Language of document : ECLI:EU:T:2004:46

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)
18 febbraio 2004 (1)

«Marchio comunitario – Domanda di marchio comunitario denominativo CONFORFLEX – Marchi nazionali denominativi e figurativi anteriori FLEX – Rischio di confusione – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94»

Nella causa T-10/03,

Jean-Pierre Koubi, residente in Marsiglia (Francia), rappresentato dall'avv. K. Manhaeve, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dalle sig.re S. Laitinen e S. Pétrequin, in qualità di agenti,

convenuto,

convenuto,

interveniente dinanzi al Tribunale

Fabricas Lucia Antonio Betere, SA (Flabesa), con sede in Madrid (Spagna), rappresentata dall'avv. I. Valdelomar,

avente ad oggetto un ricorso proposto avverso la decisione della quarta commissione di ricorso dell'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) 16 ottobre 2002 (procedimento R 542/2001-4), relativa ad un procedimento di opposizione tra il sig. Koubi e la Fabricas Lucia Antonio Betere, SA (Flabesa),



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO 
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),



composto dal sig. H. Legal, presidente, dalla sig.ra V. Tiili e dal sig. M. Vilaras, giudici,

cancelliere: sig.ra B. Pastor, cancelliere aggiunto

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 20 novembre 2003,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Fatti

1
Il 13 maggio 1999 il ricorrente ha presentato all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) una domanda di marchio comunitario ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.

2
Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo CONFORFLEX.

3
I prodotti ed i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio rientrano nella classe 20 ai sensi dell’accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla descrizione «mobili per camere da letto».

4
La domanda di marchio comunitario è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari 22 novembre 1999, n. 93.

5
Il 21 febbraio 2000 la Fabricas Lucia Antonio Betere, SA (in prosieguo: l’«interveniente») ha presentato opposizione ai sensi dell’art. 42, n. 1, del regolamento n. 40/94. L’impedimento fatto valere a sostegno dell’opposizione era il rischio di confusione di cui all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, tra il marchio richiesto e quattro marchi anteriori di cui l’interveniente è titolare.

6
Nella decisione 23 marzo 2001, la divisione d’opposizione ha anzitutto considerato che per due dei quattro marchi anteriori non era stata fornita la prova dell’uso effettivo e, di conseguenza, ha preso in considerazione solo i due marchi seguenti:

il marchio figurativo come rappresentato di seguito, registrato in Spagna con il n. 1 951 681

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il marchio figurativo come rappresentato di seguito, registrato in Spagna con il n. 2 147 672

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7
I prodotti per i quali sono registrati i marchi anteriori rientrano nella classe 20 dell’accordo di Nizza e corrispondono alla seguente descrizione: «Letti, materassi e cuscini a base di lana, borra di lana e capoc, crine di cavallo e simili; materassi misti con molle elastiche, cuscini e materassi in gomma, schiuma e ogni tipo di schiuma di poliuretano; culle, divani, pagliericci con molle con intelaiatura in legno e ferro, letti a castello, comodini, culle, mobili da campeggio e da spiaggia, mobili di ogni genere, compresi mobili in metallo, mobili trasformabili, scrittoi, reti metalliche e tubolari, materassi pneumatici a uso non medico, materassi e reti per letti, intelaiature di letti (in legno); articoli per letti ad esclusione delle coperte; accessori per letti (non metallici), rotelle per letti non metalliche, reti per letti, letti per ospedali, letti idrostatici a uso non medico, mobili, specchi, cornici; prodotti, non compresi in altre classi, in legno, sughero, canna, giunco, vimini, corno, osso, avorio, balena, conchiglia, ambra, madreperla, spuma di mare, succedanei di tutte tali materie, o in materie plastiche».

8
In seguito, la divisione d’opposizione ha respinto l’opposizione ritenendo che i marchi in esame non fossero simili e che quindi non sussistesse rischio di confusione tra di loro.

9
Il 18 maggio 2001 l’interveniente proposto un ricorso, ai sensi dell’art. 59 del regolamento n. 40/94, diretto ad annullare la decisione della divisione d’opposizione.

10
Con decisione 16 ottobre 2002 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), notificata al ricorrente il 7 novembre successivo, la quarta commissione di ricorso dell’UAMI ha accolto il ricorso e, di conseguenza, ha annullato la decisione della divisione d’opposizione e ha respinto la domanda di marchio comunitario. In sostanza, la commissione di ricorso ha ritenuto che i segni in esame condividano il medesimo riferimento alla flessibilità e presentino notevoli somiglianze concettuali che non erano state analizzate dalla divisione d’opposizione. Inoltre, la commissione di ricorso ha affermato che, anche se il termine «flex» potrebbe avere carattere evocativo, il ricorrente non ha dimostrato che esso venga utilizzato frequentemente da altre imprese, nel mercato spagnolo, per indicare mobili per camere da letto. Pertanto, e anche alla luce dell’identità dei prodotti in esame, la commissione di ricorso ha concluso per l’esistenza di un rischio di confusione tra il marchio richiesto ed i marchi anteriori.


Procedimento e conclusioni delle parti

11
Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 gennaio 2003, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

12
L’interveniente e l’UAMI hanno depositato i loro controricorsi presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 16 aprile ed il 12 maggio 2003.

13
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare l’UAMI alla totalità delle spese.

14
L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare il ricorrente alle spese.

15
L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

rifiutare il marchio richiesto;

adottare una decisione ad essa favorevole per quanto concerne le spese.


In diritto

16
Il ricorrente fa sostanzialmente valere un unico motivo, tratto dalla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

Argomenti delle parti

17
Il ricorrente rileva, in via preliminare, richiamando la sentenza della Corte 11 novembre 1997, causa C-251/95, SABEL (Racc. pag. I-6191), che il rischio di confusione presso il pubblico dev’essere oggetto di una valutazione globale, in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di specie e, in particolare, della somiglianza fonetica, visiva e concettuale dei marchi in questione, nonché del loro carattere distintivo.

18
In primo luogo, egli sostiene che i segni in esame non sono simili.

19
Sul piano visivo, egli osserva che i marchi anteriori sono composti da uno o più elementi figurativi nonché da un elemento verbale, mentre il marchio richiesto è meramente denominativo. Inoltre, il termine «flex» non viene specificamente evidenziato.

20
Sotto il profilo fonetico, egli sostiene che la circostanza che l’unica sillaba dei marchi anteriori sia identica alla terza sillaba del marchio comunitario richiesto non basta a far ritenere che i marchi in esame presentino somiglianze sul piano fonetico. Egli afferma che, in via generale – e come rilevato da una commissione di ricorso nell’ambito di un procedimento relativo ai marchi INCEL e LINZEL (Vertex Pharmaceuticals Inc./Almirall-Prodesfarma SA; decisione 16 ottobre 2002, R 793/2001-2) – il consumatore presta maggior attenzione all’inizio del marchio piuttosto che alla fine di esso. Peraltro, nel segno denominativo rivendicato, pronunciato in spagnolo, risalta la prima sillaba, dato che l’accento è nettamente più marcato sulla prima sillaba rispetto alla seconda o alla terza.

21
Dal punto di vista concettuale, il concetto sotteso ai marchi anteriori si fonderebbe sia sul simbolo del cigno sia sul richiamo alla nozione di flessibilità, mentre il concetto sotteso al marchio richiesto consisterebbe nel «mettere in vista» le nozioni di comodità e di flessibilità, accentuando però la nozione di comodità, evocata dalla prima sillaba del marchio.

22
In secondo luogo, il ricorrente osserva che la commissione di ricorso ha potuto rilevare una somiglianza unicamente per quanto riguarda il termine «flex», comune ai due marchi in esame e considerato dalla commissione di ricorso elemento dominante dei marchi anteriori. Anche ritenendo che tale affermazione sia corretta, il ricorrente sostiene che tale elemento dominante debba essere distintivo per poter incidere sulla valutazione del rischio di confusione. Ai sensi della citata sentenza SABEL, infatti, il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore.

23
Rifacendosi alla sentenza della Corte 22 giugno 1999, causa C-342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer (Racc. pag. I-3819), il ricorrente afferma che, in sede di valutazione del carattere distintivo di un marchio, occorre prendere in considerazione tutti gli elementi pertinenti e, in particolare, le qualità intrinseche del marchio, ivi compreso il fatto che esso sia o meno privo di qualsiasi elemento descrittivo dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato.

24
Orbene, il termine «flex» evocherebbe in modo chiaro e spontaneo la nozione o la qualità della flessibilità. Esso costituirebbe d’altronde la radice dei termini spagnoli « flexibilidad » o «flexible» e sarebbe, in quanto tale, l’espressione più breve per richiamare tale caratteristica.

25
Secondo il ricorrente, dato che la flessibilità è una qualità essenziale di ogni prodotto per camere da letto, numerosi marchi comunitari, internazionali o semplicemente spagnoli, fanno uso del termine «flex» per indicare tale genere di prodotti.

26
Così, il termine «flex», che richiama la qualità di flessibilità, sarebbe di uso comune in quanto appare in numerosi marchi. Il ricorrente afferma che il carattere distintivo dei marchi anteriori non può consistere in un elemento di uso comune, pur se quest’ultimo è dominante. Egli evidenzia come non si possa ragionevolmente concludere che sussiste un rischio di confusione tra due marchi quando la loro somiglianza è limitata alla presenza dello stesso elemento di uso comune. Il ricorrente ne trae la conseguenza che, dato che la commissione di ricorso ha potuto ravvisare una somiglianza tra i marchi solo per quanto riguarda la comune presenza del segno denominativo «flex», di uso comune per indicare i prodotti per le camere da letto, non sussiste alcun rischio di confusione tra i marchi anteriori ed il marchio richiesto.

27
In terzo ed ultimo luogo, da una parte, il ricorrente rileva che la decisione impugnata non rimette in discussione la constatazione della divisione d’opposizione secondo cui l’interveniente non ha prodotto alcuna prova della notorietà dei marchi anteriori e, dall’altra, afferma che questi ultimi sono stati ceduti alla società di diritto spagnolo Flex Equipos De Descanso, SA, che sarebbe pertanto l’attuale titolare dei detti marchi.

28
L’UAMI fa valere che, in conformità alla soluzione adottata nella sentenza del Tribunale 12 dicembre 2002, causa T-247/01, eCopy/UAMI (ECOPY) (Racc. pag. II-5301), il giudice non può prendere in considerazione i nuovi documenti depositati dal ricorrente dinanzi al Tribunale al fine dimostrare che il termine «flex» non presenta carattere distintivo. Inoltre, anche se si ammettesse che tali documenti possano essere accolti dal Tribunale, essi non sarebbero sufficienti a dimostrare che il termine «flex», alla data del deposito della domanda di marchio comunitario, veniva utilizzato nel mercato spagnolo da altre imprese con riferimento a mobili, in particolare a mobili per camere da letto, e che, di conseguenza, esso veniva considerato dai consumatori come assolutamente privo di carattere distintivo.

29
L’UAMI afferma altresì che, alla luce dell’identità dei prodotti in questione e della somiglianza dei segni in esame, la commissione di ricorso è pervenuta a ragione alla conclusione che sussiste un rischio di confusione – che include il rischio di associazione – nel territorio in cui i marchi anteriori sono protetti, vale a dire in Spagna.

30
In via preliminare, l’interveniente chiede al Tribunale di non considerare i documenti allegati al ricorso e intesi a dimostrare la mancanza di carattere distintivo del termine «flex», dato che i detti documenti sono stati prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale, la cui funzione non è di ricominciare un procedimento di opposizione. L’interveniente afferma inoltre che il segno denominativo «flex», di per sé, è pienamente distintivo.

31
L’interveniente sostiene che i segni in questione devono essere considerati simili data la totale identità visiva, fonetica e concettuale dei due elementi verbali, vale a dire i termini «flex», comuni ai due segni e pienamente distintivi. Il rischio di confusione sarebbe accentuato dalla mancanza di significato dei segni in esame e dalla notorietà di cui godono in Spagna i marchi anteriori, come si evincerebbe dai documenti allegati al controricorso dell’interveniente.

32
Infine, dato che il regolamento n. 40/94 menziona il rischio di associazione con marchi anteriori, l’interveniente è dell’opinione che si possa invocare il rischio di confusione in casi in cui il pubblico non necessariamente confonda due marchi, ma anche solo i loro elementi costitutivi. Pertanto, sussisterebbe il rischio di associazione quando il pubblico percepisce l’elemento costitutivo comune a due segni alla stregua di un riferimento al proprietario del marchio più vecchio. Secondo l’interveniente, il pubblico è incline a credere che l’elemento aggiunto all’elemento costitutivo principale, comune ai due segni in esame, sia diretto a differenziare un dato prodotto dalla linea dei prodotti identificati da tale elemento principale e che tutti i prodotti provengano dalla stessa impresa. Nel caso di specie, il pubblico sarebbe indotto a percepire CONFORFLEX come un ulteriore marchio della società che distribuisce i prodotti identificati dal marchio FLEX.

Giudizio del Tribunale

Osservazioni preliminari

33
Sia nel ricorso sia in sede d’udienza il ricorrente ha affermato che l’interveniente non è più titolare dei marchi anteriori, i quali sarebbero stati ceduti ad un’altra società di diritto spagnolo. Oltre al fatto che tale affermazione non è sostenuta da alcun documento e non è confermata dall’UAMI, che non ha ricevuto la notifica della cessione dei marchi anteriori, occorre rilevare che l’interveniente si presenta come titolare dei detti marchi nel suo controricorso e che la sua denominazione sociale figura espressamente nella decisione impugnata. Pertanto, e alla luce dell’art. 134 del regolamento di procedura del Tribunale, la società Fabricas Lucia Antonio Betere va considerata interveniente nel presente procedimento.

Sulla domanda diretta al rigetto del marchio richiesto

34
Il secondo capo delle conclusioni dell’interveniente è sostanzialmente diretto a chiedere al Tribunale di ordinare all’UAMI di rifiutare la registrazione del marchio richiesto.

35
Si deve ricordare in proposito che, ai sensi dell’art. 63, n. 6, del regolamento n. 40/94, l’UAMI è tenuto a prendere i provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza del giudice comunitario. Di conseguenza, non spetta al Tribunale rivolgere ordini all’UAMI. Spetta invece ad esso stesso trarre le conseguenze dal dispositivo e dalla motivazione della sentenza pronunciata dal Tribunale. Il secondo capo delle conclusioni dell’interveniente è perciò irricevibile [sentenze del Tribunale 31 gennaio 2001, causa T-331/99, Mitsubishi HiTec Paper Bielefeld/UAMI (Giroform), Racc. pag. II-433, punto 33, e 27 febbraio 2002, causa T-34/00, Eurocool Logistik/UAMI (EUROCOOL) Racc. pag. II-683, punto 12].

Sulla domanda diretta all’annullamento della decisione impugnata

36
Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione «se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore». Inoltre, in forza dell’art. 8, n. 2, lett. a), sub ii), del regolamento n. 40/94, si intendono per marchi anteriori i marchi registrati nello Stato membro e la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario.

37
Va sottolineato che il rischio di confusione per il pubblico, che condiziona l’applicazione del detto articolo e viene definito come il rischio che il pubblico creda che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate [sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C-39/97, Canon, Racc. pag. I-5507, punto 29; sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, citata, punto 17; e sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T-104/01, Oberhauser/UAMI – Petit Liberto (Fifties) Racc. pag. II‑4359, punto 25], dev’essere valutato globalmente, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie (citate sentenze Canon, punto 16; Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 18; e Fifties, punto 26).

38
Tale valutazione globale implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione e, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Pertanto, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (citate sentenze Canon, punto 17, Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 19, e Fifties, punto 27).

39
Inoltre, la percezione che il consumatore ha riguardo ai marchi dei prodotti o servizi di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale del rischio di confusione. Nel caso di specie, data la natura dei prodotti in esame – vale a dire articoli per camere da letto – che sono beni di largo consumo, e visto che i marchi anteriori sono registrati e tutelati in Spagna, il pubblico interessato rispetto al quale deve essere svolta la valutazione del rischio di confusione è costituito dal consumatore medio di tale Stato membro. Orbene, il consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (citate sentenze SABEL, punto 23, Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 25, e Fifties, punto 28). Tuttavia, occorre tener conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi e deve invece fare affidamento sull’immagine imperfetta che ne ha mantenuto nella memoria, e che il suo livello di attenzione può variare in funzione della categoria di prodotti o servizi di cui trattasi (citate sentenze Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 26, e Fifties, punto 28).

40
Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre procedere al confronto, da un lato, dei prodotti in questione e, dall’altro, dei segni confliggenti.

41
In primo luogo, per quanto concerne il confronto tra i prodotti, va constatato che quelli cui si riferisce il marchio richiesto, vale a dire «mobili per camere da letto» della classe 20, fanno parte della vasta categoria di prodotti contraddistinti dai marchi anteriori e rientranti nella stessa classe. In tale famiglia di prodotti rientrano tutti i tipi di mobili, compresi gli articoli per camere da letto.

42
Pertanto occorre concludere, come ha fatto la commissione di ricorso (punto 14 della decisione impugnata), che i prodotti cui si riferisce il marchio richiesto e quelli contraddistinti dai marchi anteriori sono identici. Va poi osservato che il ricorrente, nel ricorso, non solleva alcun argomento per contestare tale constatazione della commissione di ricorso.

43
In secondo luogo, per quanto riguarda il confronto tra i contrassegni, emerge dalla giurisprudenza che la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, auditiva o logica dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta da questi ultimi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti (citate sentenze SABEL, punto 23, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 25).

44
Nella decisione impugnata la commissione di ricorso ha messo in evidenza il carattere preponderante dell’elemento verbale dei marchi anteriori (punto 13) e ha ritenuto che i segni confliggenti presentino notevoli somiglianze concettuali, che prevalgono sulle differenze visive e fonetiche, menzionate nella decisione della divisione d’opposizione (punto 19).

45
Al riguardo, occorre rilevare che, nel caso di specie, il termine «flex» appare effettivamente come elemento dominante nell’impressione complessiva prodotta dai marchi anteriori. La componente verbale, elemento d’identificazione per eccellenza dei marchi presso il pubblico, domina chiaramente sulla parte figurativa, trascurabile e addirittura insignificante per quanto riguarda il marchio registrato con il numero n. 1 951 681. Occorre poi ricordare che il consumatore medio mantiene nella memoria solo un’immagine imperfetta del marchio, il che aumenta l’importanza degli elementi particolarmente visibili e semplici da cogliere, come, nel caso in esame, il termine «flex», che rappresenta la radice dei termini spagnoli «flexibilidad» e «flexible».

46
Dal confronto tra l’elemento verbale dominante dei marchi anteriori e il marchio denominativo richiesto emerge una certa somiglianza visiva tra gli stessi (citata sentenza Fifties, punto 37). Infatti, la differenza causata dall’aggiunta della parola «confor» nel marchio richiesto non è sufficientemente rilevante da escludere qualsiasi somiglianza originata dalla coincidenza della parte essenziale, vale a dire il vocabolo «flex». Tuttavia, la presenza di elementi figurativi nei marchi anteriori, anche se poco importanti, produce, nell’ambito della valutazione visiva del complesso dei segni confliggenti, una differenza tra loro.

47
Quanto al confronto sotto il profilo fonetico, alla luce delle suesposte considerazioni relative alla coincidenza tra l’elemento dominante dei marchi anteriori e il marchio richiesto, i segni confliggenti presentano una certa somiglianza sul piano fonetico. L’aggiunta, nel marchio richiesto, del termine «confor» al termine «flex» rivela tuttavia, nell’ambito di una valutazione complessiva dei segni confliggenti, una differenza tra loro.

48
Per quanto concerne il confronto dal punto di vista concettuale, occorre ricordare che l’elemento verbale comune ai segni confliggenti, ossia il termine «flex», costituisce la radice dei termini spagnoli «flexibilidad» e «flexible». Risulta così che i detti segni concordino quanto al loro contenuto semantico, nel senso che essi suggeriscono chiaramente ai consumatori spagnoli la nozione di flessibilità. L’aggiunta del termine «confor» al termine «flex» nel marchio richiesto si limita a completare e rafforzare il suddetto concetto. Infatti, come sottolineato giustamente dall’UAMI, l’elemento verbale «confor» fa palesemente riferimento alla nozione di comodità (confort), la quale è associata alla nozione di flessibilità per quanto attiene al settore dei mobili per camere da letto. Da tale osservazione si deduce una notevole somiglianza concettuale tra i segni in esame.

49
Dalle considerazioni che precedono risulta che i prodotti contraddistinti dai segni in questione sono identici e che essi presentano una notevole somiglianza concettuale.

50
A questo punto va rilevato che, nel contesto dell’analisi del rischio di confusione, nei loro scritti il ricorrente e l’interveniente hanno richiamato la questione dell’importanza del carattere distintivo dei marchi anteriori facendo entrambi riferimento alla citata sentenza SABEL. Da tale sentenza, nonché dalle citate sentenze Lloyd Schuhfabrik Meyer e Canon, risulta infatti che il carattere distintivo del marchio anteriore, che esso possiede in virtù delle qualità intrinseche di tale marchio o della sua notorietà, va preso in considerazione per valutare se la somiglianza tra i prodotti o i servizi contraddistinti dai due marchi sia sufficiente per provocare un rischio di confusione (citate sentenze Canon, punti 18 e 24, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 20). Inoltre, la Corte ha considerato che, dato che il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore (citata sentenza SABEL, punto 24), i marchi che hanno un elevato carattere distintivo, o intrinsecamente o a motivo della loro notorietà sul mercato, godono di una tutela più ampia rispetto ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore (v., citate sentenze Canon, punto 18, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 20).

51
Nel caso di specie, il ricorrente sostiene che la coesistenza sul mercato spagnolo di numerosi marchi nazionali e comunitari, registrati per prodotti per camere da letto e contenenti il termine «flex», dimostrerebbe che quest’ultimo è di uso comune e non è quindi idoneo a svolgere la sua funzione di indicare l’origine commerciale. Dato che la somiglianza tra i segni in questione è circoscritta alla presenza di uno stesso elemento di uso comune, non potrebbe verificarsi un rischio di confusione tra i detti segni. L’interveniente afferma, da parte sua, che i marchi anteriori, in Spagna, godono di grande notorietà.

52
Come prova delle sue affermazioni, il ricorrente presenta una serie di documenti che dimostrano registrazioni di marchi spagnoli o comunitari relativi a taluni articoli per camere da letto e che contengono il termine «FLEX». Tuttavia, è pacifico che tali documenti sono prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale e che, pertanto, vanno scartati senza che sia necessario esaminare il loro valore probatorio [v., in questo senso, sentenze del Tribunale 4 novembre 2003, causa T‑85/02, Díaz/UAMI – Granjas Castelló (CASTILLO), Racc. pag. II-4835, punto 46; ECOPY, citata, punti 45-48, e 5 marzo 2003, causa T‑237/01, Alcon/UAMI – Dr. Robert Winzer Pharma (BSS) Racc. pag. II-411, punto 62]. La stessa soluzione deve essere seguita per quanto riguarda i documenti depositati per la prima volta dinanzi al Tribunale da parte dell’interveniente per dimostrare la notorietà dei suoi marchi in Spagna. Di conseguenza, occorre respingere sia l’argomento del ricorrente sull’uso comune dell’elemento verbale condiviso dai due segni in questione sia quello dell’interveniente relativo alla notorietà dei marchi anteriori.

53
Rimane che, nella sua argomentazione inerente all’intensità del carattere distintivo dei marchi anteriori, il ricorrente, facendo riferimento alla citata sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer (punti 22 e 23), ha sostenuto anche che il termine «flex» descrive una qualità essenziale di ogni prodotto per camere da letto, vale a dire la flessibilità, e che pertanto esso non può essere considerato distintivo.

54
Replicando a tale argomento del ricorrente, la commissione di ricorso ha affermato che, anche se è possibile che il termine «flex» abbia carattere evocativo, i marchi anteriori che lo contengono sono stati validamente registrati, in associazione con una figura, dalle autorità di uno Stato membro, e che, di conseguenza, essi formano oggetto di diritti esclusivi opponibili a tutti i terzi (punto 17 della decisione impugnata).

55
Salvo che per il riconoscimento del carattere evocativo del termine "flex", tale motivazione appare priva di rilevanza. Dall’art. 8 del regolamento n. 40/94 e dalla giurisprudenza della Corte – secondo la quale la tutela di un marchio «depositato» dipende dall’esistenza di un rischio di confusione (citata sentenza Canon, punto 18) – risulta che la registrazione nazionale preventiva consente al suo beneficiario di fare, all’occorrenza, un’opposizione alla domanda di registrazione di un segno che possa causare un rischio di confusione presso il pubblico, ma essa non incide, di per sé, sulla valutazione dell’esistenza di un siffatto rischio. Occorre del resto precisare che la presente analisi non mira a rimettere in discussione la registrazione nazionale dei marchi anteriori, bensì a verificare unicamente se essi presentino un carattere distintivo forte o debole.

56
Certo, il termine «flex» può effettivamente essere considerato, dal punto di vista del pubblico interessato, evocativo di una caratteristica dei prodotti considerati, ossia la flessibilità, per cui i marchi anteriori non presentano un elevato carattere distintivo, cosa che l’UAMI ha riconosciuto in sede di udienza.

57
Tuttavia, l’errore di valutazione della commissione di ricorso contenuto al punto 17 della decisione impugnata non incide sulla soluzione della controversia, dato che la conclusione relativa alla sussistenza di un rischio di confusione rimane perfettamente fondata [v., in questo senso, sentenza del Tribunale 15 gennaio 2003, causa T-99/01, Mystery Drinks/UAMI – Karlsberg Brauerei (MYSTERY), Racc. pag. II-43, punto 36].

58
Occorre infatti considerare che, vista l’interdipendenza dei fattori relativi alla valutazione del rischio di confusione, l’identità dei prodotti designati, congiuntamente alla notevole somiglianza concettuale dei segni confliggenti, è sufficiente a far ritenere che, nel caso di specie, siffatto rischio sussista.

59
A tal riguardo, occorre sottolineare che, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione, il fatto che il consumatore medio serbi memoria solo di un’immagine imperfetta del marchio conferisce maggiore importanza all’elemento predominante del marchio in causa. Pertanto, l’elemento denominativo dominante «flex» dei marchi anteriori riveste maggiore importanza nell’analisi complessiva dei detti marchi, dato che il consumatore, nell’osservare un’etichetta di un articolo per camere da letto, prende in considerazione e rammenta l’elemento denominativo predominante dei marchi che gli consente, in occasione di un acquisto successivo, di ripetere l’esperienza (v., in questo senso, citata sentenza Fifties, punto 47).

60
Orbene, dato che il consumatore medio serberà ricordo soprattutto dell’elemento denominativo predominante dei marchi anteriori, vale a dire il termine «flex», qualora trovi prodotti per camere da letto identici designati dal marchio CONFORLEX egli potrebbe attribuire a siffatti prodotti la stessa origine commerciale. Oltre al fatto che i segni confliggenti concordano perfettamente quanto al loro contenuto semantico, occorre soprattutto rilevare che il termine «confor», applicato a mobili per camere da letto, può essere oggettivamente considerato descrittivo di una qualità essenziale dei prodotti in questione, ossia la loro comodità (confort), e quindi privo di carattere distintivo. Pertanto, l’aggiunta del termine «confor» al termine «flex» nel marchio richiesto non consentirà ai consumatori di distinguere adeguatamente i segni confliggenti. Di conseguenza, anche se il consumatore medio è in grado di cogliere alcune differenze visive o fonetiche tra i due segni confliggenti – differenze che, del resto, sono neutralizzate in buona parte dalla notevole somiglianza concettuale dei detti segni – il rischio di stabilire un nesso tra i due marchi è molto concreto (v., in questo senso, citata sentenza Fifties, punto 48).

61
Peraltro, è sicuramente possibile che un’impresa attiva sul mercato dei prodotti per camere da letto utilizzi sottomarchi, ovvero segni derivanti da un marchio principale, che condividono con quest’ultimo un elemento comune dominante, al fine di distinguere le sue varie linee di prodotti in particolare per quanto riguarda la qualità dei prodotti in questione. Pertanto è verosimile, come afferma l’UAMI nei suoi scritti, che il pubblico destinatario ritenga che i prodotti contraddistinti dai segni in conflitto appartengano, in effetti, a due distinte gamme di prodotti, ma provengano tuttavia dalla stessa impresa (v., in tal senso, citata sentenza Fifties, punto 49).

62
Da quanto precede risulta che la commissione di ricorso ha giustamente concluso che sussiste un rischio di confusione tra il marchio richiesto e i marchi anteriori ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Il ricorso dev’essere pertanto respinto.


Sulle spese

63
Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI e l’interveniente ne hanno fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese da essi sostenute.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

2)
Il ricorrente è condannato alle spese.

Legal

Tiili

Vilaras

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 18 febbraio 2004.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

H. Legal


1
Lingua processuale: il francese.