Language of document : ECLI:EU:T:2021:260

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

12 maggio 2021 (*)

«Diritto istituzionale – Iniziativa dei cittadini europei – Scambi commerciali con i territori soggetti ad occupazione militare – Diniego di registrazione – Manifesto difetto di competenza della Commissione – Articolo 4, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (UE) n. 211/2011 – Politica commerciale comune – Articolo 207 TFUE – Politica estera e di sicurezza comune – Articolo 215 TFUE – Obbligo di motivazione – Articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 211/2011»

Nella causa T‑789/19,

Tom Moerenhout, residente a Humbeek (Belgio), e le altre parti ricorrenti i cui nomi figurano in allegato (1), rappresentati da G. Devers, avvocato,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da I. Martínez del Peral e S. Delaude, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione (UE) 2019/1567 della Commissione, del 4 settembre 2019, sulla proposta di iniziativa dei cittadini dal titolo «Garantire la conformità della politica commerciale comune con i trattati dell’UE e con il diritto internazionale» (GU 2019, L 241, pag. 12),

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata),

composto da S. Papasavvas, presidente, A. Kornezov, E. Buttigieg, K. Kowalik‑Bańczyk (relatrice) e G. Hesse, giudici,

cancelliere: M. Marescaux, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 gennaio 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        I ricorrenti, il sig. Tom Moerenhout e altri sei cittadini i cui nomi figurano nell’allegato, sono gli organizzatori della proposta di iniziativa dei cittadini europei dal titolo «Garantire la conformità della politica commerciale comune con i trattati dell’UE e con il diritto internazionale» (in prosieguo: la «proposta di ICE»), trasmessa alla Commissione europea il 5 luglio 2019 ai fini della registrazione a norma dell’articolo 4 del regolamento (UE) n. 211/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, riguardante l’iniziativa dei cittadini (GU 2011, L 65, pag. 1).

2        La proposta di ICE aveva il seguente oggetto:

«Regolare le transazioni commerciali con soggetti di paesi occupanti basati o operanti in territori occupati impedendo l’entrata nel mercato dell’UE di prodotti provenienti da tali luoghi».

3        Ai sensi della proposta di ICE, il suo obiettivo era il seguente:

«La Commissione, in qualità di custode dei trattati, deve garantire la coerenza della politica dell’Unione e il rispetto dei diritti fondamentali e del diritto internazionale in tutti i settori del diritto dell’Unione, compresa la politica commerciale comune. Essa deve proporre atti giuridici per impedire che soggetti giuridici dell’UE importino prodotti originari di insediamenti illegali in territori occupati e esportino in tali territori, onde preservare l’integrità del mercato interno e non favorire o contribuire al mantenimento di tali situazioni illecite».

4        In seguito, al titolo «disposizioni pertinenti dei Trattati e del diritto internazionale», i ricorrenti citavano l’articolo 2, l’articolo 3, paragrafo 5, l’articolo 6, paragrafo 3, e l’articolo 21 TUE nonché l’articolo 2, paragrafo 1, gli articoli 3 e 205, e l’articolo 207, paragrafi 1 e 2, TFUE. Essi si richiamavano altresì alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, al regolamento (CE) n. 2368/2002 del Consiglio, del 20 dicembre 2002, relativo all’attuazione del sistema di certificazione del processo di Kimberley per il commercio internazionale di diamanti grezzi (GU 2002, L 358, pag. 28), al regolamento (UE) 2019/125 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 gennaio 2019, relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti (GU 2019, L 30, pag. 1), alle sentenze del 30 luglio 1996, Bosphorus (C‑84/95, EU:C:1996:312), e del 25 febbraio 2010, Brita (C‑386/08, EU:C:2010:91), e a talune disposizioni e fonti del diritto internazionale, tra cui, in particolare, risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e pareri della Corte internazionale di giustizia.

5        Con la decisione (UE) 2019/1567, del 4 settembre 2019, sulla proposta di iniziativa dei cittadini dal titolo «Garantire la conformità della politica commerciale comune con i trattati dell’UE e con il diritto internazionale» (GU 2019, L 241, pag. 12; in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione negava la registrazione della proposta di ICE.

6        Nei considerando da 5 a 7 della decisione impugnata, la Commissione motivava il diniego come segue:

«(5)      Un atto giuridico riguardante l’oggetto della proposta di [ICE] potrebbe essere adottato solo sulla base dell’articolo 215 TFUE.

(6)      Tuttavia l’adozione di un atto giuridico sulla base dell’articolo 215 TFUE è subordinata all’adozione di una decisione conformemente al capo 2 del titolo V del trattato [UE], che prevede l’interruzione o la riduzione, totale o parziale, delle relazioni economiche e finanziarie con il paese terzo interessato. La Commissione non ha il potere di presentare proposte di decisioni di questo tipo. In mancanza di una decisione corrispondente adottata conformemente al capo 2 del titolo V del trattato [UE], la Commissione non ha il potere di presentare una proposta di atto giuridico da adottare sulla base dell’articolo 215 TFUE.

(7)      Per i motivi illustrati la proposta di [ICE] esula manifestamente dalla competenza della Commissione di presentare una proposta di atto legislativo dell’Unione ai fini dell’applicazione dei trattati, prevista all’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), del suddetto regolamento n. 211/2011 in combinato disposto con l’articolo 2, punto 1, del medesimo regolamento».

 Procedimento e conclusioni delle parti

7        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 novembre 2019, i ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

8        La Commissione ha depositato il controricorso il 30 gennaio 2020.

9        I ricorrenti hanno depositato la replica il 20 aprile 2020.

10      La Commissione ha depositato la controreplica il 9 luglio 2020.

11      Su proposta della Decima Sezione, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del suo regolamento di procedura, di rinviare la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

12      Le parti hanno esposto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 14 gennaio 2021.

13      I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

14      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

 In diritto

15      A sostegno del proprio ricorso, i ricorrenti deducono quattro motivi. Il primo motivo verte sulla violazione dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali nonché dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 211/2011, in quanto la Commissione avrebbe snaturato la proposta di ICE ignorando la sua vera finalità concernente una misura in materia di politica commerciale comune. Il secondo motivo verte sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del medesimo regolamento, in quanto la Commissione sarebbe venuta meno all’obbligo ad essa incombente di motivare la decisione impugnata. Il terzo motivo verte sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), del suddetto regolamento, in quanto la Commissione avrebbe erroneamente considerato che l’azione presa in considerazione dalla proposta di ICE poteva essere adottata solo sulla base dell’articolo 215 TFUE. Il quarto motivo verte sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), del medesimo regolamento, in quanto la Commissione avrebbe omesso di tenere in considerazione altre basi giuridiche, alle quali la proposta di ICE si ricondurrebbe manifestamente.

16      Il Tribunale ritiene opportuno esaminare anzitutto il secondo motivo relativo alla carenza di motivazione della decisione impugnata.

17      Nell’ambito di detto motivo, i ricorrenti formulano, sostanzialmente, tre censure riguardanti la motivazione della decisione impugnata.

18      In primo luogo, la Commissione avrebbe omesso di spiegare il motivo per cui ha ritenuto che l’articolo 207, paragrafo 2, TFUE non costituisse una base giuridica adeguata per l’azione presa in considerazione nella proposta di ICE, benché detta disposizione e il regolamento 2019/125 fossero stati esplicitamente menzionati nella suddetta proposta. A parere dei ricorrenti, infatti, dalla proposta di ICE emergeva che essa concerneva una misura rientrante nella politica commerciale comune.

19      In secondo luogo, posto che la Commissione ha considerato che solo l’articolo 215 TFUE relativo alle misure adottate in materia di politica estera e di sicurezza comune (PESC) poteva costituire una base giuridica adeguata per la proposta di ICE, essa avrebbe dovuto illustrare le ragioni per cui ha ritenuto che l’obiettivo principale di detta proposta fosse una misura nel settore della PESC e non una misura relativa alla politica commerciale comune.

20      In terzo luogo, la Commissione non avrebbe operato una distinzione tra i due paragrafi dell’articolo 215 TFUE. Orbene, il rimando generale a detto articolo quale base giuridica per la misura oggetto della proposta di ICE non consentirebbe di comprendere perché il divieto preso in considerazione da detta proposta debba rientrare nelle misure restrittive nei confronti di paesi (sulla base del paragrafo 1 del suddetto articolo), piuttosto che nelle misure restrittive nei confronti di persone (sulla base del paragrafo 2 del medesimo articolo).

21      La Commissione contesta l’argomentazione dei ricorrenti affermando, essenzialmente, che la decisione impugnata sarebbe sufficientemente motivata.

22      A tale riguardo, occorre ricordare che, per quanto riguarda la procedura di registrazione di una proposta di iniziativa dei cittadini, in forza dell’articolo 4 del regolamento n. 211/2011, la Commissione è tenuta a esaminare se una siffatta proposta soddisfi le condizioni di registrazione enunciate al paragrafo 2 di detto articolo.

23      In particolare, tra tali condizioni, l’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 211/2011 prevede che una proposta di iniziativa dei cittadini sia registrata dalla Commissione, purché «non esul[i] manifestamente dalla competenza della Commissione di presentare una proposta di atto legislativo dell’Unione ai fini dell’applicazione dei trattati». È solo qualora una proposta di iniziativa dei cittadini, tenuto conto del suo oggetto e dei suoi obiettivi, quali risultano dalle informazioni obbligatorie e, se del caso, facoltative che sono state fornite dagli organizzatori ai sensi dell’allegato II del regolamento di cui trattasi, esuli manifestamente dall’ambito della competenza in forza della quale la Commissione può presentare una proposta di atto legislativo dell’Unione ai fini dell’applicazione dei Trattati, che quest’ultima è legittimata a rifiutare la registrazione di tale proposta di iniziativa dei cittadini a titolo di detta disposizione (sentenze del 12 settembre 2017, Anagnostakis/Commissione, C‑589/15 P, EU:C:2017:663, punto 50, e del 7 marzo 2019, Izsák e Dabis/Commissione, C‑420/16 P, EU:C:2019:177, punto 54).

24      Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 211/2011, qualora rifiuti di registrare una proposta di iniziativa dei cittadini, la Commissione informa gli organizzatori dei motivi di tale rifiuto.

25      Secondo la giurisprudenza, il fatto che una proposta di iniziativa dei cittadini non sia stata registrata è idoneo a pregiudicare l’effettività stessa del diritto dei cittadini di presentare una loro iniziativa, sancito dall’articolo 24, primo comma, TFUE. Di conseguenza, una decisione del genere deve far risultare chiaramente i motivi che giustificano detto rifiuto (v. sentenza del 3 febbraio 2017, Minority SafePack – one million signatures for diversity in Europe/Commissione, T‑646/13, EU:T:2017:59, punto 17 e giurisprudenza citata).

26      Infatti, il cittadino che abbia presentato una proposta di iniziativa dei cittadini deve essere posto in grado di comprendere le ragioni per le quali quest’ultima non viene registrata dalla Commissione, cosicché spetta a quest’ultima, investita di una siffatta proposta, valutarla, ma anche specificare i vari motivi della decisione di rifiuto tenendo conto della sua incidenza sull’esercizio effettivo del diritto sancito dal Trattato. Ciò deriva dalla natura stessa di tale diritto, il quale, come viene chiarito al considerando 1 del regolamento n. 211/2011, è inteso a rafforzare la cittadinanza europea e a potenziare il funzionamento democratico dell’Unione attraverso una partecipazione dei cittadini alla vita democratica dell’Unione (v. sentenza del 3 febbraio 2017, Minority SafePack – one million signatures for diversity in Europe/Commissione, T‑646/13, EU:T:2017:59, punto 18 e giurisprudenza citata).

27      In assenza di una motivazione completa in una decisione di rifiuto, la realizzazione degli obiettivi, richiamati al considerando 2 del regolamento n. 211/2011, consistenti nell’incoraggiare la partecipazione dei cittadini alla vita democratica e nel rendere l’Unione più accessibile, sarebbe seriamente compromessa (sentenza del 3 febbraio 2017, Minority SafePack – one million signatures for diversity in Europe/Commissione, T‑646/13, EU:T:2017:59, punto 29).

28      L’obbligo di informare gli organizzatori dei motivi di rifiuto della registrazione della loro proposta di ICE, quale previsto all’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 211/2011, costituisce l’espressione specifica, per quanto riguarda l’iniziativa dei cittadini europei, dell’obbligo di motivazione degli atti giuridici sancito all’articolo 296 TFUE (sentenza del 12 settembre 2017, Anagnostakis/Commissione, C‑589/15 P, EU:C:2017:663, punto 28).

29      Secondo una costante giurisprudenza, la motivazione prescritta da quest’ultimo articolo deve essere adeguata alla natura dell’atto e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità della motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo riguardate direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento del fatto se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenza del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 63; v., altresì, sentenza del 1° luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punto 88 e giurisprudenza ivi citata).

30      Così, sebbene le istituzioni non siano obbligate, nella motivazione delle decisioni che esse adottano, a prendere posizione su tutti gli argomenti presentati dagli interessati dinanzi a loro nel corso di un procedimento amministrativo, ciò nondimeno esse devono esporre i fatti e le riflessioni giuridiche che rivestono un’importanza essenziale nell’economia delle loro decisioni (v., in tal senso, sentenze del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, EU:C:2008:392, punto 169, e del 6 settembre 2012, Storck/UAMI, C‑96/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:537, punto 21).

31      È alla luce di questi principi che occorre valutare se, nella decisione impugnata, la Commissione abbia fornito una motivazione sufficiente.

32      Nel caso di specie, come ricordato al punto 6 che precede, nella decisione impugnata la Commissione ha constatato che un atto giuridico riguardante l’oggetto della proposta di ICE potrebbe essere adottato solo sulla base dell’articolo 215 TFUE (considerando 5) e che essa non era competente a presentare una proposta di atto giuridico su tale base (considerando 6). Essa ha spiegato che la proposta di ICE esulava quindi manifestamente dalla propria competenza ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 211/2011, in combinato disposto con l’articolo 2, punto 1, del medesimo regolamento (considerando 7).

33      Dalla motivazione contenuta nella decisione impugnata risulta dunque che la Commissione ha fondato il proprio rifiuto su un motivo legato, essenzialmente, alla sua incompetenza a presentare una proposta di atto giuridico che possa soddisfare l’oggetto della proposta di ICE, dal momento che l’unica base giuridica applicabile sarebbe, a suo avviso, l’articolo 215 TFUE.

34      Tuttavia, si deve osservare che, come sostenuto dai ricorrenti, la decisione impugnata non precisa le ragioni per cui la Commissione ha ritenuto che solo un atto adottato sulla base dell’articolo 215 TFUE potesse soddisfare l’obiettivo della proposta di ICE. Inoltre, benché dalla formulazione della decisione impugnata emerga implicitamente che la Commissione ha ritenuto che le altre disposizioni invocate dai ricorrenti nella loro proposta di ICE, segnatamente l’articolo 207 TFUE, non potessero costituire una base giuridica adeguata per la misura ivi presa in considerazione, la Commissione non ha ulteriormente spiegato il proprio ragionamento su questo punto.

35      Pertanto, il carattere sufficiente di una siffatta motivazione contenuta nella decisione impugnata deve essere valutato alla luce delle considerazioni di seguito illustrate.

36      In primo luogo, la decisione impugnata era fondata sulla manifesta carenza di competenza della Commissione a presentare una proposta di atto giuridico che potesse soddisfare l’oggetto e l’obiettivo della proposta di ICE. Detta manifesta incompetenza si spiegava alla luce della posizione assunta dalla Commissione, ossia che l’azione proposta rientrasse esclusivamente nell’ambito della PESC.

37      Di conseguenza, la valutazione compiuta dalla Commissione in merito all’oggetto e agli obiettivi della proposta di ICE conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 23 e, di conseguenza, in merito alla base giuridica applicabile, rivestiva un’importanza essenziale nell’economia della decisione impugnata ai sensi della giurisprudenza di cui al punto 30 che precede. Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, quest’ultima avrebbe dovuto spiegare, nella decisione impugnata, l’analisi della base giuridica adeguata da essa condotta.

38      Orbene, è evidente che la motivazione fornita dalla Commissione nella decisione impugnata, limitandosi, sostanzialmente, ad invocare l’articolo 215 TFUE come la sola base giuridica possibile di un atto idoneo a soddisfare l’oggetto della proposta di ICE, non consente di comprendere il ragionamento relativo alla scelta di detta base giuridica. Il riferimento, nel considerando 6 della decisione impugnata, all’assenza, in capo alla Commissione, del potere per adottare una decisione che «prevede l’interruzione o la riduzione, totale o parziale, delle relazioni economiche e finanziarie con il paese terzo interessato», che riprende la formulazione dell’articolo 215, paragrafo 1, TFUE, non corrobora in alcun caso tale valutazione. Si deve, infatti, osservare che la Commissione non ha spiegato perché ritenesse che la misura presa in considerazione dalla proposta di ICE dovesse essere qualificata necessariamente e unicamente come relativa ad un atto che prevede l’interruzione o la riduzione delle relazioni commerciali con uno o più paesi terzi ai sensi dell’articolo 215, paragrafo 1, TFUE.

39      In secondo luogo, il contenuto della proposta di ICE costituisce un elemento di contesto pertinente ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 29, ai fini di valutare il carattere sufficiente della motivazione della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza del 12 settembre 2017, Anagnostakis/Commissione, C‑589/15 P, EU:C:2017:663, punti 29 e da 36 a 39).

40      Nella fattispecie, nella proposta di ICE, i ricorrenti si sono richiamati esplicitamente, e in più occasioni, alla politica commerciale comune e a disposizioni concernenti tale ambito.

41      Infatti, da una parte, i ricorrenti hanno indicato, nella sezione della proposta di ICE relativa al suo obiettivo, che la Commissione doveva garantire la «coerenza della politica dell’Unione e il rispetto dei diritti fondamentali e del diritto internazionale in tutti i settori del diritto dell’Unione, compresa la politica commerciale comune» (precedente punto 3), e, nella sezione relativa all’oggetto di detta proposta, l’adozione di una misura volta a «regolare le transazioni commerciali» con i territori sotto occupazione (precedente punto 2).

42      Dall’altra, nella sezione «disposizioni pertinenti dei Trattati e del diritto internazionale» della proposta di ICE, i ricorrenti hanno citato numerose disposizioni relative alla politica commerciale comune (precedente punto 4). In particolare, essi hanno menzionato l’articolo 207, paragrafi 1 e 2, TFUE, ai sensi del quale, segnatamente, le misure che definiscono il quadro di attuazione della politica commerciale dell’Unione sono adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, e l’articolo 3 TFUE, dal quale risulta che la politica commerciale comune è un settore di competenza esclusiva dell’Unione. Essi hanno altresì citato due regolamenti adottati in materia di politica commerciale comune, che disciplinano lo scambio di determinate tipologie di prodotti provenienti da paesi terzi, subordinandolo, in particolare, ad un regime di autorizzazioni, oltre a due sentenze della Corte relative all’applicazione degli atti dell’Unione rientranti in tale ambito.

43      Quindi, dalle informazioni contenute nella proposta di ICE emergeva che i ricorrenti auspicavano che la Commissione presentasse una proposta di atto di politica commerciale comune sulla base dell’articolo 207 TFUE.

44      La Commissione osserva, giustamente, che non era tenuta a richiamare nella decisione impugnata l’irrilevanza di ciascuna delle disposizioni e delle asserite fonti di diritto citate dalle ricorrenti nella proposta di ICE.

45      Tuttavia, alla luce degli espliciti e ripetuti riferimenti alla politica commerciale comune contenuti nella proposta di ICE e, segnatamente, all’articolo 207 TFUE, spettava al la Commissione, nel caso di specie, illustrare le ragioni che l’avevano indotta a ritenere, implicitamente, che la misura oggetto della proposta di ICE, tenuto conto del suo oggetto e del suo obiettivo, non rientrasse in detto ambito e non potesse pertanto essere adottata sulla base dell’articolo 207 TFUE. Orbene, la decisione impugnata non contiene alcuna motivazione a questo riguardo.

46      Inoltre, posto che la decisione impugnata è stata fondata, in sostanza, sulla considerazione che la proposta di ICE esulava manifestamente dalla competenza della Commissione, la valutazione per cui detta proposta non poteva ricollegarsi alla politica commerciale comune riveste un’importanza essenziale nell’economia della decisione impugnata. Infatti, a differenza della PESC, la politica commerciale comune è un ambito in cui la Commissione può presentare una proposta di atto dell’Unione sulla base dell’articolo 207 TFUE.

47      In terzo luogo, il carattere sufficiente o meno della motivazione della decisione impugnata deve essere valutato anche alla luce degli obiettivi sottesi all’articolo 11, paragrafo 4, TUE, all’articolo 24, primo comma, TFUE ed al regolamento n. 211/2011, consistenti nell’incoraggiare la partecipazione dei cittadini alla vita democratica e nel rendere l’Unione più accessibile. Come ricordato ai precedenti punti da 25 a 27, in considerazione di detti obiettivi, la Commissione deve far apparire chiaramente i motivi che giustificano il rifiuto di registrare una proposta di iniziativa dei cittadini.

48      Orbene, in assenza di una motivazione completa, l’eventuale presentazione di una nuova proposta di ICE, che tenga conto delle obiezioni della Commissione riguardo alla ricevibilità della proposta, sarebbe seriamente compromessa, al pari della realizzazione degli obiettivi, richiamati al considerando 2 del regolamento n. 211/2011, consistenti nell’incoraggiare la partecipazione dei cittadini alla vita democratica e nel rendere l’Unione più accessibile (sentenza del 3 febbraio 2017, Minority SafePack – one million signatures for diversity in Europe/Commissione, T‑646/13, EU:T:2017:59, punto 29). Infatti, solo illustrando adeguatamente le ragioni che l’hanno condotta a ritenere che la misura presa in considerazione dalla proposta di ICE rientrava esclusivamente nella PESC e non si ricollegava alla politica commerciale comune, la Commissione avrebbe soddisfatto l’obiettivo di incoraggiare la partecipazione dei cittadini alla vita democratica, conformemente all’articolo 11, paragrafo 4, TUE e all’articolo 24, primo comma, TFUE, nonché gli obiettivi del regolamento n. 211/2011.

49      Alla luce delle considerazioni che precedono e senza che sia necessario esaminare la questione se la Commissione avrebbe dovuto anche precisare, nella decisione impugnata, quale paragrafo dell’articolo 215 TFUE si applicava alla misura considerata nella proposta di ICE, occorre concludere che la decisione impugnata non contiene elementi sufficienti per consentire ai ricorrenti di conoscere i motivi del rifiuto di registrazione della proposta di ICE e al Tribunale di esercitare il proprio controllo sulla legittimità di detto rifiuto. Di conseguenza, la decisione di cui trattasi non soddisfaceva l’obbligo di motivazione derivante dall’articolo 296 TFUE e dall’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 211/2011.

50      Ne consegue che occorre accogliere il secondo motivo e annullare la decisione impugnata, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi invocati dai ricorrenti.

 Sulle spese

51      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda dei ricorrenti.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione (UE) 2019/1567 della Commissione, del 4 settembre 2019, sulla proposta di iniziativa dei cittadini dal titolo «Garantire la conformità della politica commerciale comune con i trattati dell’UE e con il diritto internazionale» è annullata.

2)      La Commissione europea è condannata alle spese.

Papasavvas

Kornezov

Buttigieg

Kowalik‑Bańczyk

 

      Hesse

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 maggio 2021.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.


1      L’elenco degli altri ricorrenti è allegato soltanto alla versione notificata alle parti.