Language of document : ECLI:EU:T:2022:140

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

16 marzo 2022 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate nei confronti della Siria – Congelamento dei capitali – Errori di valutazione – Criterio dell’imprenditore di spicco che opera in Siria – Presunzione di legame con il regime siriano – Inversione della presunzione»

Nella causa T‑249/20,

Abdelkader Sabra, residente in Beirut (Libano), rappresentato da M. Lester, QC, e A. Bradshaw, solicitor,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da T. Haas e V. Piessevaux, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione di esecuzione (PESC) 2020/212 del Consiglio, del 17 febbraio 2020, che attua la decisione 2013/255/PESC relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU 2020, L 43 I, pag. 6), del regolamento di esecuzione (UE) 2020/211 del Consiglio, del 17 febbraio 2020, che attua il regolamento (UE) n. 36/2012 concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU 2020, L 43 I, pag. 1), della decisione (PESC) 2020/719 del Consiglio, del 28 maggio 2020, che modifica la decisione 2013/255/PESC relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU 2020, L 168, pag. 66), e del regolamento di esecuzione (UE) 2020/716 del Consiglio, del 28 maggio 2020, che attua il regolamento (UE) n. 36/2012 concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU 2020, L 168, pag. 1), nella parte in cui tali atti riguardano il ricorrente,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da S. Gervasoni, presidente, R. Frendo e J. Martín y Pérez de Nanclares (relatore), giudici,

cancelliere: M. Zwozdziak-Carbonne, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 settembre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti all’origine della controversia e fatti successivi alla presentazione del ricorso

1        Il sig. Abdelkader Sabra, ricorrente, è un imprenditore di nazionalità siriana e libanese.

2        Condannando fermamente la violenta repressione delle manifestazioni pacifiche in Siria e chiedendo alle autorità siriane di astenersi dal ricorrere alla forza, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato, sulla base dell’articolo 29 TUE, la decisione 2011/273/PESC, del 9 maggio 2011, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU 2011, L 121, pag. 11). Data la gravità della situazione, il Consiglio ha imposto un embargo sulle armi, un divieto delle esportazioni di materiale che potrebbe essere utilizzato a fini di repressione interna, restrizioni all’ammissione nell’Unione europea, nonché il congelamento dei capitali e delle risorse economiche di determinate persone ed entità responsabili della repressione violenta perpetrata contro la popolazione civile siriana.

3        I nomi delle persone responsabili della violenta repressione perpetrata contro la popolazione civile in Siria nonché quelli delle persone, fisiche o giuridiche, e delle entità ad esse associate sono indicati nell’allegato della decisione 2011/273. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, di tale decisione, il Consiglio, deliberando su proposta di uno Stato membro o dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, può modificare detto allegato. Il nome del ricorrente non vi figurava al momento dell’adozione della decisione di cui trattasi.

4        Dato che alcune delle misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica araba siriana rientrano nell’ambito di applicazione del Trattato FUE, il Consiglio ha adottato, sul fondamento dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, il regolamento (UE) n. 442/2011, del 9 maggio 2011, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU 2011, L 121, pag. 1). Il tenore di tale regolamento è essenzialmente identico a quello della decisione 2011/273. L’elenco delle persone, delle entità e degli organismi riconosciuti quali responsabili della repressione di cui trattasi o associati ai responsabili summenzionati, contenuto nell’allegato II di detto regolamento, è identico a quello contenuto nell’allegato della decisione 2011/273. Ai sensi dell’articolo 14, paragrafi 1 e 4, del regolamento n. 442/2011, qualora il Consiglio decida di applicare a una persona fisica o giuridica, a un’entità o a un organismo le misure restrittive previste, esso modifica di conseguenza l’allegato II e riesamina, inoltre, l’elenco ivi contenuto periodicamente e almeno ogni dodici mesi.

5        Con decisione 2011/782/PESC, del 1° dicembre 2011, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria e che abroga la decisione 2011/273 (GU 2011, L 319, pag. 56), il Consiglio, data la gravità della situazione in Siria, ha ritenuto necessario imporre misure restrittive supplementari. A fini di chiarezza, le misure imposte dalla decisione 2011/273 e le misure supplementari sono state riunite in un unico atto giuridico. La decisione 2011/782 prevede, al suo articolo 18, restrizioni all’ammissione nel territorio dell’Unione delle persone il cui nome figura nell’allegato I e, al suo articolo 19, il congelamento di fondi e risorse economiche delle persone e delle entità i cui nomi figurano negli allegati I e II.

6        Il regolamento n. 442/2011 è stato sostituito dal regolamento (UE) n. 36/2012 del Consiglio, del 18 gennaio 2012, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria e che abroga il regolamento n. 442/2011 (GU 2012, L 16, pag. 1).

7        La decisione 2011/782 è stata sostituita dalla decisione 2012/739/PESC del Consiglio, del 29 novembre 2012, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria e che abroga la decisione 2011/782 (GU 2012, L 330, pag. 21), a sua volta sostituita dalla decisione 2013/255/PESC del Consiglio, del 31 maggio 2013, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU 2013, L 147, pag. 14).

8        Il 12 ottobre 2015, il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2015/1836 che modifica la decisione 2013/255 (GU 2015, L 266, pag. 75). Lo stesso giorno, esso ha adottato il regolamento (UE) 2015/1828, che modifica il regolamento n. 36/2012 (GU 2015, L 266, pag. 1).

9        Ai sensi del considerando 6 della decisione 2015/1836, «[i]l Consiglio ha accertato che a motivo dello stretto controllo esercitato dal regime siriano sull’economia, una cerchia ristretta di imprenditori di spicco che operano in Siria [era] in grado di mantenere il proprio status soltanto grazie a una stretta associazione al regime e con il suo sostegno, nonché grazie all’influenza che esercita all’interno del medesimo» e «[i]l Consiglio ritiene che sia opportuno prevedere misure restrittive per imporre restrizioni in materia di ammissione e congelare tutti i fondi e risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati da tali imprenditori di spicco che operano in Siria, [da esso] individuati ed inseriti nell’elenco di cui all’allegato 1, per impedire loro di fornire sostegno materiale o finanziario al regime e, attraverso la loro influenza, aumentare la pressione sul regime stesso affinché cambi le sue politiche repressive».

10      La formulazione degli articoli 27 e 28 della decisione 2013/255 è stata modificata dalla decisione 2015/1836. Tali articoli prevedono, ormai, restrizioni all’ingresso o al transito negli Stati membri, nonché il congelamento dei capitali degli «imprenditori di spicco che operano in Siria», a meno che esistano «sufficienti informazioni per ritenere che [tali persone] non sono, o non sono più, associate al regime o non esercitano un’influenza su di esso ovvero non presentano un concreto rischio di elusione».

11      Il regolamento 2015/1828 ha modificato, in particolare, la formulazione dell’articolo 15 del regolamento n. 36/2012 al fine di includervi i nuovi criteri di inserimento stabiliti dalla decisione 2015/1836 e introdotti nella decisione 2013/255.

12      Con decisione di esecuzione (PESC) 2020/212 del Consiglio, del 17 febbraio 2020, che attua la decisione 2013/255 (GU 2020, L 43 I, pag. 6) e il regolamento di esecuzione (UE) 2020/211 del Consiglio, del 17 febbraio 2020, che attua il regolamento (UE) n. 36/2012 (GU 2020, L 43 I, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti inziali»), il nome del ricorrente è stato aggiunto alla riga 293 dell’elenco di cui all’allegato I, sezione A (Persone), della decisione 2013/255 e aggiunto alla riga 293 dell’elenco di cui all’allegato II, sezione A (Persone), del regolamento n. 36/2012 (in prosieguo, congiuntamente: gli «elenchi in questione»).

13      Da un lato, le «informazioni identificative» inserite negli elenchi in questione menzionano che il ricorrente è di sesso maschile, ha la cittadinanza siriana e libanese ed è nato il 14 settembre 1955. Inoltre, le sue cariche vi sono descritte nei seguenti termini: «proprietario della Sabra Maritime Agency; capo del comitato degli uomini d’affari turco-siriano; socio fondatore della Phoenicia Tourism Company [e] presidente della Camera di navigazione marittima della Siria». Infine, la «Phoenicia Tourism Company [LLC]» e la «Sabra Maritime Agency» vi sono menzionate quali «parenti/soci d’affari/entità o partner/collegamenti» del ricorrente.

14      Dall’altro lato, i motivi di inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione sono redatti nei seguenti termini:

«Imprenditore di spicco che opera in Siria con molteplici interessi economici, soprattutto nei settori marittimo e turistico. In qualità di maggiore armatore e socio d’affari di Rami Makhlouf (sostenitore del regime e cugino di Bashar al-Assad), Abdelkader Sabra fornisce sostegno finanziario ed economico al regime siriano, anche attraverso società offshore. Abdelkader Sabra trae inoltre vantaggio dai suoi legami con il regime, che gli hanno permesso di espandere le sue attività nel settore immobiliare. È altresì coinvolto in attività di riciclaggio e in attività commerciali a sostegno del regime siriano e dei suoi associati».

15      Con lettera del 16 marzo 2020, il ricorrente ha chiesto al Consiglio di fornirgli, in particolare, copie di tutte le informazioni e degli elementi a sostegno dell’inserimento del suo nome negli elenchi in questione.

16      In risposta alla lettera del ricorrente citata al precedente punto 15, il 6 aprile 2020, il Consiglio gli ha trasmesso il documento recante il riferimento WK 1755/2020 INIT, del 12 febbraio 2020, contenente gli elementi di prova a sostegno dei motivi dell’inserimento del suo nome negli elenchi in questione.

17      Con lettera del 4 maggio 2020, il ricorrente ha presentato osservazioni concernenti la decisione di inserire il suo nome negli elenchi in questione in forza degli atti iniziali e ha chiesto al Consiglio la cancellazione del suo nominativo da detti elenchi.

18      Il 28 maggio 2020 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2020/719, che modifica la decisione 2013/255 (GU 2020, L 168, pag. 66), e il regolamento di esecuzione (UE) 2020/716, che attua il regolamento n. 36/2012 (GU 2020, L 168, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti di mantenimento»). In forza della decisione 2020/719, l’applicazione della decisione 2013/255 è stata prorogata fino al 1° giugno 2021. Il nome del ricorrente è stato mantenuto alla riga 293 degli elenchi in questione sulla base di motivi identici a quelli contenuti negli atti iniziali.

19      Con lettera del 2 giugno 2020, il Consiglio ha informato il ricorrente della sua decisione di mantenere l’inserimento del suo nome negli elenchi in questione in forza degli atti di mantenimento. Inoltre, esso l’ha informato del fatto che stava esaminando le osservazioni e la documentazione sottopostegli dal ricorrente nella lettera del 4 maggio 2020 (v. precedente punto 17), circostanza che necessitava, secondo il Consiglio, di varie settimane di lavoro in considerazione dei numerosi argomenti addotti a sostegno della sua domanda nonché dell’elevato numero di documenti di cui quest’ultima era corredata.

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

20      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 aprile 2020, il ricorrente ha proposto il presente ricorso avente ad oggetto la domanda diretta all’annullamento degli atti iniziali, nella parte in cui tali atti lo riguardano.

21      Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 giugno 2020, il ricorrente, sulla base dell’articolo 86 del regolamento di procedura del Tribunale, ha adattato il ricorso, cosicché quest’ultimo è diretto altresì all’annullamento degli atti di mantenimento, nella parte in cui essi lo riguardano.

22      Il 23 luglio 2020, il Consiglio ha depositato presso la cancelleria del Tribunale il controricorso, il quale risponde anche alla memoria di adattamento.

23      La replica e la controreplica sono state depositate, rispettivamente, il 6 ottobre e il 19 novembre 2020.

24      La fase scritta del procedimento si è conclusa il 19 novembre 2020.

25      Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89, paragrafo 3, lettera d), del regolamento di procedura, il Tribunale, il 9 giugno 2021, ha chiesto alle parti di produrre taluni documenti. Le parti hanno ottemperato alla richiesta di produzione di documenti entro il termine impartito.

26      Il 6 settembre 2021, il ricorrente ha depositato una domanda motivata, conformemente all’articolo 66 del regolamento di procedura, diretta ad ottenere che il contenuto di alcuni documenti allegati al ricorso e alcuni punti del ricorso e della replica non siano menzionati nei documenti relativi a tale causa cui il pubblico ha accesso. In udienza il ricorrente ha confermato che la sua richiesta di omissione di determinati dati nei confronti del pubblico era limitata ai documenti e ai punti menzionati nella lettera del 6 settembre 2021, circostanza di cui si è dato atto nel verbale di udienza.

27      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 16 settembre 2021.

28      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare gli atti iniziali e gli atti di mantenimento (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti impugnati») nella parte in cui essi lo riguardano;

–        condannare il Consiglio alle spese.

29      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese;

–        in subordine, nell’ipotesi in cui il Tribunale annulli le misure restrittive adottate nei confronti del ricorrente, disporre che gli effetti della decisione 2020/719 siano mantenuti nella parte in cui esse lo riguardano sino al momento in cui produrrà effetti l’annullamento parziale del regolamento di esecuzione 2020/716.

III. In diritto

A.      Sulla ricevibilità degli allegati alla richiesta di tempo supplementare per la discussione depositata dal ricorrente

30      Con lettera del 7 settembre 2021, il ricorrente ha chiesto al Tribunale di concedergli un tempo supplementare per la discussione in vista dell’udienza del 16 settembre 2021. Nell’ambito di tale richiesta, egli ha allegato due lettere che aveva indirizzato al Consiglio, la prima dell’8 marzo 2021 e la seconda del 9 giugno 2021.

31      La produzione di tali allegati non può rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il quale prevede che, in via eccezionale, le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova prima della chiusura della fase orale del procedimento o prima della decisione del Tribunale di statuire senza fase orale, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato. Da un lato, infatti, il ricorrente non menziona nella sua lettera del 7 settembre 2021 il fatto che intenda depositare le lettere dell’8 marzo e del 9 giugno 2021 conformemente a tale disposizione e, dall’altro, non adduce alcuna giustificazione per il ritardo nella presentazione delle stesse.

32      Le lettere dell’8 marzo e del 9 giugno 2021, allegate alla richiesta del ricorrente di tempo supplementare per la discussione, devono quindi essere respinte in quanto irricevibili.

B.      Nel merito

33      A sostegno del suo ricorso, il ricorrente deduce un unico motivo, vertente su errori di valutazione dei fatti.

34      Il ricorrente afferma, in sostanza, di non essere attualmente un imprenditore di spicco che opera in Siria, di non essere legato al regime siriano, di non far parte della cerchia ristretta di imprenditori di spicco che operano in Siria, quale definita al considerando 6 della decisione 2015/1836, e di non fornire sostegno materiale o finanziario al regime siriano, né attraverso società stabilite all’estero né con altri mezzi.

35      Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente e fa valere, in sostanza, che gli elementi di prova contenuti nel documento WK 1755/2020 INIT e nel documento WK 7118/2020 INIT, del 23 luglio 2020, dimostrano che il ricorrente è un imprenditore di spicco che opera in Siria. A tal riguardo, esso contesta gli argomenti addotti dal ricorrente per rovesciare la presunzione di associazione tra lui e il regime siriano. Infine, il Consiglio ritiene che il ricorrente sostenga il regime siriano e ne tragga vantaggio.

1.      Considerazioni preliminari

36      Occorre rilevare che l’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea postula segnatamente che il giudice dell’Unione si assicuri che la decisione con la quale sono state adottate o mantenute misure restrittive, che riveste una portata individuale per la persona o l’entità interessata, si fondi su una base di fatto sufficientemente solida. Ciò comporta una verifica dei fatti addotti nell’esposizione dei motivi sottesa a tale decisione, cosicché il controllo giurisdizionale non si limiti alla valutazione dell’astratta verosimiglianza dei motivi dedotti, ma consista invece nell’accertare se questi motivi, o per lo meno uno di essi considerato di per sé sufficiente a suffragare la medesima decisione, siano fondati (sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 119).

37      Spetta al giudice dell’Unione procedere a detto esame, chiedendo, se necessario, all’autorità competente dell’Unione di produrre informazioni o elementi probatori, riservati o meno, pertinenti per un siffatto esame (v. sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 120 e giurisprudenza ivi citata).

38      Infatti, in caso di contestazione, è all’autorità competente dell’Unione che incombe il compito di dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona o dell’entità interessata, e non già a queste ultime di produrre la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi (sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 121)

39      A tal fine, non è richiesto che detta autorità produca dinanzi al giudice dell’Unione tutte le informazioni e gli elementi probatori attinenti ai motivi dedotti dell’atto di cui si chiede l’annullamento. Tuttavia, occorre che le informazioni e gli elementi prodotti suffraghino i motivi posti a carico della persona o dell’entità interessata (sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 122).

40      Se l’autorità competente dell’Unione fornisce informazioni o elementi probatori pertinenti, il giudice dell’Unione deve verificare l’esattezza materiale dei fatti dedotti in giudizio alla luce di tali informazioni o elementi e valutare l’efficacia probatoria di questi ultimi in funzione delle circostanze del caso e alla luce delle eventuali osservazioni presentate, in particolare, dalla persona o dall’entità interessata (sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 124).

41      Conformemente alla giurisprudenza della Corte, la valutazione della fondatezza di un’iscrizione deve essere effettuata esaminando gli elementi di prova non in maniera isolata, bensì nel contesto nel quale essi si inseriscono (v., in tal senso, sentenze del 21 aprile 2015 Anbouba/Consiglio, C‑630/13 P, EU:C:2015:247, punto 51, e del 21 aprile 2015, Anbouba/Consiglio, C‑605/13 P, EU:C:2015:248, punto 50).

42      Infine, nell’ambito della valutazione dell’importanza degli interessi in gioco, che fa parte del controllo della proporzionalità delle misure restrittive in questione, si può tenere conto del contesto nel quale si collocano tali misure, del fatto che era urgente adottare misure siffatte aventi lo scopo di far pressione sul regime siriano affinché cessasse la repressione violenta rivolta contro la popolazione, nonché della difficoltà di ottenere prove più precise in uno Stato in situazione di guerra civile retto da un regime di natura autoritaria (sentenza del 21 aprile 2015, Anbouba/Consiglio, C‑605/13 P, EU:C:2015:248, punto 46).

2.      Sui motivi di inserimento e sulla determinazione dei criteri di inserimento

43      Occorre ricordare che i criteri generali di inserimento esposti all’articolo 27, paragrafo 1, e all’articolo 28, paragrafo 1, della decisione 2013/255, come modificata dalla decisione 2015/1836, ripresi, per quanto riguarda il congelamento dei capitali, all’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 36/2012, come modificato dal regolamento 2015/1828, prevedono che le persone e le entità che traggono vantaggio dalle politiche condotte dal regime siriano o lo sostengono siano sottoposte a misure restrittive. Analogamente, l’articolo 27, paragrafo 2, lettera a), e paragrafo 3, e l’articolo 28, paragrafo 2, lettera a), e paragrafo 3, della decisione 2013/255, come modificata dalla decisione 2015/1836, ripresi, per quanto riguarda il congelamento dei capitali, all’articolo 15, paragrafo 1 bis, lettera a), e paragrafo 1 ter, del regolamento n. 36/2012, come modificato dal regolamento 2015/1828, dispongono che la categoria degli «imprenditori di spicco che operano in Siria» è sottoposta a misure restrittive, salvo se siano disponibili sufficienti informazioni per ritenere che essi non siano, o non siano più, associati al regime o non esercitino influenza su di esso o non presentino un concreto rischio di elusione.

44      Come menzionato al precedente punto 14, i motivi di inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione sono i seguenti:

«Imprenditore di spicco che opera in Siria con molteplici interessi economici, soprattutto nei settori marittimo e turistico. In qualità di maggiore armatore e socio d’affari di Rami Makhlouf (sostenitore del regime e cugino di Bashar al-Assad), Abdelkader Sabra fornisce sostegno finanziario ed economico al regime siriano, anche attraverso società offshore. Abdelkader Sabra trae inoltre vantaggio dai suoi legami con il regime, che gli hanno permesso di espandere le sue attività nel settore immobiliare. È altresì coinvolto in attività di riciclaggio e in attività commerciali a sostegno del regime siriano e dei suoi associati».

45      Dai motivi di inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione si deve dedurre che il nome di quest’ultimo è stato inserito e mantenuto in detti elenchi a causa, in primo luogo, del suo status di imprenditore di spicco che opera in Siria e, in secondo luogo, del suo legame con il regime siriano. In altri termini, l’inserimento del nome del ricorrente è fondato, da un lato, sul criterio definito al paragrafo 2, lettera a), dell’articolo 27 e dell’articolo 28 della decisione 2013/255, come modificata dalla decisione 2015/1836, e al paragrafo 1 bis, lettera a), dell’articolo 15 del regolamento n. 36/2012, come modificato dal regolamento 2015/1828 (criterio dell’imprenditore di spicco che opera in Siria) e, dall’altro, sul criterio definito al paragrafo 1 dell’articolo 27 e dell’articolo 28 della suddetta decisione e al paragrafo 1, lettera a), dell’articolo 15 del suddetto regolamento (criterio dell’associazione con il regime).

3.      Sugli elementi di prova

46      Per giustificare l’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione, il Consiglio ha fornito il documento WK 1755/2020 INIT, contenente elementi di informazione accessibili al pubblico, vale a dire link, articoli di stampa e catture di schermate provenienti:

–        dal sito Internet «Aliqtisadi», consultato il 24 settembre 2018, sul quale il ricorrente viene presentato come direttore del comitato degli uomini d’affari turco-siriano, proprietario della Sabra Maritime Agency e investitore nel settore del turismo; il ricorrente vi è altresì descritto come uno dei 100 imprenditori più importanti in Siria, presidente fondatore della Camera di navigazione marittima siriana nonché socio fondatore della Phoenicia Tourism Company, di cui possiede l’85% del capitale;

–        dal sito Internet «Syriandays», che, in un articolo pubblicato il 10 febbraio 2015, intitolato «Abdelkader Sabra is the President of the Syrian Chamber of Shipping» (Abdelkader Sabra è il presidente della Camera di navigazione marittima siriana), riporta che il comitato dei direttori della Camera di navigazione marittima siriana ha tenuto la prima riunione della terza sessione delle elezioni in presenza del Ministro del Trasporto siriano e che quest’ultimo ha menzionato l’importante ruolo svolto da tale Camera per il paese; inoltre, l’articolo fornisce i nomi delle persone che hanno vinto le elezioni per l’assegnazione di diverse cariche e il nome del ricorrente vi figura in quanto persona che ha ottenuto quella di presidente; infine, vi si menziona che la suddetta Camera è stata istituita dalla legge n. 20 del 2006 e si contraddistingue per il suo sostegno al settore del trasporto marittimo;

–        dal sito Internet «The Syria Report», consultato il 31 ottobre 2018, che indica che la Phoenicia Tourism Company è stata costituita il 5 luglio 2012 a Tartus (Siria) nel settore dello sviluppo dei progetti alberghieri e che, inoltre, rende noto che il ricorrente possiede l’85% delle azioni di tale società, con un capitale totale pari a 1 milione di sterline siriane (SYP) (circa EUR 1.313);

–        dal sito Internet «The Syria Report», che, in un articolo pubblicato il 26 novembre 2012, intitolato «Ministry of Tourism Awards New Contract to Manage Arwad Hotel» (Il Ministero del Turismo aggiudica un nuovo contratto per la gestione dell’hotel di Arwad), riporta che il Ministero del Turismo siriano ha aggiudicato alla Phoenicia Tourism Company un contratto per lo sviluppo e la gestione di un hotel a quattro stelle sull’isola di Arwad (Siria), con una durata di 60 anni; secondo l’articolo, l’hotel avrà 150 posti letto e il costo di sviluppo è stimato in 700 milioni di SYP (circa EUR 919 009); viene altresì indicato che il ricorrente, descritto come un noto investitore di Tartus, è attivo in diversi settori, tra cui i settori marittimo e commerciale;

–        dal sito Internet «The Syria Report», consultato il 1° novembre 2018, secondo cui il ricorrente è il direttore generale della Sabra Group, che comprende l’agenzia marittima Riamar Shipping, proprietaria di otto navi ormeggiate nel porto di Tartus; vi si espone altresì che la Sabra Group esporta olio di oliva e impiega 250 persone;

–        dall’agenzia di stampa Reuters, che, in un articolo pubblicato il 15 novembre 2013, intitolato «Exclusive – [Bashar Al-]Assad allies profit from Syria’s lucrative food trade» (Esclusivo – Gli alleati di Bashar Al-Assad traggono vantaggio dal commercio lucrativo di prodotti alimentari siriano), segnala che, grazie all’impiego di società di comodo e imprese di trasporto marittimo, emerge una discreta rete commerciale e logistica il cui scopo non è solo quello di ottenere prodotti alimentari, ma anche di generare notevoli rendimenti per i membri della cerchia ristretta di Bashar Al-Assad; secondo l’articolo in parola, la Yass Marine, registrata a Tripoli (Libano) e in Siria, farebbe parte di tali imprese; l’articolo riporta che, secondo le informazioni del traffico marittimo della società di analisi di dati marittimi Windward, la flotta delle navi portarinfuse da carico secco della Yass Marine ha effettuato consegne in Siria nel corso degli ultimi mesi in provenienza dai porti dell’Ucraina, della Russia e del Libano; inoltre, secondo l’articolo, il ricorrente, uno dei maggiori armatori in Siria, sarebbe coinvolto nel commercio marittimo verso tali paesi; infine, nell’articolo si afferma che siti Internet dell’opposizione e un repertorio commerciale mostrano che il ricorrente era azionista della Cham Holding, una società «sanzionata» e legata a Rami Makhlouf;

–        dal quotidiano Le Monde, che, in un articolo pubblicato il 30 maggio 2014, intitolato «Ces oligarques syriens qui tiennent à bout de bras le régime [de Bashar Al-] Assad» (Questi oligarchi siriani che sostengono il regime [di Bashar Al-]Assad», riporta che Rami Makhlouf, insieme ad altre tre persone, tra cui il ricorrente, ha investito nell’importazione di prodotti alimentari, tra cui grano, riso, zucchero e tè, che sfuggono all’embargo europeo, a differenza del petrolio;

–        dal sito Internet «World Crunch», che, in un articolo pubblicato il 3 giugno 2014, intitolato «The Shady Syrian Oligarchs Who Keep The Regime Afloat» (I loschi oligarchi siriani che mantengono a galla il regime siriano), riprende, per quanto riguarda il ricorrente, le stesse informazioni segnalate nell’articolo del quotidiano Le Monde di cui al precedente trattino;

–        dal sito Internet «Eqtsad», che, in un articolo pubblicato il 27 gennaio 2019, intitolato «Abdelkader Sabra, partner of Rami Makhlouf, who is still raising the Turkish flag in the office» (Abdelkader Sabra, un socio di Rami Makhlouf che issa ancora la bandiera turca nel suo ufficio), descrive il ricorrente come una persona che trae vantaggio della politica di Bashar Al-Assad, il quale, a partire dal 2002, ha permesso a un’«importante classe sociale» di investire in Siria; secondo l’articolo, egli ha fondato l’agenzia marittima Abdul Kader Sabra (in prosieguo: l’«AKSSA») nel 2002, società che è riuscita ad avere una flotta di oltre 350 navi; nell’articolo si afferma altresì che egli è presidente della Camera di navigazione marittima siriana dalla sua istituzione nel 2006 nonché direttore del comitato degli uomini d’affari turco-siriano e vicepresidente del comitato degli uomini d’affari russo-siriano; egli viene altresì descritto come uno dei soci di primo piano di Rami Makhlouf; secondo detto articolo, le attività del ricorrente nel settore marittimo gli permettevano di intrattenere rapporti commerciali con diversi paesi, tra cui, in particolare, l’Italia, la Grecia, la Turchia e Cipro; al riguardo, secondo l’articolo, il ricorrente è stato nominato direttore del comitato degli uomini d’affari turco-siriano, svolgendo un ruolo di rilievo nello sviluppo dei rapporti commerciali e politici con la Turchia; l’articolo segnala anche che il ricorrente ha investito nel «sistema Assad» nel miglior modo possibile, essendo diventato una figura di riguardo in diversi settori; inoltre, secondo l’articolo, a partire dal 2005, egli ha iniziato ad espandere le sue attività e ha investito nel settore immobiliare e nel commercio di prodotti alimentari con Rami Makhlouf; nell’articolo si afferma altresì che ha fondato una fabbrica per la produzione di olio di oliva, prodotto che ha esportato in grandi quantità, nonché un’altra fabbrica per la produzione di contenitori in vetro, in plastica e in metallo; secondo l’articolo, dopo la rivoluzione del 2011 e l’adozione di «sanzioni» nei confronti della Cham Holding e degli imprenditori coinvolti in tale società, il ricorrente si è rapidamente ritirato da quest’ultima e ha proclamato la sua innocenza; dal 2012, prosegue l’articolo, egli si è gradualmente spostato verso il Libano e ha gestito i suoi affari da tale paese, circostanza questa che ha spinto il regime a sequestrare i suoi beni immobili e mobili, accusandolo di aver introdotto beni di contrabbando in Siria; ciò è stato, secondo l’articolo, descritto da numerosi osservatori come un tentativo per proteggerlo, in particolare dalle «sanzioni», a condizione che egli fornisse alcuni servizi al regime siriano da un altro luogo; l’articolo aggiunge che nessuna notizia relativa al ricorrente è trapelata fino all’inizio del 2018, anno in cui quest’ultimo e altri imprenditori siriani hanno ottenuto la cittadinanza libanese; infine, a tale proposito, l’articolo indica, da un lato, che i media libanesi hanno lanciato una campagna contro di lui, accusando lo Stato libanese di complottare con gli imprenditori al fine di escogitare un modo per eludere le misure restrittive imposte loro, e, dall’altro, che egli ha ottenuto la cittadinanza libanese grazie al suo lavoro con Hezbollah, consistente in attività che vanno dal riciclaggio di denaro alle forniture commerciali per il partito, per le quali si è servito della sua flotta di navi;

–        dal sito Internet «The Syria Report», che, in un articolo pubblicato il 5 giugno 2018, intitolato «Dozens of Syrian Investors to be Granted Lebanese Citizenship» (A dozzine di investitori siriani verrà concessa la cittadinanza libanese), riporta che il ricorrente è un investitore di spicco di Tartus attivo nel settore marittimo; che, inoltre, numerosi investitori siriani affrontano molte difficoltà per aprire e gestire un conto bancario in Libano e che l’ottenimento di una carta d’identità libanese agevolerebbe il superamento di tali difficoltà e potrebbe essere richiesto per tale motivo;

–        dal sito Internet «al Arabiya News», che, in un articolo pubblicato l’8 giugno 2018, intitolato «Lebanese nationality to Syria involved in smuggling… Know it!» (La cittadinanza libanese per la Siria implicata nel contrabbando… Sappiatelo!), si riferisce alla controversia originata dalla concessione della cittadinanza libanese a un alto numero di persone di diversi paesi, tra cui la Siria; il ricorrente, secondo il suddetto articolo, è tra coloro che sono stati naturalizzati; egli viene descritto come avente «discutibili» rapporti finanziari con il regime di Bashar Al-Assad e, in particolare, con Rami Makhlouf; a tal riguardo, l’articolo cita le informazioni riguardanti il partenariato tra quest’ultimo e il ricorrente quali risultanti dall’articolo del 30 maggio 2014 pubblicato dal succitato Le Monde; l’articolo segnala che il ricorrente è un «colletto bianco», che era ambasciatore onorario della Turchia in Siria, che è stato altresì nominato direttore del comitato degli uomini d’affari turco-siriano nel 2012 e che è stato vicepresidente del comitato degli uomini d’affari russo-siriano sin dalla sua creazione; esso aggiunge che il ricorrente è il presidente della Camera di navigazione marittima siriana, è un azionista della Cham Holding, ma che l’inserimento di tale società negli elenchi delle misure restrittive dell’Unione e degli Stati Uniti d’America lo ha portato a prendere le distanze dai media e a presentarsi come non facente più parte di essa; l’articolo aggiunge che l’AKSSA, una compagnia marittima specializzata nella gestione e nella proprietà di navi, ha due succursali in Italia e Grecia e possiede, inoltre, la OVO (Olive Virgin Oil Company), la quale esporta olio di oliva; l’articolo menziona altresì una delle più grandi fabbriche della regione, che produce contenitori in vetro, in metallo e in plastica; secondo l’articolo, il ricorrente è il presidente della Abdelkader Sabra Group, la cui sede si trova nella provincia costiera di Tartus; infine, l’articolo afferma che i beni immobili e mobili dell’AKSSA sono stati sequestrati nel 2012 in forza della decisione n. 932 del Ministero delle Finanze siriano per via di una violazione delle norme in materia di importazione costituita dal contrabbando di merci nella causa n. 208 del 2012; l’articolo aggiunge che il ricorrente ha deciso di definire in via amichevole la controversia, sicché il sequestro è stato revocato previo pagamento di un’ammenda;

–        dal sito Internet «Asharq Al-Awsat», che, in un articolo pubblicato l’8 giugno 2018, intitolato «Exclusive – 4 “Suspicious” Names behind Freezing of Lebanon’s Naturalization Decree» (Esclusivo – 4 nomi «sospetti» all’origine della sospensione del decreto di naturalizzazione libanese), fornisce dettagli riguardanti la pubblicazione da parte delle autorità libanesi di 400 nomi di persone che hanno acquisito la cittadinanza libanese conformemente a un decreto controverso del governo e indica, inoltre, il ricorrente come il presidente della Camera di navigazione marittima siriana;

–        dal sito Internet «Enab Baladi», che, in un articolo del 10 giugno 2018, intitolato «The establishment of companies and naturalization… Lebanon ride [Bashar Al-]Assad to circumvent sanctions» (Creazioni di società e naturalizzazione… Il Libano aiuta Bashar Al-Assad ad eludere sanzioni) riporta che tra i nomi delle persone che sono state incluse nel decreto di naturalizzazione libanese figura quello del ricorrente, descritto come uno dei 100 imprenditori più importanti in Siria; secondo l’articolo, egli possiede la Sabra Maritime Agency, è direttore del comitato degli uomini d’affari turco-siriano ed è il «primo» presidente della Camera di navigazione marittima siriana; l’articolo menziona anche la Cham Holding, di proprietà di Rami Makhlouf, dalla quale si è ritirato dopo che gli Stati Uniti d’America avevano imposto «sanzioni» nei confronti di tale società; infine, l’articolo aggiunge che, secondo un analista, gli imprenditori siriani vogliono liberarsi delle «sanzioni» imposte nei loro confronti; a tal riguardo, l’ottenimento della cittadinanza libanese permette loro, secondo l’articolo, di aprire conti e fare depositi in banche libanesi;

–        dal sito Internet «Al Janoubia», che, in un articolo pubblicato l’8 giugno 2018, intitolato «Abdelkader Sabra became Lebanese» (Abdelkader Sabra è diventato libanese), precisa che il nome del ricorrente è da poco divenuto famoso a causa del decreto di naturalizzazione pubblicato in Libano; che egli è vicino al presidente Bashar Al-Assad ed è un importante azionista della Cham Holding, di proprietà di Rami Makhlouf;

–        dal sito Internet del Middle East Institute for Research and Strategic Studies (MEIRSS), che, in un articolo pubblicato il 20 giugno 2018, intitolato «Lebanese Nationalization Decree: Sanction Evasion & Shady Business?» (Il decreto libanese di naturalizzazione: elusione delle sanzioni e affari discutibili?), menziona il decreto presidenziale che ha concesso la cittadinanza libanese a 407 stranieri di diversi paesi; l’articolo si riferisce anche alla diatriba politica e mediatica generata da tale decreto, precisa che a diversi imprenditori siriani vicini al presidente Bashar Al-Assad è stata concessa la cittadinanza libanese, che molti degli individui naturalizzati sono finanziariamente e politicamente legati al regime siriano e sono soggetti a costanti controlli e a misure restrittive da parte dell’Unione e degli Stati Uniti d’America e che, inoltre, il ricorrente - a cui è stata concessa la cittadinanza libanese - è un membro del consiglio di amministrazione della Cham Holding, società sottoposta a misure restrittive da parte dell’Unione e degli Stati Uniti d’America; infine, nell’articolo si afferma che egli ha contribuito alla creazione di una società in Libano, denominata Yass Marine Group, la quale è stata coinvolta in uno scandalo in Siria riguardante la sicurezza alimentare.

47      Inoltre, il Consiglio ha fornito il documento recante il riferimento WK 7118/2020 INIT, del 23 luglio 2020, contenente elementi di informazione accessibili al pubblico, al fine di giustificare l’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione.

48      Occorre ricordare che gli atti iniziali e gli atti di mantenimento sono stati adottati, rispettivamente, il 17 febbraio e il 28 maggio 2020.

49      Orbene, secondo costante giurisprudenza, la legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata in base alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui l’atto è stato adottato (v. sentenze del 3 settembre 2015, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione, C‑398/13 P, EU:C:2015:535, punto 22 e giurisprudenza ivi citata, e del 4 settembre 2015, NIOC e a./Consiglio, T‑577/12, non pubblicata, EU:T:2015:596, punto 112 e giurisprudenza ivi citata). Il Consiglio non può, di conseguenza, invocare dinanzi al Tribunale, per giustificare la fondatezza dell’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione e quella del suo mantenimento, elementi sui quali non si è basato in sede di adozione degli atti impugnati (v., in tal senso, sentenza del 14 aprile 2021, Al Tarazi/Consiglio, T‑260/19, non pubblicata, EU:T:2021:187, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

50      Poiché il documento recante il riferimento WK 7118/2020 INIT è posteriore all’adozione degli atti impugnati, esso non può essere preso in considerazione nell’ambito dell’esame del presente ricorso. Di conseguenza, gli argomenti delle parti basati su tale documento non possono essere accolti.

51      Inoltre, in udienza, il ricorrente ha addotto per la prima volta l’argomento secondo cui 18 degli elementi di prova sui quali il Consiglio si era basato per dimostrare la fondatezza dei motivi di inserimento che lo riguardano non erano più attuali, in quanto datati prima del 2015, o non riportavano alcuna data.

52      Tale nuovo argomento, che risulta dover essere inteso nel senso che mira a mettere in discussione l’affidabilità o la pertinenza di alcuni degli elementi di prova prodotti dal Consiglio, deve essere respinto in quanto irricevibile. Il ricorrente non ha infatti specificato gli elementi di prova dei quali intendeva, in tal modo, mettere in dubbio l’attendibilità o la pertinenza, il che non ha consentito al Consiglio di assicurare la sua difesa su tale punto e non consente al Tribunale di statuire (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 6 febbraio 2019, TN/ENISA, T‑461/17, non pubblicata, EU:T:2019:63, punto 65 e giurisprudenza ivi citata). In ogni caso, non spetta al Tribunale ricercare e individuare, negli allegati, gli elementi di prova che potrebbero essere considerati quelli che il ricorrente intende contestare (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 5 ottobre 2020, Broughton/Eurojust, T‑87/19, non pubblicata, EU:T:2020:464, punto 58).

4.      Sullo status di imprenditore di spicco che opera in Siria

53      Occorre verificare se l’insieme degli elementi di prova presentati dal Consiglio assolva l’onere della prova ad esso incombente, in virtù della giurisprudenza citata al precedente punto 38, e costituisca quindi un complesso di indizi sufficientemente concreti, precisi e concordanti per giustificare il primo motivo di inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione.

54      Dai motivi di inserimento, quale ricordati ai precedenti punti 14 et 44, si evince che il suo status di imprenditore di spicco che opera in Siria si basa sui suoi interessi economici, in primo luogo, nel settore marittimo, in secondo luogo, nel settore del turismo e, in terzo luogo, in altri settori. Occorre altresì esaminare, in tale contesto, le diverse cariche assunte dal ricorrente.

a)      Sugli interessi economici del ricorrente nel settore marittimo

55      In primo luogo, occorre constatare che dai siti Internet «Aliqtisadi» e «Enab Baladi» si evince che il ricorrente è proprietario della Sabra Maritime Agency. In secondo luogo, secondo le informazioni pubblicate sui siti Internet «Eqstad» e «al Arabiya News», il ricorrente è il proprietario dell’AKSSA, impresa attiva nel settore del trasporto marittimo, specializzata nella gestione e nella proprietà di navi. Secondo l’articolo pubblicato su «al Arabiya News», tale società possiede due succursali, stabilite in Italia e in Grecia. In terzo luogo, secondo l’articolo pubblicato sul sito Internet «The Syria Report», il ricorrente è direttore generale della Sabra Group, la quale comprende la Riamar Shipping, proprietaria di otto navi ormeggiate al porto di Tartus. Infine, in quarto luogo, secondo le informazioni pubblicate sul sito Internet dell’agenzia di stampa Reuters e sul sito Internet del MEIRSS, il ricorrente è proprietario della Yass Marine, stabilita sia in Libano che in Siria.

56      Pertanto, gli elementi di prova contenuti nel documento WK 1755/2020 INIT tendono a dimostrare che il ricorrente ha molteplici interessi economici nel settore marittimo. Occorre, invece, constatare che tali elementi di prova non menzionano né la Navi Wood né l’Abdulkader Sabra & Ahmad Mushir Sharif Shipping Agency, entità a cui il ricorrente fa riferimento nei suoi scritti difensivi. Orbene, alla luce dell’onere della prova che incombe al Consiglio, come ricordato al precedente punto 38, e della giurisprudenza citata al precedente punto 49, non può ammettersi che il Consiglio si avvalga delle affermazioni provenienti dal ricorrente nell’ambito del ricorso per giustificare la fondatezza degli atti impugnati. Di conseguenza, la Navi Wood e l’Abdulkader Sabra & Ahmad Mushir Sharif Shipping Agency non possono essere prese in considerazione per dimostrare che il ricorrente abbia interessi economici nel settore marittimo.

57      Per quanto riguarda i suoi molteplici interessi economici nel settore marittimo, il ricorrente afferma che essi sono ormai trascurabili, dal momento che tutte le sue imprese sarebbero sciolte, ad eccezione dell’AKSSA, la quale, tuttavia, subirebbe gravi perdite.

58      Sotto un primo profilo, per quanto riguarda l’AKSSA, il ricorrente ha prodotto, da un lato, i rendiconti finanziari di tale società per gli anni 2004, 2010, 2017, 2018 e 2019, sottoposti a revisione contabile da parte di A, e, dall’altro, un grafico che illustra il numero annuale di nomine di navi per detta società nel corso di questi medesimi anni.

59      Infine, il ricorrente ha prodotto, in allegato alla replica, una tabella in cui figura il numero di nomine di navi per ciascuna delle agenzie marittime siriane nel corso del 2017. Tali dati provengono, secondo il ricorrente, dalla Camera di navigazione marittima siriana. Si tratterebbe di informazioni commercialmente sensibili che sarebbero state fornite in maniera informale su richiesta.

60      Il Consiglio mette in discussione, in sostanza, l’affidabilità degli elementi di prova addotti dal ricorrente. Al riguardo, esso fa valere che la risposta alla questione se i rendiconti finanziari presentati siano stati sottoposti a revisione contabile da una parte indipendente o se siano stati semplicemente redatti dal ricorrente o da un rappresentante dell’AKSSA non emerge chiaramente da questi ultimi. Lo stesso varrebbe per il grafico che mostra il numero annuale di nomine di navi di detta società.

61      Per quanto riguarda i rendiconti finanziari, il Consiglio aggiunge, nella controreplica, che il documento prodotto dal ricorrente in allegato alla replica – che consiste in una copia del repertorio dell’associazione siriana delle professioni nel settore finanziario e contabile, in cui figurerebbe A come revisore contabile indipendente – non è idoneo a dimostrare che tali rendiconti finanziari siano stati verificati da un revisore contabile indipendente o che il timbro figurante in siffatti rendiconti finanziari provenga effettivamente da A.

62      Infine, per quanto riguarda la tabella della Camera di navigazione marittima siriana, il Consiglio osserva che tale documento non contiene alcuna marcatura ufficiale che permetta al lettore di conoscerne la provenienza. Soltanto le osservazioni del ricorrente stabilirebbero un collegamento tra tale documento e la Camera di navigazione marittima siriana.

63      Occorre ricordare che, conformemente a costante giurisprudenza, per l’attività della Corte e del Tribunale vale il principio del libero apprezzamento delle prove e che il solo criterio per valutare l’efficacia delle prove prodotte è la loro attendibilità. Inoltre, per valutare l’efficacia probatoria di un documento si deve verificare la verosimiglianza dell’informazione in esso contenuta e tener conto, in particolare, dell’origine del documento, delle circostanze in cui esso è stato elaborato e del suo destinatario e chiedersi se, in base al suo contenuto, esso appaia ragionevole e affidabile (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 2012, Shell Petroleum e a./Commissione, T‑343/06, EU:T:2012:478, punto 161 e giurisprudenza ivi citata).

64      Nel caso di specie, per quanto riguarda, in primo luogo, i rendiconti finanziari presentati dal ricorrente, occorre rilevare che quest’ultimo produce una copia del repertorio dell’associazione siriana delle professioni del settore finanziario e contabile, in cui figura A. Si tratta quindi proprio di un revisore contabile indipendente.

65      È vero che il nome di A non compare nei rendiconti finanziari forniti dal ricorrente. Tuttavia, il Tribunale non rileva irregolarità evidenti o indizi precisi che consentano di dubitare del fatto che tali rendiconti finanziari siano stati sottoposti a revisione contabile da parte del revisore contabile indipendente A. Inoltre, il Consiglio non deduce l’esistenza di incongruenze all’interno di detti documenti tali da negare qualsivoglia carattere ragionevole e affidabile ai sensi della giurisprudenza ricordata al precedente punto 63.

66      In secondo luogo, per quanto riguarda il grafico presentato, il ricorrente ha riconosciuto, nella replica, di averlo realizzato esso stesso. Al riguardo, tale grafico si basa sui dati relativi al numero di navi nominate per l’AKSSA ripresi nel rendiconto finanziario, sicché il fatto che sia stato il ricorrente ad elaborarlo non ha alcuna incidenza sul suo carattere ragionevole e affidabile.

67      Infine, per quanto riguarda, in terzo logo, la tabella prodotta dal ricorrente, occorre constatare, al pari del Consiglio, che, in assenza di elementi nella tabella che colleghino i dati in essa contenuti alla Camera di navigazione marittima siriana, l’origine di detti dati è ignota. Inoltre, il numero di navi nominate per l’AKSSA secondo tale tabella differisce da quello risultante dai rendiconti finanziari dell’AKSSA. Stanti tali circostanze, la tabella non è sufficientemente ragionevole e affidabile, conformemente alla giurisprudenza richiamata al precedente punto 63, e deve essere esclusa.

68      I rendiconti finanziari e il grafico possono essere, invece, presi in considerazione del Tribunale.

69      Al riguardo, la lettura dei rendiconti finanziari dell’AKSSA comunicati dal ricorrente mostra che tale società ha subito una riduzione significativa del numero di navi nominate e del suo utile netto. Il numero di navi nominate per tale società è infatti diminuito, passando da 145 nel 2004 a 3 nel 2019. Del pari, l’utile netto ha subito un calo, in quanto è passato da 652 831,44 dollari statunitensi (USD) (circa EUR 591 654,38) nel 2004 a 5 989,00 USD (circa EUR 5 427,77) nel 2019. Ciononostante, l’utile netto continua a essere positivo. In altri termini, da un punto di vista contabile, la società non è deficitaria. Inoltre, il numero di navi nominate per l’AKSSA nel 2018 era superiore a quello del 2017, anche se l’utile netto è diminuito nel periodo compreso tra questi due anni. Per giunta, come osservato dal Consiglio in udienza, vi è stata una leggera diminuzione delle spese legate agli stipendi tra il 2004 e il 2019, suggerendo, quantomeno, una certa stabilità nel personale impiegato. Allo stesso modo, le spese per l’acqua e l’elettricità sono aumentate, il che indica, se non altro, la prosecuzione dell’attività dell’AKSSA. Infine, i risultati dell’AKSSA devono essere considerati nel contesto generale della situazione del settore marittimo siriano. Come si evince, infatti, dall’articolo pubblicato il 9 ottobre 2013 dall’agenzia di stampa Reuters e intitolato «Syria’s shipping trade struggles as war risks bite» (Il commercio marittimo in Siria in difficoltà per i rischi della guerra), presentato dal ricorrente, il numero di navi che attraccano nei porti siriani è fortemente diminuito a causa del conflitto in Siria. Stanti tali circostanze, la riduzione del numero di navi nominate dall’AKSSA e del suo utile netto non può necessariamente dimostrare una sua perdita di importanza nel settore di attività delle agenzie marittime.

70      Da quanto precede risulta che il ricorrente non è riuscito a dimostrare che l’interesse economico che rappresenta, per lui, la proprietà dell’AKSSA fosse trascurabile.

71      Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda la Sabra Maritime Agency, e più precisamente l’affermazione del ricorrente secondo cui tale società è stata nazionalizzata, dalla cattura di schermo proveniente dal sito Internet del Ministero del Trasporto siriano, contenente una descrizione del settore marittimo, presentata dal ricorrente, risulta che, a partire dal 1° gennaio 1981, l’agenzia marittima del governo siriano è divenuta l’unico agente per tutte le compagnie marittime, i proprietari di navi e i vettori verso i porti siriani. Dalla lettura della suddetta descrizione, si può dedurre che il settore di attività delle agenzie marittime è stato nazionalizzato in Siria a partire da tale data. Tuttavia, se ne evince altresì che il decreto legislativo n. 55 del 2002 ha autorizzato lo sviluppo di attività nel settore di attività delle agenzie marittime da parte di persone fisiche e giuridiche per la nomina di navi commerciali verso i porti siriani tanto nel settore del trasporto passeggeri quanto in quello del trasporto merci. Occorre dedurne che, in forza di tale decreto legislativo, il settore di attività delle agenzie marittime è stato privatizzato a partire dal 2002.

72      Per quanto riguarda l’argomento del ricorrente secondo cui la licenza della Sabra Maritime Agency è stata annullata in seguito alla sua nazionalizzazione, essendo tale società diventata successivamente inattiva e infine cancellata dal registro delle imprese, occorre rilevare che il ricorrente produce una lettera della direzione del commercio interno e della tutela dei consumatori di Tartus del 28 settembre 2020 secondo cui alcune denominazioni sociali non figurano nel registro delle imprese del dipartimento di Tartus. Si tratta, segnatamente, delle seguenti denominazioni sociali: Sabra Group, Sabra Maritime Agency e Yass Marine.

73      È necessario constatare che Sabra Maritime Agency è una delle denominazioni sociali menzionate nella lettera citata al precedente punto 72. Ne deriva che, anche se il ricorrente non è riuscito a dimostrare che tale agenzia fosse stata nazionalizzata, egli ha tuttavia fornito la prova che nessuna società recante tale denominazione era iscritta nel registro delle imprese del dipartimento di Tartus.

74      Orbene, in assenza di elementi di prova addotti dal Consiglio diretti a dimostrare che la Sabra Maritime Agency fosse iscritta nel registro delle imprese del dipartimento di Tartus con un nome diverso, la conclusione formulata al precedente punto 73 non può essere messa in discussione dall’argomento del Consiglio secondo cui, in sostanza, le denominazioni sociali in questione non sono iscritte nel registro delle imprese del dipartimento di Tartus «così come letteralmente menzionate» nella lettera della direzione del commercio interno e della tutela dei consumatori di Tartus del 28 settembre 2020. Analogamente, in assenza di elementi concreti, deve essere respinto l’argomento del Consiglio vertente sul fatto che il nome delle entità possa subire alcune variazioni per via, segnatamente, di problemi legati alla traduzione.

75      Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda la Riamar Shipping, che, secondo il ricorrente, sarebbe sciolta, occorre rilevare che, secondo la risoluzione n. 77 della direzione del commercio interno e della tutela dei consumatori di Tartus del 20 novembre 2018, prodotta dal ricorrente, la dicitura «Abdulkader Sabra & Co (RIAMAR SHIPPING)», il cui oggetto sociale è la gestione del trasporto marittimo, è stata cancellata dal registro delle imprese a causa, segnatamente, del suo scioglimento mediante accordo tra i suoi soci del 27 giugno 2018. Inoltre, da detta risoluzione emerge che Riamar Shipping è il nome commerciale dell’Abdulkader Sabra & Co. Pertanto, si deve concludere che Abdulkader Sabra & Co, denominazione sociale a cui corrisponde il nome commerciale Riamar Shipping, è stata effettivamente sciolta.

76      Sotto un quarto profilo, per quanto riguarda l’affermazione del ricorrente secondo cui la Sabra Group non esiste, occorre constatare che Sabra Group è una delle denominazioni sociali menzionate nella lettera citata al precedente punto 72. Ne discende che nessuna società recante tale denominazione è iscritta nel registro delle imprese del dipartimento di Tartus.

77      Il Consiglio ha inoltre avanzato l’ipotesi che la Sabra Group sia, in realtà, l’Abdulkader Sabra & Co. Tuttavia, tale affermazione non è suffragata da alcun elemento. In ogni caso, dal precedente punto 75 risulta che l’Abdulkader Sabra & Co non esiste più.

78      Sotto un quinto profilo, per quanto riguarda la Yass Marine, di cui il ricorrente sostiene di non aver mai sentito parlare, occorre constatare, in ogni caso, che Yass Marine è una delle denominazioni sociali menzionate nella lettera citata al precedente punto 72. Ne discende che nessuna società recante tale denominazione è iscritta nel registro delle imprese del dipartimento di Tartus. Orbene, come segnalato nel precedente punto 74, tale constatazione non può essere messa in discussione dall’argomento, non dimostrato, del Consiglio secondo cui, in sostanza, il nome delle entità può subire alcune variazioni a causa, segnatamente, di problemi legati alla traduzione.

79      Inoltre, dall’attestato del registro delle imprese libanese del 29 aprile 2020, prodotto in allegato alla replica, risulta che nessuna società recante il nome di Yass Marine è iscritta in tale registro. Il Consiglio mette in discussione tale attestato, in quanto è lo stesso attestato a indicare che il registro possa essere incompleto.

80      Al riguardo, l’attestato citato nel precedente punto 79 richiama l’attenzione sul fatto che «l’automatizzazione [dei dati] è incompleta e [che] possono presentarsi errori». Occorre ritenere che si tratti di un’annotazione generale e standardizzata, sicché, in assenza di altri elementi, l’attestato deve intendersi nel senso che riporta, in maniera completa, l’informazione relativa alla Yass Marine figurante nel suddetto registro.

81      Da tutto quanto precede risulta che il ricorrente ha dimostrato che l’Abdelkader Sabra & Co, società a cui corrisponde il nome commerciale Riamar Shipping, è stata sciolta e che la Sabra Maritime Agency, la Sabra Group e la Yass Marine non sono iscritte nel registro delle imprese del dipartimento di Tartus. Tuttavia, dalle considerazioni che precedono risulta altresì che l’AKSSA continuava a essere attiva alla data di adozione degli atti impugnati e che, per l’anno 2019, ha registrato un utile netto positivo, sicché non può essere considerata una società deficitaria.

82      Stanti tali circostanze, si deve concludere che, sebbene il ricorrente abbia dimostrato di non avere più, alla data di adozione degli atti impugnati, molteplici interessi economici nel settore marittimo, tuttavia resta il fatto che egli è sempre il proprietario dell’AKSSA, agenzia marittima ancora attiva e che non può rappresentare, per lui, un interesse economico trascurabile.

b)      Sugli interessi economici del ricorrente nel settore del turismo

83      Dalle informazioni pubblicate sul sito Internet «Aliqtisadi» emerge che il ricorrente è un socio fondatore della Phoenicia Tourism Company. Inoltre, secondo il sito Internet «The Syria Report», la Phoenicia Tourism Company, di cui il ricorrente possiede l’85% delle azioni, è stata costituita il 5 luglio 2012 a Tartus nel settore dello sviluppo alberghiero. Ne risulta altresì che il Ministero del Turismo siriano ha aggiudicato alla Phoenicia Tourism Company un contratto per lo sviluppo e la gestione di un hotel a quattro stelle sull’isola di Arwad dotato di 150 posti letto e il cui costo è stimato in 700 milioni di SYP.

84      Occorre rilevare che il ricorrente non contesta né il suo coinvolgimento nella Phoenicia Tourism Company né la conclusione di un contratto con il Ministero del Turismo siriano. Per contro, gli elementi presentati dal ricorrente confermano la rilevanza del progetto turistico dell’isola di Arwad. Al riguardo, secondo l’articolo 4 del capitolato tecnico e l’articolo 4 del contratto di investimento, prodotti dal ricorrente, tale progetto deve includere, in particolare, un hotel a quattro stelle dotato di 150 a 200 posti letto, ristoranti e caffetterie in grado di servire tra 700 e 900 coperti, un centro commerciale, una sala sport e un porto turistico con bitte di ormeggio per almeno 20 imbarcazioni, yacht e navi da crociera. Inoltre, dal bando n. 3 del Ministero del Turismo siriano, non datato, che indice la gara d’appalto per l’investimento in diversi siti nell’ambito del Settimo Forum degli Investimenti nel settore del turismo, prodotto dal ricorrente, si evince che l’importo totale dei costi di investimento per tale progetto è di 700 milioni di SYP.

85      Di conseguenza, il ricorrente ha interessi economici nel settore del turismo.

86      Tuttavia, il ricorrente fa valere, in sostanza, che la Phoenicia Tourism Company è inattiva dal 2012. A sostegno della sua affermazione, il ricorrente ha presentato le dichiarazioni fiscali di tale società relative agli anni dal 2014 al 2019. Dalle dichiarazioni fiscali in parola risulta che tale società era inattiva durante gli anni in parola.

87      Il Consiglio mette in discussione le suddette dichiarazioni fiscali. In particolare, da un lato, esso rileva che le dichiarazioni relative agli anni dal 2014 al 2018 sono state tutte timbrate e firmate lo stesso giorno dalla direzione delle Finanze di Tartus. Dall’altro lato, la dichiarazione dell’anno 2019 sarebbe stata soltanto firmata e timbrata da un commercialista, il che solleverebbe dubbi quanto alla questione se essa illustri realmente le attività commerciali così come rappresentate alle autorità fiscali quell’anno.

88      Secondo il ricorrente, le dichiarazioni relative agli anni dal 2014 al 2018 sono state timbrate e firmate lo stesso giorno perché, essendo la società rimasta inattiva in quegli anni, non aveva l’obbligo di emettere dichiarazioni fiscali. Nel 2018, quando la Phoenicia Tourism Company ha cercato di rinnovare la sua registrazione commerciale, la direzione del commercio interno siriano avrebbe chiesto la regolarizzazione della sua situazione fiscale per i cinque anni precedenti. Per quanto riguarda la dichiarazione fiscale del 2019, il ricorrente produce un’attestazione fiscale firmata e timbrata da un commercialista abilitato in Siria e controfirmata dalla Phoenicia Tourism Company. Un sigillo che figura alla fine del documento confermerebbe che essa è stata presentata alla direzione delle Finanze di Tartus il 17 marzo 2020. La dichiarazione fiscale, di cui il ricorrente produce una garanzia di validità, e l’attestazione fiscale di tale società relativa all’anno 2019 confermerebbero che essa non ha svolto alcuna attività.

89      Occorre constatare che, in effetti, le dichiarazioni fiscali della Phoenicia Tourism Company relative agli anni dal 2014 al 2018 sono state tutte firmate dalla direzione delle Finanze di Tartus il 9 luglio 2019. Sebbene il Consiglio suggerisca che tale circostanza possa dare adito a interrogativi, esso non ne trae, tuttavia, alcuna conseguenza quanto al loro carattere ragionevole ed affidabile ai sensi della giurisprudenza richiamata al precedente punto 63. Inoltre, le spiegazioni fornite dal ricorrente con riguardo a tale circostanza, quali menzionate al precedente punto 88, possono essere considerate plausibili.

90      Orbene, le suddette dichiarazioni fiscali sono volte a dimostrare che la Phoenicia Tourism Company era inattiva prima del 2019. Ciò è confermato dalla lettera del Ministero del Turismo siriano del 25 febbraio 2020, relativa al contratto di investimento (in prosieguo: la «lettera del 25 febbraio 2020»), prodotta dal ricorrente. In tale lettera, infatti, detto Ministero fa riferimento a lettere anteriori, datate 22 luglio 2019, 1º ottobre 2019 e 14 gennaio 2020, nelle quali aveva chiesto al ricorrente di fornirgli un calendario dettagliato al fine di dare esecuzione al progetto. Atteso che l’esecuzione del progetto non era ancora iniziata nel 2019, è ragionevole ritenere, in assenza di qualsiasi prova contraria prodotta dal Consiglio, che la società incaricata dell’esecuzione non fosse attiva neppure prima del 2019.

91      Ciononostante, è necessario constatare che il ricorrente non ha prodotto alcun elemento diretto a dimostrare che tale società fosse inattiva alla data di adozione degli atti impugnati o, in generale, dopo il 2019.

92      Anche supponendo, infatti, che la dichiarazione fiscale del 2019 attesti l’inattività della Phoenicia Tourism Company nel 2019, tale situazione di fatto è in contrasto con ciò che si può dedurre dalla lettera del 25 febbraio 2020. Secondo tale lettera, un addendum al contratto di investimento è stato firmato il 14 luglio 2019. A seguito della firma di detto addendum, il Ministero del Turismo siriano ha imposto al ricorrente l’invio di un calendario dettagliato al fine di dare esecuzione al progetto, e ciò a quattro riprese, con lettere del 22 luglio e del 1º ottobre 2019 nonché del 14 gennaio e del 25 febbraio 2020. Occorre altresì constatare che, in quest’ultima lettera, il Ministero del Turismo siriano ha imposto al ricorrente di fornire il summenzionato calendario nonché altre informazioni entro dieci giorni a decorrere dalla suddetta lettera, riservandosi la facoltà di intraprendere azioni legali in caso di mancata risposta, «conformemente alle disposizioni dell’addendum al contratto firmato e debitamente certificato».

93      Pertanto, e tenuto conto del fatto che l’amministrazione siriana ha iniziato ad esigere che tale società desse esecuzione al contratto di investimento, la firma dell’addendum a detto contratto del 14 luglio 2019 costituisce un indizio del fatto che la Phoenicia Tourism Company fosse attiva a tale data.

94      Al riguardo, si deve respingere l’affermazione del ricorrente secondo cui la menzione dell’addendum del 14 luglio 2019 contenuta nella lettera del 25 febbraio 2020 deve essere intesa nel senso che faccia riferimento a un documento interno del Ministero del Turismo siriano e secondo cui qualsiasi altra interpretazione sarebbe indotta da una traduzione eventualmente fuorviante dall’arabo verso l’inglese. Da un lato, infatti, il ricorrente non ha suffragato tale affermazione. In particolare, egli non ha fornito dettagli su tale documento interno, come il suo contenuto o la sua finalità, non ha spiegato in che cosa consisterebbe tale errore di traduzione e non ha fornito precisazioni al riguardo. Dall’altro lato, risulta chiaramente dalla lettera del 25 febbraio 2020 che l’addendum del 14 luglio 2019 è collegato al contratto.

95      In tale contesto, e in assenza di elementi presentati dal ricorrente riguardanti la situazione della Phoenicia Tourism Company nel 2020, quest’ultimo non ha potuto mettere in discussione la constatazione del Consiglio secondo cui tale società era attiva alla data di adozione degli atti impugnati.

96      Stanti tali circostanze, si deve concludere che il ricorrente non è riuscito a mettere in discussione la constatazione, di cui al precedente punto 85, secondo cui dagli elementi di prova contenuti nel documento WK 1755/2020 INIT risulta che egli ha interessi economici nel settore del turismo.

c)      Sugli altri interessi commerciali del ricorrente

97      Dall’articolo pubblicato sul sito Internet «al Arabiya News» emerge che l’AKSSA possiede la OVO, la quale esporta olio di oliva. Inoltre, secondo le informazioni pubblicate sul sito Internet «Al Janoubia», il ricorrente è un azionista della Cham Holding e, secondo quelle pubblicate sul sito Internet del MEIRSS, è un membro del consiglio di amministrazione di tale società. Infine, i siti Internet «Eqstad» e «al Arabiya News» riportano che il ricorrente possiede una fabbrica per la produzione di contenitori in vetro, in plastica e in metallo.

98      In primo luogo, per quanto riguarda la OVO, il ricorrente riconosce che tale società è stata operativa tra il 2003 e il 2006, anni in cui ha esportato olio di oliva in Italia e in Spagna per un importante gruppo di grande distribuzione. Per contro, egli fa valere che, quando tali esportazioni sono cessate, la OVO è divenuta inattiva ed è stata successivamente sciolta. Egli precisa che è stata fondata il 30 maggio 2002 e liquidata il 27 giugno 2018. A sostegno di tale affermazione, il ricorrente produce la decisione n. 78 della direzione del commercio interno e della tutela dei consumatori di Tartus. È vero che la decisione in parola non riporta alcuna data, ma da essa si evince chiaramente che la registrazione commerciale della «Olive Virgin Oil Company (OVO Co)» è stata cancellata a seguito dello scioglimento di tale società il 27 giugno 2018. Si deve quindi ritenere, in assenza di argomenti contrari addotti dal Consiglio, che la OVO fosse sciolta alla data di adozione degli atti impugnati.

99      In secondo luogo, per quanto riguarda la Cham Holding, il ricorrente fa valere che egli avrebbe posseduto nel 2007 un valore nominale di azioni infimo, pari allo 0,00287% del valore contabile di detta società, partecipazione di cui si sarebbe disfatto nel 2011. A sostegno della sua affermazione, il ricorrente ha prodotto una lettera del 25 agosto 2011, indirizzata al presidente del consiglio di amministrazione della Cham Holding, in cui egli presenta le sue dimissioni da membro della società in parola.

100    Al riguardo, il Consiglio sostiene che una lettera di dimissioni non è il modo abituale con cui ci si disfa di azioni.

101    Nella replica, il ricorrente fa valere che l’unico modo per disfarsi delle sue azioni in tale società nel 2011 era la presentazione di una lettera di dimissioni, in quanto le azioni di detta società avevano perso il loro valore dopo il 2012. Inoltre, il ricorrente produce in allegato alla replica un certificato azionario e una lista dei membri del consiglio di amministrazione della società in parola, tra i quali non figurerebbe il suo nome.

102    Va osservato che il nome del ricorrente effettivamente non appare nell’elenco dei membri del consiglio di amministrazione della Cham Holding. Tuttavia, il ricorrente non dimostra che tali dimissioni abbiano comportato, ipso facto, la cessione della sua partecipazione nella Cham Holding. L’argomento del ricorrente secondo cui le dimissioni erano l’unico modo per disfarsi delle sue azioni, in quanto queste ultime avrebbero perso il loro valore dopo il 2012, non è convincente, dal momento che, in ogni caso, egli sostiene di essersi disfatto di tale partecipazione prima del 2012.

103    Inoltre, occorre rilevare che se è certamente vero, secondo le informazioni pubblicate dall’agenzia di stampa Reuters, che lo status del ricorrente come azionista della Cham Holding appartiene al passato, le informazioni pubblicate sui siti Internet «Eqtsad» e «Al Janoubia» si limitano ad indicare che il ricorrente si è ritirato da tale società dopo l’adozione di «sanzioni» nei confronti di quest’ultima, senza tuttavia precisare che egli avrebbe ceduto le sue azioni. Orbene, tenuto conto delle spiegazioni fornite dal ricorrente, non si può escludere che il ritiro cui si fa riferimento in detti articoli rinvii alle sue dimissioni dal consiglio di amministrazione della Cham Holding. Inoltre, secondo le informazioni pubblicate sul sito Internet «al Arabiya News», il ricorrente si è limitato a presentarsi come non avente più azioni in detta società. In altri termini, quest’ultima fonte non afferma che il ricorrente non è più un azionista della Cham Holding, ma soltanto che ciò è quanto egli sostiene.

104    In assenza di elementi probatori presentati dal ricorrente diretti a dimostrare che egli non era più azionista della Cham Holding alla data di adozione degli atti impugnati, si deve ritenere che quest’ultimo lo fosse ancora.

105    In terzo luogo, per quanto riguarda la fabbrica per la produzione di contenitori in vetro, in plastica e in metallo, occorre constatare che le informazioni dei siti Internet «Eqstad» e «al Arabiya News» relative a tale fabbrica sono particolarmente vaghe, dal momento che non specificano né il nome di tale fabbrica né la data della sua creazione. Interrogato in udienza, il Consiglio non ha fornito elementi supplementari in merito a detta fabbrica. Pertanto, si deve ritenere non dimostrato in modo giuridicamente sufficiente il fatto che il ricorrente sia effettivamente il proprietario di una siffatta fabbrica.

106    Da tutto quanto precede risulta che il ricorrente ha dimostrato che la OVO era sciolta alla data di adozione degli atti impugnati. Tuttavia, non ha dimostrato di non essere più un azionista della Cham Holding. Inoltre, l’esistenza di una fabbrica per la produzione di contenitori in vetro, in plastica e in metallo di cui il ricorrente sarebbe il proprietario non è stata sufficientemente dimostrata dal Consiglio.

107    Stanti tali circostanze, si deve concludere che il ricorrente ha un interesse commerciale, diverso dai suoi interessi economici nei settori marittimo e turistico, derivante dal possesso di azioni della Cham Holding.

d)      Sulle cariche del ricorrente in diversi organi e istituzioni

108    Da informazioni pubblicate sui siti Internet «Aliqtisadi», «Eqtsad», «Enab Baladi» e «al Arabiya News» emerge che il ricorrente è presidente della Camera di navigazione marittima siriana e direttore del comitato degli uomini d’affari turco-siriano. La qualità di presidente della Camera di navigazione marittima siriana del ricorrente si evince anche dalle informazioni pubblicate sul sito Internet «Syriandays». Secondo le informazioni pubblicate sui siti Internet «Eqtsad» e «al Arabiya News», il ricorrente è anche vicepresidente del comitato degli uomini d’affari russo-siriano. Infine, nell’articolo pubblicato sul sito Internet «al Arabiya News» si afferma che il ricorrente era l’ambasciatore onorario della Turchia in Siria.

109    In primo luogo, per quanto riguarda la carica di presidente della Camera di navigazione marittima siriana, il ricorrente afferma, in sostanza, di essersi dimesso da tale carica nel febbraio 2019. A sostegno di tale affermazione, egli produce la risoluzione n. 198 del Ministero del Trasporto siriano, del 13 febbraio 2019 (in prosieguo: la «risoluzione n. 198»). In detta risoluzione, viene menzionato il fatto che si sono tenute delle elezioni durante la riunione dell’assemblea generale del 4 febbraio 2019. Tale risoluzione contiene, inoltre, un elenco dei nomi dei membri del comitato dei direttori di tale Camera, tra i quali non figura quello del ricorrente. In aggiunta, il ricorrente fornisce il resoconto dell’assemblea annuale di tale Camera tenutasi il 5 aprile 2019 (in proseguo: il «resoconto»), in cui sono citati i nomi dei membri del comitato dei direttori di nuova elezione, tra cui quello del suo presidente. Il nome del ricorrente non vi figura.

110    Anzitutto, occorre constatare che, sebbene gli elementi di prova forniti dal ricorrente non dimostrino, contrariamente a quanto sostenuto dallo stesso, che egli si sia dimesso dalla carica di presidente della Camera di navigazione marittima siriana, essi confermano che egli non è stato rieletto.

111    È vero poi che, come rilevato dal Consiglio, le informazioni contenute nella risoluzione n. 198 e quelle contenute nel resoconto non sono identiche.

112    Tuttavia, interrogato in udienza, il ricorrente ha affermato, senza essere utilmente contraddetto dal Consiglio, che la risoluzione n. 198 e il resoconto corrispondevano a fasi diverse della procedura di nomina dei membri del comitato dei direttori della Camera di navigazione marittima siriana. In tale contesto, il resoconto si riferisce all’ultima fase di detta procedura, il che spiega il fatto che il numero di persone che vi figurano sia superiore a quello della risoluzione n. 198.

113    Infine, occorre rilevare che una delle fonti di informazioni contenute nel documento WK 1755/2020 INIT, ossia il sito Internet «Enab Baladi», si riferisce al ricorrente come il «primo» presidente della Camera di navigazione marittima siriana, il che suggerisce che non lo fosse più al momento dell’adozione degli atti impugnati.

114    Da quanto precede risulta che il ricorrente non ricopriva più la carica di presidente della Camera di navigazione marittima siriana alla data di adozione degli atti impugnati.

115    In secondo luogo, per quanto riguarda il comitato degli uomini d’affari turco-siriano, il ricorrente sostiene di non esserne il direttore e che tale organo, del resto, è stato sciolto nel 2013. A sostegno della sua affermazione, il ricorrente produce la decisione n. 247 del Ministero dell’Economia e del Commercio estero siriano, del 23 maggio 2013, la quale prevedeva lo scioglimento dei «comitati degli uomini d’affari siriani». Tale decisione prevedeva altresì che tali comitati sarebbero stati riformati in futuro.

116    È vero che occorre rilevare, al pari del Consiglio, che la decisione n. 247 del Ministero dell’Economia e del Commercio estero siriano succitata non menziona in maniera specifica il comitato degli uomini d’affari turco-siriano. Tuttavia, tale decisione, che è un atto di portata generale, si riferisce, nel suo articolo 1, ai comitati degli uomini d’affari siriani, sicché il comitato degli uomini d’affari turco-siriano deve essere considerato come rientrante nel suo campo di applicazione.

117    Inoltre, nell’articolo del sito Internet «al Arabiya News» si afferma che il ricorrente è stato direttore di detto comitato nel 2012, suggerendo in tal modo che egli non lo sia più stato in seguito.

118    Tenuto conto di tali due elementi e del fatto che gli altri elementi di prova forniti dal Consiglio per dimostrare che il ricorrente avesse lo status di direttore del comitato degli uomini d’affari turco-siriano non contengono informazioni che permettano di ritenere con sufficiente certezza che il comitato degli uomini d’affari turco-siriano sia stato ricostituito, conformemente all’articolo 2 della decisione n. 247, e che il ricorrente ne sia stato, di nuovo, nominato direttore, sussistono dubbi quanto al fatto se il ricorrente, alla data di adozione degli atti impugnati, fosse proprio il direttore del comitato degli uomini d’affari turco-siriano, cosicché si deve concludere che il Consiglio non ha dimostrato in modo giuridicamente sufficiente che il ricorrente occupasse una simile posizione.

119    In terzo luogo, per quanto riguarda il comitato degli uomini d’affari russo-siriano, il ricorrente afferma di non essere più membro, né vicepresidente, di tale organo. Secondo il ricorrente, tale comitato è stato sciolto nel 2013. Inoltre, un nuovo comitato sarebbe stato istituito dopo il 2013, composto unicamente da membri provenienti da Stati simpatizzanti del regime siriano.

120    Per quanto riguarda l’asserito scioglimento del comitato degli uomini d’affari russo-siriano, il ricorrente rinvia, in sostanza, alla decisione n. 247 del Ministero dell’Economia e del Commercio estero siriano del 23 maggio 2013, menzionata dal precedente punto 115.

121    Tuttavia, nella replica, il ricorrente menziona l’istituzione di un nuovo comitato nel 2013, il che suggerisce che il comitato degli uomini d’affari russo-siriano sia stato ricostituito, conformemente all’articolo 2 della decisione n. 247, poco dopo il suo scioglimento.

122    Orbene, al fine di suffragare la sua affermazione secondo cui egli non fa più parte di tale organo, il ricorrente produce una cattura di schermo dal sito Internet del comitato degli uomini d’affari russo-siriano che illustra dettagliatamente la composizione di tale comitato. Tuttavia, è necessario constatare che tale documento è privo di data e che, interrogato al riguardo in udienza, il ricorrente non è stato in grado di indicarne una, sicché non è possibile affermare che tale documento rifletta effettivamente la composizione del comitato quale esistente al momento dell’adozione degli atti impugnati. Pertanto, il ricorrente non ha sufficientemente provato la sua affermazione secondo cui egli non faceva più parte del comitato degli uomini d’affari russo-siriano alla data di adozione degli atti impugnati.

123    Di conseguenza, il ricorrente non ha validamente messo in discussione la constatazione secondo cui egli era vicepresidente del comitato degli uomini d’affari russo-siriano alla data di adozione degli atti impugnati.

124    In quarto luogo, il ricorrente nega di essere ambasciatore onorario della Turchia in Siria e fa valere di essere stato il console onorario della Turchia a Tartus dal 1° marzo 2009 fino al 2020. Secondo il ricorrente, tale carica era puramente onoraria e non perseguiva fini economici o commerciali. Al riguardo, il ricorrente descrive, in sostanza, il ruolo di un console onorario, le cui funzioni sarebbero, segnatamente, quelle di fornire servizi consolari e assistenza ai cittadini del paese che lo ha nominato e di partecipare alla promozione commerciale di detto paese.

125    Occorre constatare che l’unico elemento di prova fornito dal Consiglio al fine di dimostrare che il ricorrente sia l’ambasciatore onorario della Turchia in Siria è l’articolo pubblicato l’8 giugno 2018 dal sito Internet «al Arabiya News». Orbene, tale articolo non consente di affermare con sufficiente certezza che il ricorrente lo fosse ancora alla data di adozione degli atti impugnati. Esso, infatti, menziona soltanto che il ricorrente «era» (was) un simile ambasciatore. A titolo di raffronto, tale articolo afferma che il ricorrente ha fatto parte del comitato degli uomini d’affari russo-siriano fin dalla sua istituzione.

126    Di conseguenza, si deve ritenere che il Consiglio non abbia dimostrato in modo giuridicamente sufficiente che il ricorrente era ancora ambasciatore onorario della Turchia in Siria al momento dell’adozione degli atti impugnati.

127    Da quanto precede risulta che il ricorrente era, alla data di adozione degli atti impugnati, vicepresidente del comitato degli uomini d’affari russo-siriano. Egli è invece pervenuto a dimostrare che non era più presidente della Camera di navigazione marittima siriana al momento dell’adozione degli atti impugnati. Inoltre, lo status di direttore del comitato degli uomini d’affari turco-siriano e il ruolo di ambasciatore onorario della Turchia in Siria del ricorrente non sono stati sufficientemente suffragati dal Consiglio.

e)      Conclusione sullo status del ricorrente come imprenditore di spicco che opera in Siria 

128    Alla luce di tutto quanto precede, occorre concludere che il Consiglio ha prodotto un insieme di indizi sufficientemente concreti, precisi e concordanti che consentono di accertare che il ricorrente è un imprenditore di spicco che opera in Siria a causa dei suoi interessi economici, in particolare nel settore marittimo e turistico, e a causa della sua posizione di rilievo all’interno del comitato degli uomini d’affari russo-siriano.

f)      Sul legame con il regime siriano

129    Il ricorrente fa valere, in sostanza, che il Consiglio può inserire i nomi degli imprenditori di spicco che operano in Siria solo se questi sono effettivamente legati al regime siriano, possono esercitare un’influenza su di esso o presentano un rischio di elusione. Al riguardo, il ricorrente sostiene che, anche nell’ipotesi in cui lo si dovesse considerare persona di successo o di spicco che opera in Siria, egli non è legato al regime siriano, né fa parte della cerchia ristretta di imprenditori di spicco che operano in Siria definita al considerando 6 della decisione 2015/1836.

130    Occorre rilevare che, nel caso di specie, l’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione ha avuto luogo nel contesto normativo della decisione 2013/255, come modificata dalla decisione 2015/1836. A tale titolo, la decisione 2015/1836 ha segnatamente introdotto come criterio di inserimento oggettivo, autonomo e sufficiente quello di «imprenditori di spicco che operano in Siria», sicché il Consiglio non è più tenuto a dimostrare l’esistenza di un legame tra tale categoria di persone e il regime siriano, nel senso in cui veniva intesa nella decisione 2013/255 prima della sua modifica, e neppure tra tale categoria di persone e il sostegno fornito a detto regime o il vantaggio tratto da quest’ultimo, atteso che essere un imprenditore di spicco che opera in Siria è sufficiente per l’applicazione a una persona delle misure restrittive di cui trattasi. Pertanto, dalla decisione 2013/255, come modificata dalla decisione 2015/1836, non discende affatto che incomberebbe al Consiglio fornire la prova che siano cumulativamente soddisfatte tanto la condizione relativa alla situazione di imprenditore di spicco che quella di legami sufficienti con il regime [v., in tal senso, sentenze del 9 luglio 2020, Haswani/Consiglio, C‑241/19 P, EU:C:2020:545, punti da 71 a 74; del 4 aprile 2019, Sharif/Consiglio, T‑5/17, EU:T:2019:216, punti 55 e 56 (non pubblicati), e ordinanza dell’11 settembre 2019, Haswani/Consiglio, T‑231/15 RENV, non pubblicata, EU:T:2019:589, punto 56].

131    In tal senso, il Tribunale ha considerato che dal criterio relativo alla qualità di «imprenditori di spicco che operano in Siria» poteva essere dedotta una presunzione di legame con il regime siriano (v., in tal senso, sentenza del 4 aprile 2019, Sharif/Consiglio, T‑5/17, EU:T:2019:216, punto 106, e ordinanza dell’11 settembre 2019, Haswani/Consiglio, T‑231/15 RENV, non pubblicata, EU:T:2019:589, punto 60). Tale presunzione è applicabile allorché il Consiglio è in grado di dimostrare che la persona non solo è un imprenditore che opera in Siria, ma anche che può essere considerata di spicco. Infatti, come risulta dai termini del considerando 6 della decisione 2015/1836, il Consiglio mira a sfruttare l’influenza che tale categoria di persone è idonea a esercitare sul regime siriano, inducendo tali soggetti, mediante le misure restrittive che adotta nei loro confronti, a fare pressione sul regime siriano affinché modifichi la sua politica repressiva. Pertanto, qualora il Consiglio pervenga a dimostrare l’influenza che un imprenditore può esercitare su tale regime, il legame tra tale persona e il regime siriano è presunto.

132    Tuttavia, si deve ricordare che il rispetto delle regole relative all’onere e all’assunzione della prova in materia di misure restrittive da parte del Tribunale comporta che quest’ultimo rispetti il principio enunciato dalla costante giurisprudenza menzionata al precedente punto 38 e ricordato dalla Corte nella sentenza dell’11 settembre 2019, HX/Consiglio (C‑540/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:707, punti da 48 a 50), secondo cui, in sostanza, in caso di contestazione della fondatezza dei motivi di inserimento l’onere della prova incombe all’istituzione.

133    Di conseguenza, non si può esigere dal ricorrente, al fine di rovesciare la presunzione di legame con il regime siriano, un livello di prova eccessivo. Pertanto, si deve ritenere che egli sia riuscito a rovesciare la presunzione di legame con il regime siriano se fa valere argomenti o elementi idonei a rimettere seriamente in discussione l’affidabilità degli elementi di prova presentati dal Consiglio o la loro valutazione, segnatamente, con riferimento ai presupposti stabiliti dall’articolo 27, paragrafo 3, e dall’articolo 28, paragrafo 3, della decisione 2013/255, come modificata dalla decisione 2015/1836, oppure se produce dinanzi al giudice dell’Unione un insieme di indizi dell’inesistenza o della cessazione del collegamento con il regime siriano o dell’assenza di influenza su tale regime o dell’assenza di associazione con un concreto rischio di elusione delle misure restrittive, in conformità all’articolo 27, paragrafo 3, e all’articolo 28, paragrafo 3, di detta decisione (sentenza dell’8 luglio 2020, Zubedi/Consiglio, T‑186/19, EU:T:2020:317, punto 71).

134    In via preliminare, occorre verificare se, per dimostrare il legame tra il ricorrente e il regime siriano, a causa delle attività economiche del ricorrente, il Consiglio si avvalga unicamente della presunzione di legame, ai sensi della giurisprudenza menzionata ai precedenti punti 130 e 131. In tal senso, occorre esaminare se gli elementi di prova forniti dal Consiglio e contenuti nel documento WK 1755/2020 INIT permettano di dimostrare in maniera esplicita i legami tra le attività economiche del ricorrente e il regime siriano o se il Consiglio si sia semplicemente basato sulla presunzione di legame appena richiamata.

135    Al riguardo, in primo luogo, per quanto riguarda l’AKSSA, nessun elemento di prova contenuto nel documento WK 1755/2020 INIT consente di stabilire un legame particolare tra tale agenzia marittima – la quale, inoltre, non è l’unica agenzia della Siria – e il regime siriano.

136    In secondo luogo, per quanto riguarda la Phoenicia Tourism Company, dal sito Internet «The Syria Report» emerge – e ciò è stato confermato dal ricorrente – che essa ha firmato un contratto con il Ministero del Turismo siriano.

137    In terzo luogo, dal documento WK 1755/2020 INIT, in particolare dagli articoli dell’agenzia di stampa Reuters e dal sito Internet «Al Janoubia», deriva che la Cham Holding – che è di proprietà di Rami Makhlouf, sostenitore del regime siriano e cugino di Bashar Al-Assad – ha legami con il regime siriano.

138    Infine, in quarto luogo, per quanto riguarda la posizione occupata dal ricorrente in seno al comitato degli uomini d’affari russo-siriano, occorre osservare che gli elementi di prova forniti dal Consiglio non permettono di determinare lo status di detto comitato degli uomini d’affari rispetto al regime siriano. Inoltre, gli elementi di prova non forniscono alcuna precisazione quanto ai legami tra il comitato degli uomini d’affari russo-siriano e il regime siriano. Pertanto, il documento WK 1755/2020 INIT non consente di definire il legame che esisterebbe tra la posizione occupata dal ricorrente e il regime siriano.

139    Di conseguenza, i soli elementi, oltre al ricorso alla presunzione di legame con il regime siriano, presentati dal Consiglio per dimostrare il legame tra il ricorrente e il regime siriano riguardano, da un lato, la Phoenicia Tourism Company e, dall’altro, la Cham Holding.

140    Orbene, per quanto riguarda la Phoenicia Tourism Company, sebbene tale impresa abbia firmato un contratto con il Ministero del Turismo siriano, è necessario constatare che, come accertato al precedente punto 179, le circostanze che accompagnano la conclusione di tale contratto, nonché l’effettiva realizzazione del progetto turistico dell’isola di Arwad, non sono chiare, sicché il Consiglio, su cui grava l’onere della prova, non può avvalersi soltanto di tale contratto per dimostrare il legame tra il ricorrente e il regime siriano, nel senso definito dal considerando 6 della decisione 2015/1836 (v. precedente punto 9).

141    Per quanto riguarda la Cham Holding, il ricorrente ha dimostrato di aver lasciato il consiglio di amministrazione di tale società e di esserne soltanto un azionista. Orbene, nessun elemento di prova fornito dal Consiglio spiega come, malgrado il dichiarato allentamento del ricorrente, egli manterrebbe legami particolari con la Cham Holding o con Rami Makhlouf e, più in generale, con il regime siriano.

142    Pertanto, il Consiglio può soltanto avvalersi della presunzione di legame con il regime siriano per dimostrare il legame tra il ricorrente e detto regime. Di conseguenza, occorre valutare se gli elementi di prova presentati dal ricorrente consentano di rovesciare la presunzione di legame con il regime siriano.

143    In tale contesto, occorre esaminare gli argomenti del ricorrente diretti a dimostrare che egli non sarebbe legato al regime siriano, che non avrebbe alcuna influenza su di esso e che non presenterebbe alcun rischio di elusione.

144    Sotto un primo profilo, il ricorrente afferma, in sostanza, di aver lasciato la Siria per stabilirsi in Libano nel 2012 a causa delle azioni illecite del regime siriano, al quale si è opposto. Dopo il 2012, si sarebbe recato in Siria soltanto due volte.

145    Occorre constatare che è pacifico tra le parti il fatto che il ricorrente viva in Libano dal 2012. Tuttavia, tale circostanza non implica necessariamente che il ricorrente non continui ad avere interessi economici in Siria o ad assumere cariche in organi e istituzioni collegati alla vita economica di tale paese. Orbene, come risulta dal precedente punto 128, il Consiglio ha fornito un insieme di indizi che dimostrano, in sostanza, che il ricorrente continua ad avere interessi economici in Siria. Inoltre, anche a voler supporre che il ricorrente si sia recato in Siria per la morte di sua madre, ciò non implica che non lo abbia fatto in altre occasioni. Del resto, il numero di volte in cui egli si è recato in Siria dopo essersi trasferito in Libano non può essere rilevante, dal momento che il ricorrente continua ad avere interessi in Siria.

146    Sotto un secondo profilo, ad avviso del ricorrente, la sua opposizione al regime siriano ha avuto per lui conseguenze negative. In particolare, i servizi segreti siriani avrebbero emesso un mandato d’arresto nei suoi confronti dopo la sua partenza dalla Siria. A sostegno della sua affermazione, il ricorrente ha prodotto una circolare del Dipartimento di pubblica intelligence siriano del 21 ottobre 2014, in cui si afferma, in relazione a una circolare del 18 ottobre 2014 avente ad oggetto l’avvio di un’indagine nei confronti di alcune persone, che il ricorrente deve essere escluso da quest’ultima circolare a causa della «cessazione delle giustificazioni».

147    Il fatto che il ricorrente sia stato sottoposto a un’indagine nel 2014 non può costituire, nelle circostanze del caso di specie, un indizio che egli non abbia legami con il regime siriano. Occorre, infatti, rilevare che è stato escluso da tale indagine solo tre giorni dopo esservi stato incluso e che non risulta dal fascicolo che sia stata intrapresa una qualche azione da parte delle autorità siriane nei suoi confronti durante tale breve periodo di tempo. Inoltre, si deve constatare, al pari del Consiglio, che le ragioni che giustificano l’inserimento del nome del ricorrente in tale indagine nonché i motivi per i quali si è ritenuto che tali ragioni fossero venute meno non sono specificate nel documento prodotto dal ricorrente. Al riguardo, il ricorrente afferma che i servizi segreti siriani non forniscono alcuna motivazione per i loro «mandati d’arresto» e che tali documenti sono soggetti alla legge marziale. Sebbene tali precisazioni appaiano ragionevolmente credibili, il ricorrente non le ha suffragate e non ha fornito alcuna spiegazione quanto alle ragioni che, secondo lui, spiegherebbero l’avvio di tale indagine, a parte la presunta intenzione del regime siriano di arrecargli pregiudizio. Infine, del resto, è necessario constatare che, alla data di adozione degli atti impugnati, vale a dire sei anni dopo l’emissione di tale mandato, il ricorrente non era sottoposto a indagine da parte del dipartimento di pubblica intelligence siriano.

148    Sotto un terzo profilo, il ricorrente afferma di sostenere organizzazioni umanitarie e civili che si oppongono al regime siriano e che prestano aiuto e assistenza ai rifugiati siriani. Inoltre, il ricorrente fa valere, in sostanza, di aver incontrato i rappresentanti dei paesi europei per discutere dell’oppressione esercitata dal regime siriano.

149    A sostegno delle sue affermazioni, in primo luogo, il ricorrente ha prodotto una dichiarazione del 20 aprile 2020 di un ex ambasciatore della Repubblica francese in Siria e del Sovrano Ordine di Malta in Libano. In tale dichiarazione, l’ex ambasciatore afferma di aver conosciuto il ricorrente durante il suo soggiorno in Siria e di aver stretto relazioni amichevoli con lui. Egli spiega, in sostanza, che ha incontrato di nuovo il ricorrente in Libano dopo il 2011 e che quest’ultimo ha mostrato un vivo interesse per le attività umanitarie svolte dal Sovrano Ordine di Malta in Libano a favore dei rifugiati siriani, per i quali egli ha fornito un’assistenza finanziaria. Infine, egli osserva che, durante i suoi incontri con il ricorrente, quest’ultimo ha evocato la «situazione drammatica» in cui versa la Siria. Egli afferma di aver sempre notato nelle dichiarazioni del ricorrente una forte riserva nei confronti del regime al potere, verso il quale era spesso molto critico e a cui imputava di buon grado il deterioramento della condizione del paese.

150    In secondo luogo, il ricorrente ha prodotto una lettera del 27 aprile 2020 proveniente da una persona che lavora per un’organizzazione umanitaria. [riservato] (1) Per quanto riguarda tali attività, oltre alla descrizione contenuta in tale lettera, il ricorrente fornisce maggiori informazioni nella replica. [riservato]

151    In terzo luogo, il ricorrente ha prodotto una lettera del 27 aprile 2020 proveniente da un’altra persona, coinvolta in un’altra organizzazione umanitaria. [riservato]

152    In quarto luogo, il ricorrente ha prodotto una lettera del 27 aprile 2020 proveniente da una terza persona. [riservato]

153    In quinto luogo, il ricorrente deduce il coinvolgimento della sua famiglia nella Phoenicia Maritime Training Centre. In sostanza, si tratterebbe di un istituto di formazione nel settore marittimo in Siria fondato dai suoi figli al fine di operare come fornitore di formazione per i giovani abitanti dell’isola di Arwad a una tariffa simbolica. Al riguardo, le attività di tale centro non perseguirebbero scopi di lucro. Secondo il ricorrente, tale centro offre un’alternativa ai giovani abitanti dell’isola di Arwad, i quali temono di essere arruolati per il servizio militare o di essere arrestati. Più in generale, il ricorrente sostiene che gli abitanti dell’isola di Arwad sono considerati oppositori del regime, in quanto appartenenti al ramo sunnita dell’Islam.

154    Occorre anzitutto constatare che l’argomento del ricorrente secondo cui, in sostanza, il suo coinvolgimento nella Phoenicia Maritime Training Centre dovrebbe essere inteso nel senso che attesta la sua opposizione al regime siriano non è suffragato né dal contenuto del certificato del 23 dicembre 2019 attestante l’accreditamento di formazione dell’istituto né da quello del tariffario di detto istituto del 1° luglio 2020. Orbene, il ricorrente non fornisce nessun altro elemento di prova a sostegno della sua asserzione.

155    Per quanto riguarda, poi, le dichiarazioni prodotte dal ricorrente, occorre rilevare che, in assenza di una normativa dell’Unione sulla nozione di prova, il giudice dell’Unione ha sancito un principio di libertà dei mezzi di prova, che va inteso come facoltà di avvalersi, per provare un certo fatto, di mezzi di prova di qualsiasi natura; quali, segnatamente, prove testimoniali, prove documentali e confessioni. Correlativamente, il giudice dell’Unione ha consacrato un principio di libero apprezzamento della prova, secondo il quale la determinazione della credibilità o, in altri termini, del valore probatorio di un elemento di prova è rimessa all’intimo convincimento del giudice (v. sentenza del 13 dicembre 2018, Iran Insurance/Consiglio, T‑558/15, EU:T:2018:945, punto 153 e giurisprudenza ivi citata).

156    Inoltre, per valutare il valore probatorio di un documento, occorre tener conto di diversi elementi, come l’origine del documento, le circostanze in cui è stato elaborato, il destinatario, il contenuto e chiedersi se, in base a tali elementi, l’informazione che esso contiene appaia ragionevole e affidabile (v. sentenza del 13 dicembre 2018, Iran Insurance/Consiglio, T‑558/15, EU:T:2018:945, punto 154 e giurisprudenza ivi citata).

157    Per quanto riguarda più precisamente le testimonianze, l’affidabilità e la credibilità delle stesse devono essere, in ogni caso, confermate dalla loro coerenza complessiva ed esse avranno tanto maggior peso quanto più saranno suffragate, nei punti essenziali, dagli altri elementi oggettivi del fascicolo (v., in tal senso, sentenza del 12 maggio 2015, Dalli/Commissione, T‑562/12, EU:T:2015:270, punto 78).

158    Nel caso di specie, in primo luogo, occorre rilevare che le dichiarazioni fornite dal ricorrente provengono da un ex ambasciatore della Repubblica francese e del Sovrano Ordine di Malta, nonché da persone di alto livello nella gerarchia delle organizzazioni umanitarie. Tale elemento non è contestato dal Consiglio.

159    In secondo luogo, nessun elemento del fascicolo lascia supporre che gli autori delle suddette dichiarazioni abbiano un interesse personale nella presente controversia, o che siano collegati tra di essi, di modo che non si può presumere che essi si siano accordati al fine di fornire al ricorrente dichiarazioni concordanti. Del resto, ciò non è stato affermato dal Consiglio.

160    In terzo luogo, il destinatario di tali dichiarazioni è il Tribunale. Pertanto, gli autori delle dichiarazioni in parola e, in particolare, l’ex ambasciatore della Repubblica francese e del Sovrano Ordine di Malta hanno redatto tali documenti ben consapevoli non soltanto del sistema delle misure restrittive messo in atto dall’Unione nei confronti della Siria e dell’obiettivo dallo stesso perseguito, quale ricordato ai precedenti punti 2, 5 e 9, ma anche dell’importanza che la proposizione del presente ricorso riveste per il ricorrente.

161    In quarto luogo, le quattro dichiarazioni concordano nel loro contenuto. Tutte e quattro descrivono il ricorrente come apertamente critico nei confronti della politica condotta dal regime siriano e come una persona che ha fornito assistenza finanziaria ai programmi attuati in aiuto ai rifugiati siriani.

162    In quinto luogo, per quanto riguarda gli elementi oggettivi presenti nel fascicolo che corroborano il contenuto delle dichiarazioni presentate dal ricorrente, conformemente alla giurisprudenza menzionata al precedente punto 157, occorre osservare che il ricorrente ha prodotto scambi di messaggi di posta elettronica che dimostrano che egli era in contatto con la segreteria dell’ambasciatore della Repubblica francese dell’epoca, che allora non era colui che ha fornito la dichiarazione, per organizzare un incontro nel 2016 e che egli ha organizzato una cena nel 2013 alla quale erano invitati l’ambasciatore del Regno di Spagna dell’epoca, un altro diplomatico spagnolo e l’ambasciatrice dell’Unione in Libano dell’epoca, la quale ha confermato la sua presenza a detta cena.

163    Infine, in sesto luogo, è necessario constatare che il Consiglio non ha presentato alcun argomento diretto a mettere in discussione l’affidabilità delle dichiarazioni prodotte dal ricorrente.

164    Le dichiarazioni fornite dal ricorrente devono quindi essere considerate ragionevoli e affidabili, conformemente alla giurisprudenza richiamata al precedente punto 156.

165    Per quanto riguarda il contenuto di tali dichiarazioni, esse fanno tutte riferimento a forti critiche espresse dal ricorrente nei confronti della politica condotta dal regime siriano, ma anche all’assistenza finanziaria che egli ha fornito ad organizzazioni umanitarie a sostegno dei rifugiati siriani. Per di più, tali dichiarazioni attestano i rapporti intrattenuti dal ricorrente con i rappresentanti diplomatici di Stati membri dell’Unione e dell’Unione stessa.

166    È vero che, come rilevato dal Consiglio, il ricorrente non ha fornito informazioni supplementari sulle attività delle organizzazioni umanitarie che afferma di sostenere, né sulla loro opposizione al regime siriano, oltre a quelle che risultano dalle dichiarazioni summenzionate e dai suoi scritti difensivi. Tuttavia, occorre osservare che il Consiglio non afferma che le organizzazioni umanitarie non esistono. Pertanto, poiché il Consiglio aveva a sua disposizione il nome di tali organizzazioni, poteva fornire indizi diretti a dimostrare che le attività da esse svolte non corrispondevano a quelle descritte dai loro autori nelle loro dichiarazioni o dal ricorrente nei suoi scritti difensivi.

167    Inoltre, il Consiglio ritiene probabile che il ricorrente abbia tentato di celare i suoi legami con il regime siriano per non minare le sue attività internazionali e i suoi contatti con i suoi partner europei e mondiali. Pertanto, il ricorrente si sarebbe premurato di svolgere attività caritative e di esprimere riserve nei confronti del regime nei rapporti con i suoi contatti internazionali.

168    In udienza, il Consiglio ha indicato al Tribunale che l’articolo del sito Internet «Eqstad» costituiva un elemento di prova del fatto che il comportamento del ricorrente avesse lo scopo di celare i suoi legami con il regime siriano.

169    Tuttavia, un simile indizio non può essere ritenuto sufficiente per suffragare l’affermazione del Consiglio. Tale articolo, infatti, da un lato, non tratta dei legami del ricorrente con organizzazioni umanitarie o con rappresentanti di paesi membri dell’Unione, ma si occupa della sua partenza per il Libano, e, dall’altro, non è corroborato da nessun altro elemento di prova.

170    Infine, il Consiglio non ha presentato alcun elemento volto a screditare il contenuto delle dichiarazioni prodotte dal ricorrente. Interrogato in udienza, il Consiglio si è limitato a sostenere che esse dovevano essere raffrontate con le prove che esso ha prodotto, senza dedurre elementi specifici al fine di metterle in discussione.

171    Alla luce di tutto quanto precede, occorre constatare che le dichiarazioni prodotte dal ricorrente dimostrano che quest’ultimo ha preso le distanze dal regime siriano e che egli finanzia missioni umanitarie che assistono i rifugiati siriani.

172    Sotto un quarto profilo, secondo il ricorrente, il regime siriano si sarebbe particolarmente indispettito per il fatto che egli si sia aggiudicato, mediante la Phoenicia Tourism Company, la gara d’appalto relativa allo sviluppo turistico sull’isola di Arwad, per poi rifiutarsi di investirvi in un secondo tempo e di intraprendere i lavori di costruzione di un hotel. Secondo il ricorrente, il fatto di essersi aggiudicato tale gara d’appalto gli ha permesso, in sostanza, di riprendere il controllo sulle terre che erano state espropriate a danno della sua famiglia nel 1983. Tuttavia, egli non avrebbe effettuato alcun investimento in detto progetto, il che avrebbe portato il regime a minacciarlo di intraprendere azioni legali.

173    A sostegno delle sue affermazioni, il ricorrente produce, da un lato, il decreto n. 3 053 del presidente siriano, ricevuto dal Ministero del Turismo siriano il 1° gennaio 1983, il cui articolo 1 prevede l’espropriazione di terre sull’isola di Arwad al fine di eseguire un progetto turistico e, dall’altro, tre documenti riguardanti terre di proprietà di alcune persone il cui cognome è Sabra. I primi due documenti, datati, rispettivamente, 21 gennaio 1962 e 1º marzo 1977, non menzionano il nome del ricorrente. Il terzo documento, redatto dalla direzione dei beni immobili di Tartus il 25 maggio 2006, menziona il nome del ricorrente. Infine, il ricorrente presenta un documento, privo di data, secondo cui il terreno di proprietà di suo nonno è stato espropriato nel contesto del progetto turistico dell’isola di Arwad.

174    Occorre anzitutto rilevare che il ricorrente ha precisato, nella replica, che non tutti i terreni di proprietà della sua famiglia sull’isola di Arwad erano stati espropriati, poiché alcuni di essi non erano situati nella parte dell’isola in cui il regime intendeva sviluppare il suo progetto turistico. Occorre constatare, al riguardo, che il ricorrente ha soltanto fornito la prova dell’espropriazione di un terreno appartenuto a un membro della sua famiglia.

175    Il ricorrente, poi, non nega di aver versato, nell’agosto 2012, una somma di denaro corrispondente alle spese di partecipazione alla gara d’appalto, per un importo pari all’1% dei costi totali stimati per il progetto, ossia, secondo il ricorrente, 7 milioni di SYP, pari a circa EUR 88 501. Le spese pagate non erano rimborsabili. Inoltre, il ricorrente ha prodotto la prova del versamento, nel maggio 2013, di una garanzia di esecuzione per un importo di 14 316 600 SYP (circa EUR 113 732).

176    Si deve ammettere che il versamento di tali somme di denaro costituisce una forma di investimento nel progetto turistico dell’isola di Arwad, sebbene il ricorrente affermi, in sostanza, che non si trattava dell’investimento che il regime siriano si attendeva da lui.

177    Per contro, occorre constatare che il Consiglio non ha dimostrato che il ricorrente abbia effettuato un altro versamento o un altro investimento nel contesto del progetto turistico dell’isola di Arwad.

178    Infine, come dichiarato, in sostanza, al precedente punto 90, il ricorrente ha dimostrato che la Phoenicia Tourism Company era inattiva fino al 2019. È vero che, come rilevato al precedente punto 95, non si può escludere la possibilità che tale impresa sia stata attiva alla data di adozione degli atti impugnati. Tuttavia, come risulta dai precedenti punti 92 e 93, la prova dell’attività di tale società è collegata alla lettera del 25 febbraio 2020, mediante la quale il ricorrente veniva minacciato di azioni legali in caso di persistente inadempimento del contratto.

179    Da quanto precede risulta che, sebbene il ricorrente sia effettivamente coinvolto nel progetto turistico dell’isola di Arwad e sia obbligato, secondo la lettera del 25 febbraio 2020, ad eseguirlo, le circostanze in cui ha concluso detto progetto e la sua concreta realizzazione non sono chiare. Il Tribunale constata che non è possibile affermare con certezza che il ricorrente intendesse unicamente recuperare le terre espropriate che erano appartenute alla sua famiglia ‑ circostanza che avrebbe potuto costituire un elemento atto a rovesciare la presunzione di legame con il regime siriano ‑ ma che non è nemmeno possibile affermare che egli abbia fatto tutto quanto poteva per garantire lo sviluppo del progetto turistico dell’isola di Arwad, come voluto dal regime siriano. Al riguardo, infatti, l’affermazione del Consiglio secondo cui il ricorrente non avrebbe iniziato i lavori di tale progetto per ragioni indipendenti dalla sua volontà non è suffragata da alcun elemento. Pertanto, nell’ambito dell’esame degli argomenti addotti dal ricorrente al fine di rovesciare la presunzione di legame, si deve pervenire alla conclusione che il ricorrente non può basarsi sulle ragioni che lo hanno portato a concludere il contratto relativo al progetto turistico dell’isola di Arwad per rovesciare detta presunzione.

180    Infine, sotto un quinto profilo, il ricorrente nega, in sostanza, la sua pretesa condizione di socio d’affari prossimo di Rami Makhlouf, sostenitore del regime siriano e cugino di Bashar Al-Assad, persona con cui non avrebbe alcun contatto da dodici anni. Più specificamente, il ricorrente sostiene che le informazioni contenute nel documento WK 1755/2020 INIT secondo cui egli sarebbe associato con Rami Makhlouf nel settore alimentare sono errate. Al riguardo, egli non avrebbe mai svolto alcuna attività in tale settore, a parte quelle della OVO. Inoltre, il ricorrente sostiene di non aver fornito servizi alle navi incaricate del trasporto di prodotti alimentari. Per di più, secondo il ricorrente, l’unico punto in comune con Rami Makhlouf è costituito dal fatto che entrambi hanno posseduto quote della Cham Holding.

181    Dal precedente punto 106 risulta che il ricorrente ha dimostrato che la OVO era stata sciolta alla data di adozione degli atti impugnati. Per contro, il ricorrente possedeva ancora, alla data di adozione dei suddetti atti, quote della Cham Holding che, come risulta dalle informazioni pubblicate dal sito Internet dell’agenzia di stampa Reuters e dai siti Internet «Eqstad», «al Arabiya News», «Enab Baladi» e «Al Janoubia», era di proprietà di Rami Makhlouf. Occorre però constatare che il ricorrente si è dimesso dal suo incarico all’interno del consiglio di amministrazione della Cham Holding (v. il precedente punto 102), mostrando in tal modo la sua intenzione di prendere le distanze dalle attività di tale società. Del resto, l’intenzione del ricorrente di allontanarsi dalla Cham Holding, sottoposta a misure restrittive da parte dell’Unione e degli Stati Uniti d’America, è suffragata dagli articoli provenienti dai siti Internet «Eqstad», «al Arabiya News» e «Enab Baladi».

182    Di conseguenza, dimostrando di non essere attivo nel settore alimentare e di essersi allontanato dalla Cham Holding, il ricorrente è riuscito a mettere in discussione gli elementi sui quali il Consiglio si è basato per considerarlo un socio d’affari prossimo di Rami Makhlouf.

183    Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve constatare che, al fine di rovesciare la presunzione di legame con il regime siriano, il ricorrente può avvalersi del fatto di aver dimostrato che egli criticava apertamente il regime siriano e che forniva assistenza finanziaria a organizzazioni umanitarie che operano a favore dei rifugiati siriani. Inoltre, egli ha messo in dubbio l’asserzione secondo cui egli è socio d’affari prossimo di Rami Makhlouf, sostenitore del regime siriano e cugino di Bashar Al-Assad.

184    Come emerge dal precedente punto 133, una delle possibilità per una parte ricorrente di rovesciare la presunzione di legame con il regime siriano è di fornire un insieme di indizi dell’assenza di influenza sul regime siriano.

185    Nel caso specie, tenuto conto delle sensibilità politiche del ricorrente, dell’aiuto che esso reca alle organizzazioni umanitarie a sostegno dei rifugiati siriani e del suo allontanamento da Rami Makhlouf, appare poco probabile che egli abbia legami con il regime siriano. Di conseguenza, non vi è la certezza che il ricorrente venga indotto, a causa delle misure restrittive adottate nei suoi confronti, ad esercitare sul regime siriano l’influenza necessaria per aumentare la pressione su quest’ultimo affinché modifichi la sua politica repressiva.

186    Pertanto, se è vero che dagli elementi di prova forniti dal Consiglio risulta che il ricorrente ha interessi economici nel settore marittimo e turistico, in particolare, e che occupa una posizione di rilievo in seno al comitato degli uomini d’affari russo-siriano, resta il fatto che egli è riuscito a rovesciare la presunzione di legame esistente tra lui e il regime siriano.

187    Alla luce di tutto quanto precede, si deve pervenire alla conclusione che, sebbene lo status del ricorrente di imprenditore di spicco che opera in Siria sia comprovato, non può dirsi lo stesso del suo carattere influente.

188    Si deve quindi ritenere che il primo motivo dell’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione, collegato al suo status di imprenditore di spicco che opera in Siria, non sia suffragato in modo giuridicamente sufficiente.

5.      Sullassociazione con il regime siriano

189    Occorre verificare se la situazione del ricorrente costituisca una prova sufficiente del fatto che egli fornisca sostegno al regime siriano o tragga vantaggio delle politiche condotte da quest’ultimo. Una simile valutazione deve essere effettuata esaminando gli elementi di prova non in maniera isolata, bensì nel contesto nel quale essi si inseriscono. Il Consiglio assolve, infatti, l’onere della prova ad esso incombente qualora evochi dinanzi al giudice dell’Unione un complesso di indizi sufficientemente concreti, precisi e concordanti che consentano di dimostrare l’esistenza di un collegamento sufficiente tra la persona sottoposta ad una misura di congelamento dei suoi fondi e il regime considerato (v. sentenza del 9 settembre 2016, Tri-Ocean Trading/Consiglio, T‑709/14, non pubblicata, EU:T:2016:459, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

190    Secondo i motivi di inserimento ricordati ai precedenti punti 14 e 44, il ricorrente fornisce sostegno finanziario ed economico al regime siriano, in particolare attraverso società offshore e le sue attività commerciali, ma anche con attività di riciclaggio di capitali, e ne trae vantaggio nel quadro delle sue attività nel settore immobiliare.

191    Pertanto, occorre constatare che i motivi per i quali il Consiglio ritiene che il ricorrente sostenga il regime siriano e ne tragga vantaggio si sovrappongono a quelli che lo hanno portato a considerarlo un imprenditore di spicco che opera in Siria.

192    A tal riguardo, occorre ricordare che non si può escludere che, per una determinata persona, i motivi dell’inserimento del suo nome coincidano parzialmente, nel senso che una persona può essere qualificata come imprenditore di spicco che opera in Siria ed essere considerata come persona che, nell’ambito delle sue attività, trae vantaggio dal regime siriano o lo sostiene attraverso le medesime attività. Ciò risulta precisamente dal fatto che, com’è stabilito al considerando 6 della decisione 2015/1836, la stretta associazione al regime siriano e il sostegno fornito a quest’ultimo da tale categoria di persone costituiscono una delle ragioni per cui il Consiglio ha deciso di creare tale categoria. Ciò non toglie che si tratti, anche in tale ipotesi, di criteri differenti (sentenza del 23 settembre 2020, Kaddour/Consiglio, T‑510/18, EU:T:2020:436, punto 77).

a)      Sul sostegno economico e finanziario fornito al regime siriano 

193    Di motivi di inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione risulta che quest’ultimo fornisce sostegno finanziario ed economico al regime siriano grazie, da un lato, alle sue attività commerciali e, dall’altro, al riciclaggio di capitali.

194    Sotto un primo profilo, per quanto riguarda le attività commerciali del ricorrente, in primo luogo, i motivi di inserimento menzionano il suo status di «maggiore armatore». Al riguardo, è stato stabilito al precedente punto 81 che il ricorrente possiede soltanto l’AKSSA. Orbene, sebbene essa non sia del tutto irrilevante nel settore di attività delle agenzie marittime (v. il precedente punto 69), il solo possesso di tale società non può essere sufficiente per considerare il ricorrente uno dei «maggior[i] armator[i]». Da una lettura di insieme dei motivi di inserimento si evince, infatti, che sono proprio i molteplici interessi economici del ricorrente nel settore marittimo ad aver portato il Consiglio a qualificarlo come tale. Tuttavia, anche ritenendo che il ricorrente sia uno dei «maggior[i] armator[i]» per via del solo interesse economico rappresentato dall’AKSSA, occorre rilevare che il Consiglio non spiega in che modo egli sosterrebbe il regime siriano mediante l’AKSSA. In ogni caso, ciò non si evince neppure degli elementi di prova contenuti nel documento WK 1755/2020 INIT.

195    In secondo luogo, i motivi menzionano il sostegno che il ricorrente fornisce al regime siriano come socio d’affari prossimo di Rami Makhlouf. Al riguardo, da un lato, si evince, in sostanza, dall’articolo pubblicato da Le Monde e dalle informazioni provenienti dai siti Internet «World Crunch», «Eqstad», «al Arabiya News» e dal MEIRSS che il ricorrente, coinvolto nel commercio di prodotti alimentari con Rami Makhlouf, ha permesso al regime siriano di eludere le misure restrittive, dal momento che l’embargo europeo non riguardava i prodotti alimentari.

196    Orbene, anzitutto, come risulta dal precedente punto 98, l’entità del ricorrente che esercitava attività nel settore alimentare, ossia la OVO, non esiste più.

197    Per quanto riguarda, poi, la Cham Holding, di cui Rami Makhlouf è proprietario e di cui il ricorrente è azionista, non appare, degli elementi di prova addotti dal Consiglio, che tale impresa operi nel settore alimentare.

198    Infine, il documento WK 1755/2020 INIT non fornisce altre precisazioni quanto alla forma che avrebbe assunto l’associazione del ricorrente e di Rami Makhlouf nel settore alimentare.

199    Dall’altro lato, per quanto riguarda il sostegno fornito al regime siriano attraverso la Cham Holding, di cui Rami Makhlouf è proprietario e di cui il ricorrente è azionista, dall’articolo pubblicato dall’agenzia di stampa Reuters e dai siti Internet «al Arabiya News», «Enab Baladi» e «Al Janoubia» si evince che la Cham Holding presenta un legame con il regime siriano. Tuttavia, tali articoli non spiegano in che modo tale impresa fornisca sostegno finanziario o economico al regime siriano.

200    Infine, come accertato nel precedente punto 182, il ricorrente ha validamente messo in discussione il suo status di socio d’affari prossimo di Rami Makhlouf.

201    Di conseguenza, occorre ritenere che il Consiglio non abbia dimostrato, in modo giuridicamente sufficiente, che il ricorrente fornisca un sostegno al regime siriano a causa del suo status di socio d’affari prossimo di Rami Makhlouf.

202    In terzo luogo, i motivi di inserimento indicano che il ricorrente fornisce il suo sostegno economico e finanziario al regime siriano, in particolare attraverso le sue società con sede all’estero. Al riguardo, dai precedenti punti 81, 96 e 106 risulta che il ricorrente ha interessi economici in Siria per via dell’AKSSA, della Phoenicia Tourism Company e della Cham Holding. L’unica entità situata all’estero, più precisamente in Libano, nella quale il ricorrente aveva, secondo il Consiglio, interessi è la Yass Marine. Orbene, come menzionato al precedente punto 78, il ricorrente ha dimostrato che tale impresa non esisteva. Per di più, dall’articolo del sito Internet «al Arabiya News» si evince, certamente, che l’AKSSA ha due succursali, una in Grecia e l’altra in Italia, ma ciò non è confermato da altri elementi di prova e, in ogni caso, il Consiglio fa unicamente riferimento alle attività svolte dal ricorrente dal Libano al fine di affermare che egli fornisce un sostegno al regime siriano attraverso le sue attività svolte all’estero. Ne consegue che la parte dei motivi di inserimento secondo cui il ricorrente sostiene il regime siriano in particolare attraverso società con sede all’estero non è sufficientemente suffragata sotto il profilo giuridico.

203    Infine, in quarto luogo, poiché i motivi di inserimento hanno ad oggetto le altre attività commerciali del ricorrente quali potenziali forme di sostegno finanziario ed economico al regime siriano, deve essere esaminato il caso della Phoenicia Tourism Company. Al riguardo, se è vero che è stato accertato – senza che ciò sia stato oggetto di contestazione – che il ricorrente ha firmato un contratto con il Ministero del Turismo siriano per la gestione di un hotel sull’isola di Arwad, il Consiglio non spiega tuttavia in che misura la conclusione di un simile contratto fornisca sostegno al regime siriano. In particolare, il pagamento di somme di denaro per le spese relative alla partecipazione alla gara d’appalto e per una garanzia di esecuzione, avvenuto nel 2012 e nel 2013, non può essere considerato sufficiente per giungere alla conclusione che, alla data di adozione degli atti impugnati, vale a dire più di sette anni dopo tale pagamento, il Consiglio ha dimostrato il sostegno finanziario fornito dal ricorrente. Inoltre, gli elementi di prova contenuti nel documento WK 1755/2020 INIT non consentono di comprendere in quale altro modo la Phoenicia Tourism Company sostenga il regime siriano.

204    Laddove occorra considerare la posizione occupata dal ricorrente in seno al comitato degli uomini d’affari russo-siriano come un’attività commerciale, si deve rilevare che il documento WK 1755/2020 INIT non contiene alcuna informazione quanto al sostegno finanziario ed economico che egli potrebbe fornire al regime siriano attraverso tale posizione.

205    Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda il sostegno che il ricorrente fornirebbe al regime siriano attraverso le sue attività di riciclaggio di capitali, occorre rilevare che dalle informazioni provenienti dai siti Internet «Eqstad», «al Arabiya News» e «Enab Baladi» emerge, in sostanza, che imprenditori siriani come il ricorrente hanno ottenuto la cittadinanza libanese al fine di aprire conti bancari in Libano e poter aiutare il regime siriano a trasferire fondi.

206    Al riguardo, il ricorrente sostiene, anzitutto, che le suddette affermazioni sono false, poiché, in sostanza, la maggior parte degli imprenditori siriani che hanno ottenuto la cittadinanza libanese non ne avevano bisogno, in quanto già in possesso della cittadinanza di altri paesi. In altri termini, il ricorrente non avrebbe ottenuto la cittadinanza libanese al fine di aiutare il regime siriano ad eludere le misure restrittive. Ciononostante, occorre constatare che l’argomento del ricorrente è una dichiarazione generica, non suffragata, che non può quindi essere accolta.

207    Inoltre, il ricorrente farebbe leva sulle accuse di contrabbando, del tutto inventate dal regime siriano per dimostrare che la sua partenza dalla Siria per il Libano non è stata apprezzata da detto regime. Tale argomento deve essere inteso come diretto a dimostrare che il ricorrente non può aver agito per il regime siriano prendendo la cittadinanza libanese. Tuttavia, occorre constatare, al pari del Consiglio, che il ricorrente non è riuscito a produrre indizi della fallacia di tali accuse. Dagli elementi di prova forniti dal ricorrente non emerge, infatti, in maniera chiara che la decisione di sequestro provvisorio n. 932 del Ministero delle Finanze siriano, del 6 gennaio 2013, riguardava l’importazione di automobili usate avvenuta diversi anni prima. A tal proposito, nessun collegamento può essere stabilito tra tale decisione e la dichiarazione di arrivo di una nave che trasportava automobili usate del 18 febbraio 2004. Gli altri elementi di prova prodotti dal ricorrente, vale a dire la conferma della consegna della nota di carico n. 259 alle autorità portuali del 25 febbraio 2004 e la dichiarazione del 6 marzo 2004 dell’Almahaba Transit & Clearance Company, non contengono ulteriori informazioni al riguardo.

208    Ciò premesso, occorre rilevare che, come accertato al precedente punto 171, il ricorrente ha dimostrato di aver preso le distanze dal regime siriano. In simili circostanze, il Tribunale ritiene che il ricorrente abbia sollevato un dubbio effettivo quanto alle ragioni che lo hanno spinto ad ottenere la cittadinanza libanese. Orbene, poiché le accuse relative al riciclaggio di capitali, quali ricordate al precedente punto 205, non sono supportate da altri elementi concreti, si deve concludere che il Consiglio non ha dimostrato, in modo giuridicamente sufficiente, il fatto che il ricorrente sostenesse il regime siriano attraverso simili attività.

209    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve constatare che il Consiglio non ha dimostrato, in modo giuridicamente sufficiente, che il ricorrente fornisse sostegno al regime siriano.

b)      Sul vantaggio tratto dal regime siriano

210    Dai motivi di inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione emerge che egli ha tratto vantaggio dai suoi legami con il regime siriano, il che gli ha permesso di espandere le sue attività nel settore immobiliare.

211    È pacifico tra le parti che tale parte dei motivi di inserimento riguarda principalmente il fatto che il ricorrente abbia ottenuto, attraverso la Phoenicia Tourism Company, un contratto con il Ministero del Turismo siriano per lo sfruttamento di terreni in vista dello sviluppo e della gestione di un hotel sull’isola di Arwad.

212    Inoltre, come risulta dal precedente punto 83, il Consiglio ha sufficientemente suffragato sotto il profilo giuridico il fatto che il ricorrente ha stipulato, mediante la Phoenicia Tourism Company, un contratto con il Ministero del Turismo siriano atto a consentirgli di sviluppare e gestire un hotel sull’isola di Arwad. Del resto, il ricorrente non lo contesta.

213    Tuttavia, il ricorrente nega di aver tratto un vantaggio dal contratto concluso con il ministero del Turismo siriano e fa valere, in sostanza, che, attraverso tale contratto, ha inteso riprendere il controllo su terreni espropriati appartenuti alla sua famiglia e che alla fine non ha investito nel progetto di costruzione dell’hotel dell’isola di Arwad.

214    Al riguardo, occorre rilevare che, tenuto conto della formulazione dei motivi di inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione, quali richiamati ai precedenti punti 14 e 44, è necessario che il Consiglio dimostri in modo giuridicamente sufficiente che è proprio per via dei legami con il regime siriano che egli ha ottenuto il contratto con il Ministero del Turismo siriano.

215    Orbene, se è vero che è pacifico tra le parti il fatto che il ricorrente ha ottenuto il contratto all’esito di una gara d’appalto, né dall’articolo intitolato «Ministry of Tourism Awards New Contract to Manage Arwad Hotel» (Il Ministero del Turismo aggiudica un nuovo contratto per la gestione dell’hotel di Arwad), pubblicato il 26 novembre 2012 sul sito Internet «The Syria Report», né da alcun altro elemento di prova del documento WK 1755/2020 INIT si evince che il ricorrente abbia ottenuto l’appalto per via di particolari legami con il regime siriano. In altri termini, sebbene il Consiglio abbia dimostrato che il contratto è stato effettivamente concluso, non prova il fatto che il ricorrente si sia avvalso, nel contesto di tale gara d’appalto, dei suoi legami con il regime siriano al fine di aggiudicarsi detta gara. Al riguardo, non si può ammettere che il semplice fatto di vincere una gara d’appalto, quand’anche abbia condotto alla conclusione di un contratto con un Ministero del regime siriano, sia sufficiente per pervenire alla conclusione dell’esistenza di legami che consentono all’interessato di trarre vantaggio dal regime siriano, ai sensi degli articoli 27, paragrafo 1, e 28, paragrafo 1, della decisione 2013/255, come modificata dalla decisione 2015/1836.

216    Pertanto, il Consiglio non ha dimostrato in modo giuridicamente sufficiente che il ricorrente abbia tratto vantaggio dai suoi legami con il regime siriano al fine di ottenere il contratto collegato allo sviluppo del progetto turistico dell’isola di Arwad e di espandere in tal modo le sue attività nel settore del turismo.

217    Per di più, è necessario constatare che gli elementi di prova prodotti dal Consiglio non permettono di verificare se il ricorrente abbia tratto un vantaggio dal contratto così concluso, oltre alla conclusione stessa del contratto.

218    Simili elementi di prova sarebbero stati tuttavia necessari, poiché, come risulta dalla lettera del 25 febbraio 2020, il contratto non era ancora stato integralmente eseguito e non doveva esserlo per diversi mesi, il che impedisce di concludere che il ricorrente trae vantaggio dalla politica condotta dal regime siriano sull’isola di Arwad in materia di turismo.

219    Per giunta, come è stato accertato nel precedente punto 179, se non è possibile affermare con certezza che il ricorrente intendesse esclusivamente recuperare le terre espropriate appartenute alla sua famiglia, non si può neppure affermare che egli avesse la ferma intenzione di sviluppare il progetto turistico dell’isola di Arwad, e ciò nonostante la lettera del 25 febbraio 2020.

220    Il fatto che la lettera imponga al ricorrente di fornire un calendario dei lavori da eseguire per l’adempimento del contratto, a meno di non esporsi ad azioni legali, non può infatti di per sé essere sufficiente per attestare che il ricorrente intendeva effettivamente attuare il progetto turistico dell’isola di Arwad.

221    Di conseguenza, il Consiglio, sul quale grava l’onere della prova, non è in grado di dimostrare che il ricorrente abbia tentato di trarre un vantaggio, e abbia effettivamente tratto un vantaggio, dal regime siriano mediante il contratto concluso con la Phoenicia Tourism Company.

222    Inoltre, occorre rilevare che il Consiglio fa anche riferimento ai vantaggi concessi dal regime siriano al ricorrente, come si evince dall’articolo sul sito Internet «Eqstad». Tuttavia, occorre osservare che tale articolo opera una distinzione tra la situazione del ricorrente prima e dopo il 2011. Pertanto, se è certamente vero che l’articolo riporta che il ricorrente ha ottenuto vantaggi prima del 2011, non dice lo stesso per il periodo successivo al 2011. Al contrario, sebbene l’articolo sia cauto quanto alla natura dei legami esistenti tra il ricorrente e il regime siriano, esso afferma che il ricorrente si è ritirato dalla Cham Holding ed è partito per il Libano. Di conseguenza, l’articolo del sito Internet «Eqstad» non può essere considerato atto a suffragare il fatto che il ricorrente traesse vanteggio dal regime siriano alla data di adozione degli atti impugnati.

223    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che il Consiglio non ha sufficientemente suffragato sotto il profilo giuridico il fatto che il ricorrente tragga vantaggio dal regime siriano.

6.      Conclusione

224    Da tutto quanto precede risulta che il Consiglio non ha dimostrato in modo giuridicamente sufficiente la fondatezza del motivo di inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione attinente al suo status di imprenditore di spicco che opera in Siria, né quella del motivo di inserimento del suo nome in tali elenchi attinente all’associazione con il regime siriano.

225    Il motivo unico del ricorrente deve quindi essere accolto.

C.      Conclusione sul ricorso e sugli effetti nel tempo dell’annullamento degli atti impugnati

226    Poiché il motivo unico è accolto, gli atti impugnati devono essere annullati nella parte in cui essi riguardano il ricorrente.

227    Al riguardo, il Consiglio ha chiesto, nell’ambito del suo terzo capo di conclusioni, che, nell’ipotesi in cui il Tribunale annulli gli atti impugnati nella parte in cui riguardano il ricorrente, esso voglia disporre il mantenimento degli effetti della decisione 2020/719 per quanto riguarda il ricorrente sino al momento in cui produca effetti l’annullamento parziale del regolamento di esecuzione 2020/716.

228    Anzitutto, quanto al regolamento di esecuzione 2020/716, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 60, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, in deroga all’articolo 280 TFUE, le decisioni del Tribunale che annullano un regolamento hanno effetto soltanto a decorrere dalla scadenza del termine di impugnazione di cui all’articolo 56, primo comma, di detto Statuto oppure, se entro tale termine è stata proposta impugnazione, a decorrere dal relativo rigetto.

229    In tali circostanze, in assenza di impugnazione, il Consiglio dispone di un termine di due mesi, aumentato del termine di dieci giorni in ragione della distanza, a partire dalla notifica della presente sentenza, per porre rimedio alle violazioni accertate, adottando, eventualmente, nuove misure restrittive nei confronti del ricorrente.

230    Per quanto riguarda, poi, la decisione 2020/719, occorre constatare che la decisione (PESC) 2021/855 del Consiglio, del 27 maggio 2021, che modifica la decisione 2013/255 (GU 2021, L 188, pag. 90), ha sostituito l’elenco di cui all’allegato I della decisione 2013/255 a partire dal 29 maggio 2021 e ha prorogato l’applicazione delle misure restrittive, per quanto riguarda il ricorrente, fino al 1° giugno 2022.

231    Pertanto, attualmente, il ricorrente è sottoposto a una nuova misura restrittiva. Ne consegue che l’annullamento della decisione 2020/719, nella parte in cui lo riguarda, non comporta la cancellazione del suo nome dall’elenco di cui all’allegato I della decisione 2013/255.

232    Di conseguenza, non è necessario mantenere gli effetti della decisione 2020/719.

  Sulle spese

233    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

234    Nel caso di specie, il Consiglio, rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese, conformemente alla domanda del ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione di esecuzione (PESC) 2020/212 del Consiglio, del 17 febbraio 2020, che attua la decisione 2013/255/PESC relativa a misure restrittive nei confronti della Siria, il regolamento di esecuzione (UE) 2020/211 del Consiglio, del 17 febbraio 2020, che attua il regolamento (UE) n. 36/2012 concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria, la decisione (PESC) 2020/719 del Consiglio, del 28 maggio 2020, che modifica la decisione 2013/255/PESC relativa a misure restrittive nei confronti della Siria, e il regolamento di esecuzione (UE) 2020/716 del Consiglio, del 28 maggio 2020, che attua il regolamento (UE) n. 36/2012 concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria, sono annullati nella parte in cui essi riguardano il sig. Abdelkader Sabra.

2)      Il Consiglio dell’Unione europea è condannato alle spese.

Gervasoni

Frendo

Martín y Pérez de Nanclares

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 marzo 2022.

Firme

Indice


I. Fatti all’origine della controversia e fatti successivi alla presentazione del ricorso

II. Procedimento e conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sulla ricevibilità degli allegati alla richiesta di tempo supplementare per la discussione depositata dal ricorrente

B. Nel merito

1. Considerazioni preliminari

2. Sui motivi di inserimento e sulla determinazione dei criteri di inserimento

3. Sugli elementi di prova

4. Sullo status di imprenditore di spicco che opera in Siria

a) Sugli interessi economici del ricorrente nel settore marittimo

b) Sugli interessi economici del ricorrente nel settore del turismo

c) Sugli altri interessi commerciali del ricorrente

d) Sulle cariche del ricorrente in diversi organi e istituzioni

e) Conclusione sullo status del ricorrente come imprenditore di spicco che opera in Siria

f) Sul legame con il regime siriano

5. Sull’associazione con il regime siriano

a) Sul sostegno economico e finanziario fornito al regime siriano

b) Sul vantaggio tratto dal regime siriano

6. Conclusione

C. Conclusione sul ricorso e sugli effetti nel tempo dell’annullamento degli atti impugnati

Sulle spese


*      Lingua processuale: l’inglese.


1 Dati riservati omessi