Language of document : ECLI:EU:T:2023:833

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

20 dicembre 2023 (*)

«Responsabilità extracontrattuale – Aiuti di Stato – Aiuto concesso dalle autorità italiane a Banca Tercas – Decisione che dichiara l’aiuto incompatibile con il mercato interno – Prescrizione – Danno continuativo – Irricevibilità parziale – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli – Nesso causale»

Nella causa T‑415/21,

Banca Popolare di Bari SpA, con sede in Bari (Italia), rappresentata da A. Zoppini, G.M. Roberti, I. Perego, G. Parisi e D. Gallo, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da L. Flynn, I. Barcew, A. Bouchagiar e D. Recchia, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata),

composto da R. da Silva Passos, presidente, S. Gervasoni, N. Półtorak (relatrice), I. Reine e T. Pynnä, giudici,

cancelliere: V. Di Bucci

vista la fase scritta del procedimento,

vista l’assenza di una domanda di fissazione di udienza presentata dalle parti entro il termine di tre settimane a partire dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, e avendo deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza aprire la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 268 TFUE, la ricorrente, Banca Popolare di Bari SpA, chiede il risarcimento dei danni che essa avrebbe subìto a seguito dell’adozione della decisione (UE) 2016/1208 della Commissione, del 23 dicembre 2015, relativa all’aiuto di Stato SA.39451 (2015/C) (ex 2015/NN) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Banca Tercas (GU 2016, L 203, pag. 1; in prosieguo: la «decisione Tercas»).

 Fatti all’origine della controversia

2        Il 30 aprile 2012, su proposta della Banca d’Italia, che aveva rilevato delle irregolarità in seno alla Banca Tercas (in prosieguo: «Tercas»), il Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano ha deciso di porre la Tercas in amministrazione straordinaria.

3        Nell’ottobre 2013, dopo aver valutato diverse opzioni, il commissario straordinario, nominato dalla Banca d’Italia, ha avviato dei negoziati con la ricorrente, che aveva espresso il proprio interesse a sottoscrivere un aumento di capitale della Tercas, a condizione che venisse effettuato un audit preliminare di quest’ultima e che il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Italia), (in prosieguo: il «FITD») coprisse interamente il deficit patrimoniale di tale banca.

4        Il 28 ottobre 2013, a seguito di una richiesta del commissario straordinario della Tercas, il comitato di gestione del FITD ha deciso di concedere delle misure di sostegno a favore di tale banca, che sono state approvate dalla Banca d’Italia.

5        Il 18 marzo 2014, il FITD ha deciso di sospendere l’intervento previsto in ragione di un disaccordo insorto tra gli esperti del FITD stesso e quelli della ricorrente. Tale disaccordo è stato poi ricomposto a seguito di un procedimento arbitrale.

6        Il comitato di gestione e il consiglio del FITD hanno deciso, il 30 maggio 2014, di intervenire a favore della Tercas.

7        Il 7 luglio 2014, la Banca d’Italia ha autorizzato l’intervento del FITD a favore della Tercas. Tale intervento prevedeva tre misure, ossia: in primo luogo, un contributo di EUR 265 milioni destinato a coprire il deficit patrimoniale della Tercas; in secondo luogo, una garanzia di EUR 35 milioni destinata a coprire il rischio di credito associato a determinate esposizioni della Tercas; e, in terzo luogo, una garanzia di EUR 30 milioni destinata a coprire i costi derivanti dal trattamento fiscale della prima misura.

8        Il commissario straordinario della Tercas, in accordo con la Banca d’Italia, ha convocato un’assemblea generale degli azionisti della Tercas il 27 luglio 2014 affinché gli azionisti potessero pronunciarsi sulla copertura parziale delle perdite verificatesi nel corso della procedura di amministrazione straordinaria e su un aumento di capitale riservato alla ricorrente. Tale aumento di capitale è stato effettuato quello stesso giorno.

9        Il 1° ottobre 2014, il regime di amministrazione straordinaria della Tercas è stato tolto e la ricorrente ha designato i nuovi organi sociali di tale banca.

10      Nel dicembre 2014, la ricorrente ha realizzato un aumento di capitale, comprendente l’emissione di nuove azioni. L’aumento di capitale è servito per rafforzare i coefficienti di capitale della ricorrente, che avevano subìto gli effetti dell’acquisizione della Tercas e della controllata di quest’ultima, la Banca Caripe SpA (in prosieguo: la «Caripe»).

11      Nel marzo 2015, la ricorrente ha sottoscritto un nuovo aumento di capitale della Tercas, al fine di far fronte a perdite registrate nel quarto trimestre del 2014, di coprire le spese di ristrutturazione sostenute nel 2015 e nel 2016 e di migliorare i coefficienti di capitale della Tercas.

12      Con lettera del 27 febbraio 2015, la Commissione europea ha informato la Repubblica italiana della propria decisione di avviare il procedimento previsto dall’articolo 108, paragrafo 2, TFUE in riferimento all’intervento del FITD a favore della Tercas.

13      Il 23 dicembre 2015, la Commissione ha adottato la decisione Tercas.

14      In tale decisione, la Commissione ha considerato che l’intervento del FITD, autorizzato dalla Banca d’Italia il 7 luglio 2014, a favore della Banca Tercas, il cui intero patrimonio è detenuto, dal 1° ottobre 2014, dalla ricorrente, costituiva un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno, che doveva essere recuperato dalla Repubblica italiana presso il beneficiario dell’aiuto stesso.

15      Il 4 febbraio 2016, il FITD ha realizzato un intervento «a schema volontario» a favore della Tercas e, il 14 luglio 2016, la ricorrente ha incorporato la Tercas.

16      Con sentenza del Tribunale del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167), confermata dalla sentenza della Corte del 2 marzo 2021, Commissione/Italia e a. (C‑425/19 P, EU:C:2021:154), la decisione Tercas è stata annullata.

17      Con lettera del 28 aprile 2021, la ricorrente ha chiesto alla Commissione, ai sensi dell’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il risarcimento dei danni asseritamente sofferti a motivo dell’adozione della decisione Tercas, chiedendo il pagamento di un risarcimento di EUR 228 milioni.

18      L’11 maggio 2021, la Commissione ha rigettato tale richiesta.

 Conclusioni delle parti

19      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        condannare l’Unione europea, rappresentata dalla Commissione, a versarle un risarcimento di EUR 280 milioni o, in subordine, di EUR 203 milioni, quale ristoro del danno materiale asseritamente subìto, nonché un risarcimento di importo adeguato quale riparazione del danno morale asseritamente subìto, a causa dell’adozione della decisione Tercas;

–        condannare la Commissione alle spese.

20      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso perché manifestamente irricevibile;

–        in subordine, respingere il ricorso perché infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità

21      La Commissione ha sollevato un’eccezione di irricevibilità, ai sensi dell’articolo 130, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale. Essa fa valere che l’azione per risarcimento danni è prescritta, in virtù dell’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. Secondo la giurisprudenza, risultante segnatamente dalla sentenza del 28 febbraio 2013, Inalca e Cremonini/Commissione (C‑460/09 P, EU:C:2013:111, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata), il termine di prescrizione dell’azione per responsabilità extracontrattuale comincerebbe a decorrere dal momento in cui sono soddisfatte le condizioni cui è subordinato l’obbligo di risarcimento e, in particolare, quando il danno da risarcire si è concretizzato.

22      Essa sostiene, in sostanza, che il giorno dell’annuncio dell’adozione della decisione Tercas, effettuato tramite comunicazioni istituzionali il 23 dicembre 2015 e ripreso dagli organi di stampa nei giorni successivi, rappresenta il momento in cui l’asserito danno si è concretizzato. Di conseguenza, poiché il dies a quo del termine di prescrizione di cinque anni è il 23 dicembre 2015, tale termine sarebbe scaduto il 23 dicembre 2020 e l’azione per risarcimento sarebbe prescritta in quanto la richiesta di risarcimento sarebbe stata presentata il 28 aprile 2021.

23      Inoltre, la Commissione sostiene che l’asserito danno non presenta carattere continuativo. Secondo la giurisprudenza e, segnatamente, la sentenza del 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione (C‑282/05 P, EU:C:2007:226, punto 35), il carattere continuativo del danno implica che esso aumenti in proporzione al tempo trascorso. Orbene, anche se il danno asseritamente subìto può essere aumentato nel tempo, l’eventuale l’aumento non sarebbe stato proporzionale al tempo trascorso. Al contrario, il danno allegato dalla ricorrente avrebbe avuto carattere istantaneo.

24      Di conseguenza, la richiesta di risarcimento che essa ha presentato alla Commissione il 28 aprile 2021 non potrebbe essere qualificata come atto interruttivo della prescrizione.

25      A questo proposito, la Commissione sostiene che il momento in cui l’asserito danno si è concretizzato coincide con la data effettiva del recupero, da parte delle autorità nazionali, dell’aiuto contemplato nella decisione Tercas. Secondo la Commissione, all’origine del danno fatto valere è la decisione Tercas.

26      Inoltre, quand’anche il dies a quo del termine di prescrizione fosse il momento in cui la ricorrente ha avuto ufficialmente conoscenza, tramite lettera raccomandata, del fatto generatore del danno lamentato, tale momento corrisponderebbe, al più tardi, alla data di ricevimento di detta lettera raccomandata contenente una copia della decisione Tercas, ossia il 29 febbraio 2016. Anche in questo caso, il termine di cinque anni sarebbe stato già scaduto quando la ricorrente ha presentato la sua richiesta di risarcimento il 28 aprile 2021.

27      La ricorrente contesta l’argomentazione della Commissione.

28      Ai sensi dell’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale in virtù dell’articolo 53, primo comma, del medesimo Statuto, le azioni contro l’Unione in materia di responsabilità extracontrattuale si prescrivono in cinque anni a decorrere dal momento in cui avviene il fatto che dà loro origine.

29      Tale termine ha la funzione, da un lato, di assicurare la tutela dei diritti della persona danneggiata, dovendo quest’ultima disporre di un periodo di tempo sufficiente per raccogliere informazioni appropriate in vista di un eventuale ricorso, e, dall’altro, di evitare che la persona lesa possa ritardare a tempo indefinito l’esercizio del suo diritto al risarcimento del danno con i relativi interessi (v., in tal senso, sentenze dell’8 novembre 2012, Evropaïki Dynamiki/Commissione, C‑469/11 P, EU:C:2012:705, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata e, del 7 luglio 2021, Bateni/Consiglio, T‑455/17, EU:T:2021:411, punto 62 e la giurisprudenza ivi citata).

30      Secondo la giurisprudenza, detto termine inizia a decorrere allorché sono soddisfatte le condizioni alle quali è subordinato l’obbligo di risarcimento, e segnatamente nel momento in cui il danno da risarcire si è concretizzato (sentenza del 17 luglio 2008, Commissione/Cantina sociale di Dolianova e a., C‑51/05 P, EU:C:2008:409, punto 54). Più specificamente, la prescrizione decorre a partire dal momento in cui il danno si è effettivamente realizzato, e non a partire dalla data del fatto lesivo (v. sentenza del 28 febbraio 2013, Inalca e Cremonini/Commissione, C‑460/09 P, EU:C:2013:111, punto 60 e la giurisprudenza ivi citata).

31      Inoltre, occorre ricordare che l’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea designa quale atto interruttivo della prescrizione sia il ricorso presentato dinanzi alla Corte, sia la previa richiesta che la vittima può rivolgere all’istituzione competente (v., in tal senso, ordinanza del 14 dicembre 2005, Arizona Chemical e a./Commissione, T‑369/03, EU:T:2005:458, punto 116).

32      Occorre altresì ricordare che, secondo la giurisprudenza, qualora i danni non siano stati causati istantaneamente, ma si siano protratti durante un certo periodo, il diritto ad un indennizzo riguarda periodi successivi. In particolare, tutti i danni protraentisi nel corso di periodi successivi e crescenti in proporzione al tempo trascorso devono essere considerati come aventi carattere continuativo (ordinanze del 4 settembre 2009, Inalca e Cremonini/Commissione, T‑174/06, non pubblicata, EU:T:2009:306, punti 56 e 57, e del 19 maggio 2011, Formenti Seleco/Commissione, T‑210/09, non pubblicata, EU:T:2011:228, punto 50).

33      In un caso siffatto, la prescrizione contemplata dall’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea si applica al periodo antecedente di oltre cinque anni alla data dell’atto interruttivo, senza pregiudicare i diritti sorti nel corso dei periodi successivi (v. ordinanza del 4 settembre 2009, Inalca e Cremonini/Commissione, T‑174/06, non pubblicata, EU:T:2009:306, punto 60 e la giurisprudenza ivi citata).

34      Nel caso di specie, la ricorrente asserisce di aver subìto un danno derivante dalla decisione Tercas. In particolare, con il suo ricorso, la ricorrente chiede il risarcimento del danno che sarebbe stato asseritamente causato dalla decisione Tercas, consistente in un deterioramento della fiducia della clientela nei suoi confronti, il che avrebbe causato una perdita di depositi e di clientela (mancato guadagno), una lesione della sua reputazione (danno morale), e avrebbe altresì generato delle spese per l’adozione delle misure di mitigazione degli effetti negativi della decisione Tercas (danno effettivo).

35      In tale contesto, al fine di stabilire la ricevibilità del ricorso, occorre verificare se i danni fatti valere presentino un carattere continuativo, ai sensi della giurisprudenza citata ai punti 32 e 33 supra, come sostenuto dalla ricorrente.

36      In primo luogo, per quanto riguarda il presunto mancato guadagno, la ricorrente, in riferimento al dies a quo di decorrenza della prescrizione, non contesta il fatto che le perdite di depositi diretti e di clientela derivanti dalla decisione Tercas si sono verificate a partire dall’annuncio della decisione stessa, il 23 dicembre 2015. Date tali circostanze, occorre ritenere che la decisione Tercas abbia cominciato a produrre i propri effetti al riguardo il 23 dicembre 2015.

37      Ne consegue che è a partire da questa data che gli effetti dei danni materiali lamentati avrebbero effettivamente cominciato a prodursi e che è sempre a questa data che il termine di prescrizione previsto dall’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea ha cominciato a decorrere [v., in tal senso, sentenze del 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione, C‑282/05 P, EU:C:2007:226, punto 33, e del 17 luglio 2008, Commissione/Cantina sociale di Dolianova e a., C‑51/05 P, EU:C:2008:409, punto 63].

38      La ricorrente fa valere che, a causa di una perdita di depositi e di clientela, derivante da una riduzione della sua capacità di concedere crediti che ha avuto effetti negativi su tutta la sua attività ed ha eroso i suoi proventi netti bancari, la quale si è materializzata nel periodo dal dicembre 2015 all’aprile 2021, essa non ha ottenuto i ricavi che poteva ragionevolmente attendersi se la decisione Tercas non fosse stata adottata.

39      Pertanto, il presunto danno derivante dal mancato guadagno per la perdita di depositi diretti, che la ricorrente sostiene di aver subìto, presenta carattere continuativo, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 32 supra, in quanto i danni materiali lamentati a tale titolo non sono stati causati istantaneamente, ma si sono protratti durante un certo periodo e si sono rinnovati nel corso di periodi successivi, sicché il loro ammontare è aumentato in proporzione al tempo trascorso a causa della persistenza degli effetti di un atto illegittimo, ossia la decisione Tercas.

40      Inoltre, la ricorrente ritiene di aver subìto un mancato guadagno correlato ad una perdita di clientela fino all’aprile 2021. In particolare, essa avrebbe perduto 7 783 clienti negli anni dal 2015 al 2016. Inoltre, per quanto riguarda le previsioni di crescita contenute nel piano industriale 2016‑2020 effettuate sulla base delle tendenze del mercato, il quale prevedeva una crescita del numero di nuovi clienti di 50 000 unità, vale a dire 10 000 all’anno, la ricorrente avrebbe realizzato una crescita di clientela corrispondente alla metà delle suddette previsioni, vale a dire 5 000 clienti all’anno a partire dall’esercizio 2017.

41      Secondo la ricorrente, la decisione Tercas avrebbe causato questa perdita di clientela, a seguito della quale essa avrebbe subìto un mancato guadagno consistente in una perdita di margine commissionale nel corso del periodo intercorrente dal dicembre 2015 fino all’aprile 2021, un mancato aumento della clientela quale previsto dal piano industriale 2016‑2020, un deterioramento del margine commissionale sui clienti rimasti, e la mancata realizzazione delle prospettive di aumento del prodotto netto bancario, da dicembre 2015 ad aprile 2021.

42      Orbene, occorre rilevare che risulta dagli studi prodotti dalla ricorrente, ossia la relazione tecnica di una società di audit e quella di un professore universitario, che i presunti danni afferenti alla perdita di clientela sarebbero persistiti fino a che la decisione Tercas ha cessato di produrre effetti, ossia fino all’aprile 2021. In particolare, fatto salvo l’esame del nesso di causalità che verrà effettuato più avanti, la ricorrente, da un lato, ha continuato a perdere clienti e, dall’altro, non è stata in grado di attirare nuovi clienti. Di conseguenza, il presunto mancato guadagno che sarebbe derivato da tale perdita si è riprodotto nel corso di periodi successivi ed è aumentato in proporzione al tempo trascorso. Pertanto, occorre considerare che il danno asserito relativo al mancato guadagno derivante dalla perdita di clientela presenta carattere continuativo, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 32 supra.

43      Pertanto, il presunto mancato guadagno imputabile sia alla perdita di depositi diretti, sia alla perdita di clientela, non si è prodotto istantaneamente e nella sua interezza nel momento dell’annuncio della decisione Tercas. Esso non si è neppure semplicemente aggravato in proporzione al tempo trascorso. Infatti, si sarebbero manifestati nuovi danni, attinenti segnatamente, da un lato, al fatto che nuovi clienti potevano decidere di chiudere i loro conti presso la ricorrente o di ritirare i loro depositi e, dall’altro, a nuovi mancati guadagni connessi a perdite di profitti. Orbene, poiché i danni in questione, supponendoli dimostrati, si sarebbero accumulati e rinnovati nel corso di periodi successivi, occorre constatare che i criteri che determinano l’esistenza di un danno continuativo, enunciati al punto 32 supra, sono soddisfatti.

44      Pertanto, i danni attinenti al mancato guadagno asseritamente subiti dalla ricorrente possono considerarsi come aventi carattere continuativo.

45      Inoltre, l’argomento della Commissione secondo cui i presunti danni non hanno carattere continuativo, in quanto sarebbero stati causati dall’annuncio della decisione Tercas, non può essere accolto, a motivo del fatto che, fatta salva la verifica relativa al nesso di causalità, sebbene la decisione suddetta possa costituire il fatto generatore dei danni lamentati, questi ultimi si sono tuttavia protratti per vari anni.

46      Infine, la Commissione sostiene che, anche se il pregiudizio non era quantificabile con precisione alla data dell’adozione della decisione Tercas, esso era reale e certo e, di conseguenza, la ricorrente avrebbe potuto presentare la propria richiesta di risarcimento prima del 28 aprile 2021. A questo proposito, la ricorrente sottolinea che, come risulta dall’analisi effettuata nella nota tecnica da essa presentata nelle sue osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, nel contesto di incertezza esistente a quel tempo le reazioni dei suoi clienti non potevano essere omogenee o immediate, essendo legate alle differenti valutazioni di ciascun cliente, cosicché i danni non potevano essere prevedibili. Orbene, risulta dalla giurisprudenza che il fatto che i danni lamentati abbiano cominciato a prodursi sin dall’annuncio della decisione summenzionata e che la ricorrente avrebbe potuto presentare un ricorso per risarcimento a partire da questo momento non esclude che i danni suddetti presentino carattere continuativo, qualora l’atto illegittimo, che la ricorrente sostiene essere la causa dei presunti danni subiti, rimanga in vigore e la persistenza dei suoi effetti sia suscettibile di causare un mancato guadagno che si accumula in rapporto al tempo trascorso [v., in tal senso, sentenze del 7 giugno 2017, Guardian Europe/Unione europea, T‑673/15, EU:T:2017:377, punti da 34 a 38, e del 21 aprile 2005, Holcim (Deutschland)/Commissione, T‑28/03, EU:T:2005:139, punti 68 e 69].

47      Pertanto, supponendoli dimostrati, dai documenti del fascicolo nonché dai punti da 38 a 40 supra risulta che gli asseriti danni materiali relativi al mancato guadagno sono aumentati in proporzione al tempo trascorso nel periodo da dicembre 2015 ad aprile 2021. Di conseguenza, tali danni presentano carattere continuativo.

48      A questo proposito, risulta dal fascicolo che il 28 aprile 2021 la ricorrente ha presentato, come prescritto dall’articolo 46, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, una previa richiesta alla Commissione ai fini dell’ottenimento di un risarcimento del danno da essa subìto, che è stata seguita dal deposito di un ricorso nei due mesi successivi. Pertanto, detta richiesta può essere considerata come costituente un atto interruttivo della prescrizione ai sensi dell’articolo 46 di detto Statuto e della giurisprudenza citata al punto 31 supra. Orbene, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 33 supra, poiché il danno in questione presenta carattere continuativo, la domanda di risarcimento non è prescritta laddove essa riguarda il ristoro di un danno asseritamente subìto nei cinque anni precedenti l’atto interruttivo, ossia nella fattispecie successivamente al 28 aprile 2016.

49      In secondo luogo, per quanto riguarda i danni morali lamentati, la ricorrente fa valere che essi derivano dalla lesione alla sua reputazione che sarebbe stata causata dalla decisione Tercas.

50      Orbene, la giurisprudenza qualifica il carattere istantaneo o continuativo dei danni morali consistenti in una lesione alla reputazione a seconda della loro fonte. In proposito, da un lato, il Tribunale ha statuito che una lesione alla reputazione determinata dal coinvolgimento in procedimenti amministrativi, civili o penali si realizza pienamente alla data dell’avvio del procedimento e non può dunque essere equiparata ad un pregiudizio continuativo (v., in tal senso, ordinanze del 4 settembre 2009, Inalca e Cremonini/Commissione, T‑174/06, non pubblicata, EU:T:2009:306, punto 78, e del 7 febbraio 2018, AEIM e Kazenas/Commissione, T‑436/16, non pubblicata, EU:T:2018:78, punto 35).

51      Dall’altro lato, il Tribunale ha riconosciuto che, per sua natura, il danno morale presenta carattere continuativo qualora l’asserita lesione alla reputazione non si sia realizzata in maniera istantanea, ma si sia rinnovata quotidianamente per tutto il periodo durante il quale perdura il fatto generatore (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2015, Chart/SEAE, T‑138/14, EU:T:2015:981, punto 93). Ciò si verificherebbe nel caso in cui la lesione alla reputazione trovi la propria origine o nel comportamento illegittimo di un’istituzione dell’Unione, come un’omissione, o in una decisione della Commissione che, in un primo momento, venga adottata e resa pubblica mediante un comunicato stampa e che, in un secondo momento, sia pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea in forma di riassunto (sentenza del 7 giugno 2017, Guardian Europe/Unione europea, T‑673/15, EU:T:2017:377, punto 42).

52      Infatti, occorre rilevare che, in quest’ultimo caso, secondo la giurisprudenza, la lesione alla reputazione, pur potendosi presentare in diverse forme, è generalmente un danno che si rinnova quotidianamente e si protrae fintantoché non venga posta fine alla causa di tale lesione (sentenza del 7 giugno 2017, Guardian Europe/Unione europea, T‑673/15, EU:T:2017:377, punto 42).

53      Nel caso di specie, il presunto danno morale derivante dalla lesione alla reputazione della ricorrente troverebbe la propria origine, secondo la ricorrente, nella decisione Tercas, la quale, in un primo momento, è stata adottata e resa pubblica mediante un comunicato stampa e che, in un secondo momento, è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale. Di conseguenza, detto pregiudizio, supponendolo dimostrato, presenta carattere continuativo.

54      Pertanto, l’azione di risarcimento è prescritta soltanto laddove essa verte sul risarcimento di una lesione alla reputazione antecedente al 28 aprile 2016.

55      In terzo luogo, la ricorrente sostiene altresì di aver sofferto un presunto danno effettivo consistente in spese supplementari sostenute a causa dell’adozione di misure di mitigazione degli effetti negativi della decisione Tercas, e in particolare: il piano di incentivi per la fuoriuscita dei dipendenti del 30 dicembre 2015 con un obiettivo di riduzione del personale dipendente di 85 unità; operazioni di cartolarizzazione sintetica del 10 maggio 2019 a motivo della necessità di intraprendere iniziative a sostegno del patrimonio per rispettare i requisiti patrimoniali, resesi indispensabili a seguito della perdita di marginalità conseguente alla contrazione di raccolta e di clientela generatasi nel periodo immediatamente successivo alla decisione e protrattesi negli anni; iniziative di attenuazione dei rischi mediante due operazioni di cessione di prestiti deteriorati, decise e/o attuate, la prima, il 1° agosto 2016 e, la seconda, il 16 novembre 2017; iniziative commerciali destinate ai soci, al fine di ripristinare il rapporto, in particolare mediante degli sconti sulle condizioni standard praticate dalla banca sui prestiti non garantiti, nel corso del periodo dall’anno 2016 all’anno 2019; spese per i consulenti giuridici in data 21 gennaio 2016, 29 marzo 2016, 13 gennaio 2017, 11 novembre 2019, 26 maggio 2020 e 7 giugno 2021.

56      Tale danno, supponendolo dimostrato, si sarebbe concretizzato durante vari periodi a seguito dell’adozione della decisione Tercas in ragione delle varie spese che la ricorrente avrebbe dovuto sopportare.

57      Orbene, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 30 supra, il termine di prescrizione ha iniziato a decorrere a partire dal momento in cui la decisione Tercas ha prodotto degli effetti pregiudizievoli nei confronti della ricorrente. Infatti, il criterio decisivo per stabilire il dies a quo del termine di prescrizione non è la sopravvenienza del fatto all’origine del danno, dato che, segnatamente, non si può opporre al ricorrente un momento di inizio del decorso della prescrizione situato ad una data anteriore al manifestarsi degli effetti pregiudizievoli del fatto stesso (sentenza del 28 febbraio 2013, Inalca e Cremonini/Commissione, C‑460/09 P, EU:C:2013:111, punto 52).

58      Nel caso di specie, in primis, i danni asseritamente subiti consistenti in spese derivanti dalla riduzione degli organici, dalle operazioni di cartolarizzazione sintetica e dalle iniziative per la mitigazione dei rischi, non hanno carattere continuativo, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 32 supra. Infatti, tali spese sono state sostenute in maniera istantanea, sicché esse si sono effettivamente materializzate alla data di ciascuna delle operazioni in questione e i loro importi non sono aumentati in proporzione al tempo trascorso.

59      Pertanto, occorre stabilire la data a partire dalla quale la sopravvenienza degli effetti pregiudizievoli del fatto dannoso suddetto si è verificata nei confronti della ricorrente, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 30 supra. È a partire da tale momento che decorre il termine di prescrizione, previsto dall’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

60      A questo proposito, come risulta dal punto 55 supra, i danni asseritamente subiti risultanti dalle operazioni di cartolarizzazione sintetica e dalle iniziative per la mitigazione dei rischi si sono prodotti il 10 maggio 2019, sicché il termine di prescrizione di cinque anni non era scaduto allorché la ricorrente ha presentato alla Commissione la propria previa richiesta di risarcimento dei danni, vale a dire alla data del 28 aprile 2021. Pertanto, il ricorso è ricevibile per quanto riguarda questi presunti danni.

61      Per contro, riguardo all’eventuale danno relativo alla riduzione degli organici del personale, esso deriva dal piano di incentivi che è stato messo in atto il 30 dicembre 2015. Pertanto, occorre considerare che è in questo momento preciso che il presunto danno si è concretizzato. Ne consegue che il termine di prescrizione di cinque anni era scaduto allorché la ricorrente ha presentato alla Commissione la propria previa richiesta e che, pertanto, l’azione è prescritta per quanto riguarda il risarcimento di tale danno.

62      In secundis, per quanto riguarda più precisamente le spese sostenute per i consulenti giuridici in data 21 gennaio 2016, 29 marzo 2016, 13 gennaio 2017, 11 novembre 2019, 26 maggio 2020 e 7 giugno 2021, risulta dalla giurisprudenza che tali spese presentano, per loro natura, carattere istantaneo. Infatti, esse sono state effettivamente sostenute in una data precisa e i loro importi non sono aumentati in proporzione al tempo trascorso (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2015, Chart/SEAE, T‑138/14, EU:T:2015:981, punti 82 e 84).

63      Nel caso di specie, risulta dal documento fornito dalla ricorrente, che specifica le fatture relative ai costi di assistenza legale, che queste ultime sono relative, in particolare, alle consulenze in materia di aiuti di Stato tra il febbraio e il dicembre 2015, ivi compreso l’esame della decisione Tercas (fatture del 21 gennaio 2016 e del 29 marzo 2016), alle attività relative al procedimento nella causa registrata con il numero T‑196/16 sfociata nella sentenza del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167) (fattura del 13 gennaio 2017), all’attività di assistenza legale nel procedimento relativo alla decisione Tercas dinanzi al Tribunale e alla Corte fino al 31 ottobre 2019 (fattura del 26 maggio 2020), e al pagamento del 20 maggio 2020 per il prosieguo del procedimento relativo alla decisione Tercas (fattura del 7 giugno 2021).

64      Orbene, da un lato, occorre rilevare che, per quanto riguarda le fatture del 21 gennaio 2016 e del 29 marzo 2016 concernenti le spese per le consulenze giuridiche fornite tra il febbraio e il dicembre 2015, il termine di prescrizione di cinque anni è scaduto prima del 28 aprile 2021, data alla quale la ricorrente ha presentato la propria previa richiesta di risarcimento, sicché l’azione di risarcimento è prescritta.

65      Dall’altro lato, per quanto riguarda le fatture del 13 gennaio 2017, del 26 maggio 2020 e del 7 giugno 2021, esse concernono le spese sostenute dalla ricorrente per la gestione dei fascicoli nelle cause relative alla decisione Tercas dinanzi al Tribunale e alla Corte. Orbene, occorre rilevare che queste spese presentano carattere istantaneo nella misura in cui esse sono state effettivamente sostenute, al più tardi, nel momento in cui il consulente della ricorrente è intervenuto per la prima volta ai fini dell’avvio di ciascuno dei procedimenti in questione (ordinanza del 7 febbraio 2018, AEIM e Kazenas/Commissione, T‑436/16, non pubblicata, EU:T:2018:78, punto 33).

66      In particolare, occorre rilevare che l’atto introduttivo del giudizio è stato depositato presso la cancelleria del Tribunale dal rappresentante della ricorrente nella causa decisa dalla sentenza del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167), il 29 aprile 2016, mentre l’impugnazione proposta dalla Commissione avverso tale sentenza, sfociata nella sentenza del 2 marzo 2021, Commissione/Italia e a. (C‑425/19 P, EU:C:2021:154), è stata depositata il 29 maggio 2019. Poiché la ricorrente ha presentato la propria previa richiesta di risarcimento il 28 aprile 2021, il termine di prescrizione di cinque anni non era scaduto a questa data, sicché l’azione non è prescritta per quanto riguarda il presunto danno correlato alle spese di avvocato sostenute per questi due procedimenti.

67      In tertiis, per quanto riguarda le misure commerciali destinate all’attenzione dei soci messe in atto nel corso del periodo compreso tra l’anno 2016 e l’anno 2019, consistenti negli sconti sui prestiti senza garanzie, risulta che il pregiudizio fatto valere derivante da esse era suscettibile di rinnovarsi nel corso di tale periodo e che esso non poteva essere prevedibile al momento dell’adozione delle misure suddette o della loro prima attuazione. Pertanto, il danno che ne deriva, supponendolo dimostrato, può ritenersi avere carattere continuativo, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 32 supra, sicché, laddove la domanda di risarcimento riguarda il danno sopravvenuto dopo il 28 aprile 2016, essa non è prescritta.

68      Ne consegue che il ricorso è irricevibile per quanto riguarda gli asseriti danni connessi alla riduzione degli organici del personale e alle fatture relative ai costi per l’assistenza legale, ad eccezione di quelli correlati all’avvio delle procedure giudiziarie attinenti alla decisione Tercas davanti al Tribunale e alla Corte.

69      Per contro, il ricorso è ricevibile per quanto riguarda i presunti pregiudizi sofferti a causa del mancato guadagno, del danno morale, nonché del danno effettivo per quanto concerne la parte relativa alle operazioni di cartolarizzazione sintetica e alle iniziative per la mitigazione dei rischi, nonché alle misure commerciali destinate ai soci e alle spese di assistenza legale correlate all’avvio delle procedure giudiziarie relative alla decisione Tercas dinanzi al Tribunale e alla Corte.

 Nel merito

70      L’articolo 340, secondo comma, TFUE stabilisce che, in materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni.

71      Risulta dalla giurisprudenza della Corte che l’insorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione e il perfezionarsi del diritto al risarcimento del danno subìto dipendono dal soddisfacimento di un insieme di condizioni, ossia l’illegittimità del comportamento addebitato alle istituzioni, l’effettiva esistenza del danno e la sussistenza di un nesso di causalità tra tale comportamento e il danno fatto valere (sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio, C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 32).

72      Qualora una di tali condizioni non sia soddisfatta, il ricorso deve essere respinto nella sua interezza senza che sia necessario esaminare le altre condizioni necessarie per l’insorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione (sentenza del 14 ottobre 1999, Atlanta/Comunità europea, C‑104/97 P, EU:C:1999:498, punto 65; v. anche, in tal senso, sentenza del 15 settembre 1994, KYDEP/Consiglio e Commissione, C‑146/91, EU:C:1994:329, punto 81). Inoltre, il giudice dell’Unione non è tenuto ad esaminare tali condizioni secondo un determinato ordine (v. sentenza del 18 marzo 2010, Trubowest Handel e Makarov/Consiglio e Commissione, C‑419/08 P, EU:C:2010:147, punto 42 e la giurisprudenza ivi citata).

73      È alla luce di tali principi che occorre valutare la fondatezza della domanda della ricorrente.

74      Il Tribunale reputa opportuno cominciare con l’esame del presupposto di insorgenza della responsabilità extracontrattuale relativo all’illegittimità del comportamento addebitato, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 71 supra.

 Sull’illegittimità del comportamento

75      Affinché possa constatarsi l’esistenza di un illecito a titolo di responsabilità extracontrattuale, ai sensi dell’articolo 340 TFUE, l’atto o il comportamento dell’istituzione dell’Unione in questione deve essere considerato come una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli (sentenza del 4 luglio 2000, Bergaderm e Goupil/Commissione, C‑352/98 P, EU:C:2000:361, punto 42).

–       Sulla violazione di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli

76      La ricorrente fa valere che l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in quanto disposizione produttiva di un effetto diretto, può essere invocato dinanzi ai giudici nazionali, in relazione con l’articolo 108, paragrafo 3, TFUE e, pertanto, conferisce dei diritti ai singoli, quanto meno allorquando vengano in discussione aiuti non notificati.

77      Oltre a ciò, a parere della ricorrente, la Commissione ha violato il principio di buona amministrazione, sancito dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), e segnatamente l’obbligo di motivazione, per il fatto che essa ha trascurato gli argomenti e gli elementi presentati dalle parti al momento dell’adozione della decisione Tercas.

78      La Commissione contesta tali argomenti. Essa ribatte che l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non conferisce diritti ai singoli, bensì si limita a vietare agli Stati membri di concedere aiuti alle imprese. Tale interpretazione sarebbe confermata anche dal fatto che, ai sensi della giurisprudenza (sentenza dell’8 luglio 2004, Technische Glaswerke Ilmenau/Commissione, T-198/01, EU:T:2004:222, punto 192), gli interessati diversi dallo Stato membro responsabile della concessione dell’aiuto non possono pretendere un dibattito in contraddittorio con la Commissione.

79      Inoltre, la Commissione non avrebbe trascurato gli argomenti contrari che le sono stati sottoposti nell’ambito dell’istruttoria relativa alla decisione Tercas, bensì sarebbe giunta a conclusioni differenti, sicché l’obbligo di motivazione non sarebbe stato violato.

80      In via preliminare, occorre rilevare come risulti dalla giurisprudenza che una norma giuridica è preordinata a conferire diritti ai singoli segnatamente qualora si tratti di una disposizione che genera dei diritti che i giudici devono salvaguardare, sicché essa ha un effetto diretto, oppure che genera un vantaggio suscettibile di essere qualificato come diritto acquisito, o che ha la funzione di tutelare gli interessi dei singoli, o che procede all’attribuzione di diritti a vantaggio dei singoli il cui contenuto può essere sufficientemente identificato (v. sentenze del 16 ottobre 2014, Evropaïki Dynamiki/Commissione, T‑297/12, non pubblicata, EU:T:2014:888, punto 76 e la giurisprudenza ivi citata, e del 9 febbraio 2022, QI e a./Commissione e BCE, T‑868/16, EU:T:2022:58, punto 90 e la giurisprudenza ivi citata).

81      Inoltre, secondo una giurisprudenza consolidata, tali diritti nascono non soltanto qualora essi vengano espressamente attribuiti da disposizioni del diritto dell’Unione, ma anche in virtù di obblighi positivi o negativi che dette disposizioni impongono in maniera ben definita sia ai singoli che agli Stati membri o alle istituzioni dell’Unione. La violazione di siffatti obblighi positivi o negativi, da parte di uno Stato membro, è suscettibile di ostacolare l’esercizio, da parte dei soggetti interessati, dei diritti che sono loro implicitamente conferiti in virtù delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui trattasi e che detti soggetti devono poter far valere a livello nazionale, ed è dunque suscettibile di alterare la situazione giuridica che le disposizioni suddette mirano a creare per tali soggetti. È questo il motivo per cui la piena efficacia di tali norme del diritto dell’Unione e la tutela dei diritti che queste ultime mirano a conferire esigono che i singoli interessati abbiano la possibilità di ottenere un risarcimento, e ciò indipendentemente dal fatto che le disposizioni in questione abbiano o no effetto diretto, dato che tale qualità non è né necessaria, né sufficiente di per sé stessa affinché sia soddisfatto il presupposto di insorgenza della responsabilità dell’Unione relativo alla violazione di una norma giuridica dell’Unione che conferisce diritti ai singoli [v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2022, Ministre de la Transition écologique e Premier ministre (Responsabilità dello Stato per l’inquinamento atmosferico), C‑61/21, EU:C:2022:1015, punti 46 e 47 e la giurisprudenza ivi citata].

82      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, «[s]alvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».

83      Orbene, occorre osservare, in primo luogo, che, fornendo una definizione della nozione di aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno al fine di garantire una concorrenza leale tra le imprese degli Stati membri, l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE mira a proteggere gli interessi dei singoli e segnatamente delle imprese.

84      A questo proposito, occorre ricordare, per analogia, che la Corte ha già statuito che l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, il quale è inteso a vietare gli accordi tra imprese, le decisioni di associazioni di imprese e le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno, produce effetti diretti nei rapporti tra i singoli e fa sorgere dei diritti in capo agli amministrati. In particolare, detta disposizione conferisce dei diritti ai singoli (sentenza del 6 giugno 2013, Donau Chemie e a., C‑536/11, EU:C:2013:366, punti 21 e 31).

85      In secondo luogo, al fine di stabilire se l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE sia inteso a conferire diritti ai singoli, l’interpretazione di tale disposizione deve tener conto non soltanto del suo tenore letterale, ma anche del contesto nel quale essa si iscrive e degli obiettivi della politica dell’Unione in materia di aiuti di Stato (v., in tal senso, sentenza del 22 gennaio 2015, T-Mobile Austria, C‑282/13, EU:C:2015:24, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata).

86      La Corte ha già statuito che i singoli non possono, sulla base del solo articolo 107 TFUE, contestare la compatibilità di un aiuto con il diritto dell’Unione dinanzi ai giudici nazionali, né chiedere a questi ultimi di pronunciarsi, in via principale o incidentale, su un’eventuale incompatibilità. Tale diritto sussiste però nel caso in cui le disposizioni dell’articolo 107 TFUE siano state applicate tramite le disposizioni generali previste dall’articolo 109 TFUE oppure attraverso decisioni specifiche adottate a norma dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE (sentenza del 22 marzo 1977, Steinike & Weinlig, 78/76, EU:C:1977:52, punto 10).

87      A questo proposito, occorre osservare che la nozione di «aiuto di Stato», contemplata dall’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, deve essere applicata in particolare al fine di stabilire se una misura statale avrebbe dovuto o no essere sottoposta alla procedura di controllo preventivo prevista dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, e, eventualmente, di verificare se lo Stato membro interessato si sia conformato a tale obbligo (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, P, C‑6/12, EU:C:2013:525, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata).

88      Di conseguenza, l’applicazione della nozione di «aiuto di Stato» contemplata dall’articolo 107, paragrafo 1, TFUE è correlata all’applicazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE. Infatti, occorre ricordare che l’obbligo di notifica costituisce uno degli elementi fondamentali del sistema di controllo istituito dal Trattato FUE nel settore degli aiuti di Stato. Nell’ambito di tale sistema, gli Stati membri hanno l’obbligo, da un lato, di notificare alla Commissione qualsiasi misura intesa ad istituire o a modificare un aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e, dall’altro, di non attuare una misura siffatta, in osservanza dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, fintanto che detta istituzione non abbia adottato una decisione finale concernente la misura stessa (v. sentenza del 5 marzo 2019, Eesti Pagar, C‑349/17, EU:C:2019:172, punto 56 e la giurisprudenza ivi citata).

89      Il divieto per lo Stato membro interessato di dare esecuzione a misure di aiuto progettate si applica a qualsiasi aiuto istituito senza essere notificato. In caso di notifica, esso produce i suoi effetti durante la fase preliminare e, se la Commissione avvia la procedura prevista dall’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, fino alla decisione finale. Per quanto riguarda tale periodo nel suo insieme, detto divieto fa sorgere, in capo agli amministrati, dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti a salvaguardare (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 1973, Lorenz, 120/73, EU:C:1973:152, punti 6 e 7).

90      Infatti, mentre la valutazione della compatibilità di misure di aiuto con il mercato interno rientra nella competenza esclusiva della Commissione, che opera sotto il controllo dei giudici dell’Unione, i giudici nazionali provvedono alla salvaguardia, fino alla decisione finale della Commissione, dei diritti degli amministrati dinanzi ad un’eventuale violazione, da parte delle autorità statali, del divieto previsto dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE (v. sentenza del 21 novembre 2013, Deutsche Lufthansa, C‑284/12, EU:C:2013:755, punto 28 e la giurisprudenza ivi citata).

91      Discende dall’effetto diretto dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE che i giudici nazionali devono garantire agli amministrati che verranno tratte tutte le conseguenze di una violazione di tale disposizione, conformemente al loro diritto nazionale, per quanto riguarda sia la validità degli atti di esecuzione sia il recupero dei contributi finanziari accordati in spregio a detta disposizione o ad eventuali provvedimenti provvisori (v., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 1996, SFEI e a., C‑39/94, EU:C:1996:285, punti 39 e 40; del 16 aprile 2015, Trapeza Eurobank Ergasias, C‑690/13, EU:C:2015:235, punto 52, e dell’11 novembre 2015, Klausner Holz Niedersachsen, C‑505/14, EU:C:2015:742, punti 23 e 24).

92      Infatti, la Corte ha statuito che il divieto di messa ad esecuzione dei progetti di aiuto dettato dall’articolo 108, paragrafo 3, ultima frase, TFUE è munito di effetto diretto e che il carattere immediatamente applicabile del divieto di esecuzione previsto da tale disposizione si estende a qualsiasi aiuto che sia stato messo ad esecuzione senza essere notificato (v. sentenza del 5 marzo 2019, Eesti Pagar, C‑349/17, EU:C:2019:172, punto 88 e la giurisprudenza ivi citata).

93      L’articolo 108, paragrafo 3, TFUE può dunque essere invocato dai singoli al fine di far valere i loro diritti derivanti dalla sua applicazione, in conformità alla giurisprudenza citata al punto 92 supra. Orbene, come indicato al punto 87 supra, è ai fini dell’applicazione di detta nozione di «aiuto di Stato», prevista dall’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, che la Commissione si vede conferire dall’articolo 108 TFUE il potere di pronunciarsi sulla compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato interno quando essa esamina gli aiuti esistenti, quando adotta decisioni concernenti gli aiuti nuovi o modificati e quando adotta misure in caso di mancato rispetto delle proprie decisioni o dell’obbligo di notifica. È sul fondamento di tale disposizione che il procedimento istituito in applicazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE è suscettibile di pregiudicare i diritti dei singoli, in quanto concorrenti dei beneficiari di un aiuto o in quanto beneficiari di quest’ultimo.

94      Oltre a ciò, l’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE da parte della Commissione può essere contestata dinanzi ai giudici dell’Unione dai beneficiari dell’aiuto, dai loro concorrenti, nonché dagli Stati membri.

95      Nel caso di specie, infatti, la Commissione ha adottato la decisione Tercas in violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, avendo detta istituzione constatato, erroneamente, che le misure in questione, che erano state autorizzate in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, costituivano aiuti di Stato (sentenza del 2 marzo 2021, Commissione/Italia e a., C‑425/19 P, EU:C:2021:154, punto 24). Ne discende, più precisamente, che, nel caso di specie, l’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE pregiudica i diritti della ricorrente in quanto beneficiaria delle misure in questione che sono state ingiustamente qualificate come aiuti di Stato e il cui importo è stato recuperato.

96      Tenuto conto di queste considerazioni, l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE deve essere qualificato come norma preordinata a conferire dei diritti ai singoli, come la ricorrente, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 80 supra.

97      La ricorrente ribatte altresì che la violazione, da parte della Commissione, dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE ha causato anche una violazione dell’articolo 41 della Carta e, in particolare, dell’obbligo di motivazione, per il fatto che detta istituzione avrebbe trascurato, senza motivazione, gli elementi addotti dalle parti interessate nel corso dell’istruttoria che ha portato all’adozione della decisione Tercas.

98      A questo proposito, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza, il principio di buona amministrazione, quando costituisce l’espressione di un diritto specifico come il diritto a che le questioni siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole, ai sensi dell’articolo 41 della Carta, deve essere considerato come una norma giuridica dell’Unione preordinata a conferire diritti ai singoli (v. sentenza del 6 giugno 2019, Dalli/Commissione, T‑399/17, non pubblicata, EU:T:2019:384, punto 200 e la giurisprudenza ivi citata).

99      Di conseguenza, sarà soltanto nell’ambito di uno specifico diritto che esprime il principio del diritto ad una buona amministrazione che potrà essere analizzata la valutazione di un’eventuale illegittimità del comportamento della Commissione.

100    Orbene, risulta dall’articolo 41 della Carta che il diritto ad una buona amministrazione comporta segnatamente l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni. Pertanto, un’eventuale violazione dell’obbligo di motivazione deve essere considerata quale violazione di una norma giuridica dell’Unione preordinata a conferire dei diritti ai singoli, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE.

–       Sull’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata

101    La ricorrente afferma, in primo luogo, che la semplice violazione dell’articolo 107 TFUE può essere sufficiente per dimostrare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata, dato che il margine di discrezionalità della Commissione in tale contesto sarebbe limitato. Secondo la ricorrente, la Corte e il Tribunale, nelle sentenze, rispettivamente, del 2 marzo 2021, Commissione/Italia e a. (C‑425/19 P, EU:C:2021:154), e del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167), hanno confermato che la Commissione è incorsa in gravi errori manifesti di valutazione «delle circostanze di diritto e di fatto» allorché essa ha applicato l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, violando la giurisprudenza in materia. Pertanto, si tratterebbe di una violazione sufficientemente qualificata. Tale violazione sarebbe tanto più grave per il fatto che la Commissione avrebbe, inoltre, violato l’obbligo di motivazione che gravava su di essa.

102    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

103    Per quanto riguarda la condizione relativa al comportamento illecito di un’istituzione, soltanto una condotta illegittima di un’istituzione che determini una tale violazione sufficientemente qualificata può far sorgere la responsabilità dell’Unione. A questo proposito, occorre ricordare che il criterio decisivo per ritenere che una violazione del diritto dell’Unione sia sufficientemente qualificata è quello del travalicamento manifesto e grave, da parte dell’istituzione, dei limiti che si impongono al suo potere discrezionale (v., in tal senso, sentenze del 4 luglio 2000, Bergaderm e Goupil/Commissione, C‑352/98 P, EU:C:2000:361, punto 43, e del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punto 30).

104    Tale requisito dell’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione mira ad evitare che il rischio consistente nel dover sopportare i danni fatti valere dai soggetti riguardati ostacoli la capacità dell’istituzione in questione di esercitare pienamente le proprie competenze nell’interesse generale, tanto nel quadro della sua attività normativa o implicante scelte di politica economica, quanto nella sfera della sua competenza amministrativa, senza per questo lasciar pesare su dei singoli l’onere delle conseguenze di inadempimenti flagranti e inescusabili (v., in tal senso, sentenza del 23 novembre 2011, Sison/Consiglio, T‑341/07, EU:T:2011:687, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata).

105    Pertanto, solo la constatazione di un’irregolarità che, in analoghe circostanze, un’amministrazione normalmente prudente e dirigente non avrebbe commesso permette di far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione (sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio, C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 43).

106    In particolare, risulta dalla giurisprudenza che il regime elaborato dalla Corte in materia di responsabilità extracontrattuale dell’Unione prende in considerazione, segnatamente, la complessità delle situazioni da disciplinare, le difficoltà di applicazione o di interpretazione dei testi normativi e, più in particolare, il margine di discrezionalità di cui dispone l’autore dell’atto contestato (v. sentenza del 28 febbraio 2018, Vakakis kai Synergates/Commissione, T‑292/15, EU:T:2018:103, punto 64 e la giurisprudenza ivi citata).

107    Risulta dalla giurisprudenza che, quando l’istituzione interessata dispone soltanto di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, o addirittura inesistente, la semplice violazione del diritto dell’Unione può essere sufficiente per dimostrare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata. Invece, ciò non vale nel caso in cui tale istituzione disponga di un ampio potere discrezionale. Infatti, in questo caso, il criterio decisivo che permette di ritenere che una violazione sia sufficientemente qualificata consiste nel travalicamento manifesto e grave, da parte dell’istituzione o dell’organo dell’Unione in questione, dei limiti che si impongono al suo potere discrezionale (v., in tal senso, sentenza del 10 dicembre 2002, Commissione/Camar e Tico, C‑312/00 P, EU:C:2002:736, punto 54 e la giurisprudenza ivi citata).

108    Occorre altresì precisare che non esiste alcun nesso automatico tra, da un lato, la mancanza di potere discrezionale dell’istituzione interessata e, dall’altro, la qualificazione dell’infrazione come violazione sufficientemente qualificata (v. sentenza del 23 novembre 2011, Sison/Consiglio, T‑341/07, EU:T:2011:687, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata).

109    A questo proposito, è giocoforza constatare, da un lato, che la nozione di «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, presenta carattere giuridico e deve essere interpretata sulla base di elementi oggettivi. Per questa ragione, il giudice dell’Unione deve, in linea di principio, e tenuto conto sia degli elementi concreti della controversia sottoposta al suo esame, sia del carattere tecnico o complesso delle valutazioni compiute dalla Commissione, esercitare un pieno controllo riguardo alla questione se una misura rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 22 dicembre 2008, British Aggregates/Commissione, C‑487/06 P, EU:C:2008:757, punto 111, e del 30 novembre 2016, Commissione/Francia e Orange, C‑486/15 P, EU:C:2016:912, punto 87).

110    Dall’altro lato, qualora le valutazioni compiute dalla Commissione presentino carattere tecnico o complesso per quanto riguarda la questione se una misura rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, il controllo giurisdizionale è limitato (v. sentenza del 30 novembre 2016, Commissione/Francia e Orange, C‑486/15 P, EU:C:2016:912, punto 88 e la giurisprudenza ivi citata).

111    Inoltre, al fine di stabilire se un comportamento illecito di un’istituzione dell’Unione costituisca una violazione sufficientemente qualificata, l’esame del Tribunale è di per sé più rigoroso di quello che si impone nell’ambito di un ricorso di annullamento, nell’ambito del quale il Tribunale si accontenta, nei limiti dei motivi di ricorso presentati dalla parte ricorrente, ad esaminare la legittimità della decisione impugnata per assicurarsi che la Commissione abbia correttamente valutato i diversi elementi che le permettono di dichiarare che le misure in questione erano imputabili allo Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Pertanto, semplici errori di valutazione e la mancata presentazione di prove sufficienti non possono bastare come tali per configurare una violazione manifesta e grave dei limiti che si impongono al potere discrezionale della Commissione (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 9 settembre 2008, MyTravel/Commissione, T‑212/03, EU:T:2008:315, punto 85).

112    Occorre inoltre rilevare che il Tribunale ha statuito che la capacità della Commissione di esercitare pienamente la funzione di regolatore della concorrenza che i Trattati le conferiscono risulterebbe compromessa se la nozione di «violazione qualificata» fosse intesa nel senso che essa comprende tutti gli errori o le mancanze che, pur presentando un livello di gravità certo, non sono estranei per la loro natura o per la loro ampiezza al comportamento normale di un’istituzione incaricata di vigilare sull’applicazione delle regole di concorrenza, le quali sono complesse, delicate e soggette ad un importante margine di interpretazione. Sussiste invece il diritto al risarcimento dei danni risultanti dal comportamento dell’istituzione nel caso in cui quest’ultimo si traduca in un atto manifestamente contrario alla norma giuridica e gravemente lesivo degli interessi di soggetti terzi all’istituzione e non possa trovare né giustificazione né spiegazione nei vincoli particolari che si impongono obiettivamente al servizio in un normale funzionamento (sentenze dell’11 luglio 2007, Schneider Electric/Commissione, T‑351/03, EU:T:2007:212, punti 122 e 124; del 9 settembre 2008, MyTravel/Commissione, T‑212/03, EU:T:2008:315, punto 40, e del 25 gennaio 2023, Società Navigazione Siciliana/Commissione, T‑666/21, non pubblicata, EU:T:2023:20, punto 95).

113    È alla luce di tali osservazioni che occorre valutare la natura della violazione realizzata dalla Commissione nel caso di specie e segnatamente la gravità della stessa. A questo proposito, occorre tener conto della complessità delle situazioni da disciplinare (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2009, Commissione/Schneider Electric, C‑440/07 P, EU:C:2009:459, punto 161).

114    Nel caso di specie, risulta dalle sentenze del 2 marzo 2021, Commissione/Italia e a. (C‑425/19 P, EU:C:2021:154), e del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167), che, nell’adottare la decisione Tercas, la Commissione non ha applicato correttamente la nozione di «intervento dello Stato o mediante risorse statali».

115    Orbene, il Tribunale e la Corte hanno statuito che l’illegittimità della decisione Tercas deriva da un errore concettuale collegato ad una confusione tra la condizione relativa all’imputabilità di un aiuto e quella relativa alle risorse statali (sentenze del 2 marzo 2021, Commissione/Italia e a., C‑425/19 P, EU:C:2021:154, punto 63, e del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione, T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167, punto 70). Inoltre, essa deriva dal fatto che detta istituzione ha omesso di fornire e di corroborare indizi sufficienti atti a dimostrare che la misura in questione era imputabile allo Stato (sentenze del 2 marzo 2021, Commissione/Italia e a., C‑425/19 P, EU:C:2021:154, punto 67, e del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione, T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167, punti da 87 a 90). In conclusione, si è statuito che la Commissione è incorsa in un errore nella valutazione degli indizi presi in considerazione e non ha dimostrato in termini giuridicamente sufficienti il coinvolgimento delle autorità pubbliche italiane nell’adozione della misura in questione, né, di conseguenza, l’imputabilità di tale misura allo Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

116    Sebbene il Tribunale e la Corte abbiano riconosciuto che la Commissione ha violato l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, tale violazione non è necessariamente per ciò solo «sufficientemente qualificata», ai sensi della giurisprudenza citata ai punti 106 e 107 supra. Infatti, l’errore di valutazione commesso dalla Commissione e constatato nelle sentenze del 2 marzo 2021, Commissione/Italia e a. (C‑425/19 P, EU:C:2021:154), e del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione, (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167), non costituisce, di per sé, una circostanza sufficiente ad integrare una violazione sufficientemente qualificata ai sensi della giurisprudenza citata al punto 107 supra.

117    A questo proposito, occorre rilevare che, per stabilire l’imputabilità allo Stato di una misura di aiuto adottata da un’impresa pubblica, la Commissione deve prendere in considerazione un insieme di indizi risultanti dalle circostanze del caso di specie e dal contesto nel quale tale misura è intervenuta (v. sentenza del 17 settembre 2014, Commerz Nederland, C‑242/13, EU:C:2014:2224, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata).

118    Orbene, l’errore di valutazione commesso dalla Commissione concerne l’analisi degli elementi presi a fondamento per dimostrare che le autorità italiane avevano esercitato un controllo pubblico sostanziale nella definizione dell’intervento del FITD a favore della Tercas.

119    Infatti, nell’ambito dell’adozione della decisione Tercas, la Commissione era tenuta, come risulta dai punti 68 e 69 della sentenza del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167), a disporre di un insieme di indizi risultanti dalle circostanze del caso di specie al fine di dimostrare il grado di coinvolgimento delle autorità pubbliche nella concessione delle misure in questione, che erano state erogate da un’entità privata.

120    Occorre rilevare che la Commissione doveva applicare la nozione di «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in un contesto giuridico e fattuale particolarmente complesso, nel quale le misure di aiuto venivano concesse da un ente privato, valutando così le circostanze e gli elementi che permettevano di dedurre l’imputabilità della misura, il contesto fattuale e giuridico delle misure nazionali contemplate dalla decisione Tercas, il coinvolgimento dei rappresentanti dello Stato nelle diverse fasi dell’intervento, nonché il mandato pubblico di cui era investito il FITD.

121    Il fatto che, in circostanze di diritto e di fatto complesse, la Commissione, come si è statuito, non abbia dimostrato in forma giuridicamente sufficiente, nella decisione Tercas, il coinvolgimento delle autorità pubbliche italiane nell’adozione della misura in questione, né, di conseguenza, l’imputabilità di tale misura allo Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v. sentenze del 2 marzo 2021 Commissione/Italia e a., C‑425/19 P, EU:C:2021:154, punto 84, e del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione, T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167, punto 132), non è sufficiente per qualificare tale errore di valutazione come violazione manifesta e grave dei limiti che si impongono al potere discrezionale della Commissione.

122    Infatti, l’irregolarità commessa dalla Commissione nel caso di specie non è estranea al comportamento normale, prudente e diligente di un’istituzione incaricata di vigilare sull’applicazione delle regole di concorrenza, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 112 supra.

123    Pertanto, la Commissione non ha commesso alcuna violazione sufficientemente qualificata per quanto riguarda la violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

124    Inoltre, l’argomento della ricorrente relativo alla presunta violazione dell’articolo 41 della Carta e, segnatamente, dell’obbligo di motivazione, deve essere respinto, dato che, da un lato, essa non fornisce elementi precisi al riguardo e che, dall’altro lato, non risulta dalla decisione impugnata, e neppure dalle sentenze del 2 marzo 2021, Commissione/Italia e a. (C‑425/19 P, EU:C:2021:154), e del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167), che la Commissione non abbia preso in considerazione gli elementi e gli argomenti delle parti dell’istruttoria, e ciò senza indicarne le ragioni. Il fatto che la Commissione sia giunta a conclusioni differenti da quelle addotte dalla ricorrente non può portare a constatare una violazione dell’obbligo di motivazione. Pertanto, occorre concludere che detta istituzione non ha parimenti commesso alcuna violazione sufficientemente qualificata dell’articolo 41 della Carta.

125    Di conseguenza, la condizione relativa all’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata non è soddisfatta e, pertanto, occorre constatare che tale prima condizione necessaria per l’insorgere della responsabilità dell’Unione non è soddisfatta.

 Sull’esistenza di un nesso di causalità

126    Il Tribunale reputa opportuno esaminare anche la condizione relativa all’esistenza di un nesso di causalità sufficientemente diretto tra il comportamento asseritamente illegittimo della Commissione e i danni invocati.

127    La ricorrente fa valere che si è manifestato un deterioramento della fiducia della clientela a causa della percezione, da parte di quest’ultima, di un’incertezza riguardo alla capacità prospettica della banca di portare a buon fine il processo di assorbimento della Tercas. Secondo la ricorrente, il fattore causale determinante, tenuto conto anche della mancanza di altri possibili fattori concorrenti, è rappresentato dalla decisione Tercas, che avrebbe introdotto un elemento di discontinuità nel progetto di integrazione di Tercas e di Caripe, previsto nel piano industriale 2015‑2019, come sarebbe stato d’altronde confermato dalle relazioni tecniche da essa presentate in allegato.

128    Risulterebbe dalle suddette relazioni tecniche che, mentre la clientela aveva un’ampia fiducia nella solidità della banca, nel corso dei mesi che sono seguiti all’adozione della decisione Tercas si è manifestato un fenomeno di perdita della raccolta di depositi e di clientela, proseguito nel tempo. Tale fenomeno si poneva in chiaro rapporto di controtendenza non solo con l’andamento della raccolta diretta della ricorrente nel periodo precedente, ma anche con la tendenza del mercato bancario italiano nel periodo in questione.

129    Inoltre, la ricorrente precisa che, a differenza della causa sfociata nella sentenza del 30 giugno 2021, Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro e a./Commissione (T‑635/19, EU:T:2021:394), la Commissione ha impedito la realizzazione del suo piano industriale 2015‑2019, il quale era già stato approvato dalle autorità nazionali al momento dell’adozione della decisione Tercas, provocando la comparsa di una situazione precaria e incerta in quanto, a causa di tale decisione, né le autorità nazionali né la banca sarebbero state in grado di dare seguito all’intervento secondo le modalità previste, posto che esse non disponevano più di alcun margine di manovra.

130    La ricorrente aggiunge che nessun altro elemento – come la riforma delle banche popolari che è stata introdotta per rispondere ai problemi legati alla governance e alla struttura del sistema bancario e che verte sulla forma giuridica e sulla governance, le sanzioni inflitte al suo management, il coinvolgimento di tale management in procedimenti penali, l’esistenza di perdite nel bilancio 2015 e lo stato di deficit della Tercas – ha avuto un’incidenza sul danno fatto valere. Allo stesso modo, il documento redatto dalla Banca d’Italia, presentato dalla Commissione, dimostrerebbe che il danno subìto dalla ricorrente è imputabile alla decisione Tercas.

131    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

132    Per quanto riguarda la condizione relativa al nesso di causalità, prevista dall’articolo 340, secondo comma, TFUE, risulta dalla giurisprudenza che essa verte sull’esistenza di un nesso sufficientemente diretto di causa ed effetto tra il comportamento delle istituzioni dell’Unione e il danno, nesso del quale spetta alla parte ricorrente fornire la prova, di modo che il comportamento addebitato deve essere la causa determinante del pregiudizio (v. sentenza del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea, C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata).

133    Più precisamente, il pregiudizio deve derivare in maniera sufficientemente diretta dal comportamento illecito, il che esclude, in particolare, i danni che siano soltanto una lontana conseguenza di tale comportamento (sentenza del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea, C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 135, e ordinanza del 12 dicembre 2007, Atlantic Container Line e a./Commissione, T‑113/04, non pubblicata, EU:T:2007:377, punto 40).

134    È necessario che il danno suddetto sia stato effettivamente causato dal comportamento addebitato alle istituzioni. Infatti, anche nel caso di un eventuale contributo delle istituzioni al danno di cui si chiede il risarcimento, tale contributo potrebbe essere troppo distante a motivo di altri fattori e segnatamente di una responsabilità incombente ad altri soggetti, eventualmente alle parti ricorrenti, segnatamente per quanto riguarda le scelte delle imprese o altri operatori interessati a seguito del comportamento illecito (v., in tal senso, sentenza del 18 marzo 2010, Trubowest Handel e Makarov/Consiglio e Commissione, C‑419/08 P, EU:C:2010:147, punto 59).

135    È alla luce di tali principi giurisprudenziali che occorre stabilire se la ricorrente, su cui ricade l’onere della prova ai sensi della giurisprudenza citata al punto 132 supra, abbia dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità diretto tra il comportamento della Commissione, ossia l’adozione della decisione Tercas, e i danni asseritamente subìti.

136    Nel caso di specie, la ricorrente asserisce, in sostanza, che la decisione Tercas della Commissione, e segnatamente l’ampia risonanza mediatica che ne è seguita, ha causato un deterioramento della fiducia della clientela nei suoi confronti a causa di uno stato di incertezza in ordine alla sua capacità di portare a termine il processo di fusione per incorporazione della Tercas, il che avrebbe causato una perdita di depositi e di clientela (mancato guadagno), una lesione alla sua reputazione (danno morale) e avrebbe altresì causato dei costi per le misure di mitigazione degli effetti negativi della decisione Tercas (danno effettivo). Questo sarebbe il risultato di una violazione, da parte della Commissione, della nozione di «aiuto di Stato», in quanto essa avrebbe erroneamente ritenuto che, malgrado il loro carattere privato, gli interventi del FITD a favore della Tercas costituissero misure imputabili allo Stato italiano e configurassero risorse statali.

137    Occorre precisare anzitutto che la ricorrente non distingue la propria clientela da quella della Tercas e che essa non presenta argomenti specifici intesi a stabilire se la perdita di clientela e di depositi diretti della Tercas fosse imputabile alla decisione Tercas. Per quanto riguarda i pregiudizi asseritamente subìti, la ricorrente fa riferimento alla propria perdita di clientela e di depositi nonché a quelle della Tercas e della Caripe, senza tuttavia precisare i valori attribuibili all’una o all’altra. Inoltre, essa non sostiene di aver subìto un danno economico dovuto al recupero dell’aiuto illegittimamente richiesto dalla Commissione.

138    A questo proposito, in primo luogo, è importante rilevare che, sebbene, mediante la decisione Tercas, la Commissione abbia erroneamente preteso che le misure di intervento del FITD autorizzate dalla Banca d’Italia a favore della Tercas fossero recuperate in quanto aiuti di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, resta il fatto che le decisioni dei clienti della ricorrente, che avrebbero causato il danno lamentato, sono state adottate nell’ambito dei giudizi e delle valutazioni compiuti da questi ultimi in riferimento ai loro interessi finanziari.

139    Infatti, i clienti della ricorrente non avevano alcun obbligo derivante dalla suddetta decisione, dato che quest’ultima implicava unicamente la restituzione dell’aiuto. Inoltre, detta decisione non conteneva alcun elemento inteso a presentare la ricorrente come non in grado di adottare misure di intervento volontario alternative a favore della Tercas o inteso a diminuire la credibilità della ricorrente e la fiducia dei suoi clienti verso di essa. Al contrario, sin dall’annuncio della decisione Tercas, il governo italiano nonché la ricorrente hanno affermato che erano pronte misure di intervento volontario a favore di detta società al fine di sostituire le precedenti misure previste e che, di conseguenza, non ne sarebbe derivato alcun effetto negativo.

140    Occorre rilevare a questo proposito che le circostanze della presente causa sono differenti da quelle della causa decisa dalla sentenza dell’8 novembre 2011, Idromacchine e a./Commissione (T‑88/09, EU:T:2011:641, punti 60 e 65), anch’essa concernente la materia degli aiuti di Stato, nella quale il Tribunale ha riconosciuto l’esistenza di un nesso di causalità diretto, per il fatto che la ricorrente non avrebbe subìto alcun danno alla propria immagine e alla propria reputazione se la Commissione non avesse divulgato, nella decisione controversa, fatti e giudizi che la presentavano per nome come soggetto che non era stato in grado di fornire prodotti conformi alle norme in vigore e di rispettare i propri obblighi contrattuali.

141    A questo proposito, per quanto riguarda più in particolare il danno morale fatto valere, occorre aggiungere che la ricorrente non ha dimostrato che la decisione Tercas abbia avuto una conseguenza negativa sulla sua reputazione. Essa si limita, senza ulteriori precisazioni, a sostenere che ciò è avvenuto nel caso di specie. Al contrario, gli articoli di stampa che essa ha presentato informano il pubblico che gli effetti di detta decisione verranno neutralizzati mediante misure di intervento volontario.

142    In secondo luogo, l’argomento relativo alla coincidenza temporale tra la perdita di clienti e di depositi e la decisione Tercas non è idoneo a dimostrare l’esistenza di un nesso di causalità diretto. Infatti, la tabella contenuta in una delle relazioni tecniche fornite dalla ricorrente mostra che, nel corso del periodo ivi preso in considerazione, ossia il periodo che va dal maggio 2015 al maggio 2016, vi è stata una diminuzione progressiva dei depositi, con un crollo a partire dal gennaio 2016.

143    Tuttavia, come osserva la Commissione, vari elementi avrebbero potuto causare questo deterioramento della fiducia della clientela della ricorrente, il che non permette di stabilire che tale decisione sia stata la causa diretta del danno lamentato dalla ricorrente.

144    Infatti, in primis, risulta dalla relazione della Banca d’Italia presentata dalla Commissione che i cattivi risultati dell’esercizio 2015 della ricorrente, pubblicati nell’aprile 2016, hanno portato l’assemblea dei soci – in collegamento con la riforma delle banche popolari, prevista dalla legge del 24 marzo 2015, n. 33 (legge n. 33 del 24 marzo 2015 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto‑legge 24 gennaio 2015, n. 3, recante misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti, GURI n. 70, del 25 marzo 2015), che imponeva la trasformazione della ricorrente in società per azioni – a decidere, in occasione dell’approvazione del bilancio 2015, la riduzione del valore unitario delle azioni da EUR 9,53 a EUR 7,50, ciò che ha causato, secondo la suddetta relazione della Banca d’Italia, presentata dalla Commissione, un malcontento della clientela. A questo proposito, occorre constatare che, essendo stata adottata nel dicembre 2015, la decisione Tercas non può aver avuto alcun impatto sui risultati di gestione dell’anno 2015. Oltre a ciò, risulta da questa stessa relazione della Banca d’Italia che, a partire dall’anno 2014 – anno nel corso del quale la ricorrente ha acquisito la Tercas – fino al 2015, gli indicatori finanziari della ricorrente non hanno fatto altro che deteriorarsi.

145    A titolo di secondo rilievo, risulta dalle decisioni della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob) (Italia) trasmesse dalla Commissione che, tra il mese di novembre 2014 e il mese di giugno 2015, nell’ambito degli aumenti di capitale che hanno avuto luogo, la ricorrente non ha informato gli investitori del metodo utilizzato ed ha fissato il prezzo delle azioni a un livello superiore a quello fissato dall’esperto incaricato di determinarlo, sicché il management della ricorrente ha costituito l’oggetto di sanzioni amministrative e di indagini penali, avviate a partire dall’anno 2017.

146    In tertiis, occorre rilevare, così come ha fatto la Commissione, che il fatto che la Tercas fosse una banca in dissesto – ragion per cui, nel corso del mese di ottobre 2013, sono stati avviati dei negoziati con la ricorrente che ha sottoscritto l’aumento di capitale della banca suddetta (sentenza del 2 marzo 2021, Commissione/Italia e a., C‑425/19 P, EU:C:2021:154, punti 15 e 20) – può aver avuto un impatto sul rapporto di fiducia tra la ricorrente e i suoi clienti. Infatti, tra il dicembre 2014 e il dicembre 2015, ossia prima dell’adozione della decisione Tercas, ma dopo l’assorbimento della Tercas ad opera della ricorrente, quest’ultima aveva già perduto il 4,9% dei suoi depositi.

147    A questo proposito, occorre osservare che la fusione della Tercas con la ricorrente ha avuto luogo nel mese di luglio 2016 e che i prelievi più importanti sui depositi sono avvenuti tra il mese di luglio e il mese di settembre 2016. Pertanto, anche detta fusione può aver avuto un impatto sul rapporto di fiducia in seno alla sua clientela.

148    Quarto aspetto da evidenziare, la ricorrente non spiega perché la decisione Tercas le avrebbe impedito di attirare nuovi clienti, malgrado che l’intervento volontario che ha sostituito l’intervento del FITD a favore della Tercas, che non è stato autorizzato da detta decisione, fosse già stato deciso nel febbraio 2016, ossia due mesi dopo la decisione Tercas.

149    In quinta sede, per quanto riguarda il danno effettivo e, in particolare, i costi generati dalle misure di mitigazione dei presunti effetti negativi della decisione Tercas, essi non sono imputabili in maniera diretta a tale decisione. Infatti, detti costi risultano da scelte decisionali di gestione compiute dalla ricorrente. Inoltre, quand’anche tali misure potessero essere una conseguenza diretta della perdita di clienti e di depositi, risulta da quanto sopra esposto che non è stato dimostrato che la decisione Tercas costituisca la causa determinante di questi presunti danni.

150    Inoltre, riguardo all’argomento della ricorrente secondo cui l’esistenza di un nesso di causalità diretto è confermata dalla sentenza del 30 giugno 2021, Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro e a./Commissione (T‑635/19, EU:T:2021:394), occorre rilevare che esiste una connessione fattuale tra la presente causa e quella che ha dato luogo a detta sentenza. In quest’ultima causa, le ricorrenti intendevano far valere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione a titolo dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, in quanto la Commissione avrebbe impedito, con un comportamento asseritamente illegittimo, segnatamente mediante pressioni illecite esercitate sulle autorità italiane, in particolare sulla Banca d’Italia, il salvataggio della Banca delle Marche, di cui i ricorrenti erano azionisti e titolari di obbligazioni subordinate, ciò che avrebbe cagionato loro un danno. Più precisamente, la Commissione avrebbe impedito tale salvataggio da parte del FITD, il che avrebbe condotto le autorità italiane, e segnatamente la Banca d’Italia, nella sua qualità di autorità nazionale competente, ad avviare una procedura di risoluzione della Banca delle Marche.

151    In tale contesto, il Tribunale ha statuito che le prese di posizione della Commissione, intervenute prima dell’avvio della procedura di risoluzione della Banca delle Marche, avevano soltanto carattere procedurale, limitandosi a ricordare alle autorità italiane la necessità di notificare preventivamente e di non dare esecuzione a possibili misure di aiuto a favore segnatamente di questa banca. Dette prese di posizione non si pronunciavano su una specifica misura, in quanto nessuna misura era stata ancora chiaramente definita o notificata, né sulla maniera precisa in cui la Commissione avrebbe interpretato la nozione di «aiuto di Stato» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE a questo proposito (sentenza del 30 giugno 2021, Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro e a./Commissione, T‑635/19, EU:T:2021:394, punto 55). Pertanto, il Tribunale ha concluso che la condizione relativa all’esistenza di un nesso di causalità non era soddisfatta.

152    Orbene, se è pur vero che, nella presente causa, la Commissione non si è limitata a interrogarsi in merito alla compatibilità dell’intervento programmato, ma ha effettivamente adottato la decisione Tercas nella quale essa ha ritenuto che le misure di intervento in questione costituissero aiuti di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, dal fascicolo non risulta, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, che, adottando la decisione di cui sopra, la Commissione abbia impedito l’esecuzione del piano industriale 2015‑2019.

153    Viene infatti precisato, anche in una relazione tecnica del 9 luglio 2021 fornita dalla ricorrente, che la sostituzione del piano suddetto con il piano industriale 2016‑2020 non è stata causata esclusivamente dalla decisione Tercas, bensì risultava da vari fattori intervenuti nel 2015, vale a dire: il cambiamento del modello di governance, laddove la figura dell’amministratore delegato sostituiva la figura, soppressa, di direttore generale; l’approvazione della riforma delle banche popolari, che includeva la trasformazione della veste giuridica in società per azioni; l’evoluzione del contesto normativo, caratterizzato da un nuovo meccanismo unico di vigilanza summenzionato; uno scenario economico‑finanziario «difficile» e in costante evoluzione e l’avvio di un processo di innovazione del modello di business.

154    Inoltre, per quanto riguarda il presunto danno connesso alle spese legali sostenute per i procedimenti relativi alla causa decisa dalla sentenza del 2 marzo 2021, Commissione/Italia e a. (C‑425/19 P, EU:C:2021:154), e alla causa decisa dalla sentenza del 19 marzo 2019, Italia e a./Commissione (T‑98/16, T‑196/16 e T‑198/16, EU:T:2019:167), risulta dalla giurisprudenza che tali spese non costituiscono danni risarcibili ai sensi dell’articolo 340 TFUE (v. sentenza dell’8 novembre 2011, Idromacchine e a./Commissione, T‑88/09, EU:T:2011:641, punti 98 e 99 e la giurisprudenza ivi citata). Pertanto, non è necessario verificare se la condizione relativa al nesso di causalità sia soddisfatta nel caso di specie per quanto riguarda tali spese.

155    In terzo luogo, per quanto riguarda gli elementi di prova versati nel fascicolo, non risulta dai dati contenuti nelle relazioni tecniche presentate dalla ricorrente che quest’ultima abbia fornito elementi di prova da cui risulti che il comportamento censurato è la causa diretta e determinante della perdita di fiducia della sua clientela e pertanto del danno lamentato a tale titolo.

156    Infatti, anzitutto, la relazione tecnica della società di audit si fonda su tre considerazioni. In primis, la decisione Tercas sarebbe stata idonea a causare in maniera esclusiva o, quantomeno, determinante il danno lamentato in ragione del fatto che essa avrebbe affievolito la fiducia dei clienti della banca ed impedito il piano industriale 2015-2019; in secundis, tra il mese di maggio 2015 e il mese di maggio 2016, vi sarebbe stata una diminuzione dei depositi concomitante con l’adozione della decisione Tercas; e, in tertiis, non risulta dai dati forniti dalla ricorrente, né dai documenti «open source», che vi siano stati altri eventi che avrebbero potuto causare il danno lamentato. Tuttavia, nella medesima relazione viene indicato che una parte, almeno il 50%, delle perdite subite dalla ricorrente tra il mese di giugno 2016 e il mese di dicembre 2016 sarebbe dovuta alla decisione Tercas. Orbene, oltre al fatto che risulta dai punti 144 e 145 supra che altri avvenimenti possono aver causato i danni lamentati dalla ricorrente, tali argomenti consistono in considerazioni di ordine generale e non forniscono elementi di prova al fine di dimostrare che la decisione Tercas costituisca la causa diretta e determinante dell’asserito pregiudizio, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 133 supra. Inoltre, nell’introduzione della suddetta relazione tecnica, viene precisato che le analisi di cui sopra si limitano agli aspetti di natura economica, contabile e finanziaria, e che non vi compare alcuna considerazione giuridica riguardante il nesso di causalità.

157    Inoltre, nell’introduzione della relazione suddetta si afferma, e si ripete poi a più riprese, che le analisi tecniche sono state effettuate sulla base di documenti forniti dalla ricorrente o acquisiti da fonti pubbliche, vale a dire gli estratti dei conti forniti dal consiglio di amministrazione della ricorrente relativi al periodo dal 2015 al 2016; alcuni comunicati stampa redatti dalla ricorrente; il piano industriale 2016‑2020; e alcuni dati gestionali trasmessi dalla ricorrente. Si aggiunge poi che tali analisi non contengono un audit degli elementi sui quali esse sono state effettuate.

158    Quanto poi alla relazione tecnica del professore universitario, si afferma che la ricorrente disponeva di una posizione assai favorevole sul mercato italiano prima dell’avvio del procedimento istruttorio da parte della Commissione. Quest’ultimo nonché la decisione Tercas avrebbero modificato l’immagine della ricorrente sul mercato, la fiducia dei suoi clienti e le prospettive di crescita. Il comportamento della Commissione avrebbe causato, da solo, una perdita di clienti e di depositi della ricorrente, ostacolato l’assorbimento di Tercas e Caripe, previsto dal piano industriale 2015‑2019, e determinato la necessità di trovare un’altra soluzione per proseguire il progetto di integrazione in corso. Tuttavia, viene altresì indicato in questa medesima relazione che il bilancio 2015 della ricorrente, relativo al periodo precedente alla decisione Tercas, comprendeva una perdita di EUR 296 milioni e che, a partire dalla fine dell’anno 2016, detta decisione non era altro che una delle cause del pregiudizio asseritamente subìto. Di conseguenza, la conclusione secondo cui la decisione Tercas sarebbe stata la causa diretta e determinante del danno lamentato è indebolita dal riconoscimento, in questa medesima relazione, degli elementi menzionati. Per giunta, nell’introduzione della suddetta relazione, viene chiaramente precisato che le informazioni sulla base delle quali essa è stata redatta sono state trasmesse dalla ricorrente, senza che venisse effettuato alcun audit, e che le analisi si limitano agli aspetti di natura economica e finanziaria, ad esclusione di quelli di natura giuridica.

159    Di conseguenza, le relazioni tecniche menzionate supra si limitano a prendere in considerazione i dati forniti dalla stessa ricorrente, senza effettuare alcun controllo su di essi, e non analizzano l’incidenza di altre eventuali cause del danno lamentato, tra cui il comportamento della ricorrente, sicché esse non sono sufficienti, come tali, a dimostrare che il suddetto danno sia una conseguenza diretta del comportamento della Commissione. Pertanto, le suddette relazioni non forniscono la prova del fatto che la decisione Tercas sia stata la causa diretta e determinante dei danni in parola.

160    Tenuto conto dell’insieme di queste considerazioni, le allegazioni della ricorrente secondo cui il comportamento asseritamente illegittimo addebitato alla Commissione ha provocato la perdita di depositi e di clientela, impedendo la realizzazione del piano industriale 2015‑2019, e sarebbe stato la causa diretta dei danni da essa asseritamente subìti, non possono essere accolte. Difatti, la valutazione complessiva degli elementi di prova pertinenti permette al Tribunale di concludere che, anche se la decisione Tercas può aver avuto un certo ruolo nel processo di perdita di fiducia della clientela della ricorrente, tale perdita è stata indotta anche da altri fattori, di modo che la decisione suddetta non può essere considerata come la causa determinante e diretta dei danni lamentati, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 134 supra.

161    Ne consegue che la ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento asseritamente illegittimo della Commissione e il danno fatto valere.

162    Considerato l’insieme di quanto precede, occorre rilevare che le condizioni per l’insorgere della responsabilità extracontrattuale relative all’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata, da un lato, e all’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento addebitato e il danno lamentato, dall’altro, non sono soddisfatte.

163    Pertanto, il ricorso deve essere respinto senza che sia necessario esaminare la condizione per l’insorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione relativa all’effettiva esistenza del danno.

 Sulle spese

164    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Essendo rimasta soccombente, la ricorrente deve dunque essere condannata alle spese, in conformità alle conclusioni presentate dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Banca Popolare di Bari SpA è condannata alle spese.

da Silva Passos

Gervasoni

Półtorak

Reine

 

Pynnä

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 dicembre 2023.

Il cancelliere

 

Il presidente

V. Di Bucci

 

M. van der Woude


*      Lingua processuale: l’italiano.