Language of document : ECLI:EU:T:2006:36

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

31 gennaio 2006 (*)

«Medicinali per uso umano – Autorizzazione all’immissione in commercio di medicinali contenenti la sostanza enalapril – Decisione della Commissione che dispone la modifica del riassunto delle caratteristiche del prodotto – Competenza»

Nella causa T‑273/03,

Merck Sharp & Dohme Ltd, con sede a Hoddesdon (Regno Unito),

Merck Sharp & Dohme BV, con sede a Haarlem (Paesi Bassi),

Laboratoires Merck Sharp & Dohme-Chibret, con sede a Parigi (Francia),

MSD Sharp & Dohme GmbH, con sede a Haar (Germania),

Merck Sharp & Dohme      (Italia) SpA, con sede a Roma,

Merck Sharp & Dohme, Lda, con sede a Paço de Arcos (Portugal),

Merck Sharp & Dohme de España, SA, con sede a Madrid (Spagna),

Merck Sharp & Dohme GmbH, con sede a Vienna (Austria),

Vianex SA, con sede a Nea Erythrea (Grecia),

rappresentate dagli avv.ti G. Berrisch e P. Bogaert,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. L. Flynn e B. Stromsky, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda d’annullamento della decisione della Commissione 21 maggio 2003, C (2003) 1752, concernente l’immissione in commercio di medicinali per uso umano contenenti la sostanza enalapril,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, dalle sig.re E. Martins Ribeiro e K. Jürimäe, giudici,

cancelliere: sig.ra K. Andová, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 13 settembre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1        La disciplina relativa alla commercializzazione dei medicinali per uso umano nell’Unione europea è stata codificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311, pag. 67; in prosieguo: il «codice HUM» o «HUM»). Ai sensi del suo art. 129, il codice HUM è entrato in vigore il 18 dicembre 2001.

2        Il codice HUM codifica, segnatamente, le disposizioni della seconda direttiva del Consiglio 20 maggio 1975, 75/319/CEE, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU L 147, pag. 13; in prosieguo: la «direttiva 75/319»), come modificata, in particolare, dalla direttiva del Consiglio 26 ottobre 1983, 83/570/CEE (GU L 332, pag. 1), e dalla direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/39/CEE (GU L 214, pag. 22) (in prosieguo: la «direttiva 75/319 modificata»).

3        Dall’art. 6 HUM risulta che nessun medicinale per uso umano può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’autorizzazione all’immissione in commercio (in prosieguo: l’«AIC») rilasciata dalle autorità competenti del detto Stato membro, a norma del codice HUM, oppure dalla Comunità, a norma del regolamento (CEE) del Consiglio 22 luglio 1993, n. 2309, che stabilisce le procedure comunitarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un’Agenzia europea di valutazione dei medicinali (GU L 214, pag. 1). Ai sensi del suo art. 74, la parte essenziale delle disposizioni del regolamento n. 2309/93 è entrata in vigore il 1° gennaio 1995.

 Procedure di AIC

4        Esistono tre procedure di AIC in materia di medicinali per uso umano: la procedura comunitaria decentralizzata, la procedura comunitaria centralizzata e la procedura nazionale.

5        La procedura comunitaria decentralizzata è stata istituita dalla direttiva 93/39 a partire dal 1° gennaio 1995. Essa è disciplinata dagli artt. 28 e 29 HUM (corrispondenti agli artt. 9 e 10 della direttiva 75/319 modificata) e si basa sul principio del mutuo riconoscimento.

6        Tale procedura inizia con una domanda di AIC nazionale indirizzata ad uno Stato membro (in prosieguo: lo «Stato membro di riferimento»). Il rilascio di tale AIC viene effettuato a livello nazionale, a condizioni armonizzate, stabilite in origine dalla direttiva del Consiglio 26 gennaio 1965, 65/65/CEE, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU 22, pag. 369), condizioni ormai essenzialmente codificate nei capi 1 («Autorizzazione all’immissione in commercio») e 3 («Procedimento per l’autorizzazione all’immissione in commercio») del titolo III HUM («Immissione in commercio»).

7        Il titolare dell’AIC nazionale così rilasciata ne sollecita quindi il riconoscimento in uno o più Stati membri, ai sensi dell’art. 28 HUM, contenuto nel capo 4 («Mutuo riconoscimento delle autorizzazioni») del titolo III HUM (in prosieguo: il «capo 4 del titolo III HUM» ovvero il «capo 4 HUM»). Questo o questi Stati membri possono negare tale riconoscimento solamente per motivi basati su un rischio per la sanità pubblica (art. 28, n. 4, e art. 29, n. 1, HUM). Se viene fatto valere un tale rischio, e se gli Stati membri interessati non trovano un accordo sulle misure da assumere in merito alla domanda di riconoscimento, il Comitato per le specialità medicinali (cosidetto Committee for Proprietary Medicinal Products; in prosieguo: il «CPMP»), che fa parte dell’Agenzia europea di valutazione dei medicinali (AEVM o EMEA), è investito di una procedura per il rilascio di un parere (art. 29, n. 2, e art. 32 HUM) cui fa seguito l’assunzione di una decisione vincolante ad opera della Commissione o del Consiglio (artt. 33, 34 e art. 121, n. 2, HUM).

8        La procedura comunitaria centralizzata è stata istituita dal regolamento n. 2309/93. Secondo tale procedura, la domanda di AIC è indirizzata all’EMEA e porta alla concessione di un’AIC, con decisione della Commissione o del Consiglio, assunta su parere del CPMP. Tale procedura è obbligatoria per i medicinali derivanti da taluni processi biotecnologici ed è opzionale per altri medicinali innovativi. Essa non riguarda il presente ricorso.

9        La procedura nazionale risulta dal ravvicinamento delle legislazioni nazionali avviato dalla direttiva 65/65 e approfondito dalla direttiva 75/319. Unica procedura esistente prima dell’entrata in vigore, in data 1° gennaio 1995, delle procedure comunitarie centralizzata e decentralizzata, essa non è più applicabile a partire dal 1° gennaio 1998, salvo il caso in cui il medicinale sia destinato ad essere commercializzato in un solo Stato membro [art. 7 bis della direttiva 65/65 (corrispondente all’art. 18 HUM), come introdotto dall’art. 1, punto 7, della direttiva 93/39]. Ormai, il deposito, per un medicinale già autorizzato in uno Stato membro, di una domanda di AIC in un altro Stato membro comporta automaticamente l’avvio della procedura di mutuo riconoscimento. La concessione di un’AIC nell’ambito della procedura nazionale avviene alle condizioni armonizzate di cui al precedente punto 6.

 Disposizioni rilevanti nella presente causa

10      Il capo 4 («Mutuo riconoscimento delle autorizzazioni») del titolo III HUM («Immissione in commercio») contiene le seguenti disposizioni:

«Articolo 27 [corrispondente all’art. 8 della direttiva 75/319 modificata]

1. Allo scopo di agevolare l’adozione di decisioni comuni da parte degli Stati membri riguardo all’autorizzazione di medicinali sulla base di criteri scientifici di qualità, sicurezza ed efficacia e allo scopo di realizzare in tal modo la libera circolazione dei medicinali nella Comunità, è istituito un [CPMP]. Detto [CPMP] fa parte dell’[EMEA].

2. Oltre agli altri compiti conferitigli dal diritto comunitario, il [CPMP] esamina tutte le questioni riguardanti il rilascio, la modificazione, la sospensione o la revoca dell’[AIC] di un medicinale, ad esso sottoposte conformemente alla presente direttiva.

(...)

Articolo 28 [corrispondente all’art. 9 della direttiva 75/319 modificata]

1. Prima di presentare una domanda di riconoscimento dell’[AIC], il titolare dell’[AIC] informa lo Stato membro che ha rilasciato l’autorizzazione su cui si basa la domanda (in prosieguo: “lo Stato membro di riferimento”) che sarà presentata una domanda a norma della presente direttiva, comunicando inoltre le eventuali aggiunte al fascicolo originale (…).

Inoltre, il titolare dell’autorizzazione chiede allo Stato membro di riferimento di preparare una relazione di valutazione in merito al medicinale di cui trattasi o, eventualmente, di aggiornare le relazioni di valutazione che già esistessero (…)

All’atto della presentazione della domanda conformemente al paragrafo 2, lo Stato membro di riferimento trasmette la relazione di valutazione allo Stato membro o agli Stati membri interessati alla domanda.

2.      Affinché un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata da uno Stato membro sia riconosciuta da uno o più Stati membri in base alla procedura prevista dal presente capo, il titolare dell’autorizzazione presenta domanda alle autorità competenti degli Stati membri interessati, allegandovi le informazioni e i documenti di cui all’articolo 8, all’articolo 10, paragrafo 1 e all’articolo 11. Egli dichiara che tale fascicolo è identico a quello accettato dallo Stato membro di riferimento, ovvero indica qualsiasi eventuale aggiunta o modificazione (…)

3. Il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio comunica all’[EMEA] la domanda e le segnala gli Stati membri interessati nonché le date di presentazione della domanda, inviandole altresì copia dell’autorizzazione rilasciata dallo Stato membro di riferimento. Egli invia inoltre all’[EMEA] copia di tutte le [AIC] rilasciate da altri Stati membri per il medesimo medicinale e specifica se una domanda di autorizzazione è attualmente all’esame di uno Stato membro.

4. Tranne nel caso eccezionale previsto all’articolo 29, paragrafo 1, ciascuno Stato membro riconosce l’[AIC] rilasciata dal primo Stato membro di riferimento entro novanta giorni dalla ricezione della domanda e della relazione di valutazione. Esso ne informa lo Stato membro di riferimento, gli altri Stati membri interessati alla domanda, l’[EMEA] e il titolare dell’[AIC].

Articolo 29 [corrispondente all’art. 10 della direttiva 75/319 modificata]

1.      Quando uno Stato membro ritenga che vi siano fondati motivi di presumere che l’[AIC] del medicinale interessato presenti un rischio per la sanità pubblica, esso ne informa immediatamente il richiedente, lo Stato membro di riferimento, gli altri Stati membri interessati alla domanda e l’[EMEA]. Lo Stato membro fornisce una motivazione approfondita della propria posizione ed indica i provvedimenti idonei a correggere le insufficienze della domanda.

2.      Tutti gli Stati membri interessati si adoperano per giungere ad un accordo sulle misure da prendere in merito alla domanda (…). Tuttavia, se entro il termine di cui all’articolo 28, paragrafo 4, non hanno raggiunto un accordo, gli Stati membri ne informano senza indugio l’[EMEA] allo scopo di adire il [CPMP] per l’applicazione della procedura di cui all’articolo 32.

3.      Entro il termine di cui all’articolo 28, paragrafo 4, gli Stati membri interessati trasmettono al [CPMP] una relazione particolareggiata delle questioni sulle quali non hanno raggiunto un accordo, specificando i motivi del disaccordo (…).

Articolo 30 [corrispondente all’art. 11 della direttiva 75/319 modificata]

Quando uno stesso medicinale è stato oggetto di varie domande di [AIC], presentate a norma dell’articolo 8, dell’articolo 10, paragrafo 1 e dell’articolo 11, e quando gli Stati membri hanno emesso decisioni divergenti in merito all’autorizzazione di detto medicinale, alla sospensione o alla revoca della medesima, uno Stato membro o la Commissione o il titolare dell’[AIC] possono adire il [CPMP] ai fini dell’applicazione della procedura di cui all’articolo 32.

Lo Stato membro interessato, il titolare dell’[AIC] o la Commissione specificano chiaramente la questione sottoposta al parere del [CPMP] e, se del caso, ne informano il titolare.

Gli Stati membri e il titolare dell’[AIC] trasmettono al [CPMP] tutte le informazioni disponibili riguardanti la questione.

Articolo 31 [corrispondente all’art. 12 della direttiva 75/319 modificata]

In casi particolari aventi interesse comunitario, gli Stati membri o la Commissione oppure il richiedente o il titolare dell’[AIC] possono adire il [CPMP] ai fini dell’applicazione della procedura di cui all’articolo 32 prima che sia stata presa una decisione sulla domanda, la sospensione o la revoca di un’[AIC], oppure su qualsiasi altra modificazione delle condizioni di [AIC] rivelatasi necessaria in particolare per tener conto delle informazioni raccolte conformemente al titolo IX.

Lo Stato membro interessato o la Commissione specificano chiaramente la questione sottoposta al parere del [CPMP] e ne informano il titolare dell’[AIC].

Gli Stati membri e il titolare dell’autorizzazione trasmettono al [CPMP] tutte le informazioni disponibili riguardanti la questione.

Articolo 32 [corrispondente all’art. 13 della direttiva 75/319 modificata]

1.      Quando è fatto riferimento alla procedura di cui al presente articolo, il [CPMP] esamina la questione ed emette un parere motivato entro novanta giorni dalla data in cui gli è stata sottoposta.

(...)

3.      Nei casi di cui agli articoli 29 e 30 il [CPMP], prima di emettere un parere, dà facoltà al titolare dell’[AIC] di presentare esplicazioni scritte o orali.

Nel caso di cui all’articolo 31, il titolare dell’[AIC] può essere invitato a presentare esplicazioni orali o scritte.

(...)

4.      L’[EMEA] informa immediatamente il titolare dell’[AIC] se dal parere del [CPMP] risulta una delle seguenti circostanze:

–        la domanda non è conforme ai criteri di autorizzazione,

–        il riassunto delle caratteristiche del prodotto presentato dal richiedente a norma dell’articolo 11 deve essere modificato,

–        l’autorizzazione deve essere subordinata a determinate condizioni, con riferimento alle condizioni considerate fondamentali per l’uso sicuro ed efficace del medicinale, inclusa la farmacovigilanza,

–        un’[AIC] deve essere sospesa, modificata o revocata.

(…) [I]l titolare dell’autorizzazione può comunicare per iscritto all’[EMEA] che intende presentare ricorso. (…) [I]l [CPMP] decide [quindi] se rivedere il proprio parere e le conclusioni sul ricorso devono essere allegate alla relazione di valutazione di cui al paragrafo 5.

5.      Entro trenta giorni dalla sua emissione, l’[EMEA] trasmette il parere definitivo del [CPMP] agli Stati membri, alla Commissione e al titolare dell’[AIC] unitamente ad una relazione contenente la valutazione del medicinale e la motivazione delle conclusioni raggiunte.

(...)

Articolo 33 [corrispondente all’art. 14 della direttiva 75/319 modificata]

Entro trenta giorni dalla ricezione del parere, la Commissione elabora un progetto di decisione riguardante la domanda, tenendo conto della normativa comunitaria.

(...)

Qualora eccezionalmente il progetto di decisione si discosti dal parere dell’[EMEA], la Commissione allega le precise motivazioni delle divergenze.

Il progetto di decisione è trasmesso agli Stati membri e al richiedente.

Articolo 34 [corrispondente all’art. 14, nn. 2‑4, della direttiva 75/319 modificata]

1.      La decisione definitiva sulla domanda è adottata secondo la procedura di cui all’articolo 121, paragrafo 2.

(...)

3.      La decisione di cui al paragrafo 1 è inviata agli Stati membri interessati e al titolare dell’[AIC]. Gli Stati membri rilasciano o revocano l’[AIC], ovvero ne modificano le condizioni secondo quanto previsto dalla decisione, entro trenta giorni dalla notificazione. Essi ne informano la Commissione e l’[EMEA].

Articolo 35 [corrispondente all’art. 15 della direttiva 75/319 modificata]

1.      Le domande di modificazione dell’[AIC] rilasciata secondo le disposizioni del presente capo, presentate dal titolare della medesima, sono sottoposte a tutti gli Stati membri che hanno precedentemente autorizzato il medicinale in oggetto.

(...)

2.      In caso di arbitrato sottoposto alla Commissione, le procedure di cui agli articoli 32, 33 e 34 si applicano, per analogia, alle modificazioni delle [AIC].

Articolo 36 [corrispondente all’art. 15 bis della direttiva 75/319 modificata]

1.      Se uno Stato membro ritiene necessario, per la tutela della sanità pubblica, modificare un’[AIC] rilasciata secondo le disposizioni del presente capo, oppure sospendere o revocare l’autorizzazione, esso ne informa immediatamente l’[EMEA], ai fini dell’applicazione delle procedure di cui agli articoli 32, 33 e 34.

2.      Salvo il disposto dell’articolo 31, in casi eccezionali, quando è indispensabile un provvedimento urgente a tutela della sanità pubblica e fino a quando non sia stata presa una decisione definitiva, uno Stato membro può sospendere l’immissione in commercio e l’uso del medicinale interessato nel suo territorio. Esso informa la Commissione e gli altri Stati membri, non oltre il giorno feriale successivo, dei motivi che lo hanno indotto a prendere tale decisione».

 Fatti all’origine della controversia

11      Le ricorrenti, che fanno tutte parte (eccetto la Vianex SA) del gruppo Merck Sharp & Dohme (in prosieguo: «MSD»), sono titolari di AIC, rilasciate secondo la procedura nazionale, per medicinali per uso umano commercializzati con la denominazione Renitec e con denominazioni commerciali associate (in prosieguo: il «Renitec»).

12      Con lettera 31 ottobre 2000, l’Agence française de sécurité sanitaire des produits de santé (Agenzia francese di sicurezza dei prodotti sanitari; in prosieguo: l’«Afssaps») ha notificato al CPMP una richiesta di adizione ai sensi dell’art. 11 della direttiva 75/319 modificata (corrispondente all’art. 30 HUM), in merito al Renitec. Il CPMP veniva adito in quanto il Renitec non aveva lo stesso riassunto delle caratteristiche del prodotto (in prosieguo: l’«RCP») in tutti gli Stati membri e in quanto, a parere dell’Afssaps, era necessario, per ragioni di sanità pubblica, che gli RCP relativi al Renitec fossero armonizzati a livello comunitario.

13      Con telefax 23 febbraio 2001, l’Afssaps ha notificato all’EMEA una richiesta ufficiale di arbitrato della Repubblica francese, ai sensi dell’art. 11 della direttiva 75/319 modificata, in relazione al Renitec.

14      Il 19 settembre 2002 il CPMP ha adottato il parere previsto dall’art. 32, n. 1, HUM. Con tale parere, il CPMP ha proposto talune modifiche dell’RCP per il Renitec, relativamente, in particolare, alla formulazione della sua sezione 4.1 («Indicazioni terapeutiche»).

15      Il 3 ottobre 2002 l’MSD ha informato l’EMEA della sua intenzione di presentare ricorso avverso tale parere dinanzi al CPMP, in applicazione dell’art. 32, n. 4, ultimo comma, HUM. Con lettera 15 novembre 2002, la MSD ha inviato al CPMP le motivazioni del suo ricorso.

16      Il 18 dicembre 2002 il CPMP, dopo aver riesaminato il suo parere iniziale, ha adottato il suo parere definitivo, nel quale ha mantenuto, salve talune marginali modifiche, la formulazione della sezione 4.1 dell’RCP proposta nel suo parere iniziale. Tale parere definitivo è stato trasmesso alla Commissione.

17      Il 21 maggio 2003 la Commissione ha adottato, ai sensi degli artt. 33 e 34 HUM, la decisione C (2003) 1752, relativa all’immissione in commercio di medicinali per uso umano concernenti la sostanza enalapril (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Con tale decisione, la Commissione ha ordinato agli Stati membri interessati, elencati all’art. 5 della decisione citata, di modificare gli RCP delle AIC nazionali del Renitec indicate all’allegato I della decisione citata. La Commissione ha informato la MSD di tale decisione con posta elettronica del 26 maggio 2003.

 Procedimento e conclusioni delle parti

18      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 1° agosto 2003, le ricorrenti hanno proposto il ricorso in oggetto.

19      Le ricorrenti hanno sollecitato talune misure di organizzazione del procedimento ai fini della produzione, da parte della Commissione, di vari documenti.

20      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale senza assumere misure di organizzazione del procedimento.

21      Le parti hanno svolto osservazioni orali e risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza del 13 settembre 2005.

22      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

23      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 Diritto

24      Le ricorrenti fanno valere quattro motivi di annullamento. Il primo motivo è basato sull’illegittimità dell’adizione del CPMP in base all’art. 30 HUM e su uno sviamento di potere. Il secondo motivo, fondato sull’incompetenza della Commissione ad adottare la decisione impugnata, si suddivide in tre parti. La prima parte è basata sull’incompetenza della Commissione ad adottare, all’esito di un procedimento in cui viene adito il CPMP ai sensi dell’art. 30 HUM, una decisione basata sugli artt. 33 e 34 HUM. La seconda parte è basata sull’impossibilità, per il CPMP, di proporre un RCP nel suo parere quando non siano messi in discussione la concessione ovvero il mantenimento dell’AIC. La terza parte è basata sull’assenza, nella fattispecie, di motivi di sanità pubblica che consentano di adottare la decisione impugnata. Il terzo motivo è fondato sull’illegittimità della politica detta «delle indicazioni chiare» (Clean Indication Policy), sulla violazione del principio di parità di trattamento e su un manifesto errore di valutazione. Il quarto motivo è basato sulla violazione delle norme procedurali.

25      Il Tribunale ritiene che sia necessario effettuare, innanzi tutto, l’esame della prima parte del secondo motivo, basato sull’incompetenza della Commissione ad adottare, all’esito di un procedimento in cui viene adito il CPMP ai sensi dell’art. 30 HUM, una decisione basata sugli artt. 33 e 34 HUM.

 Argomenti delle parti

26      Le ricorrenti sostengono che dalla sentenza del Tribunale 26 novembre 2002, cause riunite T‑74/00, T‑76/00, T‑83/00, T‑84/00, T‑85/00, T‑132/00, T‑137/00 e T‑141/00, Artegodan e a./Commissione (Racc. pag. II‑4945; in prosieguo: la «sentenza Artegodan»), le cui valutazioni non sono state a loro parere confutate dalla sentenza pronunciata dalla Corte, su impugnazione, il 24 luglio 2003 (causa C‑39/03 P, Commissione/Artegodan e a., Racc. pag. I‑7885), emerge che la Commissione non era competente ad assumere la decisione impugnata dopo aver adito il CPMP ai sensi dell’art. 30 HUM. Le ricorrenti osservano, in proposito, che la sentenza Artegodan riguarda non solo l’art. 12 della direttiva 75/319 modificata, ma anche l’art. 11 della stessa (corrispondente all’art. 30 HUM), il quale è rilevante nella fattispecie.

27      Contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, il fatto che la Corte, nella sua sentenza Commissione/Artegodan e a., citata supra al punto 26, non abbia esaminato i motivi rilevanti della sentenza Artegodan non renderebbe tali motivi obiter dicta. Inoltre, la Corte non avrebbe neppure messo in discussione tali motivi.

28      La storia del processo di armonizzazione, che sarebbe trascurata dagli argomenti della Commissione, dimostrerebbe che la procedura di cui all’art. 30 HUM può contribuire alla tutela della sanità pubblica e alla libera circolazione dei medicinali senza con ciò condurre ad una decisione vincolante della Commissione. Infatti, l’art. 30 HUM, nella sua versione precedente alla codificazione, avrebbe già avuto ad oggetto la promozione di siffatti interessi. Non vi sarebbe nulla di illogico nel ritenere che le procedure di cui agli artt. 30 e 31 HUM abbiano carattere meramente consultivo. Esse riguarderebbero medicinali non recenti che sarebbero già stati oggetto, nel passato, di procedure consultive e che dovrebbero diventare, di fatto, sempre meno rilevanti rispetto alla globalità dei medicinali, man mano che saranno approvati nuovi prodotti in base alle procedure decentralizzata e centralizzata, entrate in vigore nel 1995.

29      Inoltre, il quarto ‘considerando’ della direttiva 93/39 (il dodicesimo ‘considerando’ HUM) si riferirebbe in modo specifico alla necessità di una decisione vincolante in caso di disaccordo tra gli Stati membri nel contesto della procedura di mutuo riconoscimento. Non vi sarebbe invece alcun analogo ‘considerando’ con riferimento alle procedure di cui agli artt. 30 e 31 HUM.

30      Quanto all’art. 27 HUM, la Commissione sottolineerebbe il riferimento di quest’ultimo all’adozione di decisioni comuni, ma ignorerebbe il fatto che l’obiettivo dell’istituzione del CPMP è di agevolare l’adozione di decisioni comuni da parte degli Stati membri, il che non richiederebbe né implicherebbe decisioni vincolanti della Commissione.

31      Quanto al secondo e al terzo ‘considerando’ HUM, anch’essi richiamati dalla Commissione, sarebbero sostanzialmente identici ai due primi ‘considerando’ della direttiva 65/65, la quale non conterrebbe alcun riferimento a decisioni vincolanti, come neppure a consultazioni tra Stati membri.

32      L’argomento della Commissione, secondo cui sarebbe illogico che solamente i titolari di AIC abbiano la facoltà di avviare un procedimento che conduce ad una decisione vincolante, segnatamente introducendo una procedura di mutuo riconoscimento per un prodotto non recente, rappresenterebbe un argomento de lege ferenda e si riferirebbe, in ogni caso, ad una situazione altamente teorica.

33      Quanto all’argomento della Commissione, secondo cui i tentativi di armonizzazione non vincolanti relativamente a decisioni aventi ad oggetto prodotti specifici sarebbero incompatibili con una legislazione di armonizzazione basata sull’art. 95 CE, le ricorrenti osservano che le direttive anteriori al codice HUM erano tutte basate sull’art. 95 CE, senza tuttavia prevedere decisioni vincolanti. Non sarebbe infrequente che, in settori complessi, quale è quello delle AIC, una misura di armonizzazione stabilisca criteri uniformi, lasciando agli Stati membri la loro applicazione in casi specifici. Sarebbe del pari abituale che, nell’assumere decisioni individuali, gli Stati membri tengano conto di pareri scientifici di origine comunitaria.

34      La Commissione afferma innanzi tutto che la sentenza Artegodan aveva ad oggetto decisioni pronunciate in base a un’adizione motivata dall’interesse comunitario (art. 12 della direttiva 75/319 modificata, corrispondente all’art. 31 HUM), e non in base a un’adizione motivata da decisioni divergenti (art. 11 della direttiva 75/319 modificata, corrispondente all’art. 30 HUM).

35      La Commissione sostiene inoltre che l’impugnazione avverso la sentenza Artegodan è stata risolta dalla Corte, nella sua sentenza Commissione/Artegodan e a., citata supra al punto 26, su un punto di diritto riguardante l’interpretazione da darsi all’art. 15 bis della direttiva 75/319 modificata (corrispondente all’art. 36 HUM). La Corte non si sarebbe pronunciata in merito alla questione se la Commissione potesse basare una decisione vincolante sull’art. 12 della direttiva stessa. Infatti, la causa che ha dato origine alla sentenza Artegodan avrebbe avuto ad oggetto una procedura diversa, che non interesserebbe in alcun modo il Tribunale nella fattispecie in esame. I motivi della sentenza Artegodan riguardanti la procedura di cui al citato art. 12 e, più in generale, quelli relativi al sistema del capo III della direttiva 75/319 modificata sarebbero quindi obiter dicta.

36      Al di là di tali argomenti concernenti la rilevanza della sentenza Artegodan ai fini della presente causa, la Commissione invita il Tribunale a discostarsi dalla soluzione adottata in tale sentenza.

37      Nell’ambito di tale sentenza il Tribunale avrebbe esaminato la questione dell’interpretazione dell’art. 12 della direttiva 75/319 modificata in termini di competenza. Orbene, un esame di tal genere dovrebbe essere intrapreso solo con la massima prudenza. Infatti, non sarebbero gli Stati membri, pur essendo i soggetti maggiormente interessati alla conservazione delle loro competenze, che avrebbero sollevato tale questione di competenza nella presente fattispecie, bensì i titolari di AIC interessati dalla decisione impugnata. In realtà, i titolari di AIC tenterebbero indirettamente di riservarsi la facoltà di decidere se e quando un RCP debba essere armonizzato.

38      La Commissione rileva, basandosi sul secondo e sul terzo ‘considerando’ HUM, nonché sull’art. 27, n. 1, HUM, da essa considerato come una disposizione fondamentale del capo 4 HUM, che la finalità del codice HUM è non solo quella di salvaguardare la sanità pubblica, ma anche di consentire la libera circolazione dei medicinali nell’ambito della Comunità.

39      Le decisioni comuni, la cui adozione ad opera degli Stati membri dovrebbe essere agevolata ai sensi dell’art. 27, n. 1, HUM, non sarebbero solamente quelle relative alla procedura di mutuo riconoscimento. Nulla, nell’ambito dell’art. 27, n. 1, HUM, indicherebbe che per talune delle procedure di cui al capo 4 HUM (artt. 28, 29, 35 e 36 HUM), le autorità comunitarie avrebbero ritenuto necessario prevedere una decisione vincolante della Commissione, mentre, per altre procedure del medesimo capo (artt. 30 e 31 HUM), non sarebbe possibile imporre una tale decisione comune, ma sarebbe solamente possibile aspirare alla stessa. Quanto al verbo «agevolare», utilizzato nell’art. 27, n. 1, HUM, esso non significherebbe, contrariamente a quanto suggerito dalle ricorrenti, che i pareri del CPMP non devono essere automaticamente seguiti da una decisione vincolante, ma rifletterebbe semplicemente il fatto che non è il CPMP ad adottare la decisione vincolante.

40      La Commissione, basandosi su considerazioni relative al meccanismo di codificazione, suggerisce che il titolo del capo 4 HUM, cioè «Mutuo riconoscimento delle autorizzazioni», che sostituisce il precedente titolo «Comitato per le specialità medicinali», dovrebbe essere inteso, come il detto titolo precedente, in un senso ampio, cioè che non riguarda esclusivamente la procedura di cui all’art. 28 HUM, la quale rappresenterebbe solamente un meccanismo specifico di mutuo riconoscimento introdotto su iniziativa del titolare dell’AIC, bensì, del pari, le altre procedure di cui al capo 4 HUM, tra cui quella prevista dall’art. 30 HUM.

41      Oltretutto, la Commissione non vede come l’efficacia della procedura di cui all’art. 30 HUM possa essere garantita da un’interpretazione che limiti il suo campo d’applicazione alla consultazione del CPMP, lasciando a ciascuno Stato membro la libertà di decidere quali misure assumere in base al parere del CPMP. La Commissione rileva che sarebbero numerosi i casi in cui gli Stati membri avrebbero opinioni diverse quanto alle misure da assumersi. La Commissione si interroga sulla compatibilità della nozione di «armonizzazione volontaria» con uno strumento basato sull’art. 95 CE, e che ha ad oggetto l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno.

42      Per tutti questi motivi, la Commissione sostiene che l’efficacia pratica della procedura di cui all’art. 30 HUM implica che la stessa sia accompagnata da una decisione vincolante. Le considerazioni che avrebbero condotto il Tribunale, nella sentenza Artegodan, a ritenere che, per essere efficace, la procedura di mutuo riconoscimento doveva essere accompagnata da una decisione vincolante, troverebbero applicazione precisamente con riferimento alla procedura di cui all’art. 30 HUM.

43      Quanto all’argomento delle ricorrenti riguardante la storia del processo di armonizzazione, la Commissione osserva che il fatto, incontestabile, che prima del 1995 l’armonizzazione passava per la fissazione di norme comuni la cui attuazione spettava altri Stati membri non può essere interpretato nel senso che ciò impedisce qualsivoglia evoluzione del diritto comunitario nel senso di un’armonizzazione effettuata col ricorso a decisioni vincolanti.

44      Peraltro, sarebbe infondato l’argomento delle ricorrenti secondo cui sarebbe logico che le procedure di cui agli artt. 30 e 31 HUM siano meramente consultive, in quanto avrebbero ad oggetto prodotti non recenti. Infatti, tali procedure non si applicherebbero solamente alle AIC non recenti, bensì, del pari, alle AIC che sono state rilasciate in base al mutuo riconoscimento.

45      Inoltre, dall’assenza, nell’ambito del codice HUM, di ‘considerando’ che facciano riferimento alla natura vincolante delle adizioni ai sensi di tale articolo non si potrebbe dedurre la natura consultiva della procedura di cui all’art. 30 HUM. Quanto alla formulazione dell’art. 27 HUM, secondo cui il CPMP è stato istituito allo scopo di agevolare l’adozione di decisioni comuni, ciò non significherebbe in alcun modo che l’esito di un arbitrato non abbia carattere vincolante.

46      La perplessità delle ricorrenti sulle riserve espresse dalla Commissione con riferimento ad una normativa che, ancorché basata sull’art. 95 CE, ridurrebbe l’armonizzazione ad una coincidenza, risulterebbe dal fatto che le ricorrenti non ammettono che il codice HUM mira a far progredire la situazione rispetto a quella precedente al 1995.

 Giudizio del Tribunale

47      Con la prima parte del secondo motivo di annullamento, le ricorrenti contestano la competenza della Commissione ad assumere, dopo aver adito il CPMP in base all’art. 30 HUM, una decisione vincolante nei confronti degli Stati membri in applicazione degli artt. 33 e 34 HUM.

48      Va rilevato che tale questione è stata esaminata nella sentenza Artegodan e nella sentenza del Tribunale 28 gennaio 2003, causa T-147/00, Laboratoires Servier/Commissione (Racc. pag. II‑85; in prosieguo: la «sentenza Servier»), in occasione di procedure simili a quella ora in esame.

49      Nella sentenza Artegodan, il Tribunale ha annullato tre decisioni della Commissione che disponevano il ritiro di AIC, concesse secondo la procedura nazionale, per taluni medicinali anoressizzanti.

50      Tale sentenza riguardava, in particolare, la direttiva 75/319 modificata.

51      Le AIC nazionali di cui si trattava in tale causa erano state oggetto di modifica ad opera degli Stati membri interessati, a seguito di una decisione della Commissione datata 9 dicembre 1996, basata sull’art. 14 della direttiva 75/319 modificata (corrispondente agli artt. 33 e 34 HUM) ed assunta a seguito del parere del CPMP, adito in base all’art. 12 della direttiva stessa (corrispondente all’art. 31 HUM) (in prosieguo: la «decisione 9 dicembre 1996») (punti 17 e 20‑25 della sentenza Artegodan).

52      La Commissione, ritenendo che le citate AIC fossero state parzialmente armonizzate con la decisione 9 dicembre 1996 (punti 107 e 120 della sentenza Artegodan), ha ritenuto che esse non rientrassero più nell’esclusiva competenza degli Stati membri, e che tale decisione avesse ormai avuto l’effetto di trasferire alla Comunità la competenza a decidere in merito alla loro revoca, modifica o sospensione.

53      Così, con varie decisioni datate 9 marzo 2000 (in prosieguo: le «decisioni 9 marzo 2000»), che rappresentano le decisioni impugnate nella causa che ha dato origine alla sentenza Artegodan, la Commissione, agendo in base a procedure di adizione avviate da Stati membri ai sensi dell’art. 15 bis della direttiva 75/319 modificata, e all’esito della procedura disciplinata dagli artt. 13 e 14 di tale direttiva (corrispondenti, rispettivamente, all’art. 32 HUM e agli artt. 33 e 34 HUM), ha disposto, per motivi di sanità pubblica, il ritiro delle citate AIC.

54      Con la sentenza Artegodan, il Tribunale ha annullato tali decisioni.

55      Il Tribunale ha innanzi tutto rilevato che era pacifico fra le parti che le AIC dei medicinali di cui alle decisioni 9 marzo 2000 erano state rilasciate e, all’occorrenza, rinnovate, in base alle procedure nazionali rispettivamente applicabili nei vari Stati membri interessati, e non in base alla procedura di mutuo riconoscimento accompagnata dalla procedura arbitrale, prevista dal capitolo III della direttiva 75/319 modificata (punto 113 della sentenza Artegodan).

56      Il Tribunale ne ha dedotto che, «[a] prescindere dalla decisione 9 dicembre 1996, tali autorizzazioni rivestivano quindi un carattere meramente nazionale» e che «la loro sospensione, modifica o revoca rientravano pertanto, all’epoca dell’adozione delle decisioni [9 marzo 2000], nella competenza esclusiva degli Stati membri interessati, la quale, in linea di principio, ha carattere residuale dopo l’istituzione della procedura di mutuo riconoscimento ad opera della direttiva 93/39» (punto 114 della sentenza Artegodan). Secondo l’interpretazione data dal Tribunale alla disciplina comunitaria, tale competenza esclusiva degli Stati membri «si limita, dal 1° gennaio 1995, da una parte, al rilascio e alla gestione delle AIC di medicinali commercializzati unicamente in un solo Stato membro e, dall’altra, alla gestione delle autorizzazioni puramente nazionali rilasciate prima di tale data o durante il periodo transitorio compreso tra il 1° gennaio 1995 e il 31 dicembre 1997» (punto 116 della sentenza Artegodan).

57      Il Tribunale ha quindi verificato se, in seguito alla loro modifica conformemente alla decisione 9 dicembre 1996, le AIC dei medicinali in questione rientrassero nell’ambito d’applicazione dell’art. 15 bis, n. 1, della direttiva 75/319 modificata, che rappresenta il fondamento normativo sulla cui base la Commissione ha adottato le decisioni 9 marzo 2000. Rilevando che tale disposizione riguarda solamente le AIC rilasciate conformemente alle disposizioni del capitolo III di tale direttiva, cioè secondo la procedura di mutuo riconoscimento, il Tribunale l’ha interpretata nel senso che «la modifica, la sospensione o la revoca di tali [AIC], su iniziativa di uno Stato membro al fine di assicurare la tutela della sanità pubblica, rientrano nella competenza esclusiva della Commissione, la quale decide previo parere del CPMP conformemente alle procedure disciplinate dagli artt. 13 e 14 della direttiva 75/319 [modificata]», mentre, «[v]iceversa, la modifica, la sospensione e la revoca delle AIC che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 15 bis restano, in linea di principio, di esclusiva competenza degli Stati membri» (punto 121 della sentenza Artegodan).

58      Il Tribunale ha ritenuto che, poiché il dettato degli artt. 12 e 15 bis della direttiva 75/319 modificata non fornisce indicazioni precise, era necessario verificare se, nel sistema del capitolo III di tale direttiva, e alla luce degli obiettivi da essa perseguiti, l’art. 15 bis, n. 1, potesse essere interpretato in combinato disposto con l’art. 12 nel senso che esso concerne anche le AIC nazionali armonizzate nell’ambito dell’art. 12 (punto 125 della sentenza Artegodan).

59      A tal fine, il Tribunale ha verificato quale autorità fosse competente a decidere previo parere del CPMP, adito ai sensi dell’art. 12 della direttiva 75/319 modificata, articolo che si limita a prevedere espressamente l’applicazione della procedura consultiva disciplinata dall’art. 13 della stessa direttiva e non riguarda l’art. 14 della medesima. Esso ha stabilito, in proposito, che l’art. 12 della direttiva 75/319 modificata «è destinato ad applicarsi nell’ambito residuale della competenza esclusiva degli Stati membri, oppure in sede di rilascio dell’AIC iniziale di un medicinale da parte dello Stato membro di riferimento» (punto 142 della sentenza Artegodan) e che «non può essere interpretato nel senso che esso autorizza implicitamente la Commissione ad adottare una decisione vincolante, ai sensi della procedura di cui all’art. 14» della stessa direttiva (punto 147 della sentenza Artegodan), e ciò contrariamente all’art. 10, n. 2, il quale, ancorché rinvii a sua volta alla procedura consultiva di cui all’art. 13, si inserisce tuttavia in un contesto diverso, cioè quello della procedura di mutuo riconoscimento (punti 130‑133 della sentenza Artegodan). Il Tribunale è giunto a tali conclusioni in base ad un processo interpretativo fondato, segnatamente, sul sistema del capo III della direttiva 75/319 modificata e sugli obiettivi di quest’ultima.

60      Quanto all’art. 11 della direttiva 75/319 modificata (corrispondente all’art. 30 HUM), di cui trattasi nella presente causa, il Tribunale è giunto alla stessa conclusione (punti 140 e 146 della sentenza Artegodan). L’art. 11 della direttiva 75/319 modificata, esattamente come l’art. 12 della direttiva stessa, instaura una procedura meramente consultiva.

61      Prendendo atto del fatto che la decisione 9 dicembre 1996 era stata attuata dagli Stati membri interessati, il Tribunale ha ritenuto, in conclusione, che fosse comunque necessario verificare se, nel sistema del capitolo III di tale direttiva, le AIC armonizzate da questi ultimi, previa consultazione del CPMP ai sensi dell’art. 12 della direttiva 75/319, potessero ugualmente essere assimilate alle AIC rilasciate ai sensi delle disposizioni del citato capitolo III (punto 148 della sentenza Artegodan).

62      Il Tribunale ha ritenuto in proposito che, «in mancanza di esplicite disposizioni, il principio sancito dall’art. 5, primo comma, CE, in forza del quale la Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite, osta all’interpretazione dell’art. 15 bis, n. 1, della direttiva 75/319 [modificata] nel senso che l’armonizzazione di determinate AIC, conformemente a un parere non vincolante del CPMP ai sensi dell’art. 12 di tale direttiva, può avere l’effetto di privare gli Stati membri interessati della loro competenza, comportando l’applicazione della procedura arbitrale prevista dall’art. 15 bis ai fini dell’adozione di qualunque ulteriore decisione sulla sospensione o sulla revoca di tali autorizzazioni» (punto 150 della sentenza Artegodan). Esso ha quindi stabilito che, «nel sistema della direttiva 75/319 [modificata], la nozione di AIC rilasciata ai sensi delle disposizioni del capitolo III di tale direttiva, di cui all’art. 15 bis, n. 1, non può essere interpretata nel senso che essa include anche le autorizzazioni armonizzate previa consultazione del CPMP ai sensi dell’art. 12» (punto 155 della sentenza Artegodan).

63      Il Tribunale ne ha concluso che le decisioni 9 marzo 2000 erano prive di fondamento normativo e che il motivo relativo all’incompetenza della Commissione era fondato.

64      Nella sentenza Servier, il Tribunale ha applicato, in una situazione analoga, la soluzione elaborata nella sentenza Artegodan (v., in particolare, i punti 57‑63 della sentenza Servier, che fanno riferimento alla sentenza Artegodan).

65      Le sentenze Artegodan e Servier sono state oggetto di impugnazioni presentate dalla Commissione, la quale contestava al Tribunale, segnatamente, di averle negato la competenza ad assumere, all’esito di una procedura instaurata ai sensi dell’art. 12 della direttiva 75/319 modificata, una decisione in applicazione dell’art. 14 della direttiva medesima.

66      Con la sua sentenza Commissione/Artegodan e a., citata supra al punto 26, la Corte, in seduta plenaria, ha respinto il ricorso avverso la sentenza Artegodan, basando la sua valutazione non sull’art. 12 della direttiva 75/319 modificata, bensì sull’art. 15 bis di tale direttiva, che rappresenta il fondamento normativo delle decisioni 9 marzo 2000. La Corte ha stabilito quanto segue:

«44      (…) occorre rilevare che le decisioni [9 marzo 2000] sono state [prese] sul solo fondamento dell’art. 15 bis della direttiva 75/319 [modificata].

45      Secondo la sua formulazione, l’art. 15 bis della direttiva 75/319 [modificata] si applica alle AIC rilasciate conformemente alle disposizioni del capitolo III della detta direttiva.

46      Ora, il Tribunale ha dichiarato, senza che la Commissione lo contesti, che le AIC la cui revoca è stata ordinata dalle decisioni [9 marzo 2000] sono state inizialmente concesse nell’ambito di procedimenti puramente nazionali.

47      Supponendo che la finalità dell’art. 15 bis della direttiva 75/319 [modificata] imponga un’interpretazione ampia che consenta di applicarla ad AIC non rilasciate nell’ambito del capitolo III, ma che hanno formato oggetto di un’altra procedura di armonizzazione, diventa necessario nella fattispecie ricercare se la decisione del [9 dicembre] 1996 possa essere considerata all’origine di una siffatta armonizzazione.

48      Ora, è pacifico che la decisione del [9 dicembre] 1996 si è limitata ad ordinare la modifica di taluni termini delle AIC iniziali, cioè il contenuto delle informazioni cliniche che debbono figurare, tra gli altri dati, nel riassunto delle caratteristiche del prodotto, conformemente all’art. 4 bis, punto 5, della direttiva 65/65.

49      Una siffatta modifica parziale non può equivalere ad un’autorizzazione rilasciata conformemente alle disposizioni del capitolo III della direttiva 75/319 [modificata].

50        Pertanto, poco importa che tale modifica parziale delle AIC dei medicinali di cui trattasi sia risultata dall’esecuzione di una decisione vincolante o da un’armonizzazione attuata in maniera volontaria dagli Stati membri.

51      Ne consegue che l’art. 15 bis della direttiva 75/319 [modificata] non poteva servire di fondamento normativo alle decisioni [9 marzo 2000].

52      Pertanto, e senza che occorra pronunciarsi sugli altri motivi e argomenti addotti dalla Commissione, si deve constatare che con ragione il Tribunale ha dichiarato che la Commissione era incompetente ad adottare le decisioni [9 marzo 2000] e che queste ultime dovevano pertanto essere annullate».

67      Con la sua ordinanza 1° aprile 2004, causa C‑156/03 P, Commissione/Laboratoires Servier (non pubblicata nella Raccolta), la Corte, seguendo il ragionamento sviluppato nella sentenza Commissione/Artegodan e a., citata supra al punto 26, ha respinto, per le stesse ragioni, il ricorso avverso la sentenza Servier in quanto manifestamente infondato (punti 38‑48 dell’ordinanza).

68      Il Tribunale rileva, per un verso, che, essendo stato respinto il ricorso introdotto avverso la sentenza Artegodan, quest’ultima sentenza è ormai definitiva. Emerge dai motivi di tale sentenza che le procedure in cui il CPMP viene adito ai sensi degli artt. 30 e 31 HUM non possono sfociare in decisioni finali vincolanti della Commissione ai sensi degli artt. 33 e 34 HUM, bensì solamente in un parere del CPMP.

69      Il Tribunale rileva tuttavia che la Corte non ha espressamente preso posizione su tali motivi della sentenza Artegodan.

70      È in questo contesto che la Commissione mette in discussione la rilevanza della soluzione elaborata nella sentenza Artegodan ai fini della presente causa, e sostiene che sarebbe comunque opportuno ritornare sulla posizione espressa in tale sentenza.

71      Si deve innanzi tutto esaminare l’argomento della Commissione secondo cui la sentenza Artegodan è irrilevante ai fini della fattispecie in esame, in quanto la procedura oggetto di tale sentenza era basata sull’art. 15 bis della direttiva 75/319 modificata e non sull’art. 12 della direttiva medesima.

72      È certamente vero che le decisioni 9 marzo 2000, impugnate nella causa Artegodan, sono state assunte sulla base dell’art. 15 bis della direttiva 75/319 modificata, e che la Corte non ha affrontato la questione relativa alla competenza della Commissione ad adottare la decisione 9 dicembre 1996, dopo che il CPMP è stato adito ai sensi dell’art. 12 della direttiva 75/319 modificata.

73      Tuttavia, se ciò può significare che, a parere della Corte, i motivi della sentenza Artegodan riguardanti la mancanza di competenza decisionale della Commissione nel contesto dell’art. 12 della direttiva 75/319 modificata non erano indispensabili alla soluzione della controversia nella causa Artegodan, ma rappresentavano obiter dicta, ciò non implica che essa abbia ritenuto erronei tali motivi, né che gli stessi non siano pertinenti ai fini della presente fattispecie.

74      Invero, il fatto che la Corte abbia stabilito, al punto 50 della sentenza Commissione/Artegodan e a., citata supra al punto 26, che «poco importa[va] che [la] modifica parziale delle AIC dei medicinali di cui trattasi [effettuata a seguito della decisione 9 dicembre 1996] sia risultata dall’esecuzione di una decisione vincolante o da un’armonizzazione attuata in maniera volontaria dagli Stati membri» non significa che la Corte abbia messo in discussione il ragionamento svolto dal Tribunale con riferimento all’incompetenza della Commissione ad assumere una decisione finale dopo avere adito il CPMP in base all’art. 12 della direttiva 75/319 modificata. Tale considerazione della Corte significa semplicemente che essa, in sede di esame del ricorso, non ha affrontato tale questione.

75      Quanto al fatto che, al punto 47 della sua sentenza, la Corte abbia preso in considerazione, oltre alle AIC concesse nell’ambito capo III della direttiva 75/319 modificata, l’eventualità di AIC che siano state oggetto «di un’altra procedura di armonizzazione», ciò non significa che la Corte abbia dissentito dal ragionamento del Tribunale. La Corte, dopo aver rilevato che le AIC in questione nella causa che ha dato origine alla sentenza Artegodan non erano state concesse nell’ambito del capo III della direttiva 75/319 modificata (punto 46 della sentenza della Corte), si è limitata ad effettuare una semplice supposizione, secondo la quale la finalità dell’art. 15 bis di tale direttiva potrebbe richiedere un’interpretazione ampia di tale disposizione, che consentirebbe di applicare la disposizione stessa ad AIC non concesse nell’ambito del capo III, bensì che siano state oggetto di una diversa procedura di armonizzazione. In tal modo, la Corte non ha assolutamente inteso dissentire dal ragionamento del Tribunale.

76      Quanto all’argomento della Commissione, secondo cui la sentenza Artegodan sarebbe stata pronunciata con riferimento a decisioni assunte in base a un’adizione del CPMP motivata dall’interesse comunitario (art. 12 della direttiva 75/319 modificata, corrispondente all’art. 31 HUM), e non da decisioni divergenti (art. 11 della direttiva 75/319 modificata, corrispondente all’art. 30 HUM), esso non è assolutamente tale da escludere la rilevanza della sentenza stessa. Infatti, il Tribunale ha ritenuto che, proprio come l’art. 12 della direttiva 75/319 modificata, l’art. 11 di tale direttiva «non rientra fra le disposizioni che disciplinano la procedura di mutuo riconoscimento» (punto 140 della sentenza Artegodan) e che la procedura istituita dall’art. 11 è, come quella dell’art. 12, puramente consultiva (punto 146 della sentenza Artegodan). Il Tribunale ha quindi espressamente posto le due procedure sullo stesso piano. Al massimo, si può ritenere che tali affermazioni della sentenza Artegodan, relative all’art. 11 della direttiva 75/319 modificata, rappresentino semplicemente obiter dicta.

77      Risulta quindi che i motivi della sentenza Artegodan, per quanto siano obiter dicta (quanto all’art. 11 della direttiva 75/319 modificata) o possano sembrare tali alla luce della sentenza Commissione/Artegodan e a., citata supra al punto 26 (quanto all’art. 12 della stessa direttiva), essi non vengono smentiti da quest’ultima e risultano rilevanti ai fini della presente causa.

78      L’argomento della Commissione basato sull’irrilevanza, per la presente causa, della sentenza Artegodan dev’essere quindi respinto.

79      Si deve, in secondo luogo, verificare se, come sostiene la Commissione, l’art. 30 HUM (corrispondente all’art. 11 della direttiva 75/319 modificata) debba essere interpretato nel senso che consente a quest’ultima di assumere, in base agli artt. 33 e 34 HUM (corrispondenti all’art. 14 della direttiva 75/319 modificata), una decisione vincolante nei confronti degli Stati membri, con riferimento ad AIC meramente nazionali.

80      Nella sentenza Artegodan il Tribunale ha dato una soluzione negativa, stabilendo che né dalla formulazione né dalla finalità dell’art. 12 della direttiva 75/319 modificata (corrispondente all’art. 31 HUM), come neppure dal sistema istituito dal capitolo III di tale direttiva (corrispondente al capo 4 HUM), emergeva che la Commissione era competente ad assumere una decisione all’esito di una procedura di adizione instaurata ai sensi del citato art. 12. Il Tribunale ha rilevato che tale disposizione era destinata ad applicarsi nell’ambito della competenza residuale degli Stati membri, cioè con riferimento alle AIC puramente nazionali, e che era quindi logico che tale articolo prevedesse unicamente la possibilità di consultare il CPMP ai sensi dell’art. 13 della direttiva 75/319 modificata (corrispondente all’art. 32 HUM) (punto 142 della sentenza Artegodan). Il Tribunale ha ritenuto che lo stesso potesse dirsi per l’art. 11 della direttiva 75/319 modificata (corrispondente all’art. 30 HUM) (punto 146 della sentenza Artegodan).

81      Il Tribunale ritiene che non vi sia motivo di mettere in discussione tale interpretazione.

82      Innanzi tutto, le modifiche apportate dalla direttiva 93/39 alla formulazione dell’art. 11 della direttiva 75/319 come modificata dalla direttiva 83/570 non consentono di ritenere che tale articolo, così modificato, abbia introdotto una procedura arbitrale.

83      Infatti, le modifiche dell’art. 11 della direttiva 75/319 (corrispondente all’art. 30 HUM) rappresentano solamente adattamenti di carattere essenzialmente redazionale, e ciò al di là, per un verso, dell’estensione del diritto di adire il CPMP al «soggetto responsabile dell’immissione in commercio del medicinale» (il «titolare dell’autorizzazione» nella versione codificata all’art. 30 HUM) e, per altro verso, dell’indicazione che il soggetto che adisce il CPMP deve individuare chiaramente la questione per la quale chiede un parere. Da tali modifiche non emerge in alcun modo che vi sia stato un trasferimento di competenza decisionale a vantaggio della Commissione.

84      Tenuto conto delle considerazioni che precedono, dalle quali emerge che le modifiche apportate dalla direttiva 93/39 alla formulazione dell’art. 11 della direttiva 75/319 non consentono di ritenere sussistente un trasferimento di competenza a vantaggio della Comunità per quanto riguarda le AIC meramente nazionali, va rilevato, in conformità alle valutazioni espresse dal Tribunale nella sentenza Artegodan (punto 139 di tale sentenza), che una simile competenza può essere riconosciuta alla Commissione solamente qualora essa emerga chiaramente dalla finalità dell’art. 30 HUM (corrispondente all’art. 11 della direttiva 75/319 modificata) ovvero risulti in modo esplicito dal sistema definito nell’ambito del capo 4 HUM (corrispondente al capitolo III della direttiva 75/319 modificata).

85      Il Tribunale rileva in proposito, come ha già precisato nella sentenza Artegodan con riferimento alla direttiva 75/319 modificata (punto 140 della sentenza Artegodan), che, a differenza dell’art. 29, n. 2, HUM (corrispondente all’art. 10, n. 2, della direttiva 75/319 modificata), che si riferisce alla procedura di mutuo riconoscimento e, perciò, va interpretato conformemente all’obiettivo di tale procedura, come specificamente definito al dodicesimo ‘considerando’ HUM, l’art. 30 HUM, proprio come l’art. 31 HUM, non rientra fra le disposizioni che disciplinano la procedura di mutuo riconoscimento. Quest’ultima è infatti disciplinata in special modo dagli artt. 28 e 29 HUM (corrispondenti agli artt. 9 e 10 della direttiva 75/319 modificata), per quanto concerne il rilascio delle AIC, e dagli artt. 35 e 36 HUM (corrispondenti agli artt. 15 e 15 bis della direttiva 75/319 modificata), per quanto concerne la loro gestione.

86      Tale valutazione del Tribunale relativamente alla portata dell’art. 30 HUM non è messa in discussione dall’argomento della Commissione, basato su considerazioni relative al meccanismo di codificazione e al significato da attribuirsi, in tale ambito, al titolo del capo 4 HUM (v. precedente punto 40).

87      Infatti, la formulazione del titolo del capo 4 HUM, in cui è inserito l’art. 30 HUM, nonché il fatto che tale titolo sostituisca un titolo precedente per il quale si presume accettata un’interpretazione ampia, non portano in alcun modo alla conclusione proposta dalla Commissione, secondo cui la procedura dell’art. 30 HUM dovrebbe sfociare in una decisione vincolante della Commissione. In realtà, il fatto che l’art. 30 HUM sia inserito in un capitolo che è stato rinominato «Mutuo riconoscimento delle autorizzazioni» non implica che tale disposizione debba intendersi come un meccanismo di mutuo riconoscimento, basato su un obbligo di riconoscimento qualora ne ricorrano le condizioni. Se la procedura degli artt. 28 e 29 HUM rappresenta effettivamente un siffatto meccanismo vincolante (v. precedente punto 85 e punto 140 della sentenza Artegodan), l’art. 30 HUM prevede solamente, da parte sua, un meccanismo inteso a facilitare l’adozione di decisioni comuni da parte degli Stati membri, nel settore della loro competenza esclusiva in materia di AIC meramente nazionali e nell’ipotesi di decisioni divergenti.

88      Neppure la valutazione del Tribunale in ordine alla portata dell’art. 30 HUM può essere messa in discussione dalle considerazioni della Commissione relative alla portata dell’art. 27 HUM (corrispondente all’art. 8 della direttiva 75/319 modificata) (v. i precedenti punti 38 e 39).

89      In proposito il Tribunale ritiene, per un verso, e in conformità alle valutazioni già svolte nell’ambito della sentenza Artegodan (punto 141 di tale sentenza), che l’art. 27 HUM non consente di interpretare l’art. 30 HUM, come l’art. 31 HUM, nel senso che esso istituisce una procedura arbitrale comunitaria ovvero che il parere rilasciato dal CPMP vincola gli Stati membri. Infatti, l’art. 27 HUM si limita a stabilire che il CPMP è stato istituito al fine di agevolare l’adozione di decisioni comuni da parte degli Stati membri riguardo all’AIC dei medicinali.

90      Il Tribunale osserva, per altro verso, che tali considerazioni della Commissione non incidono in alcun modo sul fatto che il codice HUM, ancorché miri effettivamente ad assicurare la tutela della sanità pubblica avvalendosi di mezzi che non ostacolino lo sviluppo dell’industria farmaceutica e gli scambi dei medicinali nella Comunità, non può tuttavia, in mancanza di disposizioni esplicite in tal senso e tenuto conto del principio sancito dall’art. 5, primo comma, CE, ai sensi del quale la Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite, privare gli Stati membri della loro competenza esclusiva in merito alle AIC concesse nell’ambito di procedure meramente nazionali. Così, in mancanza di tali esplicite disposizioni, l’art. 30 HUM dev’essere inteso nel senso che lo stesso non mette in discussione le competenze esclusive degli Stati membri, bensì mira, ricorrendo alla procedura consultiva da esso prevista, a livello comunitario, ad orientare l’esercizio di tali competenze nazionali in un senso comune.

91      Secondo la Commissione, l’efficacia della procedura di cui all’art. 30 HUM non può essere garantita da un’interpretazione che limiti il suo ambito di applicazione alla consultazione del CPMP, lasciando a ciascuno Stato membro la libertà di decidere in ordine alle misure da assumersi a seguito del parere del CPMP (v. precedente punto 41).

92      È vero che potrebbe ipotizzarsi che la Commissione sia competente ad assumere una decisione vincolante, ancorché l’avvio della procedura sia una semplice facoltà e che tale facoltà possa essere esercitata non solo dagli Stati membri, bensì anche dalla Commissione stessa, o ancora dal titolare dell’AIC di cui trattasi.

93      Tuttavia, tenuto conto delle conseguenze di tale impostazione e, in particolare, del fatto che la procedura dell’art. 30 HUM comporterebbe in tal caso trasferimenti di competenza a vantaggio della Commissione in condizioni che possono sfuggire totalmente agli Stati membri, il Tribunale ritiene che sarebbero quanto meno necessarie disposizioni esplicite in tal senso. In mancanza di tali disposizioni, gli Stati membri non possono essere privati della loro competenza esclusiva, in modo imprevedibile, quale effetto di un’adizione consultiva effettuata dalla Commissione ovvero dal titolare dell’AIC.

94      Tale considerazione è supportata dal fatto che, nella procedura di cui all’art. 30 HUM e a differenza della procedura di mutuo riconoscimento (v. art. 29, n. 2, HUM), il CPMP viene adito senza alcuna concertazione preliminare che potrebbe consentire agli Stati membri di trovare tra loro un accordo e quindi di evitare il ricorso all’arbitrato vincolante della Commissione.

95      Peraltro, il fatto che la direttiva 93/39 e il codice HUM siano stati adottati in base a disposizioni del Trattato relative al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri e che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno, cioè, per la direttiva 93/39, l’art. 100 A del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 95 CE), inserito nel 1987 nel Trattato ad opera dell’Atto unico europeo, e, per il codice HUM, l’art. 95 CE, non implica in alcun modo, di per sé, che alla Commissione debba riconoscersi una competenza decisionale a seguito dell’adizione del CPMP in applicazione dell’art. 30 HUM. La risposta alla questione relativa all’esistenza di una competenza di tal genere dipende dai termini stessi delle disposizioni della direttiva 93/39 e del codice HUM. Il Tribunale rileva, peraltro, che una siffatta competenza comunitaria non è stata introdotta neppure dalle direttive 75/319 e 83/570, ancorché esse siano fondate sull’art. 100 del Trattato CE (divenuto art. 94 CE), relativo al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri.

96      Il Tribunale rileva, infine, che seguire la posizione della Commissione e pertanto riconoscere alla stessa la competenza ad assumere una decisione vincolante all’esito della procedura basata sull’art. 30 HUM porterebbe alla conseguenza che la Commissione, essendo essa stessa legittimata ad adire il CPMP in base a tale disposizione, potrebbe ricondurre nell’ambito della competenza comunitaria tutti i casi di AIC nazionali per cui essa rilevi l’esistenza di decisioni divergenti.

97      Tale prospettiva disconoscerebbe la competenza residuale esclusiva degli Stati membri in materia di AIC meramente nazionali.

98      In definitiva, risultano conciliati l’obiettivo del codice HUM, cioè la tutela della sanità pubblica col ricorso a mezzi che non ostacolino lo sviluppo dell’industria farmaceutica e gli scambi dei medicinali nella Comunità, e il mantenimento, in assenza di disposizioni esplicite in senso contrario, di una competenza residuale esclusiva degli Stati membri quanto alla concessione e alla gestione delle AIC meramente nazionali.

99      Tenuto conto delle considerazioni che precedono, si deve concludere che l’art. 30 HUM non può essere interpretato nel senso che autorizza implicitamente la Commissione ad adottare una decisione vincolante secondo la procedura prevista dagli artt. 33 e 34 HUM.

100    Di conseguenza, risulta che nella presente causa la Commissione, dopo aver adito il CPMP ai sensi dell’art. 11 della direttiva 75/319 modificata (corrispondente all’art. 30 HUM), ha illegittimamente adottato la decisione impugnata, in base agli artt. 33 e 34 HUM.

101    Si deve quindi accogliere il secondo motivo di annullamento, nella sua prima parte, ed annullare la decisione impugnata, senza che si debbano esaminare gli altri motivi di annullamento.

 Sulle spese

102    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché le ricorrenti ne hanno fatto domanda, la convenuta, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della Commissione 21 maggio 2003, C (2003) 1752, riguardante l’immissione in commercio di medicinali per uso umano contenenti la sostanza enalapril, è annullata.

2)      La Commissione è condannata alle spese.

Vilaras

Martins Ribeiro

Jürimäe

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 31 gennaio 2006.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      M. Vilaras


* Lingua processuale: l'inglese.