Language of document : ECLI:EU:T:2022:836

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

21 dicembre 2022 (*)

«Dumping – Importazioni di determinati alcoli polivinilici originari della Cina – Dazi antidumping definitivi – Esenzione di importazioni oggetto di un uso particolare – Ricorso di annullamento – Separabilità – Atto regolamentare che comporta misure di esecuzione – Incidenza diretta – Atto impugnabile – Ricevibilità – Articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento (UE) 2016/1036 – Dazio imposto senza discriminazione – Parità di trattamento»

Nella causa T‑746/20,

Grünig KG, con sede in Bad Kissingen (Germania), rappresentata da Y. Melin e I. Fressynet, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da K. Blanck, G. Luengo e M. Gustafsson, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata),

composto, al momento della deliberazione, da R. da Silva Passos, presidente, V. Valančius, I. Reine, L. Truchot (relatore) e M. Sampol Pucurull, giudici,

cancelliere: H. Eriksson, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 9 giugno 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con ricorso presentato ai sensi dell’articolo 263 TFUE, la Grünig KG, ricorrente, chiede l’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione (UE) 2020/1336 della Commissione, del 25 settembre 2020, che istituisce dazi antidumping definitivi sulle importazioni di determinati alcoli polivinilici originari della Repubblica popolare cinese (GU 2020, L 315, pag. 1).

I.      Fatti

2        Il 25 settembre 2020, la Commissione europea ha adottato il regolamento di esecuzione 2020/1336.

3        Con l’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 2020/1336, la Commissione ha imposto i dazi antidumping menzionati al precedente punto 1.

4        Con l’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336, la Commissione ha introdotto un’esenzione dall’imposizione di tali dazi (in prosieguo: l’«esenzione in questione»). Tale disposizione prevede quanto segue:

«I prodotti di cui al paragrafo 1 sono esentati dal dazio antidumping definitivo se importati per la fabbricazione di adesivi a miscela secca prodotti e venduti in polvere per l’industria del cartone. Tali prodotti sono vincolati al regime di uso finale di cui all’articolo 254 del regolamento (UE) n. 952/2013 al fine di dimostrare che sono importati esclusivamente per il suddetto uso».

5        Al punto 6.3.4, intitolato «Produttori di adesivi», della parte del regolamento di esecuzione 2020/1336 dedicata all’interesse dell’Unione europea, la Commissione ha esposto i motivi per i quali aveva deciso di esentare dai dazi antidumping definitivi imposti da detto regolamento le importazioni di determinati alcoli polivinilici (in prosieguo: il «PVA»). L’esenzione in questione, che si applica ai produttori di adesivi a miscela secca, mira a tutelare i loro interessi dagli effetti negativi che l’imposizione di tali dazi potrebbe avere sulla loro situazione.

6        La ricorrente è una società con sede in Germania che importa PVA e produce adesivi liquidi a partire dal PVA.

II.    Conclusioni delle parti

7        La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare l’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336;

–        condannare la Commissione alle spese.

8        La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

III. In diritto

9        Poiché la Commissione ha sollevato diverse eccezioni di irricevibilità, occorre esaminare la ricevibilità del ricorso.

A.      Sulla ricevibilità

10      Per concludere nel senso dell’irricevibilità del ricorso, anzitutto, la Commissione sostiene, in primo luogo, che l’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336 non è separabile dal resto di detto regolamento; in secondo luogo, che tale regolamento comporta misure di esecuzione e, in terzo luogo, che quest’ultimo non riguarda la ricorrente né direttamente né individualmente.

11      La Commissione sostiene inoltre che la ricorrente non può far valere il diritto a un ricorso effettivo per dimostrare la propria legittimazione ad agire.

12      Infine, la Commissione deduce, qualora il Tribunale dovesse ritenere che la ricorrente sia direttamente interessata dall’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336, che tale disposizione non è un atto impugnabile.

13      La ricorrente sostiene che il suo ricorso è ricevibile.

1.      Sulla separabilità dellarticolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336

14      Discende da una giurisprudenza costante della Corte che l’annullamento parziale di un atto dell’Unione è possibile solo quando gli elementi di cui è chiesto l’annullamento sono separabili dal resto dell’atto. A tal riguardo, la Corte ha ripetutamente dichiarato che il menzionato requisito non era soddisfatto quando l’annullamento parziale di un atto avrebbe avuto l’effetto di modificare la sostanza dell’atto medesimo (v. sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld Consiglio, C‑204/16 P, EU:C:2017:838, punto 36 e giurisprudenza citata).

15      Inoltre, la verifica della separabilità di parti di un atto dell’Unione presuppone l’esame della portata delle stesse, al fine di poter valutare se il loro annullamento modificherebbe lo spirito e la sostanza di detto atto (v. sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio, C‑204/16 P, EU:C:2017:838, punto 37 e giurisprudenza citata).

16      Nel caso di specie, la ricorrente chiede l’annullamento del solo articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336 (v. punto 7 supra), che prevede l’esenzione in questione.

17      Una siffatta esenzione, nella misura in cui prevede un’eccezione a una norma che impone dazi antidumping, è, in linea di principio, separabile dal regolamento che stabilisce tale norma.

18      Nella sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio (C‑204/16 P, EU:C:2017:838, punti da 44 a 53), invocata dalla Commissione, la Corte ha fornito indicazioni che consentono di definire le ipotesi in cui un’esenzione dai dazi antidumping potrebbe non essere separabile dal regolamento che impone tali dazi.

19      Nella causa all’origine della sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio (C‑204/16 P, EU:C:2017:838), si controverteva sul regolamento di esecuzione (UE) n. 1238/2013 del Consiglio, del 2 dicembre 2013, che istituisce un dazio antidumping definitivo e riscuote definitivamente il dazio provvisorio sulle importazioni di moduli fotovoltaici in silicio cristallino e delle loro componenti essenziali (celle) originari o provenienti dalla Repubblica popolare cinese (GU 2013, L 325, pag. 1).

20      La Corte ha dichiarato che l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1238/2013, che prevedeva che le importazioni di determinati prodotti fatturati da società i cui impegni erano stati accettati dalla Commissione fossero esenti dai dazi antidumping istituiti dall’articolo 1 del suddetto regolamento, non era separabile dal resto delle disposizioni di tale regolamento e, in particolare, da quelle che prevedevano l’imposizione di suddetti dazi (sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio, C‑204/16 P, EU:C:2017:838, punto 55).

21      La Corte ha considerato che, sebbene, formalmente, l’imposizione dei dazi apparisse costituire la regola e l’esenzione dai dazi in applicazione di un impegno un’eccezione, in realtà le due disposizioni in questione costituivano misure alternative e complementari che miravano a un medesimo risultato (sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio, C‑204/16 P, EU:C:2017:838, punti da 44 a 53).

22      Per giungere a questa conclusione, la Corte si è basata su un complesso di indizi. In primo luogo, ha constatato l’identità degli obiettivi perseguiti tanto dalla misura che imponeva dazi quanto da quella che prevedeva l’esenzione. Pertanto, sia l’imposizione di dazi che l’accettazione di impegni miravano nel caso di specie a eliminare l’effetto pregiudizievole sull’industria dell’Unione del dumping relativo alle importazioni di moduli fotovoltaici in silicio cristallino e delle loro componenti essenziali (sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio, C‑204/16 P, EU:C:2017:838, punti da 44 a 48). In secondo luogo, la Corte ha osservato che le due disposizioni in questione erano complementari. A tal proposito, si è basata sulle conseguenze economiche da esse derivanti (sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio, C‑204/16 P, EU:C:2017:838, punti da 49 a 51). Infine, in terzo luogo, la Corte ha constatato che l’esenzione non aveva carattere eccezionale. A detto proposito, essa ha fatto presente che l’esenzione riguardava il 70% delle importazioni dei prodotti interessati (sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio, C‑204/16 P, EU:C:2017:838, punti 52 e 53).

23      La soluzione adottata dalla Corte nella causa all’origine della sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio (C‑204/16 P, EU:C:2017:838), si basa quindi su una serie di indizi idonei a caratterizzare una situazione particolare in cui ciò che potrebbe, prima facie, apparire come una mera esenzione e, dunque, un’eccezione a una regola, costituisce in realtà una parte indissociabile dell’atto impugnato e, pertanto, non separabile.

24      È quindi necessario, al fine di decidere se l’esenzione in questione sia separabile, stabilire se nel caso di specie sussistano indizi di tale natura.

25      In primo luogo, va ricordato che l’istituzione di dazi antidumping, come quella prevista nel caso di specie dall’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 2020/1336, mira ad eliminare l’effetto pregiudizievole sull’industria dell’Unione del presunto dumping (v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio, C‑204/16 P, EU:C:2017:838, punto 46).

26      Tuttavia, l’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 21; in prosieguo: il «regolamento di base»), consente alla Commissione, al fine di salvaguardare, in particolare, l’interesse degli utenti del prodotto interessato, di non adottare misure antidumping quand’anche siano accertati il dumping e il pregiudizio.

27      Nella fattispecie, l’esenzione in questione, adottata in applicazione dell’articolo 21 del regolamento di base, è intesa, come indicato nel considerando 625 del regolamento di applicazione 2020/1336, a salvaguardare gli interessi di alcuni utilizzatori di PVA, ossia i produttori di adesivi a miscela secca, dagli effetti negativi che l’imposizione dei dazi antidumping potrebbe avere sulla loro situazione.

28      L’obiettivo dell’esenzione in questione è quindi diverso da quello perseguito dall’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 2020/1336, di cui al precedente punto 25, laddove invece, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio (C‑204/16 P, EU:C:2017:838), l’imposizione di dazi antidumping e l’esenzione da tali dazi perseguivano uno stesso obiettivo (v. punto 22 supra).

29      In secondo luogo, nella causa all’origine della sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio (C‑204/16 P, EU:C:2017:838), il Consiglio dell’Unione europea, autore del regolamento impugnato, aveva posto in essere misure di difesa commerciale che costituivano un insieme o «pacchetto», composto da due misure distinte e complementari, una delle quali era l’imposizione di dazi antidumping e l’altra l’esenzione da tali dazi antidumping per le società i cui impegni erano stati accettati dalla Commissione (sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio, C‑204/16 P, EU:C:2017:838, punto 44).

30      Al contrario, nel caso di specie, l’esenzione in questione non è complementare all’imposizione di dazi antidumping, ma accessoria rispetto a tale imposizione.

31      La natura accessoria dell’esenzione in questione rispetto all’imposizione di dazi antidumping risulta evidente dalla collocazione dei considerando relativi all’esenzione in questione all’interno della motivazione del regolamento di esecuzione 2020/1336. I suddetti considerando sono contenuti nell’unica parte del regolamento di esecuzione 2020/1336 dedicata all’interesse dei produttori di adesivi e agli effetti negativi che gli stessi potrebbero subire in seguito all’imposizione di dazi antidumping. La giustificazione dell’esenzione in questione è stata quindi circoscritta dalla Commissione alla sola parte del regolamento di esecuzione 2020/1336 ad essa dedicata, il che è indice della natura accessoria conferitale dalla Commissione.

32      In terzo luogo, al considerando 628 del regolamento di esecuzione 2020/1336, l’esenzione in questione è descritta come concessa «in via eccezionale», essendo il suo regime «rigorosamente limitato agli adesivi a miscela secca [non riguardando] in alcun caso altri prodotti (ad esempio gli adesivi liquidi) fabbricati da produttori di adesivi».

33      A questo proposito, la stessa Commissione, nell’esaminare, al considerando 627 del regolamento di esecuzione 2020/1336, gli effetti dell’eventuale applicazione dell’esenzione in questione, ha osservato che la quota di mercato degli adesivi rappresentava il 17% del consumo dell’Unione e che l’unico produttore di adesivi a miscela secca che si era manifestato rappresentava solo il 4% di tale quota.

34      Al contrario, l’esenzione nella causa all’origine della sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio (C‑204/16 P, EU:C:2017:838), dal momento che si applicava al 70% delle importazioni dei prodotti interessati (v. punto 22 supra), non aveva natura eccezionale.

35      Dalle considerazioni esposte nei precedenti punti da 25 a 34 emerge che nessuno degli indizi considerati dalla Corte nella causa all’origine della sentenza del 9 novembre 2017 nella causa SolarWorld/Consiglio (C‑204/16 P, EU:C:2017:838), e menzionati al punto 22 supra, ricorre nel caso di specie.

36      Inoltre, non vi sono altri indizi risultanti dal fascicolo che consentano di concludere che l’esenzione in questione non costituisca un’eccezione alla regola che prevede l’imposizione di dazi antidumping, bensì una misura alternativa e complementare rispetto a tale regola, che mira ad un medesimo obiettivo (v. punto 21 supra).

37      Di conseguenza, l’esenzione in questione è separabile dalla regola che prevede l’imposizione di dazi antidumping.

38      Va aggiunto che l’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336 non si limita a stabilire, nella prima frase, l’esenzione in questione. La seconda frase di tale testo (v. punto 4 supra) prevede che, in caso di esenzione, il PVA sia vincolato al regime di uso finale di cui all’articolo 254 del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione (GU 2013, L 269, pag. 1), al fine di dimostrare che esso è importato esclusivamente per l’uso menzionato al precedente punto 4.

39      L’unico scopo di quest’ultima disposizione è quello di indicare il regime doganale a cui sono sottoposte le importazioni di PVA che beneficiano dell’esenzione in questione.

40      Poiché l’esenzione in questione, il cui principio è fissato dall’articolo 1, paragrafo 4, prima frase, del regolamento di esecuzione 2020/1336, è separabile dal resto di detto regolamento, la regola che si limita a indicare il regime doganale applicabile ai prodotti che beneficiano di tale esenzione, prevista dalla seconda frase di tale articolo, mutua la sua separabilità da detta esenzione.

41      Pertanto, in considerazione della conclusione di cui al precedente punto 37, l’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336, nella sua interezza, è separabile dalle altre disposizioni di tale regolamento.

42      Tenuto conto delle considerazioni che precedono, gli altri argomenti dedotti dalla Commissione, vale a dire, in primo luogo, la coesistenza dell’imposizione dei dazi antidumping e dell’esenzione in questione nello stesso articolo del regolamento di esecuzione 2020/1336, in secondo luogo, la rarità del ricorso a un’esenzione come quella in questione, in terzo luogo, la motivazione dettagliata relativa all’esenzione in questione, in quarto luogo, il numero di osservazioni presentate da operatori economici durante l’esame della suddetta esenzione, in quinto luogo, le significative conseguenze economiche che l’annullamento di tale esenzione avrebbe per la Cordial, il produttore di adesivi a miscela secca la cui situazione è stata presa in considerazione dalla Commissione nel regolamento di esecuzione 2020/1336, nonché per i suoi clienti, e, in sesto luogo, l’insistenza manifestata dalla Commissione nell’adottare l’atto di cui trattasi nonostante la riluttanza di alcuni Stati membri non sono rilevanti per mettere in discussione la separabilità dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336.

43      L’eccezione di irricevibilità della Commissione deve pertanto essere respinta.

2.      Sulle condizioni di ricevibilità di cui allarticolo 263, quarto comma, TFUE

44      Va ricordato che l’articolo 263, quarto comma, TFUE prevede due ipotesi in cui la legittimazione ad agire è riconosciuta ad una persona fisica o giuridica per proporre ricorso contro un atto di cui essa non sia destinataria. Da un lato, tale ricorso può essere proposto a condizione che l’atto la riguardi direttamente ed individualmente. Dall’altro, questa persona può proporre ricorso contro un atto regolamentare che non comporti misure di esecuzione se esso la riguarda direttamente (sentenze del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punto 19, e del 18 ottobre 2018, Internacional de Productos Metálicos/Commissione, C‑145/17 P, EU:C:2018:839, punto 32).

45      Le condizioni di ricevibilità previste all’articolo 263, quarto comma, TFUE, devono essere interpretate alla luce del diritto fondamentale a una tutela giurisdizionale effettiva, quale sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, senza tuttavia giungere ad escludere l’applicazione di tali condizioni, espressamente previste dal Trattato FUE (v. sentenza del 3 dicembre 2020, Changmao Biochemical Engineering/Distillerie Bonollo e a., C‑461/18 P, EU:C:2020:979, punto 55 e giurisprudenza citata).

46      Nel caso di specie, la ricorrente non è la destinataria del regolamento di esecuzione 2020/1336. La sua legittimazione ad agire può quindi essere riconosciuta solo essa se rientra in una delle due fattispecie menzionate al precedente punto 44.

47      Occorre esaminare la ricevibilità del presente ricorso alla luce della seconda fattispecie menzionata al precedente punto 44.

48      Si deve determinare, in primo luogo, se il regolamento di esecuzione 2020/1336 sia un atto regolamentare, in secondo luogo, se esso comporti o meno misure di esecuzione e, in terzo luogo, se esso incida direttamente sulla situazione della ricorrente.

a)      Sullesistenza di un atto regolamentare

49      Secondo la giurisprudenza, gli atti regolamentari sono atti di portata generale, con l’esclusione degli atti legislativi (sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 61, e ordinanza del 28 ottobre 2020, Sarantos e a./Parlamento e Consiglio, C‑84/20 P, non pubblicata, EU:C:2020:871, punto 29).

50      Occorre stabilire, in primo luogo, se l’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336 abbia portata generale e, in secondo luogo, se detto regolamento non sia un atto legislativo.

51      In primo luogo, dalla sua formulazione si evince che l’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336 ha portata generale, in quanto si applica a situazioni determinate obiettivamente ed implica effetti giuridici nei confronti di una categoria di persone considerata in modo generale e astratto (v. punto 4 supra).

52      La portata generale dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336 è confermata dalla motivazione del regolamento stesso, il cui considerando 630 è del seguente tenore:

«A tale riguardo, la Commissione ha chiarito che l’esenzione [in questione] non è specifica per [la Cordial], ma si applica a tutti i produttori di adesivi a miscela secca in modo non discriminatorio (...)».

53      In secondo luogo, come risulta dai considerando 672 e 673 del regolamento di esecuzione 2020/1336, detto regolamento è stato adottato dalla Commissione dopo che quest’ultima aveva sottoposto il progetto di regolamento in questione al comitato di appello alle condizioni previste dall’articolo 5, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU 2011, L 55, pag. 13).

54      Dalle considerazioni esposte ai precedenti punti da 49 a 53 risulta che il regolamento di esecuzione 2020/1336 non costituisce un atto legislativo, dato che non è stato adottato né con procedura legislativa ordinaria né con procedura legislativa speciale ai sensi dell’articolo 289, paragrafi 1 e 2, TFUE (v., in tal senso, ordinanze del 5 febbraio 2013, BSI/Consiglio, T‑551/11, non pubblicata, EU:T:2013:60, punto 43, e del 14 settembre 2021, Far Polymers e a./Commissione, T‑722/20, non pubblicata, EU:T:2021:598, punto 55).

55      Poiché le due condizioni di cui ai precedenti punti 49 e 50 sono soddisfatte, si deve concludere che il regolamento di esecuzione 2020/1336, il cui articolo 1, paragrafo 4, prevede l’esenzione in questione, ha natura di atto regolamentare. Tale qualificazione non è peraltro contestata dalla Commissione. Occorre quindi esaminare se suddetta esenzione comporti o meno misure di esecuzione.

b)      Sullassenza di misure di esecuzione

56      L’espressione «che non comportano alcuna misura di esecuzione», di cui all’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE, deve essere interpretata alla luce dell’obiettivo di detta disposizione, consistente, come emerge dalla genesi della disposizione summenzionata, nell’evitare che un singolo sia costretto a violare la legge per poter accedere al giudice. Orbene, qualora un atto regolamentare produca direttamente effetti sulla situazione giuridica di una persona fisica o giuridica senza richiedere misure di esecuzione, quest’ultima rischierebbe di essere privata di tutela giurisdizionale effettiva se non disponesse di un rimedio diretto dinanzi al giudice dell’Unione al fine di contestare la legittimità di detto atto regolamentare. Infatti, in assenza di misure di esecuzione, una persona fisica o giuridica, ancorché direttamente interessata dall’atto in questione, non sarebbe in grado di ottenere un controllo giurisdizionale dell’atto se non dopo aver violato le disposizioni dell’atto medesimo facendone valere l’illegittimità nell’ambito dei procedimenti avviati nei suoi confronti dinanzi ai giudici nazionali (sentenze del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punto 27, e del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, in prosieguo: la «sentenza Montessori», EU:C:2018:873, punto 58).

57      Per contro, quando un atto regolamentare comporta misure di esecuzione, il sindacato giurisdizionale sul rispetto dell’ordinamento giuridico dell’Unione è garantito indipendentemente dalla provenienza di dette misure, siano esse misure dell’Unione o misure degli Stati membri. Le persone fisiche o giuridiche che, in considerazione dei requisiti di ricevibilità previsti dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, non possono impugnare direttamente dinanzi al giudice dell’Unione un atto regolamentare dell’Unione sono protette contro l’applicazione, nei loro confronti, di un atto di tal genere, grazie alla possibilità di impugnare le misure di esecuzione che l’atto medesimo comporta (sentenze del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punto 28, nonché del 6 novembre 2018, Montessori, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 59).

58      In materia di dazi antidumping, il sistema doganale istituito dal regolamento n. 952/2013 prevede che la riscossione dei dazi stabiliti da un regolamento come il regolamento d’esecuzione 2020/1336 sia effettuata sulla base delle misure adottate dalle autorità nazionali, che devono essere qualificate come «misure di esecuzione» (v., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 2018, Internacional de Productos Metálicos/Commissione, C‑145/17 P, EU:C:2018:839, punti 59 e 60; del 19 settembre 2019, Trace Sport, C‑251/18, EU:C:2019:766, punto 31, e ordinanza del 5 febbraio 2013, BSI/Consiglio, T‑551/11, non pubblicata, EU:T:2013:60, punti da 45 a 53).

59      Tuttavia, per valutare se un atto regolamentare comporti misure di esecuzione, occorre far esclusivo riferimento all’oggetto del ricorso (sentenze del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punto 31, e del 6 novembre 2018, Montessori, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 61). Inoltre, nel caso in cui la parte ricorrente chieda solamente l’annullamento parziale di un atto, sono solo le misure di esecuzione che tale capo dell’atto eventualmente comporti a dover essere, all’occorrenza, prese in considerazione (sentenza del 18 ottobre 2018, Internacional de Productos Metálicos/Commissione, C‑145/17 P, EU:C:2018:839, punto 53).

60      Orbene, la ricorrente contesta solo l’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336.

61      Di conseguenza, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, non occorre, al fine di determinare se esistano, nel caso di specie, misure di esecuzione, prendere in considerazione le misure di esecuzione che necessariamente comporta, in forza della giurisprudenza citata al precedente punto 58, l’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 2020/1336, che prevede l’imposizione di dazi antidumping (v. punto 3 supra).

62      Inoltre, sempre per valutare se un atto regolamentare comporti misure di esecuzione, occorre far riferimento alla posizione della persona che invoca il diritto di ricorso ex articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE. È quindi irrilevante accertare se l’atto di cui trattasi comporti misure di esecuzione nei confronti di altri singoli (sentenze del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punto 30, e del 6 novembre 2018, Montessori, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 61).

63      Orbene, è pacifico che la ricorrente, che importa PVA al solo fine di produrre adesivo liquido, non può beneficiare dell’esenzione in questione.

64      Di conseguenza, anche ammettendo che il regime di uso finale previsto dall’articolo 254 del regolamento n. 952/2013, cui fa riferimento l’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento d’esecuzione 2020/1336 alla seconda frase (v. punto 4 supra) comporti l’adozione di misure di esecuzione da parte delle autorità nazionali, tali misure non possono applicarsi alla ricorrente.

65      Pertanto, l’argomento della Commissione secondo cui, in primis, la Cordial e gli altri beneficiari dell’esenzione in questione devono ottenere l’autorizzazione delle autorità doganali ai sensi del regolamento n. 952/2013 per poter beneficiare di tale esenzione e, in secondo luogo, tale esenzione è una misura di esecuzione dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336, è irrilevante.

66      È vero che la ricorrente potrebbe chiedere di beneficiare dell’esenzione in questione affinché le autorità doganali interessate le oppongano un rifiuto che essa potrebbe impugnare.

67      Tuttavia, il rifiuto di accogliere una domanda presentata da un ricorrente dinanzi alle autorità nazionali non può essere considerato una misura di esecuzione di un atto dell’Unione laddove si può concludere che sarebbe artificioso obbligare detto ricorrente a presentare una siffatta domanda (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, Montessori, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punti 66 e 67).

68      Orbene, poiché, nel caso di specie, la ricorrente non soddisfa le condizioni previste dal regolamento di esecuzione 2020/1336 per poter beneficiare dell’esenzione in questione, sarebbe artificioso obbligarla a chiedere alle autorità doganali interessate di concederle tale esenzione e a impugnare l’atto di rigetto di detta domanda dinanzi a un organo giurisdizionale nazionale, al fine di indurre quest’ultimo a interrogare la Corte in merito alla validità dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione n. 2020/1336 (v., in tal senso, sentenze del 6 novembre 2018, Montessori, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punti 65 e 66, e del 28 ottobre 2020, Associazione GranoSalus/Commissione, C‑313/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:869, punto 41).

69      Dalle considerazioni esposte nei precedenti punti da 56 a 68 emerge che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, l’esenzione in questione non comporta misure di esecuzione nei confronti della ricorrente.

70      In assenza di misure di esecuzione, è necessario esaminare il requisito dell’incidenza diretta.

c)      Sullincidenza diretta

71      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, il requisito secondo cui una persona fisica o giuridica dev’essere direttamente interessata dalla decisione oggetto del ricorso, requisito previsto all’articolo 263, quarto comma, TFUE, richiede la compresenza di due criteri cumulativi, ossia che la misura contestata, da un lato, produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo e, dall’altro, non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua attuazione, la quale deve avere carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa dell’Unione senza intervento di altre norme intermedie (v., in particolare, sentenze del 5 maggio 1998, Dreyfus/Commissione, C‑386/96 P, EU:C:1998:193, punto 43; del 13 marzo 2008, Commissione/Infront WM, C‑125/06 P, EU:C:2008:159, punto 47, e del 6 novembre 2018, Montessori, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 42).

1)      Sul secondo criterio, relativo all’assenza di potere discrezionale dei destinatari incaricati dell’attuazione della misura contestata

72      Occorre rilevare che il secondo criterio non è pertinente nel caso di una misura che, come nel caso di specie, non comporta misure di esecuzione nei confronti della ricorrente (v., in tal senso, sentenza del 7 luglio 2015, Federcoopesca e a./Commissione, T‑312/14, EU:T:2015:472, punti da 38 a 40).

73      In ogni caso, l’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento di base, intitolato «Disposizioni generali», prevede quanto segue:

«I dazi antidumping provvisori o definitivi sono imposti con regolamento e sono riscossi dagli Stati membri secondo la forma, l’aliquota e gli altri elementi fissati nel regolamento istitutivo (…)».

74      Pertanto, gli Stati membri incaricati dell’attuazione dei regolamenti antidumping non dispongono in linea di principio, di alcun margine di discrezionalità [v., in tal senso, sentenze del 3 dicembre 2020, Changmao Biochemical Engineering/Distillerie Bonollo e a., C‑461/18 P, EU:C:2020:979, punto 59, e del 18 ottobre 2016, Crown Equipment (Suzhou) e Crown Gabelstapler/Consiglio, T‑351/13, non pubblicata, EU:T:2016:616, punto 24].

75      Nel caso di specie, subordinando il beneficio dell’esenzione all’unica condizione che i prodotti in questione siano stati importati per la fabbricazione di adesivi a miscela secca prodotti e venduti in polvere per l’industria del cartone, l’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336 non lascia alcun margine di discrezionalità alle autorità doganali nazionali incaricate della sua attuazione.

76      Per quanto riguarda la norma di cui all’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336 relativa al vincolo del PVA al regime di uso finale di cui all’articolo 254 del regolamento n. 952/2013, la disposizione di cui trattasi, il cui unico scopo è quello di indicare il regime doganale al quale sono vincolate le importazioni di PVA che beneficiano dell’esenzione in questione (v. punto 39 supra), non può, per tale ragione, inficiare la natura puramente automatica dell’esenzione in parola. Inoltre, come si deduce dalla sua stessa formulazione, che non stabilisce alcuna condizione ulteriore per l’applicazione del regime di uso finale se non quella relativa all’esenzione di cui beneficia il PVA, siffatta disposizione non lascia alle autorità doganali nazionali alcun margine di discrezionalità.

77      Pertanto, il secondo dei criteri menzionati al punto 71 supra, peraltro non contestato da nessuna delle parti, è soddisfatto.

2)      Sul primo criterio, relativo agli effetti diretti sulla situazione giuridica della ricorrente

78      A sostegno della ricevibilità del suo ricorso, la ricorrente invoca la sua situazione di utilizzatrice di PVA in concorrenza con i beneficiari dell’esenzione in questione. Per quanto riguarda la condizione dell’incidenza diretta, chiede che il Tribunale applichi nel caso di specie la soluzione adottata dalla Corte in materia di aiuti di Stato nella sentenza del 6 novembre 2018, Montessori (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873). La ricorrente indica che l’esenzione in questione la pone in una situazione concorrenziale di svantaggio nei confronti dei produttori di adesivi a miscela secca.

79      A tal proposito, risulta da costante giurisprudenza che la circostanza secondo la quale un atto dell’Unione pone un operatore economico in una situazione concorrenziale di svantaggio, non consente di per sé di ritenere che detto atto incida sulla situazione giuridica dell’operatore in parola operatore né che, di conseguenza, esso sia direttamente interessato dall’atto (v., in tal senso, sentenze del 28 aprile 2015, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione, C‑456/13 P, EU:C:2015:284, punti 34, 36 e 37; del 17 settembre 2015, Confederazione Cooperative Italiane e a./Anicav e a., C‑455/13 P, C‑457/13 P e C‑460/13 P, non pubblicata, EU:C:2015:616, punti da 47 a 49, e del 28 febbraio 2019, Consiglio/Growth Energy e Renewable Fuels Association, C‑465/16 P, EU:C:2019:155, punto 81).

80      Tuttavia, al punto 43 della sentenza del 6 novembre 2018, Montessori (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873), la Corte ha dichiarato che una decisione della Commissione adottata in materia di aiuti di Stato e idonea a porre un operatore economico in una situazione concorrenziale di svantaggio, giacché lasciava impregiudicati gli effetti di una misura nazionale favorevole ai suoi concorrenti, poteva essere considerata tale da incidere direttamente sulla situazione giuridica di detto operatore.

81      Come risulta dai punti 43 e 52 della sentenza del 6 novembre 2018, Montessori (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873), la Corte ha fondato la soluzione adottata sulla constatazione secondo cui le norme in materia di aiuti di Stato avevano l’obiettivo di preservare la concorrenza e secondo cui le disposizioni del Trattato FUE in materia facevano sorgere un diritto in capo al concorrente di un’impresa che beneficiava di una misura nazionale a non subire una concorrenza falsata da una siffatta misura.

82      Orbene, in materia di antidumping, l’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento di base dispone quanto segue:

«Per decidere se sia necessario intervenire nell’interesse dell’Unione sono valutati i diversi interessi nel loro complesso, compresi quelli dell’industria dell’Unione, degli utenti e dei consumatori. Una decisione a norma del presente articolo può essere adottata unicamente se tutte le parti hanno avuto la possibilità di comunicare le loro osservazioni a norma del paragrafo 2. Inoltre, per valutare l’interesse dell’Unione è presa in particolare considerazione l’esigenza di eliminare gli effetti del dumping in termini di distorsioni degli scambi e di ripristinare una concorrenza effettiva. Le misure stabilite in base al dumping e al pregiudizio accertati possono non essere applicate se le autorità, alla luce delle informazioni presentate, concludono che l’applicazione di tali misure non è nell’interesse dell’Unione».

83      In base alla disposizione in parola, le autorità dell’Unione, segnatamente la Commissione, prima di adottare misure antidumping, devono stabilire se l’adozione di tali misure sia nell’interesse dell’Unione. La Commissione può quindi decidere di non adottare misure, anche laddove siano stati accertati il dumping e il pregiudizio, se ciò non è nell’interesse dell’Unione.

84      È sulla base della disposizione summenzionata che è stata adottata l’esenzione in questione (v. considerando 551 del regolamento di esecuzione 2020/1336).

85      Ai fini della determinazione dell’interesse dell’Unione, l’articolo 21, paragrafo 1, terza frase, del regolamento di base stabilisce che «è presa in particolare considerazione l’esigenza di eliminare gli effetti del dumping in termini di distorsioni degli scambi e di ripristinare una concorrenza effettiva».

86      Da tale frase si evince che, a detto fine, si tiene conto in via prioritaria dell’interesse dei produttori dell’industria dell’Unione al ripristino della loro situazione concorrenziale che è oggetto di pratiche di dumping pregiudizievoli.

87      Tuttavia, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, prima frase, del regolamento di base, per decidere se sia necessario intervenire nell’interesse dell’Unione con misure antidumping, la Commissione deve valutare i diversi interessi nel loro complesso, cosicché gli interessi dei produttori non sono gli unici da prendere in considerazione.

88      Pertanto, tale disposizione specifica che gli interessi in gioco includono quelli degli utenti del prodotto interessato.

89      Non si può quindi concludere che, nella misura in cui l’articolo 21, paragrafo 1, terza frase, del regolamento di base riguarda solo la situazione concorrenziale dei produttori dell’industria dell’Unione, sia stata esclusa la presa in considerazione, a titolo dell’interesse dell’Unione, degli interessi degli utenti del prodotto interessato a che la loro situazione concorrenziale non sia lesa in un’ipotesi come quella menzionata al punto 87 supra.

90      Al contrario, l’interesse di alcuni utenti del prodotto interessato a che la loro situazione concorrenziale sia preservata dagli effetti di una possibile distorsione introdotta da tale esenzione rientra nell’ambito dell’interesse dell’Unione, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento di base.

91      La connessione tra l’interesse degli utenti del prodotto interessato a veder preservata la loro situazione concorrenziale e l’interesse dell’Unione risulta, oltre che dal riferimento ai loro interessi contenuto nell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento di base, dal fatto che in detto regolamento, viene fissato un obiettivo generale di tutela della concorrenza nel mercato interno che non si limita alla situazione concorrenziale dei produttori dell’Unione.

92      In proposito, va notato che l’articolo 21, paragrafo 1, terza frase, del regolamento di base si riferisce alla concorrenza effettiva, e non solo alla situazione concorrenziale dei produttori dell’industria dell’Unione e ai loro specifici interessi.

93      Inoltre, l’articolo 9, paragrafo 4, secondo comma, del regolamento di base prevede che l’importo dei dazi antidumping definitivi non soltanto non deve superare il margine di dumping, ma nemmeno superare il pregiudizio causato all’industria dell’Unione.

94      In tal modo, da un lato, ai produttori dell’industria dell’Unione non viene attribuito alcun vantaggio competitivo nei confronti degli esportatori dei paesi terzi che praticano il dumping e, dall’altro, l’importo dei dazi antidumping non va al di là di quanto è strettamente necessario, preservando così gli interessi degli operatori economici coinvolti a valle della catena, in particolare gli utilizzatori del prodotto interessato.

95      Ne consegue che il regolamento di base non mira solo a ripristinare la situazione concorrenziale dei produttori dell’industria dell’Unione, ma persegue anche l’obiettivo di preservare una concorrenza effettiva nel mercato interno.

96      Di conseguenza, sussiste un diritto per gli utenti del prodotto interessato a non subire distorsioni della concorrenza causate da un atto adottato dalla Commissione in applicazione del regolamento di base, allo stesso modo in cui un concorrente di un’impresa beneficiaria di un aiuto di Stato ha diritto a non subire distorsioni della concorrenza a causa di siffatto aiuto.

97      Tenuto conto dell’esistenza di tale diritto, un atto della Commissione che possa pregiudicarlo comporta effetti sulla situazione giuridica del titolare di siffatto diritto e lo riguarda quindi direttamente.

98      Dal punto di vista della condizione dell’incidenza diretta di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE, la ricorrente si trova in una situazione paragonabile a quella dei ricorrenti nella causa all’origine della sentenza del 6 novembre 2018, Montessori (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873).

99      Per contro, la giurisprudenza della Corte citata al precedente punto 79, che osta a che un operatore economico che si trovi, in seguito all’adozione di un atto dell’Unione, in una situazione concorrenziale di svantaggio, possa essere considerato direttamente interessato da tale atto, non esclude che la condizione dell’incidenza diretta sia soddisfatta.

100    È vero che la ricorrente, come le ricorrenti nelle cause menzionate al precedente punto 79, sostiene che la Commissione abbia adottato una misura che, a causa delle differenze di trattamento che comporta, potrebbe incidere sulla sua situazione concorrenziale.

101    Tuttavia, contrariamente ai fatti in discussione nelle cause menzionate al precedente punto 79, gli interessi della ricorrente, ivi compresa la tutela della sua situazione concorrenziale, sono presi in considerazione ai sensi del regolamento di base, sul cui fondamento è stata adottata l’esenzione in questione.

102    Al contrario, nelle cause descritte al precedente punto 79, gli interessi delle parti ricorrenti non erano tutelati in ragione del regime giuridico che conferiva un vantaggio ai loro concorrenti, dato che le prime non rientravano nell’ambito di applicazione di tale regime.

103    Così, nella sentenza del 28 aprile 2015, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione (C‑456/13 P, EU:C:2015:284, punti da 1 a 3 e 34), è stato ricordato che l’offerta di zucchero sul mercato dell’Unione comprendeva lo zucchero prodotto, da una parte, in occasione della trasformazione di barbabietole da zucchero derivanti dalla produzione interna dell’Unione e, dall’altra, in occasione della raffinazione di zucchero greggio di canna importato da paesi terzi, essendo il prodotto finale nei due casi chimicamente identico. Le disposizioni in questione erano dirette ad aumentare l’offerta di zucchero sul mercato dell’Unione che era afflitto da una penuria. Alcune di esse conferivano un vantaggio ai produttori dell’Unione, permettendo loro di produrre e commercializzare un quantitativo limitato di zucchero, nonché di isoglucosio, in aggiunta alla quota di produzione interna. Le parti ricorrenti, che non erano produttori di zucchero e di isoglucosio ma imprese di raffinazione dello zucchero di canna importato, non rientravano nell’ambito di applicazione del regime giuridico in questione.

104    Analogamente, nella causa qll4origine della sentenza del 17 settembre 2015, Confederazione Cooperative Italiane e a./Anicav e a. (C‑455/13 P, C‑457/13 P e C‑460/13 P, non pubblicata, EU:C:2015:616, punti da 2 a 9, 32 e 48), le disposizioni in questione conferivano un vantaggio alle organizzazioni di produttori del settore ortofrutticolo. La parti ricorrenti, che erano trasformatori industriali di prodotti ortofrutticoli, e non produttori di tali derrate alimentari, lamentavano una discriminazione tra esse e le organizzazioni di produttori che svolgevano attività di trasformazione. Tuttavia, esse non rientravano nell’ambito di applicazione del regime giuridico in questione.

105    Infine, nella causa all’origine della sentenza del 28 febbraio 2019, Consiglio/Growth Energy e Renewable Fuels Association (C‑465/16 P, EU:C:2019:155, punti 73, 74 e da 79 a 81), l’oggetto delle misure contestate era l’imposizione di un dazio antidumping sulle importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti. La parte ricorrente era un produttore americano di bioetanolo. Esso non esportava il suo prodotto verso l’Unione, ma lo vendeva a operatori commerciali miscelatori. Questi ultimi esportavano il bioetanolo che avevano acquistato, in particolare dalla parte ricorrente, e a tale prodotto veniva quindi applicato un dazio antidumping. Le disposizioni sulla base delle quali erano state adottate le misure contestate erano quelle dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 2009, L 343, pag. 51) (divenuto articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base). Orbene, tali disposizioni prevedono che un dazio antidumping viene istituito «sulle importazioni» di prodotti che entrano nel territorio dell’Unione. Pertanto, siffatte disposizioni, così come l’intero regime giuridico introdotto dal regolamento di base, in particolare l’articolo 21, paragrafo 1, non si applicano ai produttori di paesi terzi in quanto tali, ma solo a quelli che esportano i loro prodotti verso l’Unione.

106    Orbene, nella causa all’origine della sentenza del 6 novembre 2018, Montessori (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873), sia la parte ricorrente sia i suoi concorrenti rientravano nell’ambito di applicazione del diritto degli aiuti di Stato, giacché operavano nell’ambito del mercato interno. Inoltre, la ricorrente aveva il diritto, nell’ambito di tale regime giuridico comune, di veder preservata la propria situazione concorrenziale (v. punto 81 supra). La decisione della Commissione, oggetto d’impugnazione, è stata adottata sulla base del suddetto regime e autorizzava una misura nazionale che introduceva, nell’ambito di tale regime, una differenza di trattamento atta a generare una situazione concorrenziale di svantaggio in capo alla ricorrente.

107    Così avviene del pari nel caso di specie.

108    Infatti, come già rilevato, l’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento di base stabilisce che, per decidere se sia necessario intervenire nell’interesse dell’Unione con l’applicazione di dazi antidumping, occorre valutare i diversi interessi nel loro complesso, in particolare quelli degli utenti del prodotto interessato.

109    È in applicazione dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento di base, che riguarda gli utenti del prodotto interessato, vale a dire, nel caso di specie, tutti i produttori di adesivi, che è stato adottato l’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336 (v. punto 27 supra).

110    Pertanto, i produttori di adesivi liquidi rientrano, come i loro concorrenti, cioè i produttori di adesivi a miscela secca, nell’ambito di applicazione del regolamento di base e, inoltre, i loro interessi risultano essere presi in considerazione nel contesto dell’applicazione di tale regolamento.

111    Si deve pertanto concludere che la giurisprudenza della Corte citata al precedente punto 79 non osta alla conclusione secondo la quale l’esenzione in questione produce effetti giuridici sulla situazione dei produttori di adesivi liquidi, nella misura in cui essi possono, a causa di tale esenzione, essere posti in una situazione concorrenziale di svantaggio.

112    Peraltro, è vero che, in materia di aiuti di Stato, i concorrenti dei beneficiari di una misura nazionale che esenta questi ultimi da un onere sono, in linea di principio, direttamente soggetti a quest’ultimo, come avveniva nelle cause all’origine della sentenza del 6 novembre 2018, Montessori (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punti 6 e 50).

113    Orbene, nel caso di specie, la ricorrente, nella sua qualità di utilizzatrice di PVA, non è direttamente soggetta ai dazi antidumping, i quali, come risulta dall’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 2020/1336 sono istituiti sulle importazioni.

114    Tuttavia, i dazi antidumping sono destinati a ripercuotersi, in tutto o in parte, sugli acquirenti del prodotto interessato all’interno dell’Unione, nella fattispecie gli utilizzatori di PVA, in particolare i produttori di adesivi liquidi.

115    L’articolo 12 del regolamento di base prevede difatti che la Commissione può riaprire l’inchiesta, ai sensi dell’articolo 6 di detto regolamento, per esaminare se i dazi antidumping abbiano inciso sui prezzi qualora risulti che tali dazi hanno comportato variazioni irrilevanti dei prezzi di rivendita o dei successivi prezzi di vendita nell’Unione.

116    Inoltre, la Commissione, nella misura in cui ha considerato necessario, nel caso di specie, esentare dai dazi antidumping i produttori di PVA destinato alla fabbricazione di adesivi a miscela secca, ha ritenuto che, in assenza di una siffatta esenzione, gli utilizzatori di PVA che fabbricano tali adesivi avrebbero sostenuto, in tutto o in parte, i costi supplementari costituiti dai dazi antidumping. Orbene, nessun elemento del fascicolo consente di supporre che la situazione degli utilizzatori di PVA che fabbricano adesivi liquidi sia differente sotto questo profilo.

117    Pertanto, senza che occorra tener conto della qualità di importatrice di PVA posseduta anche dalla ricorrente (v. punto 6 supra), è sufficiente constatare che, in quanto utilizzatore di tale prodotto, essa è destinata a sopportare, in tutto o in parte, i dazi antidumping istituiti dal regolamento di esecuzione 2020/1336.

118    Dalle considerazioni esposte nei punti da 112 a 117 supra si evince che l’assenza di un obbligo, in capo alla ricorrente, in quanto utilizzatrice di PVA concorrente dei beneficiari dell’esenzione in questione, di pagare essa stessa i dazi antidumping, non è tale da rimettere in discussione la conclusione esposta al precedente punto 111.

119    Occorre poi stabilire se, a causa dell’esenzione in questione, la ricorrente possa essere posta in una situazione concorrenziale svantaggiosa.

120    A tal proposito, al punto 46 della sentenza del 6 novembre 2018, Montessori (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873), la Corte ha aggiunto che, sebbene non spetti al giudice dell’Unione, in fase di esame della ricevibilità, pronunciarsi in maniera definitiva sui rapporti concorrenziali tra una parte ricorrente e i beneficiari delle misure nazionali valutate in una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato, l’incidenza diretta nei confronti di una simile parte ricorrente non può, tuttavia, essere dedotta dalla mera possibilità di un rapporto di concorrenza.

121    La Corte ha indicato che, dal momento che il requisito relativo all’incidenza diretta richiede che l’atto contestato produca direttamente effetti sulla situazione giuridica della parte ricorrente, il giudice dell’Unione era tenuto a verificare se quest’ultima avesse illustrato in modo pertinente le ragioni per cui la decisione della Commissione poteva porla in una situazione di svantaggio concorrenziale e, quindi, produrre effetti sulla sua situazione giuridica (sentenza del 6 novembre 2018, Montessori, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 47).

122    Per quanto riguarda le circostanze oggetto di tale causa, la Corte ha dichiarato che le parti ricorrenti, dimostrando di operare sullo stesso mercato dei beneficiari dell’aiuto in questione, avevano illustrato in modo pertinente che la decisione controversa poteva porli in una situazione concorrenziale svantaggiosa e che, di conseguenza, detta decisione incideva direttamente sulla loro situazione giuridica, in particolare sul loro diritto a non subire su tale mercato una concorrenza falsata dalle misure in questione (sentenza del 6 novembre 2018, Montessori, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 50).

123    Nel caso di specie, la ricorrente ha esposto, in modo dettagliato e senza essere contraddetta al riguardo, che essa esercitava la propria attività sullo stesso mercato di prodotti e sullo stesso mercato geografico di uno degli operatori economici che beneficiano dell’esenzione in questione. Infatti, essa fabbrica adesivi liquidi a base di PVA destinati all’industria del cartone nell’Unione. Essa ha aggiunto che l’adesivo liquido e l’adesivo a miscela secca erano sostituibili e che i costi sostenuti dai suoi clienti a causa dei dazi antidumping potrebbero indurli a rifornirsi da produttori di adesivi a miscela secca.

124    La ricorrente ha quindi esposto le ragioni per le quali l’esenzione in questione era idonea a porla in una situazione concorrenziale svantaggiosa.

125    Si deve pertanto concludere, nel caso di specie, che è soddisfatto il primo dei criteri menzionati al precedente punto 71, nonché la condizione dell’incidenza diretta nel suo complesso.

126    Da tutte le considerazioni esposte nei precedenti punti da 49 a 125 risulta che sono soddisfatte le tre condizioni previste dall’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE e richiamate al punto 44. Non è quindi necessario esaminare se siano soddisfatte anche le condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE.

127    Occorre pertanto esaminare l’eccezione di irricevibilità fatta valere in subordine dalla Commissione (v. punto 12 supra).

3.      Sullesistenza di un atto impugnabile

128    La Commissione sostiene che, qualora il Tribunale dovesse ritenere che l’esenzione in questione abbia un’incidenza diretta sulla ricorrente, il ricorso sarebbe comunque irricevibile dal momento che l’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336 non costituirebbe un atto impugnabile, poiché non inciderebbe sugli interessi della ricorrente apportando una modifica rilevante alla sua situazione giuridica. Secondo la Commissione, un’eventuale attenuazione della giurisprudenza relativa alla condizione dell’incidenza diretta che risulterebbe dalla trasposizione al caso di specie della soluzione adottata dalla Corte nella sentenza del 6 novembre 2018, Montessori (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873), creerebbe un rischio di actio popularis e dovrebbe essere corredata, per ovviare a tale rischio, dalla dimostrazione da parte della ricorrente, per quanto riguarda la condizione dell’atto impugnabile, dell’esistenza di una modifica rilevante della sua situazione giuridica.

129    In via preliminare, va ricordato che la finalità dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336 è quello di esentare le importazioni di PVA originari della Cina dai dazi antidumping definitivi istituiti dall’articolo 1, paragrafo 1, di detto regolamento se il PVA è importato per la fabbricazione di adesivi a miscela secca, prodotti e venduti in polvere per l’industria del cartone.

130    L’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336 produce pertanto effetti giuridici nei confronti di terzi ai sensi dell’articolo 263, primo comma, TFUE.

131    Tuttavia, la Corte ha dichiarato che costituivano atti che possono essere oggetto di un’azione di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE i provvedimenti destinati a produrre effetti giuridici obbligatori idonei ad incidere sugli interessi di chi li impugna, modificando in misura rilevante la situazione giuridica di questo (sentenza dell’11 novembre 1981, IBM/Commissione, 60/81, EU:C:1981:264, punto 9).

132    A tale riguardo, la giurisprudenza citata al precedente punto 131 è stata sviluppata nell’ambito di ricorsi proposti dinanzi al giudice dell’Unione da persone fisiche o giuridiche avverso atti di cui esse erano destinatarie. Qualora, come nel caso di specie, un ricorso di annullamento sia proposto da un ricorrente non privilegiato avverso un atto di cui esso non è destinatario, il requisito secondo cui gli effetti giuridici vincolanti del provvedimento impugnato devono essere tali da incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica, si sovrappone alle condizioni di ricevibilità di un siffatto ricorso di annullamento, quali esistevano prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, vale a dire le condizioni adesso previste dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, ad eccezione della terza parte della frase di tale comma (v., in tal senso, sentenza del 13 ottobre 2011, Deutsche Post e Germania/Commissione, C‑463/10 P e C‑475/10 P, EU:C:2011:656, punto 38, e ordinanza del 15 aprile 2021, Validity e Center for Independent Living/Commissione, C‑622/20 P, non pubblicata, EU:C:2021:310, punto 39).

133    Pertanto, tale giurisprudenza non è applicabile alle persone fisiche o giuridiche che non sono destinatarie dell’atto impugnato e che soddisfano già le condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE, ossia le condizioni dell’incidenza diretta e dell’incidenza individuale.

134    Analogamente, si deve ritenere che la giurisprudenza citata al precedente punto 131 non si applichi alle persone fisiche o giuridiche che non sono destinatarie dell’atto impugnato e che soddisfano già le condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE.

135    Infatti, in primo luogo, risulta dai lavori preparatori dell’articolo III‑365, paragrafo 4, del progetto di Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, il cui contenuto è riprodotto in termini identici all’articolo 263, quarto comma, TFUE, che l’aggiunta della terza parte di frase di tale disposizione era destinata ad ampliare, nei confronti delle persone fisiche e giuridiche, i requisiti di ricevibilità dei ricorsi di annullamento e che i soli atti di portata generale per cui occorreva mantenere un’impostazione restrittiva erano gli atti legislativi (sentenza del 6 novembre 2018, Montessori, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 26).

136    Pertanto, l’obiettivo perseguito dall’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE, consiste nell’attenuare i requisiti di ricevibilità dei ricorsi di annullamento proposti da persone fisiche e giuridiche contro tutti gli atti di portata generale, ad eccezione di quelli che rivestono natura legislativa (sentenza del 6 novembre 2018, Montessori, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 27).

137    Orbene, l’obbligo imposto a un ricorrente che soddisfi tutte le condizioni previste all’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE, di dimostrare una modifica «rilevante» della sua situazione giuridica al fine di comprovare che la condizione relativa all’esistenza di un atto impugnabile è soddisfatta, avrebbe l’effetto di limitare l’attenuazione delle condizioni di ricevibilità dei ricorsi auspicata dagli autori del Trattato FUE.

138    In secondo luogo, l’obiettivo perseguito dall’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE consiste altresì, come emerge dalla sua genesi, nell’evitare che un singolo sia costretto a violare la legge per poter accedere al giudice (sentenze del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punto 27, e del 6 novembre 2018, Montessori, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 58).

139    Nel caso di specie, un’irricevibilità del presente ricorso che fosse basata sulla mancata dimostrazione da parte della ricorrente di una modifica rilevante della sua situazione giuridica potrebbe indurla, laddove essa volesse esperire la sua azione, a presentare una richiesta alle autorità doganali competenti per beneficiare dell’esenzione in questione. Tuttavia, un tale obbligo ha natura artificiosa, come è stato osservato nel precedente punto 68.

140    Alla luce delle considerazioni esposte ai precedenti punti da 129 a 139, si deve concludere che la Commissione non è legittimata a far valere l’eccezione di irricevibilità basata sul punto che l’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336 non produrrebbe effetti giuridici vincolanti per la ricorrente idonei a incidere sui suoi interessi determinando una modifica rilevante della sua situazione giuridica.

141    Occorre quindi respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione al riguardo.

142    Va aggiunto che il rischio di actio popularis dedotto dalla Commissione non è dimostrato. Infatti, la constatazione dell’incidenza diretta nei confronti della ricorrente è circoscritta, nella presente sentenza, all’ipotesi in cui un’esenzione dai dazi antidumping introduca, nell’ambito di un regime giuridico comune a taluni utilizzatori del prodotto interessato, una disparità di trattamento che generi una situazione concorrenziale svantaggiosa (v. punti 110 e 111 supra).

143    Da tutto quanto precede risulta che il presente ricorso è ricevibile.

B.      Nel merito

144    Occorre ricordare che, con la decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU 1994, L 336, pag. 1), il Consiglio dell’Unione europea ha adottato una decisione che conclude l’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), firmato a Marrakech il 15 aprile 1994 (in prosieguo: l’«accordo che istituisce l’OMC»), nonché gli accordi che figurano, in particolare, all’allegato I A di tale accordo, fra cui l’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994 (GU 1994, L 336, pag. 11) e l’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994 (GU 1994, L 336, pag. 103, in prosieguo: l’«accordo antidumping»).

145    Nel caso di specie, la ricorrente, la quale sostiene che l’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336 viola l’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base, invoca anche l’articolo 9.2, prima frase, dell’accordo antidumping.

146    La ricorrente ricorda che l’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base e l’articolo 9.2, prima frase, dell’accordo antidumping dispongono che i dazi antidumping siano istituiti senza discriminazione. A suo avviso, l’unica eccezione consentita è quella delle importazioni provenienti da soggetti dei quali sia stata accettata l’assunzione di impegni.

147    A causa dell’esenzione in questione, sarebbero quindi stati imposti dazi antidumping discriminatori a scapito dei produttori di adesivi liquidi, poiché essi sono soggetti a tali dazi, mentre i produttori di adesivi a miscela secca ne sono esentati.

148    L’esenzione in questione violerebbe pertanto le disposizioni citate al precedente punto 145.

149    Peraltro, la ricorrente sostiene che uno solo degli esportatori cinesi di PVA può beneficiare dell’esenzione in questione, ossia l’unico fornitore della Cordial, il fabbricante di adesivi a miscela secca la cui situazione è stata presa in considerazione dalla Commissione nel regolamento di esecuzione 2020/1336. Pertanto, la ricorrente sostiene che l’esenzione in questione discrimina tutti gli altri esportatori cinesi di PVA.

150    La Commissione, in risposta alla censura di cui ai punti da 145 a 148 supra, sostiene, in primo luogo che la differenza di trattamento derivante dall’esenzione in questione non rientra nell’ambito di applicazione dell’obbligo di non discriminazione di cui all’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base; in secondo luogo, che, quand’anche siffatta ipotesi ricorresse, tale differenza di trattamento non costituirebbe una discriminazione ai sensi della disposizione in parola e, in terzo luogo, che, anche se venisse constatata una discriminazione, essa sarebbe oggettivamente giustificata dall’interesse dell’Unione, ai sensi dell’articolo 21 del regolamento di base.

151    La Commissione contesta altresì l’esistenza della discriminazione di cui al precedente punto 149.

152    Dalle considerazioni esposte ai precedenti punti da 144 a 149 emerge che il motivo unico della ricorrente è suddiviso in due censure, la prima relativa alla discriminazione tra gli utilizzatori di PVA all’interno dell’Unione e la seconda relativa alla discriminazione tra gli esportatori cinesi di PVA.

1.      Sulla discriminazione tra gli utilizzatori di PVA

153    L’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base prevede quanto segue:

«Il dazio antidumping è istituito per l’importo adeguato a ciascun caso e senza discriminazione sulle importazioni di prodotti per le quali è stato accertato che sono oggetto di dumping e che causano pregiudizio, indipendentemente dalla fonte, salvo quelle effettuate dagli esportatori i cui impegni sono stati accettati a norma del presente regolamento.

(…)».

154    La Commissione sostiene che l’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base e, in particolare, l’espressione «senza discriminazione» non sono applicabili a una differenza di trattamento posta in essere tra gli utilizzatori del prodotto interessato, i quali sono stabiliti sul territorio del membro dell’OMC che impone i dazi antidumping.

155    A tal riguardo, occorre rilevare che la ricorrente non invoca una violazione del principio di parità di trattamento. La sua censura vertente sulla discriminazione tra gli utilizzatori di PVA si limita a dedurre una violazione dell’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base.

156    Nelle sue memorie, la ricorrente precisa che l’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base, contrariamente al principio generale della parità di trattamento, prevede una sola eccezione all’imposizione di dazi antidumping, che riguarda le importazioni provenienti dagli esportatori i cui impegni sono stati accettati. Pertanto, a suo avviso, qualsiasi altra esenzione sarebbe necessariamente discriminatoria. Aggiunge che l’applicazione rigorosa da parte che la disposizione in parola opera del principio generale della parità di trattamento è molto specifica.

157    Tenuto conto della delimitazione della censura della ricorrente, si deve concludere che, se, come sostiene la Commissione, l’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base non fosse applicabile a una differenza di trattamento tra gli utilizzatori del prodotto interessato, suddetta censura sarebbe inoperante, aspetto che occorre quindi definire.

158    Al fine di interpretare l’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base e, in particolare, per delimitarne l’ambito di applicazione, le parti invocano l’articolo 9.2, prima frase, dell’accordo antidumping e la sua interpretazione da parte degli organi di conciliazione dell’OMC.

159    L’articolo 9.2, prima frase, dell’accordo antidumping prevede quanto segue:

«Una volta applicato ad un qualsiasi prodotto, il dazio antidumping viene riscosso, per l’importo adeguato al caso e senza discriminazione, su tutte le importazioni di quel prodotto ritenute in regime di dumping e causa di pregiudizio, qualunque ne sia la provenienza, salvo per quelle provenienti soggetti dei quali sia stata accettata l’assunzione di impegni in materia di prezzi ai sensi del presente accordo (...)».

160    Il riferimento, da parte della ricorrente, all’articolo 9.2, prima frase, dell’accordo antidumping deve essere inteso nel senso di condurre a interpretare l’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base conformemente a tale disposizione.

a)      Sulla presa in considerazione delle disposizioni dellaccordo che istituisce lOMC, nonché dei suoi allegati, e delle relazioni degli organi dellOMC che intervengono nel processo di conciliazione delle controversie

161    Occorre stabilire in che misura, in primo luogo, le disposizioni dell’accordo che istituisce l’OMC e dei suoi allegati e, in secondo luogo, le relazioni degli organi dell’OMC coinvolti nel processo di conciliazione delle controversie possano essere utilmente prese in considerazione ai fini dell’interpretazione di disposizioni di diritto derivato, come l’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base.

1)      Sulle disposizioni dell’accordo che istituisce l’OMC, nonché dei suoi allegati

162    Quanto all’incidenza che un accordo internazionale di cui l’Unione è parte, come l’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994, può avere sull’interpretazione di una disposizione di diritto derivato, la Corte ha dichiarato che la prevalenza degli accordi internazionali conclusi dall’Unione sulle norme di diritto derivato impone di interpretare queste ultime in maniera per quanto possibile conforme agli accordi (sentenze del 10 settembre 1996, Commissione/Germania, C‑61/94, EU:C:1996:313, punto 52, e del 7 giugno 2007, Řízení Letového Provozu, C‑335/05, EU:C:2007:321, punto 16).

163    Prima di esaminare se tale interpretazione conforme sia possibile nel caso di specie, occorre innanzitutto ricordare che le disposizioni del regolamento di base, nella misura in cui corrispondono a disposizioni dell’accordo antidumping, devono essere interpretate, per quanto possibile, alla luce delle disposizioni corrispondenti di detto accordo (v. sentenza del 14 luglio 2021, Interpipe Niko Tube e Interpipe Nizhnedneprovsky Tube Rolling Plant/Commissione, T‑716/19, EU:T:2021:457, punto 98 e giurisprudenza ivi citata).

164    Orbene, poiché la prima frase dell’articolo 9.2 dell’accordo antidumping e l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base sono formulati in termini quasi identici, le disposizioni del secondo corrispondono a quelle del primo.

165    È stato in proposito dichiarato che la prima frase dell’articolo 9.2 dell’accordo antidumping aveva una portata equivalente a quella dell’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base, nella parte in cui vietava le disparità di trattamento nella riscossione dei dazi antidumping applicati a un prodotto fondate sulla provenienza delle importazioni in questione (v., per analogia, sentenza del 17 dicembre 2008, HEG e Graphite India/Consiglio, T‑462/04, EU:T:2008:586, punto 39).

166    Di conseguenza, l’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base deve essere effettuata, per quanto possibile, conformemente all’articolo 9.2, prima frase, dell’accordo antidumping.

167    Occorre aggiungere che la possibilità di procedere all’interpretazione conforme di una disposizione di diritto derivato alla luce di un accordo internazionale, cui si fa riferimento nella giurisprudenza della Corte citata al precedente punto 162, non può trovare applicazione nei confronti di una disposizione il cui senso sia chiaro e privo di ambiguità e che non necessiti, pertanto, di alcuna interpretazione, come dimostra l’espressione «per quanto possibile». Infatti, se siffatta giurisprudenza dovesse essere applicata in un caso del genere, il principio di interpretazione conforme delle norme di diritto dell’Unione derivato servirebbe da fondamento ad un’interpretazione contra legem di tale disposizione, il che non è ammissibile (v., per analogia, sentenza del 13 luglio 2018, Confédération nationale du Crédit mutuel/BCE, T‑751/16, EU:T:2018:475, punto 34). Per lo stesso motivo, se il significato della disposizione di diritto derivato in questione non è privo di ambiguità, non si può applicare un’interpretazione conforme quando tutte le possibili interpretazioni della disposizione di cui trattasi sono contrarie alla norma di rango superiore.

168    Pertanto, laddove il significato del diritto derivato in questione è, da un lato, inequivocabile e, dall’altro, contrario alla norma, di rango superiore, prevista dall’accordo internazionale, siffatta disposizione non può essere interpretata in conformità a tale norma.

169    Nel caso di specie, nessuno dei due criteri è soddisfatto.

170    Anzitutto, l’espressione «senza discriminazione» di cui all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base si presta a diverse interpretazioni.

171    Inoltre, essendo simile all’articolo 9.2, prima frase, dell’accordo antidumping, l’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base non può essere considerato contrario al medesimo.

172    Di conseguenza, al fine di determinarne la portata, i termini «senza discriminazione» di cui all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base devono essere interpretati in conformità con l’espressione «senza discriminazione» di cui all’articolo 9.2, prima frase, dell’accordo antidumping.

173    Oltre a ciò, nel contesto dell’interpretazione preliminare di quest’ultima disposizione, possono essere prese in considerazione altre disposizioni pertinenti contenute nell’accordo che istituisce l’OMC e nei suoi allegati. Nell’interpretazione di un trattato internazionale si deve infatti tenere conto del senso ordinario da attribuire ai termini dello stesso nel loro contesto e alla luce dell’oggetto e dello scopo del trattato stesso (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2018, Bosphorus Queen Shipping, C‑15/17, EU:C:2018:557, punto 67), nonché di quanto prevede, in materia di interpretazione dei trattati internazionali, l’articolo 31, paragrafo 1, della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23 maggio 1969 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1155, pag. 331), che fa parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione (sentenza del 25 febbraio 2010, Brita, C‑386/08, EU:C:2010:91, punto 42) ed è presa in considerazione dall’organo d’appello dell’OMC [relazione del 20 maggio 1996 relativa alla controversia «United States - Standards for Reformulated and Conventional Gasoline (Stati Uniti - Norme sulla benzina riformulata e convenzionale) (WT/DS 2/AB/R)»].

2)      Sulle relazioni degli organi dell’OMC coinvolti nel processo di conciliazione delle controversie

174    La Corte ha già dichiarato che il principio di diritto internazionale generale del rispetto degli impegni contrattuali (pacta sunt servanda), sancito dall’articolo 26 della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, implicava che il giudice dell’Unione, ai fini dell’interpretazione e dell’applicazione dell’accordo antidumping, debba tenere conto dell’interpretazione delle differenti disposizioni di tale accordo adottata dagli organi dell’OMC coinvolti nel processo di conciliazione delle controversie (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

175    Infatti, la Corte ha già fatto riferimento a relazioni di un gruppo speciale o dell’organo di appello dell’OMC a sostegno della sua interpretazione di talune disposizioni di accordi contenuta in allegato all’accordo OMC (v. sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

176    La Corte ha altresì ammesso che le relazioni degli organi dell’OMC coinvolti nel processo di conciliazione delle controversie potevano essere utilizzate ai fini dell’interpretazione del diritto dell’Unione (sentenze del 10 novembre 2011, X e X BV, C‑319/10 e C‑320/10, non pubblicate, EU:C:2011:720, punto 46, e del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 34).

177    A sua volta, il Tribunale ha dichiarato che nulla ostava a che esso facesse riferimento alle relazioni degli organi dell’OMC coinvolti nel processo di conciliazione delle controversie laddove procedeva all’interpretazione di disposizioni del regolamento di base alla luce delle disposizioni dell’accordo antidumping (v., per analogia, sentenza del 10 aprile 2019, Jindal Saw e Jindal Saw Italia/Commissione, T‑300/16, EU:T:2019:235, punto 103 e giurisprudenza ivi citata).

178    Dalle considerazioni esposte ai precedenti punti da 174 a 177 risulta che occorre interpretare l’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base, in particolare i termini «senza discriminazione» che figurano in tale articolo, conformemente all’interpretazione fornita dagli organi di conciliazione dell’OMC sull’articolo 9.2, prima frase, dell’accordo antidumping.

b)      Sulla applicabilità agli utilizzatori del prodotto interessato del divieto di imporre dazi antidumping discriminatori

179    In primo luogo, l’organo d’appello dell’OMC ha indicato, al paragrafo 335 della relazione del 28 luglio 2011 relativa alla controversia «Comunità europee – Misure antidumping definitive su determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Cina (WT/DS 397/R)», che l’accordo antidumping conteneva regole che si concentravano sui prodotti, oltre che su importatori, esportatori e produttori. Esso ha chiarito, nello stesso paragrafo della relazione, che l’articolo 9.2, prima frase, dell’accordo antidumping si riferiva sia ai prodotti che ai fornitori.

180    È vero che l’organo d’appello non ha esplicitamente escluso che le parole «senza discriminazione», di cui alla prima frase dell’articolo 9.2 dell’accordo antidumping, possano essere applicate agli utilizzatori del prodotto interessato nel territorio del membro dell’OMC che istituisce i dazi antidumping. Tuttavia, tali operatori economici non sono destinatari del divieto di discriminazione stabilito da una disposizione, poiché questa, da un lato, non si riferisce ad essi e, dall’altro, è contenuta in un accordo che si concentra sui prodotti stessi e su operatori economici diversi da questi.

181    In secondo luogo, dalla formulazione dell’articolo 9.2 dell’accordo antidumping si evince che esso si riferisce esclusivamente all’origine dei prodotti e non al loro utilizzo nel territorio del membro dell’OMC che impone i dazi antidumping.

182    Infatti, l’articolo 9.2 dell’accordo antidumping si riferisce ai fornitori e alla provenienza del prodotto, non ai suoi utilizzatori.

183    In particolare, per quanto riguarda la provenienza del prodotto, l’articolo 9.2, prima frase, dell’accordo antidumping prevede che il dazio antidumping sia riscosso senza discriminazioni sulle importazioni del prodotto interessato «qualunque ne sia la provenienza», ad eccezione delle importazioni «provenienti da soggetti» dei quali sia stata accettata l’assunzione di impegni in materia di prezzi ai sensi del presente accordo.

184    Orbene, l’organo d’appello dell’OMC ha indicato, al paragrafo 338 della relazione del 28 luglio 2011 relativa alla controversia «Comunità europee – Misure antidumping definitive su determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Cina (WT/DS 397/R)», che il termine «soggetti», che figurava nell’articolo 9.2, prima frase, dell’accordo antidumping, si riferiva a singoli «esportatori o produttori», e non a un paese nel suo complesso. Al paragrafo 354 della relazione, ha chiarito che il termine «soggetti» significava «fornitori». Quest’ultimo termine, nel contesto dell’articolo 9.2 dell’accordo antidumping, pare quindi essere intercambiabile con i termini «esportatori» o «produttori».

185    È vero, come giustamente sottolineato dalla ricorrente, che l’organo d’appello dell’OMC, nella controversia in questione, si pronunciava sulla questione se, come sostenuto dall’Unione (v. paragrafi 333 e 337 della relazione), il termine «soggetti» di cui all’articolo 9.2, prima frase, dell’accordo antidumping potesse riferirsi a un paese nel suo complesso e non designare le singole società esportatrici considerate individualmente.

186    Tuttavia, a prescindere dalla domanda alla quale l’organo d’appello dell’OMC stava rispondendo, esso ha scelto, per fornirvi una risposta, di specificare il significato del termine «soggetti» e lo ha fatto senza che nessun elemento della sua risposta consenta di concludere che la portata di tale significato fosse limitata alla risposta alla questione menzionata al precedente punto 185.

187    La definizione del termine «soggetti» utilizzata dall’organo d’appello dell’OMC, nella misura in cui si riferisce a produttori, esportatori o fornitori, conferma che l’articolo 9.2 dell’accordo antidumping riguarda esclusivamente l’origine dei prodotti, e non il loro utilizzo nel territorio del membro dell’OMC che impone i dazi antidumping. Siffatta definizione corrobora quindi la conclusione di cui al precedente punto 180.

188    In terzo luogo, si può notare che gli articoli 1 e III dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994, relativi rispettivamente al «Trattamento generale della nazione più favorita» e al «Trattamento nazionale in relazione alle imposizioni e alle normative interne», che fungono da base per il divieto di discriminazioni nell’ambito del meccanismo giuridico istituito dall’OMC, si riferiscono a discriminazioni tra «nazioni» e quindi tra prodotti originari da membri diversi dell’organizzazione, e non a discriminazioni tra prodotti provenienti dallo un medesimo membro della stessa.

189    In considerazione di tutti gli elementi esposti nei punti da 179 a 188, la prima frase dell’articolo 9.2 dell’accordo antidumping non può essere interpretata nel senso che la discriminazione a cui si riferisce indichi una differenza di trattamento applicabile ad utilizzatori del prodotto interessato stabiliti nel territorio del membro dell’OMC che impone i dazi antidumping.

190    Tenuto conto delle considerazioni esposte ai precedenti punti da 162 a 172, occorre interpretare nello stesso senso i termini «senza discriminazione» di cui all’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base.

191    Di conseguenza, poiché l’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base non è applicabile agli utilizzatori del prodotto interessato, la ricorrente non può utilmente invocare tale disposizione per contestare una differenza di trattamento applicabile agli utilizzatori del prodotto interessato stabiliti nell’Unione.

192    Occorre quindi respingere la presente censura in quanto inoperante.

2.      Sulla discriminazione tra i vari esportatori cinesi

193    La ricorrente ricorda che la Cordial ha un solo fornitore di PVA, come risulta dal considerando 618 del regolamento di esecuzione 2020/1336, e che tale fornitore è un esportatore cinese.

194    Poiché l’esenzione in questione è limitata al PVA per la produzione di adesivi a miscela secca, i quali sono prodotti dalla Cordial, secondo la ricorrente l’esportatore cinese beneficia di un trattamento favorevole rispetto ad altri esportatori cinesi di PVA.

195    A detto proposito, dall’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione 2020/1336 risulta che, subordinando l’esenzione in questione alla condizione che il PVA importato sia destinato alla fabbricazione di adesivi a miscela secca prodotti e venduti in polvere per l’industria del cartone, tale disposizione stabilisce condizioni di carattere generale e astratto (v. punto 51 supra). L’esenzione può quindi riguardare i prodotti di qualsiasi operatore economico che esporti PVA per la produzione di adesivi a miscela secca (v. punto 52 supra). Non è quindi riservata al fornitore della Cordial.

196    Di conseguenza, i prodotti di tutti gli esportatori cinesi di PVA possono, in linea di principio, avvalersi dell’esenzione in questione.

197    Tuttavia, la ricorrente sostiene che l’esenzione in questione in realtà avvantaggia solo il fornitore cinese della Cordial.

198    Occorre ricordare che il Tribunale può fare riferimento alle relazioni degli organi dell’OMC che intervengono nel processo di conciliazione delle controversie, quando procede all’interpretazione del regolamento di base alla luce dell’accordo antidumping (v. punti da 174 a 178 supra).

199    Orbene, il punto 7.101 della relazione del gruppo speciale del 7 aprile 2000 sulla controversia «Canada-Patent Protection of Pharmaceutical Products (Canada – Tutela brevettuale dei prodotti farmaceutici) (WT/DS 114)» fa riferimento al concetto di «discriminazione di fatto». Il documento afferma che la discriminazione di fatto è un termine generale che descrive la conclusione giuridica secondo cui una misura apparentemente neutra viola una norma relativa al divieto di discriminazione perché il suo effetto concreto è quello di imporre una differenza di trattamento svantaggiosa.

200    Inoltre, il concetto di «discriminazione di fatto» è stato già utilizzato nel diritto dell’Unione europea, sebbene nel campo degli aiuti di Stato, per stabilire che una misura nazionale, anche se si presentava non nella forma di un vantaggio fiscale derogatorio a un regime tributario comune, bensì sotto forma di un regime tributario generale basato su criteri di natura generale, operava in realtà una discriminazione di fatto fra imprese che si trovavano in una situazione analoga sotto il profilo dell’obiettivo perseguito dal regime in parola, (sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a., C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 74).

201    Infine, la nozione di «discriminazione di fatto» è simile alla nozione, più diffusa nel diritto dell’Unione, di «discriminazione indiretta» (v., in tal senso, sentenze del 20 ottobre 1993, Spotti, C‑272/92, EU:C:1993:848, punti 17 e 18, e del 7 maggio 1998, Clean Car Autoservice, C‑350/96, EU:C:1998:205, punti da 29 a 31), nozione sancita anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU, 13 novembre 2007, D.H. e altri c. Repubblica ceca, CE:ECHR:2007:1113JUD005732500, §§ da 193 a 195), che si riferisce a qualsiasi discriminazione dissimulata che pervenga allo stesso risultato della discriminazione palese (v., in tal senso, sentenza del 24 settembre 1998, Commissione/Francia, C‑35/97, EU:C:1998:431, punti 37 e 38).

202    Occorre quindi, basandosi sugli elementi forniti dalla ricorrente a sostegno dell’affermazione menzionata al precedente punto 197, stabilire se l’esenzione in questione abbia causato una discriminazione di fatto o indiretta tra gli esportatori cinesi della PVA.

203    In primo luogo, la censura della ricorrente secondo cui un solo esportatore cinese di PVA, vale a dire il fornitore della Cordial, potrebbe avvalersi dell’esenzione in questione, richiede un esame per stabilire se detta esenzione sia tale da avvantaggiare solo la Cordial.

204    Al riguardo, il procedimento che consente la fabbricazione di adesivi a miscela secca prodotti e venduti in polvere per l’industria del cartone è descritto come innovativo al considerando 623 del regolamento di esecuzione 2020/1336.

205    Tuttavia, dal fascicolo e, in particolare, dagli elementi prodotti dalla ricorrente non risulta che la Cordial sia l’unico fabbricante di adesivi a miscela secca nell’Unione.

206    Inoltre, nessun elemento del fascicolo e, in particolare, nessuno degli elementi prodotti dalla ricorrente consente di supporre che sia impossibile o particolarmente difficile per qualsiasi altro operatore economico diverso dalla Cordial fabbricare prodotti del genere. A tal riguardo, dagli atti del fascicolo non risulta che sussista un ostacolo giuridico, tecnico o finanziario che osti all’ingresso di un siffatto operatore sul mercato degli adesivi a miscela secca.

207    Pertanto, non si possono escludere l’esistenza di altri fabbricanti di adesivi a miscela secca o il loro ingresso sul mercato di detti adesivi. Orbene, nulla consente di presumere che altri fabbricanti di adesivi a miscela secca si riforniscano già o si riforniranno presso il fornitore di PVA della Cordial e non presso altri fornitori, in particolare esportatori cinesi di PVA. Di conseguenza, non si può escludere che altri esportatori cinesi di PVA diversi dal fornitore della Cordial possano avvalersi dell’esenzione in questione.

208    In secondo luogo, nei considerando 618 e 624 del regolamento di esecuzione 2020/1336 si afferma che il tipo di PVA importato dalla Cordial è specificamente sviluppato in collaborazione con il suo fornitore e che è necessaria una relazione a lungo termine per consentire ai fornitori di adattarsi ai requisiti del prodotto della Cordial.

209    Tuttavia, il persistere di una situazione in cui la Cordial ha un solo fornitore dipende da una scelta fatta dai produttori di PVA, in particolare dagli esportatori cinesi di tale prodotto, e non da fattori esterni che sarebbero stati loro imposti (v., in tal senso, sentenza del 14 marzo 1990, Nashua Corporation e a./Commissione e Consiglio, C‑133/87 e C‑150/87, EU:C:1990:115, punti 40 e 41).

210    Infatti, nulla nel fascicolo e, in particolare, nessuno degli elementi di prova prodotti dalla ricorrente consente di ritenere che gli esportatori cinesi di PVA diversi dal fornitore della Cordial non sarebbero in grado di adattare la loro produzione per soddisfare la domanda specifica della medesima di cui al precedente punto 208.

211    Non è quindi escluso che altri esportatori cinesi diversi dal fornitore della Cordial potrebbero, se lo desiderassero, soddisfare le esigenze di approvvigionamento di tale impresa.

212    Inoltre, secondo il considerando 624 del regolamento di esecuzione 2020/1336, la Cordial ha presentato elementi di prova del fatto che in passato aveva tentato di acquistare PVA da un produttore taiwanese, ma che non aveva potuto concludere un accordo poiché tale produttore vendeva il suo prodotto esclusivamente tramite un operatore commerciale nell’Unione e non era disposto ad adeguarlo ai requisiti della Cordial

213    La volontà della Cordial di attenuare la propria dipendenza dal suo fornitore di PVA risulta dal considerando 624 del regolamento di esecuzione 2020/1336 e, in particolare, dal seguente estratto, non contestato dalla ricorrente:

«[La Cordial] ha (...) già cercato di creare nuovi partenariati ma, a causa delle sue dimensioni ridotte, non è stata in grado di stabilire una relazione a lungo termine con fornitori alternativi (...). La società ha presentato elementi di prova del fatto che in passato aveva tentato di acquistare PVA da un produttore taiwanese, ma che non aveva potuto concludere un accordo poiché tale produttore vende esclusivamente tramite un operatore commerciale nell’U[nione] e non era disposto ad adeguare i propri prodotti ai requisiti di Cordial (...)».

214    Da tale considerando risulta che la Cordial sarebbe propensa a rispondere favorevolmente ad iniziative di altri esportatori di PVA, in particolare cinesi, intesi a fornirle questo prodotto.

215    Ciò avvalora la conclusione, esposta nel precedente punto 211, che altri esportatori cinesi diversi dal fornitore della Cordial potrebbero, se lo desiderassero, soddisfare le esigenze di approvvigionamento di quest’ultima.

216    Dalle considerazioni esposte ai precedenti punti da 203 a 215 emerge che non è dimostrata l’esistenza di ostacoli che escludano di fatto l’applicazione dell’esenzione in questione a esportatori cinesi di PVA diversi dal fornitore della Cordial.

217    Pertanto, non è dimostrata l’esistenza di una differenza di trattamento sfavorevole di cui sarebbero vittime gli esportatori cinesi di PVA diversi dal fornitore della Cordial. In assenza di una siffatta disparità di trattamento, non può ritenersi dimostrata un’eventuale discriminazione di fatto (v., in tal senso, sentenza del 23 ottobre 2003, Changzhou Hailong Electronics & Light Fixtures e Zhejiang Yankon/Consiglio, T‑255/01, EU:T:2003:282, punto 61).

218    Da tutto quanto precede risulta che occorre respingere la seconda censura, nonché il motivo nel suo insieme.

219    Di conseguenza, il ricorso deve essere respinto.

IV.    Sulle spese

220    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

221    La ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Grünig KG è condannata alle spese.

da Silva Passos

Valančius

Reine

Truchot

 

      Sampol Pucurull

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 dicembre 2022.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.