Language of document : ECLI:EU:C:2024:362

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)

25 aprile 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Contratto di mutuo ipotecario – Clausola che prevede il pagamento delle spese connesse al contratto a carico del consumatore – Decisione giudiziaria definitiva che constata il carattere abusivo di tale clausola e annulla la stessa – Azione di ripetizione delle somme versate in base alla clausola abusiva – Dies a quo del termine di prescrizione dell’azione di ripetizione»

Nella causa C‑561/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna), con decisione del 22 luglio 2021, pervenuta in cancelleria il 10 settembre 2021, nel procedimento

GP,

BG

contro

Banco Santander SA,

LA CORTE (Nona Sezione),

composta da O. Spineanu-Matei, presidente di sezione, S. Rodin (relatore) e L.S. Rossi, giudici,

avvocato generale: A.M. Collins

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il Banco Santander SA, da M.Á. Cepero Aránguez e M. García‑Villarrubia Bernabé, abogados;

–        per il governo spagnolo, da A. Ballesteros Panizo e A. Pérez-Zurita Gutiérrez, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Rocchitta, avvocato dello Stato;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna e S. Żyrek, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da J. Baquero Cruz e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra GP e BG, due consumatori, e il Banco Santander SA, un istituto di credito, in merito a una domanda di ripetizione di somme pagate sulla base di una clausola contrattuale il cui carattere abusivo è stato accertato con una decisione giudiziaria passata in giudicato.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 dispone quanto segue:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

4        L’articolo 7, paragrafo 1, di detta direttiva è così formulato:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

 Diritto spagnolo

5        Il Código Civil (codice civile), nella versione applicabile al procedimento principale (il prosieguo: il «codice civile»), all’articolo 1303 così dispone:

«In caso di dichiarazione di nullità di un’obbligazione, i contraenti devono reciprocamente restituire ciò che ha costituito l’oggetto del contratto, con i relativi frutti, nonché il prezzo, inclusi gli interessi, fatti salvi gli articoli seguenti».

6        L’articolo 1896, primo comma, del codice civile prevede quanto segue:

«Chi accetta un pagamento indebito, qualora abbia agito in malafede, deve pagare gli interessi legali sul capitale oppure i frutti percepiti o da percepire qualora la cosa ricevuta li produca».

7        Ai sensi dell’articolo 1964 di tale codice, nella sua versione applicabile al procedimento principale:

«L’azione ipotecaria si prescrive in venti anni e le azioni personali non soggette a un termine particolare di prescrizione si prescrivono in quindici anni».

8        L’articolo 1969 del codice civile è così formulato:

«Il termine di prescrizione di qualsiasi tipo di azione, salvo in caso di specifica disposizione contraria, si computa dal giorno in cui sarebbe stato possibile esercitare l’azione stessa».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

9        Il 29 giugno 1999, i ricorrenti nel procedimento principale hanno stipulato, in qualità di consumatori, con il Banco Santander un contratto di mutuo ipotecario contenente una clausola che poneva a loro carico il pagamento di tutte le spese generate dal contratto (in prosieguo: la «clausola relativa alle spese»).

10      Il 28 ottobre 2017, i ricorrenti nel procedimento principale hanno proposto un ricorso diretto ad ottenere l’annullamento della clausola relativa alle spese e la ripetizione degli importi versati in forza di quest’ultima.

11      Il giudice di primo grado ha dichiarato nulla la clausola relativa alle spese e ha condannato il Banco Santander a pagare ai ricorrenti nel procedimento principale gli importi che essi avevano versato a titolo di spese notarili, catastali e di gestione nonché gli interessi legali su tali importi a partire dalla data in cui erano stati pagati.

12      L’Audiencia Provincial de Barcelona (Corte provinciale di Barcellona, Spagna) ha accolto parzialmente l’appello interposto dal Banco Santander avverso la decisione di primo grado, dichiarando prescritto il credito relativo agli importi versati in forza della clausola relativa alle spese. Infatti, il giudice d’appello ha considerato che il dies a quo del termine di prescrizione dell’azione di ripetizione di tali importi fosse la data in cui i ricorrenti nel procedimento principale avevano effettuato i pagamenti indebiti, vale a dire al momento della conclusione del loro contratto di mutuo ipotecario, nel 1999, e che erano trascorsi più di quindici anni da tale momento.

13      I ricorrenti nel procedimento principale hanno interposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza dell’Audiencia Provincial de Barcelona (Corte provinciale di Barcellona) dinanzi al Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna), giudice del rinvio. A sostegno del loro ricorso, essi sostengono che dalla giurisprudenza della Corte emerge che il dies a quo del termine di prescrizione dell’azione di ripetizione degli importi pagati in forza di una clausola abusiva non può essere fissato al giorno della conclusione del contratto contenente tale clausola.

14      Il giudice del rinvio nutre dubbi quanto al dies a quo del termine di prescrizione di un’azione di ripetizione degli importi versati in forza di una clausola abusiva nel contesto della direttiva 93/13.

15      Secondo tale giudice, far corrispondere il dies a quo di tale termine con la data della decisione giudiziaria che stabilisce il carattere abusivo della clausola contrattuale di cui trattasi e ne dichiara la nullità appare incompatibile con il principio della certezza del diritto poiché, in pratica, tale soluzione conferirebbe all’azione di ripetizione un carattere imprescrittibile. Infatti, poiché il termine di prescrizione di tale azione non può, per ipotesi, iniziare a decorrere fino all’accoglimento dell’azione di nullità di una siffatta clausola e poiché quest’ultima azione è a sua volta imprescrittibile in forza del diritto nazionale, dato che si tratta di una nullità assoluta, il termine di prescrizione dell’azione di ripetizione potrebbe non iniziare mai a decorrere. Inoltre, il principio della certezza del diritto sarebbe gravemente compromesso se ciò desse luogo a reclami relativi a contratti i cui effetti possono eventualmente essere estinti da decenni.

16      In tale contesto, il giudice del rinvio si chiede se il dies a quo del termine di prescrizione dell’azione di ripetizione non debba essere fissato alla data in cui tale giudice ha pronunciato una serie di sentenze uniformi nelle quali ha accertato il carattere abusivo delle clausole che pongono a carico del consumatore il pagamento di tutte le spese relative a un contratto di credito e ha deciso il modo in cui tali spese dovessero essere ripartite dopo l’annullamento di una siffatta clausola. Sarebbe altresì ipotizzabile fissare tale dies a quo alla data di decisioni della Corte che hanno interpretato la direttiva 93/13 nel senso che quest’ultima non osta a che una siffatta azione di ripetizione sia soggetta a un termine di prescrizione, purché sia rispettato il principio di effettività. Tale giudice dubita tuttavia del fatto che un consumatore medio ragionevolmente attento e avveduto sia informato della sua giurisprudenza o di quella della Corte in materia.

17      In considerazione di tali circostanze, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se sia conforme al principio della certezza del diritto interpretare gli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della [direttiva 93/13] nel senso che il termine di prescrizione dell’azione per reclamare quanto pagato in base a una clausola abusiva non inizia a decorrere fino a quando sia stata dichiarata la nullità di detta clausola con sentenza passata in giudicato.

2)      Nel caso in cui tale interpretazione non fosse conforme al principio della certezza del diritto, se sia in contrasto con [gli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1,] della menzionata direttiva un’interpretazione secondo la quale il dies a quo del termine di prescrizione [dell’azione di ripetizione delle somme versate in forza di una clausola abusiva] è la data delle sentenze del Tribunal Supremo (Corte suprema) che hanno fissato la giurisprudenza sugli effetti restitutori [conseguenti all’annullamento di una simile clausola] (sentenze del 23 gennaio 2019).

3)      Nel caso in cui tale interpretazione fosse in contrasto con [gli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13], se sia contraria [agli stessi] un’interpretazione secondo cui il dies a quo del termine di prescrizione [dell’azione di ripetizione delle somme versate in forza di una clausola abusiva] è la data delle sentenze della [Corte] che hanno dichiarato che l’azione di ripetizione può essere soggetta a un termine di prescrizione (fondamentalmente, la [sentenza del 9 luglio 2020, Raiffeisen Bank e BRD Groupe Société Générale (C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:537),] o la [sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578)], che conferma quella precedente)».

 Sulle questioni pregiudiziali

18      In via preliminare, occorre ricordare che la Corte ha già dichiarato che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 va interpretato nel senso che una clausola contrattuale dichiarata abusiva deve essere considerata, in linea di principio, come se non fosse mai esistita, cosicché non può sortire effetti nei confronti del consumatore. Pertanto, l’accertamento giudiziale del carattere abusivo di una clausola del genere, in linea di massima, deve produrre la conseguenza di ripristinare, per il consumatore, la situazione di diritto e di fatto in cui egli si sarebbe trovato in mancanza di detta clausola [sentenze del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 61, nonché del 15 giugno 2023, Bank M. (Conseguenze dell’annullamento del contratto), C‑520/21, EU:C:2023:478, punto 57].

19      Se ne evince che l’obbligo in capo al giudice nazionale di disapplicare una clausola contrattuale abusiva che prescriva il pagamento di somme che si rivelino indebite implica, in linea di principio, un corrispondente effetto restitutorio per quanto riguarda tali somme [sentenze del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 62, nonché del 15 giugno 2023, Banca M. (Conseguenze dell’annullamento del contratto), C‑520/21, EU:C:2023:478, punto 58].

20      L’assenza di tale effetto restitutorio, infatti, potrebbe pregiudicare l’effetto deterrente che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, della stessa, mira a collegare alla dichiarazione del carattere abusivo delle clausole contenute in contratti stipulati tra un consumatore e un professionista [sentenze del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 63, e sentenza del 15 giugno 2023, Banca M. (Conseguenze della risoluzione del contratto), C‑520/21, EU:C:2023:478, punto 58].

21      Invero, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 dispone che gli Stati membri prevedano che le clausole abusive non vincolino il consumatore «alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali» (sentenze del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones, C‑40/08 EU:C:2009:615, punto 57, e del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 64).

22      Cionondimeno, la circostanza che la tutela garantita dalla direttiva 93/13 ai consumatori sia regolata dal diritto nazionale non può modificare la portata né, di riflesso, la sostanza di tale tutela, rimettendo in questione il rafforzamento dell’efficacia di detta tutela tramite adozione di norme uniformi in merito alle clausole abusive, che è stato voluto dal legislatore dell’Unione, come emerge dal decimo considerando della direttiva 93/13 [sentenze del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 65, nonché del 15 giugno 2023, Bank M. (Conseguenze dell’annullamento del contratto), C‑520/21, EU:C:2023:478, punto 60].

23      Di conseguenza, per quanto spetti agli Stati membri, mediante le loro legislazioni nazionali, definire le modalità per dichiarare il carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto nonché le modalità con cui si realizzano i concreti effetti giuridici di tale dichiarazione, quest’ultima deve tuttavia consentire di ripristinare, per il consumatore, la situazione di diritto e di fatto in cui egli si sarebbe trovato se tale clausola abusiva non fosse esistita, fondando, in particolare, un diritto alla ripetizione dei benefici che il professionista abbia indebitamente acquisito a discapito del consumatore avvalendosi di tale clausola abusiva [sentenze del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 66, nonché del 15 giugno 2023, Bank M. (Conseguenze dell’annullamento del contratto), C‑520/21, EU:C:2023:478, punto 61].

 Sulla prima questione

24      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nonché il principio della certezza del diritto debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che il termine di prescrizione di un’azione di ripetizione di spese pagate dal consumatore in forza di una clausola di un contratto stipulato con un professionista il cui carattere abusivo sia stato accertato con decisione giudiziaria definitiva emessa successivamente al pagamento di tali spese inizi a decorrere dalla data di tale decisione.

25      Occorre ricordare che, conformemente a una giurisprudenza costante, in assenza di una disciplina specifica dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro, in virtù del principio dell’autonomia procedurale, stabilire le modalità processuali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, a condizione tuttavia che esse non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (sentenza del 22 aprile 2021, Profi Credit Slovakia, C‑485/19, EU:C:2021:313, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

26      Per quanto riguarda il principio di effettività, l’unico in discussione nel presente procedimento, si deve osservare che ciascun caso in cui si pone la questione se una disposizione processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta disposizione nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo, si devono considerare, se necessario, i principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

27      Inoltre, la Corte ha precisato che l’obbligo per gli Stati membri di garantire l’effettività dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione implica, segnatamente per i diritti derivanti dalla direttiva 93/13, un requisito di tutela giurisdizionale effettiva, sancita parimenti dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che vale, tra l’altro, per quanto riguarda la definizione delle modalità procedurali relative alle azioni giudiziarie fondate su siffatti diritti (sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

28      Per quanto riguarda l’analisi delle caratteristiche di un termine di prescrizione, come quello di cui al procedimento principale, la Corte ha precisato che siffatta analisi deve vertere sulla durata di tale termine e sulle modalità della sua applicazione, ivi compreso l’evento considerato per dare inizio al computo di detto termine (sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

29      Sebbene la Corte abbia dichiarato che una domanda proposta dal consumatore ai fini dell’accertamento del carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto stipulato tra quest’ultimo e un professionista non può essere sottoposta a un qualsivoglia termine di prescrizione (sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 38 e giurisprudenza ivi citata), essa ha precisato che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non ostano a una normativa nazionale che assoggetta a un termine di prescrizione l’azione di tale consumatore volta a far valere gli effetti restitutori di tale dichiarazione, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività (v., in tale senso, sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

30      Pertanto, si deve ritenere che l’opposizione di un termine di prescrizione alle domande di natura restitutoria, proposte da consumatori al fine di far valere diritti che essi traggono dalla direttiva 93/13, non sia, di per sé, contraria al principio di effettività, purché la sua applicazione non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti da tale direttiva (sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

31      Per quanto concerne la durata del termine di prescrizione al quale è soggetta una domanda introdotta da un consumatore ai fini della ripetizione di somme indebitamente versate sul fondamento di clausole abusive ai sensi della direttiva 93/13, va rilevato che la Corte ha già avuto occasione di pronunciarsi, in particolare nelle sentenze del 9 luglio 2020, Raiffeisen Bank e BRD Groupe Société Générale (C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:537, punti 62 e 64), del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punto 87), e dell’8 settembre 2022, D.B.P. e a. (Credito ipotecario espresso in valute estere) (da C‑80/21 a C‑82/21, EU:C:2022:646, punto 92), sulla compatibilità con il principio di effettività di termini di prescrizione rispettivamente di tre, cinque e dieci anni, che erano stati opposti ad azioni dirette a far valere gli effetti restitutori di una dichiarazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale, poiché simili termini, sempreché siano stabiliti e conosciuti anticipatamente, sono sufficienti per consentire al consumatore interessato di preparare e formare un ricorso effettivo.

32      Di conseguenza deve affermarsi che, purché sia stabilito e conosciuto in anticipo, un termine di prescrizione di quindici anni, come quello di cui al procedimento principale, opposto ad una domanda presentata da un consumatore ai fini della ripetizione di importi indebitamente versati, sulla base di clausole abusive ai sensi della direttiva 93/13, non appare tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dalla direttiva 93/13. Un termine di una durata del genere infatti è, in linea di principio, materialmente sufficiente per consentire al consumatore la preparazione e la presentazione di un ricorso effettivo al fine di fare valere i diritti conferitigli dalla suddetta direttiva, e ciò segnatamente sotto forma di richieste, di natura restitutoria, fondate sul carattere abusivo di una clausola contrattuale [v., per analogia, sentenza dell’8 settembre 2022, D.B.P. e a. (Credito ipotecario espresso in valute estere), da C‑80/21 a C‑82/21, EU:C:2022:646, punto 93].

33      Tuttavia, si deve tenere conto della situazione di inferiorità del consumatore rispetto al professionista sia per quanto riguarda il potere nelle trattative sia rispetto al grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni previamente predisposte dal professionista, senza poter incidere sul contenuto delle stesse. Del pari, occorre ricordare che i consumatori possono ignorare il carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto di mutuo ipotecario o non conoscere la portata dei loro diritti derivanti dalla direttiva 93/13 (v., in tale senso, sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

34      In tale contesto, la Corte ha statuito che l’applicazione di un termine di prescrizione che inizia a decorrere dalla conclusione del contratto, qualora implichi che il consumatore possa chiedere la ripetizione dei pagamenti effettuati in esecuzione di una clausola contrattuale giudicata abusiva solo nei primi cinque anni successivi alla firma del contratto, indipendentemente dalla questione se egli fosse o potesse ragionevolmente essere a conoscenza del carattere abusivo di tale clausola, è tale da rendere eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti di tale consumatore riconosciuti dalla direttiva 93/13 e, pertanto, da violare il principio di effettività letto in combinato disposto con il principio della certezza del diritto (v., in tale senso, sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C 224/19 e C 259/19, EU:C:2020:578, punto 91; v. altresì, per analogia, sentenza del 22 aprile 2021, Profi Credit Slovakia, C‑485/19, EU:C:2021:313, punto 63).

35      Per contro, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, alla data in cui la decisione che accerta il carattere abusivo della clausola contrattuale di cui trattasi e ne dichiara la nullità per tale motivo è divenuta definitiva, il consumatore ha una conoscenza certa dell’irregolarità della clausola in questione. In linea di principio, pertanto, è a partire da tale data che detto consumatore è in grado di far valere utilmente i diritti conferitigli dalla direttiva 93/13 e che, quindi, può decorrere il termine di prescrizione dell’azione di ripetizione, il cui obiettivo principale è il ripristino della situazione di diritto e di fatto del consumatore in cui questi si sarebbe trovato in mancanza di detta clausola, come risulta dai punti 18 e 23 della presente sentenza.

36      In tale momento, infatti, trattandosi di una decisione giudiziaria avente forza di cosa giudicata e di cui il consumatore interessato è destinatario, quest’ultimo è posto in condizione di venire a conoscenza del carattere abusivo di detta clausola e di valutare egli stesso l’opportunità di proporre un’azione di ripetizione delle somme versate in forza della stessa clausola entro il termine impartito dal diritto nazionale o, se il diritto processuale nazionale lo prevede, la decisione giudiziaria definitiva relativa alla nullità della clausola abusiva consente al giudice di accogliere l’azione di ripetizione che ne è il corollario.

37      Pertanto, un termine di prescrizione il cui dies a quo sia quello della data in cui diviene definitiva la decisione che accerta il carattere abusivo di una clausola contrattuale e che per tale ragione annulla la stessa è compatibile con il principio di effettività, giacché il consumatore ha la possibilità di conoscere i suoi diritti prima che detto termine inizi a decorrere o scada (v., in tale senso, sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

38      Tuttavia, occorre precisare che, sebbene, come risulta dalla giurisprudenza ricordata al punto 34 della presente sentenza, la direttiva 93/13 osti a che il termine di prescrizione dell’azione di ripetizione delle somme pagate da un consumatore in forza di una clausola contrattuale abusiva possa iniziare a decorrere indipendentemente dalla questione se tale consumatore fosse o potesse ragionevolmente essere a conoscenza del carattere abusivo della clausola in parola, la direttiva di cui trattasi non osta a che il professionista abbia la facoltà di provare che detto consumatore era o poteva ragionevolmente essere a conoscenza di tale fatto prima della pronuncia di una sentenza di nullità della clausola stessa.

39      Infine, nella misura in cui il giudice del rinvio si chiede se il fatto di fissare il dies a quo di tale termine di prescrizione in detto momento non sia tale da essere in contrasto con il principio di certezza del diritto, dato che esso pone il professionista in una situazione di incertezza in merito alla data di decorrenza del termine stesso, occorre ricordare che i termini di prescrizione mirano effettivamente a garantire la certezza del diritto (v., in tale senso, sentenza del 9 luglio 2020, Raiffeisen Bank e BRD Groupe Société Générale, C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:537, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

40      Tuttavia, come sottolineato, in sostanza, dal governo polacco nelle sue osservazioni scritte, inserendo una clausola abusiva in un contratto concluso con un consumatore, il professionista crea esso stesso una situazione che la direttiva 93/13 vieta e tende ad evitare, approfittando della sua posizione di superiorità per imporre unilateralmente ai consumatori obblighi contrattuali non conformi ai requisiti di buona fede imposti da tale direttiva, e creare così un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi contrattuali tra le parti a danno dei consumatori.

41      In ogni caso, come si evince dal punto 38 della presente sentenza, il professionista ha la facoltà di provare che il consumatore era o avrebbe potuto ragionevolmente essere a conoscenza del carattere abusivo della clausola in questione prima della pronuncia di una sentenza di nullità della stessa, producendo prove specifiche relative ai suoi rapporti con tale consumatore conformemente al regime probatorio nazionale applicabile.

42      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nonché il principio della certezza del diritto devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che il termine di prescrizione di un’azione di ripetizione di spese pagate dal consumatore in forza di una clausola contrattuale il cui carattere abusivo sia stato accertato con decisione giudiziaria definitiva emessa successivamente al pagamento di tali spese inizi a decorrere dalla data in cui detta decisione è divenuta definitiva, fatta salva la facoltà, per il professionista, di provare che il suddetto consumatore era o poteva ragionevolmente essere a conoscenza del carattere abusivo della clausola di cui trattasi prima della pronuncia della decisione stessa.

 Sulla seconda questione

43      Con la sua seconda questione, letta alla luce delle indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che il termine di prescrizione di un’azione di ripetizione di spese pagate dal consumatore in forza di una clausola di un contratto concluso con un professionista il cui carattere abusivo sia stato accertato con decisione giudiziaria definitiva emessa successivamente al pagamento di tali spese inizi a decorrere dalla data anteriore in cui il giudice supremo nazionale ha pronunciato, in procedimenti diversi, sentenze che dichiarano abusive clausole standardizzate corrispondenti alla clausola di cui trattasi di tale contratto.

44      Sebbene il giudice del rinvio ponga tale questione nell’ipotesi in cui la fissazione del dies a quo di detto termine di prescrizione alla data della decisione giudiziaria definitiva che ha accertato il carattere abusivo della clausola contrattuale di cui trattasi e che l’ha annullata a tale titolo non fosse stata conforme all’articolo 6, paragrafo 1, e all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, occorre tuttavia rispondervi, alla luce della risposta alla prima questione. Infatti, poiché quest’ultima riserva la facoltà, per il professionista, di provare che il consumatore era o poteva ragionevolmente essere a conoscenza del carattere abusivo di tale clausola prima della pronuncia di detta decisione, occorre fornire al giudice del rinvio taluni elementi di interpretazione al riguardo, che appaiono utili alla soluzione della controversia di cui è investito.

45      Alla luce della giurisprudenza citata in via preliminare e nell’ambito della risposta della Corte alla prima questione, la fissazione del dies a quo del termine di prescrizione di un’azione di ripetizione di spese pagate sulla base di una clausola contrattuale, il cui carattere abusivo sia stato successivamente accertato giudizialmente, alla data in cui il giudice supremo nazionale ha pronunciato sentenze che dichiarano abusive clausole standardizzate corrispondenti a tale clausola contrattuale non può, in linea di principio, essere compatibile con il principio di effettività.

46      Come emerge dalla giurisprudenza citata ai punti 18 e 23 della presente sentenza, infatti, la direttiva 93/13 mira a di ripristinare, per il consumatore, la situazione di diritto e di fatto in cui egli si sarebbe trovato in mancanza di una clausola contrattuale abusiva, in particolare stabilendo un diritto alla restituzione dei benefici che il professionista ha indebitamente acquisito a discapito del consumatore avvalendosi di tale clausola.

47      Orbene, la fissazione del dies a quo del termine di prescrizione di un’azione di ripetizione di spese pagate da un consumatore, sulla base di una clausola contrattuale abusiva, alla data in cui il giudice supremo nazionale abbia pronunciato sentenze che dichiarano abusive clausole standardizzate corrispondenti alla clausola ripresa nel contratto controverso consentirebbe al professionista, in molteplici casi, di conservare le somme indebitamente acquisite a discapito del consumatore in forza della clausola abusiva, il che sarebbe incompatibile con il requisito derivante dalla giurisprudenza ricordata al punto 34 della presente sentenza, secondo la quale tale dies a quo non può essere fissato indipendentemente dalla questione se lo stesso consumatore fosse o potesse ragionevolmente essere a conoscenza del carattere abusivo di quest’ultima clausola su cui si fonda il diritto alla ripetizione e senza far gravare sul professionista un obbligo di diligenza e di informazione nei confronti del consumatore, aggravando così la situazione di inferiorità di quest’ultimo che la direttiva 93/13 mira ad ovviare.

48      Inoltre, in assenza di un obbligo di informazione a tal riguardo in capo al professionista, non può presumersi che il consumatore possa ragionevolmente essere a conoscenza del fatto che una clausola contenuta nel suo contratto rivesta una portata equivalente a una clausola standardizzata il cui carattere abusivo è stato accertato dal giudice supremo nazionale.

49      Infatti, sebbene la giurisprudenza di un giudice supremo nazionale di uno Stato membro possa consentire a un consumatore medio di rendersi conto del carattere abusivo di una clausola standard inserita nel suo contratto con un professionista, a condizione che essa sia sufficientemente pubblicizzata, non può attendersi che tale consumatore, che la direttiva 93/13 mira a proteggere in considerazione della sua posizione di inferiorità rispetto al professionista, intraprenda iniziative aventi il carattere di una ricerca giuridica [v., in tale senso, sentenza del 13 luglio 2023, (Riferimento a un indice ufficiale), C‑265/22, EU:C:2023:578, punto 60].

50      Inoltre, occorre al riguardo sottolineare che una siffatta giurisprudenza nazionale non è necessariamente tale da consentire ipso facto di dichiarare abusive tutte le clausole di questo tipo incluse in tutti i contratti tra un professionista e un consumatore nello Stato membro di cui trattasi. Qualora una clausola standardizzata sia stata dichiarata abusiva dal giudice supremo nazionale, occorre ancora, in linea di principio, determinare caso per caso in quale misura una clausola inserita in un contratto in particolare equivalga a tale clausola standardizzata e debba essere giudicata abusiva allo stesso titolo di quest’ultima.

51      Infatti, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, l’esame del carattere eventualmente abusivo di una clausola di un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, che implica di stabilire se essa determini, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti del contratto, deve essere effettuato facendo riferimento, in particolare, a tutte le circostanze che accompagnano la conclusione di quest’ultimo. Un siffatto esame caso per caso risulta tanto più importante in quanto il carattere abusivo di una clausola può risultare da una mancanza di trasparenza di quest’ultima. In linea di principio, pertanto, il carattere abusivo di una specifica clausola contrattuale non può essere presunto, poiché una siffatta qualificazione può dipendere dalle specifiche circostanze della conclusione di ciascun contratto e, in particolare, dalle informazioni particolari fornite da ciascun professionista a ciascun consumatore.

52      Dalle suesposte considerazioni si evince che non può pretendersi da un consumatore medio ragionevolmente attento e avveduto non solo che si tenga regolarmente informato, di propria iniziativa, delle decisioni del giudice supremo nazionale relative alle clausole standardizzate contenute nei contratti della stessa natura di quelli che egli abbia eventualmente stipulato con dei professionisti, ma anche che determini, sulla base di una sentenza di un giudice supremo nazionale, se clausole come quelle inserite in uno specifico contratto siano abusive.

53      Inoltre, sarebbe in contrasto con la direttiva 93/13 il fatto di consentire al professionista di beneficiare della sua passività di fronte a tale illegittimità constatata dal giudice supremo nazionale. Infatti, in circostanze come quelle del procedimento principale, il professionista, nella sua qualità di istituto bancario, dispone di norma di un servizio giuridico specializzato in materia, che ha redatto il contratto di cui trattasi in tale procedimento, che è in grado di seguire l’evoluzione della giurisprudenza di detto giudice e di trarne le conclusioni riguardanti i contratti già conclusi dall’istituto in questione. Un simile istituto bancario dispone anche, in genere, di un servizio clienti che possiede tutte le informazioni necessarie per contattare agevolmente i clienti interessati.

54      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che il termine di prescrizione di un’azione di ripetizione di spese pagate dal consumatore in forza di una clausola di un contratto concluso con un professionista il cui carattere abusivo sia stato accertato con decisione giudiziaria definitiva emessa successivamente al pagamento di tali spese inizi a decorrere dalla data anteriore in cui il giudice supremo nazionale ha pronunciato, in procedimenti diversi, sentenze che dichiarano abusive clausole standardizzate corrispondenti alla clausola di cui trattasi di detto contratto.

 Sulla terza questione

55      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che il termine di prescrizione di un’azione di ripetizione di spese pagate dal consumatore in forza di una clausola di un contratto concluso con un professionista il cui carattere abusivo sia stato accertato con decisione giudiziaria definitiva decorra dalla data di talune sentenze della Corte che hanno confermato, in linea di principio, la conformità al diritto dell’Unione di termini di prescrizione per le azioni di ripetizione, purché rispettino i principi di equivalenza e di effettività.

56      Al pari della seconda questione, la terza questione deve essere risolta in senso affermativo, in quanto il dies a quo ivi considerato è analogo a quello di cui alla seconda questione.

57      Infatti, i motivi, esposti ai punti 47 e 48 della presente sentenza, che inducono a ritenere che la pronuncia di sentenze di un giudice supremo nazionale che accertano il carattere abusivo di talune clausole standardizzate non possa implicare, di per sé, che un consumatore sia o possa ragionevolmente essere a conoscenza del carattere abusivo di una clausola simile di un contratto che ha stipulato con un professionista valgono, mutatis mutandis, nel caso di decisioni della Corte che statuiscono in via pregiudiziale sull’interpretazione del diritto dell’Unione.

58      Occorre inoltre rilevare che, sebbene le decisioni della Corte che statuiscono in via pregiudiziale sull’interpretazione del diritto dell’Unione beneficino di una pubblicità idonea a facilitarne l’accesso, anche per i consumatori, la Corte non si pronuncia sul carattere abusivo di clausole particolari e lascia sistematicamente il loro esame concreto alla valutazione del giudice nazionale, poiché tale esame non rientra, in linea di principio, nella competenza della Corte (v., in tale senso, sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

59      Ne consegue che un consumatore, ancorché direttamente interessato dal procedimento principale, non può dedurre da una siffatta decisione della Corte alcuna certezza circa il carattere abusivo di una clausola contrattuale contenuta in un contratto che egli ha concluso con un professionista, cosicché le sentenze della Corte citate dal giudice del rinvio non possono essere considerate una fonte di informazione per il consumatore medio sul carattere abusivo di una specifica clausola contrattuale.

60      In ogni caso, nelle sentenze del 9 luglio 2020, Raiffeisen Bank e BRD Groupe Société Générale (C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:537), e del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578), più specificamente menzionate dal giudice del rinvio nella sua terza questione, la Corte si è limitata a dichiarare che la direttiva 93/13 non osta in linea di principio a che la proposizione dell’azione diretta a far valere gli effetti restitutori dell’accertamento della nullità di una clausola contrattuale abusiva sia soggetta a un termine di prescrizione, sempreché tale termine non sia meno favorevole rispetto a quello relativo a ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione, in particolare dalla direttiva 93/13 (principio di effettività). Inoltre, nella prima delle sentenze citate, la Corte ha dichiarato che tale direttiva osta a un termine di prescrizione di tre anni decorrente dalla data dell’esecuzione integrale di un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, qualora si presuma, senza che sia necessario verificarlo, che, a tale data, il consumatore avrebbe dovuto avere conoscenza del carattere abusivo della clausola di cui trattasi o qualora, per azioni analoghe, fondate su determinate disposizioni del diritto interno, tale stesso termine inizi a decorrere soltanto a partire dall’accertamento giudiziale della causa di tali azioni.

61      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che il termine di prescrizione di un’azione di ripetizione di spese pagate dal consumatore in forza di una clausola di un contratto stipulato con un professionista il cui carattere abusivo sia stato accertato con decisione giudiziaria definitiva decorra dalla data di talune sentenze della Corte che hanno confermato, in linea di principio, la conformità al diritto dell’Unione di termini di prescrizione per le azioni di ripetizione, purché questi rispettino i principi di equivalenza e di effettività.

 Sulle spese

62      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, nonché il principio della certezza del diritto

devono essere interpretati nel senso che:

essi non ostano a che il termine di prescrizione di un’azione di ripetizione di spese pagate dal consumatore in forza di una clausola contrattuale il cui carattere abusivo sia stato accertato con decisione giudiziaria definitiva emessa successivamente al pagamento di tali spese inizi a decorrere dalla data in cui detta decisione è divenuta definitiva, fatta salva la facoltà, per il professionista, di provare che il suddetto consumatore era o poteva ragionevolmente essere a conoscenza del carattere abusivo della clausola di cui trattasi prima della pronuncia della decisione stessa.

2)      L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13

devono essere interpretati nel senso che:

essi ostano a che il termine di prescrizione di un’azione di ripetizione di spese pagate dal consumatore in forza di una clausola di un contratto concluso con un professionista il cui carattere abusivo sia stato accertato con decisione giudiziaria definitiva emessa successivamente al pagamento di tali spese inizi a decorrere dalla data anteriore in cui il giudice supremo nazionale ha pronunciato, in procedimenti diversi, sentenze che dichiarano abusive clausole standardizzate corrispondenti alla clausola di cui trattasi di detto contratto.

3)      L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13

devono essere interpretati nel senso che:

essi ostano a che il termine di prescrizione di un’azione di ripetizione di spese pagate dal consumatore in forza di una clausola di un contratto stipulato con un professionista il cui carattere abusivo sia stato accertato con decisione giudiziaria definitiva decorra dalla data di talune sentenze della Corte che hanno confermato, in linea di principio, la conformità al diritto dell’Unione di termini di prescrizione per le azioni di ripetizione, purché questi rispettino i principi di equivalenza e di effettività.

Firme


*      Lingua processuale: lo spagnolo.