Language of document : ECLI:EU:T:2018:775

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

13 novembre 2018 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Procedimento di dichiarazione di nullità – Marchio dell’Unione europea denominativo CAMOMILLA – Marchio nazionale figurativo anteriore CAMOMILLA – Rigetto parziale della domanda di dichiarazione di nullità – Impedimento alla registrazione relativo – Rischio di confusione – Uso effettivo del marchio anteriore – Prove – Ricorso incidentale – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuti articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e articolo 60, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) 2017/1001] – Articolo 57, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 64, paragrafi 2 e 3, del regolamento 2017/1001)»

Nella causa T‑44/17,

Camomilla Srl, con sede in Buccinasco (Italia), rappresentata da M. Mussi e H. Chiappetta, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da L. Rampini e J. Crespo Carrillo, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO e interveniente dinanzi al Tribunale:

CMT Compagnia manifatture tessili Srl (CMT), con sede in Napoli (Italia), rappresentata da M. Franzosi, V. Jandoli, A. Stein e G. Rubino, avvocati,

avente ad oggetto un ricorso contro la decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO, del 21 novembre 2016 (procedimento R 2250/2015-5), relativa a un procedimento di dichiarazione di nullità tra la CMT e la Camomilla,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da I. Pelikánová, presidente, V. Valančius e U. Öberg (relatore), giudici,

cancelliere: X. Lopez Bancalari, amministratore

visto il ricorso depositato pressso la cancelleria del Tribunale il 23 gennaio 2017,

visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 maggio 2017,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 maggio 2017

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 maggio 2017

visto il controricorso della ricorrente al ricorso incidentale depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 luglio 2017,

visto il controricorso dell’EUIPO al ricorso incidentale depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 agosto 2017,

visti i quesiti scritti del Tribunale alle parti e le loro risposte a tali quesiti depositati presso la cancelleria del Tribunale l’11 e il 14 maggio 2018,

in seguito all’udienza del 19 giugno 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

A.      Fatti antecedenti alla presentazione del ricorso

1        Il 21 luglio 2008 la ricorrente, Camomilla Srl, presentava una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il segno denominativo CAMOMILLA.

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano, segnatamente, nelle classi 9, 14, 18 e 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come rivisto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 9: «Occhiali, loro parti ed accessori quali catenelle, porta-occhiali; porta-cellulari; caschi di protezione; caschi per motociclisti; macchine calcolatrici; CD; DVD; supporti di registrazione magnetica e/o ottica; apparecchi e strumenti di insegnamento; computer hardware e software»;

–        classe 14: «Articoli di gioielleria e di bigiotteria composti da materiali preziosi e non; gemelli e fermacravatte; gioielli e loro imitazioni; orologeria; parti e accessori»;

–        classe 18: «Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria; ombrelloni; ombrelloni da spiaggia; zaini; astucci per chiavi (pelletteria); porta-documenti; portafogli, portamonete non in metalli preziosi; borse; bauletti destinati a contenere articoli da toilette; astucci, trousse»;

–        Classe 25: «Articoli di abbigliamento; calzature; cappelleria; guanti; stole; coprispalle; accappatoi».

4        Il 9 settembre 2009, il marchio denominativo CAMOMILLA è stato registrato in quanto marchio dell’Unione europea, con il numero 7077555, per i prodotti di cui al precedente punto 3.

5        Il 17 dicembre 2009 l’interveniente, CMT Compagnia manifatture tessili Srl (CMT), presentava una domanda di dichiarazione di nullità del marchio CAMOMILLA, relativamente a tutti i prodotti indicati nel precedente punto 3.

6        I motivi di nullità invocati a sostegno di tale domanda si fondavano sulle cause di nullità assoluta di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 59, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001] e sulle cause di nullità relativa di cui all’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 60, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001], in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento 2017/1001] e l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001].

7        La domanda di nullità si fondava, quanto alle cause di nullità relativa, sul marchio figurativo italiano anteriore, di seguito riprodotto:

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8        Il marchio anteriore era stato depositato il 17 aprile 1978 e registrato il 24 febbraio 1986 con il numero 407266, per designare prodotti della classe 25 e corrispondenti alla seguente descrizione: «Abbigliamento e accessori per l’abbigliamento in tutte le [loro] forme».

9        Con una decisione del 28 luglio 2011 la divisione di annullamento respingeva la domanda di dichiarazione di nullità, ritenendo che l’interveniente non avesse fornito la prova dell’uso del marchio anteriore, che non sussistesse alcun rischio di confusione e che non fossero state provate né la notorietà del marchio nazionale anteriore né la malafede della ricorrente al momento del deposito.

10      Il 5 agosto 2011 l’interveniente presentava all’EUIPO un ricorso avverso la decisione della divisione di annullamento, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009 (divenuti articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001).

11      Con decisione del 29 novembre 2012, la prima commissione di ricorso dell’EUIPO respingeva il ricorso. Essa riteneva anzitutto che, in ordine alla causa di nullità fondata sulla malafede della ricorrente, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, i motivi esposti dall’interveniente fossero insufficienti e fondati su circostanze inesistenti. In secondo luogo, con riferimento all’uso del marchio anteriore, essa ha considerato, da una lato, che determinati documenti depositati dall’interveniente non fossero sufficienti a fornire la prova d’uso di tale marchio, conformemente all’articolo 57 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 64 del regolamento 2017/1001) e, dall’altro, che determinati documenti prodotti per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso fossero irricevibili.

12      Alla luce di tali circostanze, la commissione di ricorso riteneva che, tenuto conto dell’insufficienza delle prove dell’uso del marchio anteriore, la domanda di nullità basata sui motivi di nullità relativa dovesse essere respinta.

13      Il 20 febbraio 2013 l’interveniente proponeva ricorso dinanzi al Tribunale, chiedendo l’annullamento della decisione della commissione di ricorso del 29 novembre 2012.

14      Con sentenza del 9 luglio 2015, CMT/UAMI – Camomilla (CAMOMILLA) (T‑100/13, non pubblicata, EU:T:2015:481), il Tribunale annullava la decisione della commissione di ricorso del 29 novembre 2012.

15      Il Tribunale statuiva, in particolare, che gli elementi di prova presentati entro i termini stabiliti ed esaminati dalla commissione di ricorso erano insufficienti a provare l’uso effettivo del marchio anteriore. Il Tribunale dichiarava inoltre che le prove tardivamente prodotte per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso, a complemento degli elementi di prova inizialmente prodotti erano pertinenti e pertanto la commissione di ricorso, considerando irricevibili tali elementi, non aveva fatto un uso appropriato del potere discrezionale conferitole. Di conseguenza, il Tribunale annullava la decisione della commissione di ricorso.

16      Con decisione del 21 novembre 2016, la quinta commissione di ricorso adottava una nuova decisione ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 6, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 72, paragrafo 6, del regolamento 2017/1001) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

17      Con la decisione impugnata, la commissione di ricorso accoglieva parzialmente la domanda dell’interveniente e annullava la decisione della divisione di annullamento, dichiarando, da un lato, che il marchio anteriore era stato utilizzato in Italia per designare articoli e accessori per l’abbigliamento e calzature, tutti appartenenti alla classe 25, e, dall’altro, che esisteva un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in relazione ai seguenti prodotti:

–        classe 18: «Articoli in queste materie [cuoio e sue imitazioni] non compresi in altre classi; zaini; astucci per chiavi (pelletteria); portadocumenti; portafogli, portamonete non in metallo prezioso, borse; bauletti destinati a contenere articoli di toilette; astucci; trousses»;

–        classe 25: «Articoli di abbigliamento; calzature; cappelleria; guanti; stole; coprispalle; accappatoi».

18      Per quanto riguarda il motivo vertente sull’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, la commissione di ricorso ha considerato non provata la notorietà del marchio anteriore.

B.      Fatti posteriori alla presentazione del ricorso

19      A seguito di una domanda di decadenza del marchio controverso, formulata dall’interveniente argomentando che detto marchio non era stato oggetto di un uso effettivo, la divisione di annullamento, con decisione del 29 ottobre 2015, accoglieva parzialmente tale domanda.

20      A seguito di un ricorso presentato dall’interveniente, la commissione di ricorso, con decisione del 20 febbraio 2017 (procedimento R 2604/2015-5), accoglieva parzialmente la domanda di decadenza, ma constatava che il marchio controverso era ancora registrato, in particolare, per i seguenti prodotti:

–        classe 9: «Accessori per occhiali, quali porta-occhiali; porta-cellulari; caschi per motociclisti»;

–        classe 14: «Articoli di bigiotteria; imitazioni di gioielli»;

–        classe 18: «Valigie; ombrelli; zaini; astucci per chiavi (pelletteria); portadocumenti; portafogli; portamonete non in metallo prezioso; borse; bauletti destinati a contenere articoli di toilette; astucci; trousses»;

–        classe 25: «Calzature; cappelleria; accappatoi».

II.    Conclusioni delle parti

21      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale, riformare la decisione impugnata nel senso di rigettare integralmente la domanda di dichiarazione di nullità proposta dall’interveniente;

–        in subordine, riformare la decisione impugnata nel senso di respingere integralmente la domanda di dichiarazione di nullità per i seguenti prodotti:

–        classe 18: «Zaini; astucci per chiavi (pelletteria); portadocumenti; portafogli; portamonete non in metallo prezioso; borse; bauletti destinati a contenere articoli di toilette; astucci; trousse»;

–        classe 25: «Calzature; cappelleria; accappatoi»;

–        in ulteriore subordine, annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EUIPO alle spese relative al presente ricorso e l’interveniente alle spese relative al procedimento dinanzi alla commissione di ricorso.

22      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        rigettare il ricorso principale;

–        riformare la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto che non vi è similitudine, complementarietà o concorrenza tra, da un lato, determinati prodotti delle classi 9 (accessori per occhiali quali porta-occhiali, porta-cellulari e caschi per motociclisti), 14 (articoli di bigiotteria; imitazioni di gioielli) e 18 (valigie; ombrelli) designati dal marchio controverso e, dall’altro lato, i prodotti di cui alla classe 25 contrassegnati dal marchio anteriore;

–        condannare la ricorrente alle spese relative al ricorso principale e l’EUIPO alle spese relative al ricorso incidentale.

23      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso principale e il ricorso incidentale;

–        condannare la ricorrente alle spese relative al ricorso principale e l’interveniente alle spese relative al ricorso incidentale.

III. In diritto

A.      Sul ricorso

1.      Sulla ricevibilità

24      L’interveniente, senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’articolo 130 del regolamento di procedura del Tribunale, eccepisce l’irricevibilità del ricorso. Essa sostiene, fondamentalmente, che la valutazione dell’EUIPO in ordine all’uso effettivo del marchio anteriore e all’esistenza di un rischio di confusione non può essere sottoposta al controllo giurisdizionale da parte del Tribunale.

25      Innanzitutto, il Tribunale afferma che l’interveniente non ha spiegato su quale base giuridica il presente ricorso sarebbe irricevibile.

26      Inoltre, un ricorso proposto dinanzi al Tribunale in forza dell’articolo 65, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 72, paragrafo 2, del regolamento n. 2017/1001) mira al controllo della legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso. Conformemente all’articolo 65, paragrafo 4, di tale regolamento (divenuto articolo 72, paragrafo 4, del regolamento 2017/1001), il ricorso può essere proposto da una qualsiasi delle parti nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, se nella propria decisione questa non ne ha accolto le richieste.

27      Nel caso di specie, la ricorrente vuole ottenere l’annullamento della decisione impugnata, in quanto la commissione di ricorso ha parzialmente accolto la domanda di dichiarazione di nullità del marchio contestato per alcuni prodotti a causa di un rischio di confusione nella mente del pubblico di riferimento. La ricorrente ha pertanto interesse a chiedere l’annullamento della decisione impugnata.

28      Ne consegue che la domanda della ricorrente diretta ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata è ricevibile, circostanza che implica il rigetto dell’eccezione di irricevibilità sollevata dall’interveniente.

2.      Nel merito

29      La ricorrente deduce, nel merito, quattro motivi, vertenti, il primo su una violazione dell’articolo 75 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 94 del regolamento 2017/1001), il secondo, su una violazione dell’articolo 76, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 95, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001), il terzo, su una violazione dell’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del suddetto regolamento, e, il quarto, su una violazione dell’articolo 57, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 64, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001), in combinato disposto con l’articolo 57, paragrafo 2, di tale regolamento (divenuto articolo 64, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001).

30      A sostegno del suo ricorso incidentale, l’interveniente deduce un unico motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento.

a)      Sul primo e secondo motivo, relativi alla violazione, rispettivamente, dell’articolo 75 e dell’articolo 76, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009

31      La ricorrente sostiene che, con la decisione impugnata, la commissione di ricorso ha violato l’articolo 75 del regolamento n. 207/2009. Inoltre, la ricorrente aggiunge che la commissione di ricorso ha violato l’articolo 76, paragrafo 1, di tale regolamento, nella misura in cui non ha esaminato correttamente i fatti quali risultavano dalla documentazione prodotta dall’interveniente in relazione all’uso effettivo del marchio anteriore.

32      Per quanto riguarda l’asserita violazione dell’articolo 76, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, che dispone che «in procedure concernenti impedimenti relativi alla registrazione, l’esame [dell’EUIPO] si limita agli argomenti addotti e alle richieste presentate dalle parti», si deve rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, tale disposizione riguarda, in particolare, la base fattuale delle decisioni dell’EUIPO, vale a dire i fatti e le prove su cui tali decisioni possono essere validamente fondate.

33      Così, nel pronunciarsi su un ricorso contro una decisione che conclude un procedimento di opposizione, la commissione di ricorso può fondare la propria decisione solo sulle prove e sui fatti presentati dalle parti. Tuttavia, la limitazione della base fattuale dell’esame effettuato dalla commissione di ricorso non esclude che questa prenda in considerazione fatti notori, ossia fatti conoscibili da qualsiasi persona o che possono essere conosciuti tramite mezzi generalmente accessibili [sentenze del 22 giugno 2004, Ruiz-Picasso e a./UAMI – DaimlerChrysler (PICARO), T‑185/02, EU:T:2004:189, punti 28 e 29, e del 21 settembre 2017, The Logistical Approach/EUIPO – Idea Groupe (Idealogistic), T‑620/16, non pubblicata, EU:T:2017:635, punto 19].

34      Occorre rilevare che la ricorrente, con i suoi argomenti sviluppati nell’ambito del primo e secondo motivo, non sostiene che la decisione impugnata non sarebbe motivata o che la commissione di ricorso avrebbe preso in considerazione prove o fatti diversi da quelli prodotti dalle parti. Essa contesta in realtà le valutazioni di merito che la commissione di ricorso ha tratto dalle medesime prove e fatti, in particolare per quanto riguarda l’uso effettivo del marchio anteriore e l’esistenza di un rischio di confusione. Tali argomenti devono quindi essere esaminati nell’ambito del terzo e quarto motivo dedotti dalla ricorrente, che sono specificamente diretti avverso tali valutazioni.

b)      Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 57, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con il paragrafo 2 del medesimo articolo

35      La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha formulato conclusioni errate quando ha ritenuto che l’interveniente avesse fornito la prova dell’utilizzo effettivo del marchio anteriore per una parte dei prodotti designati.

36      Secondo la ricorrente, l’insieme della documentazione prodotta dall’interveniente non fornisce alcuna prova dell’uso del marchio anteriore quanto al luogo, alla durata e all’intensità dell’uso stesso. A sostegno del proprio argomento, la ricorrente esamina ognuno dei documenti prodotti dall’interveniente e sostiene, tra l’altro che l’interveniente avrebbe commercializzato capi di abbigliamento con marchi diversi da quello anteriore. La ricorrente asserisce che è soltanto attraverso il ricorso a «deduzioni logiche» e per mezzo di presunzioni o ragionamenti probabilistici che è stato possibile concludere che il marchio anteriore dell’interveniente sarebbe stato usato per la commercializzazione dei prodotti di cui trattasi nel periodo rilevante.

37      La ricorrente sostiene che le prove prodotte tardivamente, ammesse dal Tribunale con la sua sentenza del 9 luglio 2015, CAMOMILLA, (T‑100/13, non pubblicata, EU:T:2015:481) e prese in considerazione dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata, sarebbero insufficienti, al pari delle prove precedentemente prodotte dinanzi alla divisione di annullamento, al fine di dimostrare l’uso effettivo del marchio anteriore.

38      Nel caso di specie, la domanda di registrazione del marchio contestato è stata pubblicata l’11 maggio 2009 e la domanda di nullità di tale marchio è stata depositata il 17 dicembre 2009.

39      Emerge dall’articolo 57, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 42, paragrafi 2 e 3, del medesimo regolamento (divenuto articolo 47, paragrafi 2 e 3, del regolamento 2017/1001), che i periodi da prendere in considerazione nel caso di specie per dimostrare l’esistenza di un uso effettivo del marchio anteriore sono, da un lato, il periodo dall’11 maggio 2004 al 10 maggio 2009 e, dall’altro, il periodo dal 17 dicembre 2004 al 16 dicembre 2009 (in prosieguo: i «periodi di riferimento»).

40      Il quarto motivo si divide, in sostanza, in due addebiti.

1)      Sul primo addebito, vertente sull’uso del marchio anteriore in una forma che si differenzia da quella con la quale è stato registrato

41      A tale riguardo, la ricorrente fa valere, in particolare, che i documenti prodotti dall’interveniente non riguardano il marchio anteriore e, in ogni caso, che essi consentono di dimostrare un’alterazione del carattere distintivo di tale marchio nella forma con la quale esso è stato registrato.

42      Dal considerando 10 del regolamento n. 207/2009, (divenuto considerando 24 del regolamento 2017/1001) risulta che il legislatore ha ritenuto che la tutela di un marchio anteriore fosse giustificata soltanto nella misura in cui quest’ultimo fosse effettivamente utilizzato.

43      Secondo costante giurisprudenza, un marchio è oggetto di un uso effettivo allorché assolve alla sua funzione essenziale, che consiste nel garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, al fine di trovare o di mantenere per essi uno sbocco, ad esclusione degli usi simbolici che sono tesi soltanto a conservare i diritti conferiti dal marchio. Inoltre, la condizione relativa all’uso effettivo del marchio esige che questo, come tutelato nel territorio pertinente, venga utilizzato pubblicamente e verso l’esterno [v. sentenza del 16 giugno 2015, Polytetra/UAMI – EI du Pont de Nemours (POLYTETRAFLON), T‑660/11, EU:T:2015:387, punto 45 e giurisprudenza ivi citata].

44      Occorre rammentare che, secondo l’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001], la prova dell’uso effettivo del marchio comprende parimenti la prova dell’utilizzazione dello stesso in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio nella forma in cui esso è stato registrato.

45      La constatazione di un’alterazione del carattere distintivo del marchio registrato richiede un esame del carattere distintivo e dominante degli elementi aggiunti alla luce delle qualità intrinseche di ognuno di tali elementi nonché della posizione relativa dei diversi elementi nella configurazione del marchio [v. sentenza del 12 marzo 2014, Borrajo Canelo/UAMI – Tecnoazúcar (PALMA MULATA), T‑381/12, non pubblicata, EU:T:2014:119, punto 30 e giurisprudenza ivi citata].

46      Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che la forma figurativa del marchio anteriore, rappresentata al punto 7 supra, è presente nel catalogo e nelle fotografie prodotte in particolare come segue:

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47      Come è stato constatato ai punti da 37 a 39 della decisione impugnata, il marchio anteriore si presenta in forme che includono la denominazione verbale «camomilla» come elemento dominante. Tale elemento denominativo è accompagnato da elementi figurativi o denominativi, quali «italia» o «moda donna», che non incidono sul carattere distintivo della denominazione «camomilla» nella forma con la quale è stata registrata.

48      Pertanto, non si deve rimettere in causa l’uso del marchio anteriore sulla base del rilievo che esso è stato utilizzato in combinazione con altri elementi figurativi o denominativi.

49      Il primo addebito deve essere quindi respinto in quanto infondato.

2)      Sul secondo addebito, vertente sull’insufficienza delle prove prodotte dall’interveniente per dimostrare l’uso effettivo del marchio anteriore

50      La ricorrente sostiene, in sostanza, che gli elementi di prova prodotti dall’interveniente non sarebbero sufficienti per dimostrare l’uso effettivo del marchio anteriore laddove mancano alcune informazioni relative al luogo, al periodo, all’importanza e alla natura dell’uso del marchio. Allo stesso modo, essa rimette in causa il valore probatorio di altri documenti prodotti dall’interveniente, in quanto essi non riguarderebbero sempre i periodi pertinenti.

51      In via preliminare, si deve rammentare che, conformemente alla regola 22, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, del 13 dicembre 1995, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario (GU 1995, L 303, pag. 1) [divenuto articolo 10, paragrafo 3, del regolamento delegato (UE) 2017/1430 della Commissione, del 18 maggio 2017, che integra il regolamento n. 207/2009 e abroga i regolamenti n. 2868/95 e (CE) n. 216/96 (GU 2017, L 205, pag.1)], la prova dell’uso del marchio deve comprendere elementi che riguardano il luogo, la durata, l’importanza e la natura dell’uso del marchio che è stato fatto per i prodotti e i servizi per i quali è stato registrato e sui quali si fonda l’opposizione. In forza della regola 22, paragrafo 4, di tale regolamento (divenuto articolo 10, paragrafo 4, del regolamento delegato 2017/1430), le prove dell’uso consistono, in linea di principio, nella presentazione di documenti e campioni, come imballaggi, etichette, listini di prezzi, cataloghi, fatture, fotografie, inserzioni su giornali e dichiarazioni scritte.

52      Del resto, la regola 22 del regolamento n. 2868/95 non prevede affatto, contrariamente all’approccio seguito dalla ricorrente, che ogni elemento di prova debba necessariamente contenere, allo stesso tempo, informazioni su ciascuno dei quattro elementi su cui deve vertere la prova dell’uso effettivo, ossia il luogo, la durata, la natura e la rilevanza dell’uso [sentenza del 16 novembre 2011, Buffalo Milke Automotive Polishing Products/UAMI – Werner & Mertz (BUFFALO MILKE Automotive Polishing Products), T‑308/06, EU:T:2011:675, punto 61].

53      Al contrario, si devono prendere in considerazione, nell’ambito della verifica dell’uso effettivo del marchio, tutti i fatti e le circostanze che possono provare la realtà del suo sfruttamento commerciale (v. sentenza del 16 novembre 2011, BUFFALO MILKE Automotive Polishing Products, T‑308/06, EU:T:2011:675, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

54      Gli elementi di prova apportati al fine di dimostrare l’uso effettivo di un marchio possono basarsi su alcune parti del periodo di riferimento [v. sentenza del 18 luglio 2017, Savant Systems/EUIPO – Savant Group (SAVANT), T‑110/16, non pubblicata, EU:T:2017:521, punto 44 e giurisprudenza ivi citata]. Inoltre, la valutazione dell’uso effettivo nel corso del periodo di riferimento può, in taluni casi, tener conto di eventuali circostanze posteriori a tale presentazione. Simili circostanze possono consentire di confermare o di apprezzare meglio la portata dell’uso del marchio nel corso del periodo di riferimento, nonché le reali intenzioni del titolare nel corso dello stesso periodo (ordinanza del 27 gennaio 2004, La Mer Technology, C‑259/02, EU:C:2004:50, punto 31).

55      Alla luce di tali considerazioni si deve esaminare se la commissione di ricorso ha correttamente stimato che l’interveniente aveva provato l’uso effettivo del marchio anteriore per i prodotti, specificati al punto 8 sopra, di cui alla classe 25 e che corrispondono a «abbigliamento» e «accessori per l’abbigliamento in tutte le [loro] forme».

56      Nel caso di specie, occorre sottolineare che, per quanto riguarda le prove prodotte dall’interveniente, il Tribunale ha constatato, ai punti 62 e 63 della sentenza del 9 luglio 2015, CAMOMILLA (T‑100/13, non pubblicata, EU:T:2015:481), al pari della commissione di ricorso, al punto 31 della decisione impugnata, che i documenti prodotti dall’interveniente dinanzi alla divisione di annullamento fossero insufficienti a provare l’uso effettivo del marchio anteriore.

57      Pertanto, come statuito al punto 65 della sentenza del 9 luglio 2015, CAMOMILLA (T‑100/13, non pubblicata, EU:T:2015:481), la documentazione prodotta dalla ricorrente non contiene prove del modo in cui il marchio anteriore era concretamente utilizzato per i prodotti rivendicati dalla registrazione, né fatture o informazioni sul fatturato delle vendite realizzate per i prodotti contraddistinti dal suddetto marchio.

58      Pertanto, occorre determinare, ancora, se i documenti prodotti dall’interveniente dinanzi alla commissione di ricorso possono rimediare ai difetti constatati quanto alla prova dell’uso del marchio anteriore.

59      A tale riguardo, si deve osservare che tali documenti consistono in articoli di stampa, inserzioni pubblicitarie, cataloghi, materiale relativo alla «Camomilla Card», materiale relativo a sponsorizzazioni, una dichiarazione dell’interveniente relativa alla propria natura di società monomarca, un prospetto delle spese pubblicitarie dal 1998 al 2009 e relative pagine di bilancio, l’elenco dei punti vendita diretti e in franchising con indicazione delle date di apertura (dal 1975), fatture di acquisto (dal 1998 al 2003), un prospetto del numero di capi venduti sotto il marchio anteriore dal 1993 ad oggi nonché dichiarazioni di alcuni punti vendita diretti e di alcuni franchisee.

60      Per quanto riguarda i criteri relativi al luogo dell’uso del marchio anteriore, occorre considerare, come emerge al punto 33 della decisione impugnata, che essi sono soddisfatti dalla documentazione prodotta dall’interveniente.

61      Infatti, l’elenco dei punti vendita prodotto dall’interveniente e le dichiarazioni dei clienti hanno consentito di considerare che il marchio anteriore era particolarmente presente nel sud dell’Italia e che, inoltre, era stato commercializzato, benché in modo più limitato, in altri negozi e in punti vendita in franchising sparsi sul territorio nazionale. Pertanto, l’argomento della ricorrente secondo il quale il marchio anteriore sarebbe stato commercializzato solo localmente deve essere respinto.

62      In relazione alla natura dell’uso del marchio, occorre osservare, per esempio, che nel catalogo prodotto dall’interveniente e relativo alla collezione primavera/estate 2004 appare un paio di scarpe la cui etichetta presenta la menzione «CAMOMILLA», e che nella rivista Camomilla Magazine dei mesi di marzo e settembre 2006 appare una camicetta con l’etichetta «CAMOMILLA». Le riviste di moda fornite dall’interveniente fanno riferimento alla «linea Camomilla» per contraddistinguere indumenti ed oggetti d’abbigliamento femminili. Inoltre, negli annunci fatti durante il periodo di riferimento prodotti dall’interveniente, il marchio anteriore appariva in forme che includono la denominazione «camomilla» come elemento dominante.

63      Pertanto, da quanto precede emerge che l’interveniente ha dimostrato, nella misura necessaria, che il marchio anteriore era effettivamente stato proposto al pubblico per la commercializzazione di capi di abbigliamento, calzature ed accessori per abbigliamento femminile durante il periodo di riferimento.

64      Per quanto riguarda la durata e la rilevanza dell’uso del marchio anteriore, occorre rammentare che la prova dell’uso non è diretta a valutare il successo commerciale né a controllare la strategia economica di un’impresa, né a riservare la tutela dei marchi solamente a loro sfruttamenti commerciali rilevanti sotto il profilo quantitativo [v. sentenza del 27 settembre 2007, La Mer Technology/UAMI – Laboratoires Goëmar (LA MER), T‑418/03, non pubblicata, EU:T:2007:299, punto 53 e giurisprudenza ivi citata].

65      Tuttavia, emerge dal prospetto del volume d’affari prodotto dall’interveniente che, tra il 2004 e il 2009, essa ha realizzato un fatturato annuale di più di EUR 10 milioni.

66      Le cifre menzionate nelle fatture prodotte dall’interveniente sono pari, a titolo di esempio, a EUR 4 193,40 e 4 752,12 nel 2004, a EUR 17 642,84 e 4 368,36 nel 2005, a EUR 24 663,78, 4 170,60 e 5 282,40 nel 2006, a EUR 15 792,60, 9 277,68 e 7 547,04 nel 2007, a EUR 13 661,08, 13 676,72 e 3 909,12 nel 2008 e a EUR 21 357,76, 2 952,09 e 5 406,71 nel 2009.

67      A tale riguardo, come correttamente fa valere l’EUIPO durante l’udienza, occorre constatare che le fatture prodotte dall’interveniente a complemento degli elementi di prova inizialmente prodotti (v. punto 15 supra) (documenti n. 9 e 10) si riferiscono a prodotti per il packaging strumentali alla produzione e alla vendita di capi di abbigliamento contraddistinti dal marchio anteriore per il periodo dal 1998 al 2003 nonché a capi d’abbigliamento contraddistinti dal marchio CAMOMILLA venduti ai punti di vendita diretti e ai franchisee per il periodo dal 2001 al 2009. L’elenco dei punti vendita fornito a complemento degli elementi inizialmente prodotti comporta parimenti un prospetto del numero dei capi venduti sotto il marchio anteriore.

68      Inoltre, i dati relativi all’anno 2004 possono essere considerati come corroborati dall’articolo di giornale apparso su Italia Oggi che descrive CAMOMILLA come un marchio «napoletano», con un fatturato di EUR 20 milioni nell’anno 2004. Tale informazione sembrava tuttavia indebitamente eccessiva rispetto al prospetto dei volumi d’affari prodotto dall’interveniente che menziona un fatturato di EUR 12 134 334 per tale anno. Il prospetto del numero di capi venduti che secondo l’interveniente recavano il marchio CAMOMILLA fornisce parimenti informazioni importanti circa l’uso del marchio anteriore (784 584 nel 2004, 982 588 nel 2005, 1 295 496 nel 2006, 1 523 675 nel 2007, 1 753 654 nel 2008 e 1 927 579 nel 2009).

69      Inoltre, devono essere ritenute rilevanti ai fini di una valutazione globale le dichiarazioni fornite da alcuni clienti dell’interveniente nelle quali si afferma che quest’ultima commercializza capi d’abbigliamento, i relativi accessori e altri prodotti relativi alla moda donna unicamente con il marchio CAMOMILLA.

70      Come correttamente sottolinea la ricorrente, non si può, al contrario, attribuire alcun valore probatorio ad una dichiarazione resa da una parte se essa non è non corroborata da altri elementi di prova. Infatti, non può escludersi che una serie di elementi di prova consenta di accertare i fatti da dimostrare, benché ciascuno di tali elementi, considerato isolatamente, non sia in grado di fornire la prova dell’esattezza di tali fatti.

71      Nel caso di specie, le relazioni di vendite interne contenute nel documento n. 11 sono corroborate dagli elementi di prova contenuti nei documenti nn. 9 e 10. Benché, come ha affermato la ricorrente, le fatture non contengano riferimenti specifici al marchio anteriore, tale documentazione deve essere valutata congiuntamente agli altri elementi di prova per una valutazione globale.

72      Ne consegue che correttamente la commissione di ricorso, dopo aver effettuato una valutazione globale dei documenti forniti dall’interveniente, ha concluso che il marchio anteriore era stato utilizzato in Italia per i prodotti per i quali era stato registrato.

73      Pertanto, il secondo addebito deve essere respinto in quanto infondato, al pari del quarto motivo nel suo complesso.

c)      Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del suddetto regolamento

74      La ricorrente contesta la sussistenza di un rischio di confusione per il pubblico di riferimento.

75      Per quanto riguarda il pubblico di riferimento, la ricorrente sostiene che il marchio anteriore è stato utilizzato solo localmente e, nello specifico, nel Mezzogiorno d’Italia. Ne discende che il pubblico di riferimento sarebbe costituito unicamente da quello residente in alcune zone dell’Italia meridionale.

76      La ricorrente contesta la comparazione tra i prodotti operata dalla commissione di ricorso. Essa sostiene, in particolare, che nella valutazione della somiglianza tra prodotti si deve tener conto della natura, della destinazione, dell’impiego, nonché della concorrenzialità o complementarietà degli stessi. Una volta esaminati tali «fattori rilevanti», si dovranno considerare i «fattori aggiuntivi», ossia i canali di distribuzione, il pubblico di riferimento e l’origine abituale dei prodotti. Al riguardo, la ricorrente sottolinea che la commissione di ricorso, mentre ha preso in considerazione i fattori aggiuntivi, non ha fatto il minimo accenno ai fattori rilevanti.

77      Per quanto riguarda la somiglianza tra i segni in conflitto, la ricorrente afferma che i marchi in conflitto non sono simili. In particolare, essa ribadisce che il marchio anteriore è impiegato in combinazione con alcune sottodenominazioni, in un modo diverso da quello per cui è registrato.

78      Nel caso di specie, come menzionato al punto 17 supra, la commissione di ricorso ha constatato l’esistenza di un rischio di confusione, sulla base dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, rispetto a tutti i prodotti di cui alla classe 25 e di alcuni prodotti di cui alla classe 18, considerati come identici o simili. La commissione di ricorso ha successivamente limitato la registrazione dei prodotti del marchio contestato, come constatato al punto 20 supra.

79      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, su opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio con un marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi designati dai due marchi, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

80      Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione dev’essere valutato globalmente, in base alla percezione dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi da parte del pubblico di riferimento, tenendo conto di tutti i fattori che caratterizzano il caso di specie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi contrassegnati e degli elementi distintivi e dominanti degli stessi [v., per analogia, sentenze dell’11 novembre 1997, SABEL, C‑251/95, EU:C:1997:528, punti 22 e 23; del 6 ottobre 2005, Medion, C‑120/04, EU:C:2005:594, punti da 23 a 29, e del 12 maggio 2010, Beifa Group/UAMI – Schwan-Stabilo Schwanhäußer (Strumento di scrittura), T‑148/08, EU:T:2010:190, punti da 97 a 99].

81      In via generale, due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico destinatario, esiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti pertinenti. Come emerge dalla giurisprudenza della Corte, sono pertinenti gli aspetti visivo, fonetico e concettuale [v. sentenza del 23 ottobre 2002, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), T‑6/01, EU:T:2002:261, punto 30 e giurisprudenza ivi citata].

82      Inoltre, il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi ma deve fare affidamento sull’immagine imperfetta che ha mantenuto nella memoria. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o servizi di cui trattasi (sentenza del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C‑342/97, EU:C:1999:323, punto 26).

83      Alla luce di tali considerazioni si deve esaminare se la commissione di ricorso abbia correttamente ritenuto, nella decisione impugnata, che esisteva un rischio di confusione nel pubblico di riferimento.

1)      Sul pubblico di riferimento

84      Secondo la giurisprudenza, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti interessata, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi [v., sentenza del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T‑256/04, EU:T:2007:46, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

85      Nel caso di specie, al punto 60 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha constatato che il territorio rilevante era l’Italia, dove il marchio anteriore era stato registrato e utilizzato. Contrariamente a ciò che allega la ricorrente e come è stato constatato al punto 72 supra, il marchio anteriore è stato utilizzato in Italia e il pubblico che si deve prendere in considerazione nella valutazione del rischio di confusione è quindi il pubblico italiano.

86      Inoltre, la ricorrente non contesta l’affermazione della commissione di ricorso secondo la quale i consumatori dei prodotti in causa appartengono al grande pubblico e presteranno un livello di attenzione medio al momento dell’acquisto di tali prodotti.

2)      Sul confronto dei prodotti

87      Secondo costante giurisprudenza, per valutare la somiglianza tra i prodotti o i servizi in questione, si deve tener conto di tutti i fattori rilevanti che caratterizzano il rapporto tra tali prodotti o tali servizi. Questi fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità. Anche altri fattori possono essere esaminati, come i canali di distribuzione dei prodotti o dei servizi interessati [v. sentenza dell’11 luglio 2007, El Corte Inglés/UAMI – Bolaños Sabri (PiraÑAM diseño original Juan Bolaños), T‑443/05, EU:T:2007:219, punto 37 e giurisprudenza ivi citata].

88      Tuttavia, per stabilire l’esistenza di un nesso tra tali marchi occorre prendere in considerazione la natura dei prodotti o dei servizi per i quali i marchi sono stati rispettivamente registrati (sentenze del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑252/07, EU:C:2008:655, punto 50, e del 26 luglio 2017, Staatliche Porzellan-Manufaktur Meissen/EUIPO, C‑471/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:602, punto 53).

89      Nel caso di specie, il marchio anteriore è stato registrato per abbigliamento e accessori per l’abbigliamento e, come è stato chiarito al punto 72 supra, è stato utilizzato durante i periodi di riferimento per tali prodotti, in particolare per la commercializzazione di capi di abbigliamento, calzature ed accessori per l’abbigliamento femminili (v. punto 63 supra).

90      Occorre, innanzitutto, confermare la constatazione della commissione di ricorso secondo la quale le scarpe di cui alla classe 25, contraddistinte allo stesso modo dai due marchi in conflitto, sono identiche.

91      Inoltre, come ha constatato la commissione di ricorso, gli altri prodotti di cui alla classe 25 per la quale il marchio contestato è ancora registrato (v. punto 20 supra), vale a dire la «cappelleria» e gli «accappatoi» sono simili ai prodotti di cui alla classe 25 per i quali il marchio anteriore è stato registrato e utilizzato, in quanto in parte complementari (cappelleria), soprattutto dal punto di vista estetico, aventi i medesimi canali di distribuzione, diretti allo stesso pubblico e normalmente fabbricati dalle stesse imprese.

92      Non si deve neppure rimettere in causa la conclusione della commissione di ricorso secondo la quale alcuni prodotti di cui alla classe 18 per i quali il marchio contestato è ancora registrato (v., punto 20 supra), vale a dire gli «zaini», gli «astucci per chiave (pelletteria)», i «portadocumenti», i «portafogli», i «portamonete non in metallo prezioso», le «borse», i «bauletti destinati a contenere articoli di toilette», gli «astucci» e le «trousses» sono simili, in una certa misura, agli «articoli di abbigliamento» di cui alla classe 25, per i quali il marchio anteriore è stato registrato e utilizzato, poiché condividono con gli stessi i produttori, i canali di distribuzione e i consumatori finali.

93      Occorre osservare, a tale riguardo, che la ricorrente non contesta l’affermazione della commissione di ricorso secondo la quale tali prodotti si rivolgono al medesimo pubblico e sono fabbricati dalle medesime imprese.

3)      Sul confronto dei segni

94      La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che il consumatore medio ha dei prodotti o servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio di solito percepisce un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei vari dettagli (v., sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

95      La commissione di ricorso ha considerato che i segni in conflitto sono altamente simili dal punto di vista del loro aspetto visivo, fonetico e concettuale.

96      La ricorrente sostiene al contrario che i segni in conflitto non sono simili. In particolare, essa ribadisce i suoi argomenti secondo i quali il marchio anteriore è impiegato in combinazione con alcune sottodenominazioni, in un modo diverso da quello per cui è stato registrato.

97      Come è già stato menzionato ai punti da 41 a 49 supra, non si deve rimettere in causa la constatazione dell’uso del marchio anteriore sulla base del rilievo che esso sarebbe utilizzato in combinazione con altri elementi figurativi o denominativi, che non incidono sul carattere distintivo della denominazione «camomilla» nella forma figurativa con la quale è stato registrato.

98      Del resto, correttamente, ai punti 100 e 101 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato, in sostanza, che l’elemento denominativo del marchio anteriore, integralmente riprodotto nel marchio contestato, catturerà in maggior misura l’attenzione del pubblico di riferimento, conformemente alla giurisprudenza secondo la quale, quando un marchio è composto da elementi denominativi e figurativi, i primi devono, in via di principio, essere considerati come più distintivi rispetto ai secondi, poiché il consumatore medio farà più facilmente riferimento al prodotto in causa citando il nome del marchio piuttosto che descrivendo il suo elemento figurativo [v., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2005, Wassen International/UAMI – Stroschein Gesundkost (SELENIUM-ACE), T‑312/03, EU:T:2005:289, punto 37]. A tale riguardo il segno denominativo del marchio anteriore è riprodotto nella sua integralità nel marchio contestato, di modo che i marchi in conflitto si differenziano solo per i loro elementi figurativi. Pertanto, nonostante le differenze che risultano dalla presenza di alcuni elementi figurativi nei marchi in conflitto, questi ultimi presentano un livello elevato di somiglianza visiva. Allo stesso modo, dal punto di vista fonetico, il pubblico di riferimento percepirà un’identità tra i segni, grazie al loro elemento denominativo unico e maggiormente distintivo, «camomilla». Pertanto, occorre parimenti considerare che i segni sono identici dal punto di vista concettuale in quanto rimandano, per il loro elemento denominativo unico e maggiormente distintivo summenzionato, alla camomilla, intesa comunemente come una varietà di pianta erbacea annuale della famiglia delle asteraceae.

99      Conseguentemente, la commissione di ricorso ha correttamente rilevato, nella decisione impugnata, che i segni in conflitto erano altamente simili, cosicché l’addebito della ricorrente avverso tale valutazione deve essere respinto.

4)      Sul rischio di confusione

100    La valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza dei fattori presi in considerazione e, in particolare, della somiglianza dei marchi e di quella dei prodotti o dei servizi designati. In tal senso, un debole grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa [sentenze del 29 settembre 1998, Canon, C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 17, e del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con quadro e a.), T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, EU:T:2006:397, punto 74].

101    In primo luogo, come ha constatato la commissione di ricorso, il marchio anteriore possiede un carattere distintivo normale relativamente ai prodotti in questione, ove non presenta nessuna relazione diretta con detti prodotti, circostanza che, del resto, la ricorrente non contesta.

102    In secondo luogo, occorre constatare che i prodotti di cui ai punti da 87 a 92 supra sono identici o simili.

103    In terzo luogo, non si deve rimettere in causa la conclusione della commissione di ricorso secondo la quale i segni in conflitto, valutati complessivamente, sono, almeno, molto simili.

104    In quarto luogo, tenuto conto dell’identità o dell’alta affinità dei prodotti, nonché dell’elevata somiglianza tra i segni in conflitto per il pubblico italiano, non si può escludere, come ha rilevato la commissione di ricorso al punto 113 della decisione impugnata, che esiste un rischio che tale pubblico, che non è solito prestare un’attenzione particolarmente elevata nell’acquisto dei prodotti in di cui trattasi, facendo affidamento sull’immagine non perfetta dei segni che ha mantenuto nella memoria, possa essere indotto a credere che tali prodotti provengano dalla stessa impresa o, se del caso, da imprese tra loro economicamente collegate.

105    Conseguentemente, emerge dall’insieme di quanto precede che la commissione di ricorso non è incorsa in un errore concludendo per l’esistenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, rispetto ai prodotti in causa, di modo che occorre respingere il terzo motivo e, pertanto, il ricorso principale nel suo insieme.

B.      Sull’impugnazione incidentale

106    L’interveniente deduce, nel merito, un motivo unico, vertente sulla violazione dell’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento. Essa contesta la valutazione della commissione di ricorso ove quest’ultima ha mantenuto la registrazione per alcuni prodotti delle classi 9, 14 e 18 per le quali il marchio controverso era stato registrato.

107    Per quanto riguarda i prodotti di cui alla classe 9, per i quali il marchio contestato è stato registrato, vale a dire gli «accessori [per occhiali,] quali [i] porta-occhiali», i «portacellulari» e i «caschi per motociclisti», l’interveniente sostiene che sussista una somiglianza tra essi e i prodotti di cui alla classe 25, per i quali il marchio anteriore è stato registrato e utilizzato.

108    Per quanto riguarda i prodotti di cui alla classe 14 per i quali il marchio contestato è ancora registrato, vale a dire gli «articoli di bigiotteria» e le «imitazioni di gioielli», l’interveniente sostiene che vi sia una somiglianza tra essi e i prodotti di cui alla classe 25 per i quali il marchio anteriore è stato registrato e utilizzato.

109    Per quanto riguarda alcuni dei prodotti, di cui alla classe 18, per i quali il marchio contestato è stato registrato, vale a dire le «valigie» e gli «ombrelli», l’interveniente sostiene che vi sia una somiglianza tra essi e i prodotti di cui alla classe 25 per i quali il marchio anteriore è stato registrato e utilizzato.

110    A tale riguardo, l’interveniente sostiene che tutte le «valigie» e gli «ombrelli» servono a completare il look (total look) dei consumatori, che desiderano vestirsi dall’alto in basso con un medesimo tema o un medesimo marchio, che essi sono venduti negli stessi negozi e sono accessori o complementari ai prodotti di cui alla classe 25 per i quali il marchio anteriore è stato registrato e utilizzato.

111    Il Tribunale rammenta che, come è stato constatato al punto 72 supra, il marchio anteriore è stato utilizzato in Italia per i prodotti per i quali era stato registrato, vale a dire per abbigliamento e accessori per l’abbigliamento di cui alla classe 25.

112    Per quanto riguarda in particolare gli «accessori [per occhiali,] quali [i] porta-occhiali» e i «caschi per motociclisti», di cui alla classe 9, interessati dal marchio contestato, la somiglianza tra questi e i prodotti per i quali il marchio anteriore è stato registrato e utilizzato non è dimostrata.

113    Come è stato constatato ai punti 72 e 73 della decisione impugnata, i prodotti in causa non hanno la stessa natura, lo stesso scopo né le stesse caratteristiche. Essi non condividono nemmeno i rispettivi canali di distribuzione e non sono né complementari né intercambiabili e i loro rispettivi utilizzi sono differenti. Infatti, da un lato, mentre i «capi d’abbigliamento», le «calzature» e gli «accessori per l’abbigliamento», sono fabbricati al fine di coprire il corpo umano, nasconderlo, proteggerlo e vestirlo, gli «accessori [per occhiali] quali [i] porta-occhiali», sono prodotti per garantire una vista migliore (per esempio, evitando che gli occhiali si graffino) o dare una sensazione di comfort in determinate condizioni meteorologiche.

114    Pertanto, non si deve rimettere in causa la conclusione della commissione di ricorso secondo la quale i prodotti di cui alla classe 9 per i quali il marchio contestato è ancora registrato si differenziano da quelli per i quali il marchio anteriore è stato registrato e utilizzato.

115    Per quanto riguarda gli «articoli di bigiotteria» e le «imitazioni di gioielli» di cui alla classe 14, occorre confermare le differenze di natura e scopo esistenti tra questi e i prodotti per i quali il marchio anteriore è stato registrato e utilizzato constatate dalla commissione di ricorso al punto 74 della decisione impugnata.

116    Inoltre, come ha correttamente rilevato la commissione di ricorso al punto 75 della decisione impugnata, le rispettive funzioni di tali prodotti sono differenti, poiché, mentre, come è già stato indicato al punto 113 supra, i prodotti per i quali il marchio anteriore è stato registrato e utilizzato sono fabbricati al fine di coprire il corpo umano, nasconderlo, proteggerlo e vestirlo, gli «articoli di bigiotteria» e le «imitazioni di gioielli» di cui alla classe 14 hanno una funzione puramente ornamentale [v., per analogia, sentenza del 12 febbraio 2015, Compagnie des montres Longines, Francillon/UAMI – Cheng (B), T‑505/12, EU:T:2015:95, punto 51 e giurisprudenza ivi citata].

117    Pertanto, non si deve rimettere in causa la conclusione della commissione di ricorso secondo la quale i prodotti di cui alla classe 14 per i quali il marchio contestato è ancora registrato si differenziano da quelli per i quali il marchio anteriore è stato registrato e utilizzato.

118    Infine, per quanto riguarda le «valigie» e gli «ombrelli» di cui alla classe 18 per i quali il marchio contestato è, in particolare, ancora registrato, essi si differenziano parimenti dai prodotti per i quali il marchio anteriore è stato registrato e utilizzato.

119    Al punto 81 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha correttamente osservato che le «valigie» erano grandi contenitori, o scatole chiudibili, usati come bagaglio o per magazzinaggio e destinate a contenere oggetti durante il viaggio. Tali prodotti non soddisfano quindi le stesse esigenze e non sono generalmente distribuiti tramite gli stessi punti vendita né sono realizzati dagli stessi fabbricanti dei «capi d’abbigliamento», le «calzature» e gli «accessori per abbigliamento». Inoltre, non sono né concorrenti né complementari di questi ultimi.

120    Quanto agli «ombrelli», la commissione di ricorso ha correttamente osservato, al punto 82 della decisione impugnata, che si trattava di dispositivi per la protezione dalle intemperie, costituiti da una cupola apribile, che erano molto diversi, per natura, dai «capi d’abbigliamento», dalle «calzature» e dagli «accessori per abbigliamento».

121    Pertanto, non si deve rimettere in causa la conclusione della commissione di ricorso secondo la quale le «valigie» e gli «ombrelli» di cui alla classe 18, per i quali il marchio contestato è, in particolare, ancora registrato, si differenziano dai prodotti per i quali il marchio anteriore è stato registrato e utilizzato.

122    Risulta dalle suesposte considerazioni che il ricorso incidentale dev’essere respinto.

 Sulle spese

123    A norma dell’articolo 134, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando vi sono più parti soccombenti il Tribunale decide sulla ripartizione delle spese.

124    Nel caso di specie, poiché sia la ricorrente che l’interveniente sono rimaste soccombenti, devono essere condannate a sopportare, ciascuna, oltre alle proprie spese, metà delle spese dell’EUIPO.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il ricorso incidentale è respinto.

3)      La Camomilla Srl e la CMT Compagnia manifatture tessili Srl (CMT) sopporteranno, ciascuna, oltre alle proprie spese, metà delle spese dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO).

Pelikánová

Valančius

Öberg

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 novembre 2018.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

      I. Pelikánová


*      Lingua processuale: l’italiano.