Language of document : ECLI:EU:T:2016:378

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

30 giugno 2016 (*)

«Dumping – Importazioni di accessori fusi per tubi filettati di ghisa malleabile, originari della Cina – Dazio antidumping definitivo – Trattamento riservato dei calcoli del valore normale – Informazione fornita in tempo utile – Termine per l’adozione di una decisione relativa allo status di impresa operante in condizioni di economia di mercato – Diritti della difesa – Parità di trattamento – Principio di irretroattività – Articolo 2, paragrafi da 7 a 11, articolo 3, paragrafi da 1 a 3, articolo 6, paragrafo 7, articolo 19, paragrafi 1 e 5, e articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento (CE) n. 1225/2009»

Nella causa T‑424/13,

Jinan Meide Casting Co. Ltd, con sede in Jinan (Cina), rappresentata da R. Antonini e E. Monard, avvocati,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da S. Boelaert e B. Driessen, in qualità di agenti, assistiti da S. Gubel, avvocato, e da B. O’Connor, solicitor,

convenuto,

sostenuto da

Commissione europea, rappresentata da J.-F. Brakeland e M. França, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto la domanda di annullamento del regolamento di esecuzione (UE) n. 430/2013 del Consiglio, del 13 maggio 2013, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di accessori fusi per tubi filettati di ghisa malleabile originari della Repubblica popolare cinese e della Thailandia e chiude altresì il procedimento nei confronti dell’Indonesia (GU L 129, pag. 1), nella parte in cui si applica alla ricorrente,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da D. Gratsias (relatore), presidente, M. Kancheva e C. Wetter, giudici,

cancelliere: L. Grzegorczyk, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 ottobre 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343, pag. 51; in prosieguo: il «regolamento di base»), definisce le norme del diritto dell’Unione europea applicabili ai procedimenti di inchiesta antidumping. Risulta dal suo considerando 3 che, ai fini dell’applicazione adeguata e trasparente delle norme contenute nell’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (GATT) (GU L 336, pag. 103; in prosieguo: l’«accordo antidumping»), figurante all’allegato 1 A dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) (GU 1994, L 336, pag. 3), tale regolamento traspone, per quanto possibile, i termini dell’accordo antidumping nel diritto dell’Unione.

2        Il regolamento (UE) n. 1168/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, che modifica il regolamento n. 1225/2009 (GU L 344, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento di modifica»), è entrato in vigore il 15 dicembre 2012.

3        La Jinan Meide Casting Co. Ltd, ricorrente, è una società stabilita in Cina che produce accessori fusi per tubi filettati di ghisa malleabile, destinati al mercato interno e all’esportazione.

 Fatti rilevanti del procedimento d’inchiesta anteriori al regolamento provvisorio

4        Il 16 febbraio 2012, a seguito di una denuncia presentata il 3 gennaio 2012 dal Comitato di difesa degli accessori fusi per tubi filettati di ghisa malleabile dell’Unione europea, la Commissione europea ha pubblicato un avviso di apertura di un procedimento antidumping relativo alle importazioni di accessori fusi per tubi filettati di ghisa malleabile originari della Repubblica popolare cinese, della Thailandia e dell’Indonesia (GU C 44, pag. 33). Risulta dal punto 3 di tale avviso che il prodotto che, secondo la denuncia, sarebbe oggetto di dumping è un prodotto classificato nella nomenclatura combinata figurante all’allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio, del 23 luglio 1987, relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune (GU L 256, pag. 1), al codice NC ex 7307 19 10. Al punto 5.1.1.1, lettera a), di tale avviso, la Commissione ha precisato che, a causa del numero potenzialmente elevato di produttori esportatori cinesi di tale prodotto, essa avrebbe selezionato un campione di produttori esportatori alle condizioni previste dall’articolo 17 del regolamento di base.

5        Il 3 aprile 2012, la ricorrente ha presentato una domanda intesa ad ottenere lo status di impresa operante in condizioni di economia di mercato (in prosieguo: il «SEM»), in applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base. La visita dei servizi della Commissione nei locali della ricorrente ai fini dell’esame di tale domanda è stata fissata per il periodo dal 30 maggio al 1° giugno 2012. Il 9 luglio 2012, la Commissione ha comunicato alla ricorrente i principali fatti e considerazioni in base ai quali essa aveva deciso di non accordarle il SEM. Con lettera del 23 luglio 2012, la ricorrente ha comunicato alla Commissione le sue osservazioni in merito a tale decisione. Per contro, al pari degli altri produttori esportatori cinesi inclusi nel campione, la ricorrente si è vista accordare il beneficio di un trattamento individuale ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 9, paragrafo 5, secondo comma, del regolamento di base.

 Regolamento provvisorio e documento d’informazione provvisorio

6        Il 14 novembre 2012, la Commissione ha adottato il regolamento (UE) n. 1071/2012 che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di accessori fusi per tubi filettati di ghisa malleabile, originari della Repubblica popolare cinese e della Thailandia (GU L 318, pag. 10; in prosieguo: il «regolamento provvisorio»).

7        Al considerando 14 del regolamento provvisorio, la Commissione precisa che, al fine di calcolare un valore normale per i produttori esportatori cinesi cui non è stato riconosciuto il SEM, è stata effettuata una visita per verificare i dati relativi all’India, assunto a paese di riferimento (v. punto 13 infra), presso un produttore di tale paese la cui ragione sociale è «Jainson Industries, Jalandhar, Punjab, India».

8        Al considerando 15 del regolamento provvisorio, la Commissione ha indicato che l’inchiesta relativa al dumping aveva riguardato il periodo compreso tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2011, e che l’esame delle tendenze pertinenti alla valutazione del pregiudizio aveva coperto il periodo compreso tra il 2008 e la fine del periodo d’inchiesta.

9        Ai considerando 16, 17 e 18 del regolamento provvisorio, la Commissione ha definito il prodotto in esame indicando, segnatamente, che esso era costituito da accessori fusi per tubi filettati di ghisa malleabile, attualmente classificato al codice NC ex 7307 19 10.

10      Secondo il considerando 19 del regolamento provvisorio, il prodotto in esame e il prodotto fabbricato e venduto sul mercato interno della Cina, della Thailandia, dell’Indonesia e sul mercato interno dell’India – scelto come paese di riferimento – nonché il prodotto fabbricato e venduto nell’Unione dall’industria dell’Unione sono risultati avere le stesse caratteristiche fisiche e tecniche di base. Tali prodotti sono pertanto stati provvisoriamente considerati prodotti simili ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di base.

11      Il considerando 30 del regolamento provvisorio indica che, nel caso delle esportazioni dalla Cina, dodici produttori esportatori, che rappresentano il 51% dell’insieme delle esportazioni cinesi verso l’Unione durante il periodo di inchiesta, hanno collaborato fornendo le informazioni richieste. Tale considerando indica anche che, in applicazione dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento di base, la Commissione ha selezionato un campione composto da tre di questi dodici produttori esportatori, che rappresentano l’88% del volume delle esportazioni realizzate da detti dodici produttori esportatori. La ricorrente fa parte di questo campione.

12      Il considerando 40 del regolamento provvisorio indica che il ritardo di due mesi con il quale la Commissione ha determinato il SEM di una delle società cinesi che avevano chiesto tale status, ossia la ricorrente, era essenzialmente dovuto all’impossibilità di effettuare a una data precedente le visite di verifica ai fini della concessione di tale status, a causa dell’indisponibilità dei produttori interessati. Tale considerando indica parimenti che i tempi della determinazione di tale status non avevano alcun impatto sul risultato.

13      Ai considerando da 49 a 53 del regolamento provvisorio, la Commissione ha illustrato le ragioni per le quali essa aveva concluso, a titolo provvisorio, che l’India costituiva un paese di riferimento adeguato per quanto attiene alle esportazioni dalla Cina, in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base.

14      Ai considerando da 54 a 63 del regolamento provvisorio, la Commissione ha esposto il metodo seguito per la determinazione del valore normale in relazione alle esportazioni del prodotto in esame dalla Cina.

15      Anzitutto, al considerando 54, essa ha indicato che, poiché a nessun esportatore cinese inserito nel campione era stato concesso il SEM, il valore normale era stato calcolato, in relazione ai medesimi, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base, vale a dire usando l’India come paese di riferimento.

16      Al considerando 55, poi, la Commissione ha affermato che, in un primo tempo, essa aveva iniziato tentando di stabilire se le vendite interne totali del prodotto simile realizzate dal produttore del paese di riferimento fossero rappresentative, se, cioè, il loro volume rappresentasse almeno il 5% del volume totale delle vendite all’esportazione del prodotto in esame verso l’Unione di ciascun produttore esportatore cinese incluso nel campione. Inoltre, la Commissione ha indicato, in questo stesso considerando, che ciò si era verificato per due di questi produttori esportatori. Per contro, come verrà illustrato al punto 130 infra, nella fase dell’adozione del regolamento provvisorio, essa era pervenuta alla conclusione opposta per quanto attiene alla ricorrente.

17      Risulta dai considerando 56 e 57 che, in un secondo tempo, la Commissione ha proceduto all’individuazione dei diversi tipi del prodotto simile che dovevano essere presi in considerazione per la determinazione del valore normale. A tal fine, la Commissione ha identificato ciascun tipo di prodotto venduto dal produttore del paese di riferimento che era identico o direttamente comparabile ai diversi tipi di prodotto in esame venduti ai fini dell’esportazione dai produttori esportatori cinesi. In un terzo tempo, una volta definiti in tal modo i tipi di prodotto simile da prendere in considerazione, la Commissione, come è indicato al considerando 57 del regolamento provvisorio, ha esaminato se le vendite interne nel paese di riferimento di ciascuno di questi tipi di prodotto simile fossero sufficientemente rappresentative, vale a dire se il volume di tali vendite ad acquirenti indipendenti durante il periodo di inchiesta fosse pari o superiore al 5% del volume totale delle vendite del tipo di prodotto corrispondente esportato verso l’Unione da ciascuno dei produttori esportatori.

18      In un quarto tempo, come da essa indicato ai considerando da 58 a 62 del regolamento provvisorio, la Commissione ha verificato se le vendite di tali tipi di prodotto simile, realizzate in quantità rappresentative nel senso indicato al punto 17 supra, si potessero ritenere effettuate nell’ambito di normali operazioni commerciali, sulla base della percentuale di tali vendite che erano remunerative, vale a dire delle vendite effettuate ad un prezzo di vendita netto pari o superiore al costo di produzione calcolato. È al termine di tale esame che essa ha optato per il metodo di calcolo del valore normale.

19      In tal modo, secondo il considerando 59, se la percentuale delle vendite remunerative, così definite, di un tipo di prodotto simile eccedeva l’80% del volume totale delle vendite di quel tipo di prodotto, e se il prezzo medio ponderato di vendita per quel tipo di prodotto risultava pari o superiore ai costi di produzione, il valore normale di tale tipo di prodotto è stato fondato sul prezzo effettivo praticato sul mercato interno, calcolato come media ponderata dei prezzi di tutte le vendite di tale tipo di prodotto realizzate durante il periodo di inchiesta. Per contro, secondo il considerando 60, se tale percentuale delle vendite remunerative era pari o inferiore all’80% del volume totale delle vendite di un tipo di prodotto simile, o se la media ponderata del prezzo era inferiore al costo di produzione, il valore normale è stato determinato facendo riferimento ad un prezzo effettivamente applicato sul mercato interno, calcolato sulla base delle sole vendite remunerative di tale tipo di prodotto.

20      Infine, secondo il considerando 61, i tipi di prodotto simile venduti in perdita non sono stati considerati come venduti nell’ambito di normali operazioni commerciali. Il considerando 62 indica che, per tali tipi di prodotto, nonché per quelli le cui vendite non erano sufficientemente rappresentative, nel senso indicato al punto 17 supra, è stato usato il metodo del valore costruito, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, e paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base.

21      Per quanto attiene alla determinazione dei prezzi all’esportazione, risulta dal considerando 64 del regolamento provvisorio che tali prezzi sono stati fissati ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 8, del regolamento di base, vale a dire in base ai prezzi d’esportazione effettivamente pagati o pagabili da ciascuno dei produttori esportatori cinesi inclusi nel campione.

22      Secondo i considerando da 65 a 67 del regolamento provvisorio, in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, la comparazione tra valore normale e prezzo all’esportazione è stata effettuata franco fabbrica e procedendo ad aggiustamenti per caratteristiche fisiche, imposte indirette, costi di trasporto, di assicurazione, di movimentazione, di carico e accessori, d’imballaggio, di credito e per commissioni e spese bancarie, tutte le volte che sono risultati essere ragionevoli, precisi e suffragati da prove verificate.

23      Secondo il considerando 68 del regolamento provvisorio, il margine di dumping delle società cinesi del campione è stato calcolato sulla base di una comparazione fra il valore normale medio ponderato di ciascun tipo di prodotto simile calcolato per il paese di riferimento e la media ponderata del prezzo all’esportazione del tipo di prodotto in esame corrispondente, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base.

24      Secondo il considerando 69 del regolamento provvisorio, il margine di dumping medio ponderato provvisorio della ricorrente, calcolato sulla base descritta al punto 23 supra, è stato fissato al 39,3% del prezzo CIF (costo, assicurazione e nolo) franco frontiera dell’Unione, dazio non corrisposto.

25      L’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento provvisorio, ha fissato al 39,3% l’aliquota del dazio antidumping provvisorio concernente la ricorrente.

26      Con lettera del 15 novembre 2012, la Commissione ha comunicato alla ricorrente il documento di informazione provvisorio di cui all’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento di base. Oltre al regolamento provvisorio figurante all’allegato 1 di tale documento, quest’ultimo comprende un allegato 2 relativo al metodo utilizzato per il calcolo del dumping e un allegato 3 relativo al metodo utilizzato per il calcolo delle vendite sottocosto e del danno.

27      Nell’allegato 2 di tale documento di informazione provvisorio, la Commissione ha fornito, anzitutto, alcune spiegazioni generali concernenti il calcolo del margine di dumping. Inoltre, la Commissione ha fornito un certo numero di precisazioni concernenti l’esclusione, nelle vendite all’esportazione della ricorrente, di un certo tipo di prodotto in esame, nonché i diversi adeguamenti che essa aveva apportato ai fini del confronto equo ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base. Sempre in tale allegato 2, la Commissione ha fornito un certo numero di tabelle relative ai calcoli dettagliati del margine di dumping per tipo di prodotto, in cui essa ha omesso gli elementi fondati sui dati forniti dal produttore del paese di riferimento. Infatti, come precisato dalla Commissione in tale allegato, un solo produttore del paese di riferimento aveva cooperato all’inchiesta e, di conseguenza, le informazioni provenienti dal paese di riferimento non potevano essere divulgate al livello dei numeri di controllo del prodotto.

 Scambi fra la ricorrente e la Commissione successivi al regolamento provvisorio

28      Il 17 dicembre 2012, la ricorrente ha comunicato alla Commissione le sue osservazioni sul documento di informazione provvisorio. Tali osservazioni hanno riguardato cinque punti, ossia la determinazione del SEM, il valore normale, l’adeguamento del valore normale concernente l’imposta sul valore aggiunto (IVA), la necessità di un adeguamento concernente il processo di produzione, nonché i prezzi all’esportazione.

29      In particolare, sul secondo punto, la ricorrente ha fatto valere che la Commissione aveva erroneamente utilizzato un valore costruito in relazione all’insieme dei tipi di prodotto simile che erano stati paragonati ai tipi di prodotto in esame da essa esportati verso l’Unione. In tal senso, da un lato, secondo la ricorrente, la Commissione avrebbe dovuto utilizzare i prezzi interni del produttore del paese di riferimento e non il metodo del valore costruito, in quanto il ricorso a quest’ultimo metodo è giustificato solo qualora non sia possibile utilizzare i prezzi interni, circostanza che non ricorreva nella specie. Dall’altro, la ricorrente riteneva che l’utilizzo della soglia del 5% per determinare la rappresentatività delle vendite del prodotto simile non fosse giustificata allorché si trattava di comparare, come nella specie, i prezzi interni di un determinato produttore sul mercato indiano e i prezzi all’esportazione di produttori cinesi. Infatti, secondo la ricorrente, l’impiego di tale soglia penalizzava in maniera eccessiva i produttori esportatori che avevano volumi di esportazione significativi come la medesima, in quanto questi ultimi avevano maggiori difficoltà nel soddisfare un siffatto criterio di rappresentatività. Inoltre, stando all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base, tale soglia non aveva carattere assoluto. Per tutti questi motivi, la ricorrente ha chiesto alla Commissione di ricalcolare, in conformità alle sue osservazioni, il valore normale. La ricorrente ha poi formulato altre due critiche relative alla determinazione del valore normale, le quali vertevano, da un lato, sul ricorso al fatturato per determinare i costi di produzione del produttore del paese di riferimento e, dall’altro, sull’utilizzazione di un margine di utile medio unico per tutti i tipi di prodotto. Inoltre, la ricorrente, dopo aver «preso nota del fatto che il produttore del paese di riferimento era la Jainson Industries», ha presentato taluni commenti concernenti gli adeguamenti del valore normale e ha in particolare illustrato le ragioni per cui essa chiedeva un adeguamento in forza delle differenze del processo di produzione e di produttività fra la stessa e il produttore del paese di riferimento.

30      Infine, per quanto attiene ai prezzi all’esportazione, la ricorrente ha chiesto alla Commissione, da un lato, di calcolare il margine di dumping sulla base del totale delle sue vendite all’esportazione del prodotto in esame e, dall’altro, di fornirle spiegazioni supplementari concernenti il calcolo degli adeguamenti operati sulle vendite all’esportazione a causa delle differenze fisiche.

31      All’udienza del 6 febbraio 2013, la ricorrente ha ripreso, in sostanza, l’insieme delle sue osservazioni relative al documento di informazione provvisorio, figuranti nella sua lettera del 17 dicembre 2012. Al fine di suffragare, in particolare, le sue domande di adeguamento relative al processo di produzione e alla produttività, la ricorrente ha richiamato, segnatamente, informazioni relative al produttore del paese di riferimento, ossia, da un lato, un estratto del sito Internet del produttore del paese di riferimento, il quale conteneva, in particolare, informazioni sul volume di manodopera, sul volume di produzione annuale, nonché sulle principali attrezzature di cui tale produttore disponeva e, dall’altro, uno scambio di messaggi di posta elettronica fra tale produttore e la ricorrente avvenuto fra il 29 gennaio e il 1° febbraio 2013.

32      Il 15 marzo 2013, la Commissione ha trasmesso alla ricorrente il documento di informazione finale. Tale documento comprendeva, al suo allegato 1, un documento di informazione generale, il quale, in applicazione dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento di base, riprendeva i principali fatti e considerazioni in base ai quali la Commissione intendeva raccomandare l’istituzione di misure definitive. Agli allegati 2 e 3 di tale documento di informazione finale, la Commissione ha presentato osservazioni specifiche per quanto attiene, rispettivamente, al calcolo del margine di dumping e al calcolo delle vendite sottocosto e del danno. In particolare, all’allegato 2, la Commissione ha affermato di aver accolto l’osservazione della ricorrente secondo la quale il valore normale dovrebbe essere calcolato sulla base delle vendite interne del solo produttore del paese di riferimento che aveva collaborato, anche se tali vendite non erano state effettuate in quantità rappresentative ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base. Di conseguenza, erano le vendite interne effettuate nell’ambito di normali operazioni commerciali del produttore del paese di riferimento ad essere state utilizzate per determinare il valore normale al fine di stabilire il margine di dumping definitivo della ricorrente. Inoltre, la Commissione ha indicato di avere parimenti accolto l’obiezione della ricorrente secondo la quale il margine di dumping doveva essere stabilito sulla base dell’insieme delle esportazioni e non soltanto sulla base dei tipi di prodotto in esame corrispondenti ai tipi di prodotto simile venduti dal produttore del paese di riferimento sul mercato interno. Essa ha precisato che, per i tipi di prodotto in esame senza corrispondenza, il valore normale era stato adeguato sulla base del valore commerciale delle differenze inerenti alle caratteristiche fisiche, in conformità all’articolo 2, paragrafo 10, lettera a), del regolamento di base.

33      Per contro, la Commissione ha affermato che rigettava le domande di adeguamento della ricorrente concernenti le differenze fra quest’ultima e il produttore del paese di riferimento sul piano del processo di produzione e sul piano della produttività. Infatti, anzitutto, per quanto attiene alla domanda di adeguamento concernente il processo di produzione, pur se la Commissione riconosceva l’esistenza di talune differenze nel processo di produzione fra i due produttori interessati, essa affermava che il consumo di ferraglia d’acciaio per unità era pressoché identico. Per quanto attiene alla seconda domanda di adeguamento, la Commissione ha fatto valere, in sostanza, che solo le differenze che incidevano sui prezzi e sulla comparabilità dei prezzi fra un produttore del paese di riferimento e un esportatore di un paese non retto da un’economia di mercato giustificavano un adeguamento, e che solo un’analisi esaustiva avrebbe potuto rivelare tutte le differenze nei fattori di costo e dimostrare un’incidenza sui prezzi e sulla loro comparabilità, il che avrebbe allora giustificato un adeguamento.

34      La Commissione ha inoltre fornito, all’allegato 2 del documento di informazione finale, una serie di tabelle relative ai calcoli dettagliati del margine di dumping per tipo di prodotto, analoga alla serie di tabelle fornita all’allegato 2 del documento di informazione provvisorio, menzionata al punto 27 supra. Pertanto, come nel documento di informazione provvisorio, la Commissione, nel documento di informazione finale, ha occultato totalmente gli elementi fondati sui dati forniti dal produttore del paese di riferimento.

 Scambi fra la ricorrente e la Commissione successivi al documento di informazione finale

35      Il 18 marzo 2013, il produttore del paese di riferimento ha inviato alla Commissione una lettera nella quale esso ha affermato di «autorizzare esplicitamente la Commissione a comunicare [al legale della ricorrente] la versione riservata della sua risposta al questionario, nonché i documenti provenienti dalla visita di verifica effettuata nei suoi locali». Inoltre, in questa stessa lettera, tale produttore ha indicato di avere trasmesso il giorno stesso tali documenti alla ricorrente.

36      Con messaggio di posta elettronica del 18 marzo 2013, la ricorrente ha chiesto alla Commissione, sulla base della summenzionata lettera del produttore del paese di riferimento, di trasmetterle la versione riservata della risposta di tale produttore al questionario antidumping, nonché i documenti provenienti dalla visita di verifica effettuata nei suoi locali. Inoltre, «alla luce dell’autorizzazione del produttore del paese di riferimento di divulgare la versione riservata della sua risposta al questionario», la ricorrente ha chiesto alla Commissione, in questo stesso messaggio di posta elettronica, di comunicarle tutti i calcoli del valore normale. Infine, essa ha chiesto un’informazione specifica relativa, in primo luogo, al modo in cui il valore normale dei tipi di prodotto in esame senza corrispondenza era stato stabilito; in secondo luogo, al modo in cui la Commissione aveva operato una distinzione fra gli accessori a superficie nera e gli accessori a superficie galvanizzata e, in terzo luogo, al fondamento della conclusione della Commissione secondo la quale il consumo unitario di ferraglia d’acciaio del produttore del paese di riferimento e il proprio consumo di tale materiale erano quasi identici.

37      In un secondo messaggio di posta elettronica del 19 marzo 2013, la ricorrente ha reiterato la propria domanda. In particolare, essa ha risposto al motivo di diniego che, secondo le informazioni fornite dal produttore del paese di riferimento, la Commissione aveva fatto valere presso quest’ultimo e che era relativo al fatto che la riservatezza non poteva essere revocata in maniera selettiva in relazione a talune parti interessate specifiche. Essa ha fatto valere, a tal riguardo, da un lato, che i calcoli del margine di dumping e, di conseguenza, i dati relativi al valore normale, riguardavano specificamente l’impresa interessata e, dall’altro, che il regolamento di base non escludeva che l’autorizzazione specifica della persona che aveva fornito le informazioni riservate potesse essere limitata ad una sola parte interessata. Inoltre, affermando che erano in gioco i propri diritti della difesa, essa ha chiesto che la controversia in questione fosse risolta dal consigliere‑auditore, il cui ruolo è disciplinato dalla decisione 2012/199/UE del presidente della Commissione europea, del 29 febbraio 2012, relativa alla funzione e al mandato del consigliere-auditore in taluni procedimenti in materia commerciale (GU L 107, pag. 5).

38      In risposta, nel suo messaggio di posta elettronica del 21 marzo 2013, il capo della sezione delle inchieste antidumping della Commissione ha respinto la domanda della ricorrente, motivando il suo diniego nel modo seguente: «Le informazioni relative al valore normale sono state utilizzate per i tre produttori esportatori inclusi nel campione e non solo per la Jinan Meide. Una comunicazione alla sola Jinan Meide equivarrebbe dunque a comunicare selettivamente un’informazione riservata ad una sola parte interessata, mentre altre parti interessate dalla medesima informazione non beneficiano di tale accesso privilegiato ad un’informazione riservata». In un ulteriore messaggio di posta elettronica dello stesso giorno, il consigliere‑auditore ha affermato di condividere la posizione espressa nel summenzionato messaggio di posta elettronica, e ha sottolineato che il trattamento non discriminatorio delle parti costituiva l’elemento essenziale.

39      Il 25 marzo 2013, la ricorrente ha trasmesso le sue osservazioni sul documento di informazione finale. La ricorrente è ritornata sul disaccordo sorto con la Commissione in occasione dello scambio di messaggi di posta elettronica menzionato ai punti da 36 a 38 supra, e ha reiterato la sua domanda di divulgazione della versione riservata della risposta del produttore del paese di riferimento al questionario antidumping e dei documenti provenienti dalla visita di verifica effettuata nei suoi locali, nonché la sua domanda di divulgazione completa dei calcoli del valore normale. Inoltre, la ricorrente ha affrontato un certo numero di questioni specifiche relative alla determinazione del valore normale, alcune delle quali erano già state menzionate nelle sue osservazioni sul documento di informazione provvisorio. La ricorrente si è fondata, questa volta, sui dati del produttore del paese di riferimento che quest’ultimo le aveva nel frattempo comunicato, come indicato nel suo messaggio di posta elettronica del 18 marzo 2013 (v. punto 35 supra).

40      In particolare, la ricorrente ha reiterato la sua domanda specifica presentata nel suo messaggio di posta elettronica del 18 marzo 2013 (v. punto 36 supra) e relativa alla divulgazione del metodo di calcolo del valore normale dei tipi di prodotto in esame senza corrispondenza. Infatti, essa ha ritenuto che la precisazione apportata dalla Commissione nel documento di informazione finale e relativa al fatto che il valore normale di tali prodotti era stato adeguato in funzione del valore commerciale delle differenze inerenti alle caratteristiche fisiche non fosse sufficiente. Essa ha fatto valere, inoltre, che essa stessa produceva 1 645 tipi di prodotto in esame, mentre il produttore del paese di riferimento produceva unicamente 287 tipi di prodotto simile, cosicché l’83% dei tipi di prodotto in esame era privo di corrispondenza. Inoltre, delle 11 130 tonnellate da essa esportate verso l’Unione durante il periodo d’inchiesta, solo 5 738 tonnellate riguardavano i tipi di prodotto corrispondenti. In tali circostanze, la divulgazione richiesta era assolutamente vitale per i suoi diritti della difesa.

41      Inoltre, la ricorrente ha proposto talune correzioni relative, da un lato, all’assegnazione dei costi di produzione sulla base del fatturato e, dall’altro, al calcolo degli adeguamenti al valore normale concernenti i costi di nolo e di imballaggio. La ricorrente ha parimenti reiterato e precisato le sue domande di adeguamento relative al processo di produzione e alla produttività, da essa presentate nelle sue osservazioni sul documento di informazione provvisorio, nonché la sua critica dell’adeguamento in forza dell’IVA non rimborsabile, anch’essa già formulata nell’ambito delle summenzionate osservazioni. Essa ha inoltre formulato una nuova domanda di adeguamento relativa alle quantità vendute.

42      All’audizione del 26 marzo 2013 accordata dai servizi della Commissione alla ricorrente, quest’ultima ha richiamato le domande e le censure da essa formulate nell’ambito delle sue osservazioni sulla domanda di informazione finale. A seguito di tale audizione, in una lettera del 27 marzo 2013, la ricorrente ha rilevato che, all’audizione del 26 marzo 2013, la Commissione aveva indicato che il metodo seguito per tale calcolo consisteva nel fondarsi sul valore normale medio stabilito per i tipi di prodotto corrispondenti, adeguato tramite la determinazione di un valore commerciale [delle differenze inerenti alle caratteristiche fisiche] sulla base dei prezzi all’esportazione verso l’Unione fissati dalla ricorrente per i tipi di prodotto in esame senza corrispondenza. La ricorrente ha affermato, a tal riguardo, che, a suo avviso, tale metodo poggiava su una presunzione, la quale non era né ragionevole né verificabile, secondo la quale il valore commerciale delle differenze inerenti alle caratteristiche fisiche si sarebbe riflessa nei prezzi all’esportazione, e ha proposto un metodo alternativo consistente nel limitare il numero di tipi di prodotto senza corrispondenza accorciando i numeri di controllo di prodotto che consentivano di identificarli.

 Regolamento impugnato

43      Il 13 maggio 2013, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) n. 430/2013, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di accessori fusi per tubi filettati di ghisa malleabile originari della Repubblica popolare cinese e della Thailandia e chiude altresì il procedimento nei confronti dell’Indonesia (GU L 129, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»).

44      Al considerando 15 del regolamento impugnato, il Consiglio indica che, in mancanza di osservazioni riguardo al SEM, si confermano le conclusioni provvisorie di cui ai considerando da 32 a 46 del regolamento provvisorio.

45      Al considerando 17 del regolamento impugnato, il Consiglio afferma di avere accolto l’argomento di un produttore esportatore cinese secondo il quale, anche se il volume delle vendite non è rappresentativo, il valore normale dovrebbe essere calcolato sulla base delle vendite sul mercato interno del produttore del paese di riferimento. Esso indica che sono pertanto queste vendite, effettuate nell’ambito di normali operazioni commerciali, ad essere servite da riferimento per la definizione del valore normale.

46      Al considerando 18 del regolamento impugnato, il Consiglio afferma di aver parimenti accolto l’argomento dello stesso produttore esportatore cinese secondo il quale sarebbe opportuno stabilire il margine di dumping sulla base del totale delle vendite ai fini dell’esportazione piuttosto che sulla sola base di quelle relative alle tipologie di prodotto in esame direttamente comparabili vendute dal produttore del paese di riferimento sul suo mercato interno.

47      Al considerando 19 del regolamento impugnato, il Consiglio afferma che, in assenza di altre osservazioni relative al valore normale, ai prezzi all’esportazione e all’equo confronto, si confermavano le conclusioni di cui ai considerando 54, da 59 a 61 e da 64 a 67 del regolamento provvisorio.

48      Risulta dal considerando 20 del regolamento impugnato che il valore normale medio ponderato di ciascun tipo di prodotto simile, calcolato per il paese di riferimento in conformità al metodo illustrato ai considerando da 17 a 19 di tale regolamento, è stato comparato alla media ponderata del prezzo all’esportazione della corrispondente tipologia del prodotto in esame.

49      Secondo la tabella figurante al considerando 21 del regolamento impugnato, il margine definitivo di dumping è stato fissato, per la ricorrente, al 40,8%.

50      L’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento impugnato, dispone quanto segue:

«Si istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di accessori fusi per tubi filettati di ghisa malleabile, ad eccezione dei componenti di base per raccordi a compressione dotati di filettatura metrica ISO DIN 13 e delle cassette di giunzione circolari filettate di ghisa malleabile senza coperchio attualmente classificati al codice NC ex 7307 19 10 (codice Taric 7307191010), originari della Repubblica popolare cinese (“RPC”) e della Thailandia».

51      L’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento impugnato, prevede, per quanto riguarda la ricorrente, che l’aliquota del dazio antidumping definitivo applicabile al prezzo netto franco frontiera dell’Unione dazio non pagato viene fissata, per il prodotto di cui trattasi, al 40,8%.

 Procedimento e conclusioni delle parti

52      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 7 agosto 2013, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

53      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 26 settembre 2013, la Commissione ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio, parte convenuta. La ricorrente e il Consiglio non hanno presentato osservazioni in merito a tale istanza. Con ordinanza del 19 novembre 2013, il presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale ha consentito l’intervento della Commissione. La Commissione ha depositato la propria memoria d’intervento e le altre parti hanno depositato le rispettive osservazioni al riguardo entro i termini impartiti.

54      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento impugnato, nella parte in cui la riguarda;

–        condannare il Consiglio e la Commissione alle spese.

55      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

56      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

57      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce cinque motivi. Il primo motivo è relativo alla violazione, da parte delle istituzioni dell’Unione, dei suoi diritti della difesa, nonché dell’articolo 6, paragrafo 7, e dell’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento di base, in quanto tali istituzioni si sono rifiutate di comunicarle le informazioni rilevanti ai fini della determinazione del valore normale. Il secondo motivo è relativo, in via principale, ad una violazione dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, e dell’articolo 2.4 dell’accordo antidumping, in quanto le istituzioni hanno respinto le richieste di adeguamenti del valore normale presentate dalla ricorrente e, in subordine, ad un difetto di motivazione. Il terzo motivo è relativo ad una violazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), dell’articolo 2, paragrafo 10, ab initio e lettera a), e dell’articolo 2, paragrafo 11, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), e paragrafi 8 e 9, e dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, nonché del divieto di discriminazione, nella misura in cui le istituzioni hanno seguito un metodo errato per la determinazione del valore normale dei prodotti senza corrispondenza. Il quarto motivo è relativo alla violazione dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, in quanto la Commissione ha notificato solo il 9 luglio 2012 le conclusioni relative al SEM. Il quinto motivo è relativo ad una violazione dell’articolo 3, paragrafi 1, 2 e 3, del regolamento di base, in quanto la determinazione del pregiudizio subito dall’industria dell’Unione sarebbe fondata su dati inesatti per quanto riguarda il volume delle importazioni dalla Cina oggetto di un dumping.

58      Il Tribunale considera opportuno esaminare anzitutto il quarto motivo, e successivamente il primo.

 Sul quarto motivo

59      La ricorrente fa valere, in sostanza, che la notifica delle conclusioni relative al SEM è avvenuta quasi cinque mesi dopo la data di avvio dell’inchiesta; ciò costituisce una violazione del termine di tre mesi previsto dall’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base. Tale interpretazione sarebbe confermata dalla giurisprudenza della Corte. Inoltre, essa sostiene che, se la decisione sul SEM fosse stata adottata prima, la stessa avrebbe avuto la possibilità di esercitare in maniera più efficace i suoi diritti della difesa. Inoltre, l’affermazione delle istituzioni, secondo la quale il ritardo nell’adozione della decisione sul SEM sarebbe dovuto all’indisponibilità dei produttori esportatori cinesi per le visite di verifica, sarebbe errata in fatto e priva di interesse giuridico. Infine, la ricorrente sostiene che, poiché la violazione dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base ha avuto luogo il 16 maggio 2012, essa non era interessata dall’articolo 2 del regolamento di modifica, il quale prevede l’applicazione di tale regolamento alle nuove inchieste e alle inchieste in corso dal 15 dicembre 2012, articolo che, in ogni caso, sarebbe illegittimo.

60      Il Consiglio e la Commissione ritengono che tale argomento debba essere respinto.

61      In via preliminare, occorre rilevare che, nella sua versione anteriore all’entrata in vigore del regolamento di modifica di cui al punto 2 supra, avvenuta il 15 dicembre 2012, l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo comma, del regolamento di base prevedeva che l’accertamento del soddisfacimento, da parte del produttore, dei criteri menzionati per il SEM doveva essere effettuato entro tre mesi dall’avvio dell’inchiesta. A seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 1, punto 1, lettera a), del regolamento di modifica, tale disposizione del regolamento di base prevede adesso che la decisione relativa al SEM deve avere luogo di regola entro sette mesi, ma in ogni caso non oltre otto mesi dall’avvio dell’inchiesta. Inoltre, l’articolo 2 del regolamento di modifica dispone che tale regolamento si applica a tutte le nuove inchieste e alle inchieste in corso dal 15 dicembre 2012.

62      Inoltre, come è stato ricordato al punto 5 supra, nella specie, la Commissione ha notificato alla ricorrente, con lettera del 9 luglio 2012, i principali fatti e considerazioni in base ai quali essa ha deciso di non accordarle il SEM. Come risulta da tale lettera, acquisita agli atti nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, la Commissione richiama, a tal riguardo, i «principali fatti e considerazioni in base ai quali [essa] intende proporre di non accordare [alla ricorrente] il SEM». Tuttavia, come confermato dalle parti in udienza, tale formulazione si spiega con il fatto che, in conformità alla giurisprudenza, la Commissione ha la facoltà, nel corso dell’inchiesta, di ritornare sulla sua decisione relativa al SEM (sentenza del 1° ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, C‑141/08 P, Racc., EU:C:2009:598, punti da 110 a 113). Pertanto, nonostante tale formulazione, è effettivamente con tale lettera del 9 luglio 2012 che la Commissione, in forza dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo comma, del regolamento di base, ha risolto la questione se la ricorrente soddisfacesse i criteri per ottenere il SEM.

63      In primo luogo, occorre pertanto esaminare quale sia la versione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo comma, del regolamento di base, applicabile a tale decisione, al fine di stabilire se la decisione della Commissione del 9 luglio 2012 sia stata adottata successivamente alla scadenza del termine previsto da tale disposizione. A tal riguardo, le istituzioni sostengono, in sostanza, che la modifica del termine previsto dall’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo comma, del regolamento di base, introdotta dal regolamento di modifica, sarebbe applicabile alla decisione relativa al SEM datata 9 luglio 2012, in quanto l’inchiesta di cui al caso in esame era in corso alla data del 15 dicembre 2012 e l’articolo 2 del regolamento di modifica prevede l’applicazione della summenzionata modifica a siffatte inchieste. Tale interpretazione non può che essere respinta.

64      Infatti, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, una nuova norma giuridica si applica a partire dall’entrata in vigore dell’atto recante la medesima e che, sebbene non si applichi alle situazioni giuridiche sorte e definitivamente acquisite in vigenza della vecchia legge, si applica agli effetti futuri delle medesime, nonché alle situazioni giuridiche nuove, a meno che, fatto salvo il principio di irretroattività degli atti giuridici, la nuova norma sia accompagnata da disposizioni particolari che determinano specificamente le proprie condizioni di applicazione nel tempo. In particolare, le norme procedurali si considerano generalmente applicabili a tutte le controversie pendenti al momento in cui esse entrano in vigore, a differenza delle norme sostanziali, che, secondo la comune interpretazione, concernono rapporti giuridici definiti anteriormente alla loro entrata in vigore solo se dal loro testo, dalla loro ratio o dalla loro struttura risulti chiaramente che va loro attribuita tale efficacia (v. sentenza del 26 marzo 2015, Commissione/Moravia Gas Storage, C‑596/13 P, Racc., EU:C:2015:203, punti 32 e 33 e la giurisprudenza ivi citata).

65      Analogamente, la Corte ha del pari dichiarato che la disposizione che costituisce il fondamento normativo di un atto che legittima un’istituzione dell’Unione ad adottare l’atto medesimo dev’essere in vigore alla data dell’adozione di quest’ultimo (v. sentenza Commissione/Moravia Gas Storage, punto 64 supra, EU:C:2015:203, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata).

66      Nella specie, l’articolo 2 del regolamento di modifica prevede che tale regolamento è applicabile ai procedimenti in corso al 15 dicembre 2012, ossia alla data della sua entrata in vigore. Del resto, risulta dalla giurisprudenza richiamata al punto 64 supra che la modifica del termine per statuire sul SEM introdotta dall’articolo 1, punto 1, lettera a), del regolamento di modifica sarebbe stata posta in essere anche in assenza delle disposizioni di tale articolo 2, nella misura in cui siamo in presenza della modifica di una norma procedurale. Pertanto, se è stato necessario precisare a tale articolo che il regolamento di modifica si applicava a tutte le nuove inchieste o alle inchieste in corso alla data della sua entrata in vigore, ciò è dovuto al fatto che, oltre alla modifica del summenzionato termine, il regolamento di modifica conteneva parimenti disposizioni che modificavano norme sostanziali concernenti la decisione sul SEM [articolo 1, punto 1, lettera b), e articolo 1, punto 2]. Orbene, in conformità alla giurisprudenza richiamata al punto 64 supra, siffatte norme sostanziali non potrebbero essere applicate, in linea di principio, a rapporti giuridici definiti anteriormente alla loro entrata in vigore, salvo che una siffatta applicazione non sia espressamente prevista o, quantomeno, risulti dalla ratio o dalla struttura di dette norme.

67      Pertanto, la summenzionata modifica del termine per statuire sul SEM era in linea di principio applicabile, nell’ambito di un’inchiesta antidumping in corso, a tutte le decisioni della Commissione che accertavano se un’impresa soddisfacesse i criteri per ottenere il SEM, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo comma, del regolamento di base, e che erano state adottate il 15 dicembre 2012 o successivamente a tale data.

68      Per contro, contrariamente a quanto sostenuto dalle istituzioni, l’articolo 2 del regolamento di modifica non può avere avuto come effetto di rendere applicabile l’articolo 1, punto 1, lettera a), del regolamento di modifica ad una decisione che statuisca sul SEM adottata prima dell’entrata in vigore di tale regolamento. Infatti, ciò conferirebbe a tale disposizione un effetto retroattivo che non risulta dal testo di detto articolo 2 del regolamento di modifica. Inoltre, risulta dalla giurisprudenza richiamata al punto 64 supra che, anche se le norme nuove, e in particolare le norme procedurali, possono riguardare situazioni giuridiche sorte e definitivamente acquisite nella vigenza della vecchia legge, l’applicazione di tali norme nuove deve cionondimeno rispettare il principio di irretroattività. Il rispetto di tale principio di irretroattività ha segnatamente come conseguenza, come risulta dalla giurisprudenza richiamata al punto 65 supra, che la legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata, in linea di principio, alla luce della disposizione che costituiva il fondamento normativo di tale atto e che era in vigore alla data dell’adozione di quest’ultimo.

69      Orbene, nella specie, alla data di adozione della decisione della Commissione di non accordare il SEM alla ricorrente, ossia il 9 luglio 2012, l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo comma, del regolamento di base, il quale costituisce il fondamento normativo di tale decisione, prevedeva che la Commissione aveva a disposizione tre mesi a decorrere dall’apertura dell’inchiesta per adottare una siffatta decisione. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalle istituzioni, è alla luce di quest’ultimo termine che deve essere valutata la legittimità della summenzionata decisione, e non del termine applicabile a partire dall’entrata in vigore del regolamento di modifica, avvenuta il 15 dicembre 2012.

70      In secondo luogo, contrariamente a quanto fanno intendere le istituzioni, il termine fissato dall’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo comma, del regolamento di base non presenta un carattere meramente indicativo in quanto, in conformità ai punti da 110 a 113 della sentenza Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, punto 62 supra (EU:C:2009:598), la Commissione può modificare la propria decisione iniziale in qualsiasi momento del procedimento di inchiesta. Infatti, in tali punti, la Corte non si è pronunciata sulla possibilità per la Commissione di non rispettare il summenzionato termine, la quale possibilità, del resto, era pacifica nella controversia sulla quale la Corte si è pronunciata in tale sentenza. In tal senso, in tali punti, la Corte si è limitata a rilevare che l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo comma, del regolamento di base non può essere interpretato nel senso che obbliga la Commissione a proporre al Consiglio misure definitive che perpetuano, a danno dell’impresa interessata, un errore commesso nella valutazione iniziale dei criteri materiali enunciati all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo comma, del regolamento di base. La Corte ne ha desunto che, di conseguenza, nel caso in cui la Commissione si accorga che la sua iniziale valutazione era inficiata da un siffatto errore, essa ne dovrebbe trarre conseguenze appropriate, assicurando il rispetto delle garanzie procedurali (sentenza Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, punto 62 supra, EU:C:2009:598, punti 111 e 112). Di conseguenza, la mera circostanza che la Commissione, in conformità a tale giurisprudenza, abbia la possibilità o persino l’obbligo di ritornare su una decisione iniziale che statuisce sul SEM inficiata da un errore di valutazione non incide sul suo obbligo di rispettare il termine fissato dal regolamento di base per adottare una siffatta decisione iniziale.

71      Inoltre, il testo dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo comma, del regolamento di base non contiene alcuna indicazione che consente di conferire al termine da esso previsto un carattere meramente indicativo. Del resto, talune versioni linguistiche di tale disposizione, come quella inglese e francese, le quali impiegano rispettivamente i verbi «shall» e «doit», si riferiscono espressamente ad un obbligo, per la Commissione, di statuire nel rispetto di tale termine. Inoltre, come fatto valere dalla ricorrente, i punti da 36 a 39 della sentenza del 2 febbraio 2012, Brosmann Footwear (HK) e a./Consiglio (C‑249/10 P, Racc., EU:C:2012:53), e i punti da 29 a 32 della sentenza del 15 novembre 2012, Zhejiang Aokang Shoes/Consiglio (C‑247/10 P, EU:C:2012:710), hanno espressamente confermato la natura imperativa del summenzionato termine.

72      Di conseguenza, il rispetto del termine di tre mesi per statuire sul SEM, previsto dall’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo comma, del regolamento di base, non costituiva, per la Commissione, una facoltà, bensì un obbligo.

73      In terzo luogo, le circostanze relative all’organizzazione delle visite di verifica, invocate dal Consiglio e dalla Commissione per giustificare il ritardo nell’adozione della decisione sul SEM concernente la ricorrente, non autorizzavano la Commissione a derogare ad un siffatto obbligo.

74      Da un lato, la possibilità di derogare all’obbligo di statuire sul SEM nel termine di tre mesi non era prevista dall’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo comma, del regolamento di base, nella sua versione in vigore alla data di adozione della decisione del 9 luglio 2012.

75      Dall’altro, occorre rilevare che, nella specie, come risulta dal considerando 40 del regolamento provvisorio (v. punto 12 supra), confermato dal considerando 15 del regolamento impugnato, le istituzioni giustificano il ritardo nell’adozione della decisione sul SEM concernente la ricorrente con il fatto che la Commissione non aveva potuto effettuare a una data precedente le visite di verifica nei locali degli esportatori cinesi, a causa dell’indisponibilità di questi ultimi. Nella sua comparsa di risposta, il Consiglio precisa tale giustificazione indicando che i produttori esportatori cinesi inclusi nel campione avevano indicato di essere disponibili in uno solo dei tre possibili periodi proposti loro dalla Commissione, ossia il periodo compreso fra il 9 e l’11 maggio 2012. Orbene, secondo il Consiglio, era materialmente impossibile, per la Commissione, realizzare simultaneamente in questo solo periodo le visite di verifica presso i tre produttori esportatori interessati. È questo il motivo per cui tali visite avevano dovuto essere riprogrammate, cosicché la Commissione si era trovata nell’impossibilità di adottare una decisione relativa al SEM nei termini impartiti.

76      Tuttavia, le istituzioni non si spingono fino a sostenere che, a causa di tali circostanze, la Commissione si trovava nell’impossibilità assoluta di adottare una decisione relativa al SEM nei termini impartiti, e neppure che l’adozione tardiva di tale decisione costituiva un caso di forza maggiore, ossia, secondo una giurisprudenza costante, che l’inosservanza del termine in questione era imputabile a circostanze indipendenti dalle istituzioni, straordinarie ed imprevedibili, le cui conseguenze sarebbe stato impossibile evitare malgrado tutta la diligenza posta (v., in tal senso, sentenze dell’8 marzo 1988, McNicholl e a., 296/86, Racc., EU:C:1988:125, punto 11, e del 4 marzo 2010, Commissione/Italia, C‑297/08, Racc., EU:C:2010:115, punto 85). In ogni caso, anche ammesso che le istituzioni, invocando le circostanze di cui al punto 75 supra, avessero inteso avvalersi della nozione di forza maggiore, occorre rilevare che, nella specie, i criteri stabiliti dalla summenzionata giurisprudenza ai fini dell’applicabilità di tale nozione non sono manifestamente soddisfatti. A tal riguardo, risulta dai documenti del fascicolo che, con un messaggio di posta elettronica del 4 aprile 2012, la Commissione ha proposto ai produttori esportatori inclusi nel campione tre periodi ai fini delle visite di verifica nei loro locali, i quali erano rispettivamente compresi fra il 2 e il 4 maggio 2012, fra il 7 e il 9 maggio 2012 e fra 9 e l’11 maggio 2012. Occorre inoltre rilevare che questi tre periodi erano tutti relativamente vicini alla data di scadenza del termine per adottare una decisione sul SEM, ossia, al termine ultimo del 17 maggio 2012. In tal senso, le istituzioni non dimostrano e neppure deducono che la Commissione avrebbe impiegato tutta la diligenza possibile per proporre periodi di visita di verifica che le lasciavano margini discrezionali sufficienti per adottare una decisione sul SEM prima della scadenza del summenzionato termine. Inoltre, il fatto che i tre produttori esportatori inclusi nel campione fossero disponibili solo in uno dei tre periodi proposti dalla Commissione non costituisce manifestamente, nella specie, una circostanza straordinaria e imprevedibile.

77      Orbene, è giocoforza constatare che, come è stato rilevato al punto 62 supra, la decisione sul SEM in relazione alla ricorrente è stata adottata il 9 luglio 2012 e, pertanto, dopo la scadenza del termine risultante dall’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo comma, del regolamento di base, avvenuta al più tardi, come è stato indicato al punto 76 supra, il 17 maggio 2012.

78      Di conseguenza, risulta da tutte le suesposte considerazioni che la Commissione ha violato l’obbligo ad essa incombente, in forza dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo comma, del regolamento di base, di adottare una decisione sul SEM concernente la ricorrente entro un termine di tre mesi a partire dall’avvio del procedimento di inchiesta.

79      Ciò premesso, né il testo dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo comma, del regolamento di base, né i lavori preparatori che hanno condotto al suo inserimento nel regolamento di base hanno fornito indicazioni sulle conseguenze dell’inosservanza del termine di tre mesi previsto da tale disposizione (conclusioni dell’avvocato generale Bot nelle cause riunite C & J Clark International e Puma, C‑659/13 e C‑34/14, Racc., EU:C:2015:620, paragrafo 82).

80      A tal riguardo, come è stato indicato al punto 59 supra, la ricorrente fa valere che, se la decisione sul SEM fosse stata adottata prima, essa avrebbe avuto la possibilità di esercitare in maniera più efficace i suoi diritti della difesa. La ricorrente giustifica tale affermazione facendo valere, in maniera generale, da un lato, che l’obiettivo del summenzionato termine di tre mesi consiste nel consentire ai produttori esportatori operanti in paesi non retti da un’economia di mercato di beneficiare di uno status giuridico chiaro durante un periodo sufficientemente lungo del procedimento di inchiesta e, dall’altro, che la determinazione tardiva del SEM è idonea ad incidere su altri elementi di tale procedimento.

81      Secondo una giurisprudenza costante, in particolare in materia di dumping, l’esistenza di un’irregolarità relativa ai diritti della difesa può comportare l’annullamento del regolamento controverso solo qualora non possa essere del tutto esclusa la possibilità che, in ragione di tale irregolarità, il procedimento amministrativo avrebbe potuto sortire un esito differente, ledendo così in concreto i diritti della difesa del ricorrente (sentenze Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, punto 62 supra, EU:C:2009:598, punti 81 e 94, e del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione /Interpipe Niko Tube e Interpipe NRTP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, Racc., EU:C:2012:78, punti 78 e 79).

82      Pertanto, non ogni superamento del termine di tre mesi di cui la Commissione dispone per statuire sul SEM può comportare automaticamente l’annullamento del regolamento impugnato, in particolare se i diritti della difesa del richiedente non hanno subito un pregiudizio concreto (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Bot nelle cause riunite C & J Clark International e Puma, punto 79 supra, EU:C:2015:620, paragrafo 87, e sentenza del 10 ottobre 2012, Ningbo Yonghong Fasteners/Consiglio, T‑150/09, EU:T:2012:529, punti da 51 a 54 e la giurisprudenza ivi citata).

83      Nella specie, oltre a considerazioni generali sugli obiettivi e sull’economia del summenzionato termine di tre mesi, la ricorrente non presenta alcun argomento concreto idoneo a giustificare la sua affermazione secondo la quale la violazione di tale termine ha leso i suoi diritti della difesa e, in particolare, in che modo, in assenza di una siffatta violazione, essa avrebbe potuto esercitare in maniera più efficace i suoi diritti. In udienza, in risposta ad un quesito con cui il Tribunale le chiedeva di precisare gli elementi del procedimento che potevano essere stati influenzati dal carattere tardivo della decisione sul SEM, la ricorrente ha affermato che essa avrebbe potuto ottenere prima i dati del produttore del paese di riferimento e, pertanto, avere più tempo per preparare la sua difesa e, se del caso, convincere, in una fase più precoce, la Commissione a comunicarle i calcoli del valore normale. Inoltre, essa ha parimenti affermato, in sostanza, che, nella misura in cui le parti interessate vengono a conoscenza del margine di dumping solo tardivamente, in occasione del procedimento di inchiesta, è possibile che, in tale fase, le parti interessate non siano più in grado di indurre le autorità a cambiare posizione.

84      Tuttavia, tale argomento non è idoneo né a dimostrare che gli altri aspetti del procedimento di inchiesta sono stati pregiudicati dal carattere tardivo della decisione sul SEM, e in particolare gli altri termini da rispettare nel corso di tale procedimento, né che i diritti della difesa della ricorrente sarebbero stati violati.

85      Infatti, anzitutto, si evince dai documenti del fascicolo che, come è stato ricordato al punto 5 supra, la ricorrente ha potuto presentare osservazioni concernenti la decisione sul SEM, notificate alla Commissione il 23 luglio 2012, e che solo il 14 novembre 2012, ossia quasi quattro mesi dopo, la Commissione ha adottato il regolamento provvisorio (v. punto 6 supra). Inoltre, la Commissione ha trasmesso la sua proposta di regolamento definitivo solo il 15 aprile 2013. Di conseguenza, la Commissione disponeva di tutto il tempo necessario per prendere conoscenza delle osservazioni della ricorrente, valutarne la rilevanza e, se del caso, riesaminare la propria decisione sul SEM, prima di determinare il margine di dumping provvisorio di tale impresa e di proporre misure definitive.

86      Risulta poi dai documenti del fascicolo che, alla data della decisione sul SEM, vale a dire il 9 luglio 2012, la determinazione del valore normale non era conclusa. Infatti, emerge dai documenti provenienti dal produttore del paese di riferimento che quest’ultimo ha risposto a talune richieste di chiarificazione dei servizi della Commissione concernenti le informazioni che questi aveva trasmesso loro il 29 agosto 2012. Analogamente, risulta da questi stessi documenti, nonché dalla lettera del produttore del paese di riferimento inviata alla Commissione il 18 marzo 2013 (v. punto 35 supra), che la visita di verifica di tale istituzione nei locali di tale produttore si è svolta dal 19 al 21 settembre 2012. Di conseguenza, la ricorrente non avrebbe in ogni caso potuto avere accesso a tutti i dati forniti alla Commissione dal produttore del paese di riferimento prima di tale data. In ogni caso, risulta dalle osservazioni della ricorrente relative al documento di informazione provvisorio che quest’ultima è venuta a conoscenza dell’identità del produttore del paese di riferimento solo in tale documento, notificatole il 15 novembre 2012 (v. punto 26 supra). Di conseguenza, il carattere tardivo della decisione sul SEM non ha potuto avere alcuna incidenza sulla capacità della ricorrente di preparare la sua difesa entro un termine sufficiente, sulla base di informazioni che essa avrebbe potuto raccogliere presso il produttore del paese di riferimento.

87      Infine, non si evince dai documenti del fascicolo che, durante il periodo compreso fra la data di scadenza del summenzionato termine di tre mesi, ossia al più tardi il 17 maggio 2012, e la data di adozione del regolamento provvisorio, vi sarebbero state tappe del procedimento di inchiesta che sarebbero state pregiudicate dall’inosservanza del summenzionato termine.

88      Pertanto, si deve ritenere che la ricorrente non abbia dimostrato che, se la decisione sul SEM fosse stata adottata nei termini fissati dall’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo comma, del regolamento di base, nella sua versione anteriore all’entrata in vigore del regolamento di modifica, il procedimento avrebbe potuto sortire un esito diverso e che, di conseguenza, i suoi diritti della difesa sono stato concretamente lesi dall’inosservanza di tali termini.

89      Alla luce delle suesposte considerazioni, il quarto motivo deve essere respinto.

 Sul primo motivo

90      Il primo motivo poggia su tre censure. Con la prima censura la ricorrente addebita alle istituzioni dell’Unione di averle negato, in violazione dell’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento di base, l’accesso ai calcoli del valore normale dopo che essa ha ricevuto l’autorizzazione del produttore del paese di riferimento a prendere conoscenza dei dati sottesi a tali calcoli. Con la seconda censura la ricorrente addebita alle istituzioni di non averle dato la possibilità di consultare le comunicazioni avvenute tramite posta elettronica fra il produttore del paese di riferimento e la Commissione, in violazione dell’articolo 6, paragrafo 7, del regolamento di base. Infine, con la terza censura, la ricorrente addebita alle istituzioni di non averle comunicato in tempo utile e per iscritto il metodo seguito per determinare il valore di mercato utilizzato per stabilire il valore normale dei prodotti senza corrispondenza, in violazione dell’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento di base. Inoltre, la ricorrente ritiene che ciascuna di tali addotte violazioni delle disposizioni del regolamento di base sia sfociata in una violazione dei suoi diritti della difesa.

 Considerazioni preliminari

91      In via preliminare, occorre richiamare i principi e le garanzie procedurali che le istituzioni sono tenute a rispettare quando le parti interessate da un’inchiesta antidumping desiderano esercitare i loro diritti della difesa tramite l’accesso ad informazioni concernenti fatti o considerazioni idonei a formare la base di misure antidumping.

92      Anzitutto, secondo una giurisprudenza costante, le esigenze connesse al rispetto dei diritti della difesa si impongono non solo nell’ambito dei procedimenti che possono concludersi con l’irrogazione di una sanzione, ma anche nei procedimenti di inchiesta che preludono all’adozione di regolamenti antidumping i quali possono riguardare le imprese interessate direttamente ed individualmente e comportare per esse conseguenze sfavorevoli. In particolare, nell’ambito della comunicazione delle informazioni alle imprese interessate nel corso del procedimento di inchiesta, il rispetto dei loro diritti della difesa implica che tali imprese devono essere state messe in condizione, nel corso del procedimento amministrativo, di far conoscere efficacemente il loro punto di vista sulla sussistenza e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze addotti, nonché sugli elementi di prova accolti dalla Commissione a sostegno della sua affermazione dell’esistenza di una pratica di dumping e del pregiudizio ad essa conseguente (v. sentenze del 10 marzo 2009, Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP/Consiglio, T‑249/06, Racc., EU:T:2009:62, punto 64 e la giurisprudenza ivi citata, e Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, punto 81 supra, EU:C:2012:78, punto 76 e la giurisprudenza ivi citata).

93      Tuttavia, risulta dalla giurisprudenza del Tribunale che spetta alle parti interessate in un procedimento di inchiesta antidumping mettere le istituzioni nelle condizioni di valutare i possibili problemi derivanti dall’assenza di un elemento nelle informazioni messe a loro disposizione. A fortiori, una siffatta parte interessata non è legittimata a lamentarsi dinanzi al giudice dell’Unione del fatto che un’informazione non è stata messa a sua disposizione se, nel corso del procedimento di inchiesta sfociato nel regolamento antidumping controverso, essa non ha formulato presso le istituzioni nessuna domanda concernente tale informazione particolare (v., in tal senso, sentenze del 17 dicembre 2008, HEG e Graphite India/Consiglio, T‑462/04, Racc., EU:T:2008:586, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata, e del 10 ottobre 2012, Shanghai Biaowu High-Tensile Fastener e Shanghai Prime Machinery/Consiglio, T‑170/09, EU:T:2012:531, punti 134 e 135).

94      Inoltre, i principi che governano il diritto all’informazione devono essere conciliati con i requisiti di riservatezza, e in particolare con l’obbligo delle istituzioni di rispettare il segreto commerciale (v., in tal senso, sentenze del 20 marzo 1985, Timex/Consiglio e Commissione, 264/82, Racc., EU:C:1985:119, punto 24; del 18 dicembre 1997, Ajinomoto e NutraSweet/Consiglio, T‑159/94 e T‑160/94, Racc., EU:T:1997:209, punto 75, e dell’11 luglio 2013, Hangzhou Duralamp Electronics/Consiglio, T‑459/07, EU:T:2013:369, punto 115). A tal riguardo, l’obbligo delle istituzioni di assicurare il trattamento riservato di un’informazione la cui divulgazione danneggerebbe gravemente l’impresa che l’ha fornita non può privare le altre parti interessate, e in particolare gli esportatori, delle garanzie procedurali previste dal regolamento di base né privare del loro contenuto i diritti loro riconosciuti in virtù delle stesse disposizioni (v., in tal senso, sentenze Timex/Consiglio e Commissione, cit., EU:C:1985:119, punto 29, e dell’8 novembre 2011, Zhejiang Harmonic Hardware Products/Consiglio, T‑274/07, EU:T:2011:639, punto 59).

95       Inoltre, nell’ambito delle inchieste antidumping, spetta alle istituzioni vigilare sul rispetto del principio di buona amministrazione sancito dall’articolo 41, paragrafi 1 e 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in forza del quale ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione. Il diritto ad una buona amministrazione comporta, segnatamente, in virtù dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali, il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 20 maggio 2015, Yuanping Changyuan Chemicals/Consiglio, T‑310/12, EU:T:2015:295, punto 224).

96      Infine, occorre ricordare che tali principi vengono attuati nel regolamento di base tramite un sistema completo di garanzie procedurali intese, da un lato, a consentire alle parti interessate di difendere utilmente i loro interessi e, dall’altro, a preservare, quando è necessario, la riservatezza delle informazioni utilizzate nel corso dell’inchiesta antidumping, nonché tramite regole che consentono di conciliare queste due esigenze.

97      In primo luogo, l’articolo 6, paragrafo 7, e l’articolo 20 del regolamento di base, i quali corrispondono, in sostanza, alle rispettive disposizioni di cui all’articolo 6.4 e all’articolo 6.9 dell’accordo antidumping, mirano a definire le garanzie procedurali che assicurano il diritto all’informazione delle parti interessate.

98      Da un lato, l’articolo 6, paragrafo 7, del regolamento di base prevede che le parti interessate che ne facciano richiesta per iscritto possono prendere conoscenza di tutte le informazioni fornite dalle parti interessate all’inchiesta, tranne i documenti interni preparati dalle autorità dell’Unione o degli Stati membri, purché tali informazioni siano pertinenti per la tutela dei loro interessi, non siano riservate e siano utilizzate nell’inchiesta.

99      Dall’altro, l’articolo 20 del regolamento di base prevede due fasi nel corso del procedimento d’inchiesta, durante le quali le parti interessate possono ricevere informazioni specifiche sui principali fatti e considerazioni su cui le misure antidumping possono essere fondate. In tal senso, da un lato, a norma del paragrafo 1 di tale articolo, tali parti possono chiedere di essere informate degli elementi specifici dei principali fatti e considerazioni in base ai quali sono state istituite le misure provvisorie successivamente all’istituzione di tali misure. Dall’altro, ai sensi dei paragrafi 2 e 4 di tale articolo, nella loro versione applicabile ai fatti di cui al caso in esame, tali parti hanno il diritto di essere informate dei principali fatti e considerazioni idonee a fondare la decisione finale prima dell’adozione di tale decisione o la trasmissione di una proposta della Commissione a tal riguardo.

100    Inoltre, l’articolo 20 del regolamento di base assoggetta il rilascio di tali informazioni specifiche ad un certo numero di garanzie procedurali. In tal senso, anzitutto, tanto le informazioni provvisorie quanto le informazioni finali devono essere comunicate alle parti interessate per iscritto e «il più rapidamente possibile». Ai sensi del paragrafo 4 di tale articolo, poi, nella sua versione applicabile alla controversia, il rilascio delle informazioni finali deve avvenire al più tardi entro un mese prima dell’adozione della decisione finale o della trasmissione di una proposta della Commissione a tal riguardo. Infine, ai sensi del suo paragrafo 5, il termine conferito alle parti interessate per presentare osservazioni in merito a tali informazioni finali non può essere inferiore a dieci giorni.

101    Si deve aggiungere che l’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento di base obbliga le istituzioni dell’Unione ad accordare, nell’ambito delle informazioni finali, un’attenzione particolare a fatti e considerazioni diversi da quelli utilizzati per le misure provvisorie. Inoltre, in forza del paragrafo 4, la Commissione può essere tenuta ad integrare le informazioni delle parti successivamente alla fase della comunicazione delle informazioni finali, o in caso di impossibilità di comunicare taluni fatti o considerazioni in tale momento o in caso di un’ulteriore decisione basata su fatti e considerazioni diversi.

102    Tuttavia, risulta dall’articolo 20, paragrafi 1 e 3, del regolamento di base che il rilascio di queste informazioni specifiche alle parti interessate è subordinato alla presentazione, da parte loro, di una domanda scritta formata, per quanto riguarda le informazioni provvisorie, immediatamente dopo l’istituzione delle misure provvisorie e, per quanto riguarda le informazioni finali, entro un mese a decorrere dalla data di pubblicazione dell’istituzione di dette misure provvisorie.

103    In secondo luogo, l’articolo 19 del regolamento di base, il quale corrisponde all’articolo 6.5 dell’accordo antidumping, definisce l’ambito nel quale le autorità competenti devono rispettare la riservatezza delle informazioni da esse raccolte nel contesto delle inchieste antidumping.

104    A tal riguardo, occorre rilevare che l’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento di base sancisce il principio secondo il quale le informazioni di natura riservata devono essere trattate come tali dalle autorità se vengono forniti motivi debitamente giustificati. Tale articolo distingue, inoltre, due categorie di informazioni riservate. Da un lato, esso menziona le informazioni che rivestono un tale carattere per natura e cita, a titolo di esempio, le informazioni la cui divulgazione implicherebbe un significativo vantaggio concorrenziale per un concorrente oppure danneggerebbe gravemente la persona che ha fornito l’informazione o la persona dalla quale l’ha ottenuta. Dall’altro, esso menziona le informazioni comunicate a titolo riservato dalle parti di un’inchiesta antidumping. Inoltre, secondo il paragrafo 5, prima frase, di tale articolo, il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri, inclusi i loro agenti, sono tenuti a non divulgare, salvo esplicita autorizzazione della parte che le ha fornite, le informazioni ricevute in applicazione del regolamento di base per le quali è stato chiesto il trattamento riservato. Inoltre, la seconda frase di tale paragrafo aggiunge un obbligo supplementare di non divulgazione che si applica alle informazioni scambiate tra la Commissione e gli Stati membri, alle consultazioni previste dal regolamento di base, nonché ai documenti interni preparati dalle istituzioni o dagli Stati membri, al quale può derogarsi solo in caso di diversa disposizione di detto regolamento.

105    In terzo luogo, il regolamento di base prevede un certo numero di disposizioni che consentono di conciliare le esigenze connesse ai diritti della difesa delle parti interessate e quelle connesse alla necessità di tutelare le informazioni riservate. Da un lato, l’accesso alle informazioni disponibili per le parti interessate in forza dell’articolo 6, paragrafo 7, e dell’articolo 20 del regolamento di base è limitato dalla riservatezza di tali informazioni. Infatti, risulta dal testo dell’articolo 6, paragrafo 7, di detto regolamento, richiamato al punto 98 supra, che il carattere riservato di un’informazione fornita da una parte interessata dall’inchiesta osta a che le parti interessate ne prendano conoscenza. Inoltre, l’articolo 20, paragrafo 4, di tale regolamento prevede che le informazioni finali devono essere comunicate tenendo «debitamente conto dell’esigenza di tutelare le informazioni riservate». Dall’altro, l’articolo 19, paragrafi da 2 a 4, del regolamento di base prevede un certo numero di adeguamenti rispetto alla riservatezza delle informazioni, al fine di tutelare i diritti della difesa delle parti interessate, intesi segnatamente a garantire, per quanto possibile, l’esistenza di riassunti non riservati delle informazioni riservate, i quali devono essere sufficientemente particolareggiati affinché la sostanza delle informazioni comunicate possa essere adeguatamente compresa, nonché la possibilità per le istituzioni di divulgare informazioni generali, ed in particolare i motivi che hanno giustificato le decisioni prese in forza del regolamento di base.

106    È alla luce di tali principi e di tali disposizioni che occorre verificare, nell’ambito dell’esame delle summenzionate censure, se i diritti della difesa della ricorrente siano stati concretamente lesi.

107    Occorre esaminare, nell’ordine, la seconda, la terza e poi la prima censura.

 Sulla seconda censura

108    A sostegno della seconda censura, la ricorrente fa valere, in sostanza, che le comunicazioni per posta elettronica fra il produttore del paese di riferimento e la Commissione in relazione alla preparazione della risposta al questionario costituiscono informazioni rilevanti per consentire alle parti interessate di far valere il loro punto di vista, e che esse non presentano un carattere riservato. Di conseguenza, l’assenza di tali comunicazioni, nonché, potenzialmente, di altri documenti rilevanti nel fascicolo non riservato del procedimento messo a disposizione delle parti interessate integrerebbe una violazione dei diritti della difesa. Da parte sua, il Consiglio ritiene che tale censura debba essere respinta.

109    A tal riguardo, risulta dal testo stesso dell’articolo 6, paragrafo 7, del regolamento di base, richiamato al punto 98 supra, che le parti interessate da un procedimento d’inchiesta antidumping, come la ricorrente, possono lamentarsi dell’assenza di un documento nel fascicolo non riservato dell’inchiesta solo se sono soddisfatte quattro condizioni cumulative. In primo luogo, un siffatto documento deve contenere informazioni comunicate alla Commissione da una parte interessata dall’inchiesta, le quali devono essere state utilizzate nel corso di tale inchiesta. In secondo luogo, tale documento non deve costituire né un documento interno preparato dalle autorità dell’Unione né presentare un carattere riservato. In terzo luogo, le informazioni contenute in tale documento devono essere pertinenti per la tutela degli interessi della parte interessata di cui trattasi. Infine, in quarto luogo, quest’ultima deve avere presentato una richiesta scritta per prendere conoscenza di detto documento.

110    Orbene, diverse di queste condizioni cumulative non sono manifestamente soddisfatte nella specie.

111    Anzitutto, come risulta dall’allegato A.16, il quale contiene le comunicazioni di posta elettronica controverse, tali comunicazioni vertono unicamente sulle difficoltà incontrate dal produttore del paese di riferimento nel fornire i dati richiesti dalla Commissione ai fini della determinazione del valore normale e le precisazioni della Commissione intese a rispondere a tali difficoltà. Esse non contengono pertanto, di per sé, informazioni che sarebbero state fornite da tale produttore alla Commissione e che sarebbero state utilizzate nel corso dell’inchiesta.

112    Inoltre, per dimostrare che tali comunicazioni erano pertinenti per la difesa dei suoi interessi, la ricorrente si limita a sostenere che esse riguardano i dati e le informazioni utilizzate per determinare il valore normale. Orbene, è stato rilevato al punto 111 supra che tali comunicazioni non contengono siffatte informazioni o dati. Inoltre, la ricorrente non individua, in tali comunicazioni, alcun elemento particolare che possa essere utile per la sua difesa.

113    Infine, e in ogni caso, la ricorrente non sostiene né dimostra di avere presentato, nel corso del procedimento di inchiesta, una richiesta scritta alla Commissione per prendere conoscenza di tali comunicazioni.

114    Di conseguenza, risulta da tutte le suesposte considerazioni che la Commissione, non permettendo alla ricorrente di consultare tali comunicazioni, non è incorsa in una violazione dell’articolo 6, paragrafo 7, del regolamento di base, né in una violazione dei diritti della difesa della ricorrente.

 Sulla terza censura

115    A sostegno della terza censura, la ricorrente sostiene che informazioni tempestive sul metodo servito alla determinazione del valore di mercato degli adeguamenti del calcolo del valore normale dei prodotti senza corrispondenza rivestivano un’importanza capitale. Infatti, tale metodo era diverso da quello seguito per l’adozione del regolamento provvisorio, presentava un carattere nuovo e riguardava la maggioranza dei tipi di prodotto fabbricati dalla ricorrente. Inoltre, i termini e la forma scritta richiesti per la divulgazione di tali informazioni dall’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento di base non sarebbero stati rispettati. Infine, la comunicazione tardiva di tali informazioni avrebbe privato la ricorrente della possibilità di presentare osservazioni più approfondite che avrebbero probabilmente indotto le istituzioni dell’Unione a modificare le proprie conclusioni.

116    Il Consiglio fa valere, in sostanza, che tali argomenti non possono che essere respinti.

117    In via preliminare, occorre rilevare che, nell’ambito della presente censura, la ricorrente non critica, come nella prima censura, il fatto che non le sono state comunicate informazioni relative al calcolo del valore normale, bensì il fatto che talune di queste informazioni non le sono state comunicate nei termini e nelle forme previsti dall’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento di base.

118    Nella specie, occorre ricordare che, come indicato al punto 32 supra, nel documento di informazione finale la Commissione ha indicato di avere accolto l’obiezione della ricorrente secondo la quale il margine di dumping doveva essere stabilito sulla base della totalità delle esportazioni, e non soltanto in relazione ai tipi di prodotto in esame corrispondenti ai tipi di prodotto simile venduti dal produttore del paese di riferimento sul mercato interno. Essa ha precisato, a tal riguardo, che, per i tipi di prodotto in esame senza corrispondenza, il valore normale era stato adeguato sulla base del valore commerciale delle differenze inerenti alle caratteristiche fisiche, in conformità all’articolo 2, paragrafo 10, lettera a), del regolamento di base.

119    Per contro, come indicato dalla ricorrente, la Commissione non ha specificato, in tale documento, in che modo essa aveva determinato il valore commerciale delle differenze inerenti alle caratteristiche fisiche. Infatti, l’articolo 2, paragrafo 10, lettera a), del regolamento di base, prevede unicamente che l’importo dell’adeguamento per le differenze inerenti alle caratteristiche fisiche corrisponde alla stima [ragionevole] del valore di mercato della differenza, senza precisare il metodo da seguire per pervenire ad una siffatta stima ragionevole. Pertanto, come sottolineato in sostanza dalla ricorrente in udienza, la Commissione, affermando, nel documento di informazione finale, di avere adeguato il valore normale in conformità all’articolo 2, paragrafo 10, lettera a), del regolamento di base, non ha fornito alcuna precisazione sul metodo da essa seguito a tal riguardo, se non che essa ha proceduto a tale adeguamento sulla base di una «stima [ragionevole]».

120    È giocoforza constatare che anche se, contrariamente a quanto lasciato intendere dalla ricorrente, tali informazioni non ostavano a che essa presentasse osservazioni utili alla sua difesa, esse limitavano tuttavia la portata e la precisione di tali osservazioni. Infatti, tali informazioni non consentivano alla ricorrente di sapere quale mercato e quali prezzi di riferimento la Commissione aveva utilizzato per determinare il valore commerciale delle differenze inerenti alle caratteristiche fisiche fra i tipi di prodotti senza corrispondenza e i tipi di prodotti per i quali esistevano tipi di prodotti simili direttamente comparabili venduti nel mercato interno dal produttore del paese di riferimento. Orbene, è pacifico che, come fatto valere dalla ricorrente nell’atto introduttivo del ricorso, tali tipi di prodotti senza corrispondenza rappresentavano l’83% della totalità dei tipi di prodotti venduti per essere esportati, che erano stati presi in considerazione per il calcolo del suo margine di dumping. È vero che, nella sua comparsa di risposta, il Consiglio ha fatto valere, senza essere smentito, che tali tipi di prodotti senza corrispondenza rappresentavano «soltanto» il 40% del volume totale delle stesse vendite all’esportazione. Cionondimeno si tratta, in tal caso, di una parte considerevole delle transazioni prese in considerazione per il calcolo del margine di dumping. Di conseguenza, la scelta del mercato e dei prezzi di riferimento per determinare il valore commerciale delle differenze inerenti alle caratteristiche fisiche fra i tipi di prodotto senza corrispondenza e gli altri era idonea ad incidere in maniera significativa sul calcolo del valore normale e dunque sul margine di dumping della ricorrente.

121    Orbene, come risulta dai documenti del fascicolo, è solo all’audizione del 26 marzo 2013 che la Commissione ha precisato nei confronti della ricorrente il metodo che essa aveva utilizzato per determinare il valore commerciale dell’adeguamento apportato al valore normale dei prodotti senza corrispondenza a causa delle differenze inerenti alle caratteristiche fisiche. Come si evince dalla lettera della ricorrente datata 27 marzo 2013 (v. punto 42 supra), la Commissione ha spiegato, nel corso di tale audizione, che il valore commerciale di tale adeguamento era stato determinato sulla base dei prezzi all’esportazione verso l’Unione fissati dalla ricorrente per i tipi di prodotto in esame senza corrispondenza. Come rilevato dalla ricorrente, tali spiegazioni sono intervenute un giorno dopo la scadenza del termine di dieci giorni impartito dalla Commissione alle parti interessate per presentare osservazioni scritte sul documento di informazione finale.

122    Tuttavia, come risulta da questa stessa lettera del 27 marzo 2013, il termine entro il quale la Commissione ha apportato tale precisazione relativa alla determinazione del valore commerciale del summenzionato adeguamento non ha impedito alla ricorrente di presentare osservazioni a tal riguardo e alla Commissione di tenerne conto nella sua proposta di regolamento definitivo.

123    Infatti, da un lato, la ricorrente ha fatto valere, all’audizione del 26 marzo 2013 e nella sua lettera del 27 marzo 2013, che il metodo scelto dalla Commissione poggiava su una presunzione, la quale non era né ragionevole né verificabile, secondo la quale il valore commerciale delle differenze inerenti alle caratteristiche fisiche si rifletterebbe nei prezzi all’esportazione. Secondo la ricorrente, tale affermazione era corroborata dal fatto che tale approccio conduceva ad un margine di dumping di livello analogo a quello calcolato unicamente sulla base dei tipi di prodotti corrispondenti. Inoltre, la ricorrente ha proposto un metodo alternativo consistente nel limitare il numero di tipi di prodotti senza corrispondenza accorciando i numeri di controllo di prodotti che consentivano di identificarli. In tal senso, tali numeri di controllo avrebbero dovuto essere limitati alle prime quattro cifre, le quali si riferivano alla forma dell’accessorio, e alla nona cifra, che si riferiva alla sua superficie. Quanto agli accessori a superficie nera, la ricorrente proponeva di fondarsi sul valore normale degli accessori a superficie galvanizzata identici o simili adeguati tramite una riduzione del 15%, in conformità alle indicazioni del produttore del paese di riferimento. Per quanto attiene ai restanti tipi di prodotti senza corrispondenza, la Commissione, secondo la ricorrente, doveva utilizzare piuttosto il valore normale medio di tutti i tipi di prodotti simili comparabili, senza applicare adeguamenti per le differenze inerenti alle caratteristiche fisiche.

124    Dall’altro, contrariamente a quanto lasciato intendere dalla ricorrente, tali osservazioni sono state presentate ad una data che lasciava tempo sufficiente alla Commissione per prenderle in considerazione. Infatti, come affermato dalla ricorrente stessa nell’atto introduttivo del ricorso, la proposta di regolamento definitivo della Commissione è stata trasmessa al Consiglio il 15 aprile 2013, cosicché la Commissione disponeva di un lasso di tempo per esaminare le osservazioni della ricorrente, il quale non limitava in maniera eccessiva il margine di valutazione di tale istituzione. A tal riguardo, occorre rilevare che nessuna disposizione del regolamento di base, e in particolare il suo articolo 15 relativo alle consultazioni effettuate dalla Commissione in seno al comitato consultivo, fissa un termine specifico per lo svolgimento di tali consultazioni prima della presentazione di una proposta di regolamento definitivo al Consiglio. Pertanto, tale articolo 15 prevede unicamente che tali consultazioni debbano avere luogo in un lasso di tempo che consenta di rispettare i termini fissati dal regolamento di base. Inoltre, risulta espressamente dall’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento di base che, successivamente alla comunicazione del documento di informazione finale, la Commissione o il Consiglio hanno la facoltà di adottare una decisione fondata su fatti e considerazioni diversi da quelli indicati in tale documento.

125    Inoltre, non può essere accolto l’argomento della ricorrente, secondo il quale, in forza dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento di base, la comunicazione di tali informazioni sarebbe dovuta avvenire, da un lato, in forma scritta e, dall’altro, entro un termine minimo di un mese prima della trasmissione della proposta di regolamento definitivo. Infatti, anzitutto, quanto alla risposta della Commissione ad una domanda di precisazioni della ricorrente circa le informazioni figuranti nel documento di informazione finale, la Commissione non era affatto tenuta a presentarla per iscritto. Tale obbligo previsto dall’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento di base, infatti, riguarda unicamente il documento di informazione finale stesso, il quale viene comunicato a tutte le parti interessate. In ogni caso, il fatto che tale risposta sia stata fornita oralmente e non per iscritto è irrilevante, nella misura in cui, come risulta dal punto 123 supra, essa ha consentito alla ricorrente di presentare le proprie osservazioni in tempo utile. Analogamente, il termine di non oltre un mese prima della trasmissione di una proposta di decisione finale si applica unicamente, in forza della medesima disposizione, al documento di informazione finale, ed è stato rispettato in relazione a tale documento, circostanza che non è oggetto di contestazione. Per contro, tale termine non è applicabile, per definizione, ad una spiegazione fornita in risposta ad una richiesta di precisazioni di una parte interessata concernente il contenuto di tale documento di informazione finale.

126    Analogamente, non può essere accolto neanche l’argomento della ricorrente secondo il quale emergerebbe chiaramente dal regolamento impugnato che le sue osservazioni non sarebbero state prese in considerazione. A tal riguardo, occorre sottolineare che, come ammesso implicitamente dalla ricorrente nella replica, tale argomento non è inteso a dedurre un difetto di motivazione del regolamento impugnato, ma piuttosto a dimostrare che la Commissione non sarebbe stata in grado di esaminare o prendere in considerazione le sue osservazioni. Orbene, secondo la giurisprudenza, tale asserita mancanza di considerazione delle osservazioni della ricorrente non costituisce una violazione dei suoi diritti della difesa o del suo diritto di essere sentita. Infatti, se il rispetto dei citati diritti impone alle istituzioni dell’Unione di permettere alle parti interessate di far conoscere efficacemente il loro punto di vista, esso non può obbligare dette istituzioni ad aderirvi. L’efficacia della prospettazione del punto di vista delle ricorrenti richiede solamente che tale punto di vista abbia potuto essere esposto in tempo utile affinché le istituzioni dell’Unione possano prenderne conoscenza e, con tutta l’attenzione richiesta, valutarne la pertinenza ai fini del contenuto dell’atto da adottarsi [v. sentenza del 12 dicembre 2014, Crown Equipment (Suzhou) e Crown Gabelstapler/Consiglio, T‑643/11, Racc. (Estratto), EU:T:2014:1076, punto 43 e la giurisprudenza ivi citata]. In ogni caso, occorre rilevare, al pari del Consiglio, che quest’ultimo non è tenuto, in un regolamento che istituisce dazi antidumping definitivi, a rispondere a tutti gli argomenti fatti valere dalle parti interessate nel corso del procedimento d’inchiesta, e che tale assenza di risposta non può dimostrare automaticamente un mancato esame di tali argomenti. Del resto, il Tribunale ha dichiarato che non può esigersi che la motivazione di un regolamento antidumping definitivo specifichi i diversi elementi di fatto e di diritto, talvolta molto numerosi e complessi, che ne sono oggetto, né che le istituzioni prendano posizione rispetto a tutti gli argomenti fatti valere dagli interessati. Al contrario, è sufficiente che l’autore dell’atto esponga i fatti e le considerazioni giuridiche che rivestono un’importanza essenziale nell’economia del regolamento contestato (sentenze del 13 settembre 2010, Whirlpool Europe/Consiglio, T‑314/06, Racc., EU:T:2010:390, punto 114, e del 20 maggio 2015, Yuanping Changyuan Chemicals/Consiglio, T‑310/12, EU:T:2015:295, punto 172).

127    Di conseguenza, risulta da tutte le considerazioni che precedono che la terza censura deve essere respinta.

 Sulla prima censura

128    A sostegno della prima censura, in primo luogo, la ricorrente fa valere che i calcoli del valore normale costituiscono i principali fatti e considerazioni ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento di base. Dal momento che, a suo avviso, tali calcoli non costituivano più informazioni riservate, ai sensi del paragrafo 4 di tale articolo, dopo che il produttore del paese di riferimento aveva autorizzato la divulgazione dei dati sottesi a tali calcoli, essa ritiene che la Commissione fosse tenuta, a partire da questo momento, a comunicarglieli. Tale obbligo sarebbe inoltre confermato dal testo dell’articolo 19, paragrafo 5, del regolamento di base. In secondo luogo, essa sostiene che il diniego delle istituzioni le ha impedito di esercitare i suoi diritti della difesa, in particolare presentando osservazioni su tali calcoli, cosicché l’esito del procedimento avrebbe potuto essere diverso. Infine, in terzo ed ultimo luogo, essa afferma che il fatto di comunicarle tali calcoli non avrebbe violato il principio di non discriminazione, in quanto, a causa dell’autorizzazione del produttore del paese di riferimento, che la riguardava specificamente, essa si trovava in una situazione oggettivamente diversa da quella degli altri produttori esportatori.

129    In primo luogo, per valutare l’esistenza o meno di una violazione dell’articolo 20, paragrafi da 2 a 4, del regolamento di base, risultante dal rifiuto delle istituzioni di comunicare alla ricorrente i calcoli del valore normale, occorre determinare la natura precisa delle informazioni che, secondo la ricorrente, le istituzioni avrebbero dovuto comunicarle e che essa designa con l’espressione «calcoli del valore normale».

130    A tal riguardo, occorre rammentare che, come può essere desunto dalle osservazioni della ricorrente sul documento di informazione provvisorio datato 17 dicembre 2012 (v. punti 16 e 29 supra) e come confermato dal Consiglio in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, il valore normale ai fini della determinazione del margine di dumping della ricorrente era stato inizialmente calcolato, nel regolamento provvisorio, sulla base del valore costruito, in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base. Infatti, come può essere desunto dal considerando 55 del regolamento provvisorio, le vendite del prodotto simile erano state considerate insufficientemente rappresentative delle vendite all’esportazione del prodotto in esame realizzate dalla ricorrente, circostanza che è stata confermata dal Consiglio. Pertanto, come indicato dal considerando 17 del regolamento impugnato, è a seguito delle osservazioni della ricorrente che il Consiglio, nel regolamento impugnato, ha accettato di utilizzare le vendite sul mercato interno del prodotto simile effettuate nell’ambito di normali operazioni commerciali dal produttore del paese di riferimento per stabilire il valore normale ai fini della determinazione del margine di dumping della ricorrente.

131    Inoltre, come risulta dai considerando 56 e 68 del regolamento provvisorio (v. punti 17 e 23 supra), la Commissione si era inizialmente limitata, per la determinazione del valore normale, ai tipi di prodotto simile venduti dal produttore del paese di riferimento direttamente comparabili ai tipi di prodotto in esame venduti ai fini dell’esportazione dalla ricorrente. Per questo motivo, il margine di dumping della ricorrente era stato calcolato sulla base di una comparazione fra il valore normale e i prezzi all’esportazione limitata a tali tipi di prodotto simile e ai tipi di prodotto in esame corrispondenti, ossia, come risulta da un messaggio di posta elettronica della Commissione datato 26 novembre 2012, a 369 tipi di prodotto. Tali tipi di prodotto rappresentavano pertanto il 20% circa dei tipi di prodotto venduti per l’esportazione dalla ricorrente, i quali erano circa 1 645, stando ad una cifra fornita dalla ricorrente nelle sue osservazioni sul documento di informazione finale e non contestato (v. punto 40 supra). A tal riguardo, come indicato dalla Commissione alla ricorrente nel documento di informazione finale in data 15 marzo 2013 (v. punto 32 supra), è a seguito delle obiezioni di quest’ultima che tale istituzione ha accettato, nella sua proposta di misura definitiva, di stabilire il suo margine di dumping sulla base della totalità delle sue vendite all’esportazione, tramite un adeguamento del valore normale in relazione ai tipi di prodotto in esame privi di corrispondente nei tipi di prodotto venduti dal produttore del paese di riferimento. Come risulta dal considerando 18 del regolamento impugnato (v. punto 46 supra), tale modifica della determinazione del margine di dumping è stata confermata in tale regolamento. È pertanto su tale base che, come risulta dal considerando 20 del regolamento impugnato (v. punto 48 supra), il valore normale medio ponderato calcolato per ciascun tipo di prodotto simile è stato comparato alla media ponderata della corrispondente tipologia del prodotto in esame, in applicazione del primo metodo menzionato all’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base.

132    Risulta quindi dai punti 130 e 131 supra che il calcolo del valore normale ai fini della determinazione del margine di dumping della ricorrente poggia, in realtà, su un insieme di 1 645 valori, ciascuno dei quali corrisponde alla media ponderata delle vendite del produttore del paese di riferimento di un determinato tipo di prodotto simile e adeguato, se del caso, segnatamente, per circa l’80% di tali valori, al fine di tenere conto delle differenze inerenti alle caratteristiche fisiche presentate dai tipi di prodotto interessati senza corrispondenza.

133    Come è stato indicato al punto 27 supra, nel documento di informazione provvisorio la Commissione ha precisato che, poiché un solo produttore del paese di riferimento aveva collaborato all’inchiesta, le informazioni provenienti dal paese di riferimento non potevano, di conseguenza, essere divulgate «al livello dei [numeri di controllo di prodotto]». Si evince dai documenti del fascicolo che i numeri di controllo di prodotto designano i codici alfanumerici corrispondenti ciascuno ad un determinato tipo di prodotto. Pertanto, l’affermazione della Commissione deve essere intesa nel senso che tale istituzione ha occultato tutte le informazioni dettagliate relative a ciascun tipo di prodotto venduto dal produttore del paese di riferimento. Inoltre, sempre in questo stesso documento, la Commissione ha indicato che, nei file elettronici allegati al documento di informazione provvisorio, essa aveva occultato, per motivi di riservatezza, i dati fondati sulle informazioni fornite dal produttore del paese di riferimento. Infatti, risulta dai documenti del fascicolo che le tabelle relative ai costi di produzione delle vendite interne (2.2 DMCOP), alle vendite interne (2.4 DMSALES), nonché ai calcoli delle vendite nelle operazioni commerciali normali e del valore normale (2.5 OCOT et NV), non contengono alcun dato. Lo stesso vale, nella tabella relativa alla sintesi del calcolo del dumping (2.1), per le colonne relative al valore normale, nonché per le colonne relative all’importo e al margine di dumping per ciascun tipo di prodotto. Per contro, nessun dato è stato occultato nelle colonne di quest’ultima tabella relative alle vendite all’esportazione della ricorrente verso l’Unione, nonché nella tabella relativa a queste stesse vendite (2.7 EUSALES) e nella tabella relativa ai calcoli del prezzo delle esportazioni per tipo di prodotto (2.8). Come è stato indicato al punto 34 supra, nel documento di informazione finale la Commissione ha occultato le stesse categorie di dati che nel documento di informazione provvisorio. Inoltre, non risulta dai documenti del fascicolo che la Commissione avrebbe comunicato alcuni di tali dati alla ricorrente, allorché, in risposta alle richieste di quest’ultima, essa ha fornito precisazioni aggiuntive alle informazioni fornite nel documento di informazione provvisorio e nel documento di informazione finale.

134    Risulta pertanto da quanto precede che i calcoli del valore normale effettuati per ciascun tipo di prodotto simile, nonché i valori di cui al punto 132 supra, i quali corrispondono ai risultati di tali calcoli, non sono stati comunicati alla ricorrente. Come risulta espressamente dall’atto introduttivo del ricorso, è la mancata divulgazione di tali informazioni che la ricorrente ritiene lesiva dei suoi diritti della difesa nell’ambito della prima censura. In particolare, la ricorrente si riferisce, a tal riguardo, ai dati occultati delle tabelle del documento di informazione finale relativi ai calcoli delle vendite in operazioni commerciali normali e del valore normale (2.5 OCOT e NV), di cui al punto 133 supra. A suo avviso, tali dati avrebbero dovuto esserle comunicati non appena il produttore del paese di riferimento aveva autorizzato la divulgazione degli elementi sui quali la Commissione si era fondata per determinare tali dati.

135    È vero che, come indicato ai punti 36 e 39 supra, nel corso del procedimento di inchiesta la ricorrente si è parimenti lamentata della mancata divulgazione di altri documenti e informazioni rilevanti ai fini della determinazione del valore normale. Tuttavia, nell’ambito della prima censura, la ricorrente non l’ha invocata, e si è dunque limitata a far valere la mancata divulgazione dei calcoli del valore normale, ossia il dettaglio di tali calcoli in base al tipo di prodotto, nonché il risultato di detti calcoli.

136    In secondo luogo, occorre rilevare, in tale fase, che le istituzioni non contestano l’affermazione della ricorrente, secondo la quale i calcoli del valore normale, ai sensi del punto 135 supra, costituiscono principali considerazioni ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento di base. Del resto, le istituzioni, come da esse riconosciuto in udienza in risposta ad un quesito del Tribunale, avrebbero comunicato alla ricorrente i calcoli dettagliati del valore normale se questi ultimi fossero stati effettuati sulla base delle vendite interne di tale produttore esportatore, e non avessero presentato, per questo motivo, un carattere riservato per quest’ultimo. Analogamente, come è stato ricordato al punto 133 supra, benché la Commissione abbia occultato, in relazione alla ricorrente, i calcoli del valore normale in base al tipo di prodotto, per motivi di riservatezza, essa le ha comunicato, per contro, i calcoli dei prezzi all’esportazione corrispondenti.

137    In terzo luogo, occorre richiamare le ragioni esatte per cui la Commissione ha respinto la richiesta di divulgazione dei calcoli del valore normale.

138    A tal riguardo, risulta dal messaggio di posta elettronica della ricorrente, datato 19 marzo 2013 (v. punto 38 supra), che la Commissione ha anzitutto risposto al produttore del paese di riferimento indicando che, dal suo punto di vista, la riservatezza delle informazioni da questi fornite non poteva essere revocata, in maniera selettiva, a favore di parti interessate specifiche. Il contenuto di tali affermazioni non è stato contestato dalle istituzioni. Sempre in questo stesso messaggio di posta elettronica, la ricorrente ha reiterato la sua domanda rispondendo al motivo indicato dalla Commissione al produttore del paese di riferimento e presentando, a tal riguardo, due argomenti. Il primo argomento è relativo al fatto che i calcoli del margine di dumping e, di conseguenza, i dati relativi al valore normale, erano specifici dell’impresa interessata. Il secondo è relativo al fatto che il regolamento di base non prevedeva che l’autorizzazione specifica della persona che ha fornito le informazioni riservate non potesse essere limitata ad una sola parte interessata. Inoltre, affermando che erano in gioco i suoi diritti della difesa, essa ha precisato di avere chiesto al consigliere‑auditore di risolvere la controversia in questione. Il capo della sezione delle inchieste antidumping della Commissione e il consigliere‑auditore hanno ciascuno preso posizione il 21 marzo 2013 su tale messaggio di posta elettronica nei termini indicati al punto 38 supra. Non risulta dai documenti del fascicolo che la Commissione abbia espresso posizioni diverse da quelle illustrate supra in una fase successiva del procedimento di inchiesta.

139    Di conseguenza, l’unico motivo invocato della Commissione per respingere la richiesta di divulgazione dei calcoli del valore normale poggia sulla necessità di rispettare il principio di non discriminazione nei confronti dei produttori esportatori cinesi inclusi nel campione diversi dalla ricorrente. In tal senso, la Commissione ha ritenuto, da un lato, che il produttore del paese di riferimento non potesse rinunciare alla riservatezza delle informazioni da questi fornite a favore di una parte interessata specifica e, dall’altro, che essa stessa non potesse comunicare tali informazioni unicamente alla ricorrente, e non agli altri produttori esportatori cinesi inclusi nel campione. Infatti, la Commissione ha ritenuto che tali informazioni riguardassero tanto questi ultimi quanto la ricorrente, nella misura in cui esse erano state utilizzate per calcolare il valore normale servito alla determinazione del margine di dumping individuale di questi tre produttori. La Commissione ha pertanto considerato che tali informazioni non erano specifiche per il calcolo del valore normale concernente il margine di dumping della ricorrente e che, di conseguenza, una comunicazione individuale di tali informazioni a quest’ultima non era giustificata.

140    Tuttavia, nell’ambito del presente ricorso, le istituzioni hanno presentato una linea argomentativa che si ricollega in parte a motivi diversi da quelli esposti al punto 139 supra.

141    In tal senso, nell’ambito della fase scritta del procedimento, il Consiglio ha dedotto, in sostanza, altri due motivi sui quali, a suo avviso, tale rifiuto sarebbe stato fondato.

142    Da un lato, il Consiglio ha fatto valere che l’autorizzazione del produttore del paese di riferimento è applicabile unicamente alle informazioni da questi trasmesse alla Commissione, e non ai calcoli del valore normale, i quali costituiscono un documento interno della Commissione.

143    Dall’altro, il Consiglio ha sostenuto che i calcoli del valore normale rivestivano un carattere riservato per natura, in conformità all’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento di base, cosicché il loro carattere riservato non dipenderebbe da una domanda di trattamento riservato ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 5, di questo stesso regolamento, e non può essere modificato dall’autorizzazione del produttore del paese di riferimento. Pertanto, nonostante tale autorizzazione, la Commissione sarebbe stata tenuta, in ogni caso, a respingere la domanda della ricorrente intesa ad ottenere la divulgazione di tali calcoli. In udienza, il Consiglio e la Commissione hanno precisato e integrato la linea argomentativa elaborata dal Consiglio per iscritto al fine di dimostrare la fondatezza di tale motivo. In particolare, le istituzioni hanno affermato, in sostanza, che i dati del produttore del paese di riferimento sottesi a tali calcoli rientravano nel segreto commerciale di quest’ultimo. Ne risulterebbe, secondo le istituzioni, che la divulgazione di tali dati, da un lato, arrecherebbe pregiudizio agli interessi particolari dei concorrenti della ricorrente sul mercato di cui trattasi e, dall’altro, falserebbe la concorrenza su tale mercato. Inoltre, nell’ambito del metodo del paese di riferimento, la limitazione delle informazioni rilasciate ai produttori esportatori interessati che ne risulterebbe sarebbe una logica conseguenza del rigetto della loro domanda di SEM; ciò sarebbe necessario, inoltre, per assicurare la collaborazione volontaria dei produttori dei paesi di riferimento. Infine, le istituzioni hanno indicato che, alla data alla quale la Commissione aveva respinto la richiesta di divulgazione dei calcoli del valore normale della ricorrente, essa ignorava la portata esatta delle informazioni che il produttore del paese di riferimento stesso aveva comunicato alla ricorrente.

144    Tuttavia, non è sul fondamento di uno dei motivi esposti ai punti 142 e 143 supra che la Commissione si è rifiutata di comunicare alla ricorrente i calcoli del valore normale, bensì sul fondamento del motivo illustrato al punto 139 supra, come risulta dallo scambio di messaggi di posta elettronica avvenuto fra il 18 e il 21 marzo 2013 (v. punti da 35 a 38 nonché 138 supra).

145    Del resto, occorre rilevare che, per quanto attiene al motivo relativo al fatto che i calcoli del valore normale costituirebbero, a differenza delle informazioni fornite dal produttore del paese di riferimento, documenti interni, le istituzioni hanno espressamente riconosciuto, in udienza, che la Commissione non si era fondata su tale motivo nel corso del procedimento di inchiesta per tutelare la riservatezza di detti calcoli.

146    È vero che, per quanto riguarda il motivo concernente il fatto che tali calcoli erano riservati per natura, le istituzioni hanno fatto valere in udienza, per contro, che era su tale motivo che la Commissione si era fondata per occultare detti calcoli nell’ambito del documento di informazione finale. A tal riguardo, come è stato rilevato al punto 133 supra, la Commissione ha giustificato l’occultamento dei calcoli del valore normale nel documento di informazione provvisorio e nel documento di informazione finale con il fatto che, poiché un solo produttore del paese di riferimento aveva collaborato all’inchiesta, le informazioni provenienti dal paese di riferimento non potevano essere divulgate al livello dei tipi di prodotto. Orbene, può essere logicamente desunto dai termini di tale giustificazione che l’occultamento dei calcoli del valore normale in detti documenti era inteso ad evitare che essi consentissero la ricostituzione dei dati sottesi del solo produttore del paese di riferimento che aveva collaborato, i quali rientravano nell’ambito del segreto commerciale di tale produttore. Pertanto, può ritenersi che, alla data di trasmissione del documento di informazione finale, la Commissione si sia fondata su tale motivo per occultare i calcoli del valore normale in tale documento.

147    Tuttavia, come risulta dallo scambio di messaggi di posta elettronica avvenuto fra il 18 e il 21 marzo 2013, la Commissione non ha più fatto riferimento a tale motivo nel corso di tale scambio, né in via principale né in subordine. Al contrario, tanto i termini quanto il contesto di tale scambio (v. punti da 35 a 38, nonché 138 supra) sembrano indicare che, in tale fase del procedimento, la Commissione non intendeva più fondarsi su tale motivo per respingere la richiesta di divulgazione dei calcoli del valore normale della ricorrente.

148    A tal riguardo, occorre sottolineare, in particolare, che il consigliere‑auditore ha affermato, nel suo messaggio di posta elettronica del 21 marzo 2013, che il «trattamento non discriminatorio delle parti costitui[va] l’elemento essenziale» (v. punto 38 supra).

149    Inoltre, occorre parimenti constatare che, alla data della trasmissione del documento di informazione finale, ossia il 15 marzo 2013, il produttore del paese di riferimento non aveva ancora autorizzato la ricorrente ad accedere ai dati che tale produttore aveva trasmesso alla Commissione. Infatti, come ricordato al punto 35 supra, tale autorizzazione è stata concessa solo il 18 marzo 2013. Orbene, è a seguito di questo fatto nuovo che la Commissione ha fatto valere, per la prima volta, il motivo relativo alla necessità di rispettare la parità di trattamento. Da tale catena di eventi può essere desunto che la Commissione ha implicitamente ma necessariamente ritenuto che, a causa della summenzionata autorizzazione, essa non potesse più opporre alla ricorrente il motivo per il quale essa aveva occultato i calcoli del valore normale nel documento di informazione provvisorio e nel documento di informazione finale, ossia il rispetto del segreto commerciale del produttore del paese di riferimento, bensì unicamente il motivo relativo alla necessità di rispettare la parità di trattamento.

150    È dunque giocoforza constatare che, deducendo i motivi illustrati al punto 141 supra, il Consiglio invita in realtà il Tribunale a sostituire tali motivi a quello invocato dalla Commissione nel corso del procedimento di inchiesta per respingere la richiesta della ricorrente di divulgazione dei calcoli del valore normale. Orbene, secondo una giurisprudenza costante, la legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata in base alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui l’atto è stato adottato (v. sentenza del 3 settembre 2015, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione, C‑398/13 P, Racc., EU:C:2015:535, punto 22 e la giurisprudenza ivi citata), cosicché il Tribunale non può aderire ad un siffatto invito (v., in tal senso, sentenza del 12 novembre 2013, North Drilling/Consiglio, T‑552/12, EU:T:2013:590, punto 25).

151    Del resto, la violazione dei suoi diritti della difesa nel corso del procedimento amministrativo, lamentata dalla ricorrente nell’ambito della presente censura, è idonea a comportare l’annullamento del regolamento antidumping. Di conseguenza, tale violazione non può essere sanata tramite il semplice esame, da parte del giudice dell’Unione, dei motivi idonei a fondare la decisione costitutiva della violazione addotta. Infatti, un tale sindacato si limita al controllo giurisdizionale dei motivi sollevati e non può sostituire l’istruttoria completa della pratica nell’ambito del procedimento amministrativo, fondata su una valutazione, da parte dell’autorità competente, delle circostanze particolari del caso di specie. Venendo a conoscenza, per la prima volta nel presente ricorso, dei motivi invocati dalle istituzioni dinanzi al Tribunale, la ricorrente non viene peraltro ricollocata nella situazione in cui si sarebbe trovata se essa avesse potuto presentare le sue osservazioni su tali motivi nel corso del procedimento d’inchiesta (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione, C‑110/10 P, Racc., EU:C:2011:687, punto 51). Di conseguenza, il Tribunale non può in ogni caso determinare l’esistenza, nella specie, di una violazione dei diritti della difesa della ricorrente risultante dal diniego di comunicarle i calcoli del valore normale sulla base di motivi sui quali tale diniego non era fondato.

152    Pertanto, per procedere alla determinazione dell’esistenza di una violazione dei diritti della difesa nella specie, il Tribunale potrà tenere conto degli argomenti delle istituzioni solo nella misura in cui essi sono idonei a supportare l’unico motivo invocato dalla Commissione nel corso del procedimento di inchiesta. Per contro, come è stato richiamato al punto 81 supra, risulta da una giurisprudenza costante che l’esistenza di un’irregolarità relativa ai diritti della difesa può comportare l’annullamento del regolamento controverso solo nella misura in cui non possa essere completamente esclusa la possibilità che, a causa di tale irregolarità, il procedimento amministrativo avrebbe potuto portare ad un risultato diverso.. Di conseguenza, nel caso in cui dovesse essere constatato che la Commissione non era legittimata ad invocare il motivo relativo alla necessità di rispettare la parità di trattamento per negare la comunicazione alla ricorrente dei calcoli del valore normale, occorrerà, se del caso, esaminare se essa fosse cionondimeno tenuta a procedere ad un siffatto diniego sulla base di uno dei motivi dedotti dal Consiglio nell’ambito del presente ricorso, cosicché un esito diverso del procedimento dovrebbe essere escluso.

153    In quarto luogo, occorre pertanto verificare se, nelle circostanze che caratterizzano il caso di specie, il motivo relativo alla necessità di rispettare la parità di trattamento nei confronti degli altri produttori esportatori inclusi nel campione poteva giustificare il diniego di comunicare alla ricorrente i calcoli del valore normale.

154    A tal riguardo, occorre ricordare che, come indicato al punto 128 supra, tanto nel corso del procedimento di inchiesta quanto nell’ambito della presente controversia, la ricorrente ha fatto valere, in particolare, che, in relazione ai calcoli del valore normale, essa si trovava in una situazione oggettivamente diversa da quella degli altri produttori esportatori, a causa dell’autorizzazione del produttore del paese di riferimento che la riguardava specificamente.

155    Per contro, la ricorrente non contesta che, fino a che il produttore del paese di riferimento, con la sua lettera del 18 marzo 2013, non aveva autorizzato la Commissione a comunicarle le informazioni che questi aveva fornito a tale istituzione, i calcoli del valore normale non potevano esserle comunicati. In particolare, non risulta dai documenti del fascicolo che la ricorrente avrebbe chiesto tale comunicazione anteriormente a detta lettera.

156    Come è stato ricordato al punto 95 supra, nell’ambito di applicazione del combinato disposto degli articoli 19 e 20 del regolamento di base, le istituzioni devono vigilare sul rispetto del principio di buona amministrazione, sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali, ai sensi del quale ogni individuo ha diritto in particolare a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale dalle istituzioni dell’Unione (v., in tal senso e per analogia, sentenza dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, Racc., EU:C:2013:513, punto 155). Secondo una giurisprudenza costante, il principio di parità di trattamento vieta, da un lato, di trattare in modo diverso situazioni analoghe e, dall’altro, di trattare in modo uguale situazioni differenti, salvo che una differenza di trattamento non sia obiettivamente giustificata (v. sentenza del 25 ottobre 2011, CHEMK e KF/Consiglio, T‑190/08, Racc., EU:T:2011:618, punto 65 e la giurisprudenza ivi citata).

157    Nell’ambito di applicazione delle disposizioni del regolamento di base, le istituzioni dell’Unione sono tenute a rispettare il principio di parità di trattamento nei confronti delle parti interessate (v. sentenza del 13 settembre 2013, Cixi Jiangnan Chemical Fiber e a./Consiglio, T‑537/08, EU:T:2013:428, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata). In particolare, tale principio generale riceve un’applicazione particolare nell’ambito dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, il quale esige che il dazio antidumping venga istituito per l’importo adeguato a ciascun caso e senza discriminazione sulle importazioni di prodotti, indipendentemente dalla fonte.

158    Tuttavia, risulta dalla giurisprudenza che, quando la disparità di trattamento fra le esportazioni in relazione alla riscossione del dazio antidumping ha un fondamento normativo nel regolamento di base, esiste una ragione oggettiva per tale disparità di trattamento, cosicché essa non può essere considerata costitutiva di una violazione della parità di trattamento [v., in tal senso, sentenza del 12 settembre 2002, Europe Chemi-Con (Deutschland)/Consiglio, T‑89/00, Racc., EU:T:2002:213, punto 57 e la giurisprudenza ivi citata]. In termini generali, una differenza di trattamento è fondata su un criterio obiettivo e ragionevole qualora essa sia rapportata a un legittimo scopo perseguito dalla normativa in questione e tale differenza sia proporzionata allo scopo perseguito dal trattamento di cui trattasi (v. sentenza del 22 maggio 2014, Glatzel, C‑356/12, Racc., EU:C:2014:350, punto 43 e la giurisprudenza ivi citata).

159    A tal riguardo, occorre anzitutto rilevare che, come affermato dalla ricorrente, la tesi sostenuta dalla Commissione nell’ambito dello scambio di messaggi di posta elettronica avvenuto fra il 18 e il 21 marzo 2013, secondo la quale non sarebbe possibile rimuovere la riservatezza di un’informazione nei confronti di una parte interessata specifica, non trova alcun sostegno nelle disposizioni rilevanti del regolamento di base.

160    In tal senso, anzitutto, non risulta dal testo dell’articolo 19, paragrafo 5, del regolamento di base che l’autorizzazione della persona che ha fornito le informazioni, richiesta per la divulgazione di tutte le informazioni per le quali tale persona ha presentato una richiesta di riservatezza, non potrebbe essere concessa nei confronti soltanto di una o più parti interessate specifiche.

161    Risulta poi dai motivi di riservatezza elencati a titolo indicativo all’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento di base che la valutazione del carattere riservato di un’informazione fornita nell’ambito di un’inchiesta antidumping può implicare la considerazione della rispettiva situazione tanto delle persone all’origine di tale informazione quanto delle parti interessate che possono avervi accesso. In particolare, uno dei motivi menzionati in tale disposizione, relativo al fatto che la divulgazione di tale informazione potrebbe comportare un significativo vantaggio per un concorrente, implica la valutazione della rispettiva posizione sul mercato, da un lato, delle persone che tale divulgazione potrebbe svantaggiare e, dall’altro, delle parti interessate che potrebbero trarne un vantaggio introducendo una distorsione della concorrenza.

162    È per questo motivo che il Tribunale ha già ritenuto che spettasse alla Commissione, alla luce delle particolari circostanze del caso di specie, ad esempio del numero ristretto di imprese presenti su tale mercato e della conoscenza estremamente buona di tale mercato da parte del richiedente, evitare di divulgare dati che avrebbero consentito a tale impresa di dedurre informazioni commercialmente sensibili, che avrebbero potuto nuocere all’impresa che aveva fornito tali dati (v., in tal senso, sentenza Ajinomoto e NutraSweet/Consiglio, punto 94 supra, EU:T:1997:209, punto 86).

163    È vero che, come fatto valere dalle istituzioni in udienza, i motivi menzionati all’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento di base riguardano la protezione di informazioni che rientrano nell’ambito del segreto commerciale, le quali sono per natura riservate e, in linea di principio, non vengono divulgate (v., in tal senso, sentenze del 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio, C‑69/89, Racc., EU:C:1991:186, punto 112, e Hangzhou Duralamp Electronics/Consiglio, punto 94 supra, EU:T:2013:369, punto 115).

164    Tuttavia, non risulta dal testo dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento di base che la protezione di siffatte informazioni imporrebbe di escludere, in linea di principio, ogni possibilità di divulgarle e, pertanto, ogni valutazione della situazione particolare di una parte interessata che chiede di accedere a tali informazioni. Infatti, come viene ricordato al punto 94 supra, risulta dalla giurisprudenza che l’obbligo delle istituzioni di assicurare il trattamento riservato di un’informazione che rientra nel segreto commerciale non può privare le altre parti interessate, e in particolare gli esportatori, delle garanzie procedurali previste dall’articolo 20 del regolamento di base né svuotare del loro contenuto essenziale i diritti loro attribuiti in forza delle stesse disposizioni (v., in tal senso, sentenze Timex/Consiglio e Commissione, punto 94 supra, EU:C:1985:119, punto 29, e Zhejiang Harmonic Hardware Products/Consiglio, punto 94 supra, EU:T:2011:639, punto 59). Inoltre, è stato sottolineato al punto 105 supra che il testo dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento di base prevede che le informazioni finali debbano essere fornite tenendo «debitamente conto dell’esigenza di tutelare le informazioni riservate». Si deve rilevare che tale formulazione lascia alla Commissione un certo margine di valutazione per determinare il modo più appropriato per conciliare il diritto all’informazione delle parti interessate e la riservatezza di talune informazioni.

165    L’interpretazione delle istituzioni non viene avvalorata neppure nella giurisprudenza relativa alla tutela del segreto commerciale. È vero che, secondo tale giurisprudenza, la tutela del segreto commerciale costituisce un principio generale del diritto dell’Unione (v. sentenza del 29 marzo 2012, Interseroh Scrap and Metals Trading, C‑1/11, Racc., EU:C:2012:194, punto 43 e la giurisprudenza ivi citata). Inoltre, sempre secondo tale giurisprudenza, il mantenimento di una concorrenza leale costituisce un interesse pubblico importante la cui salvaguardia può giustificare il diniego di divulgare informazioni che rientrano nel segreto commerciale (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 14 febbraio 2008, Varec, C‑450/06, Racc., EU:C:2008:91, punto 51). Tuttavia, se da tali principi risulta che un’autorità amministrativa o giurisdizionale deve poter rifiutare la divulgazione di informazioni che arrecherebbero pregiudizio a tali interessi, anche facendo prevalere tali interessi sui diritti della difesa delle parti aventi un interesse a tale divulgazione, non ne risulta, tuttavia, che tale autorità sarebbe tenuta, per tali ragioni, a opporre un siffatto rifiuto in qualsiasi circostanza. Al contrario, la Corte ha già dichiarato che, se la natura del procedimento lo richiedeva, gli interessi salvaguardati dalla tutela speciale di cui beneficiava il segreto commerciale dovevano essere ponderati con i diritti della difesa delle parti interessate a tale procedimento (v., in tal senso e per analogia, sentenza Varec, cit., EU:C:2008:91, punti 43 e 51). Come è stato ricordato al punto 94 supra, è questo il caso di una procedura di inchiesta antidumping come quella di cui al caso di specie; ciò implica che, anche in presenza di informazioni che rientrano nel segreto commerciale, la Commissione non può essere obbligata in modo assoluto a negare la loro divulgazione, senza valutare le circostanze particolari del caso di specie e, segnatamente, la situazione specifica della parte interessata.

166    In particolare, per quanto riguarda l’obiettivo inteso ad evitare distorsioni della concorrenza sui mercati di cui trattasi, invocato dalle istituzioni in udienza, occorre rammentare che se la detenzione, da parte di imprese, di informazioni relative ad un concorrente che rientrano nel segreto commerciale, come i prezzi o le vendite, può ridurre o annullare il grado di incertezza in ordine al funzionamento del mercato, con eventuale conseguente restrizione della concorrenza tra le imprese, conseguenze del genere dipendono dalle circostanze particolari della specie (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2009, T‑Mobile Netherlands e a., C‑8/08, Racc., EU:C:2009:343, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata).

167    Contrariamente a quanto fatto intendere dalle istituzioni in udienza, tale margine di valutazione lasciato alla Commissione per conciliare il diritto all’informazione delle parti interessate e la tutela delle informazioni riservate non è ristretto nel caso in cui la parte interessata in questione sia un produttore esportatore che non ha ottenuto il SEM, come la ricorrente. È vero che, come ammesso dalla ricorrente stessa in udienza, un produttore esportatore che non ha ottenuto il SEM non può legittimamente lamentare una violazione dei diritti della difesa per il solo motivo che i calcoli del valore normale non gli sono stati comunicati, allorché l’occultamento di tali calcoli è giustificato dalla necessità di proteggere la riservatezza del segreto commerciale del produttore del paese di riferimento. Tuttavia, tali peculiarità della situazione di un produttore esportatore stabilito in un paese non retto da un’economia di mercato e che non ha ottenuto il SEM non possono giustificare un trattamento di quest’ultimo diverso da quello di un’altra parte interessata con riferimento ai diritti della difesa. In particolare, al pari di ogni parte interessata, un siffatto produttore esportatore non può vedersi opporre un rigetto di principio delle sue richieste di divulgazione dei propri calcoli senza che vengano esaminate le circostanze particolari della specie, per il solo motivo che la possibilità di accordargli tale divulgazione creerebbe uno «squilibrio sistemico» nei rapporti fra la Commissione, da un lato, e le imprese partecipanti all’inchiesta, come, in particolare, i produttori che non hanno ottenuto il SEM e il produttore del paese di riferimento, dall’altro.

168    Infine, se risulta dal testo dell’articolo 20, paragrafi da 2 a 4, del regolamento di base che le istituzioni hanno l’obbligo di rilasciare a tutte le parti interessate informazioni finali sui principali fatti e considerazioni su cui poggiano le misure antidumping, non ne risulta, per contro, che esse si troverebbero nell’impossibilità di comunicare ad una parte interessata specifica che ne faccia richiesta un’informazione che è stata omessa in tali informazioni finali, per il fatto che tutte le parti interessate dovrebbero avervi accesso. Del resto, come fatto valere dalla ricorrente in udienza, risulta dai documenti del fascicolo che le informazioni finali contengono una parte generale, destinata ad essere comunicata a tutte le parti interessate, e una parte specifica, relativa alle questioni particolari concernenti la parte interessata in questione. Così, ad esempio, come indicato al punto 133 supra, la ricorrente si è vista comunicare nel documento di informazione finale inviatole i calcoli relativi ai prezzi all’esportazione in base al tipo di prodotto. Orbene, informazioni del genere sono destinate a figurare soltanto nelle informazioni finali comunicate alla ricorrente, dal momento che esse riguardano unicamente il calcolo del suo margine di dumping individuale, e non nelle informazioni finali comunicate, in particolare, agli altri produttori esportatori cinesi inclusi nel campione, il cui margine di dumping individuale è stato calcolato sulla base dei propri prezzi all’esportazione.

169    Del resto, l’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento di base deve essere letto alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 93 supra, secondo la quale spetta alle parti interessate in un procedimento di inchiesta antidumping mettere le istituzioni nelle condizioni di valutare i possibili problemi derivanti dall’assenza di un elemento nelle informazioni messe a loro disposizione. A fortiori, una siffatta parte interessata non è legittimata a lamentarsi dinanzi al giudice dell’Unione del fatto che un’informazione non è stata messa a sua disposizione se, nel corso del procedimento di inchiesta sfociato nel regolamento antidumping controverso, essa non ha formulato presso le istituzioni nessuna domanda concernente tale informazione particolare.

170    Di conseguenza, ad una parte interessata non può essere negata la comunicazione di un’informazione idonea a rientrare in quelle di cui all’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento di base, per il solo motivo che altre parti interessate sarebbero parimenti legittimate ad accedervi, qualora queste ultime non abbiano presentato una domanda in tal senso. In ogni caso, risulta da quanto precede che spetta alla Commissione valutare le domande di accesso ad informazioni riservate presentate da una parte interessata alla luce della situazione particolare di quest’ultima, indipendentemente dalla situazione delle altre parti interessate alle quali tali informazioni sarebbero utili ai fini dell’esercizio dei loro diritti della difesa.

171    Un’interpretazione contraria a quella esposta ai punti da 160 a 170 supra porterebbe ad una limitazione di principio delle informazioni disponibili per le parti interessate in un’inchiesta antidumping, la quale non sarebbe compatibile con le esigenze risultanti, secondo la giurisprudenza richiamata al punto 92 supra, dal rispetto dei diritti della difesa delle parti interessate che si impongono in siffatte inchieste idonee ad incidere sulle medesime direttamente ed individualmente, comportando per le stesse conseguenze sfavorevoli. In casi come quello in esame, in particolare, una siffatta interpretazione porterebbe a negare sistematicamente ad un produttore esportatore informazioni relative al valore normale servito alla determinazione del suo margine dumping per il solo motivo che tali informazioni sono state parimenti utilizzate nell’ambito della determinazione del margine di dumping degli altri produttori esportatori. Essa porterebbe pertanto a privare tale produttore esportatore, nella maggior parte dei casi, di informazioni che possono rivestire un’importanza capitale per i suoi diritti della difesa, alla luce dell’incidenza del calcolo del valore normale sulla determinazione del suo margine di dumping.

172    Del resto, è pacifico che la Commissione ha trasmesso ad un produttore dell’Unione, nell’ambito del procedimento di inchiesta di cui trattasi, un’informazione fornitagli in via riservata dalla China Chamber of Commerce of Metals, Minerals & Chemicals Importers & Exporters (CCCMC) con l’autorizzazione specifica di quest’ultima. L’argomento del Consiglio secondo il quale tale informazione non presentava un carattere riservato per detto produttore, in quanto il suo contenuto riguardava la società di tale produttore ed era utile alla difesa dei suoi interessi, conferma la pertinenza di tale esempio. Infatti, tale esempio corrobora l’interpretazione esposta ai punti da 160 a 170 supra, secondo la quale non può escludersi che un’informazione riservata possa essere divulgata ad una parte interessata in particolare, con l’autorizzazione specifica della persona che l’ha fornita, se, a seguito di una ponderazione degli interessi tutelati dalla riservatezza e dei diritti della difesa della persona di cui trattasi, la Commissione deve concludere nel senso dell’opportunità di divulgarla.

173    Nella specie, per le ragioni invocate ai punti da 159 a 172 supra, il fatto, addotto dalla Commissione, che i calcoli del valore normale in questione non erano stati utilizzati unicamente per determinare il margine di dumping della ricorrente, ma anche per determinare quelli degli altri produttori esportatori cinesi inclusi nel campione, non può giustificare, di per sé, il diniego di tale divulgazione.

174    Infatti, da un lato, un siffatto motivo equivale, in realtà, a far dipendere l’esercizio della difesa della ricorrente da quello dei diritti della difesa degli altri produttori esportatori cinesi inclusi nel campione, il che, come risulta dal punto 171 supra, costituisce una limitazione di tali diritti della difesa contraria tanto al testo quanto agli obiettivi degli articoli 19 e 20 del regolamento di base.

175    Tale interpretazione è corroborata dall’argomento invocato dal Consiglio, secondo il quale la comunicazione dei calcoli del valore normale alla sola ricorrente e non agli altri produttori esportatori cinesi inclusi nel campione avrebbe come effetto di conferirle un significativo vantaggio concorrenziale rispetto a questi ultimi ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento di base. Infatti, tale argomento equivale a sostenere che l’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento di base consente alle istituzioni di negare ad una parte interessata la comunicazione di informazioni per il solo motivo che altre parti interessate concorrenti della prima, le quali avrebbero bisogno di tali informazioni per assicurare la loro difesa, non possono avervi accesso. La Commissione potrebbe pertanto negare la divulgazione di un’informazione anche nel caso in cui, peraltro, non risultasse dagli elementi in suo possesso che tale informazione potrebbe conferire un vantaggio significativo alla parte interessata di cui trattasi, idoneo ad incidere sulla concorrenza sul mercato interessato da tale informazione, come nella specie il mercato indiano. Essa potrebbe inoltre far valere il vantaggio concorrenziale conferito a detta parte interessata sul mercato dell’Unione rispetto ad altri produttori esportatori che necessitano di tale informazione per assicurare la loro difesa. Tale argomento conferma dunque che le istituzioni interpretano il regolamento di base nel senso che i diritti della difesa delle parti interessate possono essere limitati, in linea di principio, in funzione della possibilità delle altre parti interessate di esercitare esse stesse i loro diritti della difesa, interpretazione che, per le ragioni illustrate ai punti 171 e 174 supra, non può essere accolta.

176    Dall’altro, occorre rilevare che il dazio antidumping è stato effettivamente imposto a tali produttori esportatori, al pari della ricorrente, sulla base di un margine di dumping determinato individualmente, in conformità all’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base. In tal senso, come indicato dalla Commissione nel suo messaggio di posta elettronica del 21 marzo 2013, le informazioni relative ai calcoli del valore normale fissati sulla base dei dati forniti dal produttore del paese di riferimento riguardano la totalità di questi produttori esportatori. Tuttavia, come confermato dalle istituzioni in udienza, a differenza della ricorrente, gli altri produttori esportatori cinesi inclusi nel campione non hanno presentato una domanda intesa ad ottenere la divulgazione nei loro confronti dei calcoli del valore normale. Di conseguenza, come risulta dai punti 169 e 170 supra, il diritto di questi ultimi di accedere a tali calcoli non poteva in ogni caso essere opposto alla ricorrente.

177    Del resto, è giocoforza constatare che, come sostenuto dalla ricorrente, il fatto che essa si sia vista autorizzare dal produttore del paese di riferimento l’accesso ai dati di quest’ultimo, sui quali si basano i calcoli del valore normale, modifica oggettivamente la sua situazione con riferimento alla riservatezza di tali calcoli, rispetto a quella degli altri produttori esportatori cinesi inclusi nel campione.

178    Infatti, è pacifico che, a differenza della ricorrente, gli altri produttori esportatori cinesi inclusi nel campione non si sono visti autorizzare dal produttore del paese di riferimento l’accesso ai dati forniti da quest’ultimo alla Commissione per il calcolo del valore normale. Orbene, risulta dal testo dell’articolo 19, paragrafo 5, del regolamento di base, che, in assenza di una siffatta autorizzazione, le istituzioni sono tenute a non divulgare le informazioni per le quali la persona che le ha fornite ha chiesto il trattamento riservato. Per contro, come è stato rilevato ai punti da 164 a 168 supra, risulta dal testo dell’articolo 19, paragrafo 1, e dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento di base, in combinato con la giurisprudenza, che, anche in presenza di un’informazione di natura riservata, la quale rientri in particolare nel segreto commerciale, le istituzioni dispongono di un certo potere discrezionale che implica, in particolare, una ponderazione degli interessi tutelati da tale riservatezza e dei diritti della difesa delle parti interessate che chiedono la divulgazione di tale informazione. È vero che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l’autorizzazione del produttore del paese di riferimento non le conferiva di pieno diritto l’accesso alle informazioni da essa richieste. Non è tuttavia men vero che, a differenza degli altri produttori esportatori cinesi inclusi nel campione, essa era quantomeno titolare, a causa di tale autorizzazione, del diritto a che la fondatezza della sua domanda venisse esaminata sulla base di una ponderazione dei suoi diritti della difesa e degli interessi tutelati dalla riservatezza delle informazioni richieste.

179    Gli argomenti fatti valere dalle istituzioni intesi a contestare la portata della summenzionata autorizzazione non possono rimettere in discussione tale conclusione.

180    Infatti, anzitutto, la circostanza che l’autorizzazione del produttore del paese di riferimento vertesse, per definizione, sulle informazioni che questi aveva fornito alla Commissione, e non sui calcoli del valore normale stabiliti sulla base di tali informazioni, è irrilevante. Infatti, come rilevato dalla ricorrente stessa nella replica, il mantenimento della riservatezza dei calcoli del valore normale nel corso del procedimento d’inchiesta è fondato sulla riservatezza dei dati sottesi forniti dal produttore del paese di riferimento. In tal senso, nell’ambito dello scambio di messaggi di posta elettronica avvenuto fra il 18 e il 21 marzo 2013, la Commissione non ha proceduto ad alcuna distinzione fra la riservatezza di tali calcoli e la riservatezza dei dati sottesi per respingere la richiesta di divulgazione di detti calcoli della ricorrente (punti 38 e 138 supra). Del resto, anche nella fase della trasmissione delle informazioni finali, la Commissione aveva specificamente affermato di avere occultato i calcoli del valore normale a causa della necessità di proteggere la riservatezza delle informazioni fornite dal produttore del paese di riferimento (v. punto 133 supra).

181    Inoltre, l’argomento delle istituzioni, secondo il quale l’autorizzazione della persona che ha fornito informazioni a titolo riservato di cui all’articolo 19, paragrafo 5, del regolamento di base è priva di effetti per quanto attiene alle informazioni riservate per natura, deve parimenti essere respinto. Infatti, come risulta dai punti da 139 a 143 supra, tale interpretazione della portata dell’autorizzazione del produttore del paese di riferimento non poggia sulla stessa premessa di quella sostenuta dalla Commissione nell’ambito dello scambio di messaggi di posta elettronica intervenuto fra il 18 e il 21 marzo, ed è in realtà incompatibile con quest’ultima. Pertanto, con tale argomento, le istituzioni invitano in realtà il Tribunale a sostituire la loro interpretazione a quella propugnata dalla Commissione nel corso del procedimento di inchiesta, invito al quale, per le ragioni indicate ai punti 150 e 151 supra, il Tribunale non può aderire.

182    In ogni caso, anche nell’ipotesi in cui la Commissione avesse ritenuto, nella fase del procedimento di inchiesta, che l’autorizzazione del produttore del paese di riferimento fosse priva di effetti per quanto attiene alle informazioni riservate per natura, una siffatta posizione non potrebbe essere accolta.

183    Infatti, da un lato, risulta dal testo dell’articolo 19, paragrafo 5, del regolamento di base che l’autorizzazione prevista da tale disposizione riguarda tutte le informazioni per le quali è stata presentata una domanda di trattamento riservato, e non solo le informazioni in relazione alle quali tale trattamento riservato è stato reputato giustificato, previste dall’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento di base.

184    Tale interpretazione è corroborata dal fatto che, in forza del paragrafo 3 dell’articolo 19 del regolamento di base, la sola conseguenza che le autorità sono autorizzate a trarre d’ufficio dal carattere ingiustificato di una domanda di trattamento riservato al quale la persona in questione non intende rinunciare, è non utilizzare l’informazione di cui trattasi. Pertanto, anche in tal caso, l’assenza di autorizzazione della persona in questione osta ad una divulgazione di detta informazione.

185    Contrariamente all’interpretazione delle istituzioni, l’ambito di applicazione dell’autorizzazione di cui all’articolo 19, paragrafo 5, del regolamento di base è dunque in realtà più ampio, e non più ristretto di quello dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento di base.

186    Dall’altro, la distinzione stabilita dall’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento di base, fra la categoria delle informazioni riservate per natura e quella delle informazioni riservate sulla base di una domanda specifica della persona che le ha fornite, non può rivestire la portata che le conferiscono le istituzioni. È vero che essa può essere interpretata nel senso che consente alle autorità competenti di tutelare la prima di queste categorie anche in assenza di una domanda specifica a tal riguardo. Tuttavia, tale categoria delle informazioni riservate per natura può parimenti includere informazioni in relazione alle quali, inoltre, la persona che le ha fornite ha presentato una domanda specifica di trattamento riservato.

187    È vero che, alla luce, in particolare, del principio della tutela speciale del segreto commerciale, richiamato al punto 165 supra, la riservatezza delle informazioni riservate per natura dipenderà essenzialmente dalla valutazione oggettiva effettuata a tal riguardo dall’autorità competente, cosicché l’esistenza di una domanda di trattamento riservato in relazione alle medesime potrà non essere determinante. Tuttavia, non può dedursi a contrario che l’autorizzazione della persona che ha fornito tali informazioni non incide sulla decisione dell’autorità competente di procedere o meno alla loro divulgazione. Infatti, risulta dai punti da 164 a 168 supra che, in taluni casi, la divulgazione di tali informazioni riservate per natura non può essere esclusa. In tali circostanze, il fatto che la persona che ha fornito tale informazione abbia autorizzato la sua divulgazione è necessariamente rilevante, nella misura in cui, come è stato illustrato al punto 178 supra, risulta dal testo dell’articolo 19, paragrafo 5, del regolamento di base che è soltanto in presenza di una siffatta autorizzazione che le istituzioni sono legittimate a rivelare l’informazione in questione.

188    Tale interpretazione è avvalorata dal dettato dell’articolo 6.5 dell’accordo antidumping, ripreso, in sostanza, dall’articolo 19 del regolamento di base, ai sensi del quale l’autorizzazione della persona che ha fornito alle autorità inquirenti informazioni riservate riguarda sia la categoria delle informazioni riservate per natura sia la categoria delle informazioni «comunicate a titolo riservato dalle parti interessate dall’inchiesta». A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito dell’attuazione delle norme dell’OMC, la prevalenza degli accordi internazionali conclusi dall’Unione sulle norme di diritto derivato dell’Unione impone di interpretare queste ultime in maniera per quanto possibile conforme a tali accordi (v. sentenza del 10 novembre 2011, X e X BV, C‑319/10 e C‑320/10, EU:C:2011:720, punto 44 e la giurisprudenza ivi citata). Tale giurisprudenza è applicabile in particolare in materia di antidumping, qualora venga accertato che la disposizione considerata del regolamento di base è stata adottata per attuare un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’accordo antidumping (v., in tal senso, sentenze Nakajima/Consiglio, punto 163 supra, EU:C:1991:186, punti da 29 a 31, e del 9 gennaio 2003, Petrotub e Republica/Consiglio, C‑76/00 P, Racc., EU:C:2003:4, punti da 55 a 57).

189    Contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio in udienza, l’applicazione di tale giurisprudenza per quanto attiene all’interpretazione dell’articolo 19 del regolamento di base alla luce delle disposizioni di cui all’articolo 6.5 dell’accordo antidumping non viene rimessa in discussione dalla sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/Rusal Armenal (C‑21/14 P, Racc., EU:C:2015:494). Infatti, risulta dai punti da 47 a 53 di tale sentenza che la Corte si è ivi limitata a constatare che l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base costituiva l’espressione dell’esercizio, da parte del legislatore dell’Unione, della sua competenza regolamentare, adottando un approccio specifico all’ordinamento giuridico dell’Unione e che, pertanto, non poteva essere determinata la volontà del legislatore dell’Unione di dare esecuzione, mediante l’adozione di tale disposizione, agli obblighi particolari che comportava l’articolo 2 dell’accordo antidumping (sentenza Commissione/Rusal Armenal, cit., EU:C:2015:494, punti da 47 a 53). Per contro, la Corte non si è pronunciata, in tale sentenza, sulla questione se l’articolo 19 del regolamento di base esprimesse o meno la volontà di adottare un approccio specifico dell’ordinamento giuridico dell’Unione, distinto da quello dell’accordo antidumping.

190    Orbene, risulta dai termini stessi dell’articolo 19, paragrafi 1 e 5, del regolamento di base, i quali riprendono i termini dell’articolo 6.5 dell’accordo antidumping, che il legislatore dell’Unione ha ivi manifestato la propria intenzione di dare esecuzione agli obblighi particolari risultanti da tale disposizione dell’accordo antidumping. Il fatto che il legislatore dell’Unione abbia scelto di adottare una struttura diversa da quella dell’articolo 6.5 dell’accordo antidumping, segnatamente riprendendo le due parti di tale articolo in due paragrafi differenti dell’articolo 19 del regolamento di base, non può, di per sé, rivelare un’intenzione, da parte del legislatore dell’Unione, di adottare un approccio specifico dell’ordinamento giuridico dell’Unione, distinto da quello dell’accordo antidumping. Infatti, tale scelta si iscrive nell’ambito del potere discrezionale di cui il legislatore dell’Unione dispone per attuare gli obblighi risultanti dall’articolo 6.5 dell’accordo antidumping, cosicché essa non potrebbe ostare a che l’articolo 19, paragrafi 1 e 5, del regolamento di base venga interpretato alla luce di tale disposizione dell’accordo antidumping.

191    Infine, a prescindere dall’interpretazione che può esserne data, non può essere accolto neanche l’argomento delle istituzioni secondo il quale l’autorizzazione conferita alla ricorrente dal produttore del paese di riferimento non costituiva un criterio oggettivo ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 158 supra, bensì un criterio soggettivo proveniente da una parte interessata e, per questo motivo, insufficiente a giustificare una disparità di trattamento. Infatti, da un lato, tale argomento equivale in realtà a sostenere che l’autorizzazione conferita dal produttore del paese di riferimento non può modificare la natura oggettivamente riservata delle informazioni da questi fornite risultante dal loro carattere di segreto commerciale, il che, per le ragioni illustrate ai punti da 180 a 190 supra, non può essere accolto.

192    Dall’altro, e in ogni caso, anche ammesso che, con tale argomento, le istituzioni intendano far valere che tale autorizzazione non è stata accordata dal produttore del paese di riferimento sulla base della sua valutazione oggettiva del carattere riservato delle informazioni in questione nei confronti della ricorrente, bensì sulla base del suo rapporto soggettivo con quest’ultima, in qualità di partner commerciale, esso deve essere respinto in quanto infondato. Infatti, come si evince dal testo dell’articolo 19, paragrafo 5, del regolamento di base, i motivi dell’autorizzazione della persona che ha fornito informazioni a titolo riservato, di cui a tale disposizione, non incidono sulla portata di tale autorizzazione. Come è stato rilevato al punto 178 supra, tale disposizione impone infatti alle istituzioni di negare la divulgazione di dette informazioni allorché tale autorizzazione non è stata data, a prescindere, peraltro, dalle circostanze. La sola condizione particolare cui è subordinata tale autorizzazione, la quale è prevista da tale disposizione, è che essa sia specifica, ossia esplicita. Di conseguenza, anche ammesso che, nella specie, il produttore del paese di riferimento abbia autorizzato la ricorrente ad accedere alle informazioni da questi fornite alla Commissione sulla base del suo partenariato commerciale con tale impresa, tale circostanza non può impedire di ritenere che tale autorizzazione collochi la ricorrente in una situazione oggettivamente diversa da quella degli altri produttori esportatori cinesi inclusi nel campione. Contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio, non può pertanto essere addebitato alla ricorrente di voler rimettere in discussione l’asserito «equilibrio sistemico» che sarebbe stato instaurato dal regolamento di base per il fatto che essa fa valere un’autorizzazione di accesso ad informazioni riservate che il produttore del paese di riferimento le avrebbe accordato in via esclusiva sulla base dei loro rapporti di partenariato commerciale.

193    Di conseguenza, risulta da tutte le considerazioni che precedono che la Commissione si è fondata erroneamente sul motivo relativo alla necessità di rispettare la parità di trattamento per respingere la domanda della ricorrente intesa ad ottenere la comunicazione dei calcoli del valore normale. Occorre pertanto rilevare che la Commissione, prendendo tale decisione, ha violato i diritti della difesa della ricorrente. Infatti, come indicato al punto 136 supra, è pacifico che tali calcoli costituivano, nella specie, principali considerazioni ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento di base, idonee ad esserle comunicate affinché essa fosse in grado di far conoscere utilmente il proprio punto di vista riguardo alle medesime prima dell’adozione di misure definitive. Il carattere erroneo del motivo invocato dalla Commissione per negarle l’accesso a tali calcoli costituisce pertanto, di per sé, una violazione di tali diritti, la quale, per le ragioni esposte ai punti 150 e 151 supra, non può essere sanata dall’esistenza di altri motivi di diniego, come quelli fatti valere dalle istituzioni nell’ambito del presente ricorso.

194    Tuttavia, in quinto luogo, occorre verificare, in conformità alla giurisprudenza richiamata al punto 81 supra, se, come sostenuto dalla ricorrente, esistesse una possibilità che, a causa dell’irregolarità constatata al punto 193 supra, il procedimento amministrativo avrebbe potuto sortire un risultato diverso, arrecando in tal modo un pregiudizio concreto ai suoi diritti della difesa. Si deve ricordare, a tal riguardo, che la ricorrente non è tenuta a dimostrare che la decisione delle istituzioni avrebbe avuto un contenuto differente, bensì solo che tale ipotesi non va totalmente esclusa in quanto essa avrebbe potuto difendersi più efficacemente in assenza dell’irregolarità procedurale constatata (sentenze Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, punto 62 supra, EU:C:2009:598, punti 81 et 94, e Consiglio e Commissione /Interpipe Niko Tube e Interpipe NRTP, punto 81 supra, EU:C:2012:78, punti 78 e 79).

195    Nella specie, la ricorrente fa valere, a tal riguardo, che, in assenza dell’irregolarità constatata al punto 193 supra, il procedimento avrebbe potuto avere un esito diverso, in quanto essa avrebbe analizzato le determinazioni in dettaglio e avrebbe formulato osservazioni sui calcoli. Del pari, a suo avviso, essa avrebbe potuto rilevare taluni errori e mettere in evidenza adeguamenti diversi da quelli fatti valere.

196    In via preliminare, occorre verificare se la Commissione fosse tenuta in ogni caso a respingere la domanda della ricorrente intesa ad ottenere la divulgazione dei calcoli del valore normale per uno dei motivi invocati dalle istituzioni nell’ambito del presente ricorso e illustrati ai punti 142 e 143 supra. Infatti, come già statuito dalla Corte, la possibilità che l’esito del procedimento d’inchiesta sia diverso, in assenza di un’irregolarità come quella rilevata al punto 193 supra, deve essere esclusa nel caso in cui le disposizioni applicabili del regolamento di base vietassero, in ogni caso, alla Commissione di accogliere la domanda della ricorrente (v., in tal senso e per analogia, sentenza Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, punto 62 supra, EU:C:2009:598, punto 109). In altri termini, occorre verificare se, nonostante il carattere erroneo del motivo relativo alla parità di trattamento sul quale la Commissione si è fondata nella specie, essa non avesse, in ogni caso, alcun potere discrezionale per accogliere la domanda della ricorrente intesa ad ottenere la divulgazione dei calcoli del valore normale, o a causa della loro natura di documento interno, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 5, del regolamento di base, o a causa del loro carattere riservato per natura, ai sensi del paragrafo 1 del medesimo articolo.

197    Tuttavia, occorre constatare che tale ipotesi non ricorre nel caso di specie.

198    Da un lato, occorre rilevare che l’articolo 19, paragrafo 5, del regolamento di base consente alle istituzioni di divulgare documenti interni qualora la loro divulgazione sia espressamente prevista da tale regolamento. In particolare, alla luce dell’obiettivo consistente nel conciliare i requisiti di riservatezza e il diritto all’informazione delle parti interessate elaborato dalla giurisprudenza richiamata al punto 94 supra, si deve ritenere che la divulgazione di documenti interni sia espressamente prevista dal regolamento di base, ai sensi di tale disposizione, qualora tali documenti contengano principali considerazioni ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento di base. Orbene, nella specie, come è stato rilevato al punto 136 supra, è pacifico che i calcoli del valore normale costituivano principali considerazioni ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento di base, idonee ad essere comunicate alla ricorrente. Del resto, è parimenti pacifico, come riconosciuto dalle istituzioni in udienza, che se i calcoli del valore normale fossero stati fondati sui prezzi interni della ricorrente, nel caso in cui essa avesse ottenuto il SEM, la Commissione sarebbe stata in grado di comunicarle tali calcoli. Di conseguenza, anche ammesso che la qualificazione come documento interno, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 5, del regolamento di base, di tali calcoli sia corretta sotto il profilo giuridico, essa non poteva in ogni caso avere come conseguenza, nella specie, di obbligare la Commissione a non comunicare i calcoli del valore normale alla ricorrente.

199    Dall’altro, come è stato illustrato ai punti 164 e 165 supra, non risulta né da disposizioni specifiche dell’articolo 19 del regolamento di base, destinate a salvaguardare gli interessi protetti dalla riservatezza delle informazioni utilizzate nel corso di un’inchiesta antidumping, né dalla giurisprudenza che la tutela delle informazioni che rientrano nel segreto commerciale imporrebbe di escludere, in linea di principio, qualsiasi comunicazione di tali informazioni a parti interessate, indipendentemente dalle circostanze. In particolare, occorre valutare la situazione particolare della parte interessata in relazione a tali informazioni e, segnatamente, la posizione occupata da tale parte interessata sul mercato di cui trattasi rispetto a quella della persona che ha fornito tali informazioni. Inoltre, gli interessi salvaguardati dalla protezione del segreto commerciale devono essere ponderati con i diritti della difesa delle parti interessate.

200    Di conseguenza, nella specie, il fatto che le informazioni fornite dal produttore del paese di riferimento rientrassero nel segreto commerciale non può essere sufficiente, di per sé, per ritenere che la Commissione fosse tenuta in ogni caso a respingere la richiesta di divulgazione dei calcoli del valore normale della ricorrente. Tale conclusione non può manifestamente essere rimessa in discussione dall’argomento delle istituzioni secondo il quale, alla data in cui la Commissione ha respinto la richiesta di divulgazione dei calcoli del valore normale, essa ignorava la portata delle informazioni che il produttore del paese di riferimento aveva esso stesso fornito alla ricorrente. Infatti, è sufficiente constatare, a tal riguardo, che, come sottolineato del resto dalla ricorrente in udienza, il produttore del paese di riferimento aveva affermato, nella sua lettera del 18 marzo 2013 (v. punto 35 supra), che esso stesso avrebbe trasmesso alla ricorrente le informazioni che questi autorizzava la Commissione a comunicare a quest’ultima. Di conseguenza, nulla impediva alla Commissione, a partire da tale data, di chiedere alla ricorrente di comunicarle i documenti che il produttore del paese di riferimento le aveva trasmesso affinché tale istituzione potesse verificare la portata delle informazioni di cui la ricorrente all’epoca disponeva.

201    Sempre in via preliminare, occorre parimenti respingere l’argomento del Consiglio, secondo il quale, poiché la ricorrente non aveva chiesto al consigliere‑auditore di verificare i dati e i calcoli effettuati dalla Commissione, essa non dimostrerebbe che il procedimento avrebbe potuto portare ad un risultato diverso.

202    A tal riguardo, occorre rilevare che l’articolo 15 della decisione 2012/199, citata al punto 37 supra, prevede che, su richiesta di una parte interessata, il consigliere-auditore può esaminare le informazioni di carattere riservato per natura di cui non è possibile fornire una sintesi e a cui tale parte non ha accesso, per verificare in che modo esse sono state utilizzate dai servizi della Commissione incaricati dell’indagine. Tale disposizione precisa, inoltre, che il consigliere-auditore comunica alla parte che ha presentato la richiesta se ritiene che le informazioni non comunicate a tale parte siano rilevanti per la sua difesa e che, se del caso, i servizi incaricati dell’indagine abbiano correttamente tenuto conto delle informazioni nei fatti e nelle considerazioni su cui hanno basato le proprie conclusioni.

203    Orbene, il fatto che la ricorrente non sia ricorsa al consigliere‑auditore affinché questi effettuasse la verifica prevista dall’articolo 15 della decisione 2012/199 è, nella specie, irrilevante. Infatti, come mostra il suo contenuto, quale richiamato al punto 202 supra, tale disposizione riguarda unicamente le informazioni che presentano un carattere riservato per natura per la parte interessata che ha fatto ricorso al consigliere‑auditore e alle quali, per tale motivo, essa non ha il diritto di accedere. Orbene, come è stato concluso al punto 193 supra, la Commissione non si è fondata su alcun motivo valido per giustificare la riservatezza dei calcoli del valore normale nei confronti della ricorrente. In tali circostanze, a quest’ultima non può essere addebitato di non avere chiesto al consigliere‑auditore di verificare tali calcoli.

204    Occorre poi esaminare se, rispetto al livello di informazione di cui la ricorrente disponeva alla data del rigetto della sua richiesta di divulgazione dei calcoli del valore normale, ossia il 21 marzo 2013, l’accesso ai suoi calcoli le avrebbe consentito, come da essa sostenuto, di presentare osservazioni supplementari, in particolare individuando errori o proponendo nuovi adeguamenti, cosicché l’esito del procedimento avrebbe potuto essere diverso.

205    Infatti, come risulta dai punti 26, 27 e da 32 a 34 supra, le informazioni divulgate dalla Commissione in occasione del procedimento d’inchiesta contengono indicazioni relativamente precise sul metodo seguito per la determinazione del valore normale, nonché sui dati, in base al tipo di prodotto, relativi alle vendite all’esportazione della ricorrente, i quali sono stati comparati ai calcoli del valore normale. Inoltre, come è stato ricordato al punto 35 supra, il produttore del paese di riferimento ha trasmesso alla ricorrente i dati interni che questi aveva fornito alla Commissione, e in particolare i dati contabili e i dati dettagliati relativi ai suoi prezzi sul mercato indiano, e sui quali la Commissione si è fondata per calcolare il valore normale.

206    Sulla base di tali elementi, tenuto conto, inoltre, della perizia economica e contabile di cui dispone normalmente un’impresa come la ricorrente, quest’ultima era in grado di effettuare, in linea di principio, i suoi propri calcoli in relazione al valore normale e di paragonare il risultato finale a quello ottenuto da tale istituzione sulla base degli stessi dati. Nella misura in cui, inoltre, i calcoli effettuati dalla Commissione in base al tipo di prodotto in relazione alle vendite all’esportazione erano stati comunicati alla ricorrente nel documento di informazione finale, la ricorrente era in grado, in assoluto, di elaborare il proprio calcolo per quanto attiene al suo margine di dumping in base al tipo di prodotto, circostanza che essa ha inoltre riconosciuto in udienza.

207    Ciò premesso, è giocoforza constatare che l’ottenimento dei calcoli del valore normale effettuati dalla Commissione avrebbe manifestamente costituito, per la ricorrente, un aumento sostanziale delle informazioni, il quale, alla luce delle circostanze che caratterizzano il caso di specie, era idoneo a consentirle di presentare osservazioni più rilevanti di quelle che aveva già presentato.

208    Anzitutto, è evidente che il fatto di disporre dei calcoli dettagliati effettuati dalla Commissione, e non solo dei dati utilizzati per tali calcoli, è idoneo, in generale, a consentire alle parti interessate di fornire osservazioni più utili per la loro difesa. Infatti, esse possono così verificare in maniera esatta il modo in cui la Commissione ha utilizzato tali dati e compararli ai propri calcoli, il che consente loro di individuare eventuali errori da parte della Commissione altrimenti non rilevabili. Del resto, la prassi delle istituzioni mostra che esse stesse ritengono che il fatto, per le parti interessate, di disporre, in relazione alla determinazione del margine di dumping, di calcoli dettagliati consenta loro di esercitare utilmente i loro diritti della difesa. Infatti, le istituzioni, come riconosciuto dalle stesse in udienza in risposta ad un quesito del Tribunale, comunicano abitualmente ai produttori esportatori i calcoli dettagliati del valore normale allorché questi ultimi vengono fatti sulla base delle vendite interne di tali produttori esportatori. Del pari, come è stato ricordato al punto 205 supra, benché la Commissione abbia occultato, in relazione alla ricorrente, i calcoli del valore normale in base al tipo di prodotto per motivi di riservatezza, essa le ha comunicato, per contro, i calcoli dei prezzi all’esportazione in base al tipo di prodotto.

209    Occorre poi rilevare che, nelle circostanze particolari che caratterizzano il caso di specie, la mancanza di accesso della ricorrente ai calcoli del valore normale era idonea a limitare la sua capacità di presentare osservazioni rilevanti in maniera più significativa che nel caso in cui essa avesse potuto disporre di tali calcoli.

210    Infatti, da un lato, la ricorrente disponeva unicamente di un lasso di tempo estremamente limitato per servirsi dei dati del produttore del paese di riferimento. Come è stato ricordato al punto 35 supra, infatti, quest’ultimo ha autorizzato la Commissione a divulgare tali dati e li ha al contempo comunicati alla ricorrente il 18 marzo 2013. Inoltre, lo stesso giorno, la ricorrente ha chiesto alla Commissione di accedere ai calcoli del valore normale. Di conseguenza, dato che il termine impartito dalla Commissione alle parti interessate per presentare osservazioni, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento di base, scadeva il 25 marzo 2013, la ricorrente disponeva unicamente di sette giorni al massimo per servirsi dei dati del produttore del paese di riferimento. È evidente che, in tale lasso di tempo, la ricorrente poteva difficilmente ricostituire persino una parte dei calcoli del valore normale, alla luce, come sottolineato da essa stessa in udienza, del numero estremamente elevato di tipi di prodotto presi in considerazione per la determinazione del margine di dumping. Infatti, secondo le indicazioni non contestate figuranti nelle osservazioni della ricorrente sul documento di informazione datato 25 marzo 2013, tale numero era pari a 1 645 (v. punto 40 supra). Di conseguenza, se la ricorrente avesse avuto a disposizione, nello stesso lasso di tempo, i calcoli del valore normale effettuati dalla Commissione, essa sarebbe stata in grado di individuare taluni errori o talune differenze fra i calcoli della Commissione e i propri calcoli o, quantomeno, di individuarli tempestivamente.

211    Dall’altro, come sottolineato in sostanza dalla ricorrente in udienza, il fatto che essa non disponesse, nella specie, di talune informazioni concernenti il metodo di calcolo è rilevante per valutare se l’esito del procedimento avrebbe potuto essere diverso nel caso in cui la Commissione avesse divulgato i calcoli del valore normale. Infatti, come è stato rilevato ai punti 119 e 120 supra, la ricorrente, alla data del 18 marzo 2013, aveva una conoscenza solo generica del metodo utilizzato per calcolare il valore normale dei tipi di prodotto senza corrispondenza. Essa ignorava in particolare, a tale data, quale mercato e quali prezzi di riferimento la Commissione aveva utilizzato per calcolare il valore di mercato dell’adeguamento del valore normale di tali tipi di prodotto richiesto a causa delle differenze inerenti alle caratteristiche fisiche fra tali tipi di prodotti e i tipi di prodotti corrispondenti. Orbene, come rilevato al punto 120 supra, tali tipi di prodotti senza corrispondenza rappresentano, da un lato, l’83% della totalità dei tipi di prodotti venduti per l’esportazione che sono stati presi in considerazione per il calcolo del suo margine di dumping e, dall’altro, più del 40% del volume totale delle sue vendite all’esportazione. Se la ricorrente fosse stata in possesso dei calcoli del valore normale in base al tipo di prodotto, essa sarebbe stata in grado, quantomeno, di presentare osservazioni sui risultati ai quali tale metodo era pervenuto. La ricorrente avrebbe quindi potuto, se del caso, paragonare tali risultati ai propri risultati ottenuti sulla base di un altro metodo. Essa sarebbe stata pertanto in grado di contestare in maniera più precisa il metodo utilizzato dalla Commissione e avrebbe dunque avuto maggiori possibilità che la Commissione prendesse in considerazione le sue obiezioni, il che non è avvenuto nella specie.

212    Infine, come ricordato dalla ricorrente stessa in udienza, essa ha presentato, nel procedimento di inchiesta, alcune osservazioni sulla base delle informazioni già a sua disposizione, alcune delle quali hanno portato ad una modifica del metodo di calcolo del valore normale. Infatti, come è stato ricordato ai punti 45 e 46 supra, è a seguito delle sue osservazioni che le istituzioni hanno accettato, da un lato, di calcolare il valore normale relativo al suo margine di dumping sulla base delle vendite interne del produttore del paese di riferimento, non costruendo tale valore normale, e, dall’altro, di tenere conto, per tale margine di dumping, dei tipi di prodotto non corrispondenti e, dunque, di determinare un valore normale per tali tipi di prodotto. Di conseguenza, è legittimo presumere che, se la ricorrente fosse stata in possesso dei calcoli del valore normale in base al tipo di prodotto, i quali costituivano, come è stato rilevato ai punti da 207 a 211 supra, un aumento sostanziale di informazioni, essa si sarebbe sforzata, per quanto possibile, di servirsi di tale informazione in modo utile per l’esercizio dei suoi diritti della difesa.

213    Di conseguenza, per tutte le ragioni presentate ai punti da 207 a 212 supra, non può escludersi che, se la domanda della ricorrente relativa alla divulgazione dei calcoli del valore normale fosse stata accolta, l’esito del procedimento avrebbe potuto essere diverso.

214    Gli argomenti presentati dalle istituzioni non consentono di rimettere in discussione questa conclusione. Anzitutto, occorre rilevare che le istituzioni non possono fondarsi sul punto 81 della sentenza Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, punto 62 supra (EU:C:2009:598), per sostenere che spettava alla ricorrente dimostrare che l’esito del procedimento sarebbe stato diverso se essa avesse avuto a disposizione i calcoli del valore normale. Infatti, è vero che, a tale punto 81 della sentenza Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, punto 62 supra (EU:C:2009:598), la Corte richiama il principio secondo il quale spetta al ricorrente dimostrare che esiste una possibilità che, in ragione dell’irregolarità lamentata, il procedimento amministrativo avrebbe potuto sortire un esito differente, ledendo così in concreto i suoi diritti della difesa. Tuttavia, al punto 94 della medesima sentenza, la Corte precisa la portata di tale principio, affermando che risulta dalla giurisprudenza che tale obbligo non può avere come effetto di imporre al ricorrente di dimostrare che la decisione della Commissione avrebbe avuto un contenuto differente, bensì solo che tale ipotesi non va totalmente esclusa in quanto il ricorrente avrebbe potuto difendersi più efficacemente in assenza dell’irregolarità procedurale di cui trattasi (v. sentenza Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, punto 62 supra, EU:C:2009:598, punti da 81 a 94).

215    In tali circostanze, non si può pretendere dalla ricorrente di dimostrare, sulla base dei dati da essa detenuti, che la Commissione aveva commesso degli errori in relazione alla determinazione del valore normale per poter concludere che l’esito del procedimento avrebbe potuto essere diverso se i calcoli del valore normale le fossero stati comunicati.

216    Infatti, da un lato, alla luce del fatto che, come è stato d’altronde rilevato al punto 211 supra, la ricorrente aveva una conoscenza solo generica del metodo utilizzato dalla Commissione, non può escludersi che taluni errori avrebbero potuto essere individuati solo tramite un’analisi dei calcoli del valore normale in base al tipo di prodotto.

217    Dall’altro, come rilevato al punto 210 supra, anche ammesso che la ricorrente fosse stata in grado di individuare tali errori sulla base dei dati del produttore del paese di riferimento, essa non sarebbe stata necessariamente in grado di individuarli altrettanto rapidamente, il che, tenuto conto del lasso di tempo a sua disposizione, poteva risultare determinante per l’esercizio dei sui diritti della difesa.

218    È per questo motivo che, nelle circostanze che caratterizzano il caso di specie, l’affermazione delle istituzioni secondo la quale, nell’ambito del ricorso in esame, la ricorrente non sarebbe pervenuta a dimostrare l’esistenza di errori nella determinazione del valore normale, non può essere considerata, in ogni caso, un elemento sufficiente per escludere qualsiasi possibilità che l’esito del procedimento avrebbe potuto essere diverso.

219    Inoltre, per le stesse ragioni, non può essere considerato rilevante il fatto, addotto dal Consiglio, che, in ogni caso, le parti interessate dispongono di soli dieci giorni per presentare le loro osservazioni a seguito della comunicazione delle informazioni finali, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento di base. Infatti, risulta da quanto precede che, nella specie, si pone la questione se, nel lasso di tempo concretamente a disposizione della ricorrente, del resto inferiore al summenzionato termine di dieci giorni, l’accesso ai calcoli del valore normale potesse consentirle di esercitare in maniera più efficace i suoi diritti della difesa rispetto al mero accesso ai dati sottesi a tali calcoli.

220    Infine, nell’ambito dell’esame della questione se, in assenza della violazione constatata dal Tribunale al punto 193 supra, l’esito del procedimento avrebbe potuto essere diverso, non può essere preso in considerazione il fatto, addotto dal Consiglio, secondo il quale la ricorrente disponeva, in ogni caso, di un livello di informazione sufficiente per esercitare utilmente i propri diritti della difesa. Infatti, un siffatto elemento può incidere, se del caso, unicamente sulla questione se una violazione sia stata commessa o meno. In ogni caso, come è stato rilevato al punto 139 supra, la Commissione, per negare la comunicazione dei calcoli del valore normale, si è fondata sul solo motivo relativo alla necessità di rispettare la parità di trattamento nei confronti degli altri produttori esportatori inclusi nel campione. Tale diniego non è dunque fondato sulla circostanza che il livello di informazione di cui la ricorrente disponeva era sufficiente a consentirle di esercitare i suoi diritti della difesa. Inoltre, come rilevato al punto 208 supra, le istituzioni stesse ritengono in generale che, fatta salva la necessità di rispettare la riservatezza delle informazioni, i calcoli dettagliati sui quali la determinazione del margine di dumping di un operatore è fondata costituiscono informazioni utili alla difesa degli interessi di quest’ultimo, e che occorre, per questo motivo, farli figurare nei documenti di informazione provvisori e finali.

221    Di conseguenza, risulta dall’insieme delle considerazioni che precedono che la prima censura del primo motivo è fondata e che, sulla base di tale censura, tale motivo deve essere accolto. Pertanto, senza che occorra esaminare il secondo, il terzo e il quinto motivo, il regolamento impugnato deve essere annullato nella parte in cui si applica alla ricorrente.

 Sulle spese

222    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

223    Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopporteranno le proprie spese.

224    Nella specie, conformemente alle conclusioni della ricorrente, il Consiglio, rimasto soccombente, va condannato alle spese. Inoltre, in quanto istituzione interveniente, la Commissione sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il regolamento di esecuzione (UE) n. 430/2013 del Consiglio, del 13 maggio 2013, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di accessori fusi per tubi filettati di ghisa malleabile originari della Repubblica popolare cinese e della Thailandia e chiude altresì il procedimento nei confronti dell’Indonesia, è annullato nella parte in cui si applica alla Jinan Meide Casting Co. Ltd.

2)      Il Consiglio dell’Unione europea è condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Jinan Meide Casting Co.

3)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese.

Gratsias

Kancheva

Wetter

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 giugno 2016.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

Indice


Fatti

Fatti rilevanti del procedimento d’inchiesta anteriori al regolamento provvisorio

Regolamento provvisorio e documento d’informazione provvisorio

Scambi fra la ricorrente e la Commissione successivi al regolamento provvisorio

Scambi fra la ricorrente e la Commissione successivi al documento di informazione finale

Regolamento impugnato

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sul quarto motivo

Sul primo motivo

Considerazioni preliminari

Sulla seconda censura

Sulla terza censura

Sulla prima censura

Sulle spese


* Lingua processuale: l’inglese.