Language of document : ECLI:EU:T:2007:264

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

12 settembre 2007 (*)

«Marchio comunitario – Domanda di registrazione del marchio figurativo comunitario “La Española” − Opposizione del titolare dei marchi figurativi nazionali e comunitari “Carbonell” − Rigetto dell’opposizione − Elementi dominanti − Somiglianza − Rischio di confusione − Potere di riforma»

Nella causa T‑363/04,

Koipe Corporación, SL, con sede in San Sebastián (Spagna), rappresentata dall’avv. M. Fernández de Béthencourt,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dalla sig.ra J. García Murillo, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressato nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Aceites del Sur, SA, con sede in Siviglia (Spagna), rappresentata dagli avv.ti C.L. Fernández‑Palacios e R. Jiménez Díaz,

avente ad oggetto un ricorso contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell’UAMI 11 maggio 2004 (procedimento R 1109/2000‑4), relativa ad un procedimento d’opposizione tra la Koipe Corporación, SL e l’Aceites del Sur, SA,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione),

composto dai sigg. J.D. Cooke, presidente, R. García-Valdecasas e V. Ciucă, giudici,

cancelliere: sig.ra B. Pastor, cancelliere aggiunto

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 14 marzo 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Ambito normativo

1        L’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), così dispone:

«1. In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il marchio richiesto è escluso dalla registrazione:

(...)

b)      se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio sul quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore».

2        L’art. 8, n. 2, dello stesso regolamento così prevede:

«Ai sensi del paragrafo 1 si intendono per “marchi anteriori”:

a)      i seguenti tipi di marchi la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario, tenuto conto, ove occorra, del diritto di priorità invocato per i medesimi:

i)       marchi comunitari,

ii)       marchi registrati nello Stato membro o, per quanto riguarda il Belgio, il Lussemburgo ed i Paesi Bassi, presso l’Ufficio dei marchi del Benelux (…)».

3        L’art. 8, n. 5, dello stesso regolamento indica quanto segue:

«In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore ai sensi del paragrafo 2, la registrazione del marchio depositato è altresì esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore e se ne viene richiesta la registrazione per prodotti o servizi non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio comunitario anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà nella Comunità o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi».

4        L’art. 55, n. 3, di detto regolamento così dispone:

«La domanda di decadenza o di nullità è inammissibile qualora su una domanda con lo stesso oggetto e la stessa causa sia stata pronunciata una decisione nei confronti delle stesse parti dall’autorità giudiziaria di uno Stato membro e tale decisione sia passata in giudicato».

 Fatti

5        Il 23 aprile 1996, l’Aceites del Sur, SA presentava all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) una domanda di marchio comunitario, ai sensi del regolamento n. 40/94.

6        Il marchio di cui è stata richiesta la registrazione (in prosieguo: il «marchio richiesto» o il «marchio La Española») è il segno figurativo riportato qui di seguito:

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7        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio rientrano nelle classi 29 e 30 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato (in prosieguo: l’«Accordo di Nizza»), e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 29: «Carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova, latte e prodotti derivati dal latte; oli e grassi commestibili»;

–        classe 30: «Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca, sago, succedanei del caffè; farine e preparati fatti di cereali, pane, pasticceria e confetteria, gelati; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale, senape; aceto, salse (condimenti); spezie; ghiaccio».

8        Il 23 novembre 1998, la domanda di registrazione è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 89/98.

9        Il 19 febbraio 1999, La Española Alimentaria Alcoyana ha proposto un’opposizione alla registrazione del marchio richiesto (in prosieguo: la «prima opposizione» o il «primo procedimento d’opposizione»). La prima opposizione riguardava tutti i prodotti designati nella domanda di marchio comunitario.

10      Il motivo fatto valere a sostegno di tale opposizione era il rischio di confusione di cui all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, tra il marchio richiesto e un marchio figurativo anteriore appartenente a La Española Alimentaria Alcoyana, composto da un elemento figurativo e dall’elemento verbale «la española» e tutelato dalla registrazione comunitaria n. 15909, e dalla registrazione spagnola n. 1816147. Il marchio comunitario n. 15909 è stato registrato per alcuni prodotti rientranti nella classe 29 ai sensi dell’Accordo di Nizza, fra i quali non figuravano gli oli e i grassi commestibili. Il marchio comunitario n. 15909 è stato registrato, al pari del marchio spagnolo n. 1816147, anche per diversi prodotti rientranti nella classe 30 ai sensi dell’Accordo di Nizza.

11      Il 23 febbraio 1999, l’impresa Aceites Carbonell, divenuta Koipe Corporation, SL, ha proposto un’opposizione alla registrazione del marchio richiesto riguardante l’insieme dei prodotti contrassegnati da quest’ultimo. Il motivo fatto valere a sostegno di tale opposizione era il rischio di confusione di cui all’art. 8, n. 1, lett. b), all’art. 8, n. 2, lett. c), e all’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94, tra il marchio richiesto e il marchio figurativo anteriore della ricorrente, Carbonell (in prosieguo: il «marchio anteriore» o il «marchio Carbonell»), riportato qui di seguito:

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12      Quale prova dell’esistenza di un marchio anteriore, la ricorrente ha fatto valere le registrazioni spagnole nn. 994364, 1238745, 1698613, 28270, 252783, 994365, la registrazione comunitaria n. 338681, le registrazioni internazionali nn. 244428 e 528639, e le registrazioni nazionali irlandesi, danesi, svedesi e del Regno Unito. Dopo aver esaminato i documenti presentati destinati a provare l’esistenza e la validità dei diritti fatti valere, la divisione di opposizione dell’UAMI ha rilevato che la ricorrente era riuscita a dimostrare l’esistenza soltanto delle seguenti quattro registrazioni:

–        registrazione spagnola del 20 ottobre 1982, n. 994364, per l’«olio puro d’oliva», rientrante nella classe 29 ai sensi dell’Accordo di Nizza;

–        registrazione spagnola del 20 giugno 1988, n. 1238745, per l’«olio d’oliva», rientrante nella classe 29 ai sensi dell’Accordo di Nizza;

–        registrazione spagnola del 5 gennaio 1994, n. 1698613, per l’«olio d’oliva», rientrante nella classe 29 ai sensi dell’Accordo di Nizza;

–        registrazione comunitaria del 24 gennaio 2000, n. 338681, per l’«olio d’oliva», rientrante nella classe 29 ai sensi dell’Accordo di Nizza.

13      Con lettera del 29 settembre 1999 indirizzata all’UAMI, l’interveniente ha ulteriormente ristretto l’elenco dei prodotti per i quali era richiesta la registrazione ai seguenti prodotti:

–        classe 29: «oli e grassi commestibili»;

–        classe 30: «maionese prodotta con olio d’oliva ed aceto».

14      Il marchio richiesto ha costituito oggetto di un rifiuto di registrazione, nell’ambito del primo procedimento di opposizione, per i prodotti della classe 30 ai sensi dell’Accordo di Nizza, in forza della decisione della divisione di opposizione 22 febbraio 2000, n. 259/2000. In questa decisione, la divisione di opposizione ha tuttavia respinto l’opposizione de La Española Alimentaria Alcoyana per ciò che riguardava i prodotti rientranti nella classe 29 ai sensi dell’Accordo di Nizza. Tale decisione è stata confermata dalla quarta commissione di ricorso dell’UAMI con decisione 17 febbraio 2003 (procedimento R 326/2000‑4). Pertanto, la domanda di marchio comunitario dell’interveniente si riferisce unicamente ai prodotti rientranti nella classe 29 ai sensi dell’Accordo di Nizza.

15      L’opposizione del 23 febbraio 1999 è stata respinta dalla divisione di opposizione con decisione 21 settembre 2000, n. 2084/2000, a motivo del fatto che i segni in questione producevano nel complesso un’impressione visiva differente, erano del tutto privi di elementi di somiglianza sotto il profilo fonetico, e il nesso concettuale legato alla natura e all’origine agricola dei prodotti era tenue, cosa che escludeva ogni rischio di confusione tra i marchi in conflitto.

16      Il 19 gennaio 2001, la ricorrente ha presentato ricorso all’UAMI avverso la decisione della divisione di opposizione. L’11 maggio 2004, la quarta commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto tale ricorso adottando la decisione R 1109/2000‑4 (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Essa ha confermato che l’impressione visiva prodotta da tali segni era complessivamente differente. Essa ha, infatti, osservato che gli elementi figurativi, composti essenzialmente dall’immagine di una persona seduta in un uliveto, possedevano soltanto un debole carattere distintivo per l’olio d’oliva, con la conseguenza di conferire un’importanza primordiale agli elementi verbali «la española» e «carbonell». Per quanto riguarda il raffronto tra i segni sotto il profilo fonetico e concettuale, essa ha constatato che la ricorrente non aveva negato la totale assenza di coincidenza tra gli elementi verbali, né la debolezza del nesso logico tra i segni in conflitto. Infine, essa ha riconosciuto che la divisione di opposizione avrebbe dovuto pronunciarsi sulla notorietà dei marchi anteriori. Essa ha tuttavia ritenuto che tale valutazione così come l’esame della documentazione prodotta dinanzi alla commissione di ricorso per dimostrare tale notorietà non fossero strettamente necessari, poiché uno dei presupposti per la valutazione della sussistenza di un rischio di confusione con un marchio rinomato o notorio, ovvero l’esistenza di una somiglianza tra i segni, non era soddisfatto.

 Procedimento e conclusioni delle parti

17      Con atto introduttivo ricevuto nella cancelleria del Tribunale il 31 agosto 2004, la ricorrente ha proposto il ricorso in esame.

18      Con lettera dell’8 novembre 2004, indirizzata al Tribunale, la ricorrente ha chiesto di depositare agli atti un’attestazione della camera di commercio spagnola in Belgio e in Lussemburgo riguardante il carattere notorio del marchio Carbonell. Tale attestazione era stata inviata alla ricorrente dopo la presentazione del ricorso, anche se essa ne aveva fatto richiesta prima di tale data. Il Tribunale ha accolto l’istanza con decisione 17 novembre 2004.

19      Il 1 marzo 2005, l’UAMI ha depositato il suo controricorso. Il 17 gennaio 2005, l’interveniente ha depositato la sua memoria di intervento. Con lettera depositata il 10 maggio 2005, la ricorrente ha chiesto l’autorizzazione a depositare una replica, cosa che le è stata rifiutata dal Tribunale con decisione 23 maggio 2005.

20      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di passare alla fase orale.

21      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 14 marzo 2007.

22      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        dichiarare la nullità del marchio richiesto o, se del caso, ordinare il rigetto della domanda di registrazione del marchio comunitario;

–        condannare l’UAMI e l’interveniente alle spese del presente procedimento e a quelle sostenute durante il procedimento intentato dinanzi alla quarta commissione di ricorso.

23      L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

24      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso e confermare la decisione impugnata;

–        condannare la ricorrente alle spese.

25      All’udienza, l’interveniente ha rinunciato alla sua domanda di far comparire il suo rappresentante personale e all’eccezione di irricevibilità riguardante il titolo di avvocato del rappresentante della ricorrente.

 Sulla ricevibilità

 Sulla ricevibilità della domanda diretta a che il Tribunale dichiari la nullità del marchio richiesto o, se del caso, ordini il suo rigetto

 Argomenti delle parti

26      L’UAMI ritiene che il secondo capo delle conclusioni della ricorrente, diretto a chiedere al Tribunale di dichiarare la nullità del marchio La Española o, se del caso, a ordinare il rigetto della domanda di registrazione del marchio comunitario, sia irricevibile, poiché non spetta al Tribunale rivolgere ingiunzioni all’UAMI e incombe a quest’ultimo trarre le conseguenze dal dispositivo e dalla motivazione delle sentenze [sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑388/00, Institut fur Lernsysteme/UAMI – Educational Services (ELS), Racc. pag. II‑4301, punto 19].

 Giudizio del Tribunale

27      Il secondo capo delle conclusioni della ricorrente si divide in due parti. Nella prima parte, la ricorrente chiede che il marchio La Española sia dichiarato nullo. Nella seconda parte, essa chiede che sia ordinato il rifiuto di registrazione di tale marchio.

28      Per quanto riguarda la domanda di nullità del marchio La Española, occorre ricordare che l’art. 62, n. 3, del regolamento n. 40/94 prevede che le decisioni delle commissioni di ricorso, se è stato presentato un ricorso dinanzi al giudice comunitario, abbiano effetto soltanto a decorrere dal rigetto di quest’ultimo. Pertanto, come indicato giustamente dall’UAMI, il marchio richiesto non è stato ancora registrato e non può essere annullato. Di conseguenza, la prima parte del secondo capo delle conclusioni della ricorrente è priva di oggetto.

29      Per quanto riguarda la seconda parte del suddetto capo di conclusioni, la ricorrente, in sostanza, chiede al Tribunale di adottare la decisione che, a suo avviso, l’UAMI avrebbe dovuto prendere, ovvero una decisione che constati che le condizioni di opposizione sono soddisfatte, in modo che l’UAMI possa darvi esecuzione, rifiutando la registrazione del marchio richiesto.

30      Pertanto, la ricorrente chiede la riforma della decisione impugnata, come è prevista all’art. 63, n. 3, del regolamento n. 40/94. Infatti, questa domanda non consiste nel chiedere al Tribunale di condannare l’UAMI ad un qualsiasi obbligo di fare o di non fare, cosa che costituirebbe un’ingiunzione impartita a quest’ultimo. Essa è diretta, al contrario, a che il Tribunale decida, allo stesso titolo della commissione di ricorso, se il marchio richiesto possa essere registrato in relazione all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Una siffatta decisione rientra fra i provvedimenti che il Tribunale può adottare in base al suo potere di riforma [v., in tal senso, sentenze del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑334/01, MFE Marienfelde/UAMI – Vétoquinol (HIPOVITON), Racc. pag. II‑2787, punto 19; 4 ottobre 2006, causa T‑190/04, Freixenet/UAMI (Forma di una bottiglia smerigliata bianca), punto 17].

31      Ne consegue che la seconda parte del secondo capo delle conclusioni della ricorrente è ricevibile.

 Sull’estensione del mandato del rappresentante della ricorrente

 Argomenti delle parti

32      L’interveniente fa osservare che il mandato conferito all’avvocato della ricorrente non gli consente di rappresentare quest’ultima davanti al Tribunale. A parere dell’interveniente, la procura notarile depositata dalla ricorrente in favore del sig. J. Munguía Arsuaga abilita quest’ultimo a rappresentare la ricorrente dinanzi ai giudici spagnoli e non dinanzi ai giudici comunitari. Pertanto, il mandato conferito all’avv. M. Fernández de Béthencourt, avvocato che ha firmato il ricorso in nome e per conto della ricorrente, da parte del sig. Munguía Arsuaga, oltrepasserebbe i poteri di cui quest’ultimo era investito.

 Giudizio del Tribunale

33      L’art. 44, n. 5, lett. b) del regolamento di procedura del Tribunale esige che, se la ricorrente è una persona giuridica di diritto privato, essa debba allegare al ricorso la prova che il mandato all’avvocato è stato regolarmente conferito da un rappresentante a ciò legittimato.

34      Orbene, dalle procure notarili del 16 agosto 2004 in favore del rappresentante legittimato della ricorrente, sig. J. Munguía Arsuaga, emerge che quest’ultimo aveva il potere di rappresentare la ricorrente egli stesso o di conferire mandato per la rappresentanza ad altri avvocati, «nell’ambito sia nazionale che sovranazionale», cosa che comprende la rappresentanza dinanzi al Tribunale. Pertanto, sorprende che l’interveniente sostenga la tesi secondo la quale il mandato conferito all’avv. Fernández de Béthencourt da parte del sig. Munguía Arsuaga oltrepassi i poteri di cui quest’ultimo era investito. Questa tesi è manifestamente incompatibile con i fatti.

35      Ne consegue che il presente motivo di irricevibilità dev’essere respinto.

 Sull’applicazione del principio dell’efficacia del giudicato

 Argomenti delle parti

36      L’interveniente considera che l’eccezione del giudicato prevista all’art. 55, n. 3, del regolamento n. 40/94, secondo la quale una domanda di decadenza o di nullità è inammissibile qualora su una domanda con lo stesso oggetto e la stessa causa sia stata pronunciata una decisione nei confronti delle stesse parti dall’autorità giudiziaria di uno Stato membro e tale decisione sia passata in giudicato, è applicabile al caso di specie.

37      L’interveniente ritiene che la sentenza del 7 luglio 1997 di un giudice spagnolo, l’Audiencia Provincial de Sevilla (Corte d’appello), debba essere considerata come avente l’autorità di giudicato ai sensi dell’art. 55, n. 3, del regolamento n. 40/94, poiché essa riguarda le stesse parti, lo stesso oggetto e la stessa causa della presente fattispecie. Infatti, la sentenza in questione riguarderebbe una controversia tra la ricorrente e l’interveniente nella quale la ricorrente avrebbe tentato di privare l’interveniente dell’uso di un marchio spagnolo identico al marchio La Española, sulla base del divieto di atti d’imitazione previsto dalla ley n. 3/1991, de 10 de enero, de competencia desleal (legge spagnola 10 gennaio 1991, n. 3, sulla concorrenza sleale) (BOE n. 10 dell’11 gennaio 1991, pag. 959). La sentenza in questione avrebbe concluso per la compatibilità tra i due marchi in conflitto, dando torto alla ricorrente. Tale sentenza sarebbe divenuta definitiva con il rigetto dell’appello presentato dalla ricorrente, avvenuto con ordinanza 16 febbraio 1999 del Tribunal Supremo (Corte di cassazione). Pertanto, l’interveniente conclude per l’irricevibilità del presente ricorso.

38      La ricorrente e l’UAMI hanno sostenuto all’udienza che l’art. 55 del regolamento n. 40/94 non si applicava al caso di specie, poiché non vi era identità né di causa né di oggetto tra la presente fattispecie e quella all’origine della sentenza dell’Audiencia Provincial de Sevilla.

 Giudizio del Tribunale

39      Secondo una giurisprudenza costante, il regime comunitario dei marchi è un sistema autonomo, costituito da un complesso di norme, che persegue obiettivi specifici, e l’applicazione di tale regime è indipendente da ogni sistema nazionale [sentenze del Tribunale 5 dicembre 2000, causa T‑32/00, Messe München/UAMI (electronica), Racc. pag. II‑3829, punto 47, e 24 novembre 2005, causa T‑346/04, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR ET FELICIE), Racc. pag. II‑4891, punto 70].

40      Pertanto, la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso si valuta unicamente sulla base del regolamento n. 40/94 come interpretato dal giudice comunitario, e non sulla base di una giurisprudenza nazionale [sentenze 9 luglio 2003, causa T‑162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II‑2821, punto 53; 4 novembre 2003, causa T‑85/02, Díaz/UAMI – Granjas Castelló (CASTILLO), Racc. pag. II‑4835, punto 37, e 13 luglio 2004, causa T‑115/02, AVEX/UAMI – Ahlers (a), Racc. pag. II‑2907, punto 30].

41      Il principio dell’autonomia del regime comunitario è applicabile, a fortiori, in situazioni come quella del caso di specie, poiché la sentenza dell’Audiencia Provincial de Sevilla non è basata su regole analoghe a quelle del regolamento n. 40/94, bensì su una legge relativa alla concorrenza sleale.

42      Occorre anche rilevare che l’art. 55, n. 3, del regolamento n. 40/94 costituisce un’eccezione al principio di cui sopra. Orbene, questa disposizione prevede unicamente che l’UAMI debba considerare inammissibile una domanda di decadenza o di nullità introdotta avverso un marchio comunitario già registrato qualora su una domanda avente lo stesso oggetto, ovvero la nullità o la decadenza di tale marchio comunitario, e la stessa causa sia stata pronunciata una decisione nei confronti delle stesse parti dall’autorità giudiziaria nazionale e tale decisione sia passata in giudicato.

43      Pertanto, questa disposizione non può avere nessuna incidenza sulla ricevibilità del presente ricorso, il quale non costituisce una domanda di decadenza o di nullità e non è stato introdotto dinanzi all’UAMI, ma dinanzi al Tribunale.

44      Infine, ad abundantiam, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostiene l’interveniente, il caso deciso dall’Audiencia Provincial de Sevilla con sentenza 7 luglio 1997 non ha la stessa causa, né lo stesso oggetto della presente fattispecie. Per quanto concerne la causa, la fattispecie riguardava una violazione della legge spagnola sulla concorrenza sleale, mentre, nella presente fattispecie, si tratta di una questione relativa al regolamento n. 40/94. Con riferimento all’oggetto della suddetta fattispecie, occorre rilevare che la sentenza dell’Audiencia Provincial de Sevilla era essenzialmente basata sulla sentenza del Tribunal Supremo 10 giugno 1987, la quale non aveva constatato la compatibilità del marchio Carbonell con il marchio richiesto. Per questo, tale sentenza del Tribunal Supremo riguardava unicamente la questione della compatibilità di un marchio dell’interveniente, avente una forte somiglianza con il marchio richiesto, con il marchio La Española, appartenente alla ricorrente, registrato per «salumi» rientranti nella classe 29 ai sensi dell’Accordo di Nizza. Pertanto, nessuna identità d’oggetto può essere constatata, poiché i marchi in questione erano differenti da quelli in conflitto nell’ambito della presente causa.

45      Il presente motivo di irricevibilità dev’essere dunque respinto.

 Nel merito

46      La ricorrente deduce due motivi di annullamento, relativi alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, da una parte, e alla violazione dell’obbligo di esaminare le prove della notorietà del marchio anteriore, dall’altra.

 Osservazioni preliminari

47      Tra le parti è sorta una controversia circa le registrazioni che devono essere prese in considerazione al fine di valutare l’esistenza del diritto di opposizione rivendicato dalla ricorrente. Quest’ultima ritiene che si tratti non soltanto delle registrazioni, spagnole e comunitarie, che sono state prese in considerazione dalla divisione di opposizione e dalla commissione di ricorso, ma anche delle altre registrazioni da essa fatte valere. L’UAMI e l’interveniente contestano questa tesi e ribattono che, poiché la data di deposito della registrazione comunitaria n. 338681 della ricorrente era posteriore a quella del marchio comunitario richiesto, la commissione di ricorso non avrebbe dovuto prenderla in considerazione.

48      Il Tribunale osserva, tuttavia, che tale questione non è pertinente nel caso di specie. Infatti, la decisione impugnata è essenzialmente basata sull’assenza di somiglianza tra l’elemento figurativo del marchio Carbonell e quello del marchio richiesto. Orbene, l’elemento figurativo del marchio Carbonell è identico in tutte le registrazioni fatte valere dalla ricorrente, tanto in quelle prese in considerazione dalla commissione di ricorso, quanto in quelle da essa escluse.

 Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94

 Argomenti delle parti

49      La ricorrente ritiene che la decisione impugnata violi l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 in quanto non tiene conto né del fatto che i marchi in conflitto sono, a prima vista, complessivamente simili e, dunque, tali da creare una confusione sul mercato, né del fatto che i prodotti oggetto della domanda di registrazione sono identici ai prodotti contraddistinti dal marchio anteriore.

50      Per quanto riguarda la somiglianza dei prodotti oggetto dei marchi in conflitto, la ricorrente indica, in primo luogo, che la commissione di ricorso ha commesso un errore concludendo, al punto 17 della decisione impugnata, che tali prodotti erano in parte identici (oli e grassi commestibili), in parte molto simili [sale, senape, aceto, salse (condimenti), spezie] e, per il restante, diversi. Essa fa valere che, vista, da una parte, la restrizione della lista di prodotti fatta dall’interveniente con lettera del 29 settembre 1999, e visto, dall’altra, il fatto che la registrazione del marchio la Española è stata rifiutata per i prodotti della classe 30 ai sensi dell’Accordo di Nizza, i prodotti per i quali la registrazione è richiesta sono identici a quelli commercializzati con il marchio anteriore, poiché l’olio d’oliva (classe 29 ai sensi dell’Accordo di Nizza) contraddistinto dal marchio Carbonell figura tra gli «oli e grassi commestibili» oggetto della registrazione di marchio comunitario. La ricorrente fa valere che, di conseguenza, deve trovare applicazione la giurisprudenza secondo la quale, nella valutazione complessiva del rischio di confusione, una tenue somiglianza tra i segni può essere compensata da un’identità dei prodotti contraddistinti da tali marchi (v., in tal senso, sentenze 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punto 17, e 22 giugno 2000, causa C‑425/98, Marca Mode, Racc. pag. I‑4861, punto 40).

51      In secondo luogo, la ricorrente ritiene che la commissione di ricorso abbia commesso un errore di valutazione nell’analisi visiva dei marchi in conflitto, considerando che l’elemento figurativo era debolmente distintivo e accordando una maggiore importanza all’elemento verbale. Secondo la ricorrente, la commissione di ricorso avrebbe dovuto incentrare il suo esame comparativo maggiormente sulle somiglianze degli elementi figurativi, le quali costituiscono le componenti dominanti dei marchi in conflitto.

52      Pertanto, la ricorrente fa valere che l’utilizzo di un disegno quale quello del marchio anteriore non è necessario né corrente per la commercializzazione dell’olio d’oliva. A differenza della rappresentazione di ulivi o di olive, l’immagine, in primo piano, di una donna vestita in modo verosimilmente tradizionale non è comune. A tal proposito, la ricorrente allega un’attestazione notarile che autentica un servizio fotografico su alcuni marchi di oli d’oliva commercializzati nel territorio spagnolo che rappresentano nel complesso il 95% delle quote di mercato, da cui emerge che su nessuna etichetta apposta su tali prodotti è rappresentata una donna, salvo che sui marchi in conflitto.

53      La ricorrente rileva che, al contrario, la denominazione «la española» non ha alcun carattere distintivo. Essa sottolinea che i termini «España» e «española» sono comunemente utilizzati e che il loro significato è familiare anche per coloro che non conoscono lo spagnolo. Per i paesi che non sono di lingua spagnola, la denominazione «la española» sarebbe percepita come descrittiva dell’origine geografica dei prodotti.

54      La ricorrente indica inoltre che la commissione di ricorso non ha tenuto conto del fatto che il consumatore medio percepisce il marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei vari dettagli. Essa sottolinea che, nella maggior parte dei casi, il consumatore fa acquisti in grandi supermercati dove i prodotti sono disposti su scaffalature, direttamente alla portata del pubblico, il quale non deve richiederli oralmente. La ricorrente considera che il consumatore impiega poco tempo tra i successivi acquisti che avvengono in punti differenti del supermercato. In tali condizioni, l’atto di acquisto presenterebbe il carattere di un atto di massa, compiuto in maniera irriflessiva e incosciente, con l’aggravante che i prodotti sono accumulati nello stesso punto, il che aumenterebbe i rischi di confusione. Il consumatore sarebbe, infatti, guidato più da un’impressione che dal raffronto diretto dei diversi marchi. Egli sarebbe in generale meno attento di un consumatore specializzato. La ricorrente ne deduce che l’impatto visivo dell’etichetta sulla quale è inserito il marchio è determinante nella scelta del prodotto.

55      In terzo luogo, la ricorrente enumera sedici corrispondenze tra il marchio anteriore e il marchio richiesto.

56      La ricorrente osserva che tali coincidenze tra i due disegni inducono ad un’impressione complessiva di grande somiglianza sul piano visivo. Di conseguenza, anche se il consumatore medio fosse in grado di afferrare talune differenze tra i due segni, il rischio di stabilire un nesso tra i due marchi sarebbe reale.

57      La ricorrente indica, in quarto luogo, che, vista la somiglianza dei segni in conflitto, il pubblico può pensare che il marchio richiesto sia una semplice variazione del marchio Carbonell. Essa osserva che, secondo la giurisprudenza, è possibile che un’impresa utilizzi sottomarchi, derivanti da un marchio principale, che condividono con quest’ultimo un elemento comune dominante, al fine di distinguere le sue varie linee di prodotti [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 18 febbraio 2004, causa T‑10/03, Koubi/UAMI – Flabesa (CONFORTFLEX), Racc. pag. II‑719, punto 61]. In proposito, la ricorrente precisa che essa commercializza diverse gamme di oli di oliva, identificati da uno stesso disegno, ma differenziati da appellativi differenti, quali «carbonell», «fontana», «finoliva», «sotoliva» e «mezquita».

58      La ricorrente osserva, infine, che l’immagine che essa utilizza è essenziale a Carbonell, poiché permette al consumatore di identificare automaticamente l’origine dei suoi prodotti, senza che sia nemmeno necessario indicare l’appellativo «carbonell».

59      L’UAMI ammette che la commissione di ricorso ha commesso un errore consistente nel non tenere conto della limitazione dell’elenco dei prodotti che formano oggetto della domanda di registrazione. Esso riconosce che l’olio di oliva (prodotto contraddistinto dal marchio anteriore) è un prodotto identico agli oli e ai grassi commestibili oggetto della domanda di registrazione, quando questi ultimi riguardano l’olio d’oliva. Tuttavia, l’UAMI e l’interveniente considerano che tale errore non abbia avuto un’incidenza fondamentale nella decisione impugnata, visto che quest’ultima basa il rigetto dell’opposizione sull’assenza di somiglianza tra i marchi in conflitto e non sul fatto che i prodotti in questione non fossero né identici né simili. L’interveniente aggiunge che non occorre attribuire alcuna conseguenza al fatto che la decisione impugnata menzioni gli altri prodotti, dal momento che sia la divisione di opposizione sia la commissione di ricorso hanno sempre riconosciuto che i prodotti erano, in parte, identici.

60      L’UAMI conferma la valutazione della commissione di ricorso secondo la quale i segni in conflitto producono un’impressione visiva differente.

61      L’UAMI e l’interveniente ritengono che occorra applicare alla presente controversia la giurisprudenza secondo la quale la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi in esame, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti (sentenze 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL, Racc. pag. I‑6191, punto 23, e 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punto 25). L’UAMI ritiene che le valutazioni della divisione di opposizione sull’impressione complessiva prodotta sul consumatore dai segni in conflitto, le quali sono state riprese dalla commissione di ricorso, sono conformi alla giurisprudenza. Infatti, esse prenderebbero in considerazione il fatto che i suddetti elementi figurativi possono essere associati al prodotto e, di tal sorta, avere un’influenza minima sulla percezione del segno.

62      L’UAMI ammette che l’immagine di una donna seduta, vestita con un costume tradizionale, può essere distintiva per i prodotti in questione. Tuttavia, esso considera che, nel caso di specie, gli elementi figurativi comuni ai due segni in conflitto non hanno una particolare forza distintiva. In proposito, esso sostiene che un unico concorrente non può appropriarsi in via esclusiva della rappresentazione di uno sfondo campestre con degli ulivi (e neppure della combinazione di colori utilizzata per tale sfondo), poiché essa è intimamente legata al prodotto che contraddistingue (olio d’oliva) e alla sua origine. Allo stesso modo, l’idea di rappresentare una donna non sarebbe suscettibile di appropriazione. L’interveniente indica, da parte sua, che gli elementi figurativi comuni ai marchi in conflitto riguardano oggetti generici o categorie generali di oggetti che hanno una debole capacità distintiva.

63      L’interveniente critica il valore probatorio dell’atto notarile presentato dalla ricorrente per dimostrare che nessun marchio di olio d’oliva commercializzato sul territorio spagnolo rappresenta una donna. A titolo di contro‑esempio, l’interveniente menziona altri marchi che utilizzano l’immagine di una donna vestita con un vestito a balze o con un costume gitano e allega diversi documenti al riguardo.

64      L’UAMI ritiene che, nel caso in esame, l’elemento verbale dei segni in questione svolga un ruolo molto importante nell’impressione visiva che essi producono e che sia evidente che gli elementi «la española» e «carbonell» sono molto diversi da un punto di vista visivo.

65      Sebbene l’UAMI ammetta che l’espressione «la española» sia poco distintiva in sé, esso contesta che sia inutile tenerne conto al momento del raffronto dei segni in conflitto, come sostenuto dalla ricorrente. Secondo l’UAMI, occorre prendere in considerazione il fatto che, in presenza di marchi complessi formati a partire da elementi figurativi e da un elemento verbale, quest’ultimo generalmente riveste un’importanza capitale, poiché esso rimane più facilmente impresso nella memoria del consumatore ed è meno ambiguo riguardo all’identificazione del marchio e alla comunicazione a terzi. L’interveniente precisa, dal suo canto, che il carattere generalmente predominante dell’elemento verbale è dovuto al fatto che il consumatore identifica i marchi complessi attraverso il loro nome, soprattutto quando il consumatore ne fa richiesta orale, e al fatto che l’elemento figurativo è, in certi casi, inutile, come nel caso della pubblicità radiofonica.

66      L’interveniente conferma l’analisi secondo la quale gli appellativi «la española» e «carbonell» sono preponderanti. Per quanto riguarda il primo, essa aggiunge che questa preponderanza è accentuata dalla notorietà del marchio La Española.

67      L’UAMI, sostenuto dall’interveniente, constata che tra i segni in questione sussistono differenze importanti relative all’aspetto generale della donna disegnata, tanto con riferimento alla sua posizione, ai suoi vestiti e ai tratti del viso, quanto con riferimento al fatto che, nella domanda di marchio comunitario, la donna tiene tra le mani una brocca, mentre nel marchio Carbonell è rappresentata con le braccia alzate ed appoggiata ad un ramo d’ulivo. Allo stesso modo esso osserva che, nel marchio anteriore, la donna è seduta su un muretto sul quale si trovano due bidoni confezionati in maniera tradizionale, mentre nel disegno del marchio richiesto non appare l’oggetto sul quale la donna è seduta.

68      Infine, sotto il profilo logico, l’UAMI indica che il consumatore percepirà il termine «carbonell» come un cognome, mentre l’elemento figurativo evocherà nella sua mente un’associazione con l’origine naturale e tradizionale del prodotto. Per quanto riguarda il marchio richiesto, tanto l’elemento figurativo propriamente detto quanto l’appellativo «la española» dovrebbero produrre nella mente del pubblico un’associazione evidente con l’origine naturale e geografica del prodotto. L’UAMI ne deduce che tra i segni in questione sussiste un nesso che può essere definito come un riferimento all’origine naturale dei prodotti. Esso precisa che un tale tipo di nesso è legato semplicemente alle caratteristiche o alla qualità dei prodotti e non alla loro origine commerciale.

69      L’UAMI ne conclude che la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore nella valutazione del raffronto tra i segni che l’ha condotto a constatare che questi ultimi non erano né identici né simili e che, pertanto, non sussisteva alcun rischio di confusione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 (sentenza della Corte 12 ottobre 2004, causa C‑106/03 P, Vedial/UAMI, Racc. pag. I‑9573, punti 53 e 54). L’UAMI aggiunge che, per lo stesso motivo, il principio d’interdipendenza tra i fattori non è applicabile alla controversia.

 Giudizio del Tribunale

70      Occorre subito rilevare che, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso constata (punto 17) che i prodotti contraddistinti dal marchio Carbonell e quelli oggetto del marchio richiesto erano in parte identici (oli e grassi commestibili, rientranti nella classe 29 ai sensi dell’Accordo di Nizza), per altra parte molto simili [sale, senape, aceto, salse (condimenti); spezie, prodotti rientranti nella classe 30 ai sensi dell’Accordo di Nizza] e, per quanto riguardava il resto dei prodotti, diversi.

71      Ciò nondimeno, come è stato a giusto titolo fatto valere dalla ricorrente, e come l’UAMI e l’interveniente hanno ammesso all’udienza, nella decisione impugnata la commissione di ricorso avrebbe dovuto limitarsi a concludere per l’identità dei prodotti oggetto del marchio Carbonell con quelli oggetto del marchio richiesto, allorché questi ultimi riguardano l’olio d’oliva, e per una forte somiglianza tra i prodotti oggetto del marchio Carbonell e quelli oggetto del marchio richiesto, allorché questi ultimi riguardano gli altri grassi commestibili. Questa conclusione si impone, infatti, in seguito, da una parte, alla restrizione dell’elenco dei prodotti operata nella lettera dell’interveniente del 29 settembre 1999 e, dall’altra, in seguito alla decisione presa dalla divisione di opposizione in data 22 febbraio 2000 nell’ambito del primo procedimento di opposizione in cui è stata respinta la registrazione del marchio La Española per i prodotti rientranti nella classe 30 ai sensi dell’Accordo di Nizza, confermata dalla decisione 17 febbraio 2003 della quarta commissione di ricorso.

72      Ciò considerato, il Tribunale rileva che erroneamente la commissione di ricorso non ha tenuto conto della giurisprudenza in forza della quale, nella valutazione complessiva del rischio di confusione, una tenue somiglianza tra i segni può essere compensata da un elevato grado di somiglianza tra i prodotti (sentenze Canon, cit., punto 17, e Marca Mode, cit., punto 40).

73      Ciò nondimeno, nella decisione impugnata la commissione di ricorso ha concluso per l’inesistenza di ogni possibile somiglianza tra i marchi in conflitto, dato che i loro elementi figurativi possedevano un carattere distintivo debole per l’olio d’oliva e il raffronto dei loro elementi verbali, che erano completamente differenti, acquisiva quindi un’importanza primordiale. Per questo motivo, senza applicare la giurisprudenza di cui sopra, la commissione di ricorso ha constatato che era escluso ogni rischio di confusione tra i marchi in conflitto.

74      Il Tribunale esaminerà nell’ordine le conclusioni relative al carattere debolmente distintivo degli elementi figurativi, al carattere dominante degli elementi verbali e alla somiglianza e al rischio di confusione tra i marchi in conflitto.

–       Sul carattere distintivo degli elementi figurativi

75      Al punto 18 della decisione impugnata, la commissione di ricorso, a sostegno della sua conclusione relativa al carattere debolmente distintivo degli elementi figurativi dei marchi in conflitto, si limita a rilevare che essi consistono essenzialmente in una persona seduta in un quadro campestre, più precisamente in un oliveto. Quest’analisi stringata va interpretata nel senso che la commissione di ricorso fa propria l’analisi della divisione di opposizione in base alla quale gli elementi figurativi dei marchi in conflitto avrebbero un carattere distintivo modesto, poiché sarebbero abituali nel settore dell’olio d’oliva (punto 9, secondo trattino della decisione impugnata).

76      Orbene, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso non ha fornito alcuna precisazione quanto alle ragioni per cui essa considerava che la rappresentazione controversa era abituale nel settore dell’olio d’oliva e non ha indicato alcun marchio, oltre a quelli in conflitto, contenente un elemento figurativo somigliante a quello di questi ultimi.

77      Al contrario, dall’attestazione notarile fornita dalla ricorrente, che autentica un servizio fotografico contenente i marchi di olio d’oliva commercializzati nel territorio spagnolo che rappresentano nel complesso il 95% delle quote di mercato, emerge che nessuno di tali marchi utilizza la rappresentazione di una donna, salvo i marchi in conflitto. Né l’UAMI né l’interveniente hanno contestato la veridicità di tale documento. Ciononostante, l’UAMI, all’udienza, ha contestato la sua ricevibilità a motivo del fatto che esso non sarebbe stato presentato nella fase del procedimento amministrativo. Orbene, il documento è stato presentato insieme con il ricorso come richiesto dall’art. 44, n. 1, del regolamento di procedura e intende appunto dimostrare che l’analisi compiuta nella decisione impugnata, relativa al carattere abituale degli elementi figurativi in questione, non è corretta. Esso è pertanto ricevibile.

78      L’argomento dell’interveniente, relativo al fatto che altri marchi spagnoli di olio d’oliva utilizzano l’immagine di una donna, e secondo il quale la rappresentazione in questione non sarebbe inabituale tra i marchi spagnoli di olio di oliva, non può essere accolto. Infatti, dall’esame di tali marchi emerge che la rappresentazione di una donna da essi utilizzata è molto diversa da quella dei marchi in conflitto. Inoltre, questi marchi sono troppo poco rappresentativi del mercato spagnolo dell’olio d’oliva. Nessuno di questi marchi viene menzionato nell’unico documento fornito al Tribunale che mostra la diffusione dei diversi marchi di olio d’oliva in Spagna, ovvero la relazione del 18 agosto 2004 della società di studi di mercato AC Nielsen Company SL, la cui veridicità non è contestata da alcuna delle parti.

79      Ciò considerato, occorre rilevare che erroneamente la commissione di ricorso nella decisione impugnata ha ritenuto che l’elemento figurativo dei marchi in conflitto fosse abituale sul mercato spagnolo dell’olio d’oliva.

80      Tuttavia, l’UAMI considera che la ragione per la quale la commissione di ricorso ha concluso per il carattere debolmente distintivo degli elementi figurativi dei marchi in conflitto non era l’esistenza di marchi simili su tale mercato, ma lo stesso motivo per cui essa aveva concluso per l’esistenza di un debole nesso logico tra i marchi in conflitto, ovvero che i loro elementi figurativi erano legati alla natura e all’origine agricola dei prodotti in questione (punto 9, quarto trattino, della decisione impugnata). Di conseguenza, il consumatore medio non percepirebbe in questi elementi un’indicazione dell’origine commerciale di detti prodotti, ma un’allusione alla loro fabbricazione di tipo naturale e tradizionale.

81      Supponendo che la decisione impugnata possa essere interpretata nel senso indicato dall’UAMI, il Tribunale non può accogliere l’argomento di quest’ultimo.

82      In primo luogo, se si può benissimo considerare che la rappresentazione di un uliveto fa riferimento ad un elemento ineluttabilmente legato all’olio d’oliva, non si può giungere alla stessa conclusione per quanto riguarda la rappresentazione di una donna seduta. L’UAMI stesso riconosce, nel controricorso (punto 50), che l’immagine di una donna seduta, in costume tradizionale, può essere distintiva per i prodotti di cui trattasi. Orbene, il Tribunale considera che non vi è alcun motivo di concludere che l’immagine di una donna seduta faccia riferimento, agli occhi del consumatore medio, all’origine naturale e tradizionale del prodotto, piuttosto che alla sua origine commerciale.

83      L’UAMI sostiene, tuttavia, che un unico concorrente non può appropriarsi dell’esclusività della rappresentazione di una donna. Orbene, la questione se gli elementi di un marchio debbano poter essere liberamente utilizzati da altri concorrenti non rientra nell’ambito dell’esame del carattere distintivo dell’elemento figurativo di un marchio (v., per analogia, sentenza della Corte 16 settembre 2004, causa C‑329/02 P, Racc. pag. I‑8317, punto 36). L’unica questione pertinente nell’ambito di tale esame è quella intesa ad accertare se il segno analizzato sia distintivo o meno, questione alla quale, per quanto riguarda la donna seduta, l’UAMI ha già risposto in senso affermativo.

84      In proposito occorre precisare che la ricorrente non intende appropriarsi, in astratto, di ogni rappresentazione di un uliveto, né di ogni rappresentazione di una donna. La ricorrente rivendica l’esclusività su una rappresentazione concreta, che fa parte del suo marchio, della combinazione di questi due elementi. Pertanto, la ricorrente non si oppone al fatto che l’interveniente utilizzi la rappresentazione di una donna nel proprio marchio, ma contesta l’utilizzo di una rappresentazione che essa ritiene eccessivamente somigliante alla propria.

85      In secondo luogo, occorre rilevare che, per quanto riguarda l’elemento figurativo di un marchio, l’esame del suo carattere distintivo può essere effettuato, in parte, per ciascuno dei suoi termini o delle sue componenti, presi separatamente, ma deve, comunque, dipendere da un esame dell’insieme che questi formano. Infatti, il mero fatto che ciascuna di tali componenti, considerata separatamente, sia priva di carattere distintivo non esclude che la combinazione formata dalle stesse possa presentare un carattere distintivo (v., per analogia, sentenza SAT.1/UAMI, cit., punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

86      Orbene, l’UAMI e l’interveniente compiono una valutazione del carattere distintivo dell’elemento figurativo dei marchi in conflitto basandosi su un’analisi separata di ciascuna delle loro componenti – in particolare la rappresentazione di un uliveto e quella di una donna seduta, nonché degli elementi accessori dei marchi in conflitto, quali il riquadro rosso e gli spazi riservati alle parti verbali e le forme di questi – senza tenere conto del fatto che alcune componenti, prive isolatamente di carattere distintivo, possono, una volta combinate, presentare un carattere del genere.

87      Da quanto precede discende che erroneamente, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha concluso per il carattere debolmente distintivo degli elementi figurativi dei marchi in conflitto.

–       Sul carattere dominante degli elementi verbali

88      Al punto 18 della decisione impugnata, la commissione di ricorso precisa che il raffronto dell’elemento verbale dei marchi in conflitto acquisisce nel caso di specie un’importanza primordiale in considerazione del carattere debolmente distintivo degli elementi figurativi dei suddetti marchi, anche se l’elemento verbale del marchio La Española è di per sé solo debolmente distintivo.

89      Il Tribunale considera che la valutazione della commissione di ricorso è errata.

90      In primo luogo, il Tribunale ha dichiarato che erroneamente, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso concludeva per il carattere debolmente distintivo degli elementi figurativi dei marchi in conflitto. Pertanto, il raffronto degli elementi verbali non può essere compiuto sulla base di tale valutazione.

91      In secondo luogo, la giurisprudenza ha stabilito che, in situazioni in cui l’elemento verbale di un marchio complesso occupava una posizione equivalente rispetto all’elemento figurativo, quest’ultimo non poteva essere considerato, sotto il profilo visivo, sussidiario rispetto all’altra componente del segno [v., per analogia, sentenza del Tribunale 12 dicembre 2002, causa T‑110/01, Vedial/UAMI – France Distribution (HUBERT), Racc. pag. II‑5275, punto 53]. Ciò deve applicarsi a fortiori nelle situazioni in cui l’elemento figurativo detiene un posto molto più importante, in termini di spazio occupato, rispetto all’elemento verbale.

92      In terzo luogo, il Tribunale considera che l’elemento verbale «la española» ha soltanto un debolissimo carattere distintivo. Questo termine è comunemente utilizzato in Spagna ed è percepito come descrittivo dell’origine geografica dei prodotti. Infatti, come risulta dalla sentenza del Tribunal Supremo 10 giugno 1987, inserita nel fascicolo dall’interveniente, l’elemento verbale «la española» è presente in circa 100 marchi spagnoli, di cui più di dodici rientrano nella classe 29 ai sensi dell’Accordo di Nizza. L’interveniente stessa, nell’ambito del primo procedimento di opposizione, aveva fatto valere, dinanzi alla divisione di opposizione (v. decisione della divisione di opposizione 22 febbraio 2000, n. 259/2000, pag. 3, ultimo capoverso, e pag. 5, ultimo capoverso) e dinanzi alla commissione di ricorso (v. decisione della quarta commissione di ricorso dell’UAMI 17 febbraio 2003, procedimento R 326/2000‑4, pag. 3, terzo e quarto comma), che il termine «la española» era diventato un termine abituale nel linguaggio comune, che era debolmente distintivo e che costituiva un riferimento comune nel settore.

93      L’UAMI stessa ha sostenuto, in altri procedimenti di opposizione, una posizione contraria a quella che sostiene nell’ambito del presente procedimento. Pertanto, la divisione di opposizione, nella sua decisione 22 febbraio 2000, n. 259/2000 (pag. 6, quinto comma), confermata dalla quarta commissione di ricorso (decisione 17 febbraio 2003, procedimento R 326/2000‑4), nell’ambito del primo procedimento di opposizione, e nella decisione 27 aprile 2000, n. 843/2000, (pag. 6, quarto comma), ha concluso che l’espressione «la española» aveva una debole forza distintiva, poiché costituiva una denominazione corrente nel settore alimentare, e implicava un riferimento all’origine geografica dei prodotti. Allo stesso modo, e contrariamente a quanto sostenuto nella presente causa, la divisione di opposizione, nella sua decisione 22 febbraio 2000, ha concluso che, poiché l’elemento comune ai due marchi era debolmente distintivo, l’attenzione del consumatore non sarebbe attirata dal termine «la española», bensì dall’elemento figurativo del marchio richiesto.

–       Sulla somiglianza dei marchi e sul rischio di confusione

94      La commissione di ricorso considera che l’impressione visiva complessiva prodotta dai marchi in questione è differente e, di conseguenza, che la loro valutazione complessiva non mette in rilievo alcuna somiglianza tra essi, cosa che escluderebbe ogni rischio di confusione.

95      Occorre ricordare che, dalla giurisprudenza della Corte relativa all’interpretazione dell’art. 4, n. 1, lett. b), della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), il cui contenuto normativo è, in sostanza, identico a quello dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, risulta che il rischio di confusione è costituito dal rischio che il pubblico possa credere che i prodotti o servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate (sentenze Canon, cit., punto 29, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 17). Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione per il pubblico dev’essere oggetto di valutazione globale, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie (sentenze SABEL, cit., punto 22; Canon, cit., punto 16, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 18).

96      Tale valutazione implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione e, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Pertanto, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (v. sentenze Canon, cit., punto 17, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 19).

97      Orbene, dal principio di interdipendenza tra i fattori emerge anche che un elevato grado di somiglianza tra i marchi è aumentato da un elevato grado di somiglianza tra i prodotti in questione o, a fortiori, dall’identità di questi ultimi.

98      Occorre anche ricordare che, secondo la giurisprudenza, due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico destinatario, sussiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti pertinenti [sentenze del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑6/01, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), Racc. pag. II‑4335, punto 30, e 7 settembre 2006, causa T‑168/04, L & D/UAMI – Sämann (Aire Limpio), Racc. pag. II‑2699, punto 91].

99      La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi in esame, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti e del fatto che il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (sentenze SABEL, cit., punto 23, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 25).

100    Per quanto riguarda il piano visivo, il Tribunale constata che i due marchi in conflitto hanno una vasta serie di elementi in comune, ovvero:

–        essi presentano un’etichetta rettangolare, verticale e regolare, di identica larghezza e comprendente una frangia rossa dai bordi arrotondati;

–        essi comportano il disegno di una donna seduta in primo piano, nell’asse verticale dell’etichetta, i cui vestiti hanno toni simili, vestite entrambe con una gonna, una camicia bianca e uno scialle rosso dai bordi sfrangiati;

–        le due donne rappresentate hanno i capelli raccolti, con un fiore dietro l’orecchio destro e un pettine d’ornamento;

–        le due donne rappresentate hanno le braccia nude, la testa orientata verso la sinistra e sono sedute su un muro di tono ocra;

–        c’è un ramo d’ulivo in primo piano, vicino alla testa delle due donne rappresentate;

–        c’è uno spazio per inserire il nome del prodotto nella fascia superiore, che ha una forma concava verso l’esterno dell’etichetta e convessa verso l’interno;

–        la denominazione del marchio figura, in un riquadro bianco, su sfondo rosso, posizionato nella parte inferiore dell’etichetta;

–        la forma di questo riquadro è piatta nella parte inferiore dell’etichetta e convessa nella parte interna;

–        la denominazione del marchio figura in lettere bianche della stessa dimensione, sullo sfondo rosso del riquadro;

–        un uliveto, rappresentato in un’identica gamma di colori, il cui orizzonte occupa uno spazio equivalente, è rappresentato dietro la donna.

101    Il Tribunale considera che la somiglianza degli elementi figurativi in questione, tanto sul piano cromatico che su quello del disegno, è più importante delle piccole differenze, le quali, in effetti, appaiono soltanto in seguito ad un esame minuzioso e completo.

102    Per quanto riguarda il punto di vista concettuale, il Tribunale constata che, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso stessa (punti 9 e 19) considera che tra i marchi in conflitto sussiste un nesso logico, per quanto tenue, legato alla natura e all’origine dei prodotti tutelati.

103    Il Tribunale rileva che l’insieme degli elementi comuni ai due marchi in questione produce un’impressione visiva complessiva di grande somiglianza, poiché il marchio La Española riproduce con grande precisione l’essenziale del messaggio e l’impressione visiva trasmessi dal marchio Carbonell: la donna vestita con il vestito tipico, seduta in una certa maniera presso un ramo d’ulivo, con un uliveto sullo sfondo, laddove l’insieme presenta una disposizione quasi identica degli spazi, dei colori, dei luoghi in cui sono inserite le denominazioni e della maniera nella quale l’iscrizione è compiuta.

104    Il Tribunale considera che questa impressione globale di somiglianza crea inevitabilmente nel consumatore un rischio di confusione tra i marchi in conflitto.

105    Tale rischio di confusione non viene ridotto dall’esistenza di un elemento verbale differente poiché, come è stato già giudicato, l’elemento verbale del marchio richiesto ha un debolissimo carattere distintivo, facendo esso riferimento all’origine geografica del prodotto.

106    Infatti, occorre ricordare, in primo luogo, che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere ad un confronto diretto dei vari marchi e deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria (sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 26). Questa circostanza aumenta l’importanza degli elementi particolarmente visibili e semplici da cogliere dei marchi in questione, quali, nel caso di specie, gli elementi figurativi dei marchi in conflitto (v., in questo senso, sentenza CONFORFLEX, cit., punto 45).

107    In secondo luogo, occorre notare che la percezione dei marchi che il consumatore medio ha dei prodotti o servizi di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale del rischio di confusione (sentenze SABEL, cit., punto 23, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 25). Ai fini di questa valutazione globale, si considera che il consumatore medio sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, ma il suo livello di attenzione può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 26).

108    Orbene, poiché in Spagna l’olio d’oliva è un prodotto di consumo molto comune, il livello di attenzione del consumatore medio con riferimento al suo aspetto esteriore è poco elevato [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 17 gennaio 2007, causa T‑283/04, Georgia‑Pacific/UAMI (Motivo goffrato), punto 41].

109    In terzo luogo, occorre tener conto del fatto che, come riconosciuto dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata, l’olio d’oliva viene acquistato, nella maggior parte dei casi, presso grandi supermercati o stabilimenti dove i prodotti di diverse marche sono allineati su scaffali. In questo tipo di luogo di vendita, come sostenuto dalla ricorrente, il consumatore impiega poco tempo tra i successivi acquisti, che avvengono in punti differenti del supermercato, e non domanda oralmente i vari prodotti che cerca, ma si dirige egli stesso verso gli scaffali dove si trovano i prodotti, cosa che comporta che le differenze sul piano fonetico tra i marchi in conflitto sono prive di ogni rilevanza per distinguere i prodotti. In tale contesto, il consumatore è guidato più da un’impressione che dal raffronto diretto dei differenti marchi e spesso non procede ad una lettura di tutte le indicazioni riportate su ogni recipiente di olio d’oliva. Nella maggior parte dei casi, egli si limita a prendere una bottiglia la cui etichetta gli riproduce l’impatto visivo del marchio che cerca. In tali circostanze, è l’elemento figurativo dei marchi in conflitto che acquisisce una maggiore importanza, contrariamente a quanto è stato ritenuto nella decisione impugnata, cosa che aumenta il rischio di confusione tra i marchi in questione.

110    In tal senso va osservato che, quando i marchi in conflitto sono esaminati alla distanza e alla velocità alle quali il consumatore, in un grande supermercato, seleziona i prodotti che cerca, le differenze tra i segni in conflitto sono più difficili da distinguere e le somiglianze più apparenti, poiché il consumatore medio percepisce il marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi.

111    Infine, occorre tenere conto della circostanza secondo la quale, data la somiglianza dei segni conflitto e dato che l’elemento verbale del marchio richiesto è debolmente distintivo, il consumatore può percepire il marchio richiesto come un sottomarchio legato al marchio Carbonell indicante un olio d’oliva di una qualità differente rispetto a quello oggetto di detto marchio (v., in tal senso, sentenza CONFORTFLEX, cit., punto 61). Infatti, come risulta dal fascicolo, il marchio Carbonell, presente in Spagna dal 1904, è identificato con l’olio d’oliva sul mercato spagnolo e l’immagine che esso utilizza identifica automaticamente tale marchio.

112    Sulla base di quanto precede, è giocoforza rilevare che la commissione di ricorso ha erroneamente concluso che era esclusa ogni possibilità di confusione tra i marchi in conflitto (punto 24). Al contrario, dall’insieme delle constatazioni del Tribunale risulta che sussiste un rischio di confusione tra tali marchi.

113     Ne consegue che il primo motivo, relativo alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 dev’essere accolto.

114    Pertanto, e senza che sia necessario esaminare il secondo motivo, in conformità all’art. 63, n. 3, del regolamento n. 40/94, si deve riformare la decisione impugnata nel senso che il ricorso proposto dalla ricorrente dinanzi alla commissione di ricorso è fondato e, di conseguenza, l’opposizione deve’essere accolta.

 Sulle spese

115     Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi dell’art. 136, n. 2, di tale regolamento, le spese indispensabili sostenute dalle parti per il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso sono considerate spese ripetibili. L’UAMI e l’interveniente, poiché sono rimasti soccombenti, devono essere condannati alle spese, comprese le spese indispensabili sostenute dalla ricorrente per il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, conformemente alle conclusioni della ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della quarta commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) 11 maggio 2004 (procedimento R 1109/2000‑4) è riformata nel senso che il ricorso proposto dalla ricorrente dinanzi alla commissione di ricorso è fondato e, di conseguenza, l’opposizione dev’essere accolta.

2)      L’UAMI e l’interveniente sono condannati alle spese.

Cooke

García-Valdecasas

Ciucă

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 settembre 2007.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       J.D. Cooke

Indice


Ambito normativo

Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

Sulla ricevibilità

Sulla ricevibilità della domanda diretta a che il Tribunale dichiari la nullità del marchio richiesto o, se del caso, ordini il suo rigetto

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sull’estensione del mandato del rappresentante della ricorrente

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sull’applicazione del principio dell’efficacia del giudicato

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Nel merito

Osservazioni preliminari

Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

– Sul carattere distintivo degli elementi figurativi

– Sul carattere dominante degli elementi verbali

– Sulla somiglianza dei marchi e sul rischio di confusione

Sulle spese


* Lingua processuale: lo spagnolo.