procedura giurisdizionale e che, di conseguenza, il rigetto della domanda di accesso di MS, in quanto fondato sulla protezione delle procedure giurisdizionali, è ingiustificato. La ricorrente sottolinea che i diritti fondamentali, in particolare i diritti della difesa, sono idonei a costituire un interesse pubblico superiore tale da giustificare la divulgazione dei documenti in questione.

81      Tuttavia, dalle considerazioni illustrate ai precedenti punti da 44 a 78 risulta che la legittimità delle decisioni del 2 febbraio e del 19 aprile 2016 non può essere posta in discussione, in quanto tutti i documenti controversi sono coperti dall’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001.

82      Di conseguenza, la seconda parte del primo motivo dev’essere respinta in quanto inconferente, cosicché il primo motivo è integralmente respinto.

3)      Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, del principio di buona amministrazione, del principio del rispetto della vita privata e dei diritti della difesa e del principio di proporzionalità

83      La ricorrente sostiene che, negandogli l’accesso ai documenti controversi, la Commissione ha compromesso l’esercizio da parte di MS dei suoi diritti della difesa e, in particolare, del diritto di quest’ultimo di accedere al fascicolo che lo riguardava, garantito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nonché del suo diritto a un equo processo, garantito dall’articolo 47 della Carta, e avrebbe altresì violato il principio del rispetto della vita privata, garantito dall’articolo 7 della Carta, nonché il principio di proporzionalità.

84      Per quanto concerne l’argomento della Commissione secondo il quale essa poteva porre fine alla collaborazione di MS con la rete Team Europe in qualsiasi momento, la ricorrente asserisce che, poiché la Commissione ha mosso una grave accusa relativa a comportamenti indesiderati di MS nei confronti di X e di altri terzi, i diritti della difesa di MS e la presunzione d’innocenza richiederebbero che fosse autorizzato l’accesso ai documenti contestati.

85      Inoltre, la ricorrente sostiene che la motivazione della Commissione sarebbe puramente generica in quanto essa non spiega per quale ragione un accesso ai documenti controversi, ad esempio occultando i nomi menzionati in tali documenti, metterebbe a rischio l’interesse della tutela dei dati personali e della vita privata delle persone interessate. La ricorrente aggiunge che l’imparzialità della Commissione nel trattamento della denuncia di X non può essere data per scontata.

86      In via principale, occorre ricordare che risulta dalla giurisprudenza che l’obbligo di motivazione costituisce una formalità sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso (sentenze del 22 marzo 2001, Francia/Commissione, C‑17/99, EU:C:2001:178, punto 35, e del 22 maggio 2012, Internationaler Hilfsfonds/Commissione, T‑300/10, EU:T:2012:247, punto 180).

87      In proposito, la Commissione, nella decisione del 19 aprile 2016, ha chiaramente indicato le eccezioni sulle quali si fondava il rigetto della domanda di accesso di MS ai documenti controversi facendo valere principalmente, per l’insieme di tali documenti, l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001, relativa alla tutela della vita privata e dell’integrità dell’individuo.

88      Dalla decisione del 19 aprile 2016 risulta infatti che la Commissione ha considerato che l’intero contenuto dei documenti controversi rientrava nella nozione di dati personali, trattandosi di informazioni che avrebbero riguardato tanto la vita privata di MS quanto quella di altre persone e che avrebbero permesso di identificare tali persone in caso di divulgazione dei documenti in questione al pubblico sulla base del regolamento n. 1049/2001, che la divulgazione di tali dati costituirebbe dunque un trasferimento di dati personali ai sensi dell’articolo 8, lettera b), del regolamento 45/2001 e che non era soddisfatta nessuna delle condizioni cumulative di un simile trasferimento.

89      Ne deriva che non soltanto MS era in condizione di conoscere le ragioni della decisione del 19 aprile 2016, ma altresì che il Tribunale poteva controllare la legittimità di tale decisione, come risulta del resto dai precedenti punti da 44 a 78. Orbene, secondo la giurisprudenza, la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo (v. sentenza del 22 aprile 2008, Commissione/Salzgitter, C‑408/04 P, EU:C:2008:236, punto 56 e giurisprudenza ivi citata). Di conseguenza, per quanto attiene ai documenti controversi, la Commissione ha adempiuto il proprio obbligo di motivazione.

90      Peraltro, non può trovare accoglimento neppure l’argomento della ricorrente secondo il quale il fatto di non aver consentito a MS l’accesso ai documenti controversi avrebbe violato i suoi diritti della difesa e, in particolare, il suo diritto di accedere al fascicolo che lo riguardava nonché il principio della presunzione d’innocenza e sarebbe stato in contrasto con la Carta, in quanto la domanda di accesso ai documenti controversi non si inseriva nel contesto di un procedimento, amministrativo o giudiziario, nel quale tali diritti e principi sarebbero stati applicabili, bensì in quello di un rapporto contrattuale che legava MS alla Commissione e che era disciplinato dalla lettera di intesa e dal diritto applicabile a quest’ultima.

91      Dalle precedenti considerazioni discende che occorre respingere il secondo motivo e, di conseguenza, la domanda di annullamento delle decisioni del 2 febbraio e del 19 aprile 2016, nelle parti in cui respingono la domanda di accesso di MS ai documenti controversi, senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità della domanda di annullamento nella parte in cui riguarda la decisione del 2 febbraio 2016.

c)      Sulla domanda di annullamento della decisione del 16 giugno 2016, che respinge la richiesta di MS di trasferirgli i dati personali controversi

92      A sostegno della domanda di annullamento in esame, la ricorrente deduce un motivo unico, vertente sulla violazione degli articoli 8, 13 e 20 del regolamento n. 45/2001.

93      Secondo la ricorrente, le regole sancite dall’articolo 8 del regolamento n. 45/2001 non fanno parte delle condizioni o limitazioni del diritto generale di accesso previsto dall’articolo 13 di tale regolamento. Non vi sarebbe alcuna ragione per ritenere che il trasferimento dei dati personali controversi avrebbe potuto arrecare pregiudizio agli interessi legittimi di terzi. In particolare, la Commissione non avrebbe dimostrato, come avrebbe constatato il Mediatore al punto 32 della sua proposta di soluzione amichevole, che la divulgazione dei documenti controversi avrebbe arrecato concretamente ed effettivamente pregiudizio alla vita privata e all’integrità di X o a quelle di altre persone che fossero state menzionate in tali dati. In subordine, la ricorrente sostiene che le condizioni cumulative di cui all’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001 erano soddisfatte nel caso di specie.

94      La ricorrente asserisce altresì che l’unico scopo delle domande di MS era comprendere le accuse mosse nei suoi confronti e dimostrarne l’infondatezza, al fine di ristabilire la verità e il suo onore. Inoltre, il trasferimento dei dati personali controversi sarebbe stato necessario per comprendere la decisione della Commissione del 10 aprile 2013 di porre fine alla collaborazione di MS con la rete Team Europe. Il rigetto della richiesta di MS di trasferirgli tali dati personali non sarebbe stato giustificato neppure dall’articolo 20 del regolamento n. 45/2001, circostanza che avrebbe constatato anche il Mediatore.

95      Per quanto attiene alla presunta applicazione scorretta degli articoli 13 e 20 del regolamento n. 45/2001, la Commissione sostiene che i dati personali controversi non erano dati personali relativi unicamente a MS e non potevano essere oggetto di una verifica della loro esattezza, di rettifica, cancellazione o congelamento da parte di quest’ultimo. Autorizzare l’accesso a una descrizione meramente soggettiva fatta alla Commissione da una denunciante che abbia partecipato a una conferenza e a una cena con MS e abbia intrattenuto con lui una corrispondenza mediante un social network e via e‑mail, porre in discussione tale descrizione o ottenerne la rettifica non costituirebbe né il ruolo né l’obiettivo del regolamento n. 45/2001.

96      Inoltre, per quanto concerne l’applicazione dell’articolo 8, lettera b), del regolamento n. 45/2001, la Commissione sostiene che i dati personali possono essere oggetto di trasferimento a un terzo soltanto qualora tale trasferimento, da un lato, soddisfi le condizioni previste all’articolo 8, lettere a) o b), di tale regolamento e, dall’altro, costituisca un trattamento lecito, conformemente ai requisiti di cui all’articolo 5 del medesimo regolamento. La ricorrente, nel suo ricorso nella causa T‑435/16, non indicherebbe in che modo il trasferimento a MS dei dati personali di terzi avrebbe potuto essere considerato lecito. La Commissione sostiene dunque che la necessità del trasferimento dei dati personali, ai sensi dell’articolo 8, lettera b), del medesimo regolamento, non era dimostrata. Inoltre, essa afferma che MS conosceva perfettamente le ragioni fondanti la sua decisione del 10 aprile 2013 di porre fine alla collaborazione di quest’ultimo con la rete Team Europe.

97      Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente, volto a contestare l’applicazione dell’articolo 20 del regolamento n. 45/2001, secondo il quale essa non aveva fornito la prova di un rischio effettivo per i diritti fondamentali o gli interessi legittimi di terzi, la Commissione dichiara di aver consultato X e che quest’ultima temeva che MS si rivolgesse nuovamente a lei o ai suoi amici per chiedere loro spiegazioni. Essa ritiene, tenuto conto di tali timori e dei documenti controversi in suo possesso, che un simile rischio sussistesse.

98      Infine, la Commissione sostiene che non era possibile isolare taluni dati contenuti nei documenti controversi e ritenere che non rientrassero nella nozione di dati personali. Non avrebbe potuto autorizzare dunque un accesso parziale (diverso da un accesso ad informazioni prive di contenuto sostanziale) ai documenti controversi senza rivelare dati personali o informazioni sulla vita privata dei terzi interessati o idonee ad identificarli.

99      In via preliminare, si deve osservare che il regolamento n. 45/2001 persegue un obiettivo distinto da quello del regolamento n. 1049/2001. Mentre quest’ultimo intende garantire la maggiore trasparenza possibile del processo decisionale delle pubbliche autorità dell’Unione, nonché delle informazioni sulle quali le loro decisioni si basano, il primo, come indica il suo articolo 1, è volto a garantire la tutela delle libertà e dei diritti fondamentali delle persone fisiche, in particolare della loro vita privata, nel trattamento di dati personali (sentenze del 29 giugno 2010, Commissione/Bavarian Lager, C‑28/08 P, EU:C:2010:378, punto 49, e del 21 settembre 2016, Secolux/Commissione, T‑363/14, EU:T:2016:521, punto 26).

100    Dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’applicazione dell’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, risulta che il diritto di una persona alla tutela della sua reputazione è una componente del diritto al rispetto della vita privata (Corte EDU, 21 settembre 2010, Polanco Torres e Movilla Polanco c. Spagna, CE:ECHR:2010:0921JUD003414706, punto 40, e 7 febbraio 2012, Axel Springer AG c. Germania, CE:ECHR:2012:0207JUD003995408, punto 83). La reputazione di una persona è parte integrante della sua identità personale e della sua integrità morale, le quali rientrano nell’ambito della sua vita privata (Corte EDU, 25 febbraio 1992, Pfeifer e Plankl c. Austria, CE:ECHR:1992:0225JUD001080284, punto 35). Le medesime considerazioni si applicano all’onore di una persona (Corte EDU, 4 ottobre 2007, Sanchez Cardenas c. Norvegia, CE:ECHR:2007:1004JUD001214803, punto 38, e 9 aprile 2009, A. c. Norvegia, CE:ECHR:2009:0409JUD002807006, punto 64).

101    Conformemente all’articolo 13, lettera c), del regolamento n. 45/2001, l’interessato da dati personali oggetto di trattamento ha diritto di ottenere la comunicazione in forma intelligibile di tali dati nonché di tutte le informazioni disponibili sulla loro origine. A tal proposito, il regolamento n. 45/2001 dev’essere interpretato conformemente all’articolo 41 della Carta, che riconosce il diritto ad una buona amministrazione e in particolare il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda (sentenza del 16 settembre 2013, CN/Consiglio, F‑84/12, EU:F:2013:128, punti 39 e 40).

102    In tale contesto, la tutela del diritto fondamentale al rispetto della vita privata implica, in particolare, che qualsiasi persona fisica possa assicurarsi che i dati personali che la riguardano siano esatti e che siano trattati in maniera lecita. È al fine di effettuare le necessarie verifiche che la persona interessata gode di un diritto di accesso ai dati che la riguardano e che sono oggetto di trattamento. Tale diritto di accesso è necessario, in particolare, per consentire alla persona interessata di ottenere, se del caso, da parte del responsabile del trattamento la rettifica, la cancellazione o il congelamento di tali dati e, di conseguenza, di esercitare il diritto di chiedere che valutazioni che la riguardano, dopo un certo periodo di tempo, siano cancellate, ossia distrutte (v., per analogia, sentenza del 20 dicembre 2017, Nowak, C‑434/16, EU:C:2017:994, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

103    Alla luce in particolare delle ragioni addotte dalla ricorrente al precedente punto 94, quest’ultima ha dimostrato in modo giuridicamente adeguato la necessità di disporre di un diritto di accesso ai dati personali controversi che riguardano MS per poter, all’occorrenza, chiederne la rettifica o la cancellazione. Infatti, quest’ultimo non aveva avuto accesso alle affermazioni relative a suoi comportamenti indesiderati svolte nella denuncia di X, sebbene tali affermazioni fossero state chiaramente identificate dalla Commissione come l’origine della decisione di quest’ultima del 10 aprile 2013 di porre fine alla sua collaborazione con la rete Team Europe (v. precedente punto 6) ed erano state quindi idonee a nuocere alla sua reputazione e al suo onore, in qualità di collaboratore di tale rete.

104    L’articolo 20 del regolamento n. 45/2001 prevede tuttavia deroghe e limitazioni al diritto di accesso della persona interessata e, in particolare, che le istituzioni e gli organismi dell’Unione possono limitare l’applicazione dell’articolo 13 di tale regolamento se e in quanto necessario per salvaguardare la tutela dell’interessato o dei diritti e delle libertà altrui.

105    Inoltre, il trasferimento di dati personali a destinatari diversi da istituzioni e organismi dell’Unione e dagli interessati è disciplinato dall’articolo 8 del regolamento n. 45/2001, il quale stabilisce in particolare che è consentito trasferire dati personali a un simile destinatario soltanto se quest’ultimo dimostra la necessità di trasmettergli tali dati e se non sussistono ragioni per presumere che possano subire pregiudizio agli interessi legittimi degli interessati.

106    Atteso che i dati personali controversi sono dati personali che riguardano tanto MS quanto X ed altri terzi citati nei documenti controversi, occorre ponderare gli interessi legittimi dei differenti soggetti che si contrappongono nel caso di specie, al fine di stabilire se sussistesse un interesse superiore che giustificasse il fatto di negare a MS un diritto di accesso a tali dati personali.

107    Orbene, anche accogliendo l’argomento della Commissione secondo il quale ai documenti controversi si applicava un’esigenza di tutela nella loro integralità, essa non ha spiegato, nel contesto della decisione del 16 giugno 2016, in che modo la divulgazione di tali documenti e, in particolare, dei due documenti contenenti la corrispondenza scambiata tra X e MS, ai quali quest’ultimo aveva già avuto accesso in qualità di autore o destinatario, avrebbe potuto arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio a interessi legittimi di X o di altri terzi citati in tali documenti.

108    A tal proposito, la Commissione non può riferirsi, a titolo aggiuntivo, nella decisione del 19 aprile 2016, alla circostanza che la persona che ha depositato la denuncia non desiderasse che i dati personali controversi fossero portati a conoscenza di MS per timore di ritorsioni. Sebbene in udienza la Commissione abbia affermato che una delle persone citate nei documenti controversi abitava nella stessa città di MS, nessun elemento del fascicolo lascia presagire che quest’ultimo, il quale disponeva già di informazioni sufficienti per identificare X e Y come persone che avevano potuto essere all’origine della denuncia, avrebbe pensato di attuare ritorsioni nei loro confronti, spingendosi oltre le azioni necessarie per la difesa dei propri interessi legittimi.

109    Al punto 32 della sua proposta di soluzione amichevole, il Mediatore stesso ha rilevato che, «dal punto di vista dei diritti della difesa [di MS], [l]a spiegazione [del rifiuto di divulgare documenti controversi relativa alla necessità di tutelare la riservatezza di X era] insufficiente, dato che la rappresentanza della Commissione non [aveva] fornito la prova di un rischio effettivo per i diritti fondamentali o gli interessi legittimi di [X] e che [le] dichiarazioni [di quest’ultimo] e le prove [da lui] prodotte costitui[vano] le prove decisive, o addirittura uniche, a carico [di MS]».

110    In proposito, si deve sottolineare che, secondo la giurisprudenza, la mera circostanza che un documento riguardi un interesse protetto da un’eccezione non può bastare a giustificare l’applicazione di quest’ultima. L’istituzione interessata deve anche spiegare come l’accesso a tale documento potrebbe arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione prevista in tale articolo (v. sentenze del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 68 e giurisprudenza ivi citata; dell’11 marzo 2009, Borax Europe/Commissione, T‑121/05, non pubblicata, EU:T:2009:64, punto 43 e giurisprudenza ivi citata, e dell’11 marzo 2009, Borax Europe/Commissione, T‑166/05, non pubblicata, EU:T:2009:65, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

111    Nel caso di specie, dalla decisione del 16 giugno 2016 non risulta che l’istituzione in questione abbia proceduto a un’adeguata ponderazione dei differenti interessi legittimi in gioco, come richiederebbe l’applicazione del combinato disposto degli articoli 8, 13 e 20 del regolamento n. 45/2001.

112    Dall’insieme delle precedenti considerazioni discende che la decisione del 16 giugno 2016, che respinge la richiesta di MS di trasferirgli i dati personali controversi, viola gli articoli 8, 13 e 20 del regolamento n. 45/2001 e, per questo motivo, dev’essere annullata, senza che sia necessario esaminare l’altro motivo dedotto dalla ricorrente.

2.      Sulle domande di risarcimento

113    La ricorrente chiede il risarcimento del danno morale che MS avrebbe subito a causa del rigetto, da parte della Commissione, della domanda di accesso di quest’ultimo ai documenti controversi e della richiesta di trasferirgli i dati personali controversi.

114    La ricorrente sostiene che, negando a MS l’accesso ai documenti e alle testimonianze controversi nonché rifiutando di trasferirgli i dati personali controversi, la Commissione ha adottato un comportamento colpevole e violato i diritti fondamentali di MS, quali i diritti della difesa e il diritto al rispetto della vita privata, cosicché ne sono derivati, per quest’ultimo, un sentimento di ingiustizia e una perdita di fiducia in detta istituzione. Per tali ragioni, la ricorrente considera che la domanda di risarcimento è scindibile dalla domanda di annullamento e rimane valida anche se il ricorso di annullamento dovesse essere respinto. A tale titolo, la ricorrente valuta il danno subito da MS in EUR 20 000, in ciascuna causa, ossia un importo totale di EUR 40 000.

115    Secondo giurisprudenza consolidata, il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340 TFUE, per comportamento illecito di un’istituzione, presuppone che ricorrano congiuntamente varie condizioni, ossia l’illegittimità del comportamento contestato all’istituzione, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento dedotto e il danno lamentato. Dal momento che una di tali condizioni non è soddisfatta, il ricorso dev’essere respinto nella sua integralità, senza che sia necessario esaminare le altre condizioni della responsabilità extracontrattuale (sentenze del 14 ottobre 2014, Giordano/Commissione, C‑611/12 P, EU:C:2014:2282, punto 35 e giurisprudenza ivi citata, e del 9 settembre 1999, Lucaccioni/Commissione, C‑257/98 P,EU:C:1999:402, punto 14).

116    Inoltre, le domande volte ad ottenere il risarcimento di un danno materiale o morale devono essere respinte allorché presentano un nesso stretto con le domande di annullamento che sono state, a loro volta, respinte in quanto irricevibili o infondate (v., in tal senso, sentenza del 14 settembre 2006, Commissione/Fernández Gómez, C‑417/05 P, EU:C:2006:582, punto 51).

117    Nel caso di specie, la domanda di risarcimento del danno morale che MS avrebbe subito a causa dell’asserita illegittimità del rifiuto di concedergli l’accesso ai documenti controversi è strettamente collegata alla domanda di annullamento delle decisioni del 2 febbraio e del 19 aprile 2016, nelle parti in cui respingono la domanda di accesso di MS ai documenti controversi. Orbene, come risulta dai precedenti punti da 43 a 91, l’esame dei motivi dedotti a sostegno di tale domanda di annullamento non ha rivelato alcuna illegittimità commessa dalla Commissione e dunque alcuna colpa di natura tale da far sorgere la sua responsabilità. Pertanto, la domanda di risarcimento del danno asseritamente subito da MS a causa di tali illegittimità dev’essere parimenti respinta in quanto infondata.

118    Quanto alla domanda di risarcimento del danno morale che MS avrebbe subito a causa della dedotta illegittimità del rifiuto di trasferirgli i dati personali controversi, dal precedente punto 112 risulta che la decisione del 16 giugno 2016, che respinge la richiesta di trasferire a MS tali dati personali, viola gli articoli 8, 13 e 20 del regolamento n. 45/2001 e, per questo motivo, dev’essere annullata. Secondo una giurisprudenza costante, l’annullamento di un atto viziato da illegittimità può costituire, di per sé, un risarcimento adeguato e, in linea di principio, sufficiente di qualsiasi danno morale che tale atto possa aver causato (v. sentenza del 9 novembre 2004, Montalto/Consiglio, T‑116/03, EU:T:2004:325, punto 127 e giurisprudenza ivi citata), a meno che la parte ricorrente non dimostri di aver subito un danno morale separabile dall’illegittimità che fonda l’annullamento e non integralmente risarcibile attraverso l’annullamento medesimo (v. sentenza del 6 giugno 2006, Girardot/Commissione, T‑10/02, EU:T:2006:148, punto 131 e giurisprudenza ivi citata).

119    Il senso di ingiustizia e le sofferenze che provoca ad una persona il fatto di dover esperire un procedimento contenzioso al fine di ottenere il riconoscimento dei suoi diritti costituiscono un danno che può essere dedotto dal semplice fatto che l’amministrazione ha commesso delle illegittimità. Tali danni sono risarcibili quando non sono compensati dalla soddisfazione derivante dall’annullamento dell’atto illegittimo (v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2014, CG/BEI, F‑115/11, EU:F:2014:187, punto 132).

120    Peraltro, l’annullamento di un atto viziato da illegittimità non può costituire, di per se stesso, una riparazione adeguata allorché l’atto impugnato contiene una valutazione esplicitamente negativa delle capacità della parte ricorrente idonea a ferirla (v., in tal senso, sentenze del 7 febbraio 1990, Culin/Commissione, C‑343/87, EU:C:1990:49, punti da 27 a 29; del 23 marzo 2000, Rudolph/Commissione, T‑197/98, EU:T:2000:86, punto 98, e del 13 dicembre 2005, Cwik/Commissione, T‑155/03, T‑157/03 e T‑331/03, EU:T:2005:447, punti 205 e 206).

121    Nel caso di specie, la decisione del 16 giugno 2016, che ha respinto la richiesta di trasferire a MS i dati personali controversi senza procedere a un’adeguata ponderazione dei differenti interessi legittimi in gioco, ha potuto far sorgere in MS un sentimento di ingiustizia e una perdita di fiducia nella Commissione. Inoltre, come risulta dalle considerazioni svolte dalla Commissione dinanzi al Mediatore e al Tribunale, tale decisione si fondava sul «timore di ritorsioni [da parte di MS] nei confronti [di X] o delle altre persone citate nella sua denuncia», ossia su una forma di valutazione negativa nei confronti di MS idonea ad averlo ferito.

122    Ciò premesso, l’annullamento della decisione del 16 giugno 2016, di per se stesso, non può bastare a costituire una riparazione adeguata del danno morale subito da MS a causa di tale decisione.

123    Pertanto, la domanda di risarcimento del danno morale subito da MS a causa dell’illegittimo rifiuto di trasferirgli i dati personali controversi dev’essere parzialmente accolta, per un importo di EUR 5 000, e respinta per il resto.

IV.    Sulle spese

124    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate.

125    Nel caso di specie, poiché la ricorrente e la Commissione sono rimaste entrambe soccombenti in taluni capi delle loro conclusioni, ciascuna di esse sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della Commissione europea del 16 giugno 2016, che respinge la richiesta di MS di trasferirgli taluni dati personali, è annullata.

2)      La Commissione è condannata a pagare a VG, in qualità di erede universale di MS, un importo di EUR 5 000.

3)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

4)      VG e la Commissione sopporteranno ciascuna le proprie spese.

Pelikánová

Valančius

Öberg

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 27 novembre 2018.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.