Language of document : ECLI:EU:T:2005:318

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

13 settembre 2005 (*)

«Dipendenti – Retribuzione – Indennità di dislocazione – Art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto – Nozione di “servizi effettuati per un altro Stato”»

Nella causa T-72/04,

Sonja Hosman-Chevalier, dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente in Bruxelles, rappresentata dagli avv.ti J.‑R. García-Gallardo Gil-Fournier, E. Wouters e A. Sayagués Torres,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J. Currall e dalla sig.ra M. Velardo, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione 29 ottobre 2003, con cui viene rifiutato alla ricorrente il beneficio dell’indennità di dislocazione prevista all’art. 4 dell’allegato VII dello Statuto del personale delle Comunità europee, nonché delle indennità ad essa collegate,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione),

composto dai sigg. J.D. Cooke, presidente, R. García-Valdecasas e dalla sig.ra V. Trstenjak, giudici,

cancelliere: sig. I. Natsinas, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 5 aprile 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Ambito normativo

1        L’art. 69 dello Statuto del personale delle Comunità europee, nella formulazione che si applica alla presente fattispecie (in prosieguo: lo «Statuto»), stabilisce che l’indennità di dislocazione è pari al 16% dell’ammontare complessivo dello stipendio base, dell’assegno di famiglia e dell’assegno per figli a carico ai quali il dipendente ha diritto.

2        L’art. 4. n. 1, dell’allegato VII dello Statuto dispone che l’indennità di dislocazione pari al 16% dell’ammontare complessivo dello stipendio base, dell’assegno di famiglia e dell’assegno per figli a carico versati al dipendente è concessa:

«a)       al funzionario:

–        che non ha e non ha mai avuto la nazionalità dello Stato nel cui territorio è situata la sede di servizio

e

–        che non ha, abitualmente, abitato o svolto la sua attività professionale principale sul territorio europeo di detto Stato durante il periodo di cinque anni che scade sei mesi prima della sua entrata in servizio. Per l’applicazione della presente disposizione, non si tiene conto delle situazioni risultanti da servizi effettuati per un altro Stato o per un’organizzazione internazionale;

(…)».

3        L’art. 5, n. 1, primo comma, dell’allegato VII stabilisce che un’indennità di prima sistemazione pari a due mesi di stipendio base, se trattasi di un avente diritto all’assegno di famiglia, e pari ad un mese di stipendio base, se trattasi di un non avente diritto all’assegno di famiglia, è dovuta al funzionario di ruolo che soddisfi alle condizioni richieste per essere ammesso al beneficio dell’indennità di dislocazione o che giustifichi di aver dovuto cambiare la residenza per soddisfare agli obblighi dell’art. 20 dello Statuto. Infine, ai sensi dell’art. 10, n. 1, dell’allegato VII dello Statuto, il dipendente che sia tenuto a cambiare residenza per adempiere agli obblighi cui all’art. 20 dello Statuto ha diritto, per una durata determinata, ad un’indennità giornaliera.

 Fatti all’origine del ricorso

4        La ricorrente, cittadina austriaca, ha studiato e lavorato in Austria fino al 14 maggio 1995. Dal 15 maggio 1995 al 17 marzo 1996, la stessa ha lavorato in Belgio per il Verbindungsbüro des Landes Tyrol, l’ufficio del Land del Tirolo, situato a Bruxelles.

5        Dal 18 marzo 1996 al 15 novembre 2002, la ricorrente ha lavorato per la Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria presso l’Unione europea a Bruxelles. In tale qualità, essa ha svolto la sua attività, innanzi tutto, per la Verbindungstelle der Bundesländer (in prosieguo: la «VB»), l’ufficio di collegamento dei Länder, e successivamente per l’Österreichischer Gewerkschaftsbund (in prosieguo: l’«OGB»), la federazione dei sindacati austriaci.

6        Il 16 novembre 2002 la ricorrente è entrata in servizio presso la Commissione come dipendente di ruolo. Il periodo di cinque anni menzionato all’art. 4, n. 1, lett. a), secondo trattino, dell’allegato VII dello Statuto, ai fini del beneficio dell’indennità di dislocazione, denominato il «periodo di riferimento», è stato fissato tra il 16 maggio 1997 e il 15 maggio 2002.

7        Con nota 8 aprile 2003, alla ricorrente è stato comunicato dalla direzione generale (DG) dell’amministrazione e del personale della Commissione che il beneficio dell’indennità di dislocazione non poteva esserle concesso.

8        Il 7 luglio 2003 la ricorrente ha presentato un reclamo, ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto, contro questa nota dell’8 aprile 2003. Con messaggio di posta elettronica 14 agosto 2003 e con fax dell’11 settembre 2003, essa ha trasmesso due integrazioni a questo reclamo.

9        Con nota 29 ottobre 2003, di cui la ricorrente ha avuto conoscenza il 3 novembre 2003, l’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») ha respinto il reclamo della ricorrente.

10      Da questa decisione risulta che l’indennità di dislocazione e le indennità ad essa collegate sono state rifiutate alla ricorrente per il motivo principale che l’attività professionale che essa aveva esercitato a Bruxelles durante il periodo di riferimento non poteva essere considerata come «servizi effettuati per un altro Stato» ai sensi della deroga prevista all’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto. L’APN ha ritenuto che, anche se la VB aveva sede nei locali della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria, essa costituisse tuttavia un ente autonomo distinto, di emanazione dei Länder e incaricato di tutelare i loro interessi e non quelli del Bund (Stato federale). Per quanto riguarda l’OGB, dai documenti trasmessi dalla ricorrente e, in particolare, dal suo contratto di lavoro non risulterebbe alcun legame con la Repubblica d’Austria, ragion per cui nemmeno il lavoro svolto per l’OGB poteva essere equiparato a servizi effettuati per tale Stato.

 Procedimento e conclusioni delle parti

11      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 20 febbraio 2004, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

12      Il 10 giugno 2004 il Tribunale ha deciso, in forza dell’art. 47, n. 1, del suo regolamento di procedura, che un secondo scambio di memorie non era necessario, in quanto il fascicolo era sufficientemente completo per consentire alle parti di presentare i loro motivi e argomenti nel corso della fase orale del procedimento, sulla qual cosa la ricorrente non ha presentato alcuna osservazione.

13      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento. Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha invitato la ricorrente a presentare taluni documenti. La ricorrente ha ottemperato a questa richiesta entro il termine stabilito.

14      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 5 aprile 2005. Nel corso di questa udienza e a titolo delle misure di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha deciso di versare al fascicolo della causa il controricorso e la replica depositata dalla Commissione nella causa T-83/03, Salazar Brier/Commissione. Le parti sono state sentite relativamente a questi documenti.

15      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione 29 ottobre 2003 con cui le viene rifiutato il beneficio dell’indennità di dislocazione e delle indennità ad essa collegate;

–        condannare la Commissione alle spese.

16      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente al pagamento delle proprie spese.

 Sull’oggetto della controversia

17      Benché le conclusioni della ricorrente mirino all’annullamento della decisione della Commissione 29 ottobre 2003 con cui viene respinto il reclamo presentato il 7 luglio 2003, ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto, contro la decisione dell’8 aprile 2003, il presente ricorso ha l’effetto, secondo una costante giurisprudenza, di investire il Tribunale dell’atto recante pregiudizio oggetto del reclamo (sentenze del Tribunale 9 luglio 1997, causa T‑156/95, Echauz Brigaldi e a./Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑171 e II‑509, punto 23, e 15 dicembre 1999, causa T‑300/97, Latino/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑259 e II‑1263, punto 30). Ne deriva che il presente ricorso mira anche all’annullamento della decisione della Commissione 8 aprile 2003 con cui viene rifiutato alla ricorrente il beneficio dell’indennità di dislocazione e delle indennità ad essa collegate.

 In diritto

18      La ricorrente deduce tre motivi a sostegno del suo ricorso. Il primo motivo si riferisce ad un errore di valutazione dei fatti. Il secondo motivo è basato sulla violazione dell’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto. Infine, il terzo motivo verte sulla violazione del principio di parità di trattamento.

19      Occorre innanzi tutto esaminare il secondo motivo, relativo alla violazione dell’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto.

 Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto

 Argomenti delle parti

20      La ricorrente sostiene che la Commissione ha commesso un errore di diritto avendo affermato che l’attività che essa aveva svolto per la VB e l’OGB alla Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria presso l’Unione europea non può essere qualificata come «servizi effettuati per un altro Stato», ai sensi della deroga di cui all’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto.

21      In primo luogo, la ricorrente fa valere che la Commissione ha interpretato erroneamente la nozione di Stato che figura nella deroga di cui all’art. 4, dell’allegato VII dello Statuto. Essa avrebbe lavorato per la Repubblica d’Austria, e questo indipendentemente dall’organo con cui essa avrebbe mantenuto un rapporto contrattuale. La ricorrente fa presente che lo Statuto stabilisce, come eccezione alla presa in considerazione del periodo di riferimento, le situazioni che risultano da «servizi effettuati per un altro Stato». Sarebbe quindi irrilevante il fatto che questo servizio sia prestato per un ministero o un altro organo amministrativo, poiché l’elemento decisivo sarebbe il fatto che il servizio sia effettuato per un altro Stato. Secondo la ricorrente, dal momento che essa è stata riconosciuta non solo dalla Repubblica d’Austria, ma anche dal Regno del Belgio come facente parte dei servizi tecnici e amministrativi della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria presso l’Unione europea, la Commissione non può adottare una decisione divergente.

22      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la tesi della Commissione secondo cui la Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria si limiterebbe ad ospitare organismi – la VB e l’OGB – che sarebbero del tutto autonomi rispetto a tale Stato contrasterebbe con la posizione che la Commissione stessa ha adottato finora circa i servizi prestati per una rappresentanza permanente. Tutto il personale della VB e dell’OGB sarebbe accreditato presso i servizi del protocollo belgi dalla Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria. La VB svolgerebbe compiti che sarebbero stati ad essa delegati dalla Repubblica d’Austria, in forza della sua Costituzione. L’OGB farebbe parte dei partner sociali austriaci e parteciperebbe alla legislazione dello Stato fornendo il suo parere su proposte legislative o altri progetti politici, ragion per cui i suoi dipendenti sarebbero integrati nella Rappresentanza permanente e si troverebbero subordinati all’ambasciatore austriaco. La ricorrente conclude quindi che i servizi forniti dalla VB e dall’OGB nell’ambito della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria avrebbero dovuto essere considerati come «servizi effettuati per un altro Stato» ai sensi dell’art. 4 dell’allegato VII dello Statuto.

23      La Commissione sostiene che il motivo dev’essere respinto, poiché i periodi lavorativi compiuti al servizio della VB e dell’OGB non possono essere considerati come «servizi effettuati per un altro Stato» ai fini della deroga prevista all’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto.

24      La Commissione sostiene che l’espressione «servizi effettuati per un altro Stato» dev’essere interpretata autonomamente rispetto ai differenti diritti nazionali al fine di evitare divergenze, come la Corte ha affermato nella sentenza 31 maggio 2001, cause riunite C‑122/99 P e C‑125/99 P, D e Svezia/Consiglio (Racc. pag. I‑4319, punto 11). Una tale impostazione sarebbe necessaria al fine, in particolare, di evitare le disparità di trattamento che potrebbero sopravvenire tra persone al servizio della stessa istituzione se si dovesse intendere questa menzione come un rinvio ai differenti diritti nazionali. L’interpretazione restrittiva che essa proporrebbe sarebbe conforme alla ratio legis dell’art. 4 dell’allegato VII dello Statuto. Per contro, l’interpretazione della ricorrente porterebbe a considerare come Stati tutte le entità pubbliche o private alle quali il governo centrale avrebbe trasferito competenze interne, cosa che non costituirebbe l’intento del legislatore comunitario. Il legislatore si sarebbe riferito alla nozione di «Stato», quando già esistevano Stati a struttura federale, il che significherebbe che, se avesse voluto ampliare questa nozione e includere le suddivisioni politiche o le collettività regionali nella disposizione di cui trattasi, l’avrebbe fatto esplicitamente.

25      Per quanto riguarda il lavoro svolto per la VB, la Commissione sottolinea che, anche se i Länder austriaci godono di ampie competenze proprie che sono state loro trasferite direttamente dalla Costituzione, questo non significa che i Länder siano Stati, ai sensi della deroga prevista all’art. 4 dell’allegato VII dello Statuto. Secondo la Commissione, solo i servizi forniti da un organismo la cui attività produrrebbe effetti su tutto il territorio di uno Stato possono essere considerati servizi effettuati per un altro Stato. Tale non sarebbe il caso dei Länder, la cui natura sarebbe quella di esercitare i loro poteri nell’ambito del loro territorio e, in ogni caso, nell’interesse del loro solo territorio. Inoltre, la ricorrente non potrebbe dedurre dal fatto che essa beneficiava di uno statuto diplomatico durante il suo servizio presso la VB il carattere di Stato di tale organismo. Essa non disponeva di un vero e proprio status diplomatico, ma di uno status di personale amministrativo e tecnico e, inoltre, non pretenderebbe neanche di aver beneficiato di uno status diplomatico ai sensi della convenzione di Vienna del 18 aprile 1961 sulle relazioni diplomatiche, ma solo di taluni vantaggi collegati a tale status.

26      Per quanto riguarda il lavoro svolto al servizio dell’OGB, la Commissione ritiene che questo organismo rappresenti interessi esclusivamente privati.

 Giudizio del Tribunale

27      Secondo una giurisprudenza constante, la ratio dell’indennità di dislocazione è quella di compensare gli oneri e gli svantaggi particolari che derivano dall’esercizio permanente delle funzioni in un paese con il quale il dipendente non ha creato legami duraturi prima della sua entrata in servizio (sentenze del Tribunale 30 marzo 1993, causa T‑4/92, Vardakas/Commissione, Racc. pag. II‑357, punto 39; 14 dicembre 1995, causa T‑72/94, Diamantaras/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑285 e II‑865, punto 48, e 28 settembre 1999, causa T‑28/98, J/Commissione, RaccPI pag. I‑A‑185 e II‑973, punto 32). Affinché possano stabilirsi tali legami duraturi, con la conseguenza che il dipendente perde il diritto all’indennità di dislocazione, il legislatore esige che il dipendente abbia avuto la propria residenza abituale o esercitato la propria attività lavorativa principale per un periodo di cinque anni nel paese della sua sede di servizio (sentenza Diamantaras/Commissione, citata, punto 48).

28      Occorre anche far presente che l’art. 4, n. 1, lett. a), secondo trattino, dell’allegato VII dello Statuto prevede una deroga a favore dei dipendenti che hanno effettuato servizi per un altro Stato o per un’organizzazione internazionale durante il periodo di riferimento di cinque anni che scade sei mesi prima della loro entrata in servizio. Questa deroga trova la sua ratio nel fatto che, in tal caso, non si può ritenere che questi dipendenti abbiano stabilito un nesso durevole con il paese della sede di servizio a causa del carattere temporaneo del loro distacco in questo paese (sentenze della Corte 15 gennaio 1981, causa 1322/79, Vutera/Commissione, Racc. pag. 127, punto 8, e 2 maggio 1985, causa 246/83, De Angelis/Commissione, Racc. pag. 1253, punto 13).

29      La questione che si pone è quella intesa a determinare se i servizi che la ricorrente ha fornito nell’ambito della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria presso l’Unione europea a Bruxelles durante il periodo di riferimento debbano essere considerati, secondo quanto sostiene la ricorrente, come servizi effettuati per uno Stato ai sensi dell’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto. La nozione di Stato prevista in questo articolo riguarda solo lo Stato come persona giuridica e soggetto unitario di diritto internazionale e i suoi organi di governo.

30      È pacifico che i servizi forniti per organismi quali la Rappresentanza permanente di uno Stato membro presso l’Unione europea o le ambasciate di uno Stato sono considerati servizi effettuati per uno Stato ai sensi dell’art. 4, allegato VII dello Statuto.

31      Nella fattispecie, dal fascicolo risulta che la ricorrente ha lavorato nell’ambito della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria presso l’Unione europea a Bruxelles, in qualità di dipendente di questa Rappresentanza, durante tutto il periodo di riferimento, ossia dal 16 maggio 1997 al 15 maggio 2002.

32      Pertanto, l’attestazione della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria presso l’Unione europea in data 7 agosto 2002 certifica che la ricorrente ha «fatto parte del personale amministrativo e tecnico della Rappresentanza permanente della [Repubblica] d’Austria presso l’Unione europea dal 18 marzo 1996», ossia durante tutto il periodo di riferimento.

33      La lettera della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria indirizzata al Ministero degli Affari esteri, del Commercio e della Cooperazione allo sviluppo del Regno del Belgio, in data 9 marzo 1996, attesta che questa Rappresentanza ha chiesto una carta d’identità speciale alle autorità belghe in nome della ricorrente in ragione dell’inizio del suo lavoro in questa Rappresentanza il 18 marzo 1996. Inoltre, la lettera 26 aprile 1996 del Ministero degli Affari esteri belga accredita il fatto che le autorità belghe hanno fatto pervenire alla Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria la carta d’identità speciale rilasciata a nome della ricorrente. A questa lettera è allegata una copia della carta d’identità di cui trattasi, rilasciata il 16 aprile 1996 e valida fino al 16 aprile 2000, e sulla quale figura testualmente che la ricorrente fa parte del personale amministrativo e tecnico della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria. Inoltre, dalle carte d’identità speciali rilasciate successivamente alla ricorrente dalle autorità belghe risulta che la validità della detta carta è stata prorogata fino al 16 aprile 2003.

34      La lettera della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria trasmessa alle autorità belghe il 21 gennaio 2003 attesta che questa Rappresentanza ha indicato al Ministero degli Affari esteri belga che «[la ricorrente], membro del personale amministrativo e tecnico della rappresentanza, aveva lasciato la rappresentanza definitivamente» e che, pertanto, la carta d’identità speciale della suddetta veniva restituita.

35      Infine, la ricorrente ha presentato una domanda di esenzione dall’imposta sul valore aggiunto (IVA) alle autorità belghe in data 7 agosto 1997, in quanto membro del personale amministrativo e tecnico della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria, per l’acquisto di taluni beni e servizi destinati al suo uso personale. Inoltre, la lettera dell’amministrazione delle finanze del Ministero della Regione di Bruxelles‑Capitale indica che la ricorrente è stata esonerata dalle imposte regionali sugli immobili per l’anno 1997, dato che ad essa si applicava la Convenzione di Vienna del 18 aprile 1961 sulle relazioni diplomatiche.

36      Da tutti questi elementi risulta quindi inequivocabilmente che la ricorrente era dipendente della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria, che essa era assoggettata all’autorità gerarchica dell’ambasciatore, rappresentante permanente della Repubblica d’Austria presso l’Unione europea, e che aveva lo stesso status degli altri dipendenti in servizio presso la detta Rappresentanza. Pertanto, i servizi che la ricorrente ha fornito per la Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria durante tutto il periodo di riferimento debbono essere considerati come servizi effettuati per tale Stato.

37      Questa conclusione non è inficiata dagli argomenti della Commissione secondo cui la ricorrente, pur lavorando nell’ambito di questa Rappresentanza permanente, non l’ha fatto per la Repubblica d’Austria, poiché ha effettuato servizi per la VB e l’OBG, che sarebbero organismi aventi come compito la tutela degli interessi dei Länder e dei sindacati e non quelli dello Stato.

38      A sostegno della sua tesi, la Commissione deduce una serie di argomenti basati sugli effetti e sulla portata delle competenze dei detti Länder austriaci, della VB e dell’OBG, e sui rapporti con lo Stato sulla base del diritto interno austriaco.

39      La tesi della Commissione non può essere accolta.

40      Questa tesi si basa infatti, come è stato appena indicato, su elementi relativi al diritto interno austriaco e, per questo motivo, è incompatibile con i requisiti dell’applicazione uniforme del diritto comunitario e del principio di uguaglianza, dai quali deriva che una disposizione di diritto comunitario la quale non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve di regola dar luogo in tutta la Comunità ad un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto del contenuto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi. In assenza di un espresso richiamo, l’applicazione di una normativa di diritto comunitario può tuttavia implicare all’occorrenza un riferimento al diritto degli Stati membri qualora il giudice comunitario non riesca a rinvenire nel diritto comunitario o fra i principi generali del diritto comunitario gli elementi che gli permettano di precisarne il contenuto e la portata attraverso un’interpretazione autonoma (sentenza della Corte 18 gennaio 1984, causa 327/82, Ekro, Racc. pag. 107, punto 11; sentenze del Tribunale 18 dicembre 1992, causa T‑43/90, Díaz García/Parlamento, Racc. pag. II‑2619, punto 36; 28 gennaio 1999, causa T‑264/97, D/Consiglio, Racc. PI pagg. I‑A‑1 e II‑1, punti 26 e 27, confermata dalla sentenza D e Svezia/Consiglio, citata). Nella fattispecie, il rinvio al diritto austriaco non è necessario, poiché è pacifico che la Rappresentanza permanente presso l’Unione europea di uno Stato membro fa parte degli organi dello Stato ai sensi dell’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto.

41      Inoltre, questa tesi della Commissione è contraddetta dalla sua stessa posizione nella presente causa, secondo cui l’espressione «servizi effettuati per un altro Stato» deve essere interpretata autonomamente rispetto ai differenti diritti nazionali al fine di evitare divergenze, come la Corte ha dichiarato nella sentenza D e Svezia/Consiglio, citata (punto 11). Per il resto, la detta tesi è diametralmente opposta alla posizione che essa stessa ha sostenuto contemporaneamente in altre cause presentate dinanzi al Tribunale, concernenti una questione identica a quella che si pone nella presente fattispecie. Pertanto, nella causa T-83/03, Salazar Brier/Commissione, la Commissione ha fermamente sostenuto nella controreplica depositata il 30 settembre 2003 che organismi quali le rappresentanze permanenti presso l’Unione europea erano compresi nella nozione di «Stato» di cui all’art 4 dell’allegato VII dello Statuto e che queste considerazioni erano valide indipendentemente dalle funzioni specifiche svolte da un soggetto nell’ambito di questi organismi. Infatti – così essa sosteneva –, non era necessario analizzare le funzioni particolari e specifiche svolte da un dipendente che lavorava per una rappresentanza permanente, in quanto il fatto che questo dipendente svolgeva la sua attività per tale organismo e che quest’ultimo era compreso nella nozione di «Stato» ai sensi dell’eccezione prevista dall’art. 4, n. 1, lett. a), secondo trattino, dell’allegato VII dello Statuto era sufficiente per rendere questa disposizione applicabile.

42      Pertanto, è sufficiente che una persona eserciti la sua attività professionale per un organismo che fa parte dello Stato nel senso indicato, quale una rappresentanza permanente, affinché essa rientri pienamente nell’eccezione di cui all’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto, indipendentemente dalle funzioni particolari e specifiche da essa svolte nell’ambito del detto organismo. In caso contrario, occorrerebbe svolgere un’analisi dettagliata dei compiti e delle funzioni svolte dal punto di vista del diritto interno, cosa che sarebbe incompatibile con le esigenze sopramenzionate. E questo a maggior ragione in quanto spetta esclusivamente a ciascuno Stato membro organizzare i suoi servizi come ritiene più opportuno e determinare così gli obiettivi e le funzioni che assegna a coloro che lavorano alle sue dipendenze.

43      Da tutto quanto precede, e senza che occorra esaminare gli argomenti della Commissione basati sulle disposizioni del diritto interno austriaco, deriva che i servizi che la ricorrente ha fornito per la Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria durante il periodo di riferimento devono essere considerati come servizi effettuati per lo Stato ai sensi dell’art. 4 dell’allegato VII dello Statuto. Di conseguenza, questi anni devono essere neutralizzati e non essere presi in considerazione, conformemente a questa disposizione. Pertanto, tenendo conto del fatto che la ricorrente ha lavorato nell’ambito della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria dal 18 marzo 1996 e durante tutto il periodo di riferimento, il periodo di cinque anni di cui sopra deve collocarsi tra il 18 marzo 1991 e il 17 marzo 1996.

44      Ora, è sufficiente constatare a tal riguardo che la ricorrente non ha risieduto né esercitato un’attività professionale in Belgio prima del 15 maggio 1995, data in cui si è trasferita a Bruxelles per lavorare al servizio dell’Ufficio del Land del Tirolo. Pertanto, la ricorrente, non avendo risieduto abitualmente a Bruxelles durante il periodo di cinque anni previsto dal detto art. 4 dell’allegato VII dello Statuto, soddisfa le condizioni poste da questa disposizione per beneficiare dell’indennità di dislocazione.

45      Da quanto precede risulta che ingiustamente la Commissione ha rifiutato di neutralizzare il periodo nel corso del quale la ricorrente aveva lavorato nell’ambito della Rappresentanza permanente della Repubblica d’Austria e ha considerato quindi che essa non soddisfaceva le condizioni di concessione dell’indennità di dislocazione prevista all’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto.

46      Occorre quindi accogliere il secondo motivo, relativo alla violazione dell’art. 4 dell’allegato VII dello Statuto.

47      Di conseguenza, e senza che sia necessario statuire sugli altri motivi dedotti dalla ricorrente, occorre dichiarare fondato il presente ricorso e annullare le decisioni controverse in quanto con esse si rifiuta alla ricorrente il beneficio dell’indennità di dislocazione.

 Sulle indennità collegate all’indennità di dislocazione

 Argomenti delle parti

48      La ricorrente fa presente che, se il diritto all’indennità di dislocazione le è riconosciuto, essa chiede l’applicazione della giurisprudenza che deriva dalla sentenza della Corte 28 maggio 1998, causa C‑62/97 P, Commissione/Lozano Palacios (Racc. pag. I‑3273), in forza della quale le è automaticamente dovuto il beneficio dell’indennità giornaliera e l’indennità di prima sistemazione.

49      La Commissione ritiene che questa giurisprudenza non sia applicabile nella fattispecie, poiché la ricorrente non ha diritto a riscuotere l’indennità di dislocazione.

 Giudizio del Tribunale

50      Il Tribunale rileva che l’art. 5, n. 1, primo comma, dell’allegato VII dello Statuto prevede che, per avere diritto all’indennità di prima sistemazione pari a due mesi di stipendio base, se trattasi di un avente diritto all’assegno di famiglia, e pari ad un mese di stipendio base, se trattasi di un non avente diritto all’assegno di famiglia, il dipendente di ruolo debba soddisfare una delle due condizioni alternative seguenti, ossia essere in possesso dei requisiti per fruire dell’indennità di dislocazione o provare di avere dovuto cambiare residenza per adempiere agli obblighi di cui all’art. 20 dello Statuto (sentenza del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T‑33/95, Lozano Palacios/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑575 e II‑1535, punti 57 e 58, confermata dalla Corte, in sede di impugnazione, con la sentenza Commissione/Lozano Palacios, citata, punti 20‑22).

51      Pertanto, poiché l’indennità di prima sistemazione prevista dal detto art. 5, n. 1, dell’allegato VII dello Statuto è dovuta al dipendente che soddisfa le condizioni per beneficiare dell’indennità di dislocazione, si deve considerare che la ricorrente ha diritto all’indennità di prima sistemazione.

52      Per quanto riguarda l’indennità giornaliera, occorre osservare che questa indennità non è collegata all’indennità di dislocazione e che essa è concessa unicamente, in conformità dell’art. 10, n. 1, dell’allegato VII dello Statuto, al dipendente che provi di essere tenuto a cambiare residenza per adempiere agli obblighi di cui all’art. 20 dello Statuto. Poiché la ricorrente non ha chiesto di beneficiare di questa indennità all’atto della presentazione del suo reclamo amministrativo, occorre dichiarare irricevibile il punto delle conclusioni mirante alla concessione della detta indennità.

53      Da quanto precede risulta che occorre anche annullare le decisioni controverse in quanto con esse viene rifiutato alla ricorrente il beneficio dell’indennità di prima sistemazione.

 Sulle spese

54      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, il soccombente è condannato alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata a sopportare tutte le spese, conformemente alle conclusioni della ricorrente in tal senso.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Le decisioni 8 aprile e 29 ottobre 2003 sono annullate in quanto con esse si rifiuta di concedere alla ricorrente il beneficio dell’indennità di dislocazione di cui all’art. 4, n. 1, lett. a), dell’allegato VII dello Statuto del personale delle Comunità europee nonché il beneficio dell’indennità di prima sistemazione di cui all’art. 5, n. 1, di questo stesso allegato.

2)      Il ricorso è respinto per il resto.

3)      La Commissione è condannata alle spese.

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 settembre 2005.


Cooke

García-Valdecasas

Trstenjak


Il cancelliere

 

       Il presidente

H. Jung

 

      J. D. Cooke 


* Lingua processuale: il francese.