Language of document : ECLI:EU:T:2020:406

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

9 settembre 2020 (*)

«Responsabilità extracontrattuale – Cooperazione allo sviluppo – Esecuzione del bilancio dell’Unione in gestione indiretta – Decisione che sospende la possibilità per la ricorrente di concludere con la Commissione nuovi accordi di delega in gestione indiretta – Illecito – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli – Domanda d’ingiunzione – Tardività – Modifica della natura del risarcimento richiesto – Irricevibilità»

Nella causa T‑381/15 RENV,

International Management Group (IMG), con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata da L. Levi e J.-Y. De Cara, avocats,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da J. Baquero Cruz e J. Norris, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 268 TFUE e diretta ad ottenere il risarcimento del danno che la ricorrente avrebbe subito a causa della decisione della Commissione, contenuta nella sua lettera dell’8 maggio 2015, di non concludere con essa nuovi accordi di delega in gestione indiretta «fino a quando non vi sia una certezza assoluta del [suo] status di organizzazione internazionale»,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da R. da Silva Passos, presidente, L. Truchot (relatore) e M. Sampol Pucurull, giudici,

cancelliere: L. Ramette, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 marzo 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

 Presentazione della ricorrente

1        Secondo il suo statuto, quale figura nel fascicolo in atti, la ricorrente, International Management Group (IMG), è stata istituita il 25 novembre 1994 come organizzazione internazionale denominata «International Management Group – Infrastructure for Bosnia and Herzegovina» avente sede in Belgrado (Serbia), con l’obiettivo di consentire agli Stati partecipanti alla ricostruzione della Bosnia-Erzegovina di disporre di un’entità dedicata a tale fine. Da allora, la ricorrente ha progressivamente ampliato il suo campo di attività, ed ha successivamente concluso, il 13 giugno 2012, un accordo sulla sede con il Regno del Belgio.

2        Nell’ambito delle sue attività, la ricorrente ha stipulato vari accordi con la Commissione europea, in particolare in attuazione del metodo di esecuzione del bilancio dell’Unione europea detto «di gestione indiretta o congiunta» previsto dai regolamenti finanziari dell’Unione (in prosieguo: gli «accordi di delega in gestione indiretta»), di seguito descritto.

 Metodo di gestione congiunta con organizzazioni internazionali (gestione indiretta)

3        La gestione indiretta è una modalità di esecuzione del bilancio dell’Unione risultante dagli articoli 53 e 53 quinquies del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU 2002, L 248, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE, Euratom) n. 1995/2006 del Consiglio, del 13 dicembre 2006 (GU 2006, L 390, pag. 1), e dall’articolo 43 del regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 della Commissione, del 23 dicembre 2002, recante modalità d’esecuzione del regolamento n. 1605/2002 (GU 2002, L 357, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE, Euratom) n. 478/2007 della Commissione, del 23 aprile 2007 (GU 2007, L 111, pag. 13) (in prosieguo, insieme al regolamento n. 1605/2002: i «regolamenti finanziari del 2002»).

4        L’articolo 53 del regolamento n. 1605/2002 prevede quanto segue:

«La Commissione esegue il bilancio in conformità delle disposizioni degli articoli da 53 bis a 53 quinquies secondo i metodi seguenti:

a)      in modo centralizzato;

b)      con una gestione concorrente o decentrata; o

c)      in gestione congiunta con organizzazioni internazionali».

5        L’articolo 53 quinquies di tale regolamento così enuncia:

«1.      Quando la Commissione esegue il bilancio mediante gestione congiunta, alcune funzioni d’esecuzione sono delegate ad organizzazioni internazionali (...)

(...)

2.      Nelle convenzioni individuali concluse con le organizzazioni internazionali per la concessione del finanziamento devono figurare disposizioni particolareggiate per l’esecuzione delle funzioni affidate a tali organizzazioni internazionali.

(...)».

6        Ai sensi dell’articolo 43, paragrafo 2, del regolamento n. 2342/2002:

«Le organizzazioni internazionali di cui all’articolo 53 quinquies del regolamento [n. 1605/2002] sono le seguenti:

a)      le organizzazioni internazionali del settore pubblico istituite mediante accordi intergovernativi e le agenzie specializzate istituite da tali organizzazioni;

(...)».

7        Il regolamento n. 1605/2002 è stato abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2013, dal regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione e che abroga il regolamento n. 1605/2012 (GU 2012, L 298, pag. 1). Tuttavia, l’articolo 212, lettera a), del regolamento n. 966/2012 ha previsto, in particolare, che gli articoli 53 e 53 quinquies del regolamento n. 1605/2002 continuassero ad applicarsi a tutti gli impegni assunti fino al 31 dicembre 2013.

8        Il regolamento n. 2342/2002 è stato sostituito, a decorrere dal 1º gennaio 2013, dal regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento n. 966/2012 (GU 2012, L 362, pag. 1) (in prosieguo, insieme al regolamento n. 966/2012: i «regolamenti finanziari del 2012»).

9        Il regolamento n. 966/2012 è entrato in vigore il 27 ottobre 2012, conformemente al suo articolo 214, primo comma. Esso si applica a decorrere dal 1° gennaio 2013, conformemente al secondo comma di tale articolo, fatte salve le date di applicazione specifiche previste per altri articoli di detto regolamento.

10      Tra questi ultimi articoli figura l’articolo 58, intitolato «Metodi d’esecuzione del bilancio», applicabile agli impegni assunti a partire dal 1º gennaio 2014, il cui paragrafo 1 è così formulato:

«La Commissione esegue il bilancio secondo i metodi seguenti:

a)      direttamente (“gestione diretta”), a opera dei suoi servizi (...);

b)      nell’ambito della gestione concorrente con gli Stati membri (“gestione concorrente”); oppure

c)      indirettamente (“gestione indiretta”), (...) affidando compiti d’esecuzione del bilancio:

i)      a paesi terzi o organismi da questi designati;

ii)      a organizzazioni internazionali e rispettive agenzie;

(...)».

11      L’articolo 43 del regolamento delegato n. 1268/2012, rubricato «Disposizioni specifiche per la gestione indiretta con le organizzazioni internazionali», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Le organizzazioni internazionali di cui all’articolo 58, paragrafo 1, lettera c), punto ii), del regolamento [n. 966/2012] sono le seguenti:

a)      le organizzazioni internazionali del settore pubblico istituite mediante accordi intergovernativi e le agenzie specializzate istituite da tali organizzazioni;

(...)».

 Indagine dellOLAF e seguito dato a questultima

12      Il 17 febbraio 2014, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha informato la Commissione, conformemente all’articolo 7, paragrafo 6, del regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU 2013, L 248, pag. 1), di aver avviato un’indagine (indagine OF/2011/1002) sullo status giuridico della ricorrente, quale «organizzazione internazionale» ai sensi dei regolamenti finanziari del 2002 e del 2012.

13      Il 9 dicembre 2014, l’OLAF ha redatto la sua relazione finale (in prosieguo: la «relazione dell’OLAF»), che è stata ricevuta dalla Commissione il 15 dicembre 2014. La relazione dell’OLAF comprendeva una serie di raccomandazioni per il seguito amministrativo e finanziario.

14      Nella sua relazione, l’OLAF considera, in sostanza, che la ricorrente non è un’«organizzazione internazionale» ai sensi dei regolamenti finanziari del 2002 e del 2012 e che essa potrebbe addirittura non avere una personalità giuridica propria. L’OLAF raccomanda quindi alla Commissione d’imporre alla ricorrente sanzioni amministrative e finanziarie e di procedere al recupero delle somme che le sono state versate.

15      L’8 maggio 2015, la Commissione ha inviato alla ricorrente una lettera (in prosieguo: la «lettera dell’8 maggio 2015»), informandola del seguito che intendeva dare alla relazione dell’OLAF.

16      Nella lettera dell’8 maggio 2015, in primo luogo, la Commissione ha segnatamente indicato di aver accettato la raccomandazione dell’OLAF relativa a misure rafforzate di audit nonché ad attività di monitoraggio e di aver presentato un avviso di verifica nell’ambito del sistema di allarme rapido (in prosieguo: il «SAR») nei confronti della ricorrente.

17      In secondo luogo, la Commissione ha sottolineato che non avrebbe chiesto il rimborso dei fondi che erano stati assegnati alla ricorrente in base ad accordi di gestione diretta e che, alla luce delle prove disponibili, non intendeva chiedere il recupero dei fondi assegnati alla ricorrente in gestione indiretta. Pertanto, secondo la Commissione, gli accordi conclusi con la ricorrente e che erano in corso avrebbero continuato ad essere attuati, cosicché quest’ultima avrebbe pagato le somme dovute alla ricorrente come corrispettivo delle attività che quest’ultima avrebbe effettivamente svolto. Tuttavia, la Commissione ha precisato che l’attuazione dei contratti in corso sarebbe stata oggetto di un «monitoraggio accurato» e di «misure supplementari adeguate» per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione.

18      In terzo luogo, la Commissione ha indicato che, «fino a quando non vi sia una certezza assoluta dello status di organizzazione internazionale [della ricorrente]», i suoi servizi non avrebbero più concluso con quest’ultima nuovi accordi di delega in gestione indiretta.

 Procedimenti precedenti dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte

19      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 luglio 2015, la ricorrente ha proposto un ricorso iscritto a ruolo con il numero T‑381/15. Detto ricorso era diretto, in sostanza, all’annullamento della lettera dell’8 maggio 2015, nella parte in cui la Commissione, da un lato, ordinava di procedere a misure rafforzate di audit e di monitoraggio nonché a un avviso di verifica nell’ambito del SAR, e, dall’altro, negava alla ricorrente la qualità di organizzazione internazionale ai sensi dei regolamenti finanziari del 2002 e del 2012. Inoltre, la ricorrente chiedeva il risarcimento dei danni materiali e morali da essa subiti.

20      La Commissione ha chiesto il rigetto del ricorso in quanto irricevibile, in tutto o in parte, e, in subordine, il rigetto del ricorso in quanto infondato.

21      Con sentenza del 2 febbraio 2017, IMG/Commissione (T‑381/15, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza iniziale», EU:T:2017:57), il Tribunale ha:

–        constatato che non vi era più luogo a statuire sul ricorso, nella parte in cui la ricorrente chiedeva l’annullamento della sua iscrizione ad un avviso di verifica nel SAR;

–        respinto il ricorso in quanto irricevibile nella parte in cui riguardava, da un lato, misure di audit rafforzato e di monitoraggio e, dall’altro, misure supplementari per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, dato che non si trattava di atti impugnabili;

–        respinto il ricorso in quanto infondato per il resto.

–        respinto il ricorso per risarcimento danni.

22      Con memoria depositata presso la cancelleria della Corte l’11 aprile 2017, la ricorrente ha proposto un’impugnazione, iscritta al ruolo con il numero C‑184/17 P, avverso la prima sentenza. Essa ha chiesto alla Corte di:

–        «annullare la [sentenza iniziale];

–        accogliere, quindi, le conclusioni formulate in primo grado dalla ricorrente, come riviste e, di conseguenza:

–        annullare la decisione della Commissione dell’8 maggio 2015 di rifiutare [ad essa] la qualità di organizzazione internazionale ai sensi del regolamento finanziario;

–        condannare la convenuta al risarcimento del danno materiale e morale, stimato, rispettivamente, in EUR 28 milioni e in EUR 1;

–        (...)».

23      La Commissione, oltre ad aver chiesto il rigetto dell’impugnazione principale, ha proposto un’impugnazione incidentale, con la quale ha chiesto alla Corte, da un lato, di annullare la sentenza iniziale, nella parte in cui il Tribunale aveva respinto le sue eccezioni di irricevibilità, e, dall’altro, di statuire definitivamente sulla controversia, respingendo il ricorso in quanto irricevibile.

24      Con decisione del presidente della Corte del 20 marzo 2018, la causa C‑184/17 P è stata riunita alla causa C‑183/17 P, che aveva ad oggetto un’impugnazione proposta dalla ricorrente avverso la sentenza del 2 febbraio 2017, International Management Group/Commissione (T‑29/15, non pubblicata, EU:T:2017:56), con la quale il Tribunale aveva respinto il suo ricorso teso all’annullamento della decisione della Commissione di riassegnare a un’entità diversa dalla ricorrente l’attuazione, in gestione indiretta, di un programma di sviluppo del commercio concernente il Myanmar/Birmania.

25      Con sentenza del 31 gennaio 2019, International Management Group/Commissione (C‑183/17 P e C‑184/17 P; in prosieguo: la «sentenza resa sull’impugnazione», EU:C:2019:78), la Corte ha deciso quanto segue:

«1)      L[a sentenza] del 2 febbraio 2017, International Management Group/Commissione (T‑29/15, non pubblicata, EU:T:2017:56), e [la sentenza iniziale] sono annullate.

(...)

3)      La decisione della Commissione europea di non concludere in futuro nuovi accordi di delega in gestione indiretta con [la ricorrente], contenuta nella lettera dell’8 maggio 2015, è annullata.

4)      La causa T‑381/15 è rinviata al Tribunale dell’Unione europea affinché esso statuisca sulla domanda di risarcimento dell’International Management Group relativa ai danni che sarebbero stati cagionati a tale entità dalla decisione della Commissione di cui al punto 3 del presente dispositivo.

5)      Le impugnazioni incidentali sono respinte.

6)      La Commissione è condannata alle spese nelle cause C‑183/17 P, C‑184/17 P e T‑29/15.

7)      Le spese sono riservate nella causa T‑381/15».

 Procedimento e conclusioni delle parti successivo all’annullamento e al rinvio

26      Con lettere del 6 febbraio 2019, la cancelleria del Tribunale ha invitato le parti a presentare le rispettive osservazioni scritte, conformemente all’articolo 217, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, in merito alla prosecuzione del procedimento (in prosieguo: le «osservazioni sulla prosecuzione del procedimento»). La ricorrente e la Commissione hanno depositato tali osservazioni presso la cancelleria del Tribunale entro il termine impartito.

27      Con lettere del 26 aprile 2019, la cancelleria del Tribunale ha invitato le parti a presentare memorie integrative contenenti osservazioni scritte, ai sensi dell’articolo 217, paragrafo 3, del regolamento di procedura (in prosieguo: le «memorie integrative»). La ricorrente e la Commissione hanno depositato le loro memorie integrative presso la cancelleria del Tribunale entro il termine impartito, come prorogato a seguito di una domanda presentata a tal fine dalla ricorrente.

28      Nella sua memoria integrativa, la Commissione ha chiesto che il procedimento fosse sospeso, ai sensi dell’articolo 69 del regolamento di procedura, fino alla data in cui avesse riesaminato lo status giuridico della ricorrente, nell’ambito dell’esecuzione della sentenza resa sull’impugnazione.

29      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 12 luglio 2019, la ricorrente si è opposta alla domanda di sospensione presentata dalla Commissione. Con decisione del presidente della Settima Sezione del Tribunale del 16 luglio 2019, detta domanda è stata respinta.

30      Conformemente all’articolo 106, paragrafo 2, del regolamento di procedura, il 24 luglio 2019 la Commissione ha presentato una domanda di essere ascoltata durante un’udienza di discussione.

31      A seguito della modifica della composizione del Tribunale, con decisione del 16 ottobre 2019, il presidente del Tribunale, in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento di procedura, ha riassegnato la causa a un nuovo giudice relatore, facente parte della Settima Sezione, nella sua nuova composizione.

32      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Settima Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha posto alcuni quesiti alle parti cui le stesse dovevano rispondere per iscritto prima dell’udienza. Le parti hanno risposto a tali quesiti entro il termine impartito.

33      Nella sua risposta ai quesiti del Tribunale, la Commissione ha indicato che la ricorrente aveva presentato alla Corte una domanda di interpretazione della sentenza resa sull’impugnazione e ha invitato il Tribunale a sospendere il procedimento fino alla decisione della Corte in merito a tale domanda.

34      Con decisione del 28 febbraio 2020 il presidente della Settima Sezione del Tribunale ha respinto la domanda di sospensione presentata dalla Commissione.

35      Con ordinanza del 9 giugno 2020, International Management Group/Commissione (C‑183/17 P-INT, non pubblicata, EU:C:2020:447), la Corte ha respinto la domanda di interpretazione in quanto manifestamente irricevibile.

36      Le difese orali e le risposte delle parti ai quesiti orali rivolti dal Tribunale sono state sentite nel corso dell’udienza del 12 marzo 2020.

37      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il presente ricorso ricevibile e fondato;

–        condannare la Commissione al risarcimento dei danni materiali e morali;

–        condannare la Commissione alle spese.

38      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso per risarcimento danni presentato dalla ricorrente in quanto parzialmente irricevibile e, in ogni caso, infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulloggetto della controversia successivo allannullamento e al rinvio

39      In udienza, in risposta ad un quesito del Tribunale, le parti hanno confermato che l’oggetto della presente controversia sarebbe limitato al risarcimento del danno derivante dalla decisione della Commissione contenuta nella lettera dell’8 maggio 2015, annullata dalla Corte, di non concludere con la ricorrente nuovi accordi di delega in gestione indiretta «fino a quando non vi sia la certezza assoluta del [suo status] di organizzazione internazionale» (in prosieguo: la «decisione controversa»). Si è preso atto di tali dichiarazioni delle parti nel verbale d’udienza.

 Sulla ricevibilità

40      Nelle sue osservazioni sulla prosecuzione del procedimento, a titolo di risarcimento del danno materiale, la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        «ingiungere alla Commissione di affidar[le] un volume di attività pari a EUR 68,5 milioni per compensare la perdita di attività subita [tra il 2015 e il 2019]»;

–        ordinare alla Commissione «di agire in tal senso entro un lasso di tempo limitato, che [essa] ritiene ragionevole fissare in [tre] anni»;

–        «corredare la sua ingiunzione con una condanna della Commissione al pagamento [di] interessi di mora, calcolati al tasso del 3,5%, a decorrere dal 1º gennaio 2021 e applicabile all’importo del volume di attività di EUR 68,5 milioni che non risulterebbe essere stato affidato alla ricorrente alla data del 31 dicembre 2020»;

–        condannare la Commissione a versargli la somma di EUR 6,841 milioni, maggiorata degli interessi di mora calcolati al tasso annuo del 3,5%, composta dai seguenti importi:

–        EUR 2,45 milioni, «a titolo di ricostruzione delle riserve», per quanto riguarda sia la diminuzione delle riserve esistenti tra la fine del 2014 e la fine del 2018, sia le riserve aggiuntive che la ricorrente avrebbe potuto normalmente costituire;

–        EUR 3 milioni, a titolo di «dotazioni per costi indiretti» di cui la ricorrente avrebbe beneficiato se la Commissione avesse concluso con essa accordi di delega in gestione indiretta per EUR 42,5 milioni, precisando che tale danno scomparirebbe se tali accordi fossero conclusi in seguito a misure disposte dal Tribunale;

–        EUR 120.000, a titolo di indennità di licenziamento del personale;

–        EUR 516 000, a titolo di ricostituzione del personale;

–        EUR 305 000, a titolo di ripristino del funzionamento informatico;

–        EUR 150 000, a titolo di ripristino delle altre spese di funzionamento;

–        EUR 300 000, a titolo della campagna di comunicazione necessaria per ripristinare l’immagine e la reputazione internazionale della ricorrente.

41      Per quanto riguarda il danno morale, da un lato, la ricorrente chiede, a titolo di risarcimento, il pagamento della somma di EUR 10 milioni, con interessi al tasso legale del 3,5% annuo a decorrere dalla data dell’8 maggio 2015.

42      Dall’altro, a titolo di equo indennizzo, essa chiede al Tribunale di ordinare alla Commissione di:

–        «pubblicare un comunicato stampa in cui [quest’ultima] prenda atto in modo assolutamente chiaro e pubblico [del] fatto che [la ricorrente] è effettivamente un’organizzazione internazionale ai sensi del regolamento finanziario e del diritto internazionale»;

–        «riconoscere che, di conseguenza, [la ricorrente] ha pieno accesso al sistema di delega di spesa riservato alle organizzazioni internazionali e ad altri organismi abilitati»;

–        «far pubblicare a proprie spese nella prima pagina dei giornali e delle riviste indicati [dalla ricorrente] articoli sostanziali mediante i quali le accuse e le voci di cui [essa] è stata oggetto siano formalmente smentite».

43      In primo luogo, la Commissione fa valere che le domande della ricorrente dirette ad ottenere che il Tribunale le rivolga ingiunzioni sono irricevibili, in quanto non sarebbero state presentate nel ricorso iniziale e la ricorrente non potrebbe modificare la natura delle sue pretese nel corso del procedimento derivante da un rinvio a seguito di annullamento. Per quanto riguarda le domande d’ingiunzione vertenti sul danno materiale, la Commissione aggiunge che il giudice dell’Unione non deve usurpare le prerogative dell’autorità amministrativa e non può dunque rivolgere ingiunzioni alle istituzioni. Inoltre, le ingiunzioni richieste dalla ricorrente sarebbero contrarie al principio di sana gestione finanziaria e al margine di discrezionalità di cui la Commissione disporrebbe nella scelta delle modalità di esecuzione del bilancio dell’Unione.

44      In secondo luogo, la Commissione osserva che la somma di EUR 6,841 milioni che la ricorrente le chiede di pagare corrisponde in parte a voci di danno diverse da quelle dedotte nel procedimento prima dell’annullamento e del rinvio. La ricorrente avrebbe modificato l’oggetto della controversia, in violazione delle norme che disciplinano il procedimento dinanzi al Tribunale. La Commissione riconosce, tuttavia, che la domanda di pagamento della somma di EUR 3 milioni, formulata a titolo di «dotazioni per costi indiretti», non costituisce una nuova domanda.

45      In terzo luogo, la Commissione sottolinea che, nell’atto introduttivo del ricorso, la ricorrente aveva chiesto il versamento di un euro simbolico, a titolo di risarcimento del danno morale. Secondo la Commissione, benché la ricorrente avesse precisato che tale domanda era presentata «con riserva di integrazione», essa non ha spiegato le ragioni per le quali tale danno avrebbe ora raggiunto un importo di EUR 10 milioni. La Commissione osserva che le prove prodotte dalla ricorrente, in allegato alle sue osservazioni sulla prosecuzione del procedimento, per suffragare la sua nuova domanda, sono articoli di stampa anteriori alla presentazione del ricorso iniziale, senza che la ricorrente abbia giustificato il ritardo nella produzione di tali documenti. Tali prove sarebbero quindi irricevibili, in forza dell’articolo 85 del regolamento di procedura.

46      Nelle sue risposte scritte ai quesiti del Tribunale (v. precedente punto 32) relative alle eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Commissione nella memoria integrativa, la ricorrente sostiene, anzitutto, che le voci di danno di cui essa chiede il risarcimento e quelle contenute nell’atto introduttivo del ricorso sono identiche. Essa si sarebbe limitata a precisare le sue domande, a far evolvere gli importi richiesti e ad esplicitare la voce di danno relativa alla sua «ricostituzione». Sul danno morale, la ricorrente sottolinea che la sua domanda diretta alla concessione di un euro simbolico era stata presentata «con riserva di integrazione».

47      Richiamandosi, in particolare, alla sentenza del 10 maggio 2006, Galileo International Technology e a./Commissione (T‑279/03, EU:T:2006:121), la ricorrente fa poi valere che la giurisprudenza ha già ammesso che una parte possa chiedere al Tribunale, nell’ambito di un ricorso per risarcimento danni, di rivolgere all’istituzione convenuta un’ingiunzione di fare o di non fare. Essa sottolinea che è proprio di un’ingiunzione il fatto di limitare il potere discrezionale di un’istituzione nella definizione delle misure di esecuzione del compito di servizio pubblico di cui quest’ultima è investita. Il principio della separazione dei poteri, invocato dalla Commissione, non osterebbe a che il giudice limiti il potere dell’amministrazione. Peraltro, secondo la ricorrente, la sua domanda lascia alla Commissione un margine di discrezionalità in merito alle modalità in cui essa intende definire il volume di attività di EUR 68,5 milioni da attribuirle.

48      Infine, la ricorrente precisa che le domande di cui al precedente punto 40, trattini dal primo al terzo, si sono sostituite alla domanda di risarcimento danni di cui essa aveva adito il Tribunale nel corso del procedimento prima dell’annullamento e del rinvio, che mirava ad ottenere il pagamento della somma di EUR 14 milioni all’anno, per gli anni 2015 e 2016.

49      In primo luogo, per quanto riguarda le domande della ricorrente di cui al precedente punto 40, trattini dal primo al terzo, relative al risarcimento in natura del danno materiale, e al precedente punto 42, dal primo al terzo trattino, relative al risarcimento in natura del danno morale, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 76, lettera e), del regolamento di procedura, la ricorrente è tenuta ad indicare le sue conclusioni nel ricorso. Pertanto, in linea di principio, possono essere prese in considerazione solo le conclusioni esposte nell’atto introduttivo del giudizio e la fondatezza del ricorso deve essere valutata unicamente alla luce delle conclusioni contenute nell’atto introduttivo del giudizio (sentenza del 24 ottobre 2018, Epsilon International/Commissione, T‑477/16, non pubblicata, EU:T:2018:714, punto 45; v. anche, in tal senso, sentenze dell’8 luglio 1965, Krawczynski/Commissione, 83/63, EU:C:1965:70, pag. 785, e del 25 settembre 1979, Commissione/Francia, 232/78, EU:C:1979:215, punto 3).

50      L’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura autorizza la produzione di motivi nuovi, a condizione che questi ultimi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Dalla giurisprudenza risulta che tale condizione vale a fortiori per qualsiasi modifica delle conclusioni e che, in mancanza di elementi di diritto e di fatto emersi durante la fase scritta del procedimento, possono essere prese in considerazione solo le conclusioni dell’atto introduttivo del ricorso (sentenze del 13 settembre 2013, Berliner Institut für Vergleichende Sozialforschung/Commissione, T‑73/08, non pubblicata, EU:T:2013:433, punto 43, e del 24 ottobre 2018, Epsilon International/Commissione, T‑477/16, non pubblicata, EU:T:2018:714, punto 46).

51      Tali principi sono applicabili nel corso del presente procedimento successivo all’annullamento e al rinvio, poiché quest’ultimo costituisce il prolungamento parziale della medesima controversia che era iniziata con il deposito dell’atto introduttivo del ricorso (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2018, Kakol/Commissione, T‑641/16 RENV e T‑137/17, non pubblicata, EU:T:2018:958, punto 70).

52      Ne consegue che, sebbene sia ammissibile che, in ragione del tempo trascorso dal deposito dell’atto introduttivo del ricorso, la ricorrente adatti, in tale fase del procedimento, gli importi oggetto delle sue richieste di risarcimento iniziali, purché ne spieghi i motivi, resta tuttavia escluso che essa possa modificare la natura stessa del risarcimento richiesto (v., in tal senso, sentenze del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione, 25/62, EU:C:1963:17, pag. 221, e dell’11 gennaio 2002, Biret e Cie/Consiglio, T‑210/00, EU:T:2002:3, punti 48 e 49; v. anche, nello stesso senso e per analogia, sentenza dell’8 marzo 1990, Schwedler/Parlamento T‑41/89, EU:T:1990:19, punto 34).

53      Nel caso di specie, occorre constatare che, nell’atto introduttivo del ricorso, la ricorrente non aveva presentato al Tribunale le domande d’ingiunzione di fare o di non fare, menzionate ai precedenti punti 40, trattini dal primo al terzo, e 42, trattini dal primo al terzo, che essa formula nelle sue osservazioni sulla prosecuzione del procedimento. Siffatte richieste non figurano neppure nella replica o nel verbale dell’udienza tenutasi dinanzi al Tribunale il 20 ottobre 2016, il quale costituisce un atto pubblico, ai sensi dell’articolo 114, paragrafo 1, del regolamento di procedura. Risulta infatti dall’atto introduttivo del ricorso, dalla replica e dal summenzionato verbale che, nel corso del procedimento prima del rinvio, la ricorrente aveva chiesto il versamento, a titolo di danno morale, di un euro simbolico e, a titolo di danno materiale, di un indennizzo di EUR 14 milioni all’anno a decorrere dall’adozione della decisione controversa (v. precedente punto 22).

54      Inoltre, la ricorrente ha confermato queste ultime richieste quando ha domandato alla Corte, nell’ambito dell’impugnazione da essa proposta avverso la sentenza iniziale, di accogliere le sue conclusioni presentate in primo grado (v. precedente punto 22). La Corte ha considerato che non sussistevano le condizioni per poter essa stessa statuire sulla domanda di risarcimento danni della ricorrente, cosicché, su tale punto, occorreva rinviare la causa dinanzi al Tribunale. Le domande di risarcimento di cui la ricorrente l’aveva investita non sono, però, le stesse formulate nel presente procedimento successivo all’annullamento e al rinvio.

55      Inoltre, alla luce delle richieste della ricorrente menzionate al precedente punto 40, dal primo al terzo trattino, relative al risarcimento in natura del danno materiale, si deve parimenti rilevare che la giurisprudenza ha ammesso che dall’articolo 340, secondo comma, TFUE e dall’articolo 268 TFUE, i quali non escludono la concessione di un risarcimento in natura, deriva che il giudice dell’Unione è competente ad imporre all’Unione qualsiasi forma di risarcimento che sia conforme ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri in materia di responsabilità extracontrattuale, incluso, laddove appaia conforme a tali principi, il risarcimento in natura, eventualmente anche sotto forma di ingiunzione di fare o di non fare (sentenze del 10 maggio 2006, Galileo International Technology e a./Commissione, T‑279/03, EU:T:2006:121, punti 62 e 63, e dell’8 novembre 2011, Idromacchine e a./Commissione, T‑88/09, EU:T:2011:641, punto 81).

56      Tuttavia, nel caso di specie, le ingiunzioni richieste dalla ricorrente dirette ad ottenere, per una durata massima di tre anni, la conclusione di accordi di delega in gestione indiretta per un importo di EUR 68,5 milioni non consentono di garantire il rispetto del principio di sana gestione finanziaria, che è un principio generale del diritto dell’Unione, menzionato in particolare all’articolo 310, paragrafo 5, TFUE e all’articolo 317, primo comma, TFUE. Infatti, se la Commissione fosse costretta dal giudice a concludere i summenzionati accordi di delega in gestione indiretta con la ricorrente, essa non sarebbe più in grado di determinare, nell’esercizio del suo potere discrezionale e nel rispetto dei principi di buona amministrazione e di sana gestione finanziaria, né l’importo del bilancio dell’Unione che occorre assegnare a taluni tipi di progetti, né la modalità di esecuzione più appropriata di detto bilancio, né, nell’ipotesi di una gestione indiretta, il partner che si trovi nella posizione migliore per un progetto specifico.

57      Inoltre, l’adozione da parte del Tribunale di ingiunzioni ai fini precedentemente ricordati comprometterebbe l’esito della valutazione da parte della Commissione – in seguito all’annullamento della decisione controversa da parte della sentenza resa sull’impugnazione – dello status di organizzazione internazionale della ricorrente ai sensi delle pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione. Tale valutazione è necessaria per rispondere alla questione se la Commissione possa attribuire alla ricorrente progetti di cooperazione allo sviluppo mediante la conclusione di accordi di delega in gestione indiretta.

58      Le considerazioni esposte al precedente punto 57 si applicano anche alle domande di ingiunzione della ricorrente di cui al precedente punto 42, trattini dal primo al terzo, volte, in sostanza, ad ottenere dalla Commissione talune dichiarazioni pubbliche che riconoscano lo status di organizzazione internazionale della ricorrente e la sua idoneità a concludere con essa accordi di delega in gestione indiretta.

59      Di conseguenza, le domande della ricorrente menzionate ai precedenti punti 40, trattini dal primo al terzo, e 42, trattini dal primo al terzo, devono essere respinte in quanto irricevibili.

60      In secondo luogo, per quanto riguarda la domanda della ricorrente di cui al precedente punto 40, quarto trattino, occorre rilevare che gli importi oggetto di tale domanda corrispondono a voci di danno materiale diverse da quelle dedotte nel procedimento prima dell’annullamento e del rinvio, come risulta dai precedenti punti 53 e 54, ad eccezione della somma di EUR 3 milioni dedotta a titolo di «dotazioni per costi indiretti». La ricorrente non è quindi legittimata a chiedere, nella presente fase del procedimento, il risarcimento di tali nuove voci di danno.

61      Per quanto riguarda l’importo di EUR 3 milioni corrispondente alle «dotazioni per costi indiretti», quest’ultimo riguarda, come confermato dalle parti all’udienza, i «costi indiretti» di cui all’articolo 14.4 del documento intitolato «Condizioni generali applicabili agli accordi di sovvenzione dell’Unione europea con le organizzazioni internazionali», che figura in allegato alle osservazioni della Commissione sulla prosecuzione del procedimento. Tale disposizione prevede che l’entità selezionata possa percepire una percentuale forfettaria dei costi effettivi ammissibili, con un tetto massimo del 7%, a titolo dei costi indiretti, per coprire le spese amministrative generali di tale entità. La somma di EUR 3 milioni richiesta in questa fase del procedimento risulta, in sostanza, dall’applicazione di tale percentuale alla somma di EUR 42,5 milioni, a concorrenza della quale la ricorrente ha stimato il valore degli accordi di delega in gestione indiretta che avrebbe potuto concludere con la Commissione tra il 2015 e il 2019, se non vi fosse stata la decisione controversa.

62      Dato che, come riconosciuto dalla Commissione in udienza (v. precedente punto 44), l’importo di EUR 3 milioni corrisponde all’adeguamento di una voce di danno materiale che figurava tra quelli di cui la ricorrente aveva chiesto il risarcimento nel corso del procedimento prima dell’annullamento e del rinvio, la domanda di pagamento di detta somma è ricevibile.

63      In terzo luogo, per quanto riguarda la domanda di risarcimento di un danno morale quantificato in EUR 10 milioni (v. precedente punto 41), si deve anzitutto rilevare che la ricorrente, quando aveva chiesto, a titolo di risarcimento di tale danno, il pagamento di un euro simbolico, aveva precisato che siffatta domanda era formulata «con riserva di integrazione». Tuttavia, occorre constatare che, poiché l’importo richiesto nel corso del presente procedimento successivo all’annullamento e al rinvio non può più essere qualificato come simbolico, la ricorrente ha modificato la natura della sua domanda di risarcimento del danno morale lamentato.

64      Va poi esaminata l’eccezione d’irricevibilità opposta dalla Commissione agli elementi di prova presentati dalla ricorrente in allegato alle sue osservazioni sulla prosecuzione del procedimento (v. precedente punto 45).

65      Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, del regolamento di procedura le prove e le offerte di prova sono presentate nell’ambito del primo scambio di memorie. In forza del paragrafo 2 di detto articolo, le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova a sostegno delle loro argomentazioni in sede di replica e di controreplica, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato. Ai sensi del paragrafo 3, in via eccezionale, le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova prima della chiusura della fase orale del procedimento oppure prima della decisione del Tribunale di statuire senza fase orale, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato.

66      Nel caso di specie, l’atto introduttivo del ricorso è stato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 luglio 2015 e la replica il 13 maggio 2016. Tuttavia, salvo due eccezioni, gli articoli di stampa contenuti nell’allegato menzionato al precedente punto 64 recano una data anteriore a quella del deposito dell’atto introduttivo del ricorso. La prima eccezione è costituita da un articolo pubblicato nel mese di agosto 2015 e la seconda da un articolo che non reca alcuna data, ma il cui contenuto permette di evincere che esso è stato pubblicato nel corso del 2015.

67      Poiché la ricorrente non ha fornito spiegazioni sulle ragioni per le quali non ha prodotto tali articoli in allegato all’atto introduttivo del ricorso o, in mancanza, alla replica, le condizioni previste all’articolo 85 del regolamento di procedura non sono soddisfatte, così che tali prove sono irricevibili.

68      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve concludere che il presente ricorso per risarcimento danni è irricevibile, salvo nella parte in cui è diretto al risarcimento del danno materiale asseritamente subito, a titolo di «dotazioni per costi indiretti», stimato in EUR 3 milioni, e al risarcimento di un danno morale quantificato, nell’atto introduttivo del giudizio, in un euro simbolico.

 Nel merito

69      Secondo una giurisprudenza costante, la sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, richiede la compresenza di vari presupposti, ossia l’illiceità del comportamento contestato all’istituzione dell’Unione, l’effettività del danno e la sussistenza di un nesso causale fra il comportamento dell’istituzione e il danno lamentato (v. sentenza del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea, C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 147 e giurisprudenza ivi citata).

 Sull’illiceità del comportamento contestato alla Commissione

70      La condizione relativa all’illiceità del comportamento addebitato alle istituzioni richiede che venga accertata una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli [v. sentenza del 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione, C‑282/05 P, EU:C:2007:226, punto 47 e giurisprudenza ivi citata].

71      Le parti hanno posizioni contrapposte riguardo all’applicazione di tale principio al presente caso.

72      In primo luogo, la ricorrente fa valere che le pertinenti disposizioni dei regolamenti finanziari del 2002 e del 2012 conferiscono diritti alle organizzazioni internazionali da esse considerate. Nel novero di tali diritti figura, in particolare, il diritto di un’entità ad essere riconosciuta quale organizzazione internazionale laddove soddisfi le condizioni previste a tal fine dai suddetti regolamenti, nonché l’effettiva possibilità di vedersi affidare compiti di esecuzione del bilancio e di ricevere i fondi corrispondenti nell’ambito di una gestione indiretta. Secondo la ricorrente, la Commissione, una volta riconosciuto a un’entità lo status di organizzazione internazionale, non potrebbe più ritornare su tale status, che sarebbe acquisito, conformemente al diritto internazionale. Il rispetto di tale diritto s’imporrebbe alla Commissione, soprattutto quando applica disposizioni di diritto dell’Unione che fanno riferimento a nozioni specifiche del diritto internazionale. Inoltre, la ricorrente sostiene che il principio di buona amministrazione impedisce alla Commissione di rimettere in discussione il suo status di organizzazione internazionale. All’udienza, rispondendo ad un quesito del Tribunale, essa ha precisato che tale principio obbligava la Commissione ad esaminare la sua situazione con cura e imparzialità, alla luce di tutte le informazioni utili.

73      In secondo luogo, ad avviso della ricorrente, le pertinenti disposizioni dei regolamenti finanziari del 2002 e del 2012 non lasciano alla Commissione alcun potere discrezionale, con la conseguenza che la loro mera violazione costituirebbe una violazione sufficientemente qualificata.

74      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

75      In via preliminare, si deve ricordare che spetta alla parte che intende chiamare in causa la responsabilità dell’Unione dimostrare che le condizioni richieste a tal fine sono soddisfatte, in particolare quella relativa all’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli (v., in tal senso, sentenze del 23 marzo 2004, Mediatore/Lamberts, C‑234/02 P, EU:C:2004:174, punto 52; del 6 giugno 2019, Dalli/Commissione, T‑399/17, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2019:384, punto 217, e del 18 novembre 2014, McCoy/Comitato delle regioni, F‑156/12, EU:F:2014:247, punto 90).

76      Nel caso di specie, a giusto titolo la ricorrente fa notare che, quando i regolamenti finanziari del 2002 e del 2012 utilizzano, nelle loro disposizioni relative alla gestione indiretta, i termini «organizzazioni internazionali» e «organizzazioni internazionali del settore pubblico», essi mutuano tali nozioni dal diritto internazionale.

77      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, le disposizioni del diritto dell’Unione devono essere interpretate, per quanto possibile, alla luce del diritto internazionale (sentenze del 14 luglio 1998, Bettati, C‑341/95, EU:C:1998:353, punto 20, e dell’8 settembre 2015, Philips Lighting Poland e Philips Lighting/Consiglio, C‑511/13 P, EU:C:2015:553, punto 60).

78      Ciò vale per la nozione di organizzazione internazionale, che figura in particolare nella convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23 maggio 1969, che ha codificato talune norme di diritto internazionale consuetudinario. Secondo la giurisprudenza, tali norme vincolano le istituzioni dell’Unione e fanno parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione (sentenza del 16 giugno 1998, Racke, C‑162/96, EU:C:1998:293, punto 46). Occorre tuttavia precisare che la nozione di organizzazione internazionale, mutuata dal diritto internazionale, figura nei regolamenti finanziari del 2002 e del 2012 per fini che, in quanto inerenti all’esecuzione del bilancio dell’Unione, sono specifici del diritto dell’Unione.

79      Si deve rilevare che la Commissione, quando dà esecuzione al bilancio dell’Unione, deve anzitutto conformarsi al principio della sana gestione finanziaria.

80      Ne deriva che la Commissione, nell’esaminare la questione se la ricorrente sia un’organizzazione internazionale ai fini della conclusione di accordi di delega in gestione indiretta, deve non solo tener conto dei principi di diritto internazionale relativi alle organizzazioni internazionali, ma anche adottare tutte le misure necessarie per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, conformemente al principio sopra menzionato.

81      Quindi, anche supponendo che, come sostiene la ricorrente, nel diritto internazionale sia vietato rimettere in discussione lo status di organizzazione internazionale riconosciuto a un’entità per il motivo che tale status sarebbe acquisito in maniera definitiva, un divieto del genere non potrebbe tuttavia applicarsi alla Commissione quando essa, nell’espletamento del suo compito di esecuzione del bilancio dell’Unione, applica la nozione di organizzazione internazionale, contenuta nei regolamenti finanziari del 2002 e del 2012, ai soli fini di tali regolamenti.

82      L’inesistenza di un siffatto divieto risulta anche dalla sentenza resa sull’impugnazione, dove la Corte ha dichiarato quanto segue:

«88      [O]ccorre rilevare che dagli articoli 53 e 53 quinquies, paragrafo 1, del regolamento n. 1605/2002 e dall’articolo 58, paragrafo 1, del regolamento n. 966/2012 (...) risulta che la Commissione può, in particolare, eseguire il bilancio dell’Unione affidando compiti di esecuzione del bilancio ad organizzazioni internazionali.

89      Da tali disposizioni risulta che, quando la Commissione intende adottare una decisione che affida compiti di esecuzione del bilancio ad una determinata entità, essa ha il dovere di assicurarsi che quest’ultima possieda la qualità di organizzazione internazionale.

90      Inoltre, quando, a seguito dell’adozione di una decisione che affida compiti di esecuzione del bilancio ad una determinata entità in qualità di organizzazione internazionale, la Commissione adotta decisioni come quelle di cui trattasi sulla base di elementi a suo parere idonei a rimettere in discussione tale qualità, dette decisioni devono essere motivate sia in diritto che in fatto».

83      Ne consegue che, secondo la Corte e contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, i cui argomenti sono richiamati al precedente punto 72, la Commissione può rimettere in discussione lo status di organizzazione internazionale che essa ha riconosciuto a taluni enti ai fini della conclusione di accordi di delega in gestione indiretta, purché tale rimessa in discussione sia giustificata in fatto e in diritto.

84      È vero che, nella sentenza resa sull’impugnazione, la Corte ha annullato la sentenza iniziale e la decisione controversa nella parte in cui la Commissione e, dopo il rigetto del ricorso della ricorrente, il Tribunale, avevano rimesso in discussione lo status di organizzazione internazionale di quest’ultima. Tuttavia, la Corte ha rilevato quanto segue:

«91      (…) la nozione di “organizzazione internazionale”, di cui [ai regolamenti finanziari del 2002 e del 2012] comprende, tra l’altro, “le organizzazioni internazionali del settore pubblico istituite mediante accordi intergovernativi e le agenzie specializzate istituite da tali organizzazioni”.

92      Nel caso di specie, si deve necessariamente constatare che il Tribunale non ha esaminato la legittimità delle decisioni controverse alla luce di tale definizione, ma si è limitato ad affermare che gli argomenti e gli elementi di prova presentati [dalla ricorrente] non mettevano in discussione i dubbi della Commissione sulla natura di organizzazione internazionale [di quest’ultima].

93      Ebbene, tale affermazione è viziata da un errore di diritto, in quanto nessuno degli elementi dedotti dal Tribunale per ritenere giustificati i dubbi della Commissione (...) è idoneo a dare loro un fondamento giuridico.

94      Infatti, per quanto riguarda il primo di tali elementi, che verte sulla questione se diversi Stati presentati [dalla ricorrente] come suoi membri lo fossero effettivamente, dalle constatazioni del Tribunale risulta che i dubbi della Commissione al riguardo concernevano soltanto «alcuni» membri [della ricorrente] e, più precisamente, cinque di essi su un totale di sedici. Ebbene, tali dubbi, anche a volerli supporre fondati, non hanno come conseguenza, in diritto internazionale, di privare l’entità di cui tali Stati membri non sarebbero – o non sarebbero più – membri della qualità di “organizzazione internazionale”, a maggior ragione quando, come nel caso di specie, gli Stati interessati costituiscono una parte ampiamente minoritaria dell’entità in questione.

95      Per quanto riguarda il secondo elemento, legato all’esistenza di dubbi relativi ai poteri delle persone che hanno rappresentato taluni Stati al momento della firma dell’atto costitutivo [della ricorrente] occorre parimenti rilevare che esso potrebbe eventualmente mettere in dubbio la validità dell’atto di firma, in particolare da parte di tali Stati, dell’atto costitutivo [della ricorrente], ma non la validità dell’istituzione stessa di quest’ultima, in quanto le eventuali irregolarità di rappresentanza menzionate riguardavano soltanto un numero limitato di Stati partecipanti.

(...)

97      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve ritenere fondato il secondo motivo sollevato [dalla ricorrente] e vertente sul fatto che il Tribunale ha erroneamente dichiarato, nelle sentenze impugnate, che la Commissione non era incorsa in errori di diritto o in errori manifesti di valutazione laddove ha giustificato l’adozione [della decisione controversa] con i dubbi che essa nutriva circa la natura di “organizzazione internazionale” [di quest’ultima] ai sensi dei regolamenti finanziari del 2002 e del 2012. (...)

104      [C]ome emerge dai punti da 92 a 96 della presente sentenza, [la decisione controversa è] illegittim[a] nella misura in cui gli elementi fatti valere dalla Commissione a sostegno [della stessa] non sono tali da mettere in discussione la natura di organizzazione internazionale [della ricorrente], ai sensi dei regolamenti finanziari del 2002 e del 2012. Di conseguenza, occorre annullare integralmente [detta decisione]».

85      Da tali motivazioni risulta che la Corte ha fondato l’annullamento della sentenza del Tribunale e della decisione della Commissione sull’errore di diritto e sul manifesto errore di valutazione che quest’ultima aveva commesso nel rimettere in discussione lo status di organizzazione internazionale della ricorrente unicamente sulla base di elementi che non giustificavano, in fatto e in diritto, l’adozione di una simile decisione.

86      Nondimeno, siffatto giudizio della Corte non scalfisce il principio, risultante dai punti 89 e 90 della sentenza resa sull’impugnazione, secondo cui il riconoscimento da parte della Commissione dello status di organizzazione internazionale ai fini dei regolamenti finanziari del 2002 e del 2012 non è definitivo e può sempre, a determinate condizioni, essere rimesso in discussione. Pertanto, dall’annullamento della sentenza del Tribunale e della decisione della Commissione da parte della Corte non deriva che detti regolamenti finanziari conferissero alla ricorrente un diritto a rimanere riconosciuta quale organizzazione internazionale e, quindi, a poter concludere con la Commissione nuovi accordi di delega in gestione indiretta.

87      Occorre aggiungere che la ricorrente non indica sotto quale profilo l’errore di diritto e il manifesto errore di valutazione constatati dalla Corte nella sentenza resa sull’impugnazione costituirebbero una violazione di disposizioni del diritto dell’Unione contenenti una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli. In effetti, la ricorrente, dopo aver ricordato tali errori e sostenuto che le disposizioni dei regolamenti finanziari del 2002 e del 2012 relative alle «organizzazioni di diritto internazionale» conferivano diritti a tali organizzazioni, basa le sue domande sull’argomento secondo cui il diritto internazionale impedirebbe alla Commissione di riconsiderare la posizione da essa adottata in passato, argomento che deve essere respinto per i motivi esposti ai precedenti punti da 81 a 83. La ricorrente non precisa le norme giuridiche, preordinate a conferirle diritti, che sarebbero state violate dalla Commissione nel momento in cui essa ha fondato la sua decisione di non concludere con essa nuovi accordi di delega in gestione indiretta sulla base di dubbi ritenuti non sufficientemente fondati dalla Corte.

88      Pertanto, si deve constatare che le disposizioni dei regolamenti finanziari del 2002 e del 2012 relative alla gestione indiretta che si riferiscono alle organizzazioni internazionali non sono norme giuridiche preordinate a conferire ad entità alle quali la Commissione abbia riconosciuto lo status di organizzazione internazionale il diritto di non vedere rimesso in discussione tale status e che la ricorrente non ha dimostrato che i dubbi espressi dalla Commissione nella decisione impugnata costituissero un illecito tale da far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

89      Riguardo al principio di buona amministrazione previsto dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, di cui la ricorrente fa valere la violazione, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, esso non attribuisce, di per sé, diritti ai singoli, salvo quando costituisce espressione di diritti specifici come il diritto di vedere le proprie questioni trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole (sentenze del 4 ottobre 2006, Tillack/Commissione, T‑193/04, EU:T:2006:292, punto 127, e del 29 novembre 2016, T & L Sugars et Sidul Açúcares/Commission, T‑103/12, non pubblicata, EU:T:2016:682, punto 65; v. altresì, in tal senso, ordinanza del 22 marzo 2010, SPM/Consiglio e Commissione, C‑39/09 P, non pubblicata, EU:C:2010:157, punti da 65 a 67).

90      Orbene, nel presente procedimento successivo all’annullamento e al rinvio, la ricorrente ha invocato il principio di buona amministrazione a sostegno dell’argomento secondo cui la Commissione non poteva rimettere in discussione lo status di organizzazione internazionale che essa le aveva riconosciuto in passato. In udienza, in risposta ad un quesito del Tribunale, la ricorrente ha sostenuto che, in forza di detto principio, la Commissione doveva esaminare la sua situazione con cura e imparzialità, alla luce di tutte le informazioni utili.

91      Occorre ricordare che la Commissione è tenuta ad assicurarsi dello status di organizzazione internazionale dell’entità con cui conclude un accordo di delega in gestione indiretta, anche laddove essa abbia già concluso un accordo della stessa natura con tale entità, dato che il riconoscimento di tale status non può essere considerato come definitivamente acquisito (v. precedenti punti 81, 83 e 86). In forza del principio di buona amministrazione e del principio di sana gestione finanziaria (v. precedente punto 56), non si può censurare la Commissione per il fatto di non concludere nuovi accordi di delega in gestione indiretta con un’entità, quando lo status di organizzazione internazionale di quest’ultima può essere rimesso in discussione a seguito di elementi in tal senso portati a conoscenza di tale istituzione.

92      Peraltro, la ricorrente non indica sotto quale profilo l’errore di diritto e il manifesto errore di valutazione che hanno indotto la Corte ad annullare la decisione controversa costituirebbero una violazione del principio di buona amministrazione, in particolare per quanto riguarda l’obbligo per la Commissione di agire con imparzialità, che risponderebbe ai requisiti previsti dalla giurisprudenza ricordata al precedente punto 89 e che sarebbe quindi idoneo a far sorgere la responsabilità dell’Unione.

93      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve ritenere che la ricorrente non abbia dimostrato la violazione da parte della Commissione di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli.

94      In ogni caso, anche supponendo che la Commissione abbia commesso una siffatta violazione, occorrerebbe inoltre, affinché possa sorgere la responsabilità dell’Unione, constatare che tale violazione sia sufficientemente qualificata.

95      Secondo la giurisprudenza, una violazione sufficientemente qualificata implica un travalicamento manifesto e grave, da parte dell’istituzione interessata, dei limiti imposti al suo potere discrezionale, tenendo presente che gli elementi da prendere in considerazione al riguardo sono, in particolare, la complessità delle situazioni da disciplinare, il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, nonché l’ampiezza del margine di discrezionalità che tale norma riserva all’istituzione dell’Unione (v. sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio, C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

96      La ricorrente sostiene (v. precedente punto 73) che la sola violazione delle disposizioni dei regolamenti finanziari del 2002 e del 2012 sulla gestione indiretta costituisce una violazione sufficientemente qualificata, dato che, a suo avviso, la Commissione non dispone di alcun margine di discrezionalità in ordine al rispetto di tali disposizioni.

97      Tuttavia, l’assenza di margine di discrezionalità fatta valere dalla ricorrente risulta dal suo argomento secondo cui il diritto internazionale impedirebbe alla Commissione di rimettere in discussione lo status di organizzazione internazionale che essa le aveva riconosciuto. Poiché tale argomento è stato respinto, si deve constatare che la ricorrente non dimostra che la questione se essa debba vedersi riconoscere detto status da parte della Commissione non è complessa. Da tali elementi, risulta che quest’ultima dispone di un potere discrezionale a tal riguardo.

98      In siffatte circostanze, si deve constatare che la prima condizione perché sorga la responsabilità dell’Unione non è soddisfatta.

 Conclusioni

99      Secondo una giurisprudenza costante, il carattere cumulativo delle tre condizioni per l’insorgenza della responsabilità dell’Unione implica che, laddove una di esse non sia soddisfatta, il ricorso per risarcimento danni deve essere respinto, senza che si renda necessario esaminare le altre condizioni (sentenze del 9 settembre 1999, Lucaccioni/Commissione, C‑257/98 P, EU:C:1999:402, punto 14; del 30 aprile 2009, CAS Succhi di Frutta/Commissione, C‑497/06 P, non pubblicata, EU:C:2009:273, punto 40, e del 22 maggio 2007, Mebrom/Commissione, T‑198/05, non pubblicata, EU:T:2007:147, punto 34).

100    Di conseguenza, il presente ricorso per risarcimento danni, nella parte in cui è diretto al risarcimento del danno materiale asseritamente subito dalla ricorrente per un importo di EUR 3 milioni, a titolo di «dotazioni per costi indiretti», e al risarcimento di un danno morale simbolico di un euro, deve essere respinto in quanto infondato.

101    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il ricorso per risarcimento danni deve essere integralmente respinto.

 Sulle spese

102    Conformemente all’articolo 219 del regolamento di procedura, nella sua decisione emessa in seguito ad annullamento e rinvio, il Tribunale provvede sulle spese relative, da un lato, ai procedimenti instaurati dinanzi ad esso e, dall’altro, al procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte.

103    Tuttavia, nella sentenza resa sull’impugnazione, la Corte, pur riservando le spese relative alla causa T‑381/15, ha essa stessa provveduto su quelle relative alla causa C‑184/17 P (v. precedente punto 25).

104    Pertanto, spetta al Tribunale statuire sulle spese relative ai procedimenti dinanzi ad esso pendenti.

105    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Peraltro, in forza dell’articolo 137 del regolamento di procedura, in caso di non luogo a statuire, il Tribunale decide liberamente sulle spese.

106    In primo luogo, si deve ricordare che, conformemente alla sentenza resa sull’impugnazione, che ha annullato la decisione controversa, la ricorrente è stata parzialmente vittoriosa per quanto riguarda le domande di annullamento da essa presentate nell’atto introduttivo del ricorso dinanzi al Tribunale. In secondo luogo, detta sentenza non ha rimesso in discussione il non luogo a statuire parziale e l’irricevibilità parziale delle domande di annullamento della ricorrente citate al precedente punto 21, primo e secondo trattino. In terzo luogo, dai precedenti punti 68 e 100 risulta che le sue domande di risarcimento danni devono essere respinte.

107    Ciò premesso, occorre disporre che ciascuna parte sopporterà le proprie spese relative ai procedimenti dinanzi al Tribunale.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso per risarcimento danni è respinto.

2)      Ciascuna parte sopporterà le proprie spese relative ai procedimenti dinanzi al Tribunale.

da Silva Passos

Truchot

Sampol Pucurull

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 settembre 2020.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.