Language of document : ECLI:EU:T:2022:561

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

14 settembre 2022 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo ITINERANT – Marchio dell’Unione europea figurativo anteriore che rappresenta un papero che canta all’interno di un cerchio – Impedimento alla registrazione relativo – Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (UE) 2017/1001 – Somiglianza – Notorietà – Nesso – Indebito vantaggio – Assenza di motivo legittimo – Articolo 95, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 – Articolo 27, paragrafo 4, del regolamento delegato (UE) 2018/625 – Documento presentato per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso – Irricevibilità»

Nella causa T‑417/21,

Itinerant Show Room Srl, con sede in San Giorgio in Bosco (Italia), rappresentata da E. Montelione, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da J. Crespo Carrillo, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO e interveniente dinanzi al Tribunale:

Save the Duck SpA, con sede in Milano (Italia), rappresentata da M. De Vietro, avvocata,


IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da M.J. Costeira (relatrice), presidente, M. Kancheva e P. Zilgalvis, giudici,

cancelliere: E. Coulon

vista la fase scritta del procedimento,

visto che le parti non hanno presentato, nel termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, a norma dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire omettendo la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la ricorrente, Itinerant Show Room Srl, chiede l’annullamento della decisione della quinta commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 12 maggio 2021 (procedimento R 1017/2020-5) relativa a un procedimento di opposizione tra l’interveniente, Save the Duck SpA, e la ricorrente (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Fatti

2        Il 23 agosto 2018 la ricorrente ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea dinanzi all’EUIPO a norma del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1).

3        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il segno figurativo seguente:

Image not found

4        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 18 e 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 18: «Cuoio grezzo o semilavorato; pellicce [pelli di animali]; pelli di animali da macelleria; pelli d’animali; bauli e valigie; ombrelli e ombrelloni; bastoni da passeggio; fruste; articoli da selleria; portafogli; borsellini; porta carte di credito [portafogli]; borse casual; bauletti destinati a contenere articoli da toilette detti vanity cases; collari per animali; abiti per animali»;

–        classe 25: «Abbigliamento; cappelleria; giacche; giacche a vento; giacche a vento con cappuccio; giacche-camicie; giacche, cappotti, pantaloni, gilet da uomo e da donna; giacche catarifrangenti; giacche con le maniche; giacche da abito; giacche da boscaiolo; giacche da caccia; giacche da camera; giacche da equitazione; giacche da motociclismo; giacche da pesca; giacche da safari; giacche da sera; giacche da smoking; giacche da tight; giacche di asino; giacche di felpa; giacche di montone; giacche di pelle; giacconi da snowboard; giacconi da sci; giacconi da marinaio; pellicce (indumenti); guanti (abbigliamento); camicie; pantaloni; cinture (abbigliamento); foulards [fazzoletti]; cravatte; maglieria; calzini; calzerotti; calzature da spiaggia; abbigliamento per lo sci; tute per lo sci nautico; doposcì; calze per lo sport; scarpe per lo sport; calzini per lo sport; biancheria personale; calzature; abbigliamento per ginnastica; calzature da uomo; galosce [calzature]; scarponcini; sneaker; stivali».

5        La domanda di marchio è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi dell’Unione europea il 2 ottobre 2018.

6        Il 22 dicembre 2018 l’interveniente ha presentato opposizione, ai sensi dell’articolo 46 del regolamento 2017/1001, alla registrazione del marchio richiesto per tutti i prodotti di cui al precedente punto 4.

7        L’opposizione si basava segnatamente sul marchio dell’Unione europea figurativo sotto riprodotto, registrato il 6 luglio 2016 con il numero 15154164 per i prodotti delle classi 18 e 25, e corrispondenti, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 18: «Pellami grezzi o semilavorati ed altre pelli; articoli di valigeria; bauli; valigie; borse; borse da viaggio; zaini; zainetti; bauletti destinati a contenere articoli da toilette detti vanity cases; ombrelli e ombrelloni; bastoni da passeggio e ombrelli combinati; fruste; articoli da selleria»;

–        classe 25: «Abbigliamento da uomo; abbigliamento da donna; abbigliamento per ragazzi; abbigliamento da ragazza; articoli di abbigliamento per bambini; biancheria personale; scarpe; cappelleria».

Image not found

8        A sostegno dell’opposizione venivano dedotti gli impedimenti di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 5, del regolamento 2017/1001.

9        Con decisione del 23 marzo 2020, la divisione di opposizione ha respinto integralmente l’opposizione. In particolare, con riferimento al marchio anteriore menzionato al precedente punto 7, la divisione di opposizione ha ritenuto che le somiglianze tra i segni in conflitto non fossero sufficienti ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001. Ha poi ritenuto che se tali somiglianze non erano sufficienti ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, non lo erano, a maggior ragione, ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001.

10      Il 22 maggio 2020, l’interveniente ha proposto un ricorso avverso tale decisione della divisione di opposizione, ai sensi degli articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001.

11      Con la decisione impugnata, la quinta commissione di ricorso dell’EUIPO ha accolto il ricorso dell’interveniente, ha annullato la decisione della divisione di opposizione e respinto la domanda di registrazione. La commissione di ricorso ha ritenuto che l’opposizione dovesse essere accolta sulla base dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001, considerando che il marchio richiesto traesse indebito vantaggio dalla notorietà in Italia del marchio anteriore per i «piumini».

 Conclusioni delle parti

12      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        ordinare all’EUIPO di autorizzare la registrazione del marchio richiesto;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

13      L’EUIPO e l’interveniente chiedono, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

14      A sostegno del ricorso, la ricorrente invoca, sostanzialmente, tre motivi vertenti, il primo, sulla ricevibilità delle prove presentate per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso; il secondo, sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001 e, il terzo, sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento.

 Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla ricevibilità delle prove presentate per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso

15      La ricorrente sostiene che i documenti da essa presentati dinanzi alla commissione di ricorso sono stati a torto dichiarati irricevibili. A tal proposito, essa afferma, in primo luogo, che il documento 28 era necessario per la validità del ricorso; in secondo luogo, che i documenti da 1 a 19 completavano e chiarivano fatti notori riguardanti l’ampia e diffusissima utilizzazione sul mercato della figura del papero e, in terzo luogo, che i documenti da 20 a 27.2 suffragavano il carattere ingannevole del messaggio trasmesso dal marchio anteriore, il quale genera aspettative di rispetto ambientale che un prodotto interamente in plastica non può soddisfare.

16      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

17      Conformemente all’articolo 95, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, l’EUIPO può non tener conto delle prove che le parti non hanno presentato per tempo.

18      Secondo la giurisprudenza, precisando che l’EUIPO «può», in un caso del genere, decidere di non tener conto delle prove che non sono state presentate per tempo, l’articolo 95, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 gli conferisce un ampio potere discrezionale al fine di decidere, pur motivando la propria decisione su tale punto, se occorra o meno tenere conto di tali prove [v. sentenza del 2 giugno 2021, Franz Schröder/EUIPO – RDS Design (MONTANA), T‑854/19, EU:T:2021:309, punto 25 e giurisprudenza ivi citata].

19      L’esercizio di tale potere discrezionale dell’EUIPO è tuttavia inquadrato dall’articolo 27, paragrafo 4, del regolamento delegato (UE) 2018/625 della Commissione, del 5 marzo 2018, che integra il regolamento 2017/1001 e abroga il regolamento delegato (UE) 2017/1430 (GU 2018, L 104, pag. 1).

20      In base a tale articolo, infatti, la commissione di ricorso può accogliere prove presentate per la prima volta dinanzi ad essa solo se queste soddisfano due condizioni. In primo luogo, se possono, a un primo esame, essere rilevanti per l’esito della causa. In secondo luogo, se non sono state presentate per tempo per valide ragioni, in particolare se vanno semplicemente a integrare i fatti e le prove pertinenti che erano già stati presentati per tempo, o che sono depositati per contestare valutazioni effettuate oppure che sono stati esaminati d’ufficio dall’organo di primo grado nella decisione soggetta a ricorso.

21      Occorre precisare, in merito a quest’ultima condizione, che, secondo la giurisprudenza, una prova complementare è quella caratterizzata da un nesso con altre prove già presentate preliminarmente entro il termine impartito e che si aggiunge a tali prove [v. sentenza del 9 settembre 2020, Kludi/EUIPO – Adlon Brand (ADLON), T‑144/19, non pubblicata, EU:T:2020:404, punto 56 e giurisprudenza ivi citata].

22      Nel caso di specie, per quanto riguarda i documenti da 1 a 19, volti a dimostrare il carattere distintivo debole dell’immagine del papero, e i documenti da 20 a 27.2, volti a dimostrare la natura ingannevole del messaggio trasmesso dal marchio anteriore, la commissione di ricorso ha osservato, anzitutto, che la ricorrente non aveva prodotto alcuna prova al riguardo dinanzi alla divisione di opposizione, cosicché essi non potevano essere considerati integrativi, né destinati a rafforzare o a chiarire il contenuto di prove iniziali inesistenti.

23      La commissione di ricorso ha poi osservato che tali documenti avrebbero potuto essere presentati all’epoca del procedimento dinanzi alla divisione di opposizione, in quanto i documenti da 1 a 19 e da 23 a 26 erano facilmente accessibili su Internet in quel momento e i documenti 20, 22, 27, 27.1 e 27.2 erano anch’essi in possesso della ricorrente già allora.

24      Infine, con particolare riferimento ai documenti da 20 a 27.2, la commissione di ricorso ha espresso seri dubbi circa la loro rilevanza ai fini dell’esito del procedimento.

25      Per quanto riguarda, invece, il documento 28, consistente in un estratto del registro della Camera di Commercio di Padova, la Commissione di ricorso ha ritenuto che tale documento avrebbe potuto essere presentato all’epoca del procedimento dinanzi alla divisione di opposizione, in quanto era facilmente accessibile per la ricorrente già allora. Inoltre, la commissione di ricorso ha espresso seri dubbi circa la sua rilevanza ai fini dell’esito del procedimento.

26      Alla luce di quanto precede, la commissione di ricorso ha concluso che detti documenti erano irricevibili.

27      A questo proposito, per quanto riguarda, da un lato, i documenti da 1 a 27.2, occorre rilevare, al pari dell’EUIPO, che, nelle sue osservazioni in risposta all’opposizione proposta dall’interveniente, la ricorrente non ha fatto valere, a sostegno delle sue conclusioni, né il carattere distintivo debole dell’immagine del papero né il carattere ingannevole del messaggio trasmesso dal marchio anteriore. Essa non ha neppure presentato elementi di prova in questo senso.

28      In tali circostanze, e tenuto conto delle considerazioni ricordate in particolare ai precedenti punti 20 e 21, i documenti da 1 a 27.2 non possono essere considerati, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, prove complementari o prove destinate a corroborare o a chiarire il contenuto di argomenti o prove inizialmente presentati per tempo.

29      Va altresì rilevato che la ricorrente non contesta l’affermazione della commissione di ricorso secondo cui tali documenti avrebbero potuto essere presentati già all’epoca del procedimento dinanzi alla divisione di opposizione. Peraltro, la ricorrente non ha addotto alcuna ragione per giustificare tale presentazione tardiva. Inoltre, tali documenti non miravano a controbattere una valutazione della divisione di opposizione.

30      Per quanto riguarda, dall’altro lato, il documento 28, si deve rilevare, al pari della commissione di ricorso e dell’EUIPO, che tale documento, consistente in un estratto del registro della Camera di Commercio di Padova relativo alla ricorrente, non sembra, a un primo esame, avere alcuna rilevanza ai fini della soluzione della controversia relativa a un procedimento di opposizione. In ogni caso, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, tale documento non era necessario per soddisfare le condizioni di validità del ricorso dinanzi alla commissione di ricorso. Esso non figura nell’elenco degli elementi richiesti dall’articolo 21 del regolamento delegato 2018/625.

31      Di conseguenza, alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto che le condizioni enunciate all’articolo 27, paragrafo 4, del regolamento delegato 2018/625 non fossero soddisfatte nel caso di specie cosicché tali documenti prodotti per la prima volta dinanzi ad essa non erano ricevibili.

32      Il presente motivo di ricorso deve dunque essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellarticolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001

33      La ricorrente critica, sostanzialmente, le conclusioni della commissione di ricorso relative alla comparazione dei segni in conflitto, alla notorietà del marchio anteriore, all’esistenza di un nesso tra tali segni e di un indebito vantaggio.

34      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

35      Conformemente all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore registrato ai sensi del paragrafo 2, la registrazione del marchio depositato è altresì esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore, a prescindere dal fatto che i prodotti o i servizi per i quali si chiede la registrazione siano identici, simili o non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio dell’Unione europea anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nell’Unione o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi.

36      La tutela estesa riconosciuta al marchio anteriore dall’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001 presuppone quindi la coesistenza di varie condizioni. In primo luogo, il marchio anteriore asseritamente notorio dev’essere registrato. In secondo luogo, tale marchio e quello di cui si chiede la registrazione devono essere identici o simili. In terzo luogo, esso deve godere di notorietà nell’Unione, ove si tratti di un marchio dell’Unione europea anteriore, o nello Stato membro interessato, nel caso di un marchio nazionale anteriore. In quarto luogo, l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto deve determinare il rischio che si possa trarre un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o che si possa arrecare pregiudizio al carattere distintivo o alla notorietà del marchio anteriore. Poiché tali condizioni sono cumulative, il mancato soddisfacimento di una di esse è sufficiente a rendere inapplicabile tale disposizione [v. sentenza del 31 maggio 2017, Alma-The Soul of Italian Wine/EUIPO – Miguel Torres (SOTTO IL SOLE ITALIANO SOTTO il SOLE), T‑637/15, EU:T:2017:371, punto 29 e giurisprudenza ivi citata].

37      Con riguardo, più in particolare, alla quarta condizione per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001, quest’ultima prende in considerazione tre tipi di rischi distinti e alternativi, ossia che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto, in primo luogo, arrechi pregiudizio al carattere distintivo del marchio anteriore; in secondo luogo, arrechi pregiudizio alla notorietà del marchio anteriore o, in terzo luogo, tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore. Il primo tipo di rischio preso in considerazione da tale disposizione ricorre quando il marchio anteriore non risulta più in grado di suscitare un’immediata associazione con i prodotti per i quali è stato registrato ed utilizzato. Esso concerne la diluizione del marchio anteriore a causa della dispersione della sua identità e della sua capacità di far presa sul pubblico. Il secondo tipo di rischio considerato si verifica quando i prodotti o i servizi oggetto del marchio richiesto possono essere percepiti dal pubblico in modo tale che il potere di attrazione del marchio anteriore ne risulti compromesso. Il terzo tipo di rischio considerato è quello che l’immagine del marchio notorio o le caratteristiche da quest’ultimo proiettate siano trasferite ai prodotti designati dal marchio richiesto, così che la commercializzazione di questi ultimi possa essere facilitata da tale associazione con il marchio anteriore notorio. Occorre tuttavia evidenziare che in nessuno di tali casi è richiesta la sussistenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto: il pubblico di riferimento deve soltanto poter stabilire un nesso tra essi senza tuttavia dover necessariamente confonderli [v. sentenza del 22 marzo 2007, Sigla/UAMI – Elleni Holding (VIPS), T‑215/03, EU:T:2007:93, punti da 36 a 42 e giurisprudenza ivi citata].

 Sul pubblico di riferimento

38      La commissione di ricorso ha ritenuto, al punto 23 della decisione impugnata, che il pubblico di riferimento fosse, per quanto riguarda i prodotti in questione, il grande pubblico dell’Unione con un livello medio di attenzione.

39      Essa ha tuttavia precisato, ai punti da 20 a 22 della decisione impugnata, che, poiché la ricorrente e l’interveniente erano italiane e operavano, fra l’altro, sul mercato italiano, l’opposizione sarebbe stata valutata alla luce del grande pubblico italiano.

40      Tali valutazioni, che del resto non sono contestate dalla ricorrente, devono essere condivise.

 Sulla comparazione dei segni in conflitto

41      Secondo la giurisprudenza, due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico di riferimento, esiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti pertinenti [v., in tal senso, sentenza del 23 marzo 2017, Vignerons de la Méditerranée/EUIPO – Bodegas Grupo Yllera (LE VAL FRANCE), T‑216/16, non pubblicata, EU:T:2017:201, punto 23 e giurisprudenza ivi citata].

42      I marchi da confrontare si presentano come segue:

–        il marchio richiesto, di seguito riprodotto, è un marchio complesso, composto da un elemento verbale, «itinerant», e da un elemento figurativo che rappresenta un papero:

Image not found

–        il marchio anteriore, di seguito riprodotto, è un marchio puramente figurativo che rappresenta un papero all’interno di un cerchio di colore arancione con bordo nero:

Image not found

–       Sull’elemento dominante e distintivo del marchio richiesto

43      La ricorrente addebita sostanzialmente alla commissione di ricorso di aver ritenuto che l’elemento dominante del marchio richiesto fosse l’elemento figurativo anziché l’elemento verbale. A questo proposito, la ricorrente sostiene che, da un lato, l’immagine del papero ha un carattere distintivo debole, vista l’alta frequenza con cui appare sul mercato in numerosissimi settori merceologici, cosicché il pubblico di riferimento percepirebbe quest’ultimo come mero elemento decorativo. Dall’altro lato, l’elemento verbale «itinerant», che riprodurrebbe il «cuore» della sua denominazione sociale e che apparirebbe in tutti gli atti del procedimento, sarebbe fortemente distintivo.

44      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

45      In via preliminare, da un lato, occorre ricordare che la valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi in questione, considerati ciascuno nel suo complesso, il che non esclude che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti. Solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili si potrà valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante. Questo può verificarsi, in particolare, ove detta componente sia atta a dominare da sola l’immagine di tale marchio memorizzata dal pubblico di riferimento, di modo che tutte le altre componenti del marchio risultano trascurabili nell’impressione globale da questo prodotta [v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2018, Eddy’s Snack Company/EUIPO – Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (Eddy’s Snackcompany), T‑652/17, non pubblicata EU:T:2018:564, punto 39 e giurisprudenza ivi citata].

46      Si deve altresì ricordare come dalla giurisprudenza risulti che, quando un segno consiste tanto in elementi figurativi quanto in elementi verbali, non ne consegue automaticamente che sia l’elemento verbale a dover essere sempre considerato come dominante [v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2005, Simonds Farsons Cisk/UAMI – Spa Monopole (KINJI by SPA), T‑3/04, EU:T:2005:418, punto 45].

47      Dall’altro lato, occorre rilevare che la ricorrente non contesta la conclusione della commissione di ricorso secondo cui la rappresentazione di un papero è l’elemento dominante del marchio anteriore.

48      Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, al punto 59 della decisione impugnata, che l’elemento dominante del marchio richiesto fosse l’elemento figurativo che rappresenta un papero. Essa ha peraltro precisato che l’elemento verbale «itinerant» non era tale da distogliere l’attenzione del pubblico da detto elemento figurativo dominante.

49      A questo proposito, in primo luogo, l’elemento figurativo nel marchio richiesto, a causa della sua rappresentazione, delle sue dimensioni, della sua posizione nel segno e del suo colore, è visivamente predominante. Anzitutto, esso ha un forte impatto visivo, a causa dell’espressione accigliata del papero, della sua sagoma dinamica e della sua stilizzazione di colori nero e arancione. In secondo luogo, esso è collocato sopra l’elemento verbale «itinerant», in posizione centrale, e occupa la superficie più importante del segno. Infine, esso è distintivo, poiché un papero non ha alcun rapporto con i prodotti di cui trattasi né un significato concreto rispetto a questi ultimi.

50      In secondo luogo, l’elemento verbale «itinerant», a causa delle sue dimensioni, della sua posizione nel segno e della sua stilizzazione semplice e ordinaria, non è idoneo a competere con l’elemento figurativo, né tanto meno a soppiantarlo, come sostiene la ricorrente. Se è vero che neppure tale termine ha alcun rapporto con i prodotti di cui trattasi, esso non è tuttavia visivamente predominante. Esso si trova, infatti, al di sotto dell’elemento figurativo e occupa, rispetto a quest’ultimo, una superficie limitata del segno. Esso non ha nemmeno un forte impatto visivo. È infatti scritto in un carattere tipografico standard e non presenta alcun effetto di stilizzazione.

51      In tali circostanze, la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto che l’elemento figurativo fosse l’elemento dominante del marchio richiesto e che l’elemento verbale non fosse tale da distogliere l’attenzione del pubblico da esso.

52      Tale conclusione non è rimessa in discussione dall’affermazione della ricorrente secondo cui l’immagine del papero avrebbe un carattere distintivo debole, a causa del suo uso frequente come elemento di altri marchi.

53      Invero, oltre al fatto di non essere suffragata da alcun elemento di prova, tale affermazione è priva di rilevanza nel caso di specie, dato che, in sede di valutazione del carattere dominante di una o più componenti determinate di un marchio complesso, occorre tenere conto, in particolare, delle qualità intrinseche di ciascuna di tali componenti paragonandole con quelle di altre componenti [v. sentenza del 23 novembre 2010, Codorniu Napa/UAMI – Bodegas Ontañon (ARTESA NAPA VALLEY), T‑35/08, EU:T:2010:476, punto 35 e giurisprudenza ivi citata].

54      Per le stesse ragioni, occorre respingere l’argomento della ricorrente relativo al fatto che l’elemento verbale riprenderebbe il «cuore» della sua denominazione sociale, di modo che ad esso verrebbe conferito un carattere fortemente distintivo.

–       Sulla somiglianza visiva dei segni in conflitto

55      La ricorrente afferma, in sostanza, che i segni in conflitto non sono visivamente simili, date le numerose differenze che caratterizzano gli elementi figurativi, e critica la commissione di ricorso per aver fondato la sua valutazione della somiglianza dei segni sulla sentenza del 15 luglio 2020, Itinerant Show Room/EUIPO – Save the Duck (FAKE DUCK) (T‑371/19, non pubblicata, EU:T:2020:339), poiché i marchi in questione in quella controversia sarebbero sostanzialmente diversi.

56      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

57      La commissione di ricorso, basandosi sul punto 38 della sentenza del 15 luglio 2020, FAKE DUCK (T‑371/19, non pubblicata, EU:T:2020:339), ha considerato, ai punti 59 e 60 della decisione impugnata, da un lato, che i segni in conflitto coincidevano sul piano visivo per il loro elemento dominante comune che rappresenta un papero e, dall’altro, che le differenze relative all’orientazione del papero, al suo stato d’animo e al colore delle sue zampe non avevano un’influenza decisiva sull’impressione globale di somiglianza tra i segni. Ha inoltre ritenuto che l’elemento verbale «itinerant» nel marchio richiesto non avesse un impatto visivo tale da distogliere l’attenzione del pubblico dall’elemento dominante. La commissione di ricorso ha quindi concluso che i segni in conflitto erano mediamente simili sul piano visivo.

58      A tale riguardo, occorre rilevare anzitutto che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, gli elementi figurativi dei segni in conflitto esaminati nella sentenza del 15 luglio 2020, FAKE DUCK (T‑371/19, non pubblicata, EU:T:2020:339), sono quasi identici agli elementi figurativi esaminati nella presente causa.

59      Infatti, i marchi da confrontare nella sentenza del 15 luglio 2020, FAKE DUCK (T‑371/19, non pubblicata, EU:T:2020:339), si presentavano come segue:

–        il marchio richiesto, di seguito riprodotto, era un marchio complesso, composto da un elemento verbale, «fake duck», e da un elemento figurativo che rappresenta un papero di colore nero:

Image not found

–        il marchio anteriore, di seguito riprodotto, era un marchio complesso, composto da un elemento verbale, «save the duck», e da un elemento figurativo che rappresenta un quadrato grigio che incorpora un cerchio bianco con bordo nero all’interno del quale è raffigurato un papero di colore nero:

Image not found

60      Ne consegue che tali elementi figurativi, anch’essi considerati dominanti, sono quasi identici agli elementi dominanti della presente fattispecie, come riprodotti al precedente punto 42. Pertanto, la commissione di ricorso si è correttamente basata, ai fini della presente controversia, sulle considerazioni esposte dal Tribunale nella sentenza del 15 luglio 2020, FAKE DUCK (T‑371/19, non pubblicata, EU:T:2020:339), quanto alla somiglianza visiva dei segni in conflitto.

61      In tali circostanze, nei limiti in cui l’argomentazione della ricorrente si basa sull’erronea premessa secondo cui la commissione di ricorso non poteva fondare la sua valutazione della somiglianza dei segni in conflitto sulla sentenza del 15 luglio 2020, FAKE DUCK (T‑371/19, non pubblicata, EU:T:2020:339), l’argomentazione della ricorrente deve essere respinta.

62      Peraltro, occorre osservare, nella fattispecie, che i segni in conflitto hanno in comune un elemento figurativo dominante che rappresenta un papero. Tale papero è presentato, nel marchio richiesto, di profilo e, nel marchio anteriore, di profilo e all’interno di una forma geometrica: cerchio con sfondo arancione e bordo nero. Nel marchio anteriore, il papero è orientato verso destra, mentre, nel marchio richiesto, è orientato verso sinistra. Nel marchio richiesto, il papero è di colore nero, ad eccezione del suo becco e delle sue zampe che sono di colore arancione e del suo occhio che è di colore bianco. Nel marchio anteriore, il papero è di colore nero, ad eccezione delle tre gocce raffigurate sulla sua testa, che sono di colore arancione. Nel marchio richiesto, il papero è rappresentato con il becco chiuso, le ali aperte e con un’espressione accigliata. Nel marchio anteriore, il papero è rappresentato con le ali chiuse e il becco aperto, dal quale escono alcune note musicali.

63      Di conseguenza, per quanto i segni in conflitto presentino differenze, tuttavia, queste ultime, che riguardano, per l’elemento figurativo, l’orientazione del papero, la sua espressione, la forma geometrica nella quale esso è inserito, i colori del suo becco, delle sue zampe e del suo occhio, non consentono di giungere alla conclusione, come sostiene la ricorrente, che i segni sono diversi. Dette differenze, infatti, sono difficilmente percettibili e, pertanto, trascurabili (v., per analogia, sentenza del 15 luglio 2020, FAKE DUCK, T‑371/19, non pubblicata, EU:T:2020:339, punto 38). Peraltro, l’elemento verbale del marchio richiesto, di cui è certamente privo il marchio anteriore, a causa della sua dimensione, della sua posizione nel segno e della sua stilizzazione semplice e ordinaria, non è idoneo a differenziare i segni. Occorre invece considerare, al pari della commissione di ricorso, che i segni in conflitto sono simili in misura media, tenuto conto della rappresentazione comune del papero, di profilo e con una dimensione simile.

64      Pertanto, la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore di valutazione nel ritenere che i segni in conflitto fossero mediamente simili sul piano visivo.

–       Sulle somiglianze fonetiche e concettuali dei segni in conflitto

65      Al punto 61 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato che, poiché il marchio anteriore era puramente figurativo, esso non sarebbe stato oggetto di una comparazione fonetica e che, di conseguenza, i segni in conflitto non erano simili sul piano fonetico.

66      Ai punti da 62 a 65 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato, in sostanza, che i segni in conflitto trasmettevano la stessa nozione, vale a dire quella di un papero, e che, pertanto, essi erano identici sul piano concettuale, nonostante le differenze nel disegno e l’elemento verbale «itinerant» del marchio richiesto, il cui impatto sulla comparazione concettuale sarebbe molto limitato.

67      Tali valutazioni, che del resto non vengono contestate dalla ricorrente, devono essere condivise.

68      Ne consegue che, alla luce di tutto quanto precede, la commissione di ricorso ha giustamente considerato che, globalmente, i segni in conflitto erano concettualmente identici, mediamente simili sul piano visivo e foneticamente non simili.

 Sulla notorietà del marchio anteriore

69      La ricorrente afferma, in sostanza, che la notorietà in Italia del marchio anteriore per i piumini non è dimostrata, alla luce degli elementi di prova prodotti dall’interveniente.

70      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

71      Secondo la giurisprudenza, per soddisfare il requisito della notorietà, un marchio dev’essere conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o ai servizi coperti dal marchio stesso. Nell’esaminare tale requisito, vanno presi in considerazione tutti gli elementi rilevanti del caso, cioè, in particolare, la quota di mercato coperta dal marchio anteriore, l’intensità, l’ambito geografico e la durata del suo uso, nonché l’entità degli investimenti realizzati dall’impresa per promuoverlo, non richiedendosi che tale marchio sia conosciuto da una determinata percentuale del pubblico così definito o che la sua notorietà si estenda alla totalità del territorio di cui trattasi, purché la notorietà esista in una parte sostanziale di quest’ultimo [v. sentenza del 12 febbraio 2015, Compagnie des montres Longines, Francillon/UAMI – Staccata (QUARTODIMIGLIO QM), T‑76/13, non pubblicata, EU:T:2015:94, punto 87 e giurisprudenza citata].

72      La notorietà di un marchio anteriore deve essere dimostrata alla data di deposito della domanda di marchio contestata [v. sentenza del 16 ottobre 2018, VF International/EUIPO – Virmani (ANOKHI), T‑548/17, non pubblicata, EU:T:2018:686, punto 103 e giurisprudenza ivi citata].

73      Al fine di dimostrare la notorietà del marchio anteriore, l’interveniente ha prodotto, in particolare, i seguenti elementi:

–        copia di estratti di articoli e di rassegne stampa;

–        copia di estratti di premi e riconoscimenti;

–        copia dei certificati di registrazione dei marchi anteriori su cui si basa l’opposizione;

–        copia di fatture di vendita;

–        copia di catture di schermate di pagine Facebook;

–        copia di una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea;

–        copia di una relazione di analisi sulla presenza del marchio anteriore nei social media;

–        copia di una tabella che riporta le spese pubblicitarie in diversi giornali per il marchio anteriore nel 2016;

–        copia di fatture riguardanti gli investimenti pubblicitari realizzati in Italia e in Germania;

–        copia di estratti di riviste e di catture di schermate di personaggi famosi che indossano «piumini».

74      Dopo aver analizzato tali documenti, la commissione di ricorso, riprendendo le considerazioni della divisione di opposizione, ha ritenuto che, nel loro insieme, gli elementi di prova presentati consentissero di dimostrare, alla data della domanda di registrazione del marchio richiesto, il 23 agosto 2018, l’esistenza di una notorietà del marchio anteriore per i «piumini» presso il grande pubblico italiano.

75      A tale riguardo, occorre rilevare che l’interveniente ha prodotto, in primo luogo, un gran numero di estratti di articoli di giornale e riviste, che presentano, tra l’altro, i «piumini» del marchio anteriore. Tali estratti, la cui data e luogo di pubblicazione possono essere identificati, riguardano in particolare gli anni dal 2016 al 2019 e sono stati pubblicati in Italia, su giornali e riviste, di importanza nazionale o internazionale, con tirature elevate, quali Gioia, Il Giorno, Corriere della Sera, Repubblica, Vanity Fair, GQ, Vogue, come mostra la tabella, che riporta per il 2016 le cifre di diffusione di questi ultimi.

76      In secondo luogo, l’interveniente ha prodotto numerose fatture corrispondenti agli investimenti pubblicitari da essa realizzati, nel 2015 e nel 2016, in Italia e in Germania, ai fini della diffusione del marchio anteriore, nonché una tabella che riporta, per l’anno 2016, le spese da essa realizzate a tal fine, in Italia, nei vari giornali e riviste di cui sopra.

77      In terzo luogo, l’interveniente ha prodotto un gran numero di fatture relative alle vendite dei prodotti contrassegnati dal marchio presso vari distributori in Italia, in Germania, in Spagna e in Francia, in particolare per gli anni dal 2016 al 2019.

78      In quarto luogo, l’interveniente ha prodotto estratti dei premi e dei riconoscimenti che ha ottenuto nel 2014, nel 2016 e nel 2017 per i suoi «piumini». Questi premi e riconoscimenti sono stati assegnati, tra l’altro, da un’organizzazione tedesca senza scopo di lucro che sostiene i diritti degli animali.

79      In quinto luogo, l’interveniente ha prodotto un documento intitolato «Forest Social Media Analysis», datato giugno 2017, che evidenzia l’importanza sempre crescente del marchio anteriore nei social media nel periodo 2015-2017.

80      Da quanto precede risulta che, considerati nel loro insieme, gli elementi di prova presentati dall’interveniente, la cui veridicità e autenticità non sono stati contestati dalla ricorrente, dimostrano che l’interveniente ha compiuto notevoli sforzi al fine di promuovere il marchio anteriore presso il grande pubblico e in particolare presso il grande pubblico italiano.

81      Tali sforzi si sono tradotti in spese pubblicitarie non trascurabili, con un’importante presenza mediatica in giornali e riviste destinati al grande pubblico e ampiamente diffusi sul territorio italiano, nonché in una conoscenza crescente del marchio sui social media. Inoltre, le fatture di vendita presentate, che riguardavano principalmente le vendite di «piumini» in Italia, evidenziano l’importanza delle vendite realizzate in tale territorio per i suddetti prodotti e l’ampia copertura geografica del marchio su quel territorio.

82      Detti documenti, insieme ai premi e ai riconoscimenti ottenuti dalla ricorrente per i «piumini», consentono quantomeno di presumere la conoscenza da parte del grande pubblico italiano del marchio anteriore per tali prodotti, sebbene, in una gran parte delle prove prodotte, il marchio anteriore non compaia isolatamente, ma appaia insieme all’elemento verbale «save the duck» oppure con questo solo elemento verbale, come nelle fatture e in alcuni articoli di stampa.

83      A quest’ultimo proposito, occorre ricordare che il titolare di un marchio registrato, al fine di dimostrare il carattere distintivo particolare e la notorietà di quest’ultimo, può avvalersi di prove del suo utilizzo, in quanto parte di un altro marchio registrato notorio, purché il pubblico di riferimento continui a percepire i prodotti di cui trattasi come provenienti dalla stessa impresa [sentenza del 5 maggio 2015, Spa Monopole/UAMI – Orly International (SPARITUAL), T‑131/12, EU:T:2015:257, punto 33]. Orbene, come risulta dal fascicolo, l’interveniente è altresì titolare, per i prodotti di cui trattasi, di un marchio dell’Unione europea figurativo composto dall’elemento verbale «save the duck» e dal medesimo elemento figurativo del marchio anteriore. Inoltre, occorre rilevare che, nei documenti in cui l’elemento figurativo del marchio anteriore è accompagnato dall’elemento verbale «save the duck», quest’ultimo è riprodotto in piccole dimensioni e al di sotto dello stesso, cosicché non è visivamente dominante, al contrario dell’elemento figurativo. Di conseguenza, si deve concludere, al pari della commissione di ricorso, che è lecito ritenere che il pubblico italiano sia in grado di riconoscere il marchio anteriore, in presenza o in assenza dell’elemento verbale «save the duck». In tali circostanze, il fatto che in numerosi elementi di prova il marchio anteriore compaia tanto combinato con l’elemento verbale «save the duck» quanto con questo solo elemento verbale, non impedisce alla commissione di ricorso di constatare, sulla base di tali elementi, la notorietà del marchio anteriore.

84      Pertanto, la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore di valutazione nel considerare che, nel loro insieme, gli elementi di prova prodotti dall’interveniente erano sufficienti a dimostrare, alla data di riferimento, la notorietà del marchio anteriore nel territorio italiano presso il grande pubblico per i «piumini», che poteva essere qualificata almeno «considerevole».

85      Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la commissione di ricorso non ha proceduto a un esame succinto della notorietà del marchio anteriore e non l’ha data per scontata.

86      Inoltre, il fatto che l’interveniente non abbia fornito alcuna indicazione numerica relativa alla quota di mercato detenuta dal marchio anteriore per tali prodotti non è di per sé idoneo a rimettere in discussione tale conclusione. Infatti, da un lato, l’elenco, ricordato al precedente punto 71, degli elementi da prendere in considerazione al fine di valutare la notorietà di un marchio anteriore ha carattere meramente esemplificativo, in quanto devono essere presi in considerazione tutti gli elementi rilevanti del caso [sentenza del 10 maggio 2007, Antartica/UAMI – Nasdaq Stock Market (nasdaq), T‑47/06, non pubblicata, EU:T:2007:131, punto 52] e, dall’altro, gli elementi circostanziati e verificabili prodotti dall’interveniente sono già di per sé sufficienti a dimostrare in modo concludente la notorietà del marchio anteriore ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001.

87      Ne consegue che, alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che il marchio anteriore godesse presso il grande pubblico italiano di una notorietà considerevole per i «piumini».

 Sull’assenza di nesso tra i marchi

88      La ricorrente afferma, in sostanza, che la presenza di una debole somiglianza tra i segni in conflitto e di una certa notorietà del marchio anteriore non è sufficiente per ritenere probabile che il pubblico di riferimento percepisca un nesso tra tali segni. Le differenze tra i segni sarebbero preponderanti e tali da escludere un eventuale collegamento mentale tra di essi, anche in presenza di prodotti identici o simili.

89      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

90      A tale riguardo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, le violazioni di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001, allorché si verificano, sono la conseguenza di un certo grado di somiglianza tra il marchio anteriore e quello richiesto, a causa del quale il pubblico interessato associa tali due marchi, vale a dire stabilisce un nesso tra loro, pur non confondendoli. Se manca tale nesso nella mente del pubblico, l’uso del marchio richiesto non è idoneo a trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o ad arrecare loro pregiudizio [v. sentenza del 4 ottobre 2017, Gappol Marzena Porczyńska/EUIPO – Gap (ITM) (GAPPOL), T‑411/15, non pubblicata, EU:T:2017:689, punti 182 e 183 e giurisprudenza ivi citata].

91      L’esistenza di detto legame tra i marchi in conflitto deve essere valutata globalmente, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti del caso. Tra tali fattori possono essere menzionati: il grado di somiglianza tra i marchi in conflitto, la natura dei prodotti o dei servizi per i quali i marchi in conflitto sono rispettivamente registrati, compreso il grado di prossimità o di dissomiglianza di tali prodotti o servizi nonché il pubblico interessato, il livello di notorietà del marchio anteriore, la distintività, intrinseca o acquisita grazie all’uso, del marchio anteriore, l’esistenza di un rischio di confusione nella mente del pubblico [v. sentenza del 10 ottobre 2019, McDreams Hotel/EUIPO – McDonald’s International Property (mc dreams hotels Träumen zum kleinen Preis!), T‑428/18, non pubblicata, EU:T:2019:738, punto 30 e giurisprudenza ivi citata].

92      Se è vero che, in assenza di un siffatto nesso nella mente del pubblico, l’uso del marchio richiesto non è idoneo a trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o ad arrecare pregiudizio agli stessi, un tale nesso da solo non è tuttavia sufficiente per concludere che ricorre una delle violazioni di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001, le quali costituiscono la condizione specifica per la tutela dei marchi notori prevista da tale disposizione (v. sentenza del 4 ottobre 2017, GAPPOL, T‑411/15, non pubblicata, EU:T:2017:689, punto 185 e giurisprudenza ivi citata).

93      Al punto 94 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato che il grado di somiglianza tra i segni in conflitto e il grado di prossimità tra i prodotti in questione erano sufficienti per ritenere che il pubblico di riferimento potesse ragionevolmente stabilire un’associazione mentale tra il marchio richiesto e il marchio anteriore, e ciò anche in presenza di una notorietà non eccezionale di quest’ultimo.

94      La ricorrente contesta questa conclusione della commissione di ricorso, affermando, in sostanza, che le differenze esistenti tra i segni in conflitto sono preponderanti e tali da escludere un possibile collegamento mentale tra di essi, anche se i prodotti sono identici o simili.

95      Orbene, in primo luogo, è stato considerato al precedente punto 63 che le asserite differenze tra gli elementi figurativi dei segni in conflitto erano difficilmente percepibili, tanto da essere trascurabili, e che l’elemento verbale del marchio richiesto non era idoneo a differenziare i segni. Perciò è stato concluso, al precedente punto 68, che i segni in conflitto erano identici sul piano concettuale e mediamente simili sul piano visivo. Di conseguenza, l’argomento della ricorrente secondo cui dette differenze sarebbero tali da escludere un eventuale nesso mentale tra i segni è infondato.

96      In secondo luogo, è stato concluso al precedente punto 84 che il marchio anteriore godeva presso il grande pubblico italiano di una notorietà almeno «considerevole» per i «piumini» compresi nella classe 25. Occorre peraltro precisare che, quando è accertata la notorietà di un marchio, non è rilevante dimostrare il carattere distintivo intrinseco di tale marchio per poter ritenere che il medesimo possieda un carattere distintivo [v. sentenza del 1° marzo 2018, Shoe Branding Europe/EUIPO – adidas (Posizione di due strisce parallele su una scarpa), T‑629/16, EU:T:2018:108, punto 135 e giurisprudenza ivi citata].

97      In terzo luogo, la ricorrente non contesta la valutazione della commissione di ricorso, che deve essere condivisa, secondo la quale i «piumini» hanno una certa prossimità con alcuni dei prodotti coperti dal marchio richiesto. In ogni caso, dalla formulazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001 risulta che la sua applicazione non è subordinata alla condizione che i prodotti e servizi contraddistinti dai segni in conflitto siano identici o simili.

98      In quarto luogo, dai precedenti punti da 38 a 40 risulta che il pubblico interessato dai marchi in conflitto è lo stesso, ossia il grande pubblico.

99      Alla luce delle considerazioni che precedono e della giurisprudenza citata al precedente punto 91, non si può escludere l’esistenza di un rischio di associazione tra i marchi in conflitto. Pertanto, la commissione di ricorso non è incorsa in errori di valutazione nel ritenere che il pubblico di riferimento potesse stabilire un nesso tra tali marchi.

 Sull’assenza di indebito vantaggio

100    La ricorrente afferma, in sostanza, che, anche supponendo che esista un nesso tra i segni, manca il rischio di sfruttamento parassitario del marchio anteriore, poiché l’immagine di qualità, di sostenibilità e di salvaguardia dell’ambiente che esso trasmette non è in alcun modo dimostrata. Si tratterebbe di una mera «vanteria» assolutamente priva di alcun riscontro probatorio.

101    L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

102    A questo proposito, è opportuno ricordare, anzitutto, che la nozione di vantaggio indebitamente tratto dalla notorietà del marchio anteriore, detto anche «parassitismo», si ricollega non già al pregiudizio subìto dal marchio, quanto piuttosto al vantaggio tratto dal terzo dall’uso senza giusto motivo del segno simile o identico al marchio. Essa comprende, in particolare, il caso in cui, grazie ad un trasferimento dell’immagine del marchio o delle caratteristiche da questo proiettate sui prodotti designati dal segno identico o simile, sussista un palese sfruttamento nella scia del marchio che gode di notorietà [v. sentenza del 27 ottobre 2016, Spa Monopole/EUIPO – YTL Hotels & Properties (SPA VILLAGE), T‑625/15, non pubblicata, EU:T:2016:631, punto 61 e giurisprudenza ivi citata].

103    Il rischio che si possa trarre un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore si determina quando il pubblico interessato, senza necessariamente confondere l’origine commerciale del prodotto o servizio in questione, è attirato dal marchio richiesto stesso, e acquisterà il prodotto o servizio di cui trattasi in quanto esso reca detto marchio, simile a un marchio anteriore notorio (v. sentenza del 27 ottobre 2016, SPA VILLAGE, T‑625/15, non pubblicata, EU:T:2016:631, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

104    È stato riconosciuto dalla giurisprudenza che il titolare del marchio anteriore non è tenuto a dimostrare l’esistenza di una lesione effettiva e attuale del suo marchio. Egli deve soltanto addurre elementi che permettano di concludere prima facie nel senso di un rischio futuro non ipotetico di indebito vantaggio o di pregiudizio. A siffatta conclusione si può giungere, in particolare, sulla base di deduzioni logiche derivanti dall’analisi delle probabilità e prendendo in considerazione le pratiche abituali del settore commerciale rilevante, nonché ogni altra circostanza del caso di specie [v. sentenza del 6 luglio 2012, Jackson International/UAMI – Royal Shakespeare (ROYAL SHAKESPEARE), T‑60/10, non pubblicata, EU:T:2012:348, punto 53 e giurisprudenza ivi citata].

105    Al fine di determinare se l’uso del segno contestato tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore, occorre effettuare una valutazione complessiva che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti del caso di specie, fra i quali compaiono, in particolare, il grado di notorietà e distintività del marchio, il grado di somiglianza fra i marchi in conflitto, nonché la natura e il grado di prossimità dei prodotti o dei servizi interessati [v. sentenza del 6 luglio 2012, ROYAL SHAKESPEARE, T‑60/10, non pubblicata, EU:T:2012:348, punto 54 e giurisprudenza ivi citata].

106    Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha anzitutto ritenuto che l’interveniente avesse provato, con gli elementi di prova da essa forniti, e in particolare mediante i premi e i riconoscimenti ottenuti per il marchio anteriore, l’immagine di qualità, di sostenibilità, di salvaguardia dell’ambiente e di beneficenza del marchio anteriore. Inoltre, tenuto conto dell’identità concettuale e della somiglianza visiva media dei segni in conflitto, della prossimità dei prodotti di cui trattasi, del grado di notorietà del marchio anteriore in Italia e del grado di attenzione del pubblico di riferimento, essa ha considerato che l’immagine di qualità e di sostenibilità associata dal consumatore ai «piumini» dell’interveniente avrebbe potuto essere trasferita ai prodotti della ricorrente. Essa ha infine concluso che il trasferimento di tale immagine ai prodotti della ricorrente avrebbe facilitato la loro commercializzazione e sarebbe indebito, dato che tale immagine era il risultato di ingenti investimenti promozionali dell’interveniente.

107    La ricorrente non contesta, nel caso di specie, l’immagine veicolata dal marchio anteriore, nonché gli investimenti effettuati dall’interveniente per acquistare quest’ultimo e per promuoverlo presso il pubblico. Essa contesta, per contro, la veridicità di tale immagine.

108    Tuttavia, è stato ricordato al precedente punto 102 che la nozione di indebito vantaggio tratto dalla notorietà del marchio anteriore comprende in particolare i casi in cui, grazie ad un trasferimento dell’immagine del marchio o delle caratteristiche da questo proiettate sui prodotti designati dal segno identico o simile, sussista un palese sfruttamento nella scia del marchio che gode di notorietà.

109    Di conseguenza, la circostanza che l’immagine del marchio anteriore sia fondata o meno è irrilevante, poiché rileva soltanto il fatto che il richiedente possa beneficiare dell’immagine del marchio o delle caratteristiche da esso proiettate, senza qualsivoglia corrispettivo economico e senza dover operare sforzi propri a tale scopo.

110    Innanzitutto, dalle prove addotte dall’interveniente, e in particolare dai premi e riconoscimenti ottenuti per il marchio anteriore, risulta che quest’ultimo gode di un’immagine di qualità, di sostenibilità, di salvaguardia dell’ambiente e di beneficenza, cosa che la ricorrente non contesta.

111    Inoltre, è stato rilevato al precedente punto 80, senza che neanche ciò sia stato contestato dalla ricorrente, che l’interveniente aveva compiuto notevoli sforzi commerciali per promuovere il marchio anteriore.

112    Infine, è stato concluso al precedente punto 99 che la commissione di ricorso aveva correttamente ritenuto che il pubblico di riferimento fosse in grado di stabilire un nesso tra i segni in conflitto.

113    Ne consegue che la commissione di ricorso ha giustamente considerato che nel caso di specie esisteva prima facie un rischio futuro non ipotetico che la ricorrente traesse un vantaggio indebito dalla notorietà del marchio anteriore, notorietà derivante dalle attività, dagli sforzi e dagli investimenti realizzati dall’interveniente.

114    Del resto, la ricorrente non ha dedotto alcun giusto motivo dinanzi alla commissione di ricorso sul quale si fonderebbe l’uso del marchio richiesto, mentre incombeva ad essa dimostrarne uno, circostanza che essa non contesta.

115    Pertanto, la commissione di ricorso non è in incorsa in alcun errore di valutazione nel ritenere che l’opposizione fosse fondata ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001.

116    Il presente motivo di ricorso deve dunque essere respinto in quanto infondato.

 Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellarticolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001

117    La ricorrente sostiene che il fatto che la commissione di ricorso abbia basato la sua decisione sull’associazione dei segni in conflitto costituisce, di per sé, un’ammissione dell’esistenza di differenze che non giustificano un rischio di confusione.

118    L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

119    A tale riguardo, occorre ricordare che la legittimità della decisione della commissione di ricorso deve essere valutata unicamente sulla base degli accertamenti di fatto e di diritto contenuti nella decisione impugnata [sentenza dell’8 settembre 2021, Qx World/EUIPO – Mandelay (EDUCTOR), T‑84/20, non pubblicata, EU:T:2021:555, punto 31].

120    Orbene, poiché la commissione di ricorso non ha esaminato, nella decisione impugnata, l’opposizione fondata sull’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, tale motivo deve essere respinto in quanto inconferente.

121    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere integralmente il ricorso, senza che sia necessario pronunciarsi sulla competenza del Tribunale a conoscere del secondo capo delle conclusioni della ricorrente.

 Sulle spese

122    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

123    La ricorrente, rimasta soccombente, deve quindi essere condannata alle spese, conformemente alla domanda dell’EUIPO e dell’interveniente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Itinerant Show Room Srl è condannata a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) e dalla Save the Duck SpA.

Costeira

Kancheva

Zilgalvis

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 settembre 2022.

Il cancelliere

 

La presidente

E. Coulon

 

A. Marcoulli


*      Lingua processuale: l’italiano.