Language of document : ECLI:EU:T:2012:221

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

8 maggio 2012 (*)

«Marchio comunitario – Opposizione – Domanda di marchio comunitario figurativo Royal Veste e premia lo sport – Marchi denominativi anteriori, comunitario e internazionale, veste lo sport – Marchio figurativo anteriore non registrato panzeri veste lo sport – Impedimenti relativi alla registrazione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T‑348/10,

Luigi Panzeri, residente a Monguzzo, rappresentato da C. Galli, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato da P. Bullock, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI:

Royal Trophy Srl, con sede in Cava de’ Tirreni,

avente ad oggetto un ricorso proposto avverso la decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI del 20 maggio 2010 (procedimento R 988/2009‑1), relativa ad un procedimento di opposizione tra il sig. Luigi Panzeri e la Royal Trophy Srl,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto dai sigg. N. J. Forwood, presidente, F. Dehousse (relatore) e J. Schwarcz, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 16 agosto 2010,

visto il controricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 9 dicembre 2010,

vista la decisione del 24 febbraio 2011 di non versare al fascicolo di causa la replica tardivamente depositata dalla Royal Trophy Srl,

vista la decisione del 3 marzo 2011 che nega l’autorizzazione al deposito di una replica,

vista la modifica della composizione delle sezioni del Tribunale,

in seguito all’udienza del 24 gennaio 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 7 ottobre 2006 la Royal Trophy Srl presentava una domanda di registrazione di marchio comunitario presso l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il segno figurativo di seguito riprodotto:

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3        I prodotti per i quali era stata chiesta la registrazione rientrano segnatamente nelle classi 25 e 28 ai sensi dell’Accordo di Nizza, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono in particolare, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 25: «Articoli di abbigliamento»;

–        classe 28: «Articoli per la ginnastica e lo sport non compresi in altre classi».

4        La domanda di marchio comunitario veniva pubblicata sul Bollettino dei marchi comunitari n. 7/2007 del 19 febbraio 2007.

5        Il 14 maggio 2007 il ricorrente, sig. Luigi Panzeri, proponeva opposizione alla registrazione del marchio richiesto ai sensi dell’articolo 42 del regolamento n. 40/94 (divenuto articolo 41 del regolamento n. 207/2009), per i prodotti indicati al precedente punto 3.

6        L’opposizione si fondava sul marchio denominativo comunitario registrato il 21 marzo 2001 con il numero 1533504 e sul marchio denominativo internazionale registrato il 18 ottobre 1991 con il numero 5769068 (aventi effetto in Benelux, Germania, Spagna, Francia, Ungheria, Polonia, Portogallo e Romania) veste lo sport, i quali designano i prodotti della classe 25 e corrispondono alla seguente descrizione: «Abbigliamento in generale, abbigliamento sportivo e per il tempo libero» (in prosieguo: i «marchi anteriori»).

7        L’opposizione si fondava altresì sul marchio figurativo non registrato (in prosieguo: il «marchio anteriore non registrato»), impiegato sul territorio di alcuni Stati membri (tra cui l’Italia) per «abbigliamento, in particolare abbigliamento sportivo», di seguito riprodotto:

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8        I motivi dedotti a sostegno dell’opposizione erano quelli elencati all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b) (per i marchi anteriori) e paragrafo 4 (per il marchio anteriore non registrato) del regolamento n. 40/94 [attualmente articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009].

9        In data 30 giugno 2009 la divisione d’opposizione respingeva integralmente l’opposizione. Essa riteneva, avuto riguardo all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, che non sussistesse alcuna somiglianza tra i segni in conflitto sul piano visivo, che vi fosse solo una debole somiglianza sul piano fonetico e che una certa somiglianza si presentasse sul piano concettuale per il consumatore italiano. Nel quadro di una valutazione complessiva del rischio di confusione, la divisione d’opposizione concludeva che non potesse sussistere un tale rischio per i marchi di cui trattasi, in considerazione soprattutto delle differenze di carattere visivo tra di essi. Su tale base, la divisione d’opposizione riteneva sostanzialmente che, con riferimento all’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009, non potesse esservi a fortiori alcun rischio di confusione dato che i marchi di cui trattasi erano anche più dissimili.

10      In data 25 agosto 2009 il ricorrente proponeva ricorso dinanzi all’UAMI avverso la decisione della divisione d’opposizione, ai sensi degli articoli 58‑64 del regolamento n. 207/2009.

11      Con decisione del 20 maggio 2010 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’UAMI respingeva il ricorso. In particolare, essa riteneva, con riferimento all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, che il termine «royal» fosse l’elemento dominante del marchio richiesto sui piani visivo, fonetico e concettuale e che l’espressione «veste e premia lo sport» ne costituisse un elemento secondario. Tale espressione fungerebbe da slogan pubblicitario. Inoltre, la commissione di ricorso osservava che l’espressione «veste e premia lo sport», contenuta nel marchio richiesto, era diversa da quella ripresa dai marchi anteriori. Ove pure l’espressione di cui trattasi fosse identica, l’elemento dominante del marchio richiesto sarebbe il termine «royal» e non sussisterebbe pertanto alcuna somiglianza visiva, fonetica o concettuale tra i segni in conflitto. Sulla base di queste considerazioni, la commissione di ricorso concludeva nel senso dell’insussistenza di qualsivoglia rischio di confusione nella specie, anche per prodotti identici. I prodotti contraddistinti dal marchio richiesto sarebbero identificati con il termine «royal», quelli contraddistinti dal marchio anteriore con l’espressione «veste lo sport». Quanto all’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009, la commissione di ricorso rilevava che in Italia e in altri Stati membri il diritto di impedire l’utilizzo di un marchio posteriore era subordinato all’esistenza di un rischio di confusione. Avendo constatato che il marchio non registrato conteneva un elemento ulteriore, ovvero il termine «panzeri», rispetto ai marchi anteriori registrati, la commissione di ricorso ne deduceva non sussistesse alcun rischio di confusione tale da impedire l’uso del marchio richiesto.

 Conclusioni delle parti

12      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nonché la decisione della divisione d’opposizione del 30 giugno 2009;

–        accogliere l’opposizione e respingere la domanda di marchio comunitario per i prodotti delle classi 25 (articoli di abbigliamento) e 28 (articoli per la ginnastica e lo sport non compresi in altre classi) e/o adottare ogni altro provvedimento opportuno;

–        condannare la Royal Trophy alle spese.

13      L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

14      A sostegno del suo ricorso, il ricorrente deduce in sostanza due motivi, vertenti rispettivamente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009.

15      L’UAMI osserva, in via preliminare, che i capi della domanda del ricorrente volti ad ottenere l’annullamento della decisione della divisione d’opposizione, l’accoglimento dell’opposizione e il rigetto della domanda di marchio comunitario sarebbero irricevibili.

 Sul capo della domanda volto all’annullamento della decisione impugnata

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009

16      Il ricorrente sostiene in primo luogo che il marchio richiesto riprende integralmente gli elementi denominativi contenuti nei marchi anteriori e che, in conformità alla sentenza della Corte del 6 ottobre 2005, Medion (C‑120/04, Racc. pag. I–8551, punti 30‑37), la commissione di ricorso avrebbe dovuto tener conto dei segni nel loro complesso, senza escludere arbitrariamente alcuni elementi del marchio richiesto (nella specie l’espressione «veste e premia lo sport»). In secondo luogo, il ricorrente contesta il fatto che il carattere distintivo delle espressioni «veste lo sport» e «veste e premia lo sport» sia stato escluso in ragione della loro pretesa natura di slogan pubblicitario. Al riguardo, il ricorrente rileva in particolare che il fatto che un’espressione possa valere come slogan pubblicitario non significa che la stessa sia priva di carattere distintivo intrinseco o acquisito con l’uso, che il marchio comunitario denominativo veste lo sport è stato registrato dall’UAMI, che il medesimo avrebbe acquisito (o, in ogni caso, rafforzato) il proprio carattere distintivo con l’uso e che corrisponderebbe a un’espressione metaforica (dato che lo sport, in quanto tale, non può essere «vestito»). Il fatto che i marchi anteriori veste lo sport siano stati utilizzati in combinazione con il termine «panzeri» non modificherebbe il carattere distintivo acquisito con l’uso degli stessi. A questo riguardo, il ricorrente si richiama alla sentenza della Corte del 7 luglio 2005, Nestlé (C‑353/03, Racc. pag. I‑6135, punti 27‑30). In terzo luogo, il ricorrente sostiene che la commissione di ricorso avrebbe erroneamente omesso di tenere conto dell’identità, riferita alla classe 25, o della somiglianza nettamente marcata, con riguardo alla classe 28, dei prodotti di cui trattasi. In particolare, il ricorrente sottolinea che i consumatori potrebbero ritenere che il marchio richiesto sia una variante dei marchi anteriori, volta a contraddistinguere una seconda linea di prodotti. In quarto luogo, la commissione di ricorso avrebbe commesso un errore limitando la propria valutazione al mero rischio di confusione, senza analizzare la questione del rischio di associazione che sussisterebbe nella fattispecie, sebbene quest’ultimo sia stato invocato dal ricorrente. Rinviando in particolare alla citata sentenza Medion, il ricorrente sostiene che la commissione di ricorso avrebbe erroneamente omesso di considerare la possibilità di un rischio di associazione nella specie.

17      L’UAMI sostiene, in primo luogo, che l’aspetto visivo riveste un’importanza particolare allorché si tratta, come nel caso di specie, di articoli di abbigliamento (inclusi quelli per la ginnastica e per lo sport). In tale ambito, il termine «royal» dominerebbe il marchio richiesto in virtù della sua posizione e della sua dimensione, nonché del fatto che l’espressione «veste e premia lo sport» sarebbe scritta in caratteri tenui e poco marcati. In secondo luogo, per quanto riguarda la sentenza Medion, di cui al precedente punto 16, invocata dal ricorrente, l’UAMI osserva che la circostanza per cui l’espressione «veste e premia lo sport» appaia separatamente nel marchio richiesto non significa necessariamente che essa vi conservi una posizione distintiva autonoma. L’UAMI sottolinea che per il pubblico che non ha familiarità con la lingua italiana, l’espressione «veste e premia lo sport» presenterebbe una normale distintività intrinseca. Considerato il ruolo del tutto secondario di detta espressione nel marchio richiesto, il consumatore non percepirebbe i marchi di cui trattasi come un’attribuzione di un’origine commerciale comune. Per quanto riguarda l’espressione «veste lo sport» che costituisce i marchi anteriori, e supponendo che essa non sia direttamente descrittiva, sarebbe allusiva e avrebbe pertanto una limitata capacità distintiva intrinseca. In terzo luogo, l’UAMI sottolinea che la commissione di ricorso avrebbe correttamente tenuto conto degli elementi volti a dimostrare il carattere distintivo dei marchi anteriori acquisito con l’uso, nel condurre l’analisi relativa all’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009. Peraltro, secondo l’UAMI, i marchi utilizzati includevano il termine «panzeri» che ne costituiva l’elemento dominante, laddove l’espressione «veste lo sport» occupava negli stessi una posizione secondaria. In ogni caso, anche tenendo conto della sentenza Nestlé, di cui al precedente punto 16, invocata dal ricorrente e ammettendo il carattere distintivo rafforzato dell’espressione «veste lo sport», non sussisterebbe alcun rischio di confusione considerata l’impressione complessiva diversa dei segni in conflitto dal punto di vista visivo. In quarto luogo, l’UAMI ritiene che la commissione di ricorso abbia tenuto conto dell’identità o della somiglianza dei prodotti di cui trattasi, ma abbia considerato la circostanza non decisiva. Oltre a ciò, contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, l’elemento dominante «royal» renderebbe inverosimile che i consumatori considerino il marchio richiesto una variante dei marchi anteriori. In quinto luogo, l’UAMI osserva che il rischio di associazione invocato dal ricorrente non costituisce un’alternativa rispetto al rischio di confusione, ma consente di precisarne l’estensione. Nella specie, la pretesa somiglianza tra i segni in conflitto poggerebbe su elementi verbali chiaramente allusivi e dunque, di ridotta fantasia. Un’eventuale somiglianza concettuale fondata su un elemento secondario del marchio richiesto non può compensare la differenza dei segni in conflitto sul piano visivo. L’UAMI aggiunge che il ricorrente non avrebbe dimostrato nel corso del procedimento amministrativo che il marchio veste lo sport godrebbe di particolare notorietà ma si sarebbe limitato a constatare un carattere distintivo rafforzato.

18      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b) del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se a causa della sua identità o della sua somiglianza con un marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dai due marchi, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore. Inoltre, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), i) e iii), del regolamento n. 207/2009, si intendono per marchi anteriori, rispettivamente, i marchi comunitari e i marchi registrati in base ad accordi internazionali con effetto in uno Stato membro, la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario.

19      Per giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o eventualmente da imprese economicamente legate tra loro. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione dev’essere valutato globalmente, sulla scorta della percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o dei servizi di cui trattasi, e prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi designati [v. sentenza del Tribunale del 9 luglio 2003, Laboratories RTB/UAMI ‑ Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, Racc. pag. II‑2821, punti 30‑33 e giurisprudenza ivi citata].

20      Qualora la protezione del marchio anteriore si estenda all’insieme dell’Unione europea, si deve prendere in considerazione la percezione dei marchi in conflitto che ha il consumatore dei prodotti di cui trattasi su tale territorio. Tuttavia, occorre ricordare che, per rifiutare la registrazione di un marchio comunitario, è sufficiente che un impedimento relativo alla registrazione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 esista in una parte dell’Unione [v. sentenza del Tribunale del 21 marzo 2011, Visti Beheer/UAMI – Meister (GOLD MEISTER), T‑372/09, non pubblicata nella Raccolta, punto 20 e giurisprudenza ivi citata].

21      Nel caso di specie, sebbene la decisione impugnata non sia esplicita a tal proposito, la commissione di ricorso ha considerato, in sostanza, che i marchi di cui trattasi non erano simili, sicché una condicio sine qua non per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 non era soddisfatta, quand’anche alcuni prodotti fossero identici. Ciò risulta, in particolare, dal fatto che la commissione di ricorso ha ritenuto che «non sussiste[sse] alcuna somiglianza visiva, fonetica o concettuale» tra i segni in conflitto. Tale conclusione è del pari confermata dalla circostanza che la commissione di ricorso non ha definito quale fosse il pubblico di riferimento interessato, né il grado di attenzione di quest’ultimo, e non ha proceduto alla comparazione tra i prodotti di cui trattasi.

22      Si deve dunque esaminare se la conclusione della commissione di ricorso secondo cui i marchi di cui trattasi non erano simili sia corretta.

23      La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta da questi ultimi, in considerazione, segnatamente, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che ha il consumatore medio dei prodotti o dei servizi di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v. sentenza della Corte del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, Racc. pag. I‑4529, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

24      Risulta altresì dalla giurisprudenza che due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico di riferimento, esiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti pertinenti, vale a dire gli aspetti visivi, fonetici e concettuali [v. sentenza del Tribunale del 17 febbraio 2011, Annco/UAMI – Freche et fils (ANN TAYLOR LOFT), T‑385/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 26 e giurisprudenza ivi citata].

–       Sugli elementi da prendere in considerazione nell’ambito della comparazione dei segni in conflitto

25      La valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare la comparazione esaminando i marchi di cui trattasi considerati ciascuno nel suo insieme, il che non esclude che l’impressione globale prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti (v. sentenza UAMI/Shaker, cit. supra al punto 23, punto 41 e giurisprudenza ivi citata). È soltanto nel caso in cui tutte le altre componenti del marchio siano trascurabili che si potrà valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante (sentenze della Corte UAMI/Shaker, punto 23 supra, punto 42, e del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C‑193/06 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 43). Ciò potrebbe verificarsi segnatamente qualora tale componente possa, da sola, dominare l’immagine di tale marchio che il pubblico di riferimento conserva nella memoria, cosicché tutte le altre componenti del marchio risultano trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta (sentenza Nestlé/UAMI, cit., punto 43).

26      Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha ritenuto che il termine «royal» fosse l’elemento dominante del marchio richiesto sotto l’aspetto visivo, fonetico e concettuale (punto 19 della decisione impugnata) e che l’espressione «veste e premia lo sport» ne costituisse un elemento secondario. In particolare, la commissione di ricorso ha rilevato che detta espressione fungerebbe da slogan pubblicitario (punto 20 della decisione impugnata) e che essa fosse composta da termini descrittivi (punto 23 della decisione impugnata). La commissione di ricorso ne ha desunto che, nei limiti in cui l’elemento dominante del marchio anteriore era il termine «royal» e non già l’espressione «veste e premia lo sport», «non sussiste[va] somiglianza né visiva, né fonetica né concettuale» tra i segni in conflitto (punto 24 della decisione impugnata). I prodotti contraddistinti dal marchio richiesto sarebbero identificati con il termine «royal», quelli contraddistinti dai marchi anteriori con l’espressione «veste lo sport» (punto 25 della decisione impugnata).

27      Benché la decisione impugnata sia formulata in modo ambiguo, da essa, e segnatamente dagli elementi richiamati al precedente punto 26, risulta che la commissione di ricorso ha necessariamente considerato, in sostanza, che l’espressione «veste e premia lo sport» fosse trascurabile nell’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto. Tale interpretazione della decisione impugnata è stata invero confermata dall’UAMI in udienza. Si deve del pari rilevare che la commissione di ricorso non ha tenuto conto, nell’ambito della sua comparazione, dell’elemento figurativo del marchio richiesto che riproduce un leone coronato. Peraltro, occorre sottolineare che la commissione di ricorso non ha proceduto ad effettuare una comparazione dettagliata dei segni in conflitto dal punto di vista fonetico o concettuale, limitandosi a rilevare che non sussisteva «alcuna» somiglianza tra detti segni per il mero fatto del carattere dominante del termine «royal». L’orientamento seguito, nel caso di specie, dalla commissione di ricorso è invero difficilmente conciliabile con l’affermazione di principio ripresa al punto 18 della decisione impugnata, secondo la quale «[u]na corretta comparazione deve (…) prendere in considerazione il marchio [richiesto] nel suo complesso, ovvero la parola “[r]oyal”, la frase “veste e premia lo sport” ed il logo del leone coronato».

28      In primo luogo, si deve rilevare, sulla scorta di quanto affermato dalla commissione di ricorso, che il termine «royal» riveste un ruolo importante nel marchio richiesto in virtù della sua posizione e della sua dimensione. Tuttavia, come del pari constatato dalla commissione di ricorso, il termine «royal» non è spiccatamente originale.

29      In secondo luogo, nonostante il silenzio della decisione impugnata al riguardo, occorre considerare che l’elemento figurativo che riproduce un leone coronato, anche se appare in secondo piano, non può essere considerato trascurabile nel contesto dell’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto, in forza della sua posizione e delle sue dimensioni.

30      In terzo luogo, quanto all’espressione «veste e premia lo sport», si deve rilevare anzitutto che la commissione di ricorso non ha contestato il fatto che essa rimaneva leggibile, pur essendo scritta in minuscolo e in un carattere particolare. Inoltre, anche supponendo che l’espressione «veste e premia lo sport» funga da slogan pubblicitario, come considerato dalla commissione di ricorso, occorre precisare che il semplice fatto che un marchio sia percepito dal pubblico di riferimento come uno slogan pubblicitario non è di per sé sufficiente a concludere che tale marchio sia privo di carattere distintivo (sentenza della Corte del 21 gennaio 2010, Audi/UAMI, C‑398/08 P, Racc. pag. I‑535, punto 44). Tale constatazione deve applicarsi agli elementi che fanno parte di marchi complessi, come l’espressione «veste e premia lo sport» della presente controversia. Orbene, tale espressione non è priva di carattere distintivo, quanto meno per il consumatore italiano, che fa parte del pubblico di riferimento interessato dal marchio comunitario anteriore. Infatti, come correttamente rilevato dal ricorrente, detta espressione è metaforica nel senso che lo sport, in quanto tale, non può essere vestito e premiato. Lo stesso dicasi per l’espressione «veste lo sport» che costituisce i marchi anteriori e che è integralmente ripresa dal marchio richiesto. Quest’ultima espressione è stata invero registrata dall’UAMI quale marchio comunitario per «abbigliamento in generale, abbigliamento sportivo e per il tempo libero». Di conseguenza, anche nell’ambito dei prodotti che potrebbero essere collegati alla pratica sportiva, la costruzione dell’espressione contenuta nel marchio richiesto è sufficientemente singolare ed inaspettata, agli occhi del consumatore italiano, per conferirle un certo carattere distintivo. Inoltre, l’espressione «veste e premia lo sport», anche se scritta in caratteri più piccoli rispetto al termine «royal», è collocata in primo piano nel marchio richiesto. Alla luce di tali elementi, e senza che occorra pronunciarsi sugli argomenti del ricorrente relativi al fatto che i marchi anteriori costituiti dall’espressione «veste lo sport» avrebbero acquisito un carattere distintivo con l’uso, il che non sarebbe stato considerato dalla commissione di ricorso, si deve ritenere che, almeno dal punto di vista del consumatore italiano, l’espressione «veste e premia lo sport» non può essere qualificata come trascurabile nell’ambito dell’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto.

31      Risulta da quanto precede che la comparazione tra i segni di cui trattasi deve basarsi sull’impressione complessiva prodotta dai medesimi e non può limitarsi a taluni dei loro elementi.

–       Sulla comparazione visiva

32      Sul piano visivo, si deve rilevare che il termine «royal», figurante in primo piano nel contesto del marchio richiesto, nonché l’elemento figurativo che riproduce un leone coronato, che compare in detto marchio in secondo piano, sarebbero immediatamente percepibili sotto l’aspetto visivo a motivo della loro dimensione più significativa rispetto a quella di altri elementi. Ne deriva che i segni in conflitto presentano, al riguardo, differenze marcate.

33      Tuttavia, occorre sottolineare che l’espressione «veste e premia lo sport», che fa parte del marchio richiesto, incorpora l’espressione «veste lo sport», che costituisce i marchi anteriori. Peraltro, l’espressione che costituisce i marchi anteriori è ripresa nel medesimo ordine nel marchio richiesto. I termini «e premia», che s’inseriscono nel marchio richiesto tra i termini «veste» e «lo sport», potrebbero essere percepiti dal pubblico di riferimento, segnatamente dal consumatore italiano, come un’aggiunta rispetto all’espressione che costituisce i marchi anteriori. Di conseguenza, le due espressioni di cui trattasi possono essere considerate simili. Al riguardo si deve rammentare che, secondo la giurisprudenza, quando un segno composto è costituito dall’accostamento di un elemento e di un altro marchio, quest’ultimo marchio, anche se non costituisce l’elemento dominante nel segno composto, può conservare una posizione distintiva autonoma in detto segno. In un caso siffatto, il segno composto e quest’altro marchio possono essere considerati simili (v., in tal senso, sentenza Medion, punto 16 supra, punti 30 e 37). Deve osservarsi che la sentenza Medion, citata al punto 16 supra, riguardava una situazione in cui il marchio anteriore era stato ripreso in modo identico nel segno composto. Nondimeno, occorre considerare che, nel caso in cui il marchio anteriore non sia riprodotto in modo identico nel segno composto, è comunque possibile che i segni di cui trattasi siano simili a causa della somiglianza tra il marchio anteriore ed un elemento del segno composto che occupa una posizione distintiva autonoma [sentenza del Tribunale del 25 marzo 2010, Nestlé/UAMI ‑ Master Beverage Industries (Golden Eagle e Golden Eagle Deluxe), da T‑5/08 a T‑7/08, Racc. pag. II‑1177, punto 60].

34      Nel caso di specie, dal momento che l’espressione «veste e premia lo sport» non può essere considerata trascurabile nell’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto e tenuto conto della somiglianza tra tale elemento ed il marchio anteriore costituito dall’espressione «veste lo sport», dal momento che le due espressioni di cui trattasi sono inoltre caratterizzate da un certo carattere distintivo per il consumatore italiano, non può ritenersi che i segni in conflitto siano totalmente dissimili sul piano visivo.

–       Sulla comparazione fonetica

35      Sul piano fonetico, considerati gli elementi denominativi contenuti nei segni in conflitto, il marchio richiesto si leggerà «royal veste e premia lo sport», mentre i marchi anteriori si leggeranno «veste lo sport». Di conseguenza, i segni in conflitto si differenziano per l’aggiunta, nel marchio richiesto, dei termini «royal» e «e premia». Tuttavia, essi hanno in comune i termini «veste», «lo» e «sport», che costituiscono i marchi anteriori, dal momento che tali termini sono collocati, nel marchio richiesto, in identico ordine. Con riferimento ai termini «e premia», che s’inseriscono nel marchio richiesto tra il termine «veste» ed i termini «lo sport», si deve ricordare che essi potrebbero essere percepiti dal pubblico di riferimento, segnatamente dal consumatore italiano, come un’aggiunta rispetto all’espressione che costituisce i marchi anteriori.

36      Inoltre, la mancata presa in considerazione degli elementi figurativi in occasione della comparazione fonetica dei segni rende le somiglianze tra questi ultimi più evidenti rispetto a quanto emerge nel caso della comparazione visiva [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 24 marzo 2011, XXXLutz Marken/UAMI – Natura Selection (Linea Natura Natur hat immer Stil), T‑54/09, non pubblicata nella Raccolta, punto 59 e giurisprudenza ivi citata].

37      Alla luce dell’insieme degli elementi che precedono, non può affermarsi che non esista alcuna somiglianza fonetica tra i segni in conflitto.

–       Sulla comparazione concettuale

38      Sul piano concettuale, il riferimento allo sport contenuto nei segni in conflitto, derivante dalla menzione «lo sport» e dalla metafora diretta a «premiare» e a «vestire» (marchio richiesto) o a «vestire» lo sport (marchi anteriori), avrà un significato concettuale, per il consumatore italiano che fa parte del pubblico di riferimento interessato dal marchio comunitario anteriore, relativamente ai prodotti di cui trattasi nella presente controversia. Benché le metafore cui si è fatto ricorso nei segni in conflitto siano sufficientemente singolari ed inaspettate, il consumatore italiano potrà dedurne che i prodotti di cui trattasi riguardano lo sport. Del resto, la stessa commissione di ricorso ha parimenti rilevato un’«aderenza concettuale evidente con gli articoli contraddistinti» (punto 23 della decisione impugnata). L’aggiunta del termine «royal» e dell’elemento figurativo che riproduce un leone coronato non modifica sostanzialmente il significato concettuale del marchio richiesto. Tali elementi aggiungono, rispetto ai marchi anteriori, un’impressione di qualità derivante dal ricorso a termini o ad elementi figurativi che permettono di considerare che i prodotti di cui trattasi sono superiori alla norma. Date tali condizioni, non può negarsi una certa somiglianza concettuale tra i segni in conflitto.

39      Sulla scorta di quanto precede risulta che la commissione di ricorso ha in sostanza erroneamente considerato, nella decisione impugnata, che i marchi di cui trattasi erano dissimili. Poiché sussisteva una somiglianza, quand’anche circoscritta, sui piani visivo, fonetico e concettuale, la commissione di ricorso avrebbe dovuto effettuare una valutazione del rischio di confusione tra i marchi in conflitto tenendo conto dell’insieme degli elementi pertinenti.

40      Di conseguenza, il primo motivo deve essere accolto e la decisione impugnata deve essere annullata.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009

41      Il ricorrente rileva in primo luogo che, nel quadro della comparazione tra il marchio anteriore non registrato e il marchio richiesto, la commissione di ricorso avrebbe parimenti fondato la propria valutazione sull’esistenza degli elementi dominanti «panzeri» (per il marchio anteriore) e «royal» (per il marchio richiesto). Tale conclusione sarebbe erronea e la commissione di ricorso avrebbe dovuto procedere ad una valutazione globale dei segni in conflitto. Inoltre, la commissione di ricorso avrebbe omesso di effettuare un esame del rischio di associazione tra i segni in conflitto. A suo giudizio, la commissione di ricorso ha commesso un errore anche nell’affermare che il ricorrente avrebbe ammesso che il marchio anteriore non registrato costituisse un insieme inseparabile. Il ricorrente avrebbe al contrario precisato, nel corso del procedimento, che i segni in conflitto erano costituiti da due elementi aventi ciascuno un carattere distintivo autonomo. In secondo luogo, il ricorrente sottolinea che, in sede di applicazione del diritto italiano, un marchio non registrato può ottenere tutela laddove sussista un rischio di confusione con un marchio posteriore, il quale comprende un rischio di associazione tra i due segni. Nel caso di specie, considerate le argomentazioni sviluppate nell’ambito del primo motivo, la commissione di ricorso sarebbe dovuta pervenire alla conclusione che sussisteva un pericolo di confusione, quanto meno nella forma di rischio di associazione.

42      L’UAMI ritiene che non possa addebitarsi alla commissione di ricorso di aver erroneamente applicato il diritto italiano, in quanto i presupposti per l’applicazione di tale diritto, menzionati dal ricorrente, coincidono con quelli relativi all’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b) del regolamento n. 207/2009. Ciò significherebbe che il titolare di un marchio non registrato potrebbe vietare, in Italia, l’uso di un marchio posteriore soltanto allorché esista un rischio di confusione, ivi incluso un rischio di associazione tra i marchi di cui trattasi. Considerate le differenze sostanziali tra i segni in conflitto, sarebbe improbabile che un’autorità giudiziaria italiana accolga l’istanza del ricorrente volta a proibire l’uso del marchio richiesto.

43      Nei limiti in cui la valutazione della commissione di ricorso relativa all’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 si basava, in sostanza, sull’assenza di rischio di confusione preso in considerazione nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), dello stesso regolamento, e che la decisione impugnata deve essere annullata su detto punto (primo motivo), occorre accogliere gli argomenti del ricorrente sollevati nell’ambito del secondo motivo, vertenti su una violazione dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009. La decisione impugnata deve quindi essere annullata anche a tale riguardo.

 Sugli altri capi della domanda

44      Quanto agli altri capi della domanda del ricorrente, e nella parte in cui essi sono diretti ad ottenere la riforma della decisione impugnata, si deve ricordare che il potere di riforma riconosciuto al Tribunale, in forza dell’articolo 65, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, non ha come effetto di conferire a quest’ultimo la facoltà di procedere ad una valutazione che la commissione di ricorso non ha ancora effettuato. Pertanto, in linea di principio, l’esercizio del potere di riforma deve essere limitato alle situazioni nelle quali il Tribunale, dopo aver controllato la valutazione compiuta dalla commissione di ricorso, sia in grado di determinare, sulla base degli elementi di fatto e di diritto accertati, la decisione che la suddetta commissione era tenuta a prendere (sentenza della Corte del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C‑263/09 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 72).

45      Al riguardo occorre rammentare che la commissione di ricorso ha basato la decisione impugnata soltanto sull’assenza di somiglianza tra i segni in conflitto. La commissione di cui trattasi non ha provveduto ad effettuare una valutazione globale del rischio di confusione alla luce di tutti gli elementi pertinenti della fattispecie. Pertanto, non spetta al Tribunale procedere, nel presente caso, all’esame dell’argomento sollevato dal ricorrente volto a dimostrare che sussisterebbe un rischio di confusione tra i segni in conflitto.

46      Ne consegue che gli altri capi della domanda del ricorrente devono essere respinti.

 Sulle spese

47      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

48      Nel caso di specie, il ricorrente ha chiesto la condanna alle spese della Royal Trophy, che non è parte in causa dinanzi al Tribunale.

49      Si deve dunque respingere la domanda del ricorrente e dichiarare che ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) del 20 maggio 2010 (procedimento R 988/2009‑1) è annullata.

2)      Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

Forwood

Dehousse

Schwarcz

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 maggio 2012.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.