Language of document : ECLI:EU:T:2004:62

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)
3 marzo 2004 (1)

«Marchio comunitario – Procedura di opposizione – Rischio di confusione – Domanda di marchio comunitario denominativo ZIRH – Marchio comunitario figurativo anteriore contenente l'elemento denominativo “sir” – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94»

Nella causa T-355/02,

Muelhens GmbH & Co. KG, con sede in Colonia (Germania), rappresentata dall'avv. T. Schulte-Beckhausen,

ricorrente,

contro

Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dalla sig.ra S. Laitinen e dal sig. L. Rampini, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto il ricorso proposto avverso la decisione della seconda commissione di ricorso dell'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) 1° ottobre 2002 (procedimento R 657/2001-2), relativa ad un procedimento di opposizione tra la Muelhens GmbH & Co. KG e la Zirh International Corp.,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),



composto dalla sig.ra V. Tiili, presidente, dai sigg. P. Mengozzi e M. Vilaras, giudici,

cancelliere: J. Plingers, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 22 ottobre 2003,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Fatti

1
Il 21 settembre 1999, la Zirh International Corp. (in prosieguo: l’«altra parte nel procedimento dinanzi all’UAMI») presentava una domanda di registrazione di marchio comunitario presso l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come successivamente modificato.

2
Il marchio di cui veniva chiesta la registrazione era il segno denominativo ZIRH.

3
I prodotti e servizi per i quali veniva chiesta la registrazione del marchio appartengono alle classi 3, 5 e 42 di cui all’accordo di Nizza del 15 giugno 1957 relativo alla classificazione dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato.

4
Il 3 aprile 2000 tale domanda di registrazione veniva pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 27/2000.

5
Il 24 maggio 2000 la ricorrente proponeva opposizione, ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 40/94, avverso la detta domanda di registrazione di marchio per tutti i prodotti e servizi indicati nella domanda stessa. L’opposizione si basa sull’esistenza del marchio figurativo comunitario anteriore qui di seguito riprodotto e contenente l’elemento denominativo «sir» (in prosieguo: il «marchio anteriore»), marchio relativo a prodotti ricompresi nella classe 3 dell’accordo di Nizza e corrispondenti alla descrizione seguente: «Prodotti di profumeria, oli essenziali, cosmetici, lozioni per capelli, dentifrici, saponi».

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6
Il 2  ottobre 2000, l’altra parte nel procedimento dinanzi all’UAMI limitava le classi dei prodotti e servizi contenuti nella propria domanda di marchio nei termini seguenti:

«saponi; prodotti di profumeria; oli essenziali; cosmetici; lozioni per i capelli; lozioni dopobarba; talco per neonati e cipria per il viso e per il corpo; shampoo per neonati e capelli; doposhampoo; balsami, creme, gel e lozioni per la rasatura; balsamo e lucidalabbra; gel per il bagno e la doccia; creme e lozioni per la pelle; deodoranti e antitraspiranti; esfolianti per il viso; prodotti per acconciature; oli per il corpo; profumi; creme e lozioni detergenti per la pelle; idratanti per la pelle; saponi per la pelle, deodoranti e per toilette; prodotti antisolari e a schermo solare», appartenenti alla classe 3;

«servizi d’igiene e di bellezza; servizi di parrucchieri; servizi di saloni di bellezza; ricerca e sviluppo di prodotti cosmetici; ricerca e sviluppo in materia di profumi», appartenenti alla classe 42.

7
La ricorrente insisteva sulla propria opposizione per tutti i prodotti e servizi di cui alle classi 3 e 42.

8
Con decisione 29 giugno 2001, la divisione d’opposizione dell’UAMI respingeva l’opposizione essenzialmente sulla base del rilievo che le differenze visive e concettuali prevalevano sulla somiglianza fonetica dei segni, ragion per cui non sussisteva rischio di confusione tra i due marchi.

9
Il 10 luglio 2001 la ricorrente proponeva ricorso dinanzi all’UAMI, ai sensi dell’art. 59 del regolamento n. 40/94, diretto all’annullamento della decisione della divisione d’opposizione.

10
Con decisione 1° ottobre 2002 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la seconda commissione di ricorso dell’UAMI respingeva il ricorso confermando la decisione della divisione d’opposizione e ricalcandone la motivazione. In tale decisione si rilevava, sostanzialmente, che, ancorché i prodotti e servizi di cui trattasi fossero commercializzati attraverso gli stessi canali di distribuzione o attraverso gli stessi punti di vendita, le differenze tra i due marchi prevalevano manifestamente sulle possibili somiglianze fonetiche esistenti tra i marchi medesimi in talune lingue ufficiali dell’Unione europea.


Procedimento e conclusioni delle parti

11
Con atto introduttivo redatto in tedesco e depositato alla cancelleria del Tribunale in data 4 dicembre 2002, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

12
Con lettera 6 gennaio 2003, l’altra parte del procedimento dinanzi all’UAMI si è opposta, ai sensi dell’art. 131, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale, a che il tedesco venisse assunto quale lingua processuale dinanzi al Tribunale e ha chiesto che venisse assunto l’inglese quale lingua processuale. A tal riguardo, essa ha fatto valere che l’inglese, quale seconda lingua della domanda di registrazione di marchio ai sensi dell’art. 115, n. 3, del regolamento n. 40/94, era stata la lingua processuale dinanzi alla divisione di opposizione e dinanzi alla commissione di ricorso.

13
Considerato che la domanda di registrazione proposta dinanzi all’UAMI era stata redatta in inglese, il Tribunale ha deciso, ai sensi dell’art. 131, n. 2, terzo comma, del proprio regolamento di procedura, di assumere l’inglese quale lingua processuale.

14
L’UAMI ha depositato il proprio controricorso presso la cancelleria del Tribunale in data 13 maggio 2003. L’altra parte del procedimento dinanzi all’UAMI non ha depositato controricorso.

15
Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di passare alla fase orale.

16
Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti orali del Tribunale sono state sentite all’udienza del 22 ottobre 2003.

17
La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare l’UAMI alle spese.

18
L’UAMI conclude che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.


In diritto

Argomenti delle parti

19
A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente deduce un unico motivo, relativo alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

20
La ricorrente afferma che la decisione impugnata non ha analizzato in termini sufficienti il rischio di confusione esistente tra i due marchi. A suo parere, secondo la giurisprudenza della Corte, l’esistenza di un rischio di confusione nella mente del pubblico deve essere oggetto di una valutazione globale, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Tale valutazione globale implicherebbe una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione e, in particolare, la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati (v. sentenza della Corte 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819).

21
La ricorrente sostiene che i prodotti oggetto dei due marchi sono parzialmente identici o simili. Inoltre, sussisterebbe parimenti, a suo avviso, una somiglianza tra i prodotti oggetto del marchio anteriore e i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio ZIRH. La ricorrente ricorda che vi è somiglianza tra determinati prodotti e servizi quando il pubblico possa ritenere che i prodotti o servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa. Secondo la ricorrente, tale ipotesi ricorrerebbe nella specie, atteso che i fabbricanti dei prodotti oggetto dei due marchi autorizzerebbero spesso i loro clienti ad utilizzare il marchio dei prodotti stessi per contraddistinguere i loro servizi.

22
La ricorrente afferma, in conclusione, che esiste un ragionevole grado di somiglianza tra i prodotti oggetto del marchio anteriore ed i prodotti ed i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio e che parte dei prodotti di cui trattasi sono addirittura identici o molto simili.

23
Quanto al rischio di confusione, la ricorrente ricorda che la valutazione deve basarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti.

24
Nella specie, secondo la ricorrente, sotto il profilo fonetico le parole «sir» e «zirh» sarebbero praticamente identiche e, in ogni caso, fortemente simili. A suo parere, tale somiglianza sussisterebbe anche laddove i due termini vengano pronunciati in inglese. Tale somiglianza sarebbe ancor più rilevante nelle altre lingue, in particolare in quella francese, in quella spagnola ed in quella tedesca.

25
La ricorrente fa valere, a tal riguardo, che la vendita dei prodotti di cui trattasi non avviene esclusivamente sulla base del loro aspetto visivo. Infatti, per quanto attiene alle modalità di commercializzazione dei prodotti medesimi, essa ricorda che i profumi ed i prodotti cosmetici mirano a raggiungere un rilevante mercato attraverso le profumerie, i parrucchieri e gli istituti di bellezza, in cui i clienti non hanno la possibilità di servirsi da soli. Inoltre, molti prodotti vengono spesso richiesti a seguito di raccomandazioni fatte oralmente. Infine, tali prodotti vengono parimenti venduti per corrispondenza e i dettagli riguardanti tale forma di vendita vengono forniti per telefono.

26
Pertanto, a parere della ricorrente, sarebbe erronea la valutazione dell’UAMI secondo cui le differenze tra i due marchi prevarrebbero sulle somiglianze fonetiche esistenti tra i medesimi e secondo cui non sussisterebbe, quindi, rischio di confusione. Richiamandosi alla sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, citata supra al punto 20, la ricorrente ritiene che una somiglianza di un solo tipo, nella specie, la somiglianza fonetica, sia sufficiente a dimostrare l’esistenza di un rischio di confusione tra i due marchi.

27
La ricorrente contesta parimenti all’UAMI di non aver preso in considerazione il principio secondo cui, nel caso di marchi composti da un elemento denominativo e da un elemento figurativo, l’elemento denominativo predominerebbe di regola e caratterizzerebbe il marchio nel suo complesso. Nella specie, l’elemento denominativo costituirebbe la parte dominante del marchio anteriore, ove l’arme è puramente decorativa.

28
L’UAMI riconosce che i prodotti appartenenti alla classe 3 per i quali è stata presentata domanda di registrazione di marchio comunitario sono simili o identici ai prodotti del marchio anteriore. L’UAMI riconosce parimenti che i servizi oggetto della domanda di registrazione di marchio comunitario e ricompresi nella classe 42 sono connessi, in una certa qual misura, ai prodotti del marchio anteriore appartenenti alla classe 3 e che, conseguentemente, sussiste una leggera somiglianza tra tali servizi e i prodotti della ricorrente. Tuttavia, l’Ufficio ritiene che tali prodotti vengano normalmente acquistati a vista.

29
Per quanto attiene al raffronto visivo dei segni in questione, l’UAMI rammenta che il marchio comunitario richiesto è costituito da un segno denominativo, mentre il marchio anteriore è un marchio figurativo composto da una parola e da elementi figurativi. A parere dell’Ufficio, l’emblema araldico del marchio anteriore dovrebbe essere preso in considerazione nell’ambito del raffronto in quanto, nella valutazione di un siffatto marchio composito, il consumatore avrà percezione del marchio stesso nel suo complesso senza frammentarlo nei suoi singoli elementi. A parere dell’Ufficio, nella specie, l’arme attirerebbe l’attenzione, già per le sue dimensioni e per la sua posizione sufficientemente dominante e sovrastante l’elemento denominativo, al pari, se non in misura maggiore, rispetto all’elemento denominativo. A suo avviso, la figura possiederebbe un certo carattere distintivo, trattandosi di una figura di fantasia priva di ogni riferimento diretto o implicito ai relativi prodotti.

30
Quanto all’aspetto fonetico, l’UAMI conferma che, in vari Stati membri, i marchi di cui trattasi sono simili dal punto di vista fonetico. A suo parere, infatti, in vari Stati membri il marchio anteriore sarà molto probabilmente pronunciato all’inglese, in quanto «sir» costituisce un termine inglese noto, presumibilmente conosciuto anche dal pubblico non anglofono. L’Ufficio aggiunge che, per quanto il marchio comunitario richiesto possa essere pronunciato in modi diversi in talune lingue, quantomeno nei paesi anglofoni ed in Spagna le rispettive differenze non sarebbero particolarmente marcate.

31
L’UAMI ritiene i marchi differenti da un punto di vista concettuale, atteso che il marchio anteriore verrebbe percepito come facente riferimento al senso più conosciuto del termine inglese, laddove la parola oggetto della domanda di marchio comunitario verrebbe percepita come termine di fantasia.

32
A parere dell’UAMI, infine, l’interpretazione della ricorrente della sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, citata supra al punto 20, sarebbe erronea. Secondo l’Ufficio, pur in presenza di una somiglianza fonetica, un rischio di confusione non sussisterebbe sistematicamente. Al contrario, una certa somiglianza in uno dei tre aspetti da prendere in considerazione potrebbe essere compensata da manifeste differenze negli altri aspetti per escludere, come nella specie, un rischio di confusione rilevante.

Giudizio del Tribunale

33
Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione «se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato». In tale disposizione viene parimenti precisato che «il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore». Per marchi anteriori devono peraltro intendersi, ai sensi dell’art. 8, n. 2, lett. a), sub i), del regolamento n. 40/94, i marchi comunitari la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario.

34
Nella specie, il marchio anteriore è un marchio comunitario e, conseguentemente, il territorio di riferimento ai fini dell’analisi del rischio di confusione è costituito da tutta l’Unione europea.

35
Si deve infatti ricordare che, ai sensi del secondo ‘considerando’ del regolamento n. 40/94, il regime comunitario dei marchi conferisce alle imprese il diritto di acquisire, secondo una procedura unica, marchi comunitari che godano di una protezione uniforme e producano i loro effetti in tutto il territorio della Comunità e che il principio del carattere unitario del marchio comunitario così enunciato si applica salvo disposizione contraria del detto regolamento. Lo stesso principio è sancito all’art. 1, n. 2, del regolamento n. 40/94, il quale dispone che il marchio comunitario ha «carattere unitario», il che comporta che esso «produce gli stessi effetti in tutta la Comunità».

36
Conseguentemente, ancorché l’art. 8 del regolamento n. 40/94 non contenga disposizioni analoghe a quella dell’art. 7, n. 2, secondo cui, ai fini del diniego di registrazione di un marchio, è sufficiente l’esistenza di un motivo di impedimento assoluto anche solo in una parte della Comunità, si deve ritenere che la stessa soluzione debba trovare applicazione nella specie. Ne consegue che la registrazione dev’essere parimenti negata anche quando l’impedimento relativo alla registrazione esista solo in una parte della Comunità.

37
Peraltro, atteso che i prodotti e i servizi di cui trattasi nella specie costituiscono prodotti e servizi di consumo corrente, il pubblico di riferimento è composto dai consumatori europei medi, normalmente informati nonché ragionevolmente attenti e avveduti.

38
È parimenti pacifico inter partes che i prodotti e i servizi oggetto della domanda di marchio, nei confronti dei quali la ricorrente ha proposto opposizione, sono in parte simili e in parte identici a quelli designati dal marchio anteriore.

39
Dalla giurisprudenza della Corte relativa all’interpretazione della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), e da quella del Tribunale relativa al regolamento n. 40/94, emerge che il rischio di confusione è costituito dal rischio che il pubblico possa credere che i prodotti o servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate [v. sentenze della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punto 29, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit. supra al punto 20, punto 17; sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑104/01, Oberhauser/UAMI – Petit Liberto (Fifties), Racc. pag. II‑4359, punto 25]. L’esistenza di un rischio di confusione per il pubblico deve essere oggetto di valutazione globale, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie (v. sentenze della Corte 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL, Racc. pag. I‑6191, punto 22; Canon, cit. supra, punto 16; Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit. supra al punto 20, punto 18; 22 giugno 2000, causa C‑425/98, Marca Mode, Racc. pag. I‑4861, punto 40, e Fifties, cit. supra, punto 26).

40
Tale valutazione implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione, e in particolare tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (v. sentenze Canon, cit. supra al punto 39, punto 17; Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit. supra al punto 20, punto 19, e Marca Mode, cit. supra al punto 39, punto 40). L’interdipendenza tra questi fattori trova espressione nel settimo ‘considerando’ del regolamento n. 40/94, a termini del quale occorre interpretare la nozione di somiglianza in relazione al rischio di confusione, la cui valutazione, a sua volta, dipende in particolare dalla notorietà del marchio sul mercato e dal grado di somiglianza tra il marchio e il contrassegno e tra i prodotti o servizi contraddistinti [v. sentenza Fifties, cit. supra al punto 39, punto 27, nonché sentenza del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T‑292/01, Phillips‑Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb e Einzelhandel (BASS), Racc. pag. 4335, punto 45].

41
Inoltre, la percezione che ha il consumatore medio dei prodotti o servizi di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale del rischio di confusione. Orbene, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v. sentenze SABEL, cit. supra al punto 39, punto 23, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit. supra al punto 20, punto 25). Ai fini di questa valutazione globale, si ritiene che il consumatore medio sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. D’altra parte, occorre tener conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine imperfetta degli stessi che ha mantenuto nella memoria. Occorre altresì prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit. supra al punto 20, punto 26).

42
Emerge, infine, dalla giurisprudenza della Corte che la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti (v. sentenze SABEL, cit. supra al punto 39, punto 23, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit. supra al punto 20, punto 25).

43
Alla luce di tali considerazioni occorre esaminare se il grado di somiglianza tra i marchi in questione sia sufficientemente elevato per poter ritenere che sussista un rischio di confusione tra i medesimi.

44
Per quanto attiene al raffronto visivo dei marchi in conflitto, si deve anzitutto rilevare che, per quanto gli elementi denominativi di questi due marchi possiedano in comune la seconda e la terza delle lettere utilizzate, vale a dire la sillaba «ir», essi presentano differenze visive non trascurabili. Infatti, le prime lettere, rispettivamente la «s» e la «z», sono diverse. Inoltre, i detti elementi denominativi sono composti da un numero diverso di lettere, poiché nel marchio richiesto le lettere «ir» sono seguite dalla lettera «h». Per di più, il segno denominativo del marchio anteriore è accompagnato da una figura araldica, laddove il marchio richiesto è costituito esclusivamente da un segno denominativo redatto in caratteri ordinari. Pertanto, nella valutazione visiva complessiva dei segni di cui trattasi, l’esistenza di elementi specifici dei rispettivi segni fa sì che la loro impressione complessiva risulti differente.

45
Quanto alla somiglianza fonetica, l’UAMI non contesta che gli elementi denominativi contenuti nei due marchi presentino somiglianze in talune lingue ufficiali dell’Unione europea. Infatti, come giustamente osservato dall’UAMI al punto 26 del proprio controricorso, in vari Stati membri il marchio anteriore sarà probabilmente pronunciato all’inglese, atteso che «sir» costituisce un termine inglese noto, presumibilmente conosciuto anche dal pubblico non anglofono. Sebbene il marchio comunitario richiesto possa essere pronunciato in modi differenti in talune lingue, si deve ritenere che, come riconosciuto dall’UAMI, i marchi di cui trattasi siano simili sul piano fonetico, quantomeno nei paesi anglofoni e in Spagna, dato che le rispettive differenze di pronuncia tra l’inglese e lo spagnolo non risultano particolarmente marcate. Sul piano fonetico, in tali paesi i marchi devono essere quindi considerati simili.

46
Per quanto attiene al raffronto, sul piano concettuale, dei marchi in conflitto, la ricorrente non contesta le valutazioni dell’UAMI al riguardo. Infatti, come correttamente sostenuto dall’Ufficio, non sussiste somiglianza sul piano concettuale, dato che sembra probabile che il consumatore medio degli Stati membri faccia riferimento alla parola inglese «sir» in considerazione dell’estesa notorietà di tale termine in Europa. Poiché il termine «zirh» non presenta significato apparente in alcuna delle undici lingue ufficiali dell’Unione europea, il grande pubblico percepirà quindi la parola «zirh» come neologismo. Si deve pertanto ritenere che, sul piano concettuale, non esista somiglianza tra i due marchi.

47
Si deve conseguentemente rilevare che non sussiste somiglianza tra i marchi «sir» e «zirh», né sul piano visivo né su quello concettuale. Sul piano fonetico, i due detti marchi risultano simili in alcuni paesi. A tal riguardo, va osservato che, secondo la giurisprudenza, non si può escludere che la sola somiglianza fonetica dei marchi possa creare un rischio di confusione [v. sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit. supra al punto 20, punto 28, e sentenza del Tribunale 15 gennaio 2003, causa T‑99/01, Mystery Drinks/UAMI – Karlsberg Brauerei (MYSTERY), Racc. pag. II‑43, punto 42].

48
Orbene, come già rilevato supra ai punti 39 e 42, occorre procedere ad una valutazione globale di tutti gli elementi pertinenti della specie, fondata sull’impressione complessiva prodotta dai marchi di cui trattasi, tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti.

49
Infatti, secondo la giurisprudenza del Tribunale, le somiglianze fonetiche possono essere neutralizzate da differenze concettuali che distinguono i marchi in questione. Una siffatta neutralizzazione richiede che almeno uno dei marchi di cui trattasi abbia, nella prospettiva del pubblico di riferimento, un significato chiaro e determinato, di modo che tale pubblico possa immediatamente comprenderlo (v. sentenza BASS, cit. supra al punto 40, punto 54).

50
Nella specie, ciò vale con riguardo all’elemento denominativo del marchio anteriore SIR come già rilevato supra al punto 46. Tale analisi non è inficiata dal fatto che questo segno denominativo non designi alcuna caratteristica dei prodotti per i quali è stata effettuata la registrazione del marchio medesimo. Tale circostanza non impedisce, infatti, al pubblico di riferimento di comprendere immediatamente il significato di tale elemento denominativo del marchio anteriore. È sufficiente che uno dei marchi sia dotato di un siffatto significato, mentre l’altro marchio non ha un siffatto significato o ha solo un significato del tutto diverso, perché vengano in larga misura neutralizzate le somiglianze fonetiche esistenti tra i marchi medesimi (v., in tal senso, sentenza BASS, cit. supra al punto 40, punto 54).

51
Nella specie, tale neutralizzazione è avvalorata dal fatto che i marchi SIR e ZIRH presentano parimenti differenze visive. In tale contesto, occorre rilevare, come correttamente osservato dall’UAMI, che il grado di somiglianza fonetica tra due marchi presenta un’importanza ridotta nel caso di prodotti commercializzati in modo tale che, di regola, il pubblico di riferimento, al momento dell’acquisto, percepisca in modo visivo il marchio che li designa (v., in tal senso, sentenza BASS, cit. supra al punto 40, punto 55).

52
Ciò vale per i prodotti di cui trattasi nella specie, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente. Infatti, gli argomenti della ricorrente, secondo cui la vendita dei prodotti oggetto del marchio anteriore non verrebbe effettuata esclusivamente sulla base del loro aspetto visivo e secondo cui un canale importante di commercializzazione dei prodotti della ricorrente sarebbe costituito da profumerie, parrucchieri e istituti di bellezza, non inficiano tale conclusione.

53
A tal riguardo si deve rilevare che la ricorrente non ha minimamente dimostrato che i propri prodotti vengano abitualmente commercializzati in maniera tale che il pubblico non abbia alcuna percezione visiva del marchio. La ricorrente si limita infatti a sostenere che esiste un canale tradizionale di commercializzazione costituito dalle profumerie, dai parrucchieri e dagli istituti di bellezza, ragion per cui il prodotto non potrebbe essere preso direttamente dal consumatore, bensì solamente tramite un venditore.

54
Anche ammesso che le profumerie, i parrucchieri e gli istituti di bellezza possano costituire canali importanti di commercializzazione dei prodotti della ricorrente, è pacifico che, anche in tali luoghi, i prodotti vengono generalmente presentati su scaffali in modo da consentirne l’esame visivo da parte dei consumatori. Pertanto, anche se non è escluso che i prodotti di cui trattasi possano essere parimenti venduti sulla base di un ordinativo orale, non si può ritenere che tale modalità costituisca il modo di commercializzazione abituale di tali prodotti.

55
Alla luce di tutti i suesposti elementi, si deve rilevare che il grado di somiglianza tra i marchi in questione non è sufficientemente elevato per poter ritenere che il pubblico di riferimento possa credere che i prodotti di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente connesse.

56
Tenuto conto delle differenze esistenti tra i marchi di cui trattasi, tale valutazione non è inficiata dal fatto che i prodotti e i servizi oggetto del marchio richiesto, riguardo ai quali la ricorrente ha proposto opposizione, sono in parte simili e in parte identici a quelli designati dal marchio anteriore.

57
Ne consegue che la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto che non esistesse rischio di confusione tra il marchio richiesto ed il marchio anteriore.

58
Il motivo unico di ricorso deve essere pertanto respinto e, conseguentemente, il ricorso deve essere rigettato in toto.


Sulle spese

59
A termini dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la parte ricorrente è rimasta soccombente, essa va condannata alle spese, conformemente alla domanda del convenuto.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

2)
La ricorrente è condannata alle spese.

Tiili

Mengozzi

Vilaras

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 3 marzo 2004.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

V. Tiili


1
Lingua processuale: l'inglese.