Language of document : ECLI:EU:T:2003:68

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

12 marzo 2003 (1)

«Marchio comunitario - Procedimento di opposizione - Domanda di marchio comunitario denominativo Silk Cocoon - Marchio precedente denominativo COCOON - Prova dell'uso effettivo del marchio precedente - Art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento (CE) n. 40/94 - Diritto di essere sentiti»

Nella causa T-174/01,

Jean M. Goulbourn, residente in Dasmarinas Village, Makati, Metro Manila (Filippine), rappresentata dall'avv. S. Jackermeier, avocat,

ricorrente,

contro

Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato da sig. G. Schneider, in qualità di agente,

convenuto,

sostenuto dalla Redcats SA, con sede in Roubaix (Francia), rappresentata dagli avv.ti A. Bertrand e T. Reisch, avocats,

interveniente,

avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione 25 aprile 2001 della terza commissione di ricorso dell'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli), nel procedimento R 641/2000-3 relativo ad un procedimento d'opposizione fra Redcats SA e Jean M. Goulbourn,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dai sigg. R.M. Moura Ramos, presidente, J. Pirrung e A.W.H. Meij, giudici,

cancelliere: sig.ra D. Christensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 13 novembre 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Ambito normativo

1.
    Il nono ‘considerando’ del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993 n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato, dispone:

«considerando che è giustificato tutelare i marchi comunitari, nonché, nei loro confronti, i marchi registrati che siano anteriori, soltanto nella misura in cui siano effettivamente utilizzati».

2.
    Gli artt. 15, 43 e 73 del regolamento (CE) n. 40/94 sono così redatti:

«Articolo 15

Uso del marchio comunitario

1. Se entro cinque anni dalla registrazione il marchio comunitario non ha formato oggetto da parte del titolare di un uso effettivo nella Comunità per i prodotti e servizi per i quali è stato registrato, o se tale uso è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, il marchio comunitario è sottoposto alle sanzioni previste nel presente regolamento, salvo motivo legittimo per il mancato uso

(...).

Articolo 43

Esame dell'opposizione

(...).

2. Su istanza del richiedente, il titolare di un marchio comunitario anteriore che abbia presentato opposizione deve addurre la prova che nel corso dei cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda di marchio comunitario, il marchio comunitario anteriore è stato seriamente utilizzato nella Comunità per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e sui quali si fonda l'opposizione (...). In mancanza di tale prova, l'opposizione è respinta. (...)

3. Il paragrafo 2 si applica ai marchi nazionali anteriori (...), fermo restando che l'utilizzazione nella Comunità è sostituita dall'utilizzazione nello Stato membro in cui il marchio nazionale anteriore è tutelato.

(...).

Articolo 73

Motivazione delle decisioni

(...) [Le decisioni dell'Ufficio] devono esser fondate esclusivamente su motivi in ordine ai quali le parti hanno potuto presentare le proprie deduzioni».

3.
    L'ottavo ‘considerando’ della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), come modificato, è così redatto:

«considerando che, per ridurre il numero totale dei marchi di impresa registrati e tutelati nella Comunità e di conseguenza il numero dei conflitti che possono insorgere a riguardo, occorre prescrivere che i marchi di impresa registrati vengano effettivamente usati a pena di decadenza (...)».

4.
    L'art. 10 della direttiva 89/104 è redatto come segue:

«Articolo 10

Uso del marchio di impresa

1. Se, entro cinque anni dalla data in cui si è chiusa la procedura di registrazione, il marchio di impresa non ha formato oggetto da parte del titolare di un uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, o se tale uso è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, il marchio di impresa è sottoposto alle sanzioni previste nella presente direttiva, salvo motivo legittimo per il mancato uso.

(...)».

Antefatti della lite

5.
    Il 28 maggio 1997 la ricorrente ha presentato una domanda di marchio comunitario, redatta in tedesco, all'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (in prosieguo: l'«Ufficio»), in forza del regolamento n. 40/94.

6.
    Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo «Silk Cocoon».

7.
    I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio rientrano nella classe 25 ai sensi dell'accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Articoli d'abbigliamento».

8.
    Il 20 luglio 1998 la domanda di marchio è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari.

9.
    Il 20 ottobre 1998 l'interveniente, che agiva con la sua precedente denominazione «La Redoute SA», ha presentato un'opposizione in forza dell'art. 42, n. 1, del regolamento n. 40/94. Tale opposizione si basa sull'esistenza, da un lato, di un marchio registrato in Francia il 21 febbraio 1989 e, dall'altro, di un marchio internazionale, registrato il 16 aprile 1984 e che beneficia della tutela per i paesi del Benelux, dell'Italia, di Monaco e della Svizzera. Tali marchi (in prosieguo: i «marchi precedenti») consistono nel segno denominativo «COCOON» e designano prodotti che rientrano nella classe 25 ai sensi dell'accordo di Nizza e che corrispondono alla seguente descrizione: «Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria». A sostegno della sua opposizione, l'interveniente ha addotto il motivo di impedimento relativo di cui all'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

10.
    Il 17 maggio 1999 la ricorrente ha chiesto che l'interveniente fornisca la prova, conformemente all'art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, che i marchi precedenti hanno costituito oggetto, nel corso dei cinque anni precedenti la pubblicazione della domanda di marchio comunitario, di un uso effettivo negli Stati membri nei quali tali marchi sono protetti. Con comunicazione 7 giugno 1999, la divisione d'opposizione dell'Ufficio (in prosieguo: la «divisione d'opposizione») ha invitato l'interveniente a fornire tale prova entro un termine di due mesi.

11.
    Il 6 agosto 1999 l'interveniente ha inviato all'Ufficio estratti di suoi cataloghi di vendita per corrispondenza degli anni 1997 e 1998. In tali cataloghi alcuni prodotti d'abbigliamento sono presentati col marchio COCOON.

12.
    Con lettera 26 ottobre 1999, indirizzata all'Ufficio, la ricorrente ha fatto valere che gli estratti di cataloghi presentati dall'interveniente non soddisfacevano quanto prescritto dall'art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94 e dalla regola 22, n. 2, del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 (GU L 303, pag. 1), in quanto essi non forniscono alcuna indicazione quanto al luogo, alla durata e alla rilevanza dell'uso che è stato fatto dei marchi precedenti.

13.
    Il 10 novembre 1999 l'interveniente ha informato l'Ufficio del fatto che la sua denominazione era ormai Redcats SA.

14.
    L'8 marzo 2000 l'interveniente ha comunicato, in una lettera indirizzata all'Ufficio, di essere considerata la principale impresa europea di vendita per corrispondenza. Inoltre ha dichiarato che il catalogo di cui ha presentato estratti è notoriamente conosciuto e distribuito con una tiratura di vari milioni di copie in vari paesi europei, tra cui la Francia e i paesi del Benelux. Infine, ha sostenuto che gli acquisti effettuati dai destinatari di tale catalogo ammontano a vari miliardi di franchi francesi.

15.
    Con comunicazione 30 marzo 2000, l'Ufficio ha trasmesso detta lettera al ricorrente. Tale comunicazione conteneva la seguente avvertenza:

«Please note that non further observations may be submitted».

(«Pregasi notare che nessuna osservazione supplementare può essere presentata»).

16.
    Con decisione 14 aprile 2000, la divisione di opposizione ha respinto l'opposizione, in forza dell'art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, in quanto l'interveniente non ha provato che i marchi precedenti hanno costituito oggetto di un uso effettivo ai sensi di tale disposizione. A questo proposito, ha considerato che dagli estratti di cataloghi presentati dall'interveniente si poteva dedurre che tali marchi erano destinati ad essere utilizzati in Francia e, eventualmente, in Belgio. Tuttavia, ha ritenuto che non fosse possibile, in base a dette prove, stabilire la rilevanza di tale uso.

17.
    Il 13 giugno 2000 l'interveniente ha proposto un ricorso dinanzi all'Ufficio, in forza dell'art. 59 del regolamento n. 40/94, contro la decisione della divisione di opposizione. L'atto recante i motivi del ricorso dell'interveniente, datato 14 agosto 2000, è redatto come segue:

«(...) La Redoute is a mail order catalogue so well known in several European countries that the opponent did not think it was necessary to submit information about this fact. (...) [T]he opponent submitted on 8 march 2000 abundant information about the La Redoute mail order catalogue, stating that several million copies thereof are distributed in many European countries, such as France, Belgium (...), and that the sales made as a consequence of mail orders sent by the persons receiving the catalogue amount to several milliards of French Francs. [“La Redoute è un catalogo di vendita per corrispondenza così noto in vari paesi europei che [l'interveniente] non riteneva necessario fornire informazioni relative a tale fatto. [L'interveniente] ha prodotto, l'8 marzo 2000, abbondanti informazioni sul catalogo di vendita per corrispondenza ‘La Redoute’, da cui emerge che vari milioni di copie di esso sono distribuite in molti paesi europei, quali la Francia, il Belgio (...), e che le vendite effettuate a seguito di ordini per corrispondenza ammontano a vari miliardi di franchi francesi”]».

18.
    In allegato a tale atto, l'interveniente ha presentato un estratto delle vendite dei prodotti «COCOON» figuranti nel suo catalogo che sono state effettuate in Francia, nel Regno Unito, in Belgio, nei Paesi Bassi, in Portogallo, in Germania, in Austria, in Svezia, in Spagna, nonché in Svizzera. Inoltre, ha prodotto una copia della versione inglese dei cataloghi primavera-estate 1997 e primavera-estate 1998.

19.
    Nel suo controricorso all'atto di cui sopra al punto 17, datato 23 ottobre 2000, la ricorrente ha dichiarato che le affermazioni dell'interveniente concernenti la diffusione del suo catalogo di vendita per corrispondenza nonché le nuove prove allegate a tale atto sono state presentate tardivamente.

20.
    Con decisione 25 aprile 2001 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), notificata al ricorrente il 5 giugno 2001, la terza commissione di ricorso dell'Ufficio ha annullato la decisione della divisione di opposizione. In sostanza, la commissione di ricorso ha considerato che, in generale, per uso serio, ai sensi dell'art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94, occorre intendere l'uso effettivo del marchio sul mercato atto a richiamare l'attenzione dei clienti potenziali su prodotti o servizi effettivamente proposti col detto marchio (punto 15 della decisione impugnata). Nella specie, quanto alla rilevanza dell'uso fatto dei marchi precedenti, la commissione di ricorso ha ritenuto che le prove prodotte dall'interveniente nonché le sue spiegazioni fossero sufficienti per provare il carattere effettivo di tale uso (punto 21 della decisione impugnata). Al riguardo, la commissione di ricorso ha osservato, in particolare, che l'interveniente ha dichiarato che essa stessa nonché il suo catalogo fruivano di una notorietà evidente nel settore della vendita per corrispondenza, che vari milioni di copie di detto catalogo sono distribuite in numerosi paesi europei, quali la Francia, e che la ricorrente non ha negato tali fatti (punti 22-24 della decisione impugnata). Di conseguenza, essa ha considerato che non era necessario prendere in considerazione le nuove prove presentate dall'interveniente nell'ambito del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso (punto 25 della decisione impugnata).

Procedimento e conclusioni delle parti

21.
    Con ricorso redatto in tedesco e depositato nella cancelleria del Tribunale il 30 luglio 2001, la ricorrente ha proposto il ricorso in esame.

22.
    Con lettera 11 settembre 2001, l'interveniente ha chiesto che l'inglese divenga la lingua processuale. Con lettera 1° ottobre 2001, la ricorrente si è opposto a tale domanda. Con decisione 24 ottobre 2001, il presidente della Seconda Sezione ha respinto la domanda.

23.
    L'Ufficio ha presentato il suo controricorso presso la cancelleria del Tribunale il 22 gennaio 2002. L'interveniente ha presentato il suo controricorso nella cancelleria del Tribunale il 10 gennaio 2001.

24.
    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione impugnata;

-    condannare l'Ufficio alle spese.

25.
    L'Ufficio e l'interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso;

-    condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

26.
    A sostegno del suo ricorso la ricorrente adduce tre motivi. Il primo motivo riguarda una violazione dell'art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94, in combinato disposto col n. 3 dello stesso articolo, quanto alla nozione di «uso effettivo». Il secondo motivo riguarda una violazione del diritto di essere sentiti. Per quanto attiene a quest'ultimo motivo, si deve rilevare che, contrariamente a quanto ha affermato all'udienza l'Ufficio, esso è stato sollevato - anche se implicitamente - nel ricorso. Peraltro, tale motivo è stato menzionato nella relazione d'udienza, che, quanto ad essa, non ha sollevato osservazioni da parte dell'Ufficio. Il terzo motivo attiene al fatto che la commissione di ricorso a torto avrebbe basato la sua decisione sul fatto che il catalogo di vendita «La Redoute» è ampiamente diffuso negli Stati membri francofoni, mentre tale fatto non sarebbe stato validamente menzionato nel corso del procedimento.

Sul motivo relativo ad una violazione dell'art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94, in combinato disposto col n. 3 dello stesso articolo

Argomenti delle parti

27.
    La ricorrente rimprovera alla commissione di ricorso di aver interpretato erratamente la nozione di «uso serio». Al riguardo sostiene che la commissione di ricorso ha equiparato a torto la nozione di «uso serio» a quella di «uso effettivo». Secondo la ricorrente, la nozione di «uso serio» deve essere messa in contrasto con quella di «uso fittizio», in quanto il limite fra queste due nozioni opposte è stabilito dalla rilevanza dell'uso.

28.
    Orbene, secondo la ricorrente, per valutare, nel caso di specie, l'uso serio di un marchio occorre tener conto del tipo di prodotti o di servizi di cui trattasi. Così, prodotti di grande consumo devono essere stati venduti in un gran numero, nel corso di un anno e nel paese nel quale il marchio è protetto, perché possa essere considerato serio l'uso di detto marchio.

29.
    A questo proposito, la ricorrente rimprovera alla commissione di ricorso di non aver precisato, per quanto concerne i prodotti di cui trattasi nella specie, vale a dire i prodotti di abbigliamento, l'importanza che deve rivestire l'uso di un marchio per essere considerato serio.

30.
    L'Ufficio sostiene che l'esigenza dell'uso del marchio mira a limitare conflitti tra i due marchi, purché non vi sia un legittimo motivo economico. A questo proposito, la mera funzione della nozione di uso effettivo è di consentire una distinzione rispetto a usi meramente fittizi, vale a dire forme di uso di un marchio dirette unicamente ad aggirare le sanzioni previste in caso di un suo mancato uso.

31.
    In generale, l'Ufficio precisa, riferendosi ad una pronuncia della Corte di giustizia Benelux 27 gennaio 1981 emessa nella causa «Winston» (Corte di giustizia Benelux, giurisprudenza 1980-81, pag. 34), che l'uso di un marchio dev'essere considerato effettivo quando, tenuto conto di quanto è usuale e commercialmente giustificato nel settore commerciale di cui trattasi, esso mira a creare o a conservare uno sbocco commerciale per i prodotti contrassegnati dal marchio e non mira al mero mantenimento del diritto al marchio.

32.
    Orbene, secondo l'Ufficio, le commissioni di ricorso hanno adottato una prassi coerente quanto all'interpretazione della nozione di «uso effettivo». In tale contesto, la nozione di «uso effettivo» riveste un'importanza del tutto particolare. A questo proposito, l'Ufficio cita una decisione emessa dalla seconda commissione di ricorso 27 settembre 2000, nel procedimento R 380/1999-2, Lindeboom/Lindener, in cui si precisa che «occorre distinguere l'uso serio dall'uso meramente simbolico. Esso implica un uso effettivo a fini commerciali dei prodotti o dei servizi di cui trattasi, per creare una plusvalenza contrariamente ad un uso artificiale unicamente destinato a mantenere il marchio iscritto nel registro».

33.
    Nella specie, l'Ufficio sostiene che il modo con cui la commissione di ricorso ha interpretato la nozione di «uso serio» è del tutto conforme al summenzionato criterio e che esso è, contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, privo di qualsiasi errore di diritto. Infatti, secondo l'Ufficio, la commissione di ricorso, lungi dall'equiparare tale nozione a quella di «uso effettivo», l'ha definita, al punto 15 della decisione impugnata, come «real use of the earlier mark on the market place, so as to draw the attention of potential consumers to the goods or services effectively offered under the mark» («l'uso effettivo del marchio precedente sul mercato, in modo da attirare clienti potenziali sui prodotti o servizi effettivamente proposti con detto marchio»).

34.
    In tale ambito, l'Ufficio afferma che è irrilevante il criterio suggerito dal ricorrente per tracciare il confine fra l'uso serio e l'uso fittizio, vale a dire la mera rilevanza dell'uso. Tuttavia, secondo l'Ufficio, indicazioni e prove relative alla rilevanza dell'uso sono necessarie per valutare, in un caso di specie, il carattere serio dell'uso stesso.

35.
    L'interveniente non formula alcuna argomentazione specifica al riguardo.

Giudizio del Tribunale

36.
    Al fine di interpretare la nozione di «uso effettivo» di cui all'art. 43, n. 2, del regolamento n. 40/94, nonché all'art. 15, n. 1, dello stesso regolamento, occorre procedere anzitutto ad un'analisi comparativa delle varie versioni linguistiche delle dette disposizioni. Al riguardo, si deve rilevare che le versioni tedesca («ernsthafte Benutzung»), francese («usage sérieux»), italiana («seriamente utilizzata») e portoghese («utilizaçao séria») menzionano l'esigenza di un uso serio. La versione inglese («genuine use») si pone nella stessa direzione. Per contro, la versione spagnola usa l'espressione «uso effettivo» («uso efectivo»), il che corrisponde peraltro al testo del nono ‘considerando’ del regolamento n. 40/94 nelle sue versioni tedesca, inglese, spagnola, francese e italiana. Infine, la versione olandese («normaal gebruik») pone l'accento su un aspetto un po' diverso, vale a dire sull'esigenza di un uso normale.

37.
    Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non è possibile mettere in contrasto la nozione di «uso serio» con quella di «uso effettivo». Occorre invece definire la nozione di «uso serio» tenendo conto delle varie versioni linguistiche, da un lato, degli artt. 15, n. 1, e 43, n. 2, del regolamento n. 40/94, e dall'altro, del nono ‘considerando’ dello stesso regolamento.

38.
    Inoltre, occorre rilevare che, come ha giustamente affermato nel suo controricorso l'Ufficio, la ratio legis del fatto che occorra che il marchio precedente deve essere stato oggetto di un uso serio per essere opponibile ad una domanda di marchio comunitario consiste nel limitare conflitti fra due marchi, purché non vi sia un legittimo motivo economico derivante da una funzione effettiva del marchio sul mercato. Tale interpretazione è corroborata dall'ottavo ‘considerando’ della direttiva 89/104 che si riferisce espressamente a tale obiettivo.

39.
    Pertanto, si deve considerare che il requisito relativo all'uso effettivo del marchio richiede che questo, quale è tutelato nel territorio pertinente, sia usato pubblicamente e verso l'esterno, per garantire uno sbocco commerciale ai prodotti o ai servizi che esso rappresenta (v., in tal senso, conclusioni dell'avv. generale Ruiz-Jarabo Colomer, causa C-40/01, Ansul, Racc. 2003, pag. I-2441, paragrafo 58).

40.
    Peraltro, è emerso all'udienza che la ricorrente non contesta tale interpretazione.

41.
    Orbene, nella specie, la commissione di ricorso ha basato la sua valutazione su un'interpretazione corretta della nozione di «uso serio». Infatti, al punto 15 della decisione impugnata, essa ha definito tale nozione come «l'uso effettivo del marchio precedente sul mercato, in modo da attirare clienti potenziali sui prodotti o servizi effettivamente proposti con detto marchio».

42.
    Pertanto, occorre respingere il primo motivo.

Sul motivo relativo ad una violazione del diritto di essere sentiti

Argomenti delle parti

43.
    La ricorrente addebita alla commissione di ricorso di aver oltrepassato le sue competenze in quanto essa, sorprendentemente, ha basato la sua decisione, in parte, sulla propria conoscenza di taluni elementi di fatto senza che questi fossero stati menzionati dall'interveniente nell'ambito del procedimento di assunzione della prova, che, a tenore della regola 22 del regolamento n. 2868/95, è organizzato secondo il principio del contraddittorio. Peraltro, la ricorrente afferma di non aver avuto conoscenza di tali elementi di fatto.

44.
    L'Ufficio sostiene che, nella specie, la commissione di ricorso ha legittimamente potuto basare la sua decisione sul fatto generalmente noto che il catalogo dell'interveniente è ampiamente diffuso, nonché sul fatto che l'interveniente è una delle più grandi imprese di vendita per corrispondenza in Europa.

45.
    L'interveniente sottolinea il fatto che la ricorrente aveva avuto conoscenza, sin dall'inizio del procedimento di opposizione, degli estratti dei cataloghi di vendita per corrispondenza da essa presentati.

Giudizio del Tribunale

46.
    Ai sensi dell'art. 73, seconda frase, del regolamento n. 40/94, le decisioni dell'Ufficio devono essere fondate esclusivamente su motivi in ordine ai quali le parti hanno potuto presentare le proprie deduzioni.

47.
    Nella specie, come emerge dai punti 22-24 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha basato la sua decisione sul fatto che il catalogo di vendita dell'interveniente è ampiamente diffuso, con la denominazione «La Redoute», negli Stati membri francofoni (in prosieguo: il «fatto controverso»). Infatti, tale fatto serve a dimostrare l'idoneità degli estratti di catalogo prodotti dall'interveniente a provare il luogo e l'estensione di tale uso.

48.
    Inoltre, dal fascicolo emerge che l'interveniente ha invocato il fatto controverso per la prima volta nella sua lettera 8 marzo 2000, vale a dire dopo la scadenza del termine impartitogli dall'Ufficio per farlo. Al riguardo, occorre constatare che, con la sua comunicazione 30 marzo 2000, l'Ufficio ha espressamente invitato la ricorrente ad astenersi dal prendere posizione sul fatto controverso. Pertanto, in tale fase del procedimento, la ricorrente ha legittimamente potuto considerare che tale fatto non sarebbe stato considerato dall'Ufficio.

49.
    Tuttavia, nell'atto in cui vengono esposti i motivi del suo ricorso, in data 14 agosto 2000, l'interveniente ha addotto nuovamente il fatto controverso. Pertanto, la ricorrente aveva la possibilità di pronunciarsi su tale fatto nel corso del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, il che non ha fatto. Infatti, si è limitato, nell'atto 23 ottobre 2000, ad affermare che l'interveniente aveva invocato tardivamente il fatto controverso, senza per questo formulare, neanche in via sussidiaria, osservazioni nel merito.

50.
    Tuttavia, si deve rilevare che il fatto controverso non era stato preso in considerazione nella decisione della divisione di opposizione.

51.
    Orbene, per quanto attiene a tale situazione, l'equità procedurale nonché il principio generale della tutela del legittimo affidamento richiedono di interpretare l'art. 73, seconda frase, del regolamento n. 40/94 nel senso che la commissione di ricorso è tenuta ad indicare previamente alla parte interessata la sua intenzione di considerare il fatto in questione, affinché tale parte sia in grado di valutare l'eventuale utilità di presentare osservazioni nel merito relative allo stesso fatto.

52.
    Nella specie, la commissione di ricorso ha omesso di indicare previamente al ricorrente la sua intenzione di considerare il fatto controverso. Pertanto, si deve accogliere il secondo motivo.

53.
    Di conseguenza, non è necessario statuire sulla questione se, malgrado la tardiva invocazione del fatto controverso, la commissione di ricorso avesse tuttavia il diritto, in forza dell'art. 74, n. 2, del regolamento n. 40/94 e indipendentemente dalla questione dell'osservanza del diritto di essere sentiti, di basare la sua decisione su tale fatto, il che la ricorrente contesta col terzo motivo. Del pari, non è necessario statuire sulla ricevibilità della censura, sollevata dal ricorrente all'udienza e relativa al fatto che a torto la commissione di ricorso avrebbe considerato il fatto controverso come provato, in quanto notorio.

54.
    Ne consegue che si deve annullare la decisione impugnata.

Sulle spese

55.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. L'Ufficio, atteso che è rimasto soccombente e che la ricorrente ne ha chiesto la condanna alle spese, dev'essere condannato a sopportare le spese sostenute dal ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    La decisione 25 aprile 2001 della terza commissione di ricorso dell'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (procedimento R 641/2000-3) è annullata.

2)    L'Ufficio è condannato alle spese.

Moura Ramos
Pirrung
Meij

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 marzo 2003.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

R. M. Moura Ramos


1: Lingua processuale: il tedesco.