Language of document : ECLI:EU:C:2010:510

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 9 settembre 2010 (1)

Cause riunite da C-307/09 a C-309/09

Vicoplus SC PUH (causa C-307/09),

BAM Vermeer Contracting sp. zoo (causa C-308/09),

Olbek Industrial Services sp. zoo (causa C-309/09)

contro

Minister van Sociale Zaken en Werkgelegenheid

[domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Raad van State (Paesi Bassi)]

«Libera prestazione dei servizi – Distacco di lavoratori – Atto di adesione del 2003 – Misure transitorie relative all’accesso al mercato del lavoro degli Stati già membri dell’Unione da parte di cittadini polacchi – Direttiva 96/71/CE – Art. 1 – Requisito del permesso di lavoro per la cessione temporanea di lavoratori»





1.        Le domande di pronuncia pregiudiziale sottoposte alla Corte dal Raad van State (Paesi Bassi) vertono sull’interpretazione degli artt. 49 CE e 50 CE, nonché dell’art. 1, n. 3, lett. c), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 1996, 96/71/CE, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (2).

2.        Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie che vedono contrapposte la Vicoplus SC PUH (in prosieguo: la «Vicoplus»), la BAM Vermeer Contracting sp. zoo (in prosieguo: la «BAM Vermeer») e la Olbek Industrial Services sp. zoo (in prosieguo: la «Olbek») al Minister van Sociale Zaken en Werkgelegenheid (Ministero degli Affari sociali e dell’Occupazione) in merito ad ammende ad esse inflitte per aver distaccato lavoratori polacchi nei Paesi Bassi senza permesso di lavoro (3).

3.        Nelle presenti conclusioni proporrò alla Corte di mettere al centro della propria analisi l’interpretazione della disposizione transitoria che figura al capitolo 2, punto 2, dell’allegato XII dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (4). Tale disposizione transitoria consentiva al Regno dei Paesi Bassi, all’epoca dei fatti di cui alle cause principali, di derogare, nei suoi rapporti con la Repubblica di Polonia, agli artt. 1‑6 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (5).

4.        Sosterrò che, alla luce della sua finalità, e per preservare il suo effetto utile, la disposizione transitoria di cui trattasi deve essere interpretata nel senso che essa comprende nel suo ambito di applicazione la cessione di manodopera.

5.        Esporrò in seguito i criteri che consentono, a mio parere, di stabilire quando si configuri una cessione di manodopera ai fini dell’applicazione della disposizione transitoria di cui al capitolo 2, punto 2, dell’allegato XII dell’Atto di adesione del 2003. Spiegherò quindi che una cessione di manodopera è caratterizzata, innanzitutto, dalla persistenza del rapporto di lavoro tra il lavoratore e l’impresa che lo cede temporaneamente, in secondo luogo dalla circostanza che il lavoratore messo a disposizione dell’impresa utilizzatrice svolge le sue mansioni sotto il controllo e la direzione della stessa e, in terzo luogo, dal fatto che il trasferimento di lavoratori costituisce l’unico oggetto della prestazione di servizi.

I –    Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione

6.        L’art. 24 dell’Atto di adesione del 2003 prevede, per quanto riguarda la Repubblica di Polonia, un elenco di misure transitorie che figura nell’allegato XII del medesimo.

7.        Il capitolo 2 di tale allegato, intitolato «Libera circolazione delle persone», così recita:

«(…)

1.      L’articolo 39 e l’articolo 49, paragrafo 1 del trattato CE si applicano pienamente soltanto, per quanto attiene alla libera circolazione dei lavoratori e alla libera prestazione di servizi che implichino la temporanea circolazione di lavoratori, ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 96/71 (…), fra la Polonia, da un lato, e il Belgio, la Repubblica ceca, la Danimarca, la Germania, l’Estonia, la Grecia, la Spagna, la Francia, l’Irlanda, l’Italia, la Lettonia, la Lituania, il Lussemburgo, l’Ungheria, i Paesi Bassi, l’Austria, il Portogallo, la Slovenia, la Slovacchia, la Finlandia, la Svezia e il Regno Unito, d’altro lato, fatte salve le disposizioni transitorie di cui ai punti da 2 a 14.

2.      In deroga agli articoli da 1 a 6 del regolamento (...) n. 1612/68 e fino alla fine del periodo di due anni dopo la data di adesione, gli Stati membri attuali potranno applicare le misure nazionali, o le misure contemplate da accordi bilaterali, che disciplinano l’accesso dei cittadini polacchi al proprio mercato del lavoro. Gli Stati membri attuali possono continuare ad applicare tali misure fino alla fine di cinque anni dopo la data di adesione.

(…)

13.      Per far fronte a gravi perturbazioni, o al rischio di gravi perturbazioni, di specifici settori sensibili di servizi dei rispettivi mercati del lavoro che potrebbero verificarsi in talune regioni in seguito alla prestazione di servizi transnazionali, secondo quanto definito all’articolo 1 della direttiva 96/71 (...), la Germania e l’Austria, qualora applichino, in virtù delle misure transitorie suindicate, misure nazionali o misure contemplate da accordi bilaterali concernenti la libera circolazione di lavoratori polacchi, possono, previa comunicazione alla Commissione, derogare all’articolo 49, paragrafo 1 del trattato CE, al fine di limitare, nell’ambito della prestazione di servizi da parte di imprese stabilite in Polonia, la temporanea circolazione di lavoratori il cui diritto di svolgere un’attività lavorativa in Germania o in Austria è soggetto a misure nazionali.

(…)».

8.        L’art. 1, n. 3, della direttiva 96/71, intitolato «Campo d’applicazione», prevede quanto segue:

«La presente direttiva si applica nella misura in cui le imprese di cui al paragrafo 1 adottino una delle misure transnazionali seguenti:

a)      distacchino un lavoratore, per conto proprio e sotto la loro direzione, nel territorio di uno Stato membro, nell’ambito di un contratto concluso tra l’impresa che lo invia e il destinatario della prestazione di servizi che opera in tale Stato membro, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro tra il lavoratore e l’impresa che lo invia;

o

(…)

c)      distacchino, in quanto imprese di lavoro temporaneo o in quanto imprese che effettuano la cessione temporanea di lavoratori, un lavoratore presso un’impresa utilizzatrice avente la sede o un centro di attività nel territorio di uno Stato membro, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro fra il lavoratore e l’impresa di lavoro temporaneo o l’impresa che lo cede temporaneamente».

B –    Il diritto nazionale

9.        Ai sensi dell’art. 2, n. 1, della legge sul lavoro degli stranieri (Wet arbeid vreemdelingen) (6), ad un datore di lavoro è vietato assumere uno straniero nei Paesi Bassi senza permesso di lavoro.

10.      L’art. 1e, n. 1, del decreto di attuazione della Wav (Besluit uitvoering Wav) (7), come modificato dal decreto 10 novembre 2005 (8), è così formulato:

«Il divieto di cui all’art. 2, n. 1, Wav non si applica nei confronti di uno straniero che, nel contesto di servizi transfrontalieri, svolge lavoro temporaneo nei Paesi Bassi al servizio di un datore di lavoro stabilito al di fuori dei Paesi Bassi in un altro Stato membro, sempre che:

a)      lo straniero, come dipendente di questo datore di lavoro, abbia diritto di svolgere il lavoro nel paese in cui il datore di lavoro è stabilito;

b)      il datore di lavoro, prima del suo inizio, abbia denunciato per iscritto il lavoro nei Paesi Bassi alla Centrale Organisatie voor werk en inkomen [Organizzazione centrale per il lavoro e il reddito], e

c)      il servizio non consista nella cessione di lavoratori».

II – Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

A –    Causa C-307/09

11.      In occasione di un controllo effettuato dall’Ispettorato del lavoro, veniva accertato che tre cittadini polacchi dipendenti della Vicoplus lavoravano presso la Maris, società olandese la cui attività consiste nella revisione di pompe per altre imprese. In forza di un contratto stipulato dalla Maris con un’altra società, il lavoro di questi ultimi avrebbe dovuto essere eseguito nel corso del periodo dal 15 agosto al 30 novembre 2005.

B –    Causa C-308/09

12.      Da un rapporto redatto dall’Ispettorato del lavoro il 31 luglio 2006, risulta che due cittadini polacchi lavoravano come montatori nel garage della Flevoservice en Flevowash BV dal 10 gennaio 2006. Essi erano alle dipendenze della BAM Vermeer, che aveva stipulato un contratto con detta impresa olandese per riparare e adattare camion e rimorchi.

C –    Causa C-309/09

13.      Il 15 novembre 2005, la società dante causa della Olbek stipulava un contratto con la società HTG Nederveen BV allo scopo di fornire a quest’ultima personale destinato a servizi per il trattamento di rifiuti per un periodo di alcuni mesi. Un controllo degli uffici della HTG Nederveen BV rivelava la presenza di 20 cittadini polacchi che svolgevano tale lavoro. Dai registri polacchi risulta che la summenzionata società dante causa svolgeva attività sia nell’ambito della costruzione metallica, sia come agenzia di lavoro interinale.

14.      A seguito della scoperta dei suddetti cittadini polacchi, ai tre ricorrenti nelle cause principali sono state inflitte ammende per violazione dell’art. 2, n. 1, della Wav, in quanto essi hanno assunto cittadini polacchi nei Paesi Bassi senza preventivo rilascio del permesso di lavoro.

15.      Respingendo i reclami presentati contro tali ammende, il Minister van Sociale Zaken en Werkgelegenheid [e, nella causa C‑307/09, lo Staatsecretaris van Sociale Zaken en Werkgelegenheid (Segretario di Stato per gli Affari sociali e l’Occupazione)] ha ritenuto che la prestazione di servizi svolta rispettivamente dalla Vicoplus, dalla BAM Vermeer e dalla Olbek era consistita nella cessione di manodopera ai sensi dell’art. 1e, n. 1, lett. c), del decreto di attuazione. Per giungere a tale conclusione esso ha considerato, in particolare, che detti cittadini avevano svolto l’attività lavorativa sotto il controllo e la responsabilità della società olandese in questione, utilizzando strumenti e materiali di quest’ultima, e che tale lavoro non rientrava tra le attività principali delle suddette imprese polacche.

16.      Poiché il Rechtbank’s-Gravenhage (Tribunale dell’Aja) ha respinto i ricorsi proposti contro tali decisioni, le ricorrenti nelle cause principali hanno interposto appello dinanzi al giudice del rinvio.

17.      Quest’ultimo ritiene che dalle sentenze 27 marzo 1990, Rush Portuguesa (9); 9 agosto 1994, Vander Elst (10); 21 ottobre 2004, Commissione/Lussemburgo (11); 19 gennaio 2006, Commissione/Germania (12) nonché 21 settembre 2006, Commissione/Austria (13), risulti che una restrizione alla libera prestazione dei servizi, come quella di cui trattasi nelle cause principali, possa essere giustificata, in particolare, dall’obiettivo di interesse generale consistente nella tutela del mercato nazionale del lavoro, nella situazione in cui con il distacco si mira a far accedere il lavoratore in questione al mercato del lavoro dello Stato membro ospitante non solo per quanto strettamente necessario per il distacco temporaneo, oppure ad eludere le restrizioni in materia di libera circolazione dei lavoratori. Siffatta situazione in generale non si configura se esiste un rapporto di lavoro tra il lavoratore distaccato e il prestatore dei servizi, se tale lavoratore esercita la sua attività principale nello Stato membro di origine e se dopo la prestazione di servizi egli ritorna in quello Stato membro.

18.      Il giudice del rinvio fa tuttavia notare che nelle suddette sentenze successive la Corte non ha riaffermato il punto 16 della citata sentenza Rush Portuguesa. Esso si chiede quindi se il diritto dell’Unione osti attualmente al fatto che la cessione di manodopera sia fatta dipendere, nelle circostanze delle cause principali, dal rilascio di un permesso di lavoro, rilevando che in queste ultime sentenze non viene spiegata la natura delle prestazioni in questione e che si tratta non già di cittadini di un nuovo Stato membro nel corso del regime transitorio, bensì di cittadini di uno Stato terzo. Del resto, la portata della nozione di «messa a disposizione» contenuta nella citata sentenza Rush Portuguesa non sarebbe chiara.

19.      Pertanto, il giudice del rinvio si chiede se per tutelare il mercato del lavoro nazionale la condizione di un permesso di lavoro, ai sensi dell’art. 2, n. 1, della Wav, per la prestazione di servizi consistenti nella cessione di manodopera alla luce degli artt. 49 CE e 50 CE, anche in considerazione della riserva formulata nel capitolo 2, punto 2, dell’allegato XII dell’Atto di adesione del 2003, costituisca una misura proporzionata.

20.      In tal caso, il giudice del rinvio si interroga sulla portata della nozione di cessione di manodopera e, segnatamente, sull’importanza da conferire alla natura dell’attività principale che il prestatore di servizi in questione esercita nello Stato in cui è stabilito.

21.      Ciò premesso, il Raad van State ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, redatte in termini identici nelle tre cause da C‑307/09 a C‑309/09:

«1)      Se gli artt. 49 [CE] e 50 CE debbano essere intesi nel senso che essi ostano ad un regime nazionale, come quello previsto dall’art. 2 della [Wav], in combinato disposto con l’art. 1e, n. 1, parte iniziale e lett. c), del Decreto di attuazione della legge sul lavoro degli stranieri, in forza del quale per la cessione di lavoratori, ai sensi dell’art. 1, n. 3, parte iniziale e lett. c), della direttiva 96/71[…], è richiesto un permesso di lavoro.

2)      Alla luce di quali criteri occorre stabilire se si configuri una cessione di manodopera, ai sensi dell’art. 1, n. 3, parte iniziale e lett. c), della direttiva 96/71[…]».

22.      Hanno depositato osservazioni scritte la Vicoplus, la BAM Vermeer e la Olbek, i governi olandese, ceco, tedesco, austriaco, polacco, nonché la Commissione. Tranne la Vicoplus, tutti gli intervenienti, ai quali si è aggiunto il governo danese, hanno presentato osservazioni orali all’udienza dell’8 luglio 2010.

III – Analisi

23.      Nelle presenti cause, il problema principale è stabilire a quali condizioni l’attività consistente nella cessione di manodopera, pur costituendo una prestazione di servizi ai sensi degli artt. 49 CE e 50 CE, possa, nell’ambito delle disposizioni transitorie dell’Atto di adesione del 2003, riguardare anche la libera circolazione dei lavoratori.

24.      La particolarità dei casi di specie consiste nella circostanza che, all’epoca dei fatti di cui alle cause principali, erano applicabili le disposizioni transitorie dell’Atto di adesione del 2003, le quali contenevano una deroga alla libera circolazione dei lavoratori nei confronti dei lavoratori polacchi, ma non, per quanto riguarda il Regno dei Paesi Bassi, alla libera prestazione dei servizi implicante una temporanea circolazione di lavoratori, quale definita all’art. 1 della direttiva 96/71.

25.      Ciò premesso, sono del parere che la prima questione sollevata dal giudice nazionale debba essere riformulata al fine di incentrare l’interpretazione sulle disposizioni transitorie dell’Atto di adesione del 2003. Ritengo pertanto che la Corte debba esaminare se la cessione di manodopera rientri nell’ambito di applicazione della deroga di cui al capitolo 2, punto 2, dell’Allegato XII dell’Atto di adesione del 2003. Solo in caso negativo occorrerebbe esaminare se le misure previste dal diritto olandese costituiscano una restrizione giustificabile alla libera prestazione dei servizi.

26.      Al fine di risolvere la prima questione come appena riformulata, spiegherò che, se è vero che la cessione di manodopera costituisce una prestazione di servizi ai sensi degli artt. 49 CE e 50 CE, la peculiarità che la caratterizza conduce giocoforza ad interazioni con le norme relative alla libera circolazione dei lavoratori.

A –    La cessione di manodopera, una prestazione di servizi ai sensi degli artt. 49 CE e 50 CE

27.      Ai sensi dell’art. 50, primo comma, CE, sono considerate come servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone. L’art. 50, secondo comma, CE enumera, a titolo esemplificativo, talune attività comprese nella nozione di servizi.

28.      A tale riguardo, la Corte ha affermato, nella sentenza Webb (14), che l’attività di un’impresa consistente nel mettere a disposizione, contro corrispettivo, manodopera che rimane dipendente dell’impresa stessa senza che venga stipulato alcun contratto di lavoro con l’utilizzatore costituisce un’attività professionale avente le caratteristiche indicate dall’art. 50, primo comma, CE. Essa va pertanto considerata come un servizio ai sensi di detta disposizione (15).

29.      Tale interpretazione chiarisce, ad esempio, che è stata dichiarata incompatibile proprio rispetto alle norme del Trattato CE relative alla libera prestazione dei servizi una disposizione del diritto tedesco che imponeva alle imprese di lavoro temporaneo stabilite in altri Stati membri di comunicare per iscritto alle autorità tedesche competenti non soltanto l’inizio e la fine della cessione temporanea di un lavoratore a un’impresa utilizzatrice in Germania, ma anche il luogo di lavoro di tale lavoratore nonché qualsiasi modifica relativa a detto luogo, mentre le imprese dello stesso tipo stabilite in Germania non erano soggette a tale obbligo supplementare che gravava sempre sulle imprese utilizzatrici (16).

30.      Tuttavia, in numerose occasioni, la Corte ha posto l’accento sulla natura particolare di queste prestazioni di servizi.

B –    La cessione di manodopera, una prestazione di servizi di natura particolare

31.      Ho rilevato che, nella citata sentenza Webb, la Corte ha fatto rientrare la cessione di manodopera nell’ambito di applicazione delle norme del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi. Nella medesima sentenza essa ha tuttavia riconosciuto, a due riprese, la specificità di queste prestazioni di servizi.

32.      In primo luogo, la Corte ammette che ai lavoratori dipendenti da imprese che effettuano la fornitura di manodopera possano, all’occorrenza, applicarsi le norme del Trattato relative alla libera circolazione dei lavoratori e i regolamenti adottati per la loro attuazione (17).

33.      In secondo luogo, la Corte precisa che, in sede di verifica della giustificabilità di una misura nazionale di uno Stato membro che richiede il rilascio di un permesso ad un’impresa stabilita in un altro Stato membro la quale cede lavoratori sul suo territorio, bisogna riconoscere che la fornitura di manodopera costituisce un’attività particolarmente delicata dal punto di vista professionale e sociale. Essa spiega che, a causa delle peculiari caratteristiche del rapporto di lavoro sottostante ad una siffatta attività, l’esercizio di questa incide direttamente sia sui rapporti esistenti sul mercato del lavoro, sia sui legittimi interessi dei lavoratori di cui trattasi (18).

34.      Inoltre, nella citata sentenza Rush Portuguesa, la Corte ha posto l’accento sulla natura particolare della cessione di manodopera. Tale causa poneva il problema del rapporto fra la libera prestazione di servizi, garantita dagli artt. 49 CE e 50 CE, e le deroghe alla libera circolazione dei lavoratori contemplate dall’art. 215 e seguenti dell’Atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese e agli adattamenti del Trattato (19), in merito ad una cessione di lavoratori portoghesi effettuata nell’ambito di una prestazione di servizi svolta in Francia da parte di un’impresa con sede in Portogallo, nella fattispecie allo scopo di eseguire lavori per la costruzione di una linea ferroviaria nell’ovest della Francia.

35.      Con tale sentenza la Corte ha dichiarato che gli artt. 49 CE e 50 CE ostano a che uno Stato membro vieti ad un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro di spostarsi liberamente nel suo territorio con tutto il suo personale, ovvero a che detto Stato membro sottoponga lo spostamento del personale di cui trattasi a condizioni restrittive quali una condizione di assunzione in loco o un obbligo di permesso di lavoro.

36.      Poiché l’art. 216 dell’Atto di adesione del 1985 differiva al 1° gennaio 1993 l’applicazione degli artt. 1‑6 del regolamento n. 1612/68, la Corte doveva specificare l’impatto di tale disposizione transitoria in quella causa. Essa afferma, a tal proposito, che l’art. 216 dell’Atto di adesione del 1985 mira ad evitare che, a seguito dell’adesione della Repubblica portoghese, si producano perturbazioni sul mercato del lavoro, tanto in Portogallo quanto negli altri Stati membri, a causa di movimenti immediati e rilevanti di lavoratori, e a questo scopo stabilisce una deroga al principio della libera circolazione dei lavoratori sancito dall’art. 39 CE. La Corte aggiunge che tale deroga dev’essere interpretata in funzione di detta finalità (20).

37.      La Corte precisa che detta deroga si applica quando si tratta dell’accesso di lavoratori portoghesi al mercato del lavoro di altri Stati membri e della disciplina dell’ingresso e del soggiorno dei lavoratori portoghesi che chiedano di accedere a detto mercato, nonché dei loro familiari. A suo giudizio questa applicazione è infatti giustificata qualora, in tali circostanze, il mercato del lavoro dello Stato membro ospitante rischi di essere perturbato (21).

38.      La Corte prosegue affermando che ciò non vale nel caso in cui si tratti del trasferimento temporaneo di lavoratori inviati in un altro Stato membro per effettuarvi lavori edili o lavori pubblici nell’ambito di una prestazione di servizi da parte del loro datore di lavoro. Essa precisa, infatti, che tali lavoratori tornano nel loro Stato di origine dopo aver svolto il loro compito, senza mai accedere al mercato del lavoro dello Stato membro ospitante (22).

39.      È a questo punto del suo ragionamento che la Corte formula una riserva in considerazione della specificità dell’attività di cessione di manodopera.

40.      La Corte precisa infatti che, siccome la nozione di «prestazione di servizi» definita dall’art. 50 CE riguarda attività di natura assai diversa fra loro, le stesse conclusioni non valgono in tutti i casi. In particolare si deve ammettere, a suo giudizio, che un’impresa che fornisce manodopera, anche se prestatore di servizi ai sensi del Trattato, esercita attività che hanno appunto lo scopo di far accedere dei lavoratori al mercato del lavoro dello Stato membro ospitante. Secondo la Corte, in tal caso, l’art. 216 dell’Atto di adesione del 1985 osterebbe a che un’impresa che presta servizi metta a disposizione lavoratori provenienti dal Portogallo (23).

41.      La Corte opera quindi una distinzione a seconda che il trasferimento di lavoratori sia accessorio rispetto ad una prestazione di servizi, ovvero che lo scopo stesso di siffatta prestazione sia far accedere dei lavoratori al mercato del lavoro dello Stato membro ospitante. La disposizione transitoria che sospende l’applicazione delle norme relative alla libera circolazione dei lavoratori può essere invocata solamente in quest’ultimo caso.

42.      In termini più generali, anche a prescindere dalle disposizioni transitorie, la Corte continua a differenziare la cessione di lavoratori rispetto alle altre prestazioni di servizi. In tal senso, essa ammette che, fatto salvo il principio di proporzionalità, uno Stato membro può accertare se l’impresa stabilita in un altro Stato membro, che distacchi sul suo territorio lavoratori di uno Stato terzo, non si avvalga della libertà di prestazione dei servizi per uno scopo diverso dall’adempimento della prestazione di cui si tratta, ad esempio quello di far venire il proprio personale ai fini del collocamento o della messa a disposizione di lavoratori (24).

43.      Tali elementi tratti dalla giurisprudenza consentono di concludere che la cessione di manodopera costituisce una prestazione di servizi di natura particolare, poiché essa si contraddistingue per via del suo oggetto consistente nel far accedere dei lavoratori al mercato del lavoro dello Stato membro ospitante. Sotto tale aspetto, pur costituendo un’attività economica che rientra in primo luogo nell’ambito di applicazione delle norme del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi, la messa a disposizione di lavoratori non può essere totalmente avulsa dalle problematiche legate alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (25).

44.      Occorre ora verificare se la messa a disposizione di lavoratori, in ragione della sua natura particolare, e analogamente alla riserva espressa dalla Corte al punto 16 della citata sentenza Rush Portuguesa, possa essere considerata rientrare nell’ambito di applicazione del capitolo 2, punto 2, dell’Allegato XII dell’Atto di adesione del 2003.

45.      A mio parere, la presa in considerazione dell’obiettivo di tale disposizione transitoria e la necessità di preservare l’effetto utile della stessa implicano una risposta affermativa.

C –    La presa in considerazione dell’obiettivo della disposizione transitoria relativa alla libera circolazione dei lavoratori e la necessità di preservarne l’effetto utile

46.      Poiché comporta una deroga all’applicazione immediata ed integrale delle disposizioni del diritto dell’Unione ai nuovi Stati membri, una disposizione transitoria, secondo costante giurisprudenza, dev’essere interpretata restrittivamente e in vista della realizzazione più agevole degli scopi del Trattato e dell’integrale applicazione delle sue norme (26).

47.      Tuttavia, poiché si è in presenza di una disposizione transitoria che sospende per una determinata durata l’applicazione degli artt. 1‑6 del regolamento n. 1612/68 e che autorizza temporaneamente gli Stati membri a disciplinare l’ingresso dei cittadini polacchi al loro mercato del lavoro, ritengo indispensabile esaminare l’obiettivo della disposizione transitoria stessa per stabilirne l’ambito di applicazione.

48.      Al riguardo, risulta dalla citata sentenza Rush Portuguesa che la disposizione transitoria che sospende l’applicazione delle norme del diritto dell’Unione relative alla libera circolazione dei lavoratori mira ad evitare che a seguito dell’adesione di un nuovo Stato membro si producano perturbazioni sul mercato del lavoro, tanto in tale nuovo Stato quanto negli altri Stati membri, a causa di movimenti immediati e rilevanti di lavoratori.

49.      Secondo la Corte, tale deroga dev’essere interpretata in funzione di detta finalità (27).

50.      Poiché, come indicato dalla Corte, la fornitura di manodopera mira a far accedere dei lavoratori al mercato del lavoro dello Stato membro ospitante, un’interpretazione teleologica del capitolo 2, punto 2, dell’allegato XII dell’Atto di adesione del 2003 porta necessariamente ad includere tale attività nell’ambito di applicazione di detta disposizione transitoria.

51.      Alla luce della ratio di quest’ultima, mi sembra artificioso distinguere a seconda che un lavoratore acceda direttamente e in modo autonomo al mercato del lavoro dello Stato membro ospitante ovvero vi pervenga attraverso l’intermediazione di un’impresa la cui attività consista nella cessione di manodopera. In entrambi i casi, infatti, si tratta di movimenti di lavoratori potenzialmente rilevanti, i quali rischiano di provocare turbative, in seguito a nuove adesioni, sul mercato del lavoro degli Stati membri. Pertanto, escludere dall’ambito di applicazione del capitolo 2, punto 2, dell’allegato XII dell’Atto di adesione del 2003 la cessione di manodopera contrasterebbe, a mio parere, con l’obiettivo perseguito da tale disposizione transitoria e la priverebbe di gran parte della sua utilità.

52.      Propongo pertanto alla Corte di adottare un’interpretazione del capitolo 2, punto 2, dell’allegato XII dell’Atto di adesione del 2003 che non solo sia conforme all’obiettivo dello stesso, ma altresì preservi il suo effetto utile, dichiarando che tale disposizione transitoria include nel suo ambito di applicazione la cessione di manodopera.

53.      Non condivido i dubbi formulati dal giudice a quo sulla questione se il ragionamento seguito dalla Corte al punto 16 della citata sentenza Rush Portuguesa sia stato confermato nelle citate sentenze successive 19 gennaio 2006, Commissione/Lussemburgo, nonché Commissione/Germania e Commissione/Austria, poiché la mancanza di un espresso richiamo al punto di cui trattasi si spiega in base alle particolari circostanze di tali ricorsi per inadempimento; si trattava invero di cittadini di Stati terzi e non era in discussione alcuna misura transitoria relativa alla libera circolazione dei lavoratori. Pertanto, nulla indica che la Corte abbia abbandonato la sua giurisprudenza secondo la quale l’attività esercitata da un’impresa che fornisce manodopera mira a far accedere dei lavoratori al mercato del lavoro dello Stato membro ospitante.

54.      Peraltro, non ritengo che il legislatore comunitario, adottando la direttiva 96/71, segnatamente l’art. 1 della stessa, abbia inteso compromettere la possibilità per gli Stati già membri dell’Unione di controllare o di limitare l’accesso al proprio mercato del lavoro dei lavoratori dei nuovi Stati membri allo scopo di evitare perturbazioni in tali mercati causate da movimenti immediati e rilevanti di lavoratori.

55.      È vero che la direttiva 96/71, adottata dopo la citata sentenza Rush Portuguesa, e il cui fondamento giuridico è costituito dalle norme del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi, sembra far riferimento, all’art. 1, n. 3, lett. c), a questa particolare modalità di distacco costituita dalla cessione di manodopera. Tuttavia, il fatto che il legislatore comunitario abbia inteso inserire nell’ambito di applicazione di detta direttiva un ventaglio così ampio di situazioni riconducibili ad un distacco di lavoratori nel quadro di una prestazione di servizi al fine di far beneficiare il maggior numero di essi delle norme previste dalla direttiva 96/71 mi sembra conforme ad uno degli obiettivi perseguiti dalla direttiva medesima, vale a dire la protezione dei lavoratori. L’inclusione della cessione di manodopera nell’ambito di applicazione di tale direttiva non osta quindi, a mio parere, a che questo tipo di attività possa parimenti ricondursi alla disposizione transitoria che figura al capitolo 2, punto 2, dell’allegato XII dell’Atto di adesione del 2003, tenuto conto dei diversi obiettivi previsti da ciascuno di tali due atti.

56.      Diversi intervenienti hanno anche rilevato che l’allegato XII dell’Atto di adesione del 2003 richiama l’art. 1 della direttiva 96/71 e prevede deroghe espresse, in relazione alle prestazioni di servizio ivi contemplate, soltanto rispetto alla Repubblica federale di Germania e alla Repubblica d’Austria. A parer loro se ne potrebbe inferire che, se l’art. 1 di tale direttiva nel suo insieme è contemplato nel capitolo 2, punto 13, dell’allegato XII dell’Atto di adesione del 2003, punto che riguarda unicamente la Repubblica federale di Germania e la Repubblica d’Austria, ciò significa che la cessione temporanea di lavoratori di cui all’art. 1, n. 3, lett. c), di detta direttiva non può rientrare nell’ambito di applicazione del capitolo 2, punto 2, dell’allegato XII dell’Atto di adesione del 2003, che concerne la libera circolazione dei lavoratori.

57.      Non condivido questa analisi. A mio parere, il rinvio all’art. 1 della direttiva 96/71 nella disposizione transitoria che figura al capitolo 2, punto 13, dell’allegato XII dell’Atto di adesione del 2003 ha lo scopo di sottolineare che la Repubblica federale di Germania e la Repubblica d’Austria hanno negoziato non soltanto la sospensione delle norme relative alla libera circolazione dei lavoratori, ma anche quella delle norme riguardanti la libera prestazione dei servizi in specifici settori sensibili per quanto attiene a tutti i tipi di prestazioni di servizi che implichino la circolazione di lavoratori. A mio parere tale rinvio non è inteso, in mancanza di eccezioni espressamente previste nel capitolo 2, punto 2, dell’allegato XII dell’Atto di adesione del 2003, ad escludere la possibilità, per gli Stati membri, di subordinare al rilascio di un permesso la cessione di manodopera nel loro territorio per un periodo temporaneo.

58.      Poiché ritengo che la cessione di manodopera rientri nell’ambito della disposizione transitoria che figura al capitolo 2, punto 2, dell’allegato XII dell’Atto di adesione del 2003, occorre ora, allo scopo di dare al giudice del rinvio una risposta utile alla soluzione delle controversie dinanzi ad esso pendenti, stabilire quali siano i criteri principali che consentano di identificare tale particolare categoria di prestazione di servizi.

D –    I criteri principali che consentono di identificare una cessione di manodopera

59.      Il diritto derivato fornisce indicazioni utili al fine di definire il concetto di cessione di manodopera.

60.      Ho precedentemente fatto riferimento all’art. 1, n. 3, lett. c), della direttiva 96/71 che concerne l’ipotesi in cui le imprese decidano di «distacc[are], in quanto imprese di lavoro temporaneo o in quanto imprese che effettuano la cessione temporanea di lavoratori, un lavoratore presso un’impresa utilizzatrice avente la sede o un centro di attività nel territorio di uno Stato membro, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro fra il lavoratore e l’impresa di lavoro temporaneo o l’impresa che lo cede temporaneamente».

61.      Da tale definizione discende un primo criterio, vale a dire che, in presenza di una cessione di manodopera, il rapporto di lavoro tra il lavoratore e l’impresa che lo cede temporaneamente viene mantenuto. In altre parole, la cessione di manodopera ad un’impresa utilizzatrice non dà luogo alla formazione di un contratto di lavoro tra detta impresa e il lavoratore messo a disposizione.

62.      Tuttavia, la mancata menzione di cui all’art. 1, n. 3, lett. a), della direttiva 96/71, secondo la quale il distacco del lavoratore viene effettuato per conto e sotto la direzione dell’impresa che lo invia, lascia intendere che l’impresa che effettua la cessione temporanea di lavoratori non esercita alcuna autorità sul modo in cui il lavoratore svolge le mansioni ad esso affidate.

63.      Si tratta qui del secondo criterio che consente di identificare una cessione di manodopera, vale a dire la sussistenza di una subordinazione di fatto del lavoratore nei confronti dell’impresa utilizzatrice, per quanto concerne l’organizzazione, l’esecuzione e le condizioni di lavoro. In altre parole, la situazione in cui un datore di lavoro conclude con un’impresa utilizzatrice un contratto con il quale il primo delega alla seconda l’autorità che ad esso discende dalla sua qualità di datore di lavoro ai fini dell’esecuzione delle mansioni affidate al lavoratore configura, a mio parere, una cessione di manodopera.

64.      La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 19 novembre 2008, 2008/104/CE, relativa al lavoro tramite agenzia interinale (28), conferma tale analisi. Dall’art. 1, n. 1, di tale direttiva risulta, infatti che questa si applica «ai lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro con un’agenzia interinale e che sono assegnati a imprese utilizzatrici per lavorare temporaneamente e sotto il controllo e la direzione delle stesse» (29). Quest’ultima caratteristica consente di distinguere la cessione di manodopera dal subappalto. Infatti, nei rapporti di subappalto, le due imprese mantengono il controllo del proprio personale, non vi è trasferimento di autorità per quanto riguarda l’esecuzione delle mansioni affidate ai lavoratori.

65.      Un terzo criterio è riconducibile all’oggetto della prestazione. Al fine di stabilire se sussista una cessione di manodopera occorre, infatti, verificare se lo scopo della prestazione di servizi sia esclusivamente quello di mettere dei lavoratori a disposizione di un’impresa utilizzatrice ovvero se il trasferimento di tali lavoratori sia accessorio rispetto ad una prestazione di servizi che un’impresa stabilita in uno Stato A si è impegnata a fornire ad un’impresa stabilita in uno Stato B. Ritengo, ad esempio, che la situazione in cui un’impresa specializzata nell’installazione di software s’impegna contrattualmente ad inviare i propri ingegneri presso un’impresa al fine di sviluppare il sistema informatico di quest’ultima non costituisca una semplice cessione di manodopera. L’elemento principale è, in questo caso, la realizzazione di una prestazione di servizi informatici da parte di lavoratori di un’impresa specializzata nel settore informatico, in quanto questi ultimi eseguono la prestazione lavorativa sotto il controllo di tale impresa. In una siffatta situazione, il trasferimento di lavoratori è soltanto la necessaria conseguenza dell’applicazione di un know‑how specifico, proprio dell’impresa prestatrice di servizi.

66.      Deduco quindi da tali elementi che, ai fini dell’applicazione della disposizione transitoria che figura al capitolo 2, punto 2, dell’allegato XII dell’Atto di adesione del 2003, una cessione di manodopera è caratterizzata, innanzitutto, dalla persistenza del rapporto di lavoro tra il lavoratore e l’impresa che lo cede temporaneamente, in secondo luogo dalla circostanza che il lavoratore messo a disposizione dell’impresa utilizzatrice svolge le sue mansioni sotto il controllo e la direzione della stessa e, in terzo luogo, dal fatto che il trasferimento di lavoratori costituisce l’unico oggetto della prestazione di servizi. Spetta al giudice del rinvio verificare se, in ognuna delle controversie sottopostegli, tali criteri siano soddisfatti.

67.      Per contro non mi sembra che altri elementi possano costituire criteri attendibili per configurare la sussistenza di una cessione di lavoratori.

68.      In tal senso, per quanto riguarda l’importanza da conferire alla natura dell’attività principale che il prestatore di servizi svolge nello Stato in cui è stabilito, ritengo che essa costituisca soltanto un indizio per determinare se il terzo criterio sia soddisfatto, ossia se l’oggetto della prestazione di servizi sia esclusivamente quello di mettere dei lavoratori a disposizione di un’impresa utilizzatrice ovvero se il trasferimento di lavoratori sia accessorio rispetto ad una prestazione di servizi di altra natura, corrispondente, ad esempio, all’ambito di attività dell’impresa che li invia.

69.      Ritengo peraltro che la circostanza che i lavoratori tornino nel loro Stato membro di origine al termine del loro compito non sia pertinente per configurare una cessione di manodopera. Quel che rileva, a mio avviso, è che essi siano stati assegnati, sebbene soltanto temporaneamente, ad impieghi effettivamente proposti da un’impresa situata nello Stato membro ospitante ed abbiano quindi avuto accesso al mercato del lavoro di tale Stato per un certo periodo di tempo.

70.      In udienza, la Commissione ha spiegato che, a suo giudizio, il lavoratore messo a disposizione non accede al mercato del lavoro dello Stato membro ospitante poiché tra tale lavoratore e l’impresa utilizzatrice non viene stipulato alcun contratto di lavoro. Non posso condividere tale ragionamento poiché non tiene conto del particolare carattere della cessione di manodopera né dell’impatto che essa può avere sul mercato del lavoro dello Stato membro ospitante.

71.      Una fornitura di manodopera comporta uno sdoppiamento del rapporto di lavoro. Come sopra osservato, il lavoratore resta legato al suo datore di lavoro originario ma, al contempo, il lavoro concreto è fornito dal datore di lavoro stabilito nello Stato membro ospitante per i bisogni della propria impresa, ed è svolto sotto il controllo e la direzione di quest’ultimo. Il lavoratore messo a disposizione è assunto come lo sarebbe un lavoratore locale e quindi entra direttamente in concorrenza con i lavoratori locali sul mercato del lavoro dello Stato membro ospitante, il che ha necessariamente un impatto su quest’ultimo. Un ingente afflusso di lavoratori messi a disposizione in seguito all’adesione di un nuovo Stato membro rischia quindi inevitabilmente di destabilizzare il mercato del lavoro dello Stato membro ospitante, cosa che disposizioni transitorie quali quella al centro delle presenti cause sono appunto intese ad evitare.

IV – Conclusione

72.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Raad van State nel modo seguente:

«1)       Il capitolo 2, punto 2, dell’allegato XII dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea deve essere interpretato nel senso che tale disposizione transitoria comprende nel suo ambito di applicazione la cessione di manodopera.

2)      Ai fini dell’applicazione di detta disposizione transitoria, una cessione di manodopera è caratterizzata, innanzitutto, dalla persistenza del rapporto di lavoro tra il lavoratore e l’impresa che lo cede temporaneamente, in secondo luogo dalla circostanza che il lavoratore messo a disposizione dell’impresa utilizzatrice svolge le sue mansioni sotto il controllo e la direzione della stessa e, in terzo luogo, dal fatto che il trasferimento di lavoratori costituisce l’unico oggetto della prestazione di servizi.

Spetta al giudice del rinvio verificare se, in ognuna delle controversie sottopostegli, tali criteri siano soddisfatti».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – GU 1997, L 18, pag. 1.


3 – Occorre segnalare che vi sono altre due cause tuttora pendenti dinanzi alla Corte, le quali sono state sospese in attesa della sentenza nelle presenti cause, vale a dire Johan van Leendert Holding (causa C‑158/10) e Jung e Hellweger (causa C‑241/10).


4 – GU 2003, L 236, pag. 33; in prosieguo: l’«Atto di adesione del 2003».


5 – GU L 257, pag. 2.


6 – Stb. 1994, n. 959; in prosieguo: la «Wav».


7 – Stb. 1995, n. 406.


8 – Stb. 2005, n. 577; in prosieguo: il «decreto di attuazione».


9 – Causa C-113/89 (Racc. pag. I-1417).


10 – Causa C-43/93 (Racc. pag. I-3803).


11 – Causa C-445/03 (Racc. pag. I-10191).


12 – Causa C-244/04 (Racc. pag. I-885).


13 – Causa C-168/04 (Racc. pag. I-9041).


14 – Sentenza 17 dicembre 1981, causa 279/80 (Racc. pag. 3305).


15 – V. anche, in merito all’attività di collocamento di manodopera, sentenze 18 gennaio 1979, cause riunite 110/78 e 111/78, Van Wesemael e a. (Racc. pag. 35, punto 7), nonché 11 gennaio 2007, causa C‑208/05, ITC (Racc. pag. I‑181, punto 54).


16 – Sentenza 18 luglio 2007, causa C‑490/04, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑6095, punti 83‑89).


17 – Sentenza Webb, cit. (punto 10).


18 – Ibidem (punto 18).


19 – GU 1985, L 302, pag. 23; in prosieguo: l’«Atto di adesione del 1985».


20 – Sentenza Rush Portuguesa, cit. (punto 13 e giurisprudenza ivi citata).


21 – Ibidem (punto 14).


22 – Ibidem (punto 15).


23 – Ibidem (punto 16).


24 – V., in particolare, sentenza Commissione/Austria, cit. (punto 56 e giurisprudenza ivi citata).


25 – Per un altro esempio di interazione tra libera prestazione dei servizi e libera circolazione dei lavoratori, v. citata sentenza ITC, in cui la Corte ha esaminato la conformità di una normativa nazionale in materia di collocamento dei lavoratori alla luce di queste due libertà.


26 – V., in particolare, sentenza 3 dicembre 1998, causa C-233/97, KappAhl (Racc. pag. I-8069, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).


27 – Sentenza Rush Portuguesa, cit. (punto 13 e giurisprudenza ivi citata).


28 – GU L 327, pag. 9.


29 – Possiamo altresì citare la direttiva del Consiglio 25 giugno 1991, 91/383/CEE, che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale (GU L 206, pag. 19), quale modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2007, 2007/30/CE (GU L 165, pag. 21), il cui art. 1, punto 2, prevede che questa si applica «ai rapporti di lavoro interinale tra un’agenzia di lavoro interinale che è il datore di lavoro e il lavoratore, quando quest’ultimo è messo a disposizione per lavorare per e sotto il controllo di un’impresa e/o uno stabilimento utilizzatori».