Language of document : ECLI:EU:T:2012:605

ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE

16 novembre 2012 (*)

«Procedimento sommario – Concorrenza – Pubblicazione di una decisione che constata un’infrazione all’articolo 81 CE – Rigetto della domanda diretta ad ottenere il trattamento riservato delle informazioni fornite alla Commissione in applicazione della sua comunicazione sulla cooperazione – Domanda di provvedimenti provvisori – Urgenza – Fumus boni iuris – Ponderazione degli interessi»

Nella causa T‑345/12 R,

Akzo Nobel NV, con sede in Amsterdam (Paesi Bassi),

Akzo Nobel Chemicals Holding AB, con sede in Nacka (Svezia),

Eka Chemicals AB, con sede in Bohus (Svezia),

rappresentate da C. Swaak e R. Wesseling, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da C. Giolito, M. Kellerbauer e G. Meessen, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione C (2012) 3533 def. della Commissione, del 24 maggio 2012, che respinge la domanda di trattamento riservato presentata da Akzo Nobel NV, Akzo Nobel Chemicals Holding AB e Eka Chemicals AB, in forza dell’articolo 8 della decisione 2011/695/UE del presidente della Commissione europea, del 13 ottobre 2011, relativa alla funzione e al mandato del consigliere‑auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza (Caso COMP/38.620 – Perossido di idrogeno e perborato), e la domanda di provvedimenti provvisori diretta ad ordinare che sia mantenuto il trattamento riservato concesso a talune informazioni relative alle ricorrenti riguardo alla decisione 2006/903/CE della Commissione, del 3 maggio 2006, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE nei confronti di Akzo Nobel NV, Akzo Nobel Chemicals Holding AB, EKA Chemicals AB, Degussa AG, Edison SpA, FMC Corporation, FMC Foret S.A., Kemira OYJ, L’Air Liquide SA, Chemoxal SA, Snia SpA, Caffaro Srl, Solvay SA/NV, Solvay Solexis SpA, Total SA, Elf Aquitaine SA e Arkema SA (Caso COMP/F/C.38.620 – Perossido di idrogeno e perborato) (GU L 353, pag. 54),

IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE

ha emesso la seguente

Ordinanza

 Fatti, procedimento e conclusioni delle parti

1        Il presente procedimento sommario verte sulla decisione C (2012) 3533 della Commissione, del 24 maggio 2012, che respinge la domanda di trattamento riservato presentata da Akzo Nobel NV, Akzo Nobel Chemicals Holding AB e Eka Chemicals AB, in forza dell’articolo 8 della decisione 2011/695/UE del presidente della Commissione europea, del 13 ottobre 2011, relativa alla funzione e al mandato del consigliere‑auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza (Caso COMP/38.620 – Perossido di idrogeno e perborato) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

2        Con la decisione impugnata la Commissione europea ha respinto la domanda diretta al mantenimento della versione non riservata della sua decisione 2006/903/CE, del 3 maggio 2006, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE nei confronti di Akzo Nobel NV, Akzo Nobel Chemicals Holding AB, EKA Chemicals AB, Degussa AG, Edison SpA, FMC Corporation, FMC Foret S.A., Kemira OYJ, L’Air Liquide SA, Chemoxal SA, Snia SpA, Caffaro Srl, Solvay SA/NV, Solvay Solexis SpA, Total SA, Elf Aquitaine SA e Arkema SA (Caso COMP/F/C.38.620 – Perossido di idrogeno e perborato), come pubblicata nel settembre 2007 sul sito Internet della direzione generale «Concorrenza» (GU L 353, pag. 54; in prosieguo: la «decisione del 2006»).

3        Nella decisione del 2006 la Commissione aveva accertato un’infrazione all’articolo 81 CE, commessa tra il 1994 e il 2000 nel territorio dello Spazio economico europeo (SEE), relativamente al perossido di idrogeno e al perborato, dalle ricorrenti Akzo Nobel, Akzo Nobel Chemicals Holding e Eka Chemicals e da altre quattordici imprese. Dato che una delle ricorrenti, la Eka Chemicals, era stata la seconda impresa a prendere contatto, nel marzo 2003, con la Commissione in applicazione della comunicazione di quest’ultima, relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»), e aveva prodotto elementi di prova che apportavano un valore aggiunto significativo rispetto a quelli già in possesso della Commissione, l’ammenda che le sarebbe stata altrimenti inflitta è stata ridotta del 40%. Di conseguenza, alle tre ricorrenti è stata inflitta, in solido, un’ammenda di EUR 25,2 milioni.

4        Dopo aver esaminato le domande di trattamento riservato formulate dalle società destinatarie della decisione del 2006, la Commissione, nel settembre 2007, ha pubblicato sul suo sito Internet una versione integrale non riservata di tale decisione. Detta pubblicazione non è stata contestata dalle ricorrenti.

5        Con lettera del 28 novembre 2011 la Commissione ha informato le ricorrenti della propria intenzione di pubblicare, per ragioni di trasparenza, una versione non riservata, più dettagliata, della decisione del 2006 ed ha dato loro l’opportunità di individuare, nel testo proposto, eventuali informazioni riservate. Dopo aver accertato che gran parte della versione più dettagliata proposta conteneva informazioni fornite in applicazione della comunicazione sulla cooperazione, informazioni che, nel settembre 2007, non erano state pubblicate per motivi di riservatezza, le ricorrenti si sono formalmente opposte alla proposta della Commissione, in quanto questa avrebbe arrecato grave e irrimediabile pregiudizio ai loro interessi. Esse hanno nondimeno presentato, con tutte le riserve del caso, un elenco di domande di riservatezza in cui venivano evidenziati i passaggi della versione più dettagliata proposta che avrebbero dovuto rimanere comunque riservati.

6        Con lettera del 15 marzo 2012 la Commissione ha informato le ricorrenti della sua intenzione di non tener conto della loro opposizione, trasmettendo loro un progetto revisionato della versione non riservata, più dettagliata, della decisione del 2006. Essa ha comunicato alle ricorrenti che tale progetto revisionato rispecchiava la sua posizione definitiva in merito alle domande di riservatezza, dal momento che tutte le informazioni che consentivano di stabilire la provenienza delle informazioni fornite nel contesto della comunicazione sulla cooperazione erano state coperte da segreto. La Commissione ha invitato le ricorrenti, in caso di disaccordo, ad adire il consigliere‑auditore ai sensi della decisione 2011/695/UE del presidente della Commissione europea, del 13 ottobre 2011, relativa alla funzione e al mandato del consigliere‑auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza (GU L 275, pag. 29).

7        Con lettera del 10 aprile 2012 le ricorrenti hanno comunicato al consigliere‑auditore la loro intenzione di opporsi alla pubblicazione di una versione non riservata della decisione del 2006, più dettagliata di quella pubblicata nel settembre 2007, e hanno chiesto al medesimo di evitare la pubblicazione di qualsiasi dato fornito in applicazione della comunicazione sulla cooperazione. A tale proposito hanno denunciato la violazione dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, in quanto una versione non riservata era già stata pubblicata, previa concertazione, nel 2007. Esse hanno inoltre affermato di aver nutrito aspettative quanto al trattamento riservato delle informazioni fornite volontariamente in applicazione della comunicazione sulla cooperazione, poiché alla Commissione era preclusa la possibilità di discostarsi, con effetto retroattivo, dalla sua precedente prassi, che consisteva specificamente nel proteggere la riservatezza di siffatte informazioni.

8        Nella decisione impugnata, firmata «[p]er la Commissione», il consigliere‑auditore ha respinto la domanda di trattamento riservato presentata dalle ricorrenti, sottolineando la natura limitata del suo mandato, che gli consentiva soltanto di esaminare se l’informazione in questione potesse essere divulgata, in quanto non costituiva un segreto commerciale o un altro tipo di informazione riservata o in quanto la sua divulgazione presentava un interesse di fondamentale rilevanza. Esso ha fatto altresì presente che le ricorrenti non affermavano che la versione più dettagliata della decisione del 2006 conteneva informazioni riservate o segreti commerciali, ma si opponevano alla pubblicazione di tale versione adducendo come unico motivo che questa conteneva informazioni fornite in applicazione della comunicazione sulla cooperazione, senza dimostrare che la divulgazione di tali informazioni avrebbe rischiato di cagionare loro un grave danno, il che non avrebbe del resto impedito in alcun modo alla Commissione, anche in presenza di un tale rischio, di procedere alla pubblicazione prevista.

9        La decisione impugnata è stata notificata alle ricorrenti il 28 e il 29 maggio 2012.

10      Con messaggio di posta elettronica del 31 maggio 2012, la Commissione ha comunicato alle ricorrenti che la decisione impugnata costituiva la sua posizione definitiva in merito alla questione in oggetto.

11      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 3 agosto 2012, le ricorrenti hanno proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione impugnata, e ciò non solo perché, in tale decisione, la Commissione ha respinto la domanda di trattamento riservato da esse presentata, ma anche perché si deve ritenere che essa abbia reso accessibili talune informazioni ai sensi del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43). A sostegno di tale ricorso, le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che la pubblicazione controversa viola l’obbligo di riservatezza, cui è tenuta la Commissione in forza dell’articolo 339 TFUE, nonché i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, in quanto la versione più dettagliata della decisione del 2006 contiene informazioni che esse avevano fornito alla Commissione onde beneficiare della comunicazione sulla cooperazione.

12      Con atto separato, depositato lo stesso giorno nella cancelleria del Tribunale, le ricorrenti hanno introdotto la presente domanda di provvedimenti provvisori, in cui chiedono, sostanzialmente, che il presidente del Tribunale voglia:

–        sospendere, ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, l’esecuzione della decisione impugnata fino a quando il Tribunale non si sia pronunciato sulla presente domanda di provvedimenti provvisori o, in ogni caso, sul ricorso principale,

–        in quanto tale decisione consente alla Commissione di pubblicare una versione non riservata più dettagliata della decisione del 2006 e, a tal fine, ordinare alla Commissione di astenersi dal pubblicare siffatta versione,

–        qualora tale decisione autorizzi, ai sensi del regolamento n. 1049/2001, l’accesso al testo integrale della decisione del 2006 e, a tal fine, ordinare alla Commissione di astenersi dall’autorizzare siffatto accesso;

–        condannare la Commissione alle spese.

13      Con ordinanza del 7 agosto 2012 il presidente del Tribunale ha concesso, ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 2, del regolamento di procedura, i provvedimenti provvisori richiesti dalle ricorrenti.

14      Nelle proprie osservazioni sulla domanda di provvedimenti provvisori, depositate nella cancelleria del Tribunale il 26 settembre 2012, la Commissione chiede che il presidente del Tribunale voglia:

–        respingere la domanda di provvedimenti provvisori;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità

15      Pur ammettendo di non sapere se la Commissione abbia effettivamente adottato una decisione di accesso al testo integrale della sua decisione del 2006 ai sensi del regolamento n. 1049/2001, le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata possa essere interpretata nel senso che contiene un’autorizzazione implicita di accesso in forza di detto regolamento. Di conseguenza, la loro domanda di provvedimenti provvisori avrebbe ad oggetto la decisione impugnata non solo in quanto quest’ultima consente la pubblicazione controversa, ma anche perché è possibile ritenere che essa autorizzi, in forza del regolamento n. 1049/2001, l’accesso alle informazioni riservate fornite alla Commissione dalle ricorrenti in applicazione della comunicazione sulla cooperazione.

16      La Commissione precisa che non esiste a tutt’oggi alcuna decisione con la quale essa avrebbe autorizzato l’accesso alle informazioni controverse in forza del regolamento n. 1049/2001. Quanto alla decisione impugnata, questa sarebbe stata espressamente fondata soltanto sul regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), e sulla decisione 2011/695.

17      Al riguardo, il giudice del procedimento sommario non può che constatare che né la presente domanda di provvedimenti provvisori né il ricorso principale hanno ad oggetto una decisione già adottata dalla Commissione ai sensi del regolamento n. 1049/2001. Le ricorrenti tentano quindi, per pura precauzione, di ottenere dal giudice del procedimento sommario il divieto, per la Commissione, di adottare siffatta decisione, il che equivale ad un’azione preventiva intesa a precludere alla Commissione la possibilità di agire. Orbene, la competenza del giudice del procedimento sommario è limitata all’esercizio del controllo giurisdizionale sugli atti amministrativi già adottati dalla Commissione, ma non si estende alla valutazione di questioni sulle quali detta istituzione non si è ancora pronunciata. Siffatto potere comporterebbe, infatti, un’anticipazione dell’esame nel merito ed una confusione tra il procedimento amministrativo e quello giurisdizionale, incompatibile con il sistema di ripartizione delle competenze tra la Commissione e il giudice dell’Unione europea (v., in tal senso, ordinanza del presidente del Tribunale del 12 luglio 1996, Sogecable/Commissione, T‑52/96 R, Racc. pag. II‑797, punto 39). Il giudice del procedimento sommario può quindi impedire alla Commissione di esercitare i suoi poteri amministrativi, anche prima che essa abbia adottato l’atto definitivo di cui le ricorrenti intendono evitare l’esecuzione, solo in circostanze eccezionali (v., in tal senso, ordinanza del presidente del Tribunale del 5 dicembre 2001, Reisebank/Commissione, T‑216/01 R, Racc. pag. II‑3481, punto 52), circostanze la cui sussistenza non è stata dimostrata dalle ricorrenti nel caso di specie.

18      Ne consegue che la presente domanda di provvedimenti provvisori deve essere dichiarata irricevibile in quanto diretta, da un lato, a ottenere che l’esecuzione della decisione impugnata sia sospesa poiché la medesima autorizzerebbe, ai sensi del regolamento n. 1049/2001, l’accesso al testo integrale della decisione del 2006 e, dall’altro, a ordinare alla Commissione di astenersi dall’autorizzare siffatto accesso.

 Nel merito

19      Dal combinato disposto degli articoli 278 TFUE e 279 TFUE, da una parte, e dell’articolo 256, paragrafo 1, TFUE, dall’altra, risulta che il giudice del procedimento sommario, qualora reputi che le circostanze lo richiedano, può ordinare la sospensione dell’esecuzione di un atto impugnato dinanzi al Tribunale o disporre i provvedimenti provvisori necessari.

20      L’articolo 104, paragrafo 2, del regolamento di procedura dispone che le domande di provvedimenti provvisori debbono precisare l’oggetto della causa, i motivi di urgenza e gli argomenti di fatto e di diritto che giustifichino prima facie l’adozione del provvedimento provvisorio richiesto. Pertanto, la sospensione dell’esecuzione e gli altri provvedimenti provvisori possono essere accordati dal giudice del procedimento sommario se è comprovato che la loro concessione è giustificata prima facie da argomenti di fatto e di diritto (fumus boni iuris) e che gli stessi sono urgenti in quanto occorre, per evitare un danno grave ed irreparabile agli interessi del richiedente, che essi siano emanati e producano i loro effetti prima della decisione nel procedimento principale. Il giudice del procedimento sommario procede altresì, se del caso, alla ponderazione degli interessi in gioco (ordinanza del presidente della Corte del 23 febbraio 2001, Austria/Consiglio, C‑445/00 R, Racc. pag. I‑1461, punto 73).

21      Nell’ambito di tale valutazione d’insieme, il giudice del procedimento sommario dispone di un ampio potere discrezionale ed è libero di stabilire, considerate le particolarità del caso di specie, il modo in cui vanno accertate le varie condizioni in parola nonché l’ordine in cui condurre tale esame, dato che nessuna disposizione di diritto gli impone uno schema di analisi predeterminato per valutare la necessità di statuire in via provvisoria [ordinanze del presidente della Corte del 19 luglio 1995, Commissione/Atlantic Container Line e a., C‑149/95 P(R), Racc. pag. I‑2165, punto 23, e del 3 aprile 2007, Vischim/Commissione, C‑459/06 P(R), non pubblicata nella Raccolta, punto 25].

22      Alla luce degli elementi contenuti nel fascicolo, il giudice del procedimento sommario ritiene di disporre di tutti gli elementi necessari per statuire sulla domanda di provvedimenti provvisori in esame, senza che sia necessario sentire preliminarmente le osservazioni orali delle parti.

23      Nelle circostanze del caso di specie, occorre innanzi tutto procedere alla ponderazione degli interessi ed esaminare se è soddisfatto il requisito dell’urgenza.

 Sulla ponderazione degli interessi e sull’urgenza

24      Secondo una giurisprudenza consolidata, la ponderazione dei diversi interessi in gioco consiste per il giudice del procedimento sommario nel determinare se l’interesse della parte che richiede le misure provvisorie a ottenerne la concessione prevalga o meno sull’interesse all’applicazione immediata dell’atto controverso, esaminando, più in particolare, se l’eventuale annullamento di tale atto da parte del giudice del merito consenta il capovolgimento della situazione che si sarebbe verificata in caso di esecuzione immediata e, viceversa, se la sospensione dell’esecuzione del suddetto atto possa ostacolare la sua piena efficacia, nel caso in cui il ricorso principale sia respinto (v., in tal senso, ordinanze del presidente della Corte dell’11 maggio 1989, RTE e a./Commissione, 76/89 R, 77/89 R e 91/89 R, Racc. pag. 1141, punto 15, e del 26 giugno 2003, Belgio e Forum 187/Commissione, C‑182/03 R e C‑217/03 R, Racc. pag. I‑6887, punto 142).

25      Per quanto riguarda, più specificamente, la condizione secondo cui la situazione giuridica sorta da un’ordinanza di provvedimenti provvisori deve essere reversibile, va osservato che la finalità del procedimento sommario si limita a garantire la piena efficacia della futura decisione di merito [v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 27 settembre 2004, Commissione/Akzo e Akcros, C‑7/04 P(R), Racc. pag. I‑8739, punto 36]. Di conseguenza, tale procedimento ha natura meramente accessoria rispetto al procedimento principale sul quale s’innesta (ordinanza del presidente del Tribunale del 12 febbraio 1996, Lehrfreund/Consiglio e Commissione, T‑228/95 R, Racc. pag. II‑111, punto 61), sicché la decisione adottata dal giudice del procedimento sommario deve avere carattere provvisorio nel senso che non può né anticipare il senso della futura decisione di merito né renderla illusoria privandola di effetto utile (v., in tal senso, ordinanze del presidente della Corte del 17 maggio 1991, CIRFS e a./Commissione, C‑313/90 R, Racc. pag. I‑2557, punto 24, e del presidente del Tribunale del 12 dicembre 1995, Connolly/Commissione, T‑203/95 R, Racc. pag. II‑2919, punto 16).

26      Ne consegue necessariamente che l’interesse difeso da una delle parti del procedimento sommario non è meritevole di tutela qualora detta parte chieda al giudice del procedimento sommario di adottare una decisione che, lungi dall’avere carattere meramente provvisorio, abbia come effetto di anticipare il senso della futura decisione di merito e di renderla illusoria privandola di effetto utile. È proprio per questo motivo che la domanda di provvedimenti provvisori che invita il giudice del procedimento sommario a ordinare la divulgazione «provvisoria» di informazioni asseritamente riservate, in possesso della Commissione, è stata dichiarata irricevibile, in quanto l’ordinanza che accoglie tale domanda avrebbe potuto neutralizzare anticipatamente gli effetti della decisione da pronunciare successivamente nel merito (v., in tal senso, ordinanza del presidente del Tribunale del 23 gennaio 2012, Henkel e Henkel Francia/Commissione, T‑607/11 R, punti 23‑25).

27      Nella fattispecie, il Tribunale sarà chiamato a pronunciarsi, nell’ambito del procedimento principale, sulla questione se la decisione impugnata – con la quale la Commissione ha respinto la domanda delle ricorrenti volta ad ottenere la sua astensione dal pubblicare le informazioni controverse – debba essere annullata, segnatamente per violazione del segreto professionale tutelato all’articolo 339 TFUE e per violazione della riservatezza delle informazioni fornite alla Commissione dalle ricorrenti onde beneficiare della sua comunicazione sulla cooperazione. È evidente sotto questo profilo che, per mantenere l’effetto utile della sentenza di annullamento della decisione impugnata, le ricorrenti devono essere in grado di evitare che la Commissione proceda ad una pubblicazione illegittima delle informazioni controverse. Orbene la sentenza di annullamento verrebbe resa illusoria e privata di effetto utile se la presente domanda di provvedimenti provvisori fosse respinta, poiché tale rigetto avrebbe come conseguenza di consentire alla Commissione di procedere alla pubblicazione immediata delle informazioni di cui trattasi e quindi, de facto, di anticipare il senso della futura decisione di merito, ossia il rigetto del ricorso di annullamento.

28      Tali considerazioni non sono infirmate dalla circostanza che anche l’effettiva pubblicazione delle informazioni controverse non avrebbe probabilmente come effetto di privare le ricorrenti dell’interesse ad agire riguardo all’annullamento della decisione impugnata. Infatti, ciò trova spiegazione, in particolare, nel fatto che qualsiasi altra interpretazione farebbe dipendere la ricevibilità del ricorso dalla divulgazione o meno, da parte della Commissione, delle suddette informazioni e consentirebbe alla stessa di sottrarsi, attraverso la realizzazione di un fatto compiuto, al sindacato giurisdizionale, procedendo a siffatta divulgazione benché questa sia illegittima (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 12 ottobre 2007, Pergan Hilfsstoffe für industrielle Prozesse/Commissione, T‑474/04, Racc. pag. II‑4225, punti 39‑41). Orbene, il mantenimento formale di un interesse ad agire ai fini del procedimento principale non impedisce che una sentenza di annullamento, pronunciata dopo la pubblicazione delle informazioni in questione, non abbia più alcun effetto utile per le ricorrenti.

29      Di conseguenza, l’interesse della Commissione al rigetto della domanda di provvedimenti provvisori deve cedere dinanzi all’interesse difeso dalle ricorrenti, tanto più che la concessione dei provvedimenti provvisori richiesti significherebbe soltanto mantenere, per un periodo limitato, lo status quo esistito per diversi anni (v., in tal senso, ordinanza RTE e a./Commissione, cit., punto 15; v. anche ordinanza del presidente del Tribunale del 16 novembre 2012, Evonik Degussa/Commissione, T‑341/12 R, punto 24).

30      Sembra urgente tutelare l’interesse difeso dalle ricorrenti, quando queste rischiano di subire un danno grave e irreparabile in caso di rigetto della loro domanda di provvedimenti provvisori. In tale contesto, le ricorrenti affermano, in sostanza, che la situazione risultante dalla pubblicazione della versione più dettagliata della decisione del 2006 non potrebbe più essere cancellata. Una volta che le informazioni riservate fossero pubblicate, un successivo annullamento della decisione impugnata per violazione del segreto professionale tutelato dall’articolo 339 TFUE non capovolgerebbe gli effetti derivanti dalla pubblicazione. Di conseguenza, il diritto delle ricorrenti ad una tutela giurisdizionale effettiva sarebbe soltanto un «guscio vuoto» qualora le informazioni controverse fossero comunicate prima della definizione della controversia principale.

31      È giocoforza constatare, al riguardo, che nel caso in cui risultasse, nel procedimento principale, che la pubblicazione prevista dalla Commissione riguarda informazioni riservate la cui divulgazione è in contrasto con la tutela del segreto professionale, ai sensi dell’articolo 339 TFUE, le ricorrenti, per opporsi a tale pubblicazione, potrebbero invocare tale disposizione, che conferisce loro un diritto fondamentale.

32      Come riconosciuto dalla Corte nella sentenza del 14 febbraio 2008, Varec (C‑450/06, Racc. pag. I‑581, punti 47 e 48), facendo rinvio alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, può essere infatti necessario vietare la divulgazione di talune informazioni qualificate come riservate onde preservare il diritto fondamentale di un’impresa al rispetto della vita privata, sancito all’articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), e all’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (GU 2010, C 83, pag. 389; in prosieguo: la «Carta»), fermo restando che la nozione di «vita privata» non deve essere interpretata nel senso che esclude l’attività commerciale di una persona giuridica. La Corte ha peraltro dichiarato che l’impresa di cui trattasi potrebbe subire un «danno estremamente grave» nel caso in cui talune informazioni fossero oggetto di una comunicazione non corretta (v., in tal senso, sentenza Varec, cit., punto 54).

33      Dato che la Commissione, in caso di rigetto della presente domanda di provvedimenti provvisori, potrebbe procedere alla pubblicazione immediata delle informazioni controverse, sussisterebbe il fondato timore che il diritto fondamentale delle ricorrenti alla tutela dei loro segreti professionali, sancito all’articolo 339 TFUE, all’articolo 8 della CEDU e all’articolo 7 della Carta, sia irreversibilmente privato di qualsiasi significato quanto alle suddette informazioni. Le ricorrenti rischierebbero, nel contempo, di veder compromesso il proprio diritto fondamentale a un ricorso effettivo, sancito all’articolo 6 della CEDU e all’articolo 47 della Carta, qualora la Commissione fosse autorizzata a pubblicare le informazioni di cui trattasi prima che il Tribunale si sia pronunciato sul ricorso principale. Di conseguenza, poiché i diritti fondamentali delle ricorrenti possono essere gravemente e irreparabilmente lesi, salvo l’esame del presupposto del fumus boni iuris (v., per la stretta correlazione tra quest’ultimo presupposto e quello dell’urgenza, ordinanza del presidente del Tribunale dell’8 aprile 2008, Cipro/Commissione, T‑54/08 R, T‑87/08 R, T‑88/08 R e da T‑91/08 R a T‑93/08 R, non pubblicata nella Raccolta, punti 56 e 57), sembra urgente concedere i provvedimenti provvisori richiesti (v. anche ordinanza Evonik Degussa/Commissione, cit., punti 26‑28).

 Sul fumus boni iuris

34      Secondo una giurisprudenza consolidata, il presupposto del fumus boni iuris è soddisfatto quando almeno uno dei motivi dedotti dalla parte che richiede i provvedimenti provvisori a sostegno del ricorso principale sembra, prima facie, pertinente e, in ogni caso, non privo di serio fondamento, in quanto il medesimo rivela la sussistenza di questioni giuridiche complesse la cui soluzione non si impone di primo acchito e merita quindi un esame approfondito, che non può essere effettuato dal giudice del procedimento sommario, ma deve costituire oggetto del procedimento principale, oppure quando il contrasto fra le parti rivela l’esistenza di una controversia giuridica rilevante la cui soluzione non si impone immediatamente (ordinanza del presidente del Tribunale del 19 settembre 2012, Grecia/Commissione, T‑52/12 R, punto 13 e giurisprudenza ivi citata; v. anche, in tal senso, ordinanza del presidente della Corte dell’8 maggio 2003, Commissione/Artegodan e a., C‑39/03 P‑R, Racc. pag. I‑4485, punto 40).

35      Nella fattispecie, rammentando che la versione non riservata della decisione del 2006, come pubblicata nel 2007, è stata il risultato di un lungo processo nel corso del quale la Commissione ha tenuto conto, da un lato, del segreto professionale nonché delle legittime aspettative di imprese che avevano beneficiato della comunicazione sulla cooperazione e, dall’altro, dell’interesse pubblico alla trasparenza, le ricorrenti fanno valere che, con la pubblicazione di una versione più dettagliata della decisione del 2006, contenente informazioni fornite in applicazione della comunicazione sulla cooperazione, la Commissione viola l’obbligo del segreto professionale di cui all’articolo 339 TFUE, all’articolo 30 del regolamento n. 1/2003 e all’articolo 16 del suo regolamento (CE) n. 773/2004, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla [stessa] a norma degli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU L 123, pag. 18).

36      Facendo riferimento alla sentenza della Corte del 7 novembre 1985, Adams/Commissione (145/83, Racc. pag. 3539, punto 34), le ricorrenti ritengono che informazioni fornite volontariamente dalle imprese, accompagnate da una richiesta di riservatezza avente come fondamento la comunicazione sulla cooperazione, rientrino effettivamente nella tutela del segreto professionale ai sensi dell’articolo 339 TFUE. Nella citata sentenza Pergan Hilfsstoffe für industrielle Prozesse/Commissione (punti 64 e 66), il Tribunale avrebbe precisato che la comunicazione sulla cooperazione concedeva la tutela di tali informazioni in quanto segreti professionali. La Commissione avrebbe a sua volta raccomandato, in più cause, il trattamento riservato di siffatte informazioni. Infatti, riconoscendo che la divulgazione di informazioni provenienti da domande di clemenza potrebbe arrecare grave pregiudizio ai richiedenti tale clemenza, poiché li collocherebbe in una posizione di forte svantaggio in procedimenti risarcitori avviati nei loro confronti, la Commissione avrebbe sottolineato dinanzi a Tribunale (sentenza del 15 dicembre 2011, CDC Hydrogene Peroxide/Commissione, T‑437/08, Racc. pag. II‑8251, punto 57) e dinanzi alla Corte (sentenza del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 115) che l’interesse a che tali informazioni non fossero divulgate meritava di essere tutelato in quanto era essenziale al funzionamento del suo programma di clemenza e della sua politica di repressione dei cartelli tra imprese.

37      Le ricorrenti contestano inoltre alla Commissione di aver violato la sua comunicazione sulla cooperazione, in cui veniva garantito, ai punti 29, 32 e 33, che le informazioni fornite dalle imprese nell’ambito di una domanda di clemenza sono protette dal segreto professionale e che tali imprese possono fondarsi su aspettative legittime al riguardo. Poiché la Commissione è vincolata da detta comunicazione, la decisione di pubblicare una versione più dettagliata della decisione del 2006 e di comunicare così informazioni provenienti dalla domanda di clemenza delle ricorrenti violerebbe la tutela attribuita dalla comunicazione sulla cooperazione.

38      Secondo le ricorrenti, la versione della decisione del 2006, come pubblicata nel settembre 2007, rispondeva già all’obiettivo di informare il pubblico sui motivi sottesi al comportamento della Commissione. Di conseguenza, non sussisterebbe «alcun interesse pertinente, né alcuna giustificazione» alla pubblicazione più dettagliata prevista, che possa prevalere sulle singole aspettative legittime delle ricorrenti riguardo al carattere definitivo della versione pubblicata nel 2007 e al trattamento riservato delle informazioni provenienti dalla loro domanda di clemenza. La pubblicazione di una versione più dettagliata oltre quattro anni dalla pubblicazione iniziale violerebbe altresì il principio della certezza del diritto. Qualora la Commissione intenda modificare la prassi da essa precedentemente applicata, consistente nel proteggere la riservatezza di informazioni provenienti da domande di clemenza, dovrebbe farlo per le domande future e non retroattivamente quando, come nella fattispecie, la decisione di cui trattasi sia già stata pubblicata da più di quattro anni.

39      La Commissione replica che la decisione di procedere alla pubblicazione controversa era già stata adottata nella sua lettera del 28 novembre 2011 (v. supra, punto 5) per motivi di trasparenza. Se le ricorrenti avessero ritenuto tale decisione illegittima, avrebbero dovuto impugnarla con un ricorso di annullamento, e ciò entro il termine di cui all’articolo 263, sesto comma, TFUE. Orbene, le ricorrenti si sarebbero astenute dal farlo. In ogni caso, il presupposto del fumus boni iuris non sarebbe soddisfatto, dato che nessun elemento concreto dimostra prima facie la fondatezza del ricorso di annullamento proposto dalle ricorrenti.

40      Facendo riferimento, in particolare, alla sentenza del Tribunale del 30 maggio 2006, Bank Austria Creditanstalt/Commissione (T‑198/03, Racc. pag. II‑1429, punto 78), e alla citata sentenza Pergan Hilfsstoffe für industrielle Prozesse/Commissione (punto 72), la Commissione fa valere che le ricorrenti avrebbero potuto sapere agevolmente, in conformità all’articolo 30 del regolamento n. 1/2003 e alla giurisprudenza consolidata relativa a tale disposizione, che essa era autorizzata, in via di principio, a pubblicare per intero il contenuto di una decisione definitiva in materia di concorrenza. Pertanto, nella fattispecie, non sarebbero stati violati né il segreto professionale delle ricorrenti, né la comunicazione sulla cooperazione, né i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento. La divulgazione delle informazioni controverse non potrebbe arrecare grave pregiudizio alle ricorrenti, dal momento che la loro posizione, asseritamente meno favorevole, nei procedimenti risarcitori, avviati nei confronti delle stesse in seguito alla pubblicazione prevista, sarebbe la legittima conseguenza del loro comportamento illecito. Inoltre, l’interesse delle ricorrenti a mantenere segreti i dettagli del loro concorso nel comportamento illecito non meriterebbe alcuna particolare tutela, tenuto conto dell’interesse del pubblico a conoscere in modo più ampio possibile i motivi che hanno indotto la Commissione ad agire e dell’interesse di soggetti lesi dall’infrazione a conoscerne i dettagli onde poter far valere, eventualmente, i loro diritti nei confronti delle imprese sanzionate.

41      La Commissione aggiunge che non sono più riservate neppure le informazioni che sono state tali, ma che risalgono a cinque anni prima o più e che, per questo motivo, devono essere considerate storiche, salvo che, eccezionalmente, colui che le ha fornite non dimostri che, nonostante la loro lontananza nel tempo, dette informazioni costituiscono sempre elementi essenziali della sua posizione commerciale o di quella di un terzo. Orbene, tutte le informazioni controverse risalirebbero a più di cinque anni. Anche se fossero state riservate all’epoca della loro comunicazione, tali informazioni dovrebbero essere considerate attualmente come storiche, dato che le ricorrenti non dimostrerebbero che, nonostante la loro lontananza nel tempo, tali informazioni costituiscono sempre elementi essenziali della loro posizione commerciale o di quella di un terzo.

42      A giudizio della Commissione, le citate sentenze Adams/Commissione e Pergan Hilfsstoffe für industrielle Prozesse/Commissione non consentono di affermare che la comunicazione sulla cooperazione prevede la tutela, quale segreto professionale, delle informazioni provenienti da domande di clemenza. I punti 32 e 33 di detta comunicazione riguarderebbero unicamente la divulgazione di documenti e di dichiarazioni scritte. Per contro, le informazioni contenute in tali documenti non sarebbero tutelate in generale contro la divulgazione. Pur ammettendo di essersi opposta in passato, in alcuni casi particolari, alla divulgazione di taluni «documenti» forniti dalle imprese che presentavano domanda di clemenza, quando l’accesso a tali documenti in altri paesi o in altre circoscrizioni giudiziarie, o ai sensi del regolamento n. 1049/2001, avrebbe potuto rimettere in discussione le restrizioni riguardanti l’accesso al fascicolo previsto dal regolamento n. 1/2003, la Commissione afferma di non aver mai garantito, per contro, la sua astensione dal divulgare «informazioni» contenute in tali documenti.

43      La Commissione rammenta infine che il punto 32 della comunicazione sulla cooperazione tutela i documenti inerenti alla clemenza solo nell’ambito «degli obiettivi delle [sue] attività di ispezione e di indagine», e non nell’interesse privato delle imprese che chiedono clemenza, e rammenta che il punto 29 della medesima comunicazione fa sorgere un legittimo affidamento delle imprese che domandano clemenza, nelle cause riguardanti intese, unicamente in ordine all’immunità dalle ammende e alla riduzione del loro importo cui esse hanno diritto in determinate circostanze. Per preservare l’attrattiva del suo programma di clemenza, la Commissione, in casi particolari, potrebbe ritenere necessario porre su un piano di parità le imprese che domandano clemenza e altri contravventori, non rendendo accessibili dichiarazioni autoincriminanti formulate a titolo di clemenza. Per contro, le imprese richiedenti clemenza non dovrebbero essere favorite rispetto ad altri partecipanti al cartello mantenendo segreta una parte del loro comportamento illecito, dal momento che detto segreto svantaggerebbe in modo eccessivo terzi lesi dal cartello aventi un interesse legittimo a chiedere il risarcimento del danno subito. Orbene, la divulgazione di siffatte dichiarazioni autoincriminanti rientrerebbe nell’ambito di applicazione dell’articolo 101 TFUE. La possibilità per i singoli di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali, che sarebbe agevolata da tale divulgazione, costituirebbe uno dei pilastri che permettono di garantire l’effetto utile del diritto della concorrenza.

44      A tale proposito, il giudice del procedimento sommario constata, anzitutto, che la Commissione, facendo riferimento al presunto carattere decisionale della lettera del 28 novembre 2011, intende contestare, quanto al fumus boni iuris, la ricevibilità del ricorso di annullamento nel quale s’innesta la domanda di provvedimenti provvisori (affermando che la decisione impugnata non fa altro che confermare la decisione del 28 novembre 2011 divenuta definitiva), oppure richiedere che alle ricorrenti sia precluso di far valere la riservatezza delle informazioni che queste le avevano fornito in applicazione della comunicazione sulla cooperazione. In ogni caso, l’argomento della Commissione dev’essere prima facie disatteso. Infatti, nella sua lettera del 15 marzo 2012 (v. supra, punto 6), la Commissione non ha fatto valere il carattere definitivo di una decisione che, il 28 novembre 2011, avrebbe già respinto la domanda di riservatezza delle ricorrenti, ma, al contrario, ha invitato le stesse ad adire il consigliere‑auditore, nell’ipotesi in cui avessero mantenuto tale domanda. Inoltre, nel suo messaggio di posta elettronica del 31 maggio 2012 (v. supra, punto 10), la Commissione ha espressamente confermato che la decisione impugnata costituiva la propria posizione definitiva in merito.

45      Nulla osta dunque a che il fumus boni iuris del ricorso di annullamento proposto dalle ricorrenti sia sottoposto ad un esame completo.

46      Come è già stato esposto a proposito della ponderazione degli interessi, la emananda sentenza nel merito dovrà definire, in sostanza, la questione se la decisione impugnata violi il diritto al segreto professionale delle ricorrenti, garantito dall’articolo 339 TFUE, dall’articolo 8 della CEDU e dall’articolo 7 della Carta, dato che la pubblicazione prevista dalla Commissione contiene indicazioni che le ricorrenti le hanno comunicato in applicazione della comunicazione sulla cooperazione e che, di conseguenza, per la loro origine e la loro essenza costituiscono informazioni riservate che devono essere protette dalla pubblicazione.

47      Contrariamente a quanto sembra sostenere la Commissione, la giurisprudenza non consente di rispondere agevolmente a tale questione, che richiede al contrario un esame approfondito nell’ambito del procedimento principale, tanto più che i problemi sollevati dalla riservatezza che deve essere riconosciuta alle domande di clemenza (in prosieguo: la «problematica della clemenza») non sono espressamente contemplati né nel regolamento n. 1/2003 né nel regolamento n. 1049/2001.

48      Infatti, nessuna delle sentenze cui le parti fanno più specificamente rinvio – le citate sentenze Bank Austria Creditanstalt/Commissione, Pergan Hilfsstoffe für industrielle Prozesse/Commissione, Commissione/Éditions Odile Jacob e Adams/Commissione – fanno riferimento alla problematica della clemenza. Per quanto attiene alla sentenza del Tribunale del 22 maggio 2012, EnBW Energie Baden‑Württemberg/Commissione (T‑344/08, punti 8 e 148), secondo la quale, conformemente al regolamento n. 1049/2001, l’accesso a documenti forniti nell’ambito di una domanda di clemenza non può essere negato ai soggetti lesi da un cartello, poiché l’interesse di una società che ha partecipato a un cartello a evitare azioni per risarcimento danni non costituisce un interesse meritevole di tutela, è sufficiente osservare che tale sentenza non è ancora definitiva, dato che l’impugnazione proposta dalla Commissione è sempre pendente dinanzi alla Corte (causa C‑365/12 P).

49      Peraltro, nella sentenza del 14 giugno 2011, Pfleiderer (C‑360/09, Racc. pag. I‑5161, punto 30), avente ad oggetto la questione dell’accesso, in generale, di un soggetto leso da un cartello a documenti forniti nell’ambito di una domanda di clemenza e in possesso di autorità nazionali garanti della concorrenza, la Corte si è limitata a indicare che il giudice nazionale doveva provvedere alla ponderazione degli interessi che giustificano la comunicazione delle informazioni fornite volontariamente dal richiedente clemenza e la tutela delle stesse, mentre, nelle conclusioni relative a tale sentenza, presentate il 16 dicembre 2010, l’avvocato generale Mazák si è dichiarato, in via di principio, contrario all’accesso alle dichiarazioni e ai documenti ad esse relativi, volontariamente comunicati dai candidati alla clemenza e nei quali questi ultimi riconoscevano effettivamente la propria partecipazione ad una infrazione all’articolo 101 TFUE.

50      Di conseguenza, la questione di diritto da risolvere nell’ambito del procedimento principale non è stata ancora oggetto di una decisione definitiva da parte del giudice dell’Unione. Occorre fornire una risposta in proposito interpretando tutte le disposizioni pertinenti, compresa la comunicazione sulla cooperazione. Contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, la giurisprudenza relativa al regolamento n. 1049/2001 dovrebbe avere parimenti importanza a questo riguardo, tanto più che la Commissione fa essa stessa riferimento a detto regolamento al punto 32 della comunicazione sulla cooperazione e nella sua lettera del 28 novembre 2011 (v. supra, punto 5). Nell’ambito del procedimento principale, si dovrà quantomeno verificare se la giurisprudenza relativa al regolamento n. 1/2003, da un lato, e quella relativa al regolamento n. 1049/2001, dall’altro, lascino emergere eventuali divergenze di valutazione per quanto riguarda la problematica della clemenza e, qualora sia così, in che modo tali divergenze possano essere superate.

51      Nell’ambito del procedimento principale, occorrerà altresì esaminare la fondatezza dell’argomento secondo il quale l’interesse delle ricorrenti a mantenere segrete le informazioni da esse fornite, in quanto richiedenti clemenza, non è meritevole di tutela, dato che il programma di clemenza della Commissione comporta un incentivo sufficiente grazie alla prospettiva della remissione di ammenda, di modo che la Commissione non ravvisa alcuna necessità di privilegiare ulteriormente i richiedenti clemenza. È possibile che tale argomento non tenga conto del fatto che un richiedente clemenza rischia di non ottenere alcuna riduzione significativa dell’importo della propria ammenda, nonostante abbia reso confessione ed abbia comunicato elementi a carico, poiché altri partecipanti al cartello lo hanno preceduto informandone la Commissione.

52      A tale proposito, si dovrà eventualmente tener conto della sentenza della Corte del 16 luglio 1992, Asociación Española de Banca Privada e a. (C‑67/91, Racc. pag. I‑4785, punti 52 e 53), secondo la quale il beneficio derivante dalla remissione dell’importo dell’ammenda a favore dell’impresa che ha notificato la propria partecipazione ad un cartello rappresenta la contropartita del rischio in cui incorre tale impresa denunciando essa stessa il cartello, dato che la medesima rischia, in effetti, che le venga negata la remissione dell’importo dell’ammenda richiesta dalla stessa e di essere sanzionata per i suoi comportamenti anteriori alla notifica. Ad avviso della Corte, se gli Stati membri potessero utilizzare, come mezzi di prova, le informazioni contenute in siffatta notifica per giustificare sanzioni nazionali, ciò ridurrebbe in modo sostanziale la portata del vantaggio concesso alle imprese notificanti. La Corte ha dedotto da tale eventualità il divieto di utilizzare le suddette informazioni.

53      Quando la Commissione fa valere che le informazioni controverse risalgono tutte, senza eccezioni, a più di cinque anni prima, così da aver perso in ogni caso il carattere di riservatezza, essa può effettivamente invocare la giurisprudenza relativa al trattamento riservato dei documenti da comunicare a una parte interveniente a norma dell’articolo 116, paragrafo 2, del regolamento di procedura. Secondo tale giurisprudenza, informazioni sulle imprese che sono state segrete o riservate, ma che risalgono a cinque anni prima od oltre, devono essere considerate, in generale, storiche (v., in tal senso, ordinanze del presidente della Quarta Sezione del Tribunale del 22 febbraio 2005, Hynix Semiconductor/Consiglio, T‑383/03, Racc. pag. II‑621, punto 60, e del presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale dell’8 maggio 2012, Spira/Commissione, T‑108/07, punto 65), poiché hanno perso il loro valore commerciale. Tuttavia, nell’ambito del procedimento principale, occorrerà accertare se tale valutazione, che sembra riguardare in particolare imprese, parti della controversia, che si trovano in situazione di concorrenza economica, si adatti altresì al caso di specie, concernente la pubblicazione di informazioni dettagliate relative ad un’infrazione al diritto della concorrenza, le quali, nonostante siano lontane nel tempo, potrebbero essere rilevanti per i soggetti lesi dal cartello in quanto idonee, nell’ambito di azioni risarcitorie promosse contro le ricorrenti, ad agevolare la presentazione dei fatti necessari alla determinazione dell’ammontare del danno e del nesso di causalità.

54      Nell’ambito del procedimento principale, si dovrà altresì stabilire se le ricorrenti, nel marzo 2003, quando hanno comunicato le informazioni in oggetto alla Commissione nel quadro della comunicazione sulla cooperazione, potessero contare sul fatto che tali informazioni avrebbero beneficiato, quali informazioni per loro natura riservate, di una protezione duratura contro la pubblicazione. A tale proposito, è possibile ritenere, prima facie, che in quel momento la posizione della Commissione riguardo alla problematica della clemenza corrispondesse sostanzialmente a quella da essa difesa, nei seguenti termini, nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza CDC Hydrogene Peroxide/Commissione (punto 31): il rischio che venga promossa un’azione risarcitoria costituisce un danno grave che, in futuro, può far desistere le imprese partecipanti a un cartello dal cooperare, ragion per cui non è ammissibile che la tutela del segreto professionale delle imprese che cooperano con la Commissione nell’ambito di un procedimento in materia di intese sia compromessa da una domanda di accesso ai documenti fondata esclusivamente su interessi di diritto privato. Nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza EnBW Energie Baden‑Württemberg/Commissione, (punto 70), la Commissione ha applicato tale posizione a procedure di attuazione del regolamento n. 1/2003, nel senso che i partecipanti ad un cartello che le comunicano volontariamente informazioni sono legittimati ad aspettarsi che essa non pubblichi i documenti in questione e che questi ultimi siano utilizzati solo ai fini del procedimento in materia di concorrenza, e ciò anche nell’ambito del controllo svolto dal giudice dell’Unione. È pacifico peraltro che, ancora l’anno scorso, la Commissione si è opposta a domande di comunicazione di tal genere, da parte di giudici di Stati membri e di Stati terzi, invocando analoghi motivi.

55      Il giudice del merito dovrà esaminare se le ricorrenti, nel marzo 2003, potessero ritenere che tale posizione, concernente la tutela delle informazioni comunicate nel contesto delle domande di clemenza, difesa con tanta fermezza dalla Commissione, incidesse altresì sull’interpretazione del punto 32 della comunicazione sulla cooperazione. A termini di tale disposizione, la Commissione si astiene dal divulgare, ai sensi del regolamento n. 1049/2001, i «documenti ricevuti nel quadro della presente comunicazione». Tenuto conto, al contempo, del diritto fondamentale al segreto professionale e del principio del legittimo affidamento, potrebbe sembrare formalistico limitare tale protezione ai soli «documenti» cui si riferisce il regolamento n. 1049/2001, mentre lo scopo perseguito da siffatta protezione riguarderebbe altresì, e ciò perfino nel settore del diritto della concorrenza, la pubblicazione integrale di informazioni e di passaggi provenienti da tali documenti. Occorrerà infine esaminare, al riguardo, entro quali limiti la tesi difesa nella fattispecie dalla Commissione, secondo la quale l’applicazione del diritto delle intese mediante di azioni risarcitorie costituisce parte integrante della sanzione di infrazioni al diritto della concorrenza ai sensi del punto 33 della comunicazione sulla cooperazione, sia compatibile con la posizione dalla medesima difesa nelle cause che hanno dato luogo alle citate sentenze EnBW Energie Baden-Württemberg/Commissione e CDC Hydrogene Peroxide/Commissione.

56      Alla luce delle suesposte considerazioni, è giocoforza constatare che la presente causa fa sorgere questioni di diritto complesse che non possono essere considerate, prima facie, come irrilevanti, ma la cui soluzione merita un esame approfondito nell’ambito del procedimento principale. Si deve quindi ammettere l’esistenza del fumus boni iuris (v. anche ordinanza Evonik Degussa/Commissione, cit., punti 38‑50).

57      Ne consegue che, dal momento che tutti i presupposti sono a tal fine soddisfatti, la domanda di provvedimenti provvisori deve essere accolta mediante la concessione di misure provvisorie che vietino alla Commissione di pubblicare le informazioni controverse.

Per questi motivi,

IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE

così provvede:


1)      È sospesa l’esecuzione della decisione C (2012) 3533 della Commissione, del 24 maggio 2012, che respinge la domanda di trattamento riservato presentata da Akzo Nobel NV, Akzo Nobel Chemicals Holding AB e Eka Chemicals AB, in forza dell’articolo 8 della decisione 2011/695/UE del presidente della Commissione europea, del 13 ottobre 2011, relativa alla funzione e al mandato del consigliere‑auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza (Caso COMP/38.620 – Perossido di idrogeno e perborato).

2)      Si ordina alla Commissione di astenersi dal pubblicare una versione della sua decisione 2006/903/CE, del 3 maggio 2006, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE nei confronti di Akzo Nobel NV, Akzo Nobel Chemicals Holding AB, EKA Chemicals AB, Degussa AG, Edison SpA, FMC Corporation, FMC Foret S.A., Kemira OYJ, L’Air Liquide SA, Chemoxal SA, Snia SpA, Caffaro Srl, Solvay SA/NV, Solvay Solexis SpA, Total SA, Elf Aquitaine SA e Arkema SA (Caso COMP/F/C.38.620 – Perossido di idrogeno e perborato), che sia più dettagliata, con riferimento a Akzo Nobel, Akzo Nobel Chemicals Holding e Eka Chemicals, di quella pubblicata nel settembre 2007 sul suo sito Internet.

3)      Per il resto, la domanda di provvedimenti provvisori è respinta.

4)      Le spese sono riservate.

Lussemburgo, 16 novembre 2012

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Jaeger


* Lingua processuale: l’inglese.