Language of document : ECLI:EU:T:2004:213

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)
7 luglio 2004 (1)

«Trattato CECA – Siderurgia – Abbandono di concessioni minerarie – Oneri imposti dalla Repubblica francese alle imprese minerarie – Denuncia – Mancata risposta favorevole della Commissione – Ricorso per carenza – Ricorso di annullamento – Ricevibilità – Legittimazione ad agire – Impresa ai sensi dell'art. 80 CA»

Nelle cause riunite T-107/01 e T-175/01,

Société des mines de Sacilor – Lormines SA, con sede in Puteaux (Francia), rappresentata inizialmente dall'avv. G. Marty e successivamente dall'avv. R. Schmitt, avocats,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. G. Rozet e dalla sig.ra L. Ström, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto un ricorso per carenza, e, in subordine, un ricorso di annullamento avverso il rifiuto della Commissione di accogliere il reclamo proposto dalla ricorrente al fine di far constatare la violazione, da parte della Repubblica francese, dell'art. 4, lett. b) e c), CA e dell'art. 86 CA, in ragione dell'imposizione alla ricorrente di oneri asseritamente eccessivi nell'ambito dell'avvio di procedimenti di abbandono e di rinuncia alle sue concessioni minerarie,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),



composta dal sig. H. Legal, presidente, dalla sig.ra V. Tiili e dal sig. M. Vilaras (relatore), giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e a seguito dell'udienza del 18 febbraio 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Quadro giuridico

1
L’art. 4 CA dispone:

«Sono riconosciuti incompatibili con il mercato comune del carbone e dell’acciaio e, per conseguenza sono aboliti e proibiti, alle condizioni previste dal presente trattato, all’interno della Comunità:

(…)

b)
i provvedimenti o le pratiche che stabiliscano una discriminazione tra produttori, tra acquirenti o tra consumatori, specialmente per quanto concerne le condizioni di prezzo, di consegna, le tariffe di trasporti e, parimenti, i provvedimenti e le pratiche che ostacolino la libera scelta del fornitore da parte dell’acquirente;

c)
le sovvenzioni o gli aiuti concessi dagli Stati o gli oneri speciali imposti da essi in qualunque forma;

(...)»

2
L’art. 33 CA così dispone:

«La Corte è competente a giudicare dei ricorsi di annullamento per incompetenza, violazione delle forme essenziali, violazione del trattato o di ogni norma giuridica concernente la sua applicazione, o sviamento di potere, proposto contro le decisioni e le raccomandazioni dell’alta autorità da uno Stato membro del Consiglio. Tuttavia, l’esame della Corte non può vertere sulla valutazione dello stato risultante da fatti o circostanze economiche in considerazione del quale sono state prese le dette decisioni o raccomandazioni, salvo che sia mossa accusa alla Commissione di aver commesso uno sviamento di potere o di avere misconosciuto in modo patente le disposizioni del trattato oppure ogni norma giuridica concernente la sua applicazione.

Le imprese e le associazioni di cui all’art. 48 possono proporre, alle medesime condizioni, un ricorso contro le decisioni e le raccomandazioni singole che le concernono o contro le decisioni e le raccomandazioni generali che esse ritengano viziate da sviamento di potere in loro riguardo.

(…)».

3
Conformemente all’art. 35 CA :

«Qualora la Commissione, obbligata da una disposizione del presente trattato o dai regolamenti di esecuzione a prendere una decisione o a fare una raccomandazione, non si conformi a questo obbligo, spetta, secondo il caso, agli Stati membri, al Consiglio o alle imprese e associazioni di metterla in mora.

La medesima norma vale anche quando la Commissione, avendo il potere per disposizione del presente trattato o dei regolamenti di esecuzione di prendere una decisione o di fare una raccomandazione, se ne astenga e questa astensione costituisca sviamento di potere.

Se, entro il termine di due mesi, la Commissione non ha preso alcuna decisione né fatto alcuna raccomandazione, può essere proposto ricorso alla Corte, entro il termine di un mese, contro la decisione implicita di rifiuto che si presume risulti da questo silenzio».

4
L’art. 80 CA così dispone:

«Per imprese, secondo il presente trattato, si intende quelle che esercitano attività di produzione nel campo del carbone e dell’acciaio nell’interno dei territori indicati all’art. 79, primo capoverso e, inoltre, per quanto concerne gli artt. 65 e 66, e parimente le informazioni richieste per la loro applicazione e i ricorsi proposti contro la loro applicazione, le imprese o gli organismi che esercitano abitualmente un’attività di distribuzione diversa dalla vendita ai consumatori domestici e all’artigianato».


Fatti all’origine della controversia

5
La ricorrente, all’epoca Lormines, società indirettamente controllata della Usinor, veniva costituita nel 1978 per riprendere le concessioni e gli affitti delle miniere di ferro della Sacilor in Lorena. La ricorrente è divenuta una pubblica impresa in conseguenza della nazionalizzazione della società madre nel 1982. Tenuto conto del declino dell’attività estrattiva del ferro in tale regione, il governo francese nel 1991 ha deciso di cessare la produzione. Le ultime miniere di ferro della ricorrente cessavano la loro attività nel luglio 1993. La ricorrente veniva privatizzata nel 1995 e nel 1997.

6
A causa della scomparsa del suo oggetto sociale, la ricorrente era destinata allo scioglimento. Di conseguenza, avviava i procedimenti di abbandono e di rinuncia.

7
Il procedimento di abbandono mira a chiudere e a rendere sicuri i vecchi impianti minerari. Nell’ambito di un abbandono la società mineraria è soggetta al rispetto della polizia speciale delle miniere, il cui obiettivo consiste nel definire i lavori necessari al fine di rendere sicuri i vecchi impianti minerari.

8
Il procedimento di rinuncia ha lo scopo di porre termine, in modo anticipato, alla concessione. Esso consente di sottrarre il concessionario agli obblighi che derivano dall’applicazione della polizia speciale delle miniere e lo esonera dalla presunzione di responsabilità che grava su di lui per i danni che sopravvengono in superficie.

9
Le misure di abbandono di più miniere della ricorrente sono state eseguite conformemente alle disposizioni del decreto 7 maggio 1980, n. 80-330, relativo alla polizia delle miniere e delle cave (JORF del 10 maggio 1980, pag. 1179), e relative modifiche, come constatato dalla competente autorità nazionale nel corso del 1996.

10
La domanda di rinuncia anticipata alle corrispondenti concessioni non veniva però accettata dal ministro competente e l’amministrazione ha continuato a esercitare la polizia delle miniere basandosi sulla legge 15 luglio 1994, n. 94‑588, recante modifica di talune disposizioni del codice minerario e dell’articolo L. 711‑12 del codice del lavoro (JORF del 16 luglio 1994, pag. 10239). La ricorrente pertanto continuava a sopportare oneri connessi a misure di sorveglianza e di lavori pubblici.

11
Inoltre, con legge 30 marzo 1999, n. 99‑245, relativa alla responsabilità in materia di danni conseguenti allo sfruttamento minerario e alla prevenzione dei rischi minerari dopo la cessazione dello sfruttamento (JORF del 31 marzo 1999, pag. 4767), la presunzione di responsabilità in materia mineraria è stata estesa nella misura in cui è d’ora in avanti prevista una presunzione di responsabilità perpetua dell’ex concessionario. Questa legge obbliga altresì l’ex gestore a versare un conguaglio destinato al finanziamento di spese pubbliche per dieci anni.

12
Con delibera dell’assemblea generale straordinaria 3 marzo 2000, la ricorrente veniva posta in liquidazione stragiudiziale.

13
Avendo considerato che il rifiuto delle autorità francesi di porre termine alle sue concessioni, dal quale deriva l’assoggettamento a nuovi oneri imprevedibili ed esorbitanti, costituiva una violazione degli artt. 4 CA e 86 CA, la ricorrente presentava alla Commissione un reclamo datato 9 febbraio 2001 e registrato presso il segretariato generale della Commissione il 21 febbraio 2001.

14
Nel suo reclamo, la ricorrente sosteneva che le autorità francesi avevano violato l’art. 4, lett. c), CA facendo gravare su di essa «oneri speciali». Concludeva chiedendo alla Commissione di constatare, sulla base dell’art. 88 CA, che la Repubblica francese non aveva adempiuto agli obblighi previsti da tale trattato e di intimarle di:

«– riconoscere che la società Lormines non è più titolare delle sue concessioni e affitti a partire dal giorno del loro effettivo abbandono;

– riconoscere che, dopo l’abbandono effettivo delle sue concessioni e affitti, la società Lormines non può essere assoggettata ad una presunzione di responsabilità;

– cessare di imporre alla società Lormines qualsivoglia onere ai sensi delle dette concessioni e affitti;

– indennizzare la società Lormines degli oneri che essa ha dovuto sopportare a partire dall’abbandono effettivo delle sue concessioni e affitti».

15
Nella sua lettera 30 marzo 2001, che il legale della ricorrente afferma aver ricevuto il 20 aprile 2001, la Commissione, a firma del direttore della Direzione «Aiuti di Stato II» in seno alla direzione generale «Concorrenza», ha risposto in questi termini:

«Sulla base delle informazioni disponibili, i servizi della direzione generale della concorrenza hanno concluso che la questione non dipende dal diritto comunitario ma esclusivamente dal diritto francese. Infatti, le misure denunciate, le quali si riferiscono alle condizioni imposte dallo Stato francese per la rinuncia da parte delle società di gestione alle concessioni minerarie, non sono misure di applicazione specifiche per le imprese CECA. Esse ricadono nell’ambito della sicurezza e della responsabilità civile, settori che rientrano nella competenza degli Stati membri e non in quella della Comunità. Le imprese CECA non sono esentate dagli obblighi che gli Stati impongono per motivi d’ordine generale come la sicurezza, la responsabilità civile o l’ambiente. Le spese che ne derivano non possono pertanto essere considerate come oneri speciali che gravano sulle imprese CECA ai sensi dell’art. 4, [lett]. c), [CA].

Qualora doveste disporre di nuovi elementi idonei a dimostrare il contrario, vi sarei grato se ne metteste al corrente i miei servizi al più presto possibile».

16
Con lettera 9 maggio 2001, il legale della ricorrente rispondeva alla lettera della Commissione. Insisteva sull’asserita violazione dell’art. 4, lett. c), CA per quanto riguarda la nozione di «oneri speciali» e l’imposizione di oneri alle sole imprese contemplate dal Trattato CECA. Inoltre faceva valere l’esistenza di una discriminazione in contrasto con l’art. 4, lett. b), CA e concludeva come segue:

«Invito quindi, per quanto necessario e ai fini dell’art. 35 [CA], la Commissione a constatare l’inadempimento della Repubblica francese agli obblighi che le sono imposti dagli artt. 4, [lett.] b), [CA] e 86 [CA]».

17
Chiedeva altresì che fossero disposte esattamente le stesse misure che aveva già sollecitato nel suo reclamo 9 febbraio 2001 (punto 14 supra).

18
Con lettera 10 luglio 2001, che l’avvocato della ricorrente afferma di aver ricevuto il 19 luglio successivo, la Commissione, a firma del direttore della Direzione «Politica delle imprese e ambiente, sfruttamento delle risorse naturali e industrie specifiche» della Direzione generale «Imprese», gli comunicava la seguente risposta:

«Nella vostra lettera del 14 maggio 2001, voi fate menzione, in subordine, di una discriminazione in contrasto con l’art. 4, [lett.] b), [CA], di cui la Lormines sarebbe vittima. Questo aspetto è stato esaminato dai miei servizi competenti in materia. Orbene, si rileva che l’art. 4, [lett.] b), [CA] riguarda unicamente le vendite di prodotti CECA. L’applicazione della regola generale di non discriminazione è stata precisata nell’art. 60 [CA] (prezzo di vendita) e nell’art. 70 [CA] (spese di trasporto). Gli oneri speciali conseguenti alla rinuncia da parte delle società di gestione alle concessioni minerarie non rientrano pertanto nell’ambito di applicazione dell’art. 4, [lett.] b), [CA].

Per gli altri aspetti del vostro reclamo, faccio riferimento alla risposta della Direzione generale della concorrenza, riportata nella sua lettera 30 marzo 2001».


Procedimento e conclusioni delle parti

19
Con atti depositati in cancelleria il 9 maggio 2001 e il 31 luglio 2001, registrati rispettivamente sotto i numeri T‑107/01 e T‑175/01, la ricorrente ha proposto alla Corte i presenti ricorsi.

20
Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 giugno 2001, la convenuta ha sollevato un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’art. 114 del regolamento di procedura del Tribunale nell’ambito della causa T‑107/01. Con ordinanza del Tribunale 11 ottobre 2001, l’eccezione è stata unita al merito e le spese sono state riservate.

21
Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 ottobre 2001, la convenuta ha sollevato un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’art. 114 del regolamento di procedura nell’ambito della causa T‑175/01. Con ordinanza del Tribunale 12 marzo 2002, l’eccezione è stata unita al merito e le spese sono state riservate.

22
Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 maggio 2002, registrato sotto i numeri T‑107/01 R e T‑175/01 R, la ricorrente ha proposto una domanda di provvedimenti urgenti. Tale domanda è stata respinta con ordinanza del presidente del Tribunale 11 luglio 2002, cause riunite T‑107/01 R e T‑175/01 R, Lormines/Commissione (Racc. pag. II‑3193), e le spese sono state riservate.

23
Con ordinanza del presidente della Quarta Sezione del Tribunale 15 novembre 2002, le cause T‑107/01 e T‑175/01 sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza, conformemente all’art. 50 del regolamento di procedura.

24
Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del regolamento di procedura, ha invitato la convenuta a rispondere ad un quesito scritto. L’interessata ha ottemperato a tale domanda nel termine impartito.

25
All’udienza del 18 febbraio 2004 sono state sentite le difese svolte dalle parti e le risposte ai quesiti loro rivolti dal Tribunale.

26
Nella causa T‑107/01, la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

dichiarare il ricorso ricevibile;

annullare, in via principale e sulla base dell’art. 35 CA, la decisione implicita 21 aprile 2001, con la quale la Commissione ha rifiutato di accogliere il suo reclamo del 21 febbraio 2001;

annullare, in subordine e alternativamente, sulla base dell’art. 33 CA, la decisione 30 marzo 2001, con la quale la Commissione ha rifiutato di accogliere il medesimo reclamo;

condannare la Commissione alle spese.

27
Nella causa T‑107/01, la convenuta conclude che il Tribunale voglia:

dichiarare il ricorso irricevibile;

in subordine dichiarare il ricorso principale infondato e respingerlo e dichiarare il non luogo a statuire nel ricorso subordinato e alternativo;

condannare la ricorrente alle spese.

28
Nella causa T‑175/01, la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

dichiarare il ricorso ricevibile;

annullare, sulla base dell’art. 35 CA, la decisione implicita 9 luglio 2001 con la quale la Commissione ha rifiutato di accogliere il reclamo del 9 maggio 2001;

annullare, sulla base dell’art. 33 CA, la decisione esplicita 10 luglio 2001 con la quale la Commissione ha rifiutato di accogliere il medesimo reclamo;

condannare la Commissione alle spese.

29
Nella replica, la ricorrente conclude, in subordine, che il Tribunale voglia dichiarare inesistente la decisione della Commissione contenuta nella lettera 10 luglio 2001.

30
Nella causa T‑175/01, la convenuta conclude che il Tribunale voglia:

dichiarare il ricorso irricevibile;

in subordine, dichiarare il ricorso infondato e respingerlo;

condannare la ricorrente alle spese, comprese quelle relative al procedimento sommario.


In diritto

31
Nelle due cause, la Commissione eccepisce l’irricevibilità dei ricorsi per carenza e dei ricorsi di annullamento sulla base di più motivi.

32
Si deve analizzare il motivo con cui si deduce che la ricorrente non sarebbe legittimata ad agire sulla base degli artt. 33 CA e 35 CA, poiché non sarebbe un’impresa ai sensi dell’art. 80 CA. Tale questione ha infatti carattere preliminare ed è comune alle conclusioni per carenza e per annullamento.

Sulla qualità di impresa ai sensi dell’art. 80 CA

Argomenti delle parti

33
La Commissione sostiene che la ricorrente non è un’impresa ai sensi dell’art. 80 CA, poiché non esercitava alcuna attività rientrante nel Trattato CECA, né al momento del deposito dei presenti ricorsi né al momento in cui si è indirizzata alla Commissione e neppure al momento in cui le sono stati imposti gli oneri di cui trattasi. Sottolinea che gli elementi forniti dalla ricorrente indicano che la sua attività di estrazione di ferro è cessata il 31 luglio 1993 e che essa non ha più dipendenti in organico a partire dal 31 dicembre 1999.

34
La ricorrente eccepisce l’irricevibilità del motivo della Commissione fondato sull’assenza della qualità di impresa ai sensi dell’art. 80 CA, in virtù dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura. Sostiene che questo motivo è stato presentato soltanto nel controricorso, nell’ambito della causa T‑107/01, e non già nell’atto separato con il quale è stata sollevata l’eccezione di irricevibilità.

35
Aggiunge che la Commissione non può sollevare tale motivo, in quanto la legittimazione ad agire di una persona non può più essere contestata nel corso della fase contenziosa, se è stata riconosciuta dalle istituzioni comunitarie nell’ambito della previa fase amministrativa (sentenze della Corte 8 ottobre 1974, causa 175/73, Union syndicale e a./Conseil, Racc. pag. 917, e del Tribunale 11 luglio 1996, causa T‑161/94, Sinochem Heilongjiang/Consiglio, Racc. pag. II‑695, punto 34).

36
Per quanto riguarda il merito della questione, la ricorrente sostiene di essere un’impresa ai sensi dell’art. 80 CA e di essere pertanto legittimata ad agire sulla base degli artt. 33 CA e 35 CA.

37
Ritiene che tale interpretazione sia la sola conforme alla lettera e all’effetto utile del Trattato CECA, che deve coprire l’insieme del processo di produzione, dall’entrata all’uscita effettiva dal mercato del carbone e dell’acciaio, ivi compresa la cessazione dell’attività di produzione.

38
Sottolinea altresì che gli oneri che ha denunciato alla Commissione le sono stati imposti dalla Repubblica francese in ragione della sua attività estrattiva del minerale di ferro e del suo mantenimento forzato in possesso di più concessioni di miniere di ferro. Considera che un’impresa ai sensi dell’art. 80 CA, la cui rinuncia alle sue concessioni di miniere di ferro è rifiutata dallo Stato, mentre soltanto l’accettazione di tale rinuncia le avrebbe consentito di uscire dal mercato, deve beneficiare della protezione del trattato CECA.

39
Rispondendo, nel corso dell’udienza, ad una domanda volta a chiarire come gli oneri di cui si lamenta possano incidere sulla sua situazione concorrenziale se non è più in attività, la ricorrente ha sostenuto che tali oneri incidono sulla sua situazione precedente alla cessazione delle attività, poiché, precisamente, se essa avesse potuto prevederli quando era ancora in attività, non avrebbe forse ripreso altre concessioni come invece ha fatto. Aggiunge, a tal riguardo, che gli oneri connessi alla chiusura delle miniere avrebbero dovuto essere prevedibili nel corso della sua attività, in modo da costituire oggetto di accantonamenti e di un trattamento fiscale diverso. Inoltre ha dichiarato che, al momento dell’entrata in vigore della legge 15 luglio 1994, essa deteneva ancora del minerale.

40
Ricorda inoltre che esiste una regolamentazione comunitaria degli aiuti alla chiusura delle imprese siderurgiche. Sostiene che, allo stesso modo, gli oneri imposti in occasione della cessazione di attività di un’impresa di produzione di carbone o di acciaio, come nella specie, devono essere valutati alla luce delle disposizioni del Trattato CECA, dal momento che i costi per l’uscita dal mercato, come tutti i costi diretti e indiretti, fanno parte dell’economia dell’impresa.

41
Osserva altresì che il Tribunale ha già riconosciuto che una società, per cui l’apertura del fallimento aveva comportato la cessazione dell’attività prima della presentazione di un suo ricorso dinanzi al giudice comunitario, aveva qualità di impresa ai sensi degli artt. 33 CA, 35 CA e 80 CA (sentenza del Tribunale 25 marzo 1999, causa T‑37/97, Forges de Clabecq/Commissione, Racc. pag. II‑859).

42
In udienza, la ricorrente ha sostenuto che, nello stesso senso, le sentenze della Corte 17 maggio 1983, causa 168/82, CECA/Ferriere Sant’Anna (Racc. pag. 1681), e 22 febbraio 1990, causa C‑221/88, Busseni (Racc. pag. I‑495), hanno riconosciuto che l’Alta Autorità può far ammettere crediti (risultanti da prelievi ai sensi degli artt. 49 CA e 50 CA o da ammende) al passivo del fallimento di talune imprese che hanno cessato la loro attività. La ricorrente sostiene che, per ragioni di coerenza, l’ammissione dei suddetti crediti al passivo del fallimento di tali imprese implica che un’impresa che si trova nella sua situazione possa proporre ricorso sulla base degli artt. 33 CA e 35 CA.

43
La ricorrente sostiene ancora che la Commissione ha riconosciuto che le misure adottate da uno Stato nei confronti di un’impresa in occasione della chiusura delle sue miniere di ferro devono rispettare il Trattato CECA, anche dopo la cessazione dell’attività estrattiva, poiché tali misure si rifanno all’esercizio dell’attività economica coperta da tale trattato. La Commissione sarebbe intervenuta in una siffatta situazione ai sensi dell’art. 95 CA (decisione 96/269/CECA della Commissione 29 novembre 1995, relativa ad un progetto di aiuto a favore della Voest‑Alpine Erzberg Gesellschaft mbH, GU 1996, L 94, pag. 17). Questa decisione riguarderebbe aiuti che si riferiscono, in parte, ad un periodo successivo all’uscita dal mercato delle imprese beneficiarie.

44
La Commissione risponde che essa non ignora la sentenza della Corte 20 marzo 1959, causa 18/57, Nold/Alta Autorità (Racc. pag. 87), la quale ha riconosciuto la legittimazione ad agire, sulla base dell’art. 33 CA, di una società in liquidazione. Sostiene tuttavia che tale società continuava a svolgere la sua attività come nel passato, a differenza della ricorrente, la quale da oltre dieci anni non esercita più alcuna attività idonea ad avere un’incidenza sul mercato dei prodotti rientranti nel Trattato CECA.

45
La Commissione sostiene ancora che l’argomento che la ricorrente deduce dall’esistenza di aiuti alla chiusura delle imprese siderurgiche è infondato. Sostiene che l’ultimo codice degli aiuti alla siderurgia (decisione della Commissione 18 dicembre 1996, n. 2496/96/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti a favore della siderurgia, GU L 338, pag. 42) riguarda soltanto gli aiuti alle imprese che sono ancora in attività e che cessano definitivamente la loro attività di produzione siderurgica. Ora, nella presente causa, non si riscontrerebbe una situazione che corrisponda al momento dell’uscita effettiva dal mercato del carbone e dell’acciaio, ma ci si troverebbe in un momento ampiamente posteriore all’abbandono di tale mercato.

46
Per quanto riguarda l’argomento che la ricorrente trae dalla sentenza Forges de Clabecq/Commissione, punto 41 supra, la convenuta rileva che, sebbene l’impresa in questione fosse fallita, il giudice nazionale aveva deciso che la sua attività doveva essere proseguita in vista della sua ristrutturazione e del suo rilancio.

47
Per quanto riguarda l’argomento dedotto dalla decisione 96/269, la convenuta sostiene che la situazione dell’impresa a cui tale decisione si riferiva era fondamentalmente diversa da quella della ricorrente. In quella decisione era stato previsto che la miniera di ferro doveva essere chiusa. Tuttavia, al momento della concessione dell’aiuto di cui trattasi, l’impresa era ancora in produzione.

48
Rispondendo al motivo che la ricorrente trae dall’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura, la Commissione sostiene che non è tenuta ad esporre tutti i motivi di irricevibilità nelle eccezioni di irricevibilità sollevate con atto separato e che nel suo controricorso può sostenere altri motivi di irricevibilità. Ad ogni modo, il Tribunale avrebbe titolo per esaminare d’ufficio ogni motivo di ordine pubblico.

Giudizio del Tribunale

49
Prima di esaminare la fondatezza del motivo di irricevibilità sollevato dalla Commissione, il Tribunale ritiene necessario valutare se questo stesso motivo sia ricevibile. Infatti, si deve ricordare che la Commissione lo ha invocato soltanto nel controricorso presentato nella causa T‑107/01 nonché nell’eccezione di irricevibilità proposta nella causa T‑175/01.

50
Per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente secondo la quale la legittimazione ad agire di una persona non può più essere contestata nell’ambito del procedimento contenzioso se è stata riconosciuta dalle istituzioni comunitarie nell’ambito del previo procedimento amministrativo, si deve rilevare che le sentenze Union syndicale e a./Consiglio e Sinochem Heilongjiang/Consiglio, punto 35 supra, invocate a sostegno di tale affermazione, sono prive di pertinenza. Si deve, a questo proposito, constatare che le circostanze del presente caso sono diverse da quelle che hanno dato luogo a tali sentenze. Infatti, la sentenza Union syndicale e a./Consiglio riguardava la questione della competenza della Corte a conoscere di un ricorso diretto proposto da un’associazione professionale nell’ambito dell’art. 91 dello Statuto del personale delle Comunità europee. Anche nella causa Sinochem Heilongjiang/Consiglio non si trattava di stabilire se la convenuta potesse ancora eccepire un motivo di irricevibilità nella fase contenziosa del procedimento, bensì di accertare se la ricorrente avesse la qualità di persona giuridica ai sensi dell’art. 230 CE, dato che era stata trattata dalle istituzioni comunitarie come un’entità giuridica indipendente nel corso della fase amministrativa del procedimento.

51
Per quanto riguarda il motivo della ricorrente secondo il quale l’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura avrebbe impedito alla Commissione di invocare la carenza della qualità di impresa ai sensi dell’art. 80 CA nel controricorso presentato nella causa T‑107/01, poiché non lo aveva fatto nell’eccezione di irricevibilità, si deve ricordare che, ai sensi dell’art. 113 del regolamento di procedura, il Tribunale può d’ufficio in qualsiasi momento esaminare l’irricevibiltà per motivi di ordine pubblico tra i quali rientra, secondo la giurisprudenza, la competenza del giudice comunitario a conoscere del ricorso (sentenze della Corte 18 marzo 1980, cause riunite 154/78, 205/78, 206/78, 226/78‑228/78, 263/78 e 264/78, 31/79, 39/79, 83/79 e 85/79, Valsabbia e a./Commissione, Racc. pag. 907, punto 7, e del Tribunale 17 giugno 1998, causa T‑174/95, Svenska Journalistförbundet/Consiglio, Racc. pag. II‑2289, punto 80). Il sindacato del Tribunale non è pertanto limitato ai motivi di irricevibilità sollevati dalle parti (ordinanza del Tribunale 10 luglio 2002, causa T‑387/00, Comitato organizzatore del convegno internazionale/Commissione, Racc. pag. II‑3031, punto 36).

52
Nella specie, il motivo di irricevibilità sollevato dalla Commissione pone una questione di ordine pubblico, in quanto riguarda la legittimazione ad agire della ricorrente nonché il suo accesso ai rimedi giurisdizionali e, secondo la giurisprudenza summenzionata, può quindi costituire oggetto di esame d’ufficio da parte del Tribunale (sentenza del Tribunale 24 ottobre 1997, causa T‑239/94, EISA/Commissione, Racc. pag. II‑1839, punto 27).

53
Per quanto riguarda la fondatezza di tale eccezione di irricevibilità, si deve constatare come l’art. 33, secondo comma, CA, disponga che «le imprese o le associazioni di cui all’art. 48 [CA]» possono proporre, alle medesime condizioni, indicate al suo primo comma, un ricorso di annullamento contro le decisioni e le raccomandazioni singole che le concernono o contro le decisioni o le raccomandazioni generali che esse ritengono viziate da sviamento di potere nei loro riguardi. Secondo costante giurisprudenza, l’elencazione contenuta in tale articolo dei soggetti di diritto legittimati a proporre un ricorso di annullamento è tassativa, con la conseguenza che i soggetti che non vi sono menzionati non possono proporre validamente un siffatto ricorso (sentenze della Corte 11 luglio 1984, causa 222/83, Commune de Differdange e a./Commissione, Racc. pag. 2889, punto 8, e del Tribunale 8 luglio 2003, causa T‑374/00, Verband der freien Rohrwerke e a./Commissione, Racc. pag. II‑2275, punto 33).

54
Si deve altresì rilevare che ai sensi degli artt. 80 CA e 81 CA soltanto le imprese che esercitano un’attività produttiva nel settore del carbone e dell’acciaio sono soggette alle norme del Trattato CECA e che, a tale proposito, i termini «carbone» e «acciaio» si riferiscono unicamente ai prodotti elencati nell’allegato I CA (sentenza della Corte 28 gennaio 2003, causa C‑334/99, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑1139, punto 77).

55
Il ricorso per carenza, ai sensi dell’art. 35 CA, è valido solo se la ricorrente ha qualità di impresa ai sensi dell’art. 80 CA (sentenza della Corte 14 luglio 1961, Vloeberghs/Alta Autorità, cause riunite 9/60 e 12/60, Racc. pag. 379, in particolare pag. 410).

56
Dalla giurisprudenza della Corte risulta invero che non viene richiesto che la ricorrente possieda tale qualità al momento della presentazione del ricorso (sentenza della Corte 10 gennaio 2002, causa C‑480/99 P, Plant e a./Commissione e South Wales Small Mines, Racc. pag. I‑265, punto 44).

57
In questa sentenza, la Corte ha respinto un motivo con cui la Commissione faceva valere l’irricevibilità del ricorso proposto da imprese che sfruttavano miniere in quanto tali imprese non avevano provato che esercitavano ancora l’attività di produzione di carbone al momento della presentazione del ricorso dinanzi al giudice comunitario (punti 37 e 44).

58
La Corte ha sottolineato che era pacifico che le ricorrenti possedevano la qualità di impresa ai sensi dell’art. 80 CA all’epoca dei comportamenti lamentati nella loro denuncia respinta dalla Commissione e ha giudicato che «la circostanza che ess[e] abbiano perduto successivamente tale qualità non può far venir meno il loro interesse a vedere accertata un’infrazione delle regole di concorrenza della quale ess[e] hanno subito le conseguenze quando avevano la detta qualità e rispetto alla quale avevano il diritto di presentare una denuncia» (punto 44).

59
Nella specie è pacifico che la ricorrente ha cessato le sue attività di produzione nel luglio 1993.

60
Inoltre, le sue denunce del 9 febbraio 2001 e del 9 maggio 2001 alla Commissione, che sono all’origine delle presenti cause, riguardano oneri che, essendo stati creati dalle leggi francesi 15 luglio 1994, n. 94‑588, e 30 marzo 1999, n. 99‑245, non esistevano al momento in cui la ricorrente aveva cessato le attività di produzione.

61
Ciò considerato, si deve concludere che la ricorrente non può essere ritenuta impresa ai sensi dell’art. 80 CA, e la circostanza che essa detenesse ancora del minerale al momento dell’entrata in vigore della legge 15 luglio 1994 non è, di per sé sola, idonea ad inficiare tale conclusione.

62
Inoltre, dato che gli oneri di cui la ricorrente si lamenta risultano da disposizioni successive alla cessazione della sua attività mineraria, la ricorrente non ha subito le conseguenze delle asserite infrazioni al Trattato CECA quando aveva ancora la qualità di impresa ai sensi dell’art. 80 CA. Pertanto, i comportamenti menzionati nelle sue denunce non hanno avuto alcun effetto sul mercato comunitario del carbone e dell’acciaio.

63
La constatazione che la ricorrente non ha qualità di impresa ai sensi dell’art. 80 CA non è rimessa in discussione dagli altri argomenti che essa svolge.

64
Per quanto riguarda gli argomenti basati sul fatto che il Trattato CECA deve coprire l’insieme del processo di produzione, nonché sul nesso economico tra gli oneri di cui la ricorrente si lamenta e la sua precedente attività, si deve considerare che nessuno di questi argomenti rimette in discussione il fatto che la ricorrente, contrariamente a quanto richiesto dall’art. 80 CA, non svolgeva attività di produzione nel settore del carbone e dell’acciaio né al momento dei comportamenti lamentati nelle sue denunce né al momento in cui si è rivolta alla Commissione per denunciare gli oneri imposti dalla Repubblica francese. Inoltre, non si tratta di infrazioni di cui la ricorrente avrebbe subito le conseguenze quando aveva ancora la qualità di impresa ai sensi dell’art. 80 CA.

65
Non vi è neppure ragione di accogliere la tesi della ricorrente secondo cui un’impresa dovrebbe godere della tutela giurisdizionale offerta dal Trattato CECA fino alla sua effettiva uscita dal mercato. Come è stato più volte ricordato dai giudici comunitari, non spetta a questi ultimi derogare al sistema giudiziario organizzato dal Trattato (v., in particolare, per quanto riguarda gli strumenti di ricorso previsti dal Trattato CECA, sentenza della Corte 4 luglio 1963, causa 12/63, Schlieker/Alta Autorità, Racc. pag. 175, 186, e sentenza Verband der freien Rohrwerke e a./Commissione, cit. punto 53, al punto 38).

66
In effetti, anche se le condizioni per l’avvio di un’azione dinanzi al giudice comunitario debbono essere interpretate alla luce del principio dell’effettiva tutela giurisdizionale, una siffatta interpretazione non può arrivare a mettere da parte una condizione espressamente prevista dal Trattato CECA, senza eccedere le competenze da questo attribuite al giudice comunitario (ordinanza della Corte 28 marzo 2003, causa C‑75/02 P, Diputación Foral de Alava e a./Commissione, Racc. pag. I‑2903, punto 34).

67
Gli argomenti che la ricorrente deduce dalla tutela giurisdizionale del Trattato CECA per l’insieme del processo di produzione, dal momento dell’entrata all’effettiva uscita dal mercato, e cioè fino alla scomparsa dell’impresa, non possono neanche essere giustificati dall’esistenza di una normativa comunitaria concernente gli aiuti alla chiusura delle imprese siderurgiche. Infatti, come sottolinea a giusto titolo la Commissione, l’ultimo codice di aiuti alla siderurgia (decisione n. 2496/96) si rivolge alle imprese che sono ancora in attività. L’art. 4, n. 2, dispone, in effetti, che «[g]li aiuti a favore delle imprese che cessano definitivamente l’attività di produzione siderurgica CECA possono essere considerati compatibili con il mercato comune a condizione che tali imprese (…) abbiano fabbricato regolarmente prodotti siderurgici CECA fino alla data di notificazione degli aiuti di cui trattasi conformemente all’art. 6 (...)». Dai ‘considerando’ di tale decisione risulta che autorizzando tali aiuti si intende «favorire la chiusura parziale di impianti o finanziare la cessazione definitiva di tutte le attività CECA per le imprese meno competitive».

68
Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui il Tribunale ha riconosciuto la qualità di impresa ai sensi dell’art. 80 CA a un’impresa in fallimento nella sentenza Forges de Clabecq/Commissione, punto 41 supra, si deve rilevare che la sentenza di cui trattasi riguardava un’impresa siderurgica che, allorché la Commissione ha adottato la decisione relativa agli aiuti a suo favore, costituiva l’oggetto di un tentativo di rilancio allo scopo di evitarne il fallimento e di consentirle di continuare la sua attività. Inoltre la decisione della Commissione in tale causa, in data 18 dicembre 1996, era anteriore alla dichiarazione di fallimento pronunciata su ammissione dell’impresa interessata con sentenza del competente Tribunale di commercio 3 gennaio 1997 (punti 6‑11, 18 e 19 della stessa sentenza). Orbene, tale situazione è radicalmente diversa da quella che ricorre nel caso di specie.

69
Per quanto riguarda gli argomenti che la ricorrente trae dalle sentenze nelle cause CECA/Ferriere Sant’Anna e Busseni, citate al punto 42 supra, basta rilevare che, in tali procedimenti, occorreva stabilire se crediti dell’Alta autorità potessero o no essere iscritti in quanto crediti privilegiati al passivo fallimentare di talune imprese. Si deve pertanto sottolineare che le suddette sentenze vertono su una questione estranea a quella di cui si discute nel presente caso e che la ricorrente non ha dimostrato sotto quale aspetto il fatto che siffatti crediti possano essere ammessi al passivo fallimentare di un’impresa ai sensi dell’art. 80 CA implichi che essa possa validamente proporre un ricorso di annullamento. Inoltre, si deve osservare che i crediti di cui trattasi corrispondevano ad obblighi pecuniari delle imprese verso l’Alta autorità, collegati con la loro attività.

70
Infine, per quanto riguarda la decisione 96/269, si deve constatare che essa ha autorizzato aiuti a favore di un’impresa la quale, contrariamente alla ricorrente, era ancora in attività al momento in cui la Commissione ha adottato la sua decisione (v. punto II di tale decisione).

71
Ciò considerato, gli argomenti svolti dalla ricorrente per rivendicare la qualità di impresa ai sensi dell’art. 80 CA debbono essere respinti.

72
Da quanto sopra indicato consegue che i ricorsi della ricorrente sono irricevibili e vanno respinti.


Sulle spese

73
A norma dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, il soccombente è condannato alle spese se ne viene fatta domanda. Essendo rimasta soccombente, la ricorrente va condannata, come chiesto dalla convenuta, alle spese, comprese quelle relative al procedimento sommario.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
I ricorsi sono irricevibili.

2)
La ricorrente è condannata alle spese, comprese quelle relative al procedimento sommario.

Legal

Tiili

Vilaras

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 luglio 2004.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

H. Legal


1
Lingua processuale: il francese.