Language of document : ECLI:EU:C:2022:103

Causa C483/20

XXXX

contro

Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Belgio)]

 Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 22 febbraio 2022

«Rinvio pregiudiziale – Politica comune in materia di asilo – Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale – Direttiva 2013/32/UE – Articolo 33, paragrafo 2, lettera a) – Inammissibilità di una domanda di protezione internazionale presentata in uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo che ha ottenuto lo status di rifugiato in un altro Stato membro, mentre il figlio minorenne di tale cittadino, beneficiario dello status di protezione sussidiaria, soggiorna nel primo Stato membro – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 7 – Diritto al rispetto della vita familiare – Articolo 24 – Interesse superiore del minore – Assenza di violazione degli articoli 7 e 24 della Carta dei diritti fondamentali a motivo dell’inammissibilità della domanda di protezione internazionale – Direttiva 2011/95/UE – Articolo 23, paragrafo 2 – Obbligo per gli Stati membri di provvedere al mantenimento dell’unità del nucleo familiare dei beneficiari di protezione internazionale»

1.        Diritti fondamentali – Divieto della tortura e di pene o trattamenti inumani o degradanti – Portata – Carenze sistemiche in esito alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale in uno Stato membro, a causa delle condizioni di vita dei beneficiari di detta protezione – Divieto, per gli altri Stati membri, di respingere una domanda di asilo in quanto inammissibile per la precedente concessione di una protezione internazionale in tale Stato membro – Presupposti – Valutazione dell’esistenza di tali carenze – Criteri – Necessità di una situazione di estrema deprivazione materiale

[Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 4; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2013/32, art. 33, § 2, a)]

(v. punti 29‑32)

2.        Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Procedure ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale – Direttiva 2013/32 – Procedura di esame di una domanda di protezione internazionale – Domanda che può essere considerata inammissibile dagli Stati membri – Motivo – Precedente concessione di una protezione internazionale da parte di un altro Stato membro – Persona che ha ottenuto lo status di rifugiato in uno Stato membro e che presenta una domanda di protezione internazionale nello Stato membro in cui il figlio minorenne ha ottenuto la protezione sussidiaria – Rigetto della domanda in quanto inammissibile – Ammissibilità – Concessione dei benefici connessi al mantenimento dell’unità del nucleo familiare – Presupposti

[Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 4, 7, 24, e 52, § 1; direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2011/95, artt. 2, j), 23, § 2, e 2435, e 2013/32, art. 33, § 2, a)]

(v. punti 24, 36, 39‑41, 43, 44 e dispositivo)

Sintesi

Uno Stato membro può esercitare la sua facoltà di dichiarare inammissibile una domanda di protezione internazionale con la motivazione che al richiedente è già stato concesso lo status di rifugiato da parte di un altro Stato membro.

Tuttavia è necessario provvedere al mantenimento dellunità del nucleo familiare qualora tale richiedente sia il padre di un minore non accompagnato che ha ottenuto il beneficio della protezione sussidiaria nel primo Stato membro.

Dopo aver ottenuto, nel 2015, lo status di rifugiato in Austria, il ricorrente si è recato in Belgio all’inizio del 2016 al fine di raggiungere le sue due figlie, una delle quali minorenne, dove queste ultime hanno ottenuto il beneficio della protezione sussidiaria nel dicembre dello stesso anno. Nel 2018, il ricorrente ha presentato in quest’ultimo Stato membro, senza disporre in loco di un diritto di soggiorno, una domanda di protezione internazionale.

Tale domanda è stata dichiarata inammissibile in forza della normativa belga che recepisce la direttiva «procedure» (1), con la motivazione che al ricorrente era già stata concessa una protezione internazionale da parte di un altro Stato membro (2). Il ricorrente ha impugnato tale decisione di rigetto dinanzi agli organi giurisdizionali belgi, sostenendo che il diritto al rispetto della vita familiare e l’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore, sanciti rispettivamente all’articolo 7 e all’articolo 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), ostano a che il Belgio si avvalga della sua facoltà di dichiarare inammissibile la sua domanda di protezione internazionale.

In tale contesto, il Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio) ha deciso di interrogare la Corte sull’eventuale esistenza di eccezioni a detta facoltà.

La Corte, riunita in Grande Sezione, ha dichiarato che la direttiva «procedure» (3), letta alla luce dell’articolo 7 e dell’articolo 24, paragrafo 2, della Carta, non osta a che uno Stato membro eserciti tale facoltà con la motivazione che al richiedente è già stato concesso lo status di rifugiato da parte di un altro Stato membro, qualora tale richiedente sia il padre di un minore non accompagnato che ha ottenuto il beneficio della protezione sussidiaria nel primo Stato membro, fatta salva, tuttavia, l’applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva «qualifiche» (4), relativo al mantenimento dell’unità del nucleo familiare.

Giudizio della Corte

Al riguardo, la Corte precisa che gli Stati membri non sono tenuti ad esaminare se al richiedente sia attribuibile la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva «qualifiche» qualora una protezione siffatta sia già fornita in un altro Stato membro. In tali circostanze, essi devono astenersi dall’esercitare la facoltà prevista dalla direttiva «procedure» (5) di dichiarare inammissibile una domanda di protezione internazionale soltanto ove, a causa delle carenze vuoi sistemiche o generalizzate vuoi che colpiscano determinati gruppi di persone in tale altro Stato membro, le prevedibili condizioni di vita in cui si troverebbe tale richiedente in detto altro Stato membro quale beneficiario di protezione internazionale lo espongano ad un grave rischio di subire un trattamento inumano o degradante, nell’accezione dell’articolo 4 della Carta.

Infatti, alla luce dell’importanza del principio di fiducia reciproca per il sistema europeo comune di asilo, la violazione di una disposizione del diritto dell’Unione che conferisce un diritto sostanziale ai beneficiari di protezione internazionale, violazione che non produca quale sua conseguenza una lesione dell’articolo 4 della Carta, non impedisce agli Stati membri di esercitare detta facoltà. A differenza del diritto alla protezione contro qualsiasi trattamento inumano e degradante, i diritti garantiti dagli articoli 7 e 24 della Carta non hanno carattere assoluto e possono pertanto essere oggetto di restrizioni alle condizioni enunciate nella Carta (6).

Inoltre, la Corte afferma che la direttiva «qualifiche» (7) impone agli Stati membri di provvedere al mantenimento dell’unità del nucleo familiare, istituendo un certo numero di benefici a favore dei familiari del beneficiario di protezione internazionale. La concessione di tali benefici (8), in particolare la concessione di un diritto di soggiorno, richiede tuttavia la compresenza di tre condizioni consistenti, primo, nella qualità di familiare ai sensi di detta direttiva (9), secondo, nel fatto di non avere individualmente diritto alla protezione internazionale e, terzo, nella compatibilità con lo status giuridico personale del familiare interessato.

Orbene, sotto il primo profilo, la circostanza che il genitore e il figlio minorenne abbiano seguito percorsi migratori distinti prima di riunirsi nello Stato membro in cui il figlio beneficia di una protezione internazionale non impedisce che il genitore sia considerato familiare di detto beneficiario, purché tale genitore si sia trovato nel territorio di tale Stato membro prima che sia stata adottata la decisione sulla domanda di protezione internazionale del figlio.

Sotto il secondo profilo, un cittadino di un paese terzo la cui domanda di protezione internazionale sia inammissibile e sia stata dunque respinta, nello Stato membro in cui il figlio minorenne è beneficiario di protezione internazionale, a causa dello status di rifugiato di cui detto cittadino dispone in un altro Stato membro, non ha individualmente diritto alla protezione internazionale nel primo Stato membro.

Infine, sotto il terzo profilo, per quanto riguarda la compatibilità della concessione dei benefici previsti dalla direttiva «qualifiche» con lo status giuridico del cittadino interessato, occorre verificare se egli non abbia già diritto, nello Stato membro che ha concesso la protezione internazionale al suo familiare, a un trattamento migliore rispetto a quello risultante da detti benefici. Fatta salva una verifica da parte del giudice del rinvio, ciò non sembra accadere nel caso di specie, in quanto il riconoscimento dello status di rifugiato in uno Stato membro non procura a colui che beneficia di tale protezione internazionale un trattamento migliore, in un altro Stato membro, rispetto a quello risultante da benefici del genere in tale altro Stato membro.


1      Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60) (in prosieguo: la «direttiva “procedure”»).


2      In forza dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva «procedure», gli Stati membri possono giudicare una domanda di protezione internazionale inammissibile in particolare se un altro Stato membro ha concesso la protezione internazionale.


3      Articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva «procedure».


4      Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9) (in prosieguo: la «direttiva “qualifiche”»).


5      Articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva «procedure».


6      Articolo 52, paragrafo 1, della Carta.


7      Articolo 23, paragrafo 2, della direttiva «qualifiche».


8      Tali benefici sono previsti agli articoli da 24 a 35 della direttiva «qualifiche».


9      Articolo 2, lettera j), della direttiva «qualifiche».