Language of document : ECLI:EU:T:2024:131

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

28 febbraio 2024 (*)

«Politica economica e monetaria – Vigilanza prudenziale degli enti creditizi – Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento (UE) n. 1024/2013 – Esercizio diretto, da parte della BCE, di un potere di un’autorità competente ai sensi delle disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione – Imposizione, da parte del diritto austriaco, di interessi di recupero in caso di violazione dell’articolo 395 del regolamento (UE) n. 575/2013 – Competenze della BCE – Articolo 65, paragrafo 1, e articolo 70 della direttiva 2013/36/UE – Proporzionalità»

Nella causa T‑667/21,

BAWAG PSK Bank für Arbeit und Wirtschaft und Österreichische Postsparkasse AG, con sede in Vienna (Austria), rappresentata da H. Bälz, D. Bliesener, M. Bsaisou e G. Tönningsen, avvocati,

ricorrente,

contro

Banca centrale europea (BCE), rappresentata da K. Lackhoff, J. Poscia e M. Ioannidis, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Repubblica d’Austria, rappresentata da J. Schmoll e F. Koppensteiner, in qualità di agenti,

interveniente,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata),

composto da F. Schalin, presidente, P. Škvařilová-Pelzl, I. Nõmm (relatore), G. Steinfatt e D. Kukovec, giudici,

cancelliere: H. Eriksson, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 28 marzo 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE, la BAWAG PSK Bank für Arbeit und Wirtschaft und Österreichische Postsparkasse AG, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione della Banca centrale europea (BCE) ECB-SSM-2021-ATBAW-7-ESA-2018-0000126, del 2 agosto 2021, adottata in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera d), e paragrafo 3, nonché dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63), in combinato disposto con l’articolo 395, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1, e rettifiche in GU 2013, L 208, pag. 68, GU 2013, L 321, pag. 6 e GU 2017, L 20, pag. 2), e con l’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del Bundesgesetz über das Bankwesen (Bankwesengesetz) (legge bancaria), del 30 luglio 1993 (BGBl. 532/1993), come modificato dal Bundesgesetz, mit dem das Bankwesengesetz, das Börsegesetz 2018, das Finalitätsgesetz, das Finanzmarkt-Geldwäsche-Gesetz, das Sanierungs- und Abwicklungsgesetz, das Wertpapieraufsichtsgesetz 2018 und das Zentrale Gegenparteien-Vollzugsgesetz geändert werden (legge federale recante modifiche della legge bancaria, della legge sulla borsa del 2018, della legge sul carattere definitivo dei regolamenti, della legge sul riciclaggio di denaro nei mercati finanziari, della legge sul risanamento e la liquidazione, della legge sulla vigilanza relativa ai valori mobiliari del 2018 e della legge sull’esecuzione delle controparti centrali), del 28 maggio 2021 (BGBl. I, 98/2021; in prosieguo: il «BWG»).

 Fatti

2        La ricorrente è un ente creditizio austriaco appartenente al gruppo societario BAWAG, al quale sono affidate le attività bancarie del gruppo BAWAG. La società madre della stessa è la BAWAG Group AG, una holding finanziaria. La ricorrente è soggetta alla vigilanza prudenziale diretta della BCE.

3        Nel 2016 la ricorrente ha acquisito indirettamente un portafoglio di mutui immobiliari residenziali in Francia, costituito da circa 20 000 mutui, principalmente mutui immobiliari garantiti per un importo totale iniziale di circa EUR 1,4 miliardi, nonché i diritti accessori e le garanzie inerenti agli stessi (in prosieguo: il «portafoglio Vermeer»).

4        L’acquisizione è stata effettuata presso due enti creditizi francesi – My Money Bank SCA e GE SCF SCA. Al fine di trasferire i mutui sottostanti e le relative garanzie, senza modificare tutti i contratti che li riguardano, è stata eseguita una cartolarizzazione preliminare del portafoglio Vermeer. Detto portafoglio è stato quindi trasferito a un fondo comune senza personalità giuridica, il FCT Pearl che era stato creato il 10 agosto 2016 ai soli fini di tale acquisizione e la cui società di gestione era la Eurotitrisation SA. La depositaria del fondo, la Société Générale SA, è incaricata della custodia delle attività del fondo e della supervisione sulla società di gestione. La My Money Bank è stata designata quale organo di gestione dei mutui costituenti le attività del FCT Pearl (in prosieguo: i «mutui sottostanti» o le «esposizioni sottostanti»).

5        La ricorrente ha acquisito tutte le quote del FCT Pearl nel dicembre 2016, divenendo quindi la titolare effettiva. La stessa percepisce, a tale titolo, i rimborsi (capitale e interessi) dei mutui sottostanti. Essa non partecipa tuttavia alla gestione operativa del fondo, la quale spetta alla società di gestione e alla depositaria del fondo, né alla gestione operativa dei mutui sottostanti, che spetta alla My Money Bank.

6        Dal 20 gennaio al 31 marzo 2017, la BCE ha effettuato un’ispezione in loco presso i locali della ricorrente, ai sensi dell’articolo 12 del regolamento n. 1024/2013 e degli articoli da 143 a 146 del regolamento (UE) n. 468/2014 della BCE, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la BCE e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (GU 2014, L 141, pag. 1).

7        In tale contesto, la BCE ha esaminato, in particolare, il metodo seguito dalla ricorrente per determinare la sua esposizione complessiva derivante dal portafoglio Vermeer alla luce delle prescrizioni del regolamento n. 575/2013 relative alle grandi esposizioni. A seguito di tale esame, la stessa ha rilevato che la ricorrente non era in possesso di dati che consentissero l’individuazione di ciascuno dei debitori dei mutui sottostanti. La BCE ne ha dedotto che la ricorrente non poteva utilizzare il metodo cosiddetto «look-through», previsto all’articolo 390, paragrafo 7, del regolamento n. 575/2013, per la determinazione del livello della sua esposizione derivante dal portafoglio Vermeer, la quale consente di calcolare il valore dell’esposizione ai rischi a livello delle esposizioni sottostanti piuttosto che dell’operazione stessa.

8        La BCE ha ritenuto che, a norma dell’articolo 6, paragrafo 2, lettera a), del regolamento delegato (UE) n. 1187/2014 della Commissione, del 2 ottobre 2014, che integra il regolamento n. 575/2013 per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione intese a determinare l’esposizione complessiva verso un cliente o un gruppo di clienti connessi per quanto concerne le operazioni su attività sottostanti (GU 2014, L 324, pag. 1), ciascuna delle esposizioni sottostanti per la quale il debitore non era individuato dovesse essere attribuita all’operazione stessa, il FCT Pearl, quale cliente distinto. Ne è risultato che il trattamento del portafoglio Vermeer ai sensi del regime applicabile alle grandi esposizioni faceva emergere superamenti del limite del 25% del capitale ammissibile fissato dall’articolo 395, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013.

9        A tal riguardo, la BCE non ha accolto l’argomento della ricorrente relativo al fatto che la mancanza di dati che consentissero di individuare ciascun singolo mutuatario del portafoglio Vermeer con il suo nome, il suo indirizzo e la sua data di nascita non le impediva di individuare i mutuatari ai sensi del regime applicabile alle grandi esposizioni. Da un lato, la ricorrente ha sottolineato di aver ricevuto una serie completa di 93 tipi di dati per ciascun mutuo sottostante e le relative garanzie, di cui 21 erano oggetto di un aggiornamento quotidiano e 43 di un aggiornamento mensile. Dall’altro lato, per quanto riguarda 3 di tali 93 tipi di dati (nome, data di nascita e indirizzo), la stessa ha spiegato che, trattandosi di dati personali altamente sensibili, in forza di un accordo relativo alla protezione dei dati, essi le sono stati forniti in formato criptato, ma che sarebbe stata possibile la loro comunicazione in formato decriptato se fosse stata necessaria alla ricorrente per rispettare prescrizioni normative.

10      Pertanto, nella 9a conclusione della sua relazione di ispezione del 10 maggio 2017, la BCE ha stabilito che la ricorrente aveva violato il limite delle grandi esposizioni previsto all’articolo 395 del regolamento n. 575/2013 in relazione al portafoglio Vermeer.

11      Il 1º settembre 2017, la ricorrente ha informato la BCE che la disciplina applicabile alla comunicazione dei dati identificativi relativi ai debitori dei mutui sottostanti sarebbe stata modificata a partire dalla metà di settembre nel senso che la sua responsabile della protezione dei dati sarebbe stata in grado di individuare ciascun debitore di ciascuna esposizione sottostante nel portafoglio Vermeer.

12      Il 20 settembre e il 30 ottobre 2017 il Finanzmarktaufsichtsbehörde (Autorità di vigilanza dei mercati finanziari, Austria; in prosieguo: il «FMA») ha chiesto alla ricorrente di fornirgli una tabella che indicasse il capitale ammissibile e che specificasse l’importo più elevato raggiunto con il superamento del limite delle grandi esposizioni, su base individuale e su base consolidata, per ciascun mese nel periodo dal dicembre 2016 al settembre 2017. La ricorrente ha fornito al FMA le informazioni richieste.

13      Il 17 febbraio 2021, la BCE ha trasmesso alla ricorrente un progetto di decisione, al fine di consentirle di presentare le sue osservazioni. Il 2 marzo 2021 la ricorrente ha presentato osservazioni scritte su tale progetto di decisione.

14      Il 29 giugno 2021 la BCE ha dato alla ricorrente la possibilità di presentare le sue osservazioni su una versione riveduta del progetto di decisione, a seguito delle modifiche apportate all’articolo 97, paragrafo 1, del BWG. La ricorrente ha ribadito le osservazioni da essa effettuate il 2 marzo 2021.

15      Il 2 agosto 2021 la BCE ha emanato la decisione ECB/SSM/2021-ATBAW-7-ESA-2018-0000126, adottata in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera d), e dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013, in combinato disposto con l’articolo 395, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 e con l’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG, che impone alla ricorrente il pagamento di interessi di recupero per un importo pari a EUR 19 332 923,82 (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

16      In primo luogo, la BCE, facendo riferimento alla sua relazione finale d’indagine, ha ritenuto che la ricorrente disponesse soltanto delle informazioni che le consentivano di individuare l’importo di ciascuna delle esposizioni sottostanti al portafoglio Vermeer e non già dell’identità di ciascuno dei debitori interessati, in quanto le informazioni pertinenti le erano fornite in formato criptato e, pertanto, essa avrebbe dovuto applicare l’articolo 6, paragrafo 2, lettera a), del regolamento delegato n. 1187/2014 al fine di determinare il contributo di dette esposizioni sottostanti all’esposizione al rischio.

17      In secondo luogo, la BCE, alla luce delle informazioni fornite dalla ricorrente al FMA, ha ritenuto che, in base all’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 2, lettera a), del regolamento delegato n. 1187/2014, essa avesse superato il limite di esposizione del 25% del capitale ammissibile nei confronti del FCT Pearl per dieci mesi consecutivi tra dicembre 2016 e settembre 2017.

18      In terzo luogo, la BCE ha ritenuto che dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera d), e paragrafo 3, nonché dall’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 1024/2013 discendesse che essa era legittimata ad imporre interessi di recupero alla ricorrente a norma dell’articolo 97 del BWG, misura qualificata come «misura amministrativa» ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338), nella sentenza del 7 agosto 2018, VTB Bank (Austria) (C‑52/17, EU:C:2018:648). Essa ha inoltre rilevato che la modifica apportata all’articolo 97 del BWG il 28 maggio 2021 era irrilevante. Da un lato, l’eccezione aggiunta con tale modifica riguarderebbe solo i superamenti relativi ad esposizioni rientranti nel portafoglio di negoziazione, le quali sono autorizzate, a determinate condizioni, dall’articolo 395, paragrafo 5, del regolamento n. 575/2013. Dall’altro lato, le esposizioni nei confronti del FCT Pearl non sarebbero state classificate dalla ricorrente nel suo portafoglio di negoziazione, bensì al di fuori di quest’ultimo.

19      In quarto luogo, di conseguenza, la BCE ha imposto alla ricorrente interessi di recupero per un importo pari a EUR 19 332 923,82, di cui EUR 10 159 572,31 per la violazione dell’articolo 395, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 su base individuale e EUR 9 173 351,51 per la sua violazione su base consolidata.

 Conclusioni delle parti

20      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la BCE alle spese.

21      La BCE e la Repubblica d’Austria chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

22      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce, in sostanza, sei motivi, vertenti, rispettivamente, in primo luogo, sull’incompetenza della BCE ad imporre interessi di recupero, in secondo luogo, sull’intervenuta prescrizione dell’imposizione di interessi di recupero, in terzo luogo, su errori di diritto e di valutazione della BCE nell’accertamento di una violazione a carico della ricorrente, in quarto luogo, sulla violazione del principio di proporzionalità, in quinto luogo, sulla violazione del suo obbligo di prendere in considerazione tutti gli elementi pertinenti del caso di specie e, in sesto luogo e in subordine, su errori di calcolo nell’importo degli interessi di recupero imposti.

 Sul primo motivo di ricorso, vertente sullincompetenza della BCE

23      La ricorrente sostiene che il regolamento n. 1024/2013, e in particolare il suo articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, seconda frase, non conferisce alla BCE la competenza ad imporre interessi di recupero ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG e che alla BCE, a norma dell’articolo 9, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento n. 1024/2013, era consentito soltanto chiedere al FMA di esercitare tale potere riconosciutogli dal diritto austriaco. Essa aggiunge che la sentenza del 7 agosto 2018, VTB Bank (Austria) (C‑52/17, EU:C:2018:648), è priva di rilevanza.

24      La BCE, sostenuta dalla Repubblica d’Austria, ritiene di essere competente ad applicare l’articolo 97, paragrafo 2, del BWG in quanto si tratta di un potere conferito dal «pertinente diritto dell’Unione» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, seconda frase, del regolamento n. 1024/2013 e sostiene che la sua competenza ad imporre interessi di recupero risulta implicitamente dalla sentenza del 7 agosto 2018, VTB Bank (Austria) (C‑52/17, EU:C:2018:648).

25      Con la decisione impugnata, la BCE ha imposto alla ricorrente interessi di recupero, ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG, a causa della violazione da parte di quest’ultima dell’articolo 395, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013.

26      Secondo l’articolo 395, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013, nella sua versione applicabile nel periodo controverso, «[t]enuto conto dell’effetto dell’attenuazione del rischio di credito conformemente agli articoli da 399 a 403, l’ammontare dell’esposizione di un ente verso un singolo cliente o un gruppo di clienti connessi non supera il 25% del capitale ammissibile dell’ente stesso[; q]uando il cliente è un ente o quando un gruppo di clienti connessi include uno o più enti, detto importo non supera il 25% del capitale ammissibile dell’ente o 150 milioni di EUR, se superiore, purché la somma dei valori delle esposizioni, tenuto conto dell’effetto dell’attenuazione del rischio di credito conformemente agli articoli da 399 a 403, verso tutti i clienti connessi che non sono enti non superi il 25% del capitale ammissibile dell’ente».

27      Ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG:

«Il FMA impone interessi agli enti creditizi, alle imprese responsabili conformemente all’articolo 30, paragrafo 6, [della presente legge] nonché all’organismo centrale nel caso di un’associazione di enti creditizi ai sensi dell’articolo 30a di detta legge, per i seguenti importi: (…) 2% del superamento del limite delle grandi esposizioni previsto dall’articolo 395, paragrafo 1, del [regolamento n. 575/2013], calcolate annualmente, per 30 giorni, salvo in caso di superamento autorizzato del limite ai sensi dell’articolo 395, paragrafo 5, [di tale regolamento], di misure di vigilanza ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 2, [della presente legge] o di sovraindebitamento dell’ente creditizio».

28      A norma dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1024/2013, alla BCE è stato affidato il compito di «assicurare il rispetto degli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, che impongono agli enti creditizi requisiti prudenziali relativamente (…) [ai] limiti ai grandi rischi». Secondo l’articolo 4, paragrafo 3, di detto regolamento, «ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento e allo scopo di assicurare standard elevati di vigilanza, la BCE applica tutto il pertinente diritto dell’Unione e, se tale diritto dell’Unione è composto da direttive, la legislazione nazionale di recepimento di tali direttive[; l]addove il pertinente diritto dell’Unione sia costituito da regolamenti e al momento tali regolamenti concedano esplicitamente opzioni per gli Stati membri, la BCE applica anche la legislazione nazionale di esercizio di tali opzioni». Inoltre, poiché la ricorrente è un ente significativo ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento n. 1024/2013, l’attuazione di tale compito spetta direttamente alla BCE e non alle autorità nazionali nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Landeskreditbank Baden-Württemberg/BCE, T‑122/15, EU:T:2017:337, punto 63).

29      La BCE è pertanto competente ad assicurare il rispetto dell’articolo 395, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 da parte della ricorrente, circostanza che quest’ultima non mette in discussione.

30      La ricorrente contesta, per contro, la competenza della BCE ad imporre interessi di recupero in applicazione dell’articolo 97 del BWG in forza dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, seconda frase, del regolamento n. 1024/2013.

31      In primo luogo, occorre rilevare che l’articolo 9 del regolamento n. 1024/2013 figura all’inizio del capo III di tale regolamento, intitolato «Poteri della BCE», e che esso è a sua volta rubricato «Poteri di vigilanza e di indagine». Tale articolo dispone quanto segue:

«1. Al fine esclusivo di assolvere i compiti attribuitile dall’articolo 4, paragrafo 1, dall’articolo 4, paragrafo 2, e dell’articolo 5, paragrafo 2, la BCE è considerata, ove opportuno, autorità competente o autorità designata negli Stati membri partecipanti come stabilito dal pertinente diritto dell’Unione.

Al medesimo fine esclusivo, la BCE ha tutti i poteri e obblighi di cui al presente regolamento. Ha inoltre tutti i poteri e gli obblighi che il pertinente diritto dell’Unione conferisce alle autorità competenti e designate, salvo diversamente disposto dal presente regolamento. In particolare, la BCE gode dei poteri elencati nelle sezioni 1 e 2 del presente capo.

Nella misura necessaria ad assolvere i compiti attribuitile dal presente regolamento, la BCE può chiedere, mediante istruzioni, alle autorità nazionali in questione di utilizzare i propri poteri, in virtù e in conformità delle condizioni stabilite dal diritto nazionale, qualora il presente regolamento non attribuisca tali poteri alla BCE. Le autorità nazionali in questione informano la BCE in modo esaustivo in merito all’esercizio di detti poteri.

2. La BCE esercita i poteri di cui al paragrafo 1 del presente articolo conformemente agli atti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma. Nell’esercizio dei rispettivi poteri di vigilanza e di indagine, la BCE e le autorità nazionali competenti cooperano strettamente.

(…)».

32      In tal senso, l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013 enuncia che, per l’assolvimento dei suoi compiti prudenziali, la BCE costituisce l’autorità competente e che a tal fine essa dispone di tre categorie di poteri di vigilanza e di indagine.

33      Sotto un primo profilo, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, prima frase, del regolamento n. 1024/2013, la BCE ha i poteri di cui a tale regolamento. Essi figurano nella sezione 1 (poteri di indagine) e nella sezione 2 (poteri di vigilanza specifici) del capo III di tale regolamento. Si tratta delle richieste di informazioni (articolo 10), delle indagini generali (articolo 11), delle ispezioni in loco (articoli 12 e 13), dell’autorizzazione (articolo 14) e, più in generale, di tutti i poteri elencati all’articolo 16, rubricato «Poteri di vigilanza». Inoltre, essa ha il potere di imporre sanzioni amministrative, previsto all’articolo 18 del medesimo regolamento.

34      Sotto un secondo profilo, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, seconda frase, del regolamento n. 1024/2013, la BCE ha i poteri «che il pertinente diritto dell’Unione conferisce alle autorità competenti (…), salvo diversamente disposto dal presente regolamento». Su tale base la BCE ha ritenuto di disporre dei poteri riconosciuti dall’articolo 97 del BWG al FMA.

35      Infine, sotto un terzo profilo, a norma dell’articolo 9, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento n. 1024/2013, la BCE può dare istruzione alle autorità nazionali di «utilizzare i propri poteri, in virtù e in conformità delle condizioni stabilite dal diritto nazionale, qualora il presente regolamento non attribuisca tali poteri alla BCE». La ricorrente sostiene, in sostanza, che doveva trovare applicazione detto comma, cosicché la BCE non poteva imporre, da sola, interessi di recupero, bensì avrebbe dovuto impartire istruzioni in tal senso al FMA.

36      In secondo luogo, si deve osservare che il «pertinente diritto dell’Unione» di cui all’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, seconda frase, del regolamento n. 1024/2013 è quello che costituisce il quadro normativo che disciplina la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi. Tale quadro normativo è costituito in particolare, oltre che dal regolamento n. 1024/2013, dal regolamento n. 575/2013 e dalla direttiva 2013/36, i quali, secondo, rispettivamente, i loro considerando 5 e 2, devono essere letti in combinato disposto. I poteri delle autorità competenti in materia di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi sono previsti nel titolo VII della direttiva 2013/36.

37      L’articolo 65, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 recita come segue:

«Fatti salvi i poteri di vigilanza delle autorità competenti di cui all’articolo 64 e il diritto degli Stati membri di prevedere e irrogare sanzioni penali, gli Stati membri prevedono norme in materia di sanzioni amministrative e altre misure amministrative relative alle violazioni delle disposizioni nazionali di recepimento della presente direttiva e del [regolamento n. 575/2013] e adottano tutte le misure necessarie ad assicurarne l’attuazione (…)».

38      Ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, è previsto che «[i]l presente articolo si applica almeno in presenza di una delle seguenti circostanze: (…) k) un ente assume un’esposizione superiore ai limiti fissati all’articolo 395 del regolamento (UE) n. 575/2013». L’articolo 67, paragrafo 2, della stessa direttiva dispone che «[g]li Stati membri assicurano che nei casi di cui al paragrafo 1 le sanzioni amministrative e le altre misure amministrative applicabili includano almeno quanto segue (…)». Figura poi un elenco di sanzioni e altre misure amministrative, che non include l’imposizione di interessi di recupero.

39      Pertanto, dalla direttiva 2013/36 risulta che, da un lato, spetta agli Stati membri determinare le sanzioni amministrative e le altre misure amministrative applicabili in caso di violazione, in particolare, del regolamento n. 575/2013 e, dall’altro, gli Stati membri sono tenuti a prevedere determinate sanzioni e misure amministrative e sono liberi di prevederne ulteriori.

40      In terzo luogo, di conseguenza, l’esito del presente motivo di ricorso dipende dalla questione se l’espressione «che il pertinente diritto dell’Unione conferisce» contenuta nell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, seconda frase, del regolamento n. 1024/2013 includa un potere delle autorità nazionali che non è espressamente contemplato dall’articolo 67, paragrafo 2, della direttiva 2013/36, bensì rientra nella qualificazione di «misura amministrativa» ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, della medesima direttiva oppure se, al contrario, l’esercizio di un siffatto potere permanga nella competenza esclusiva delle autorità nazionali, alle quali la BCE deve dare istruzione di esercitarlo, in applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, terzo comma, di detto regolamento.

41      A tal riguardo, sotto un primo profilo, occorre rilevare che l’espressione «in forza del diritto dell’Unione» è stata interpretata nel senso che essa include tutti i poteri derivanti dal quadro normativo istituito da una direttiva, sia che essi derivino da un obbligo o da una facoltà per lo Stato membro di legiferare, a differenza del riconoscimento da parte della stessa direttiva del potere degli Stati membri in virtù del diritto nazionale di prevedere disposizioni più rigorose al di fuori del quadro della disciplina istituita da tale direttiva (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2016, Safe Interenvíos, C‑235/14, EU:C:2016:154, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).

42      Orbene, sotto un secondo profilo, dalla sentenza del 7 agosto 2018, VTB Bank (Austria) (C‑52/17, EU:C:2018:648), risulta che l’imposizione di interessi di recupero rientra nel regime giuridico istituito dalla direttiva 2013/36.

43      Infatti, in tale sentenza è stato stabilito, con riferimento a una versione precedente dell’articolo 97 del BWG, che l’imposizione di interessi di recupero ai sensi di tale disposizione è assimilabile a una misura amministrativa rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 65, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, essendo irrilevante la circostanza che essi non siano menzionati nell’elenco di cui all’articolo 67, paragrafo 2, della direttiva 2013/36, poiché dalla formulazione di detta disposizione risulta che tale elenco non è esaustivo e poiché l’articolo 65, paragrafo 1, prevede che gli Stati membri adottino tutte le misure che ritengono necessarie ad assicurare l’attuazione della suddetta direttiva e del regolamento n. 575/2013 [sentenza del 7 agosto 2018, VTB Bank (Austria), C‑52/17, EU:C:2018:648, punti da 31 a 44].

44      Più in particolare, la Corte ha evidenziato che, conformemente al considerando 9 del regolamento n. 575/2013, al fine di evitare distorsioni del mercato e l’arbitraggio regolamentare, requisiti prudenziali minimi adottati dal diritto dell’Unione europea dovrebbero garantire la massima armonizzazione e ne ha dedotto che, in caso di superamento dei limiti di cui all’articolo 395, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013, gli Stati membri devono imporre agli enti creditizi non già una misura di diritto nazionale bensì una sanzione amministrativa o un’altra misura amministrativa ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 [sentenza del 7 agosto 2018, VTB Bank (Austria), C‑52/17, EU:C:2018:648, punto 41].

45      Sotto un terzo profilo, ne consegue che la circostanza che l’imposizione di interessi di recupero non sia menzionata nell’elenco di cui all’articolo 67, paragrafo 2, della direttiva 2013/36 non osta a che quest’ultima rientri nel regime giuridico istituito dalla medesima direttiva. Pertanto, l’imposizione di interessi di recupero è assimilabile a un potere «che il pertinente diritto dell’Unione conferisce» al FMA ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, seconda frase, del regolamento n. 1024/2013.

46      La BCE era pertanto competente ad imporre direttamente alla ricorrente interessi di recupero.

47      Il presente motivo di ricorso deve dunque essere respinto.

 Sul quarto motivo di ricorso, vertente su una violazione del principio di proporzionalità

48      La ricorrente sostiene, in sostanza, che la BCE ha violato il principio di proporzionalità imponendole interessi di recupero ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG. A tal riguardo, la ricorrente fa valere in particolare, da un lato, che la decisione impugnata è sproporzionata in quanto non prende in considerazione che la sua asserita inosservanza si limita al fatto che essa disponeva inizialmente dei nomi, degli indirizzi e delle date di nascita dei mutuatari unicamente in formato criptato, sebbene la stessa abbia scelto tale approccio per uno scopo legittimo, ossia rispettare le prescrizioni in materia di protezione dei dati e ridurre al minimo il trattamento inutile di dati personali e, dall’altro, che, per garantire il rispetto delle prescrizioni in materia di grandi esposizioni di cui all’articolo 395, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013, venivano trasmessi dati supplementari in formato non criptato.

49      Interrogata in udienza, la BCE ha confermato di essersi basata sull’interpretazione dell’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG seguita dai giudici austriaci secondo cui l’imposizione di interessi di recupero è automatica qualora siano soddisfatte le condizioni previste da tale disposizione. Essa ha sostenuto, in sostanza, di essere tenuta ad applicare detto articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG, poiché tale disposizione non è di per sé sproporzionata. Nelle sue memorie essa contesta altresì la fondatezza degli argomenti della ricorrente diretti a dimostrare il carattere sproporzionato degli interessi di recupero nel caso di specie.

50      A tal proposito, la Repubblica d’Austria, sia nella sua memoria di intervento sia in udienza, ha confermato che l’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG è interpretato dai giudici austriaci nel senso che esso dà automaticamente luogo all’imposizione di interessi di recupero qualora siano soddisfatte le condizioni ivi indicate.

51      L’articolo 65, paragrafo 1, ultima frase, della direttiva 2013/36 precisa che le «sanzioni amministrative e le altre misure amministrative sono effettive, proporzionate e dissuasive».

52      Secondo l’articolo 70 della direttiva 2013/36, rubricato «Applicazione effettiva delle sanzioni ed esercizio dei poteri di irrogare sanzioni da parte delle autorità competenti»:

«Gli Stati membri assicurano che, nello stabilire il tipo di sanzione amministrativa o di altra misura amministrativa e il livello delle sanzioni amministrative pecuniarie, le autorità competenti tengano conto di tutte le circostanze pertinenti, tra cui, se del caso:

a)      la gravità e la durata della violazione;

b)      il grado di responsabilità della persona fisica o giuridica responsabile della violazione;

c)      la capacità finanziaria della persona fisica o giuridica responsabile della violazione, quale risulta, ad esempio, dal fatturato complessivo di una persona giuridica o dal reddito annuo di una persona fisica;

d)      l’importanza dei profitti realizzati e delle perdite evitate da parte della persona fisica o giuridica responsabile della violazione, nella misura in cui possano essere determinati;

e)      le perdite subite dai terzi a causa della violazione, nella misura in cui possano essere determinate;

f)      il livello di cooperazione con l’autorità competente da parte della persona fisica o giuridica responsabile della violazione;

g)      precedenti violazioni da parte della persona fisica o giuridica responsabile della violazione;

h)      potenziali conseguenze sistemiche della violazione».

53      Poiché dal precedente punto 49 risulta che la BCE ha adottato la decisione impugnata in base al postulato secondo cui l’applicazione dell’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG è automatica e, pertanto, implica l’esercizio di un potere vincolato, spetta al Tribunale verificare la correttezza di tale postulato. Infatti, la natura del potere che la BCE deve esercitare in sede di imposizione di una misura amministrativa costituisce una questione preliminare che determina il modo in cui la BCE era tenuta a svolgere il suo esame della proporzionalità dell’imposizione di interessi di recupero. Invero, nell’ipotesi in cui la BCE disponesse di un margine di discrezionalità che comportasse per la stessa l’obbligo di esaminare la proporzionalità dell’imposizione di interessi di recupero alla luce delle circostanze del caso di specie, da ciò deriverebbe che la valutazione della proporzionalità degli interessi di recupero da parte della BCE nella decisione impugnata si fonda su una premessa errata in diritto.

54      A tal riguardo, il fatto che la ricorrente, nell’ambito del presente motivo di ricorso, non abbia messo in discussione l’automatismo dell’applicazione dell’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG non impedisce al Tribunale di esaminare tale questione.

55      Infatti, dalla giurisprudenza si evince che, nel quadro della lite delimitato dalle parti, il giudice dell’Unione, pur dovendo limitarsi a statuire sulla domanda delle stesse, non può essere vincolato ai soli argomenti invocati da queste ultime a sostegno delle loro pretese, salvo vedersi costretto, eventualmente, a basare la propria decisione su considerazioni giuridiche erronee (v. sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 65 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punto 58). Ciò vale, in particolare, qualora la presa in considerazione di un aspetto della normativa pertinente non sollevata da una ricorrente sia necessaria per rispondere ad una questione preliminare che deve essere risolta alla luce dell’argomento da essa dedotto (v., in tal senso, sentenze dell’8 luglio 2010, Commissione/Putterie-De-Beukelaer, T‑160/08 P, EU:T:2010:294, punti 65 e 66, e del 12 giugno 2019, RV/Commissione, T‑167/17, EU:T:2019:404, punto 59).

56      Conformemente al principio del contraddittorio, le parti sono state invitate, in udienza, ad esprimersi sulla compatibilità dell’interpretazione dell’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG seguita dalla BCE con l’articolo 70 della direttiva 2013/36.

57      In primo luogo, poiché è in questione l’interpretazione di una disposizione di diritto nazionale, occorre ricordare che, in linea di principio, si deve valutare la portata delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali tenendo conto dell’interpretazione che ne danno i giudici nazionali (v., in tal senso, sentenza del 16 settembre 2015, Commissione/Slovacchia, C‑433/13, EU:C:2015:602, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

58      Pertanto, allorché il Tribunale è chiamato a sindacare la fondatezza dell’applicazione da parte della BCE della legislazione nazionale di recepimento di una direttiva, l’interpretazione dei giudici nazionali è sufficiente a stabilire la portata di tale legislazione nazionale qualora ne consegua un accertamento della compatibilità con la direttiva di cui opera il recepimento. In una siffatta ipotesi, le censure volte a rimettere in discussione la fondatezza dell’interpretazione fornita da detti giudici devono essere senz’altro respinte (v., in tal senso, sentenza del 24 aprile 2018, Caisse régionale de crédit agricole mutuel Alpes Provence e a./BCE, da T‑133/16 a T‑136/16, EU:T:2018:219, punti da 84 a 92).

59      Diverso è tuttavia il caso in cui l’interpretazione dei giudici nazionali non consenta di garantire la compatibilità del diritto nazionale con una direttiva.

60      Infatti, in una simile ipotesi, il rispetto del principio del primato del diritto dell’Unione implica che il Tribunale, al pari di un giudice nazionale, interpreti il diritto nazionale, se necessario, per quanto possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva recepita, al fine di conseguire il risultato perseguito da quest’ultima (v., in tal senso, sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez, C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 24).

61      Sebbene l’obbligo di fare riferimento al diritto dell’Unione nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme pertinenti del diritto interno trovi un limite nei principi generali del diritto e sebbene non possa servire a fondare un’interpretazione contra legem del diritto nazionale, l’esigenza di un’interpretazione conforme include tuttavia l’obbligo di modificare, se del caso, una giurisprudenza consolidata se questa si basa su un’interpretazione del diritto nazionale incompatibile con gli scopi di una direttiva (v., in tal senso, sentenza del 19 aprile 2016, DI, C‑441/14, EU:C:2016:278, punti 32 e 33, nonché giurisprudenza ivi citata).

62      Ove non possa procedere a un’interpretazione della normativa nazionale conforme alle prescrizioni del diritto dell’Unione, il Tribunale, al pari del giudice nazionale incaricato di applicare le disposizioni di diritto dell’Unione, avrebbe l’obbligo di garantire la piena efficacia delle medesime, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi normativa nazionale, anche posteriore, che sia contraria a una disposizione del diritto dell’Unione che abbia effetto diretto (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punti 58 e 61).

63      In secondo luogo, occorre constatare che l’articolo 70 della direttiva 2013/36, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1, l’articolo 65, paragrafo 1, e il considerando 37 di tale direttiva, deve essere inteso nel senso che esso implica che spetta al FMA e, di conseguenza, alla BCE, stabilire il tipo di misura amministrativa tenendo conto di tutte le circostanze, il che comporta necessariamente l’esistenza di un margine di discrezionalità in capo agli stessi ed esclude che questi ultimi si trovino in una situazione di potere vincolato.

64      Sotto un primo profilo, ciò risulta dall’interpretazione letterale e contestuale dell’articolo 70, paragrafo 1, della direttiva 2013/36.

65      Anzitutto, si deve rilevare che, sebbene il titolo dell’articolo 70 della direttiva 2013/36 si riferisca alle sole «sanzioni», dalla formulazione di detto articolo risulta che tale disposizione riguarda anche la determinazione del tipo delle «altre misure amministrative». Pertanto, la rilevanza conferita all’obbligo per gli Stati membri di assicurare che le autorità competenti tengano conto di tutte le circostanze – di cui viene fornito un elenco non esaustivo – vale anche nei loro confronti.

66      Inoltre, dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 si evince che le «autorità competenti» di cui all’articolo 70 della direttiva 2013/36 sono quelle «incaricate di esercitare le funzioni e le attribuzioni previste dalla presente direttiva», ossia, per quanto riguarda l’Austria, il FMA e, per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 1024/2013, la BCE.

67      Infine, occorre rilevare che l’articolo 65, paragrafo 1, e l’articolo 70 sono inclusi nella medesima sezione della direttiva 2013/36, relativa ai «poteri di vigilanza, poteri di irrogare sanzioni e diritto di ricorso», cosicché si deve ritenere che la nozione di «misure amministrative» contenuta in tali due disposizioni abbia lo stesso significato. Pertanto, poiché dalla sentenza del 7 agosto 2018, VTB Bank (Austria) (C‑52/17, EU:C:2018:648), risulta che gli interessi di recupero costituiscono una misura amministrativa ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, la loro applicazione è disciplinata dall’articolo 70 della medesima direttiva.

68      Sotto un secondo profilo, tale conclusione è confermata dall’interpretazione teleologica dell’articolo 70 della direttiva 2013/36, in quanto il suo considerando 37 dimostra l’intenzione del legislatore che gli Stati membri siano tenuti «ad assicurare che le autorità competenti prendano in considerazione tutte le circostanze del caso».

69      Sotto un terzo profilo, si deve constatare che l’obbligo della BCE di tenere conto di tutte le circostanze implica che quest’ultima proceda ad un esame delle circostanze particolari del caso di specie in sede di adozione di una misura amministrativa.

70      Sotto un quarto profilo, ne consegue che un’interpretazione dell’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG che ponga la BCE in una situazione di potere vincolato non le consentirebbe di tenere conto di tutte le circostanze pertinenti ed equivarrebbe a rendere tale disposizione incompatibile con l’articolo 70 della direttiva 2013/36.

71      È pur vero che dalla formulazione dell’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG emerge che l’automatismo dell’imposizione degli interessi di recupero è compensato dalla previsione, nella disposizione stessa, di due circostanze in cui la violazione dell’articolo 395, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 non comporta l’imposizione di interessi di recupero. Ciò si verifica nel caso in cui l’ente creditizio, da un lato, sia oggetto di una decisione amministrativa dell’autorità competente che gli impone l’adozione di determinate misure a causa del rischio che lo stesso non possa rispettare gli obblighi nei confronti dei suoi creditori o al fine di garantire la stabilità del sistema finanziario, ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 2, del BWG o, dall’altro, si trovi in una situazione di sovraindebitamento.

72      Tuttavia, si deve osservare che la rilevanza conferita dal legislatore austriaco a due circostanze in cui una violazione dell’articolo 395, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 non comporta l’imposizione di interessi di recupero non può essere equivalente alla presa in considerazione da parte dell’autorità competente di «tutte le circostanze pertinenti», prevista dall’articolo 70 della direttiva 2013/36.

73      Del pari, il fatto che gli interessi di recupero imposti ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG rientrino nella qualificazione di «misura amministrativa» piuttosto che in quella di «sanzione amministrativa» ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 non consente di rendere compatibile con l’articolo 70 di detta direttiva l’automatismo della loro imposizione.

74      Se è pur vero che, a causa di tale differenza di natura, l’obbligo dell’autorità competente di tenere conto di tutte le circostanze non può necessariamente avere la stessa intensità nel caso in cui sia in questione una misura amministrativa, come l’imposizione di interessi di recupero o una sanzione amministrativa o, a fortiori, una sanzione amministrativa pecuniaria, resta nondimeno il fatto che l’ambito di applicazione dell’articolo 70 della direttiva 2013/36 non è limitato alle sanzioni amministrative, ma include anche le misure amministrative.

75      In terzo luogo, occorre rilevare che l’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG può essere interpretato alla luce dell’articolo 70 della direttiva 2013/36, nel senso che esso implica un margine di discrezionalità in capo alla BCE che le consente, se del caso, di non imporre interessi di recupero qualora ritenga che le circostanze richiedano una decisione siffatta.

76      Sotto un primo profilo, la formulazione dell’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG non esclude espressamente la possibilità che il FMA possa disporre, se del caso, di un margine di discrezionalità per quanto riguarda l’opportunità di applicare tali interessi.

77      Sotto un secondo profilo, la sezione XXII del BWG include anche l’articolo 99e, che riprende il contenuto dell’articolo 70 della direttiva 2013/36, da cui si evince che, nello stabilire il tipo di sanzione o di misura da adottare in risposta alle violazioni del regolamento n. 575/2013, il FMA deve, se del caso, tenere conto delle stesse circostanze contemplate all’articolo 70 della direttiva 2013/36, il cui elenco è anch’esso indicato come non tassativo. Pertanto, il riferimento alle «misure» contenuto in tale articolo può senz’altro essere inteso nel senso che esso include l’imposizione di interessi di recupero di cui all’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG.

78      Sotto un terzo profilo, il riconoscimento alla BCE di un margine di discrezionalità nell’applicazione dell’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG non arreca alcun pregiudizio alla ricorrente, cosicché non può essere limitato dal rispetto dei principi generali del diritto ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 61.

79      In quarto luogo, di conseguenza, nei limiti in cui la BCE ha adottato la decisione impugnata considerando che l’imposizione di interessi di recupero aveva carattere automatico, la stessa si è basata su una premessa errata in diritto, la quale ha inficiato il suo esame della proporzionalità dell’applicazione dell’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG, poiché tale premessa l’ha indotta a non esaminare le circostanze del caso di specie.

80      Infine, in quinto luogo, per quanto riguarda l’argomento della BCE vertente, in sostanza, sul fatto che l’imposizione di interessi di recupero non sarebbe sproporzionata rispetto a dette circostanze, tale argomento deve essere considerato irrilevante ai fini dell’esame della legittimità della decisione impugnata.

81      Infatti, non spetta al giudice dell’Unione sostituirsi alla convenuta procedendo al suo posto ad un esame che essa non ha mai effettuato e valutando le conclusioni cui essa sarebbe pervenuta al temine di tale esame (v., in tal senso, sentenza del 13 maggio 2015, Niki Luftfahrt/Commissione, T‑511/09, EU:T:2015:284, punto 149 e giurisprudenza ivi citata).

82      Poiché la BCE ha erroneamente ritenuto di dover applicare l’articolo 97, paragrafo 1, punto 2, del BWG, nell’adozione della decisione impugnata, le considerazioni concernenti le circostanze del caso di specie che essa presenta nelle sue memorie non hanno potuto essere prese in considerazione nella decisione impugnata.

83      Occorre, pertanto, accogliere il presente motivo di ricorso e perciò annullare la decisione impugnata, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi dedotti dalla ricorrente.

 Sulle spese

84      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La BCE, rimasta soccombente, dev’essere condannata a farsi carico delle proprie spese e di quelle sostenute dalla ricorrente.

85      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. Le spese sostenute dalla Repubblica d’Austria resteranno quindi a suo carico.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della Banca centrale europea (BCE) ECB/SSM/2021-ATBAW-7-ESA-2018-0000126, del 2 agosto 2021, è annullata.

2)      La BCE si farà carico delle proprie spese e di quelle sostenute dalla BAWAG PSK Bank für Arbeit und Wirtschaft und Österreichische Postsparkasse AG.

3)      Le spese sostenute dalla Repubblica d’Austria resteranno a suo carico.

Schalin

Škvařilová-Pelzl

Nõmm

Steinfatt

 

      Kukovec

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 28 febbraio 2024.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.