Language of document : ECLI:EU:T:2008:109

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

15 aprile 2008 (*)

«Aiuti di Stato – Aiuti all’esportazione nel settore dell’editoria – Assenza di notifica preliminare – Art. 87, n. 3, lett. d), CE – Ambito di applicazione ratione temporis del diritto comunitario – Metodo di calcolo dell’importo dell’aiuto»

Nella causa T‑348/04,

Société internationale de diffusion et d’édition SA (SIDE), con sede in Vitry-sur-Seine (Francia), rappresentata dagli avv.ti N. Coutrelis e V. Giacobbo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J.‑P. Keppenne, in qualità di agente,

convenuta,

sostenuta da

Repubblica francese, rappresentata inizialmente dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra S. Ramet, successivamente dal sig. de Bergues e dalla sig.ra A.‑L. Vendrolini, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda di annullamento dell’art. 1, ultima frase, della decisione della Commissione 20 aprile 2004, 2005/262/CE, relativa all’aiuto cui la Francia ha dato esecuzione a favore della Coopérative d’exportation du livre français (CELF) (GU 2005, L 85, pag. 27),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADODELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione),

composto dal sig. M. Jaeger, presidente, dalla sig.ra V. Tiili e dal sig. T. Tchipev, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 23 maggio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti all’origine della controversia

1        La ricorrente, la Société internationale de diffusion et d’édition (SIDE) è una società di intermediazione con sede in Francia, la cui attività commerciale consiste in particolare nell’esportazione di libri francesi verso altri Stati membri dell’Unione europea e verso paesi terzi.

2        Le imprese di intermediazione rientrano tra i vari operatori che intervengono nella commercializzazione dei libri. Esse non si rivolgono al consumatore finale, bensì ai dettaglianti o alle collettività, e consentono di soddisfare gli ordinativi la cui gestione sarebbe troppo onerosa per gli editori o i loro distributori. Dette imprese riuniscono gli ordinativi, di scarsa importanza se singolarmente considerati, provenienti da diversi clienti e si rivolgono all’editore o al distributore, il quale deve così provvedere a rifornire un solo punto di distribuzione. Del pari, per le librerie o per i clienti istituzionali, interessati ad opere di editori diversi, le imprese di intermediazione raggruppano gli ordinativi in «pacchetti» secondo gli editori, evitando così ai propri clienti l’onere di inviare distinti ordinativi a più operatori.

3        La Coopérative d’exportation du livre français operante con la ditta «Centre d’exportation du livre français» (CELF) è una società cooperativa per azioni che esercita anche l’attività di impresa di intermediazione. L’oggetto sociale della CELF, secondo l’ultima versione del suo statuto, consiste nel «[p]rovvedere direttamente alla gestione degli ordinativi diretti all’estero e ai territori e dipartimenti d’oltremare, di libri, opuscoli e qualsiasi altro supporto di comunicazione e, più in generale, nell’eseguire qualsiasi operazione diretta, in particolare, a promuovere la cultura francese nel mondo avvalendosi dei mezzi sopraindicati».

4        I soci della CELF sono perlopiù editori con sede in Francia, sebbene la CELF sia aperta a tutti gli operatori del settore dell’editoria o di quello della diffusione dei libri in lingua francese, indipendentemente dal loro luogo di stabilimento.

5        L’attività commerciale della CELF e quella della ricorrente sono rivolte principalmente verso i paesi e le zone non francofone. Per le zone francofone, in particolare il Belgio, il Canada e la Svizzera, la commercializzazione dei libri è assicurata dalle reti di distribuzione degli editori.

6        Nel 1979, quando la CELF si è trovata ad affrontare difficoltà finanziarie, le autorità francesi hanno deciso di concederle determinate sovvenzioni.

7        Gli aiuti in questione avevano l’obiettivo di consentire alle imprese di intermediazione per l’esportazione di evadere tutti gli ordinativi di librerie con sede in zone non francofone, indipendentemente dall’importo, dal ritorno economico e dalla destinazione, al fine di favorire la diffusione mondiale della letteratura francofona.

8        La sola sovvenzione oggetto della presente causa (in prosieguo: l’«aiuto controverso») è stata erogata su base annuale dal 1980, anche se il suo importo è variato da quella data. L’aiuto controverso consisteva in un pacchetto di sovvenzioni annuali, ciascuna delle quali era specificatamente diretta a compensare i sovraccosti generati ogni anno dalla gestione degli ordinativi provenienti dalle librerie con sede all’estero e di importo pari o inferiore a FRF 500 (EUR 76,22), spese di trasporto escluse (in prosieguo: i «piccoli ordinativi»), ritenuti al di sotto della soglia di redditività.

9        A partire dal 1981 un quarto dell’importo dell’aiuto concesso l’anno precedente veniva versato all’inizio dell’anno, mentre il saldo veniva erogato in autunno, in esito all’esame, da parte delle pubbliche autorità, delle previsioni di attività della CELF e dei flussi registrati nella prima parte dell’esercizio. Nei tre mesi successivi alla fine dell’esercizio doveva essere fornito al ministero francese della Cultura e della Francofonia un rendiconto dell’aiuto accompagnato dai relativi documenti giustificativi.

10      Con lettera del 20 marzo 1992, la ricorrente ha attirato l’attenzione della Commissione su alcuni aiuti alla promozione, al trasporto e alla commercializzazione del libro francese accordati alla CELF dalle autorità francesi. Essa ha altresì chiesto alla Commissione se gli aiuti in questione fossero stati notificati ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 93, n. 3, del Trattato CE (divenuto art. 88, n. 3, CE).

11      Con lettera del 7 agosto 1992, la Commissione ha confermato alla ricorrente l’esistenza di alcuni aiuti non notificati a favore della CELF, ivi incluso l’aiuto controverso.

12      Il 18 maggio 1993 la Commissione ha adottato una decisione di autorizzazione dei suddetti aiuti col titolo «Aiuti agli esportatori di libri francesi» [decisione NN 127/92 (GU 1993, C 174, pag. 6)].

13      Con sentenza 18 settembre 1995, causa T‑49/93, SIDE/Commissione (Racc. pag. II-2501), il Tribunale ha annullato la predetta decisione nella parte riguardante l’aiuto controverso. Il Tribunale ha concluso che la Commissione non aveva rispettato l’obbligo di avviare il procedimento in contraddittorio ex art. 93, n. 2, del Trattato CE (divenuto art. 88, n. 2, CE).

14      Il 30 luglio 1996 la Commissione ha deciso di avviare la procedura di cui all’art. 93, n. 2, del Trattato CE (divenuto art. 88, n. 2, CE).

15      Il 10 giugno 1998 la Commissione ha adottato una nuova decisione che ha dichiarato l’aiuto controverso compatibile con il mercato comune [decisione 1999/133/CE, relativa ad un aiuto di Stato a favore della CELF (GU 1999, L 44, pag. 37)].

16      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 29 settembre 1998, la ricorrente ha adito il Tribunale chiedendo l’annullamento di tale decisione.

17      La decisione 1999/133 ha del pari costituito oggetto di un ricorso di annullamento da parte della Repubblica francese con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte l’8 settembre 1998. La Repubblica francese ha impugnato la suddetta decisione in quanto la Commissione ha escluso l’applicazione dell’art. 90, n. 2, del Trattato CE (divenuto art. 86, n. 2, CE).

18      Essendo stata impugnata con entrambi i ricorsi la validità dello stesso atto, il Tribunale, con ordinanza del presidente della Quarta Sezione ampliata del Tribunale 25 marzo 1999, ha sospeso, in conformità dell’art. 47, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia (divenuto art. 54, terzo comma, dello Statuto della Corte), il presente procedimento fino alla pronuncia della sentenza della Corte.

19      La Corte ha respinto il ricorso della Repubblica francese con sentenza 22 giugno 2000, causa C‑332/98, Francia/Commissione (Racc. pag. I‑4833). Il procedimento innanzi al Tribunale è proseguito.

20      L’aiuto controverso è stato soppresso dalle autorità francesi nel 2002.

21      Con sentenza 28 febbraio 2002, causa T‑155/98, SIDE/Commissione (Racc. pag. II‑1179), il Tribunale ha annullato la decisione 1999/133. Il Tribunale ha concluso che la Commissione aveva commesso un evidente errore di valutazione quanto alla definizione del mercato pertinente.

22      Il 20 aprile 2004 la Commissione ha adottato la decisione 2005/262/CE, relativa all’aiuto cui la Francia ha dato esecuzione a favore della CELF (GU 2005, L 85, pag. 27; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

23      Nella decisione impugnata la Commissione ha concluso che l’aiuto controverso costituiva un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE (‘considerando’ 127). Essa ha poi esaminato se fosse applicabile una delle deroghe al divieto generale di aiuti di Stato previsto dal suddetto articolo. La Commissione ha espressamente escluso l’applicabilità alla fattispecie sia delle deroghe di cui all’art. 87, n. 2, CE, sia di quelle previste al n. 3, lett. a), b) e c), del medesimo articolo (‘considerando’ 132). Infine, essa ha ritenuto che l’aiuto controverso avesse un obiettivo culturale ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. d), CE, in base al quale possono considerarsi compatibili con il mercato comune gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nella Comunità in misura contraria all’interesse comune (‘considerando’ 134 e 139).

24      Di conseguenza la Commissione si è limitata a verificare la compatibilità dell’aiuto controverso sul mercato dell’intermediazione per l’esportazione, con l’art. 87, n. 3, lett. d), CE (‘considerando’ 186). In proposito, essa ha in primo luogo preso atto della pertinenza del criterio dei piccoli ordinativi come elemento di riferimento per giustificare l’erogazione dell’aiuto controverso (‘considerando’ 187‑197). In secondo luogo essa ha verificato la sostanza della giustificazione dell’aiuto controverso, ossia l’esistenza di sovraccosti connessi direttamente alla gestione dei piccoli ordinativi. La Commissione ha quindi valutato i costi sostenuti dalla CELF per la gestione dei piccoli ordinativi, per l’anno 1994, sulla base degli elementi contabili trasmessi dalla Repubblica francese (‘considerando’ 203‑206). Essa ha stimato che i dati relativi al suddetto esercizio costituivano un riferimento adeguato per valutare i costi della gestione dei piccoli ordinativi, in quanto i documenti e i chiarimenti forniti dalla Repubblica francese relativamente ad altri esercizi evidenziano che la struttura dei piccoli ordinativi permane stabile negli anni (‘considerando’ 208). Infine, la Commissione ha stabilito che l’aiuto controverso non poteva costituire una compensazione eccessiva dei costi di gestione dei piccoli ordinativi.

25      Per i summenzionati motivi, la Commissione ha constatato all’art. 1 della decisione impugnata quanto segue:

«L’aiuto alla [CELF] per la gestione dei piccoli ordinativi di libri di lingua francese cui la Francia ha dato esecuzione fra il 1980 e il 2001 costituisce un aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, [CE]. Poiché la Francia ha omesso di notificare tale aiuto alla Commissione prima di dargli esecuzione, l’aiuto è stato concesso illegalmente. L’aiuto è tuttavia compatibile con il mercato comune a titolo dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera d), [CE]».

 Procedimento e conclusioni delle parti

26      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 agosto 2004, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

27      Con lettera depositata nella cancelleria del Tribunale il 2 dicembre 2004, la Repubblica francese ha chiesto a quest’ultimo di essere ammessa ad intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni della Commissione. Tale istanza è stata accolta con ordinanza del presidente della Terza Sezione del Tribunale 20 gennaio 2005.

28      Il 22 marzo 2007 il Tribunale ha chiesto alla Commissione di rispondere per iscritto a taluni quesiti e di produrre alcuni documenti. La Commissione ha ottemperato alle richieste nel termine impartito.

29      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso di aprire la fase orale.

30      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 23 maggio 2007.

31      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare l’art. 1, ultima frase, della decisione impugnata;

–        in subordine, annullare l’art. 1, ultima frase, della decisione impugnata, nella parte in cui la Commissione ha dichiarato l’aiuto controverso compatibile prima del 1999, o, alternativamente, del 1997 o del 1994;

–        in ulteriore subordine, annullare l’art. 1, ultima frase, della decisione impugnata, nella parte in cui dichiara l’aiuto controverso compatibile prima del 1° novembre 1993;

–        condannare la Commissione alle spese.

32      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

33      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

34      La ricorrente deduce a sostegno del suo ricorso tre motivi, dei quali il terzo è suddiviso in due parti. Il primo motivo è relativo alla mancanza di fondamento normativo per dichiarare la compatibilità dell’aiuto controverso con il mercato comune prima del 1° novembre 1993. Il secondo motivo è relativo alla mancanza di coerenza della decisione impugnata con l’art. 88, n. 3, CE. Il terzo motivo è relativo alla violazione dell’art. 87, n. 3, lett. d), CE. La prima parte del terzo motivo è relativa alla natura discriminatoria dell’aiuto controverso, mentre la seconda parte riguarda manifesti errori di valutazione.

35      Occorre in primo luogo esaminare il primo motivo e, in seguito, la seconda parte del terzo motivo.

 Sul primo motivo, relativo alla mancanza di fondamento normativo prima del 1° novembre 1993

 Argomenti delle parti

36      La ricorrente afferma che la Commissione, nel dichiarare, all’art. 1, ultima frase, della decisione impugnata, l’aiuto controverso compatibile con il mercato comune ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. d, CE, si è basata su un fondamento normativo erroneo. La ricorrente ritiene infatti che, poiché detta disposizione è stata introdotta dal Trattato UE, che è entrato in vigore il 1° novembre 1993, l’aiuto controverso avrebbe potuto essere dichiarato compatibile con il mercato comune solo a partire da quella data.

37      La ricorrente sostiene che il principio di non-retroattività vieta l’applicazione di un atto comunitario prima della data della sua entrata in vigore. Questo principio subirebbe solo eccezioni molto rare, in particolare quando sono espressamente previste disposizioni transitorie oppure quando ciò risulta chiaramente dalla finalità o dall’economia dell’atto in questione. Ebbene, la ricorrente fa valere che il Trattato UE non prevede disposizioni transitorie e che nulla indica che i firmatari del Trattato abbiano inteso attribuire una portata retroattiva all’art. 87, n. 3, lett. d), CE.

38      La ricorrente rinvia alla comunicazione della Commissione 22 maggio 2002 relativa alla determinazione delle norme applicabili alla valutazione degli aiuti di Stato illegalmente concessi (GU 2002, C 119, pag. 22), che confermerebbe che la compatibilità con il mercato comune degli aiuti versati illegalmente deve, di norma, essere valutata «in base ai criteri oggettivi indicati negli strumenti normativi in vigore all’epoca in cui è stato concesso l’aiuto».

39      La ricorrente ritiene che, se gli aiuti non notificati fossero valutati in base alle disposizioni in vigore all’epoca della decisione della Commissione e non al momento in cui vengono concessi, ne conseguirebbe un premio all’illegalità, in quanto un aiuto godrebbe retroattivamente di una decisione di compatibilità che non avrebbe potuto ottenere se lo Stato membro interessato avesse rispettato l’art. 88 CE e avesse notificato l’aiuto alla Commissione prima di concederlo.

40      Inoltre, la ricorrente afferma che la deroga di cui all’art. 87, n. 3, lett. d), CE non può essere ritenuta coperta dal medesimo paragrafo, lett. c). Essa ricorda che, nella decisione impugnata, la Commissione ha escluso l’applicazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE nel caso di specie. Oltre a ciò, la ricorrente fa valere che una tale interpretazione equivarrebbe a privare di qualsiasi portata la deroga di cui al paragrafo 3, lett. d), introdotta dal Trattato UE.

41      A sua difesa, la Commissione afferma che una situazione giuridica è disciplinata dalla legislazione in vigore al momento in cui la suddetta situazione ha acquisito un carattere definitivo. Nella fattispecie, si dovrebbe fare riferimento al momento in cui è stata adottata la decisione che ha statuito sulla compatibilità dell’aiuto controverso.

42      La Commissione rileva che in base ai principi generali di diritto, di norma, le nuove leggi, ivi incluse le disposizioni dei Trattati, si applicano agli effetti futuri di situazioni che sono sorte quando era in vigore la legge anteriore.

43      In ogni caso, la finalità e l’impianto sistematico dell’art. 87, n. 3, lett. d), CE, ne imporrebbero un’applicazione immediata. La Commissione afferma che una decisione sulla compatibilità di un aiuto di Stato con il mercato comune non costituisce un’operazione meramente formale che richiede una base giuridica specifica. La Commissione sarebbe tenuta a valutare il contributo concreto dell’aiuto in questione a un obiettivo di interesse generale, da un lato, e i suoi effetti negativi sulla concorrenza, dall’altro. Nell’ambito di questa analisi, la Commissione dovrebbe solamente valutare se, al momento del suo esame, l’interesse comunitario imponga che l’aiuto sia restituito o meno, poiché, da un punto di vista economico, un aiuto illegittimo non esaurisce i propri effetti nel momento in cui viene concesso, ma continua a produrne finché l’operatore rimane attivo sul mercato.

44      La Commissione precisa che, se non applicasse immediatamente il nuovo criterio di compatibilità, la sua decisione sarebbe in contrasto con un obiettivo da allora in poi riconosciuto nel Trattato. Orbene, essa ritiene che non si possa esigere il recupero di un aiuto per il solo fatto che questo sarebbe stato concesso troppo presto.

45      La Commissione afferma che la sua posizione è stata confermata dal Tribunale nella sentenza 18 novembre 2004, causa T‑176/01, Ferriere Nord/Commissione (Racc. pag. II‑3931).

46      La Commissione ritiene che l’applicazione di una nuova regola all’esame di un aiuto non notificato non costituisca necessariamente un «premio all’illegalità». Infatti, tale immediata applicazione potrebbe giocare a sfavore dello Stato membro, in caso di inasprimento dei criteri di compatibilità.

47      Infine, la Commissione rileva che non sussistono ragioni imperative di certezza del diritto per limitare, nella caso di specie, il campo di applicazione ratione temporis dell’art. 87, n. 3, lett. d), CE.

48      In subordine, la Commissione afferma che la deroga relativa all’obiettivo culturale, che figura dal 1993 all’art. 87, n. 3, lett. d), CE, era precedentemente coperta dal medesimo paragrafo, lett. c), ed è stata solo meglio identificata con l’introduzione della lett. d).

49      La Repubblica francese fa propri gli argomenti della Commissione.

 Giudizio del Tribunale

50      Dall’art. 1, ultima frase, della decisione impugnata risulta che l’aiuto controverso è stato dichiarato compatibile con il mercato comune ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. d), CE. Questa disposizione rappresenta una deroga al divieto generale di aiuti di Stato previsto dall’art. 87, n. 1, CE, introdotta dal Trattato UE, entrato in vigore il 1° novembre 1993.

51      La ricorrente afferma che in sostanza tale fondamento normativo non poteva essere utilizzato per dichiarare l’aiuto compatibile con il mercato comune per quanto riguarda il periodo dal 1980 al 31 ottobre 1993.

52      In proposito si deve rilevare che, in linea generale, il principio della certezza del diritto osta a che il momento iniziale dell’applicazione nel tempo di un atto comunitario decorra da una data anteriore a quella della sua pubblicazione, salvo qualora, in via eccezionale, lo esiga lo scopo da raggiungere e sia debitamente rispettato il legittimo affidamento degli interessati (sentenza della Corte 25 gennaio 1979, causa 98/78, Racke, Racc. pag. 69, punto 20).

53      Pertanto, se le norme di procedura si ritengono generalmente applicabili a tutte le controversie pendenti al momento in cui entrano in vigore, altrettanto non vale per le norme sostanziali. (sentenza della Corte 12 novembre 1981, cause riunite 212/80‑217/80, Meridionale industria salumi, Racc. pag. 2735, punto 9).

54      Infatti, le norme comunitarie di diritto sostanziale devono essere interpretate, per garantire l’osservanza dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, nel senso che non riguardano situazioni consolidatesi anteriormente alla loro entrata in vigore, salvo che emerga chiaramente dalla loro formulazione, dalle loro finalità o dal loro impianto sistematico che si deve ad esse attribuire tale effetto (v. sentenza della Corte 24 settembre 2002, cause riunite C‑74/00 P e C‑75/00 P, Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, Racc. pag. I‑7869, punto 119, e la giurisprudenza citata). Questa conclusione si impone a prescindere dalle conseguenze favorevoli o sfavorevoli che le suddette regole potrebbero avere per l’interessato (v., in tal senso, sentenze della Corte 29 gennaio 1985, causa 234/83, Gesamthochschule Duisburg, Racc. pag. 327, punto 20, e 7 febbraio 2002, causa C‑28/00, Kauer, Racc. pag. I‑1343, punto 20).

55      Per contro, la legislazione comunitaria si applica immediatamente agli effetti futuri di situazioni che sono sorte quando era in vigore la legge anteriore (sentenze della Corte 10 luglio 1986, causa 270/84, Licata/CES, Racc. pag. 2305, punto 31, e 29 gennaio 2002, causa C‑162/00, Pokrzeptowicz-Meyer, Racc. pag. I‑1049, punto 50).

56      Richiamate tali premesse, si deve constatare che il Trattato UE non prevede disposizioni transitorie concernenti l’applicazione dell’art. 87, n. 3, lett. d), CE. Per altro, nessun elemento di questa disposizione consente di concludere che essa sia volta a disciplinare situazioni anteriori alla data della sua entrata in vigore. D’altronde, la Commissione non ha affermato, nella decisione impugnata, che la finalità o l’impianto sistematico dell’art. 87, n. 3, lett. d), CE esigevano nella fattispecie l’applicazione retroattiva di tale disposizione, né che ciò era necessario per il funzionamento del sistema di controllo esercitato dalla Commissione rispetto agli aiuti concessi dagli Stati membri. La Commissione non ha dedotto argomenti in tal senso neppure nell’ambito del suo controricorso.

57      Pertanto, occorre verificare soltanto se il carattere compatibile o incompatibile degli aiuti controversi fosse divenuto definitivo al momento dell’adozione della decisione impugnata.

58      Orbene, qualsiasi nuovo aiuto, non notificato e già versato, è necessariamente incompatibile con il mercato comune se, favorendo talune imprese o talune produzioni, può falsare la concorrenza durante il periodo nel corso del quale è stato versato e se non rientra in alcuna delle deroghe al divieto generale di aiuti di Stato di cui all’art. 87, n. 1, CE. In ogni caso, una volta prodotti i propri effetti, il carattere compatibile o incompatibile dell’aiuto in questione diviene definitivo. Questo è segnatamente il caso nella fattispecie, dato che l’aiuto controverso è stato accordato e concesso della Repubblica francese e utilizzato dalla CELF al fine di compensare annualmente i sovraccosti di gestione dei piccoli ordinativi.

59      Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, l’analisi della compatibilità con il mercato comune di un aiuto versato e non notificato, segnatamente come quella del caso di specie, non impone soltanto di valutare se, al momento dell’adozione della relativa decisione, l’interesse comunitario esiga che l’aiuto sia restituito o meno. Infatti, la Commissione deve verificare altresì se, nel periodo durante il quale l’aiuto è stato versato, il suddetto aiuto fosse in grado di falsare la concorrenza.

60      La Commissione dispone certamente di un ampio potere discrezionale nell’ammettere un aiuto in virtù delle deroghe al divieto generale di cui all’art. 87, n. 1, CE. Infatti, l’accertamento, in tal caso, della compatibilità o dell’incompatibilità con il mercato comune di un aiuto di Stato solleva problemi che implicano la valutazione di fatti e di circostanze economiche complesse ed atte a modificarsi rapidamente (sentenza della Corte 14 febbraio 1990, causa C‑301/87, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑307, punto 15). Tuttavia, questo margine di discrezionalità non può essere utilizzato prescindendo dal fatto che è durante il periodo in cui l’aiuto in questione è stato erogato illegalmente che l’aiuto ha potuto falsare la concorrenza in contrasto con l’interesse comunitario, così come era determinato dal quadro normativo vigente.

61      Ne consegue che la Commissione ha commesso un errore nell’applicare l’art. 87, n. 3, lett. d), CE, al periodo antecedente al 1° novembre 1993, invece di applicare le norme sostanziali in vigore durante il periodo in questione.

62      Questa conclusione si impone a maggior ragione visto che, secondo una giurisprudenza costante, qualsiasi deroga al principio generale d’incompatibilità degli aiuti di Stato con il mercato comune, enunciato nell’art. 87, n. 1, CE, dev’essere oggetto d’interpretazione restrittiva (sentenze della Corte 21 giugno 2001, cause riunite da C‑280/99 P a C‑282/99, Moccia Irme e a./Commissione, Racc. pag. I‑4717, punto 40, e del Tribunale 25 settembre 1997, causa T‑150/95, UK Steel Association/Commissione, Racc. pag. II‑1433, punto 114). Questa interpretazione restrittiva impone, anch’essa, di circoscrivere l’applicazione di una deroga in materia di aiuti di Stato al periodo successivo alla sua entrata in vigore, quanto meno se gli aiuti in questione sono stati già versati.

63      In questa stessa ottica, per quanto riguarda gli aiuti rientranti nel Trattato CECA ed erogati senza essere stati preventivamente notificati, la Corte ha dichiarato che l’applicazione delle regole del codice vigente al momento in cui la Commissione prende una decisione relativa alla compatibilità di aiuti concessi in vigenza di un codice precedente conduce effettivamente ad un’applicazione retroattiva di una normativa comunitaria (sentenza Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, cit., punto 118). La Corte ha giudicato che nessuna disposizione del codice vigente alla data dell’adozione della decisione della Commissione stabiliva che esso potesse essere applicato retroattivamente. Inoltre, la Corte ha ritenuto che dall’economia e dalle finalità dei successivi codici che disciplinano gli aiuti risulterebbe che essi sono stati adottati in funzione delle esigenze esistenti in un dato periodo. Pertanto, l’applicazione di norme adottate in un determinato periodo, in funzione della situazione di quest’ultimo, ad aiuti concessi ed erogati nel corso di un periodo precedente non corrisponderebbe all’economia e alle finalità di questo tipo di normativa (sentenza Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, cit., punto 120).

64      Per contro, la situazione del caso di specie non è paragonabile a quella all’origine della succitata sentenza Ferriere Nord/Commissione. Infatti, la detta sentenza riguardava un aiuto a cui non era stata data esecuzione prima della decisione della Commissione in merito alla sua compatibilità. Pertanto, l’aiuto non poteva minacciare la concorrenza nel periodo antecedente l’adozione della suddetta decisione. Al contrario, un aiuto versato prima che la Commissione prenda una decisione in merito alla sua compatibilità con il mercato comune può minacciare e persino falsare la concorrenza durante il periodo anteriore all’adozione di tale decisione.

65      La conclusione secondo cui l’applicazione dell’art. 87, n. 3, lett. d), CE, deve essere esclusa nella fattispecie, non può essere confutata da alcuno degli argomenti aggiuntivi della Commissione.

66      Per quanto riguarda l’argomento secondo il quale non sussistono ragioni imperative di certezza del diritto per limitare, nel caso di specie, il campo di applicazione ratione temporis della summenzionata disposizione, si deve ricordare che il diritto comunitario deve garantire il rispetto dei principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento in virtù dei quali le norme comunitarie debbono presentare caratteri di chiarezza e prevedibilità per gli amministrati (v., in tal senso, sentenza Meridionale industria salumi, cit., punto 10). Orbene, la legislazione comunitaria in materia di aiuti di Stato non sarebbe né chiara né prevedibile per gli amministrati, se un aiuto che non poteva essere ritenuto compatibile tra il 1980 e il 1993, in mancanza di una deroga al divieto generale di aiuti di Stato di cui all’art. 87, n. 1, CE, valida per quel periodo, potesse essere in seguito considerato compatibile, se la suddetta deroga fosse introdotta. Si deve pertanto respingere l’argomento della Commissione a questo riguardo.

67      Per quanto concerne l’argomento della Commissione secondo il quale l’applicazione di una nuova regola all’esame di un aiuto non notificato non costituisce un premio all’illegalità, si deve constatare che ritenere che un aiuto non notificato possa essere dichiarato compatibile con il mercato comune in forza di una deroga che non era in vigore al momento del versamento del suddetto aiuto equivarrebbe ad avvantaggiare lo Stato membro che l’ha erogato rispetto ad eventuali Stati membri che avrebbero voluto concedere un aiuto analogo e che vi avrebbero rinunciato, in assenza di una deroga che lo consentisse. Del pari, lo Stato membro in questione sarebbe avvantaggiato rispetto a qualsiasi altro Stato membro che, desiderando concedere un aiuto durante il medesimo periodo, l’avesse notificato prima dell’entrata in vigore della deroga in questione e, conseguentemente, avesse ricevuto dalla Commissione una decisione di incompatibilità dell’aiuto con il mercato comune. Ciò costituirebbe un incentivo per gli Stati membri a non notificare gli aiuti che ritengono incompatibili con il mercato comune, in mancanza di una deroga che sia loro applicabile, nella speranza che una tale deroga possa essere adottata in seguito. L’argomento della Commissione non può quindi essere accolto.

68      Infine, si deve respingere l’argomento addotto in subordine dalla Commissione secondo il quale gli aiuti erogati prima del 1° novembre 1993 rientrerebbero in ogni caso nell’ambito di applicazione della deroga di cui all’art. 87, n. 3, lett. c), CE.

69      Infatti, senza che sia necessario esaminare se la deroga prevista dall’art. 87, n. 3, lett. c), CE, potesse, prima dell’entrata in vigore del Trattato UE, rappresentare un fondamento normativo sufficiente per ammettere la compatibilità con il mercato comune di un aiuto di Stato destinato a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, è sufficiente constatare che, avendo la Commissione scelto il fondamento normativo che ha ritenuto maggiormente appropriato nella fattispecie, ossia l’art. 87, n. 3, lett. d), CE, è con riguardo a quest’unica disposizione che si deve valutare la conformità della decisione impugnata con il diritto comunitario. D’altronde, poiché la Commissione stessa ha affermato nella decisione impugnata (‘considerando’ 186) che essa verificava soltanto la compatibilità dell’aiuto al mercato dell’intermediazione per l’esportazione con l’art. 87, n. 3, lett. d), CE, non può invocare l’applicazione di una diversa disposizione dinanzi al Tribunale.

70      Da quanto precede si evince che la Commissione ha commesso un errore di diritto nel ritenere che l’aiuto controverso fosse compatibile con il mercato comune in forza dell’art. 87, n. 3, lett. d), CE, per quanto riguarda la parte dell’aiuto versato alla CELF prima della data di entrata in vigore del Trattato UE. Si deve quindi annullare l’art. 1, ultima frase, della decisione impugnata per la parte relativa al periodo antecedente al 1° novembre 1993.

 Sulla seconda parte del terzo motivo, relativa alla sussistenza di manifesti errori di valutazione

 Argomenti delle parti

71      La ricorrente sostiene che l’aiuto controverso è privo di qualsiasi connessione con i piccoli ordinativi e costituirebbe unicamente un aiuto al funzionamento concesso alla CELF senza limiti di durata.

72      Secondo la ricorrente, i piccoli ordinativi non erano oggetto di una definizione all’epoca in cui l’aiuto controverso è stato concesso. Una tale definizione, che specifica che i piccoli ordinativi sono quelli di valore inferiore a FRF 500, sarebbe stata introdotta solo nel contesto della causa T‑49/93. Invece di essere fissata all’esito di un’analisi economica, la soglia di FRF 500 sarebbe stata determinata in modo empirico.

73      Per quanto riguarda la congruità della summenzionata definizione, la ricorrente afferma che l’anno 1994 sarebbe stato scelto di proposito, come anno di riferimento, al fine di giustificare la fissazione della soglia di redditività a FRF 500.

74      In ogni caso, la ricorrente sottolinea che un esame della contabilità analitica di un solo anno, anche se avvalorata da altri tre anni, non è sufficiente per dichiarare compatibile un aiuto per più di vent’anni. La ricorrente rileva che la Commissione non ha né giustificato la scelta di un solo anno come punto di riferimento per un periodo così lungo, né spiegato per quale motivo il metodo utilizzato nel 1994 non è stato applicato per gli altri anni. Non essendo stato applicato alcun metodo costante di calcolo, l’aiuto controverso dovrebbe essere considerato come una sovvenzione al funzionamento, concesso a prescindere dai sovraccosti generati dalla gestione dei piccoli ordinativi.

75      Per quanto riguarda l’anno 1994, la ricorrente sostiene che la contabilità analitica della CELF sarebbe stata elaborata per mostrare in maniera artificiale che l’aiuto versato era stato utilizzato ai soli fini della gestione dei piccoli ordinativi. I costi relativi ai piccoli ordinativi sarebbero stati maggiorati grazie a diversi espedienti contabili, ossia: i «coefficienti moltiplicatori ingiustificati», la «mancata presa in considerazione delle modalità concrete di esecuzione degli ordini» e le «differenti chiavi di ripartizione».

76      In primo luogo, la ricorrente rileva che le spese della CELF connesse alla gestione dei piccoli ordinativi sono state valutate applicando coefficienti moltiplicatori, variabili a seconda dell’attività, in ragione del fatto che la gestione di piccoli ordinativi era più costosa di quella degli altri ordinativi. Orbene, secondo la ricorrente, l’esistenza e il valore dei coefficienti applicati non si fondano su alcuna giustificazione oggettiva. Conseguentemente, almeno il 9,12% dei costi connessi ad altre attività della CELF sarebbe stato imputato artificialmente ai piccoli ordinativi.

77      In secondo luogo, la ricorrente ritiene che, anche se l’applicazione di un coefficiente moltiplicatore fosse giustificata, tale applicazione dovrebbe essere circoscritta agli ordini non telematici. La trasmissione telematica ridurrebbe in modo considerevole i costi di gestione e di ricevimento degli ordini ed eliminerebbe il più delle volte la necessità di fare ricorso ai corrieri, in quanto la maggior parte dei fornitori consegnano essi stessi gli ordini telematici.

78      Orbene, anche se più dei due terzi dei piccoli ordinativi della CELF erano gestiti in via telematica nel 1994, la Commissione non avrebbe potuto effettuare una distinzione, nella decisione impugnata, tra gli ordini telematici e quelli cartacei. Conseguentemente, i costi relativi ai piccoli ordinativi sarebbero stati aumentati di FRF 40 421 (EUR 6 162,14), per quanto riguarda le spese di consegna; di FRF 143 703 (EUR 21 907,38), per quanto riguarda le spese di ricevimento; di FRF 235 567 (EUR 35 911,96), per quanto riguarda le spesse connesse all’attività commerciale.

79      Inoltre, la ricorrente osserva che il numero degli ordini telematici e quello degli ordini cartacei sono stati invertiti dalle autorità francesi e così trasmessi alla Commissione. Contrariamente alla valutazione della Commissione, secondo cui l’impatto di tale inversione sarebbe modesto, la ricorrente ritiene che le conseguenze siano state considerevoli.

80      In terzo luogo, la ricorrente critica la scelta delle «chiavi di ripartizione» prese in considerazione nella decisione impugnata, ossia i criteri in funzione dei quali le spese sono imputate alla gestione dei piccoli ordinativi e alle altre attività. Le spese di contabilità e i costi di fornitura connessi ai piccoli ordinativi sarebbero stati calcolati sulla base del numero di fatture emesse (47%) e non su quello del numero dei libri consegnati (5%). Eppure le altre spese di personale amministrativo relativo ai piccoli ordinativi sono state calcolate prendendo come riferimento il numero di libri forniti. Ora, il servizio di contabilità non si limiterebbe ad emettere fatture.

81      Sulla base di quanto precede la ricorrente conclude che i costi connessi alla gestione dei piccoli ordinativi sarebbero considerevolmente inferiori a quanto presentato dalla CELF. In totale, le spese complessive relative ai piccoli ordinativi sarebbero state maggiorate, come minimo, di FRF 1 384 222 (EUR 211 023,28) per l’anno di riferimento 1994.

82      Infine, la ricorrente sostiene che qualsiasi considerazione relativa ad una presunta funzione di interesse generale della CELF sarebbe inammissibile. Da un lato, la qualifica di aiuto non sarebbe oggetto del presente ricorso. Dall’altro, né l’art. 86, n. 2, CE, né la giurisprudenza Altmark (sentenza della Corte 24 luglio 2003, causa C‑280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, Racc. pag. I‑7747), che richiamano la nozione di funzione di interesse generale, potrebbero essere applicati nel caso di specie.

83      La Commissione ricorda che la decisione impugnata si basa su complesse valutazioni di ordine economico. In tali circostanze, il controllo giurisdizionale sarebbe limitato alla verifica del rispetto delle norme di procedura e di motivazione, l’esattezza materiale dei fatti presi in considerazione per effettuare la scelta contestata, l’insussistenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti, nonché l’assenza di sviamento di potere. La decisione impugnata non sarebbe il risultato di una dimostrazione matematica, ma di un esame globale al fine di accertare se gli aiuti versati non sono stati sproporzionati e se non hanno comportato una distorsione della concorrenza.

84      Quanto agli addotti manifesti errori di valutazione, la Commissione fa riferimento all’ampio potere discrezionale di cui dispone nella valutazione della compatibilità di un aiuto ai sensi dell’art. 87, n. 3, CE. Essa è del parere che, nella sentenza 6 marzo 2003, cause riunite T‑228/99 e T‑233/99, Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land Nordrhein-Westfalen/Commissione (Racc. pag. II‑435), il Tribunale abbia concluso, in merito alla valutazione effettuata dalla Commissione di un piano di ristrutturazione di un’impresa in difficoltà, che «solo sussistendo un errore particolarmente grave e manifesto della Commissione nella valutazione di detto piano, il Tribunale potrebbe censurare l’autorizzazione di un aiuto di Stato destinato a finanziare tale ristrutturazione». Pertanto, il giudice comunitario non dovrebbe sostituire la propria valutazione, in particolare sul piano economico, a quella della Commissione.

85      Sulla base di queste considerazioni, la Commissione ritiene che l’onere della prova a carico della ricorrente sarebbe particolarmente grave. Quest’ultima dovrebbe vincere la presunzione di legittimità di cui gode la decisione impugnata adducendo degli elementi idonei a mettere in dubbio le valutazioni contenute nella decisione impugnata.

86      A questo proposito, la Commissione rileva, da un lato, che l’obiettivo culturale dell’aiuto controverso non sarebbe stato contestato dalla ricorrente e, dall’altro, che gli aiuti controversi non compenserebbero in modo eccessivo i costi connessi all’attività in questione, sebbene il fascicolo consegnato dalle autorità francesi non sia privo di punti deboli e non garantisca l’esatta ripartizione di tutti gli importi.

87      La Commissione ritiene, infatti, che, se le autorità francesi le avessero preventivamente notificato un fascicolo completo che assicurasse in modo assoluto che gli importi versati compensavano strettamente i sovraccosti connessi alle funzioni di servizio pubblico assunte dalla CELF, avrebbe potuto concludere, facendo riferimento alla succitata sentenza Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, che non si trattava di un aiuto di Stato.

88      La Commissione sostiene che gli elementi prodotti dalla ricorrente al fine di contestare la sussistenza di un nesso sufficiente tra l’aiuto erogato e i piccoli ordinativi sono di ordine assai generale. Questi elementi tenderebbero a negare l’evidenza, ossia che la gestione dei piccoli ordinativi è più costosa di quella dei grandi ordinativi. In proposito, la Commissione fa riferimento a un documento, intitolato «CELF – redditività della CELF», che esporrebbe minutamente le cause dei sovraccosti connessi alla gestione dei piccoli ordinativi, che costituiscono quasi la metà degli ordini della CELF.

89      In primo luogo, per quanto riguarda i pretesi espedienti contabili, la Commissione sostiene che l’utilizzo dei coefficienti moltiplicatori sarebbe giustificato, in quanto i costi di gestione per libro per i piccoli ordinativi sarebbero, secondo le autorità francesi, superiori in media di circa il 50% rispetto agli altri ordini. L’utilizzo di coefficienti moltiplicatori sarebbe stato spiegato dettagliatamente in una lettera del governo francese del 5 marzo 1998.

90      In secondo luogo, per quanto riguarda la presa in considerazione della trasmissione telematica, la Commissione ricorda che la decisione impugnata si è basata sulle informazioni fornite dalle autorità francesi nel 1998 e rettificate nel 2003. Il costo rettificato di un piccolo ordinativo era di EUR 27,20 per libro, invece di EUR 24,44 per libro. A titolo di confronto, le spese connesse agli ordini comuni ammonterebbero a EUR 18,44 per libro.

91      La Commissione sostiene che tutti i piccoli ordinativi, telematici o meno, comportano delle spese supplementari. Ad esempio, quando i libri giacciono in magazzino, un piccolo ordine occuperebbe il medesimo spazio di un ordine più grande, il che non è stato contestato dalla ricorrente.

92      Inoltre, il numero medio di opere per linea sarebbe quasi due volte inferiore nel caso dei piccoli ordinativi, il che aumenterebbe i costi di conseguenza.

93      In terzo luogo, per quanto riguarda le chiavi di ripartizione, la Commissione ritiene che, per calcolare le spese di contabilità connesse ai piccoli ordinativi, il numero di fatture sia un criterio migliore rispetto al numero dei libri. Al contrario, il numero di libri sarebbe più appropriato per gli altri servizi. La Commissione rileva, per altro, che l’argomento della ricorrente, per quanto riguarda gli espedienti contabili della CELF, si basa essenzialmente (circa i due terzi dei costi così rettificati) su questa critica infondata concernente le chiavi di ripartizione.

94      La Repubblica francese afferma che la CELF ha goduto dell’aiuto controverso in ragione della sua funzione di interesse generale consistente nell’evadere gli ordini non redditizi provenienti da librerie straniere.

95      La Repubblica francese ritiene che i pretesi errori rilevati dalla ricorrente non rimetterebbero in questione l’esattezza materiale dei fatti considerati dalla Commissione nella decisione impugnata. Sarebbe irragionevole sostenere che il costo della gestione dei piccoli ordinativi non sia ampiamente superiore a quello degli altri ordini. La Repubblica francese rileva, infine, che non sussiste necessariamente un legame tra i piccoli ordinativi e i piccoli editori.

 Giudizio del Tribunale

96      Si deve ricordare che, ai sensi dell’art. 87, n. 3, CE, la Commissione gode di un ampio potere discrezionale, il cui esercizio comporta complesse valutazioni di ordine economico e sociale da effettuarsi in un contesto comunitario. Il controllo giurisdizionale applicato all’esercizio di tale potere discrezionale si limita pertanto alla verifica del rispetto delle regole di procedura e di motivazione, nonché al controllo dell’esattezza materiale dei fatti presi in considerazione e dell’assenza di errori di diritto, di errori manifesti nella valutazione dei fatti o di sviamento di potere (v. sentenza della Corte 29 aprile 2004, causa C‑372/97, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑3679, punto 83). In particolare, non spetta al giudice comunitario sostituire la propria valutazione economica a quella dell’autore della decisione (sentenza della Corte 14 gennaio 1997, causa C‑169/95, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑135, punto 34).

97      Al fine di stabilire se la Commissione abbia commesso un manifesto errore nella valutazione dei fatti tale da giustificare l’annullamento della decisione impugnata, gli elementi di prova addotti dalla ricorrente devono essere sufficienti a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerati nella decisione di cui si tratta (sentenze del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T‑380/94, AIUFFASS e AKT/Commissione, Racc. pag. II‑2169, punto 59, e 1° luglio 2004, causa T‑308/00, Salzgitter/Commissione, Racc. pag. II‑1933, punto 138).

98      Orbene, nell’esercizio del suo potere discrezionale è compito della Commissione provvedere a conciliare gli obiettivi della libera concorrenza e quelli della deroga, nel rispetto del principio di proporzionalità (v., per analogia, sentenza AIUFFASS e AKT/Commissione, cit., punto 54). Così, non può essere consentito agli Stati membri di effettuare versamenti che migliorerebbero la situazione finanziaria dell’impresa beneficiaria senza essere necessari per il conseguimento degli scopi previsti dall’art. 87, n. 3, CE (v., in tal senso, sentenza della Corte 17 settembre 1980, causa 730/79, Philip Morris/Commissione, Racc. pag. 2671, punto 17).

99      In particolare, gli aiuti al funzionamento, cioè gli aiuti diretti ad alleviare un’impresa delle spese ch’essa stessa avrebbe dovuto normalmente sostenere nell’ambito della sua gestione corrente o delle sue normali attività, non rientrano in linea di principio nel campo di applicazione dell’art. 87, n. 3, CE. Infatti, tali aiuti falsano in linea di principio le condizioni di concorrenza nei settori ove sono concessi senza essere in grado tuttavia, come tali, di conseguire uno qualsiasi degli obiettivi fissati dalle summenzionate disposizioni derogatorie (v., in tal senso, sentenze della Corte 14 febbraio 1990, Francia/Commissione, cit., punto 50; 6 novembre 1990, causa C-86/89, Italia/Commissione, Racc. pag. I-3891, punto 18; e 15 maggio 1997, causa C‑278/95 P, Siemens/Commissione, Racc. pag. I‑2507, punto 37; sentenza del Tribunale 8 giugno 1995, causa T‑459/93, Siemens/Commissione, Racc. pag. II‑1675, punto 48).

100    È alla luce di questi principi che occorre valutare se la ricorrente è riuscita a dimostrare che la decisione impugnata è viziata da un manifesto errore di valutazione per quanto riguarda l’esame della compatibilità dell’aiuto controverso con il mercato comune.

101    Nella fattispecie, l’aiuto controverso aveva come scopo la diffusione della lingua e della letteratura francese attraverso un meccanismo di compensazione dei sovraccosti connessi alla gestione dei piccoli ordinativi (‘considerando’ 44 e 45 della decisione impugnata).

102    Così, la Commissione ha dichiarato l’aiuto controverso compatibile con il mercato comune dopo aver ponderato gli obiettivi di promozione della cultura francese, da un lato, e quelli di salvaguardia della libera concorrenza, dall’altro. In particolare, ha considerato, a questo proposito, che gli aiuti concessi dalla Francia non erano tali da determinare una compensazione eccessiva dei costi inerenti alla gestione dei piccoli ordinativi.

103    Occorre quindi verificare se, come sostenuto dalla ricorrente, la Commissione abbia sopravvalutato i summenzionati costi, cosicché l’importo degli aiuti erogati oltrepasserebbe manifestamente il costo inerente alla gestione dei piccoli ordinativi e, pertanto, il perseguimento del solo obiettivo culturale coperto dalla deroga di cui all’art. 87, n. 3, lett. d), CE, identificato dalla Commissione nella decisione impugnata.

104    Al riguardo, la ricorrente fa valere, in sostanza, due argomenti principali. Da un lato, ritiene che la Commissione abbia commesso un errore nel calcolare i costi direttamente connessi ai piccoli ordinativi per l’intero periodo di erogazione degli aiuti controversi sulla base di un’estrapolazione dei dati relativi al solo anno 1994. Dall’altro, la ricorrente sostiene che il calcolo dei costi per l’anno 1994 è in ogni caso errato.

105    Se il secondo argomento della ricorrente fosse fondato, non sarebbe necessario esaminare il primo. Infatti, la correttezza delle conclusioni a cui è pervenuta la Commissione per l’insieme del periodo controverso, sulla base di un’estrapolazione dei dati relativi all’anno 1994, è subordinata all’esattezza delle conclusioni relative a quest’ultimo anno. Pertanto, occorre verificare se la decisione impugnata sia viziata da un manifesto errore di valutazione per quanto concerne l’analisi degli aiuti ricevuti dalla CELF nel 1994.

106    In proposito, la ricorrente afferma, in sostanza, che i costi direttamente connessi alla gestione dei piccoli ordinativi sono stati arbitrariamente sopravvalutati dalla Commissione attraverso tre meccanismi, cioè i coefficienti moltiplicatori ingiustificati, un’errata presa in considerazione delle modalità concrete di esecuzione degli ordini e le scorrette chiavi di ripartizione. La ricorrente ritiene che, per questo fatto, una parte rilevante dei costi connessi ad altre attività della CELF sia stata attribuita alla gestione dei piccoli ordinativi. La ricorrente ne deduce che l’aiuto controverso è servito, in realtà, a finanziare il funzionamento generale della CELF.

107    Si deve precisare che la Commissione ha calcolato i costi direttamente connessi alla gestione dei piccoli ordinativi sulla base delle spiegazioni fornite dalla Repubblica francese nell’ambito del procedimento di esame dell’aiuto controverso. Sulla base di tali spiegazioni, al ‘considerando’ 206 della decisione impugnata, la Commissione ha stimato che il costo della gestione dei piccoli ordinativi nel 1994 era di FRF 4 446 706 (EUR 677 895,96), mentre il fatturato relativo a tale attività era di FRF 2 419 006 (EUR 368 775,09). Di conseguenza, dato che l’importo complessivo degli aiuti controversi versati alla CELF nel 1994 era di FRF 2 000 000 (EUR 304 898,03), la Commissione ha concluso che il risultato d’esercizio dell’attività dei piccoli ordinativi era in disavanzo di FRF 27 700 per quell’anno e che, pertanto, gli aiuti ricevuti non potevano costituire una compensazione eccessiva dei costi di gestione dei piccoli ordinativi (‘considerando’ 206 e 207 della decisione impugnata).

108    La Commissione ha chiarito ulteriormente il modo in cui ha calcolato i costi direttamente connessi alla gestione dei piccoli ordinativi nell’allegato IV della decisione impugnata. In primo luogo, questo allegato è composto da una tabella contenente le diverse categorie di spese connesse all’attività di intermediazione per l’esportazione della CELF – quali i costi di acquisto dei libri, le spese di personale, le spese generali, ecc. –, nonché i costi che, in ciascuna di tali categorie, secondo la Commissione, dovevano essere sostenuti dalla CELF per la gestione dei piccoli ordinativi. In secondo luogo, l’allegato in questione contiene delle note esplicative sul modo in cui taluni dei suddetti costi sono stati imputati alla gestione dei piccoli ordinativi e non alle altre attività della CELF.

109    Dall’allegato in questione emerge che la Commissione non ha preso in considerazione i costi effettivi della gestione dei piccoli ordinativi. La Commissione ha, al contrario, effettuato una stima di tali costi sulla base dei costi totali sostenuti dalla CELF per ogni categoria. A tal fine, la Commissione ha attribuito una parte dei costi totali alla gestione dei piccoli ordinativi in base ad una chiave di ripartizione predeterminata e, come specificato dalla ricorrente, non necessariamente identica per ogni categoria. Così, ad esempio, per calcolare il costo di acquisto dei libri relativo ai piccoli ordinativi, la Commissione ha diviso il costo totale dei libri acquistati dalla CELF per il numero di questi ultimi. Ha poi moltiplicato tale cifra, corrispondente al costo medio per libro, per il numero di libri oggetto di piccoli ordinativi.

110    Si deve sottolineare che la Commissione ha proceduto in maniera differente quando ha calcolato il volume d’affari della CELF relativo all’attività dei piccoli ordinativi. In questo caso, non si è limitata a calcolare il volume d’affari medio per libro e a moltiplicarlo per il numero di libri interessati dall’attività in questione, ma ha preso in considerazione il volume d’affari reale.

111    È opportuno osservare che, se la Commissione avesse calcolato il volume d’affari relativo all’attività dei piccoli ordinativi secondo il metodo utilizzato per calcolare il costo di acquisto dei libri relativo a tale attività, il volume d’affari risultante sarebbe stato assai superiore a quello calcolato nella decisione impugnata, il che avrebbe avuto una ripercussione sulla qualifica dell’aiuto controverso come eccedentario o meno rispetto all’obiettivo culturale coperto dalla deroga di cui all’art. 87, n. 3, lett. d), CE, identificato dalla Commissione nella decisione impugnata. In effetti, emerge da quest’ultima, in particolare dalle tabelle 3 a), 3 b) e 3 c), così come dalla tabella 4, che il prezzo reale medio dei libri venduti nell’ambito dell’attività dei piccoli ordinativi è notevolmente inferiore al prezzo medio dei libri venduti dalla CELF.

112    Nondimeno, il Tribunale ritiene che occorra proseguire l’analisi della decisione impugnata prescindendo dalla considerazione precedente.

113    Dall’allegato IV della decisione impugnata emerge altresì che, per alcune categorie di costi, la Commissione ha moltiplicato per un determinato coefficiente la cifra calcolata secondo il metodo descritto al punto 110 al fine di determinare il costo definitivo imputato ai piccoli ordinativi. Così, i costi raggruppati sotto le rubriche «Ricevimento (dei volumi) mano d’opera diretta» e «Servizio commerciale mano d’opera diretta» sono stati calcolati sulla base del costo medio per libro per ciascuna di dette rubriche. Tale costo medio per libro è stato moltiplicato per il numero di libri oggetto di piccoli ordinativi. Poi, questa cifra è stata ancora moltiplicata per tre per calcolare il costo definitivo connesso alla gestione dei piccoli ordinativi per la rubrica in questione.

114    Secondo la Commissione l’applicazione del fattore moltiplicatore «tre» è giustificato dalle difficoltà supplementari che comporta la gestione dei piccoli ordinativi rispetto alle altre attività della CELF.

115    In effetti, la Commissione ha ritenuto che tali costi dovessero essere maggiorati per i piccoli ordinativi poiché, indipendentemente dall’importo dell’ordine, l’operatore che lo gestisce deve necessariamente ripetere, per ciascun ordine, un certo numero di operazioni. Secondo la Commissione i coefficienti moltiplicatori consentono di tener conto dei costi ulteriori connessi ai piccoli ordinativi.

116    In particolare, per quanto riguarda la rubrica «Ricevimento (dei volumi) mano d’opera diretta», la Commissione ha giustificato nell’allegato IV della decisione impugnata l’applicazione di un coefficiente moltiplicatore «tre» con il fatto che il ricevimento dei volumi dai grandi editori o distributori è automatizzato grazie al codice EAN, che consente di riconoscere l’opera con un lettore ottico. Ha sottolineato che, per contro, è frequente che le opere pubblicate da piccoli editori non abbiano codice a barre, il che comporta un riconoscimento manuale. Inoltre, essa afferma che i grandi editori effettuavano le consegne ai clienti di Parigi mediante una partecipazione alle spese di trasporto fissata dall’associazione di categoria in 0,75 FRF/kg (0,11 EUR/kg), mentre il prezzo pagato ai fattorini è di 6,5 FRF/kg (0,99 EUR/kg) per i pacchi utilizzati per le opere provenienti da piccoli distributori. Ora, quest’ultima indicazione può riguardare solo la categoria delle spese di trasporto degli acquisti e di consegna per la quale, come si vedrà infra (punto 128), non si sarebbe dovuto applicare alcun fattore moltiplicatore, almeno in parte, come emerge dalla lettera delle autorità francesi alla Commissione dell’11 marzo 2003.

117    Per quanto riguarda i costi riuniti sotto la rubrica «Servizio commerciale mano d’opera diretta», la Commissione ha giustificato l’applicazione di un fattore moltiplicatore «tre» nell’allegato IV della decisione impugnata con la gestione più complessa che comportano i piccoli ordinativi a livello di amministrazione delle vendite. La Commissione ha spiegato tale scelta sottolineando che, ad esempio, in caso di difficoltà connesse alla codificazione degli ordini, sono necessarie ulteriori operazioni. La Commissione ha parimenti rilevato che la registrazione dell’ordine si accompagna a ricerche preliminari, ossia ISBN, catalogo degli editori, banche dati diverse, verifica della disponibilità (o meno) dell’opera, verifica della corrispondenza ordine/editore. Al riguardo ha spiegato che, in caso di difficoltà connesse alla qualità del buono d’ordine, si generano ulteriori costi. Ha aggiunto che queste difficoltà insorgono più spesso quando si tratta di piccoli ordinativi, in quanto le grandi librerie, che realizzano con la CELF un ingente volume d’affari, di norma utilizzano strumenti efficienti, i quali consentono di razionalizzare la gestione e in particolare di trasmettere ordini recanti indicazioni chiare di identificazione. Per contro, secondo la Commissione, le piccole librerie non sempre utilizzano i moderni mezzi del commercio internazionale e i loro ordini sono talora difficili da decifrare e incompleti, implicando costi aggiuntivi di gestione.

118    Per quanto concerne la categoria delle spese generali, che includono i costi di telefono, di telex, le spese di incasso, ecc., l’allegato IV della decisione impugnata non consente di stabilire se i costi attribuiti ai piccoli ordinativi siano stati calcolati sulla base del costo medio per libro venduto, come nel caso delle spese di personale, sulla base del volume d’affari realizzato nell’ambito dei piccoli ordinativi, come nel caso di alcune spese fisse indirette isolate, oppure sulla base del costo medio per fattura emessa, come nel caso delle spese generali comprensive dei costi delle forniture amministrative. Ora, dal suddetto allegato emerge chiaramente che il risultato di questa operazione, a prescindere dalle sue modalità, è stato moltiplicato per un coefficiente di 2,5.

119    La Commissione ha giustificato l’applicazione del summenzionato coefficiente, nell’allegato IV della decisione impugnata, con il fatto che le spese telefoniche variano in funzione di molteplici fattori, in particolare delle «risposte dei clienti» e delle «ricerche degli editori». Ha aggiunto che detti costi riguardavano numerose operazioni, fra cui l’acquisizione del buono d’ordine della libreria, la codificazione dell’ordine, la registrazione dell’ordine e la contabilità, che ha il compito di registrare l’insieme dei flussi relativi alle operazioni descritte.

120    Occorre quindi verificare se, come sostiene la ricorrente, supponendo che le chiavi di ripartizione tra i piccoli ordinativi e le restanti attività della CELF per le diverse categorie di costi sostenuti da quest’ultima siano corrette, la scelta dei suddetti coefficienti moltiplicatori sia arbitraria e se, ad ogni modo, la Commissione dovesse astenersi dall’applicare tali coefficienti moltiplicatori agli ordini telematici.

121    Secondo le spiegazioni fornite dalla Commissione e dalla ricorrente nelle loro memorie e in udienza, un ordine telematico è un ordine ricevuto attraverso un mezzo elettronico, il che facilita la sua ulteriore gestione rispetto ad un ordine cartaceo, in quanto quest’ultimo deve essere trattato nuovamente da un dipendente per adattarlo ad un sistema amministrativo, attualmente informatizzato.

122    L’importanza della trasmissione telematica degli ordini è stata messa in evidenza nel corso del procedimento di esame dell’aiuto controverso. Così, in un allegato della lettera della Repubblica francese alla Commissione del 5 marzo 1998, intitolato «Giustificazione del carattere proporzionato della sovvenzione», le autorità francesi hanno affermato che la mancanza di trasmissione telematica costituiva un innegabile sovraccosto nella gestione di un ordine. Pertanto, le autorità francesi hanno sostenuto che una delle circostanze a giustificazione del fatto che la gestione dei piccoli ordinativi comporti un sovraccosto rispetto alla gestione degli altri ordini era che spesso i primi sono indirizzati a piccoli editori con i quali le procedure automatiche di trasmissione telematica non sono possibili. Le autorità francesi hanno specificato, infine, che la trasmissione telematica consente di riconoscere ciascuna opera con un lettore ottico.

123    Del pari, come precisato (v. supra punti 114‑119), nell’allegato IV della decisione impugnata e, in particolare, ai punti 2, 4 e 9 delle note esplicative, la Commissione ha giustificato, a più riprese, l’utilizzo dei coefficienti moltiplicatori con il fatto che, spesso, i piccoli ordinativi necessitano una gestione manuale, dato che il ricevimento dei volumi non è automatizzato o richiede ricerche preliminari connesse a mancanze di codificazione. Parimenti, per giustificare l’utilizzo di un coefficiente per le spese generali – telefono, telex e spese di incasso –, la Commissione ha invocato la necessità di ulteriori operazioni per codificarle.

124    Orbene, è palesemente incoerente sostenere che la mancanza di trasmissione telematica è una fonte di sovraccosti e, al contempo, applicare un coefficiente moltiplicatore identico agli ordini telematici e a quelli non telematici.

125    Infatti, sarebbe ammissibile applicare un fattore moltiplicatore ai costi generati dalla gestione dei piccoli ordinativi, tenuto conto della mancanza di trasmissione telematica, solo se quest’ultima fosse nettamente meno diffusa tra i piccoli ordinativi rispetto agli altri. Una tale ipotesi emerge dall’allegato della lettera della Repubblica francese alla Commissione del 5 marzo 1998, intitolato «Giustificazione del carattere proporzionato della sovvenzione». Infatti, le autorità francesi hanno comunicato alla Commissione che solo un terzo dei piccoli ordinativi erano telematici, mentre la trasmissione degli altri ordini della CELF era effettuata nella misura del 58% per via telematica. Tali cifre sono servite da base di partenza per l’analisi del costo di gestione dei piccoli ordinativi condotta dalla Commissione.

126    Orbene, come ammesso dalla Commissione nella decisione impugnata (‘considerando’ 212), le autorità francesi, nella succitata lettera del 5 marzo 1998, hanno invertito le percentuali degli ordini telematici e di quelli non telematici. Le cifre reali per i piccoli ordinativi mostrano che due terzi degli ordini erano telematici, mentre un terzo non lo era. Si deve quindi constatare che, nel 1994, la trasmissione telematica era nettamente più diffusa nell’attività di gestione dei piccoli ordinativi che nelle altre attività della CELF, come le autorità francesi hanno ammesso e reso noto alla Commissione con lettera dell’11 marzo 2003.

127    La Commissione ha tuttavia ritenuto, nella decisione impugnata (‘considerando’ 212), che l’errore delle autorità francesi, riprodotto nei propri calcoli, non avesse avuto delle conseguenze tali da rimettere in discussione la proporzionalità dell’aiuto controverso, in quanto l’incidenza finanziaria dell’inversione degli ordini telematici con quelli non telematici era pari alla modica somma di EUR 0,24 per libro. Questa conclusione riprende le spiegazioni fornite dalle autorità francesi nell’allegato della lettera alla Commissione dell’11 marzo 2003. In base a tali spiegazioni, una sola categoria di costi, cioè quella delle spese di consegna, era interessata dalla suddetta inversione, nella misura in cui un coefficiente moltiplicatore sarebbe stato – indebitamente – applicato ai costi attribuiti ai piccoli ordinativi.

128    Ora, come affermato dalla ricorrente in udienza, la posizione della Commissione consistente, da un lato, nel riprendere a sua volta i calcoli forniti dalle autorità francesi nella loro lettera del 5 marzo 1998 – i quali, in sostanza, partivano dalla premessa che il basso tasso di trasmissione telematica dei piccoli ordinativi fosse responsabile, in gran parte, del sovraccosto della gestione di questi ultimi – e, dall’altro, nell’ammettere e fare propria la posizione delle autorità francesi, esposta nella lettera dell’11 marzo 2003, secondo la quale il fatto che due terzi, anziché un terzo, dei piccoli ordinativi erano telematici avrebbe solo un effetto trascurabile sulla proporzionalità dell’aiuto controverso, è manifestamente incoerente.

129    La posizione della Commissione è altresì manifestamente erronea. Infatti, così come emerge chiaramente dall’allegato IV della decisione impugnata, sia il presunto basso tasso di trasmissione telematica dei piccoli ordinativi sia le difficoltà di gestione di questi ultimi, in generale largamente risolti grazie alla trasmissione telematica, sono stati utilizzati come elementi giustificativi per l’applicazione di diversi coefficienti moltiplicatori. L’argomento secondo il quale l’inversione delle percentuali relative alla trasmissione telematica dei piccoli ordinativi avrebbe giocato un ruolo solo per quanto riguarda le spese di consegna è pertanto infondato in punto di fatto.

130    Si deve concludere che la Commissione ha commesso un manifesto errore di valutazione nell’applicare, alla sua stima iniziale dei costi connessi alla gestione dei piccoli ordinativi, coefficienti moltiplicatori la cui giustificazione si fonda sulle difficoltà supplementari di gestione, che potrebbero essere risolte grazie alla trasmissione telematica. Questo è stato palesemente il caso per quanto riguarda i costi di ricevimento dei volumi, della mano d’opera diretta del servizio commerciale, di telefono, di telex e le spese di incasso. Tenuto conto del tenore delle risposte della Commissione ai quesiti scritti del Tribunale, questo è stato altresì il caso per quanto concerne le spese di consegna.

131    Al fine di verificare l’impatto che tale errore ha avuto sulla valutazione del carattere non eccedentario dell’aiuto controverso effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata, il Tribunale ha chiesto a quest’ultima di fornirgli un calcolo dei costi connessi ai piccoli ordinativi senza l’applicazione di coefficienti moltiplicatori.

132    La Commissione non ha risposto a tale quesito indicando una cifra esatta. Tuttavia, emerge chiaramente dalla sua risposta che, senza i suddetti coefficienti, i costi connessi alla gestione dei piccoli ordinativi sarebbero stati ridotti di più di FRF 635 000 (EUR 96 805,13), anche senza prendere in considerazione le categorie di costi diverse da quelle per cui è stato applicato un coefficiente «tre».

133    Pertanto, senza l’applicazione dei coefficienti moltiplicatori, la Commissione non avrebbe potuto concludere, sulla base delle cifre utilizzate nell’allegato IV della decisione impugnata, che l’aiuto ricevuto dalla CELF non era tale da costituire una compensazione eccessiva dei costi generati dalla gestione dei piccoli ordinativi. Infatti, senza l’applicazione dei coefficienti moltiplicatori, il risultato d’esercizio di tale attività sarebbe stato positivo di più di FRF 600 000.

134    In ogni caso, si deve constatare che, anche se la Commissione avesse potuto applicare un coefficiente moltiplicatore alle categorie di costi succitate al punto 130, avrebbe commesso un manifesto errore di valutazione nell’applicare i suddetti coefficienti moltiplicatori anche agli ordini telematici, dato che questi ultimi chiaramente non incontrano le difficoltà che sono state invocate come principale giustificazione dei suddetti coefficienti moltiplicatori.

135    Conseguentemente, si deve constatare che, in ogni caso, i due terzi della maggiorazione dei costi risultante dall’applicazione dei coefficienti moltiplicatori derivano da una valutazione manifestamente erronea.

136    Di conseguenza, la ricorrente sostiene giustamente che la Commissione ha sopravvalutato i costi inerenti alla gestione dei piccoli ordinativi, realmente sostenuti dalla CELF e che dovrebbero essere strettamente e proporzionalmente compensati dall’aiuto controverso.

137    In forza di quanto precede, deve essere accolta la seconda parte del terzo motivo, relativa a un manifesto errore di valutazione nell’esame della compatibilità dell’aiuto di Stato.

138    Pertanto, e senza che occorra esaminare gli altri argomenti e motivi della ricorrente, si deve annullare l’art. 1, ultima frase, della decisione impugnata.

 Sulle spese

139    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, essendo rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della ricorrente.

140    La Repubblica francese sopporterà le proprie spese, a norma dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’art. 1, ultima frase, della decisione della Commissione 20 aprile 2004, relativa all’aiuto cui la Francia ha dato esecuzione a favore della Coopérative d’exportation du livre français (CELF) è annullato.

2)      La Commissione è condannata a sopportare le proprie spese, nonché quelle sostenute dalla Société internationale de diffusion et d’édition SA (SIDE).

3)      La Repubblica francese sopporterà le proprie spese.

Jaeger

Tiili

Tchipev

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 aprile 2008.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

      M. Jaeger


* Lingua processuale: il francese.