Language of document : ECLI:EU:C:2017:34

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 19 gennaio 2017 (1)

Causa C6/16

Eqiom SAS, già Holcim France SAS

Enka SA

contro

Ministre des finances et des comptes publics

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia]

«Normativa tributaria – Libertà di stabilimento (Art. 43 CE) – Libera circolazione dei capitali (Art. 56 CE) – Direttiva 90/435/CEE – Direttiva società madre-società figlia – Ritenuta alla fonte su dividendi diretti verso l’estero – Repressione delle elusioni fiscali – Abuso di diritto»






I –    Introduzione

1.        Il presente procedimento riguarda, in sostanza, la questione dell’individuazione delle condizioni in presenza delle quali uno Stato membro possa negare, per motivi connessi alla repressione delle elusioni fiscali, un’esenzione dalla ritenuta alla fonte – normalmente da concessa – per le distribuzioni di dividendi di una società figlia stabilita nel territorio nazionale alla società madre stabilita all’estero.

2.        La questione si colloca sullo sfondo di una disposizione francese volta ad impedire il ricorso abusivo a tale esenzione dalla ritenuta alla fonte, concessa in linea di principio dall’articolo 5 della direttiva 90/435/CEE (2) (in prosieguo: la «direttiva società madre – società figlia») applicabile nella specie ratione temporis. In applicazione di tale disposizione, l’amministrazione finanziaria negava l’esenzione dalla ritenuta alla fonte per i dividendi di una società avente sede in Francia versati alla società madre lussemburghese. L’impresa avente sede in Lussemburgo era, a sua volta, indirettamente controllata da una società avente sede in Svizzera e difettava la prova, richiesta a fronte di tale circostanza, che la struttura della catena di partecipazioni non fosse prevalentemente motivata da ragioni fiscali.

3.        La questione verte sulla compatibilità del provvedimento francese, diretto principalmente contro una forma del cosiddetto “Directive Shopping” (3), con la direttiva società madre – società figlia e con le libertà fondamentali. Proprio gli sforzi, di recente notevolmente intensificati, volti a contrastare le pratiche abusive sui piani europeo (4) e internazionale (5) evidenziano, in tale contesto, la particolare rilevanza di questo tema. Se, già per motivi di equità fiscale, occorre predisporre adeguati rimedi contro le elusioni, in tale intento dev’essere peraltro sempre rispettato il principio della proporzionalità.

II – Quadro giuridico

A –    Diritto dell’Unione

4.        Il quadro di diritto primario del caso in esame è costituito dalle disposizioni sulla libertà di stabilimento e sulla libera circolazione dei capitali. Poiché la controversia nella causa principale verte sulla legittimità dell’assoggettamento ad imposta di distribuzioni di utili eseguite negli anni 2005 e 2006, nella risposta alla domanda di pronuncia pregiudiziale si deve fare riferimento ancora alle disposizioni dei Trattati nel testo di cui al Trattato di Amsterdam (6).

5.        Sul piano del diritto derivato assume rilievo la direttiva società madre – società figlia. Essa va applicata, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, da ciascuno Stato membro

«(…)

–        alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato a società di altri Stati membri di cui esse sono filiali;

(…)».

6.        Relativamente a tali distribuzioni di utili, l’articolo 5 della direttiva società madre – società figlia così dispone:

«Gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre sono esenti dalla ritenuta alla fonte».

7.        L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva società madre – società figlia recita:

«La presente direttiva non pregiudica l’applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali necessarie per evitare le frodi e gli abusi».

B –    Normativa nazionale

8.        Ai sensi dell’articolo 119 bis, paragrafo 2, del Code général des impôts (codice generale delle imposte; in prosieguo: CGI), nel testo attualmente vigente, gli utili distribuiti da persone giuridiche francesi a persone che non abbiano il loro domicilio fiscale o la loro sede in Francia sono soggetti alla ritenuta alla fonte.

9.        L’articolo 119 ter, paragrafo 1, del CGI, in combinato disposto con il successivo paragrafo 2, esentata da tale ritenuta alla fonte la distribuzione di utili ad una persona giuridica in presenza di determinate condizioni. Al riguardo, rileva, inter alia, che la persona giuridica dimostri al debitore o alla persona che garantisce il pagamento delle sue erogazioni di essere il beneficiario effettivo dei dividendi. Inoltre, il luogo della sua effettiva amministrazione deve trovarsi in uno Stato membro dell’Unione, essa deve presentare una forma prevista nell’allegato della direttiva società madre – società figlia e deve, inoltre, partecipare in misura quantomeno pari al 20% al capitale della persona giuridica distributrice dei dividendi.

10.      L’esenzione è peraltro esclusa, ai sensi dell’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI, qualora i dividendi distribuiti vadano a beneficio di una persona giuridica controllata, direttamente o indirettamente, da una o più persone residenti in Stati non membri dell’Unione, a meno che tale persona giuridica non comprovi che la catena di partecipazioni non abbia come fine principale o fra i suoi fini principali quello di trarre vantaggio dall’esenzione.

III – Controversia principale e procedimento dinanzi alla Corte

11.      Il presente procedimento è scaturito da una controversia tra le imprese Eqiom SAS e Enka SA (in prosieguo altresì: le ricorrenti nella causa principale), da una parte, e l’amministrazione finanziaria francese, dall’altra.

12.      Una società, cui è successivamente succeduta la società Eqiom, avente sede in Francia, distribuiva, negli anni 2005 e 2006, dividendi alla società madre nonché azionista unica Enka, avente sede in Lussemburgo. Le azioni di quest’ultima erano quasi interamente detenute, all’epoca dei fatti, da una società con sede a Cipro, la quale era, a sua volta, controllata da una società con sede in Svizzera.

13.      L’amministrazione competente non concedeva, in ordine ai dividendi distribuiti, alcuna esenzione dalla ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 119 ter, paragrafo 1, del CGI, in combinato disposto con il suo paragrafo 2, in base al rilievo che i dividendi rientravano nell’ambito di applicazione dell’eccezione prevista nel paragrafo 3 della menzionata disposizione, non potendo la società beneficiaria comprovare che la catena di partecipazioni non avesse come fine principale o fra i suoi fini principali quello di trarre vantaggio dall’esenzione. Le società interessate impugnavano la decisione.

14.      Il Conseil d’État (Consiglio di Stato), nel frattempo investito della controversia, ritiene decisivo ai fini della risoluzione della stessa il diritto dell’Unione e si è pertanto rivolto alla Corte di giustizia, il 30 dicembre 2015, sollevando, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, le seguenti questioni pregiudiziali:

1)      Se, nel caso in cui una normativa nazionale di uno Stato membro si sia avvalsa, nell’ambito del proprio ordinamento interno, della facoltà offerta dall’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 90/435/CE del 23 luglio 1990, sia ammissibile una verifica degli atti o accordi adottati ai fini dell’esercizio di tale facoltà alla luce del diritto primario dell’Unione europea.

2)      Se le disposizioni dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, che riconoscono agli Stati membri un ampio margine discrezionale per determinare quali disposizioni siano «necessarie per evitare le frodi e gliabusi», debbano essere interpretate nel senso che ostino a che uno Stato membro adotti un meccanismo inteso a escludere dal beneficio dell’esenzione i dividendi distribuiti a una persona giuridica controllata direttamente o indirettamente da uno o più residenti di Stati non membri dell’Unione, a meno che tale persona giuridica non comprovi che la catena di partecipazioni non abbia come fine principale o fra i suoi fini principali quello di trarre vantaggio dall’esenzione.

3)      a)      Qualora la conformità al diritto dell’Unione del meccanismo «antiabuso» menzionato in precedenza debba altresì venire valutata alla luce delle disposizioni del Trattato, se sia opportuno esaminarla, tenuto conto dell’oggetto della normativa in discussione, alla luce delle disposizioni dell’articolo 43 del Trattato che istituisce la Comunità europea, divenuto articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, anche nel caso in cui la società beneficiaria della distribuzione dei dividendi sia controllata direttamente o indirettamente, per effetto di una catena di partecipazioni principalmente volta a beneficiare dell’esenzione de qua, da uno o più soggetti residenti in Stati terzi che non possano avvalersi della libertà di stabilimento.

b)      In mancanza di risposta positiva alla questione precedente, se tale conformità debba essere esaminata alla luce delle disposizioni dell’articolo 56 del Trattato che istituisce la Comunità europea, divenuto articolo 63 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

4)      Se le suddette disposizioni debbano essere interpretate nel senso che ostino a che una normativa nazionale neghi l’esenzione dalla ritenuta alla fonte i dividendi versati da una società di uno Stato membro a una società con sede in un altro Stato membro qualora tali dividendi vadano a beneficio di una persona giuridica controllata direttamente o indirettamente da uno o più soggetti residenti di Stati non membri dell’Unione europea, a meno che la suddetta non comprovi che tale catena di partecipazioni non abbia come fine principale o fra i suoi fini principali quello di trarre vantaggio dall’esenzione.

15.      Nel procedimento dinanzi alla Corte di giustizia hanno presentato osservazioni scritte le ricorrenti nella causa principale, la Repubblica francese, il Regno di Danimarca, la Repubblica italiana, il Regno di Spagna e la Commissione europea. All’udienza del 30 novembre 2016 hanno partecipato le suddette parti del procedimento, ad eccezione della Repubblica italiana e del Regno di Spagna, e la Repubblica federale di Germania.

IV – In diritto

16.      Con le questioni pregiudiziali il giudice a quo intende sostanzialmente acclarare se la direttiva società madre – società figlia e le libertà fondamentali ostino ad una normativa di uno Stato membro, come quella di cui all’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI, che esclude l’esenzione dalla ritenuta alla fonte per i dividendi distribuiti da una società stabilita nello Stato membro medesimo ad una società avente sede in un altro Stato membro, qualora la società beneficiaria sia direttamente o indirettamente controllata da azionisti residenti in Stati terzi, salvo che la società beneficiaria non comprovi che la catena di partecipazioni non abbia come fine principale o fra i suoi fini principali quello di trarre vantaggio dall’esenzione.

17.      Nella mia analisi esaminerò, in primo luogo, la seconda questione pregiudiziale, attinente alla direttiva società madre – società figlia (al riguardo, sub A). Successivamente rivolgerò l’attenzione alla prima, alla terza e alla quarta questione, vertenti sulla compatibilità della disposizione controversa con il diritto primario, in concreto con le libertà fondamentali (al riguardo, sub B).

A –    Sulla seconda questione pregiudiziale

18.      La seconda questione del giudice del rinvio è diretta a chiarire se la normativa controversa sia compatibile con la direttiva società madre – società figlia.

19.      È pacifico inter partes che i versamenti dei dividendi di cui trattasi rientrino sostanzialmente nella sfera di applicazione della direttiva società madre – società figlia. Di conseguenza, la Francia, quale Stato sede della società distributrice, dovrebbe, ai sensi dell’articolo 5 della direttiva, esentare i dividendi dalla ritenuta alla fonte. Tuttavia, la Francia ritiene che gli ulteriori requisiti da essa imposti ai fini della concessione dell’esenzione fiscale siano giustificati dall’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva società madre – società figlia. Ai sensi di tale disposizione la direttiva non osta all’applicazione di disposizioni nazionali dirette ad evitare la frode fiscale e gli abusi.

20.      Si deve quindi esaminare la questione se una normativa di uno Stato membro come quella di cui all’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI possa avere come fondamento l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva società madre – società figlia.

21.      A parere della Commissione, l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva società madre – società figlia non è pertinente. Poiché nell’emanazione della normativa controversa non potrebbe vedersi alcun provvedimento volto alla trasposizione della direttiva, solo il diritto primario costituirebbe il metro di misura per valutare la compatibilità della normativa col diritto dell’Unione.

22.      Tale tesi non può trovare accoglimento. L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva società madre – società figlia forma un quadro normativo che impone limiti all’azione degli Stati membri qualora essi neghino la concessione di vantaggi derivanti dalla direttiva per motivi connessi alla repressione delle frodi e degli abusi. Dal tenore letterale della disposizione emerge infatti, già a contrario, che la direttiva osta a disposizioni non dirette ad evitare le frodi e gli abusi e che eccedano quanto necessario a tal fine (7).

23.      Una diversa interpretazione potrebbe inoltre pregiudicare l’efficacia della direttiva società madre – società figlia. Infatti, contrariamente all’implicita supposizione della Commissione, un esame della controversa normativa francese alla luce della direttiva, da una parte, e uno alla luce delle libertà fondamentali, dall’altra, non possono necessariamente essere considerati equivalenti. Se con l’applicazione dell’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI la Francia avesse ecceduto i margini concessi agli Stati membri dall’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva società madre – società figlia, l’esenzione dalla ritenuta alla fonte sarebbe da concedere senza riserve. Un richiamo, con esito positivo, alle libertà fondamentali assicura, invece, principalmente solo la parità di trattamento con le analoghe fattispecie nazionali.

24.      Nell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva società madre – società figlia si riflette il principio generale del diritto dell’Unione, secondo il quale l’abuso del diritto è vietato (8). Nessuno può invocare in maniera abusiva il diritto dell’Unione(9). Vero è che la formulazione letterale delle disposizioni non fornisce contorni più precisi (10) al significato di abuso che ne è alla base, ma in ogni caso nella disposizione non può vedersi un semplice rinvio agli ordinamenti giuridici degli Stati membri. In caso contrario, esisterebbe il rischio che l’ambito di applicazione della direttiva venga limitato ad libitum a seconda delle rispettive prassi degli Stati membri.

25.      Tuttavia, in quanto disposizione derogatoria, l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva società madre – società figlia va interpretato restrittivamente (11) Per quanto attiene ai provvedimenti volti ad evitare gli abusi, ciò è parimenti imposto, in particolare, dal principio della certezza del diritto. Infatti, laddove il singolo soddisfi tutti i requisiti formali per far valere un diritto, solo in casi particolari potrà essere ammissibile negare tale diritto eccependo un abuso.

26.      Come la Corte di giustizia ha già avuto modo di dichiarare in ordine alla direttiva società madre – società figlia, i meccanismi di partecipazione diretti al solo scopo di approfittare dei vantaggi fiscali previsti nella direttiva costituiscono una forma di abuso (12). In tal senso, anche per questa direttiva vale l’esigenza che sussistano motivi economici che abbiano determinato la scelta di quella determinata struttura. Al mero intento di conseguire un vantaggio puramente fiscale privo di alcuna relazione con una realtà economica non viene, invece, riconosciuta tutela (13). Pertanto, laddove l’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI esclude la concessione dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte qualora la società beneficiaria sia parte di una catena di partecipazioni creata sostanzialmente solo per motivi fiscali, ciò non contrasta con l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva società madre – società figlia (14).

27.      Tuttavia, ai sensi dell’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI, già la mera circostanza che la società che percepisce i dividendi sia controllata, direttamente o indirettamente, da una persona non residente nell’Unione giustifica la presunzione di un ricorso abusivo all’esenzione dalla ritenuta alla fonte. Sta quindi ai beneficiari dimostrare che la catena di partecipazioni non sia sostanzialmente diretta a fini fiscali.

28.      Tale modus procedendi eccede quanto necessario ad evitare le elusioni fiscali ed esula ormai dai limiti di quanto consentito ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva società madre – società figlia.

29.      In applicazione della normativa controversa viene sistematicamente imposto al soggetto passivo l’onere di provare l’esistenza di motivi non fiscali, senza che l’amministrazione sia tenuta a fornire sufficienti indizi di elusione fiscale (15). Nel mero richiamo al controllo diretto o indiretto da parte di azionisti residenti in Stati terzi non può essere visto un indizio del genere già in quanto non può in nessun modo dirsi, genericamente, che il trattamento fiscale di distribuzioni di utili a società al di fuori dell’Unione sia più favorevole nello Stato membro della società madre o della società madre di quest’ultima rispetto alla Francia.

30.      Il diniego dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte si fonda al riguardo su una presunzione generale di realizzazione di elusioni fiscali. Tuttavia, tale presunzione non è ammissibile (16). È sempre necessario un esame delle obiettive e verificabili circostanze del caso di specie (17). Qualora, alla luce di ciò, sussista un fondato principio di sospetto che una motivazione sostanzialmente fiscale del meccanismo di partecipazione non sia da escludere, il contribuente potrà tuttavia superare l’eccezione dell’abuso dimostrando l’esistenza di motivi diversi da quelli meramente fiscali a giustificazione della scelta di tale struttura (18). Infatti, il divieto di abuso non è applicabile se la struttura in questione può avere anche una spiegazione diversa dal semplice conseguimento del vantaggio fiscale (19).

31.      Di conseguenza, alla questione sollevata dal giudice proponente si deve rispondere nel senso che l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva società madre – società figlia osta ad una normativa di uno Stato membro, quale l’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI, nella parte in cui essa impone ad una società avente sede all’estero, direttamente o indirettamente controllata da soggetti residenti in uno Stato terzo, ai fini della concessione dell’esenzione dalla ritenuta fiscale ai sensi dell’articolo 5 della direttiva, l’onere di provare la sussistenza di motivi extrafiscali a giustificazione della struttura della catena di partecipazioni, senza che l’amministrazione sia tenuta a fornire sufficienti indizi di elusione fiscale.

B –    Sulla prima, sulla terza e sulla quarta questione pregiudiziale

32.      La prima, la terza e la quarta questione pregiudiziale si riferiscono sostanzialmente alla compatibilità della normativa controversa di cui all’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI con le libertà fondamentali. Malgrado le mie precedenti considerazioni, non appare superfluo procedere all’esame di tali questioni, in quanto dalle libertà fondamentali si potrebbero dedurre altri requisiti. Al riguardo, è tuttavia necessario esaminare innanzitutto il dubbio del giudice proponente quanto all’ammissibilità di una verifica condotta alla luce del diritto primario (al riguardo, sub 1). Successivamente, dovrà essere individuata la libertà fondamentale applicabile (al riguardo, sub 2), nonché trattare la questione se sussista una restrizione di tale libertà fondamentale (al riguardo, sub 3).

1.      Verifica alla luce del diritto primario dell’Unione

33.      In primo luogo, si pone la questione se la normativa francese sia anzitutto da esaminare alla luce del diritto primario.

34.      La questione andrebbe risolta in senso negativo, qualora la normativa appartenesse ad un settore definitivamente armonizzato nell’ambito dell’Unione. Infatti, secondo costante giurisprudenza, in un caso del genere essa dovrebbe essere valutata non alla luce delle disposizioni del diritto primario, ma solo alla luce del provvedimento di armonizzazione (20).

35.      Tuttavia, in considerazione del suo oggetto, l’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI non rientra in un settore definitivamente armonizzato. In particolare, l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva società madre – società figlia non può essere considerato come un provvedimento di armonizzazione, in quanto tale disposizione né obbliga gli Stati membri ad applicare provvedimenti di lotta contro gli abusi né prescrive linee guida definitive.

36.      Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva società madre – società figlia è invece rimesso alla discrezionalità degli Stati membri – all’interno del quadro esaminato supra – come procedere contro gli abusi in relazione alla pretesa di vantaggi provenienti dalla direttiva. Come la Corte di giustizia ha però già avuto modo di dichiarare, gli Stati membri possono avvalersi delle possibilità loro concesse dalla direttiva solo nel rispetto delle disposizioni fondamentali del Trattato e sono in particolare vincolati dalle libertà fondamentali (21).

37.      Pertanto, la normativa controversa di cui all’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI è soggetta anche ad una verifica alla luce del diritto primario dell’Unione.

2.      Libertà fondamentale applicabile

38.      Occorre poi deve determinare la libertà fondamentale pertinente ai fini dell’esame della disposizione francese. In questo contesto, il giudice proponente pone la questione dell’applicabilità della libertà di stabilimento (articolo 43 CE, attualmente articolo 49 TFUE) ovvero della libera circolazione dei capitali (articolo 56 CE, attualmente articolo 63 TFUE).

39.      La controversia nella causa principale riguarda il trattamento fiscale di dividendi. Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, ciò può rientrare nell’ambito di applicazione sia dell’articolo 43 CE, sia anche dell’articolo 56 CE. Determinante è l’oggetto della normativa nazionale interessata. Se essa trova applicazione solo relativamente a partecipazioni che consentono di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di una società e di determinarne le attività, sono pertinenti le disposizioni relative alla libertà di stabilimento. Per contro, le disposizioni nazionali relative a partecipazioni poste in essere al solo scopo dell’investimento finanziario, senza che debba essere esercitata un’influenza sulla gestione e sul controllo dell’impresa, vanno esaminate esclusivamente alla luce della libera circolazione dei capitali (22).

40.      A parere della Commissione, nel caso in esame è interessata la libertà di stabilimento, in quanto l’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI si basa su distribuzioni di dividendi a persone a loro volta controllate direttamente o indirettamente da una o più persone non residenti nell’Unione.

41.      Il rapporto tra la società che percepisce i dividendi e le società che si susseguono verso l’alto nella catena di partecipazioni può tuttavia non risultare decisivo. La controversia nella causa principale riguarda, infatti, la tassazione di versamenti di dividendi di una società francese alla propria azionista avente sede in Lussemburgo.

42.      L’applicazione dell’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI a tali distribuzioni di dividendi presuppone che tra la beneficiaria e la società distributrice dei dividendi sussista un rapporto di partecipazione nella misura quantomeno pari al 20%. Una partecipazione di tale entità non consente, tuttavia, di giungere necessariamente alla conclusione che il suo titolare eserciti una sicura influenza sulle decisioni della società (23). Per determinare la libertà fondamentale applicabile occorre pertanto far riferimento, caso per caso, alle effettive circostanze della specie (24).

43.      Alla luce di quanto esposto dal giudice a quo, il pacchetto azionario della società francese distributrice dei dividendi era interamente detenuto, all’epoca dei fatti, dalla società lussemburghese beneficiaria. Poiché una siffatta partecipazione determina indubbiamente una sicura influenza sulle decisioni della società, sono pertinenti le disposizioni relative alla libertà di stabilimento.

3.      Restrizione della libertà di stabilimento

44.      Si deve pertanto verificare se sussista una restrizione della libertà di stabilimento. Una restrizione del genere potrebbe risultare dal fatto che l’applicazione dell’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI determina il diniego dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte per la società lussemburghese beneficiaria.

45.      La libertà di stabilimento attribuisce tra l’altro, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 43 CE e dell’articolo 48 CE, ad una società costituita ai sensi delle disposizioni di uno Stato membro, che abbia la sua sede statutaria, la sua amministrazione principale o la sua sede principale all’interno dell’Unione, il diritto di esercitare la sua attività in altri Stati membri attraverso una controllata (25). In tale contesto, la libertà di stabilimento, vietando qualsiasi discriminazione sulla base del luogo della sede di una società, garantisce, segnatamente, l’applicazione del trattamento nazionale nello Stato ospitante, (26).

46.      Come confermato dal governo francese all’udienza, solo le distribuzioni di utili a società aventi sede all’estero sono soggette alla speciale riserva di prova ai sensi dell’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI. I versamenti di dividendi a società aventi sede sul territorio nazionale non sono interessate da tale riserva. Tale circostanza rende meno attraente l’esercizio della libertà di stabilimento per società di altri Stati membri, le quali potrebbero essere pertanto indotte a rinunciare all’acquisto, alla costituzione o alla conservazione di una controllata in Francia (27).

47.      Al riguardo è irrilevante che la società che invochi la libertà di stabilimento sia indirettamente controllata da persone residenti in Stati terzi. Come infatti precisato dalla Corte di giustizia, non risulta da alcuna disposizione del diritto dell’Unione che l’origine dell’azionista di una società incida sul diritto di quest’ultima ad invocare la libertà di stabilimento (28).

48.      Di conseguenza, la descritta disparità di trattamento fiscale dei dividendi nel caso di società madri a seconda dell’ubicazione della loro sede rappresenta una restrizione della libertà di stabilimento, essenzialmente vietata ai sensi dell’articolo 43 CE e dell’articolo 48 CE (29).

49.      In base alla giurisprudenza, una restrizione di tal genere è ammissibile solo se essa riguardi situazioni tra loro non oggettivamente comparabili (al riguardo, sub a), ovvero se sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale (al riguardo, sub b) (30).

a)      Sull’obiettiva comparabilità

50.      La Corte di giustizia valuta, di regola, l’obiettiva comparabilità sotto il profilo della finalità della normativa interessata (31). Alla luce di tale considerazione, potrebbe apparire dubbio che distribuzioni di dividendi a società con sede sul territorio nazionale e a società con sede all’estero siano in una situazione comparabile. Infatti, il provvedimento controverso mira ad impedire che persone appartenenti a Stati terzi eludano la ritenuta alla fonte costituendo società intermedie all’interno dell’Unione e sfruttando le differenze esistenti negli ordinamenti giuridici degli Stati membri. I dividendi distribuiti a società aventi sede nel territorio nazionale sono peraltro sempre soggetti allo stesso ordinamento giuridico.

51.      Tuttavia, per la Corte di giustizia, il criterio decisivo nel caso della distribuzione di dividendi è l’esercizio della potestà tributaria (32). Sotto tale profilo l’obiettiva comparabilità va senz’altro riconosciuta, in quanto la Francia assoggetta alla propria potestà tributaria le distribuzioni di dividendi sia ai beneficiari residenti nel territorio nazionale sia anche ai beneficiari residenti all’estero.

b)      Sulla giustificazione

52.      Resta quindi da verificare se la restrizione della libertà di stabilimento attraverso l’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale.

53.      La Francia fa valere che la lotta all’evasione e all’elusione fiscale costituisce un motivo del genere.

54.      Secondo una giurisprudenza costante, un provvedimento restrittivo può essere giustificato per il motivo menzionato qualora esso si riferisca specificamente a costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica, che siano finalizzate al conseguimento di un vantaggio fiscale (33).

55.      Tuttavia, nel caso in esame non risulta già chiaro che il provvedimento francese sia specificamente diretto contro costruzioni del genere. Poiché, infatti, l’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI richiede la prova che il fatto di avvalersi dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte non costituisce lo scopo essenziale o uno degli scopi essenziali della catena di partecipazioni, tale disposizione si basa in maniera determinante sul perseguimento di un vantaggio fiscale. Tale criterio soggettivo non basta peraltro di per sé per concludere nel senso dell’esistenza di una costruzione artificiosa ai sensi della giurisprudenza della Corte di giustizia (34). Deve invece risultare anche da elementi oggettivi che, malgrado il formale soddisfacimento dei presupposti per la concessione dell’esenzione fiscale, lo scopo perseguito con la libertà di stabilimento non viene conseguito (35).

56.      Tale contrarietà allo scopo è poi da ritenere esistente, qualora, sulla base di una valutazione complessiva delle circostanze, risulti che l’esenzione dalla ritenuta alla fonte vada a beneficio non della società che percepisce i dividendi, avente sede nell’altro Stato membro, ma in realtà, direttamente, di una persona di uno Stato terzo. Infatti, la libertà di stabilimento tutela fin dal principio solo le persone appartenenti a Stati membri (36).

57.      Elementi a sostegno in tal senso possono risultare dalla reale natura della società interposta. Così, si riterrà esistente una struttura artificiosa qualora la società rappresenti soltanto una sede fittizia nel senso di una società “fantasma” (37). Anche nel caso in cui vi sia una presenza fisica, l’artificiosità potrebbe peraltro risultare dalle circostanze finanziarie e personali della specie. Al riguardo, appaiono decisivi, ad esempio, gli effettivi poteri decisionali degli organi societari, la loro dotazione di mezzi finanziari propri o l’esistenza di un rischio commerciale.

58.      Considerato che tali fattori non vengono presi in considerazione nell’applicazione dell’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI, il provvedimento non rappresenta uno strumento adeguato per procedere specificamente contro costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica, che siano finalizzate al conseguimento di un vantaggio fiscale.

59.      In ogni caso, però, la normativa controversa eccede quanto necessario a combattere le elusioni fiscali, in quanto essa impone, in definitiva, alle società che invochino l’esenzione dalla ritenuta alla fonte l’onere della prova dell’inesistenza di un abuso, solo in base alla circostanza di un controllo diretto o indiretto da parte di una persona non residente nell’Unione (38). Infatti, secondo la giurisprudenza, una siffatta presunzione generale di realizzazione di elusioni fiscali non può giustificare un provvedimento fiscale restrittivo (39). L’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI conduce invece ad un’inversione dell’onere della prova, senza che l’amministrazione finanziaria sia tenuta a fornire sufficienti indizi di elusione fiscale (40).

4.      Conclusione interlocutoria

60.      Di conseguenza, alla prima, alla terza e alla quarta questione pregiudiziale si deve rispondere nel senso che il combinato disposto dell’articolo 43 CE e dell’articolo 48 CE osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella di cui all’articolo 119 ter, paragrafo 3, del CGI, nella parte in cui essa impone ad una società avente sede all’estero, che sia direttamente o indirettamente controllata da persone residenti in uno Stato terzo, ai fini della concessione dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 5 della direttiva società madre – società figlia, la prova della sussistenza di motivi non fiscali alla base della scelta della struttura della catena di partecipazioni, senza che l’amministrazione sia tenuta a fornire sufficienti indizi di una costruzione artificiosa, priva effettività economica, finalizzata al conseguimento di un vantaggio fiscale.

V –    Conclusione

61.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di giustizia di rispondere nei seguenti termini alle questioni del Conseil d’État:

L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 90/435/CEE e l’articolo 43 CE, in combinato disposto con l’articolo 48 CE, ostano alla normativa di uno Stato membro per effetto della quale ad un’impresa avente sede all’estero, direttamente o indirettamente controllata da persone residenti in uno Stato terzo, viene imposto, ai fini della concessione dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 5 della direttiva, la prova della sussistenza di motivi non fiscali alla base della scelta della struttura della catena di partecipazioni, senza che l’amministrazione sia tenuta a fornire sufficienti indizi di una costruzione artificiosa, priva di effettività economica, finalizzata al conseguimento di un vantaggio fiscale.


1 –      Lingua originale: il tedesco.


2 –      Direttiva del Consiglio, del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6) nel frattempo sostituita dalla direttiva del Consiglio, del 30 novembre 2011, 2011/96/UE (GU L 345, pag. 8).


3 –      Nella variante che qui interessa una persona giuridica appartenente ad uno Stato terzo, non favorita dalla direttiva società madre- società figlia, conforma i propri rapporti attraverso la costituzione di una società intermedia nell’Unione in maniera tale da poter beneficiare dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte prevista dalla direttiva.


4 –      Cfr. la direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016, recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno (GU L 193, pag. 1), la direttiva (UE) 2015/121 del Consiglio, del 27 gennaio 2015 (GU L 21, pag. 1), con la quale è stata introdotta una cosiddetta “disposizione de minimis di lotta contro gli abusi” nell’attuale versione della direttiva società madre – società figlia, nonché, inoltre, la raccomandazione della Commissione, del 6 dicembre 2012 relativa alla pianificazione fiscale aggressiva (C[2012] 8806 def.).


5 –      V., in particolare, il rapporto conclusivo dell’OCSE, pubblicato il 5 ottobre 2015, sul progetto OCSE/G20, riduzione di utili e trasferimento di utili (“BEPS”) reperibile sotto http://www.oecd.org/ctp/beps-2015-final-reports.htm.


6 –      GU 1997, C 340, pag. 1.


7 –      Ad eccezione delle versioni tedesca e olandese, l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva società madre – società figlia fa espresso riferimento alle disposizioni necessarie per evitare le frodi e gli abusi alle quali la direttiva non osta.


8 –      V. sentenza del 5 luglio 2007, Kofoed (C‑321/05, EU:C:2007:408, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).


9 –      V. sentenze del 12 maggio 1998, Kefalas e a. (C‑367/96, EU:C:1998:222, punto 20); del 23 marzo 2000, Diamantis (C‑373/97, EU:C:2000:150, punto 33); del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C‑255/02, EU:C:2006:121, punto 68); del 13 marzo 2014, SICES e a. (C‑155/13, EU:C:2014:145, punto 29), e del 28 luglio 2016, Kratzer (C‑423/15, EU:C:2016:604, punto 37).


10 –      V. invece, ad esempio, l’articolo 15 della direttiva 2009/133/CE del Consiglio, del 19 ottobre 2009 (direttiva sulle fusioni, GU L 310, pag. 34).


11 –      V. sentenze del 17 ottobre 1996, Denkavit e a. (C‑283/94, C‑291/94 e C‑292/94, EU:C:1996:387, punto 27); del 17 luglio 1997, Leur-Bloem (C‑28/95, EU:C:1997:369, punti 38 e 39); del 5 luglio 2007, Kofoed (C‑321/05, EU:C:2007:408, punto 37), dell’11 dicembre 2008, A.T. (C‑285/07, EU:C:2008:705, punto 31); del 20 maggio 2010, Zwijnenburg (C‑352/08, EU:C:2010:282, punto 46), e del 10 novembre 2011, FOGGIA-Sociedade Gestora de Participações Sociais (C‑126/10, EU:C:2011:718, punto 44).


12 –      V. sentenza del 17 ottobre 1996, Denkavit e a. (C‑283/94, C‑291/94 e C‑292/94, EU:C:1996:387, punto 31).


13 –      V., per la direttiva sulle fusioni, sentenze del 17 luglio 1997, Leur-Bloem (C‑28/95, EU:C:1997:369, punto 47), e del 10 novembre 2011, FOGGIA-Sociedade Gestora de Participações Sociais (C‑126/10, EU:C:2011:718, punto 34).


14 –      Relativamente al meccanismo di partecipazioni in esame, mi permetto peraltro di rilevare che nel procedimento dinanzi alla Corte di giustizia non è apparso con chiarezza dove risieda il vantaggio fiscale. A quanto risulta, infatti, anche nel caso di una distribuzione di dividendi ad un azionista residente in Svizzera, la Francia non avrebbe riscosso la ritenuta alla fonte. V. articolo 11, paragrafo 2, lettera b), dell’accordo Francia-Svizzera sulla doppia imposizione fiscale e articolo 15, paragrafo 1, dell’accordo Svizzera-UE del 26 ottobre 2004 sulla tassazione di interessi (GU L 385, pag. 30).


15 –      V. sentenza del 5 luglio 2012, SIAT (C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 55).


16 –      V. sentenze del 4 marzo 2004, Commissione/Francia (C‑334/02, EU:C:2004:129, punto 27); del 9 novembre 2006, Commissione/Belgio (C‑433/04, EU:C:2006:702, punto 35); del 28 ottobre 2010, Établissements Rimbaud (C‑72/09, EU:C:2010:645, punto 34), nonché del 5 luglio 2012, SIAT (C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).


17 –      V. sentenze del 17 luglio 1997, Leur-Bloem (C‑28/95, EU:C:1997:369, punti 41 e 44); del 9 marzo 1999, Centros (C‑212/97, EU:C:1999:126, punto 25); del 21 novembre 2002, X e Y (C‑436/00, EU:C:2002:704, punto 42); del 20 maggio 2010, Zwijnenburg (C‑352/08, EU:C:2010:282, punto 44), e del 10 novembre 2011, FOGGIA-Sociedade Gestora de Participações Sociais (C‑126/10, EU:C:2011:718, punto 37).


18 –      V. sentenze del 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (C‑524/04, EU:C:2007:161, punto 82);del 5 luglio 2012, SIAT (C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 50), e del 3 ottobre 2013, Itelcar (C‑282/12, EU:C:2013:629, punto 37).


19 –      V. sentenze del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C‑255/02, EU:C:2006:121, punto 75); del 22 dicembre 2010, Weald Leasing (C‑103/09, EU:C:2010:804, punto 30); del 12 settembre 2013, Slancheva sila (C‑434/12, EU:C:2013:546, punto 42); del 13 marzo 2014, SICES e a. (C‑155/13, EU:C:2014:145, punto 33); del 9 luglio 2015, Cimmino ea. (C‑607/13, EU:C:2015:448, punto 65); del 14 aprile 2016, Cervati e Malvi (C‑131/14, EU:C:2016:255, punto 34), e del 28 luglio 2016, Kratzer (C‑423/15, EU:C:2016:604, punto 40).


20 –      V. sentenze del 12 ottobre 1993, Vanacker e Lesage (C‑37/92, EU:C:1993:836, punto 9); del 23 maggio 1996, Hedley Lomas (C‑5/94, EU:C:1996:205, punto 18); dell’11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband (C‑322/01, EU:C:2003:664, punto 64), e del 30 aprile 2014, UPC DTH (C‑475/12, EU:C:2014:285, punto 63).


21 –      V. sentenze del 18 settembre 2003, Bosal (C‑168/01, EU:C:2003:479, punto 26); del 23 febbraio 2006, Keller Holding (C‑471/04, EU:C:2006:143, punto 45); del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑446/04, EU:C:2006:774, punto 46); del 1o ottobre 2009, Gaz de France-Berliner Investissement (C‑247/08, EU:C:2009:600, punto 53), e del 2 settembre 2015, Groupe Steria (C‑386/14, EU:C:2015:524, punto 39).


22 –      V. sentenze del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑446/04, EU:C:2006:774, punti 36 e 37); del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel und Österreichische Salinen (C‑436/08 e C‑437/08, EU:C:2011:61, punti da 33 a 35); del 15 settembre 2011, Accor (C‑310/09, EU:C:2011:581, punti 30-32), e dell’11 settembre 2014, Kronos International (C‑47/12, EU:C:2014:2200, punti da 29 a 32).


23 –      V., per quanto attiene alla titolarità di un terzo delle azioni di una società, sentenza del 13 aprile 2000, Baars (C‑251/98, EU:C:2000:205, punto 20). Su partecipazioni nella misura del 10% v. anche sentenze del 3 ottobre 2013, Itelcar (C‑282/12, EU:C:2013:629, punto 22), e dell’11 settembre 2014, Kronos International (C‑47/12, EU:C:2014:2200, punto 31).


24 –      V. sentenze del 13 aprile 2000, Baars (C‑251/98, EU:C:2000:205, punto 21); del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑446/04, EU:C:2006:774, punti 37 e 38); del 13 novembre 2012, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑35/11, EU:C:2012:707, punti 93 e 94), e dell’11 settembre 2014, Kronos International (C‑47/12, EU:C:2014:2200, punto 37).


25 –      V. sentenze del 21 settembre 1999, Saint-Gobain ZN (C‑307/97, EU:C:1999:438, punto 35); del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punto 30); del 17 luglio 2014, Nordea Bank (C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 17), e del 17 dicembre 2015, Timac Agro Deutschland (C‑388/14, EU:C:2015:829, punto 40).


26 –      V. sentenze del 28 gennaio 1986, Commissione/Francia (270/83, EU:C:1986:37, punto 14); del 21 settembre 1999, Saint-Gobain ZN (C‑307/97, EU:C:1999:438, punto 35); del 14 dicembre 2006, Denkavit Internationaal e Denkavit France (C‑170/05, EU:C:2006:783, punto 22), e del 12 giugno 2014, SCA Group Holding e a. (da C‑39/13 a C‑41/13, EU:C:2014:1758, punto 45).


27 –      V. sentenze del 12 dicembre 2002, Lankhorst-Hohorst (C‑324/00, EU:C:2002:749, punto 32); del 23 febbraio 2006, Keller Holding (C‑471/04, EU:C:2006:143, punto 35), e del 14 dicembre 2006, Denkavit Internationaal e Denkavit France (C‑170/05, EU:C:2006:783, punto 30).


28 –      V. sentenza del 1o aprile 2014, Felixstowe Dock and Railway Company e a. (C‑80/12, EU:C:2014:200, punto 40)


29 –      V. sentenza del 14 dicembre 2006, Denkavit Internationaal e Denkavit France (C‑170/05, EU:C:2006:783, punto 29).


30 –      V. sentenze del 25 febbraio 2010, X Holding (C‑337/08, EU:C:2010:89, punto 20); del 6 settembre 2012, Philips Electronics (C‑18/11, EU:C:2012:532, punto 17); del 17 luglio 2014, Nordea Bank (C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 23), e del 17 dicembre 2015, Timac Agro Deutschland (C‑388/14, EU:C:2015:829, punto 26).


31 –      V. sentenze del 25 febbraio 2010, X Holding (C‑337/08, EU:C:2010:89, punto 22); del 21 febbraio 2013, A (C‑123/11, EU:C:2013:84, punto 33), e del 12 giugno 2014, SCA Group Holding e a. (da C‑39/13 a C‑41/13, EU:C:2014:1758, punto 28).


32 –      V. sentenze 14 dicembre 2006, Denkavit Internationaal e Denkavit France (C‑170/05, EU:C:2006:783, punti da 34 a 36), e del 12 dicembre 2006, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (C‑374/04, EU:C:2006:773, punto 68).


33 –      V. sentenze del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 55); del 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (C‑524/04, EU:C:2007:161, punto 74); del 4 dicembre 2008, Jobra (C‑330/07, EU:C:2008:685, punto 35), e del 5 luglio 2012, SIAT (C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 40).


34 –      V. sentenza del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 63).


35 –      V. sentenza del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 64).


36 –      V. sentenze del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 53); dell’11 marzo 2010, Attanasio Group (C‑384/08, EU:C:2010:133, punto 36), e del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria (C‑179/14, EU:C:2016:108, punto 148).


37 –      V. sentenza del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544, punti 67 e 68).


38 –      V. supra, paragrafi da 27 a 30.


39 –      V. sentenze del 4 marzo 2004, Commissione/Francia (C‑334/02, EU:C:2004:129, punto 27); del 9 novembre 2006, Commissione/Belgio (C‑433/04, EU:C:2006:702, punto 35); del 28 ottobre 2010, Établissements Rimbaud (C‑72/09, EU:C:2010:645, punto 34), nonché, successivamente, del 5 luglio 2012, SIAT (C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).


40 –      V. sentenza del 5 luglio 2012, SIAT (C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 55).