Language of document : ECLI:EU:T:2010:437

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

18 ottobre 2010 (*)

«Impugnazione – Funzione pubblica – Funzionari – Rifiuto di un’istituzione di tradurre una decisione – Impugnazione in parte manifestamente irricevibile e in parte manifestamente infondata»

Nel procedimento T‑515/09 P,

avente ad oggetto l’impugnazione diretta all’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) 7 ottobre 2009, causa F‑3/08, Marcuccio/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta),

Luigi Marcuccio, residente in Tricase (Italia), rappresentato dall’avv. G. Cipressa,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata dal sig. J. Currall e dalla sig.ra C. Berardis-Kayser, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Dal Ferro,

convenuta in primo grado,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni),

composto dai sigg. M. Jaeger (relatore), presidente, J. Azizi e dalla sig.ra I. Wiszniewska-Białecka, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        Con la sua impugnazione, proposta ai sensi dell’art. 9 dell’allegato I dello Statuto della Corte di giustizia, il ricorrente, sig. Luigi Marcuccio, chiede l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) 7 ottobre 2009, causa F‑3/08, Marcuccio/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), mediante la quale quest’ultimo ha respinto in quanto manifestamente infondato in diritto il suo ricorso inteso, da una parte, all’annullamento della decisione con la quale la Commissione delle Comunità europee ha rifiutato di inviargli la traduzione dall’inglese all’italiano della decisione di rigetto di una domanda, ai sensi dell’art. 90, n 1, dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto dei funzionari»), che egli aveva presentato in quest’ultima lingua e, dall’altra parte, a ottenere la condanna della Commissione al risarcimento del danno.

 Fatti, procedimento in primo grado e ordinanza impugnata

2        Il ricorrente, funzionario di grado A 7 presso la direzione generale «Sviluppo» della Commissione, dal 16 giugno 2000 veniva assegnato alla delegazione della Commissione a Luanda, in Angola.

3        Dal 4 gennaio 2002 il ricorrente è in congedo malattia presso il suo domicilio a Tricase e non ha mai ripreso servizio.

4        Con nota datata 19 luglio 2005 e redatta in lingua italiana, il ricorrente, sul fondamento dell’art. 90, n. 1, dello Statuto dei funzionari, adiva l’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») chiedendo che gli fosse corrisposta, riguardo al periodo di prova aumentato di un mese, l’indennità giornaliera di cui all’art. 10, n. 2, lett. b), dell’allegato VII allo Statuto dei funzionari.

5        Con decisione datata 13 dicembre 2005 e redatta in lingua inglese, la Commissione respingeva esplicitamente detta domanda (in prosieguo: la «decisione del 13 dicembre 2005»).

6        Con nota datata 27 gennaio 2007 e redatta in italiano, il ricorrente chiedeva che gli venisse inviata una traduzione in lingua italiana della decisione del 13 dicembre 2005 (in prosieguo: la «domanda del 27 gennaio 2007»).

7        Con decisione datata 15 febbraio 2007, parimenti redatta in lingua inglese e che il ricorrente indica di aver ricevuto il successivo 19 marzo, la Commissione respingeva la domanda del 27 gennaio 2007 (nel prosieguo: la «decisione controversa»). La Commissione ha motivato la decisione controversa, in sostanza, affermando che il ricorrente, che aveva fatto parte del servizio estero della Commissione e aveva espletato le sue funzioni nell’ambito di una delegazione in un paese terzo, possedeva una conoscenza molto buona della lingua inglese e che era pertanto inutile fargli pervenire una siffatta traduzione.

8        Con nota datata 26 maggio 2007 e pervenuta all’Istituzione il successivo 4 giugno, il ricorrente, sul fondamento dell’art. 90, n. 2, dello Statuto dei funzionari, introduceva reclamo avverso la decisione controversa.

9        Tale reclamo era oggetto, il 4 ottobre 2007, di una decisione implicita di rigetto (nel prosieguo: la «decisione di rigetto del reclamo»).

10      Il 3 gennaio 2008, il ricorrente ha proposto dinanzi al Tribunale della funzione pubblica un ricorso avente ad oggetto, in particolare, l’annullamento della decisione controversa e una domanda di risarcimento del danno.

11      Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto tale ricorso in quanto manifestamente infondato in diritto e ha condannato il ricorrente alle spese nonché al versamento a detto Tribunale, ai sensi dell’art. 94 del suo regolamento di procedura, dell’importo di EUR 1 000 a titolo di spese che avrebbero potuto essere evitate.

12      Più precisamente, quanto alla domanda di annullamento, il Tribunale della funzione pubblica, dopo aver considerato che occorreva valutarne direttamente la fondatezza senza pronunziarsi in ordine alla sua ricevibilità, ha respinto il primo motivo del ricorrente, secondo il quale la decisione controversa sarebbe stata viziata da una «carenza assoluta» di motivazione, in quanto redatta in inglese. Secondo il Tribunale della funzione pubblica, risultava in effetti dagli atti di causa che l’inglese era la lingua di lavoro del ricorrente quando esercitava le sue funzioni presso la delegazione e che, nel suo curriculum vitae, il ricorrente stesso aveva indicato di padroneggiare la lingua in questione e di possedere diplomi che dimostravano tale conoscenza (punti 27 e 28 dell’ordinanza impugnata).

13      Quanto al secondo motivo del ricorrente, relativo alla «violazione di legge e delle forme sostanziali», il Tribunale della funzione pubblica ha osservato, al punto 29 dell’ordinanza impugnata, che, secondo la giurisprudenza, spetta alle istituzioni, in forza del dovere di sollecitudine, indirizzare a un funzionario una decisione individuale redatta in una lingua che questi conosce in maniera approfondita. Orbene, nel caso di specie, il ricorrente, possedendo una conoscenza approfondita dell’inglese, non poteva censurare la Commissione né per aver redatto in lingua inglese la decisione del 13 dicembre 2005 né per aver respinto la sua richiesta che gli fosse comunicata una traduzione in lingua italiana della decisione medesima.

14      Il Tribunale della funzione pubblica ha poi affermato che una tale conclusione non poteva essere confutata né sulla base dell’art. 21, terzo comma, CE, né sulla base del punto 4 del codice di buona condotta amministrativa allegato alla decisione della Commissione 17 ottobre 2000, 2000/633/CE, CECA, Euratom, recante modificazione del suo regolamento interno (GU L 267, pag. 63), né sulla base dell’art. 41, n. 4, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU C 364, pag. 1), disposizioni invocate dal ricorrente per dimostrare l’esistenza di un diritto del funzionario di ricevere le risposte alle lettere che questi invia alle istituzioni nella lingua della corrispondenza iniziale. Infatti, secondo il Tribunale della funzione pubblica, le relazioni tra le istituzioni e i loro agenti, quando questi ultimi presentano una domanda, un reclamo o un ricorso ai sensi degli artt. 90 e 91 dello Statuto dei funzionari, in qualità di funzionario o di altro agente, sono disciplinate unicamente dallo Statuto stesso (punti 30‑33 dell’ordinanza impugnata).

15      Il Tribunale della funzione pubblica ha peraltro considerato che, se le istituzioni fossero tenute in ogni caso a rispondere alla domanda di un funzionario nella stessa lingua utilizzata nella domanda, sorgerebbero difficoltà insormontabili per le istituzioni stesse (punto 31 dell’ordinanza impugnata).

16      Il Tribunale della funzione pubblica ha parimenti respinto il terzo motivo, con il quale il ricorrente censurava la Commissione in quanto essa avrebbe violato il dovere di sollecitudine e di buona amministrazione. Al riguardo, ha osservato che l’invio al ricorrente della decisione del 13 dicembre 2005 in una lingua che questi conosceva in maniera approfondita aveva ottemperato alle esigenze che discendono da detto dovere, e ciò quand’anche l’interessato si fosse ritenuto costretto, per difendere successivamente i propri diritti dinanzi ai giudici comunitari, a rivolgersi a un avvocato che conoscesse la lingua inglese o a far tradurre in italiano le decisioni della Commissione redatte in inglese (punto 34 dell’ordinanza impugnata).

17      Quanto alla domanda risarcitoria, è stata respinta dal Tribunale della funzione pubblica in quanto presentava uno stretto collegamento con le domande di annullamento, giudicate infondate in diritto (punti 36 e 37 dell’ordinanza impugnata).

18      Infine, il Tribunale della funzione pubblica ha condannato il ricorrente, da una parte, a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione e, dall’altra, a versare a detto giudice la somma di EUR 1 000 a titolo di rimborso di spese giudiziarie che avrebbero potuto essere evitate, ai sensi dell’art. 94 del regolamento di procedura del Tribunale medesimo.

 Sull’impugnazione

 Procedimento e conclusioni delle parti

19      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 dicembre 2009, il ricorrente ha proposto la presente impugnazione.

20      In seguito al deposito del controricorso da parte della Commissione, l’8 marzo 2010, il ricorrente ha chiesto con lettera del 29 marzo 2010 di poter presentare una replica, in conformità all’art. 143, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale. Il presidente della Sezione delle impugnazioni del Tribunale ha respinto tale domanda con decisione dell’8 aprile 2010.

21      Con lettera pervenuta alla cancelleria del Tribunale il 18 maggio 2010, il ricorrente ha chiesto, ai sensi dell’art. 146 del regolamento di procedura del Tribunale, di avviare la fase orale del procedimento.

22      Il ricorrente conclude, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        annullare l’ordinanza impugnata;

–        se necessario, dichiarare che il ricorso dinanzi al Tribunale della funzione pubblica che ha dato luogo all’ordinanza impugnata era ricevibile;

–        accogliere le domande presentate al Tribunale della funzione pubblica;

–        condannare la Commissione alle spese dei due gradi di giudizio;

–        in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale della funzione pubblica.

23      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile e/o respingerlo in quanto infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese del presente giudizio nonché alle spese del procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica.

 In diritto

24      Ai sensi dell’art. 145 del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è manifestamente irricevibile o manifestamente infondata, il Tribunale può respingerla in qualsiasi momento con ordinanza motivata anche se una delle parti ha chiesto al Tribunale lo svolgimento di un’udienza (ordinanze del Tribunale 24 settembre 2008, causa T‑105/08 P, Van Neyghem/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 21, e 26 giugno 2009, causa T‑114/08 P, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 10).

25      Nel caso di specie, il Tribunale ritiene di essere sufficientemente edotto dagli atti di causa e decide, ai sensi di tale disposizione, di statuire senza proseguire il procedimento.

26      A sostegno dell’impugnazione, il ricorrente deduce tre motivi, attinenti, in sostanza, il primo, alla violazione dell’obbligo di motivazione e allo snaturamento dei fatti, il secondo, alla violazione del diritto di ogni individuo di rivolgersi ad un’istituzione facendo uso di qualsiasi lingua ufficiale dell’Unione europea e di ricevere una risposta nella stessa lingua e, il terzo, ad un errore di diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dell’art. 94 del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica.

 Sul primo motivo, attinente alla violazione dell’obbligo di motivazione e allo snaturamento dei fatti

–       Argomenti delle parti

27      Il ricorrente fa valere che la motivazione esposta dal Tribunale della funzione pubblica per concludere che egli era in grado di comprendere il contenuto della decisione controversa ancorché fosse stata redatta in inglese sarebbe arbitraria e illogica.

28      Il Tribunale della funzione pubblica, infatti, non avrebbe chiarito le ragioni per cui la mera circostanza che il ricorrente avesse utilizzato l’inglese come lingua di lavoro sino al 2001 e che avesse redatto, nel medesimo periodo, un curriculum vitae indicando di padroneggiare detta lingua, facendo riferimento a diplomi che attestavano tale conoscenza, permettesse di concludere che, nel 2007, egli sarebbe stato ancora in grado di comprendere documenti redatti in tale lingua. Al riguardo, il ricorrente sostiene che il grado di conoscenza di una lingua straniera acquisito da un individuo non sia immutabile, ma possa peggiorare, se non addirittura perdersi del tutto.

29      La Commissione ritiene che il presente motivo debba essere dichiarato irricevibile o, in ogni caso, respinto in quanto infondato.

–       Giudizio del Tribunale

30      In limine, occorre rilevare che la questione del rispetto dell’obbligo di motivazione, previsto dall’art. 76 del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica riguardo ad un’ordinanza di rigetto del ricorso in quanto manifestamente infondato in diritto, dev’essere distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, ove tale questione ricade in quella della legalità sostanziale dell’ordinanza de qua (v., per analogia, sentenze della Corte 22 marzo 2001, causa C‑17/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑2481, punto 35, e 7 marzo 2002, causa C‑310/99, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑2289, punto 48).

31      Da una parte, infatti, la motivazione di una decisione consiste nell’espressione formale delle ragioni su cui si fonda la decisione medesima. Qualora tali ragioni siano viziate da errori, questi ultimi viziano la legalità sostanziale della decisione, ma non la motivazione di quest’ultima, che può essere sufficiente pur illustrando ragioni errate (v. sentenza della Corte 10 luglio 2008, causa C‑413/06 P, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, Racc. pag. I‑4951, punto 181 e la giurisprudenza ivi citata). Dall’altra, la circostanza che il giudice di primo grado sia giunto, nel merito, ad una conclusione diversa da quella del ricorrente non può, di per sé, rendere l’ordinanza impugnata viziata da un difetto di motivazione (v. sentenza della Corte 20 maggio 2010, causa C‑583/08 P, Gogos/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 35 e la giurisprudenza ivi citata).

32      Orbene, al punto 28 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha chiarito le ragioni per cui ha ritenuto che il ricorrente conoscesse la lingua inglese, riferendosi alla sua esperienza professionale, al suo curriculum vitae e ai suoi diplomi.

33      Ne consegue che l’ordinanza impugnata non è viziata da un difetto di motivazione.

34      Quanto al fatto che il ricorrente contesta la valutazione degli elementi di fatto che ha indotto il Tribunale della funzione pubblica a concludere che egli conosceva l’inglese, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, l’impugnazione dinanzi al Tribunale è limitata ai motivi di diritto ai sensi dell’art. 11 dell’allegato I allo Statuto della Corte e che, pertanto, il Tribunale della funzione pubblica è il solo competente ad accertare i fatti, salvo nei casi in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti di causa sottoposti al suo giudizio, ed a valutare tali fatti. La valutazione dei fatti, salvo il caso dello snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, non costituisce, pertanto, una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato del giudice dell’impugnazione (v., per analogia, sentenza della Corte 2 ottobre 2001, causa C‑449/99 P, BEI/Hautem, Racc. pag. I‑6733, punto 44, e ordinanza della Corte 27 aprile 2006, causa C‑230/05 P, L/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 45).

35      Inoltre, la valutazione da parte del giudice di primo grado dell’efficacia probatoria di un documento non può, in linea di principio, essere soggetta al controllo del Tribunale nell’ambito di un’impugnazione. Il Tribunale della funzione pubblica è, quindi, l’unico competente a stimare il valore da attribuire agli elementi sottoposti al suo esame. Tale valutazione non costituisce pertanto, salvo il caso di snaturamento degli elementi di prova dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, una questione di diritto soggetta al giudice dell’impugnazione (v. sentenza del Tribunale 8 settembre 2009, causa T‑404/06 P, ETF/Landgren, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 198 e la giurisprudenza ivi citata).

36      Un tale snaturamento deve risultare in modo evidente dagli atti di causa, senza che occorra procedere a una nuova valutazione dei fatti e delle prove (v. sentenze del Tribunale 12 marzo 2008, causa T‑107/07 P, Rossi Ferreras/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 30, e 26 novembre 2008, causa T‑284/07 P, UAMI/López Teruel, non pubblicata nella Raccolta, punto 47).

37      Il potere di controllo del Tribunale sugli accertamenti di fatto compiuti dal Tribunale della funzione pubblica si estende quindi, in particolare, all’inesattezza materiale di tali accertamenti risultante dagli atti di causa, allo snaturamento degli elementi di prova, alla qualificazione giuridica di questi ultimi e alla questione se siano state rispettate le disposizioni in materia di onere e di produzione della prova (v., per analogia, sentenza della Corte 25 gennaio 2007, cause riunite C‑403/04 P e C‑405/04 P, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, Racc. pag. I‑729, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata).

38      Orbene, le affermazioni del ricorrente nel contesto della presente impugnazione quanto all’asserita perdita da parte sua della conoscenza della lingua inglese non consentono di ritenere che il Tribunale della funzione pubblica abbia snaturato i fatti o sia incorso in inesattezze materiali nel valutare, al punto 28 dell’ordinanza impugnata, gli elementi di fatto dedotti dalla Commissione nel suo controricorso e negli allegati. Del pari, in quanto è stata la Commissione a fornire gli elementi di prova che hanno consentito al Tribunale della funzione pubblica di concludere che non fosse necessaria la redazione di una traduzione in italiano della decisione del 13 dicembre 2005, le disposizioni in materia di onere e di produzione della prova sono state rispettate. Quanto alla qualificazione dei fatti operata dal Tribunale della funzione pubblica al fine di trarne la conclusione che, sulla base delle disposizioni applicabili e della giurisprudenza pertinente, non sussisteva l’obbligo, per la Commissione, di inviare al ricorrente una traduzione della decisione del 13 dicembre 2005, occorre rilevare che la questione relativa all’esistenza di tale obbligo è anche oggetto del secondo motivo.

39      Con riserva dell’esame di tale questione, che si svolgerà nel prosieguo, dalle suesposte considerazioni emerge che il secondo motivo deve essere, in parte, respinto in quanto manifestamente infondato e, in parte, dichiarato manifestamente irricevibile. 

 Sul secondo motivo, attinente alla violazione del diritto di ogni individuo di rivolgersi ad un’istituzione facendo uso di qualsiasi lingua ufficiale dell’Unione europea e di ricevere una risposta nella stessa lingua

–       Argomenti delle parti

40      Il ricorrente invoca l’art. 21, terzo comma, CE, dal quale emergerebbe chiaramente che il diritto di scrivere alle istituzioni in una delle lingue ufficiali dell’Unione e di ricevere una risposta nella stessa lingua spetta a tutti i cittadini dell’Unione, ivi compresi i suoi funzionari, a differenza di quanto affermato dal Tribunale della funzione pubblica nell’ordinanza impugnata. Dal momento che le disposizioni del Trattato possiedono valore costituzionale, le decisioni giurisdizionali non potrebbero derogarvi o apportarvi limitazioni non espressamente previste.

41      Inoltre, il ricorrente contesta il riferimento, operato dal Tribunale della funzione pubblica al punto 31 dell’ordinanza impugnata, alle difficoltà insormontabili che si presenterebbero alle istituzioni se fossero sempre tenute a rispondere alla domanda di un funzionario nella medesima lingua utilizzata nella domanda stessa e fa valere, segnatamente, che una norma giuridica non può essere interpretata in modo tale da escludere la sua applicazione solo perché quest’ultima solleva difficoltà pratiche di organizzazione e che, anche a voler ritenere dette difficoltà realmente esistenti, esse potrebbero in ogni caso essere eliminate con l’adozione di misure di organizzazione interna da parte dell’istituzione interessata.

42      Il ricorrente si fonda anche sull’art. 41, n. 4, della Carta dei diritti fondamentali, disposizione ai sensi della quale ogni individuo – e anche, secondo il ricorrente, i funzionari – può rivolgersi alle istituzioni dell’Unione in una delle lingue dei Trattati e deve ricevere una risposta nella stessa lingua. Al riguardo egli sottolinea che detta Carta possiede ormai la medesima efficacia giuridica dei Trattati.

43      Infine, il ricorrente sostiene che, in ogni caso, un’istituzione comunitaria alla quale si rivolga una persona cui sia applicabile lo Statuto dei funzionari con una domanda redatta in una lingua ufficiale dell’Unione e che non risponda nella stessa lingua non può legittimamente negare all’interessato che ne faccia domanda di produrre una traduzione della risposta nella medesima lingua.

44      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

45      Occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, i numerosi riferimenti nei Trattati all’uso delle lingue nell’Unione non possono essere considerati come la manifestazione di un principio generale di diritto dell’Unione che garantisce ad ogni cittadino il diritto a che tutto ciò che potrebbe incidere sui suoi interessi sia redatto nella sua lingua in ogni circostanza. Un principio del genere non può nemmeno dedursi dal regolamento (CEE) del Consiglio 15 aprile 1958, n. 1, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, n. 17, pag. 385). Detto regolamento, infatti, non è applicabile ai rapporti tra le istituzioni e i loro funzionari e agenti, in quanto fissa unicamente il regime linguistico applicabile tra le istituzioni dell’Unione ed uno Stato membro o una persona che ricade nella giurisdizione di uno degli Stati membri. I funzionari dell’Unione, riguardo all’applicazione delle disposizioni dello Statuto dei funzionari, sono soggetti unicamente alla giurisdizione dell’Unione stessa. Inoltre, l’art. 6 del regolamento n. 1 consente espressamente alle istituzioni di stabilire le modalità di applicazione del regime linguistico nei propri regolamenti interni (v. sentenza del Tribunale 20 novembre 2008, causa T‑185/05, Italia/Commissione, Racc. pag. II‑3207, punti 117‑119 e la giurisprudenza ivi citata).

46      Peraltro, risulta parimenti dalla giurisprudenza che la circostanza che documenti indirizzati dall’amministrazione ad uno dei suoi funzionari siano redatti in una lingua diversa dalla lingua madre di tale funzionario o dalla lingua straniera scelta dallo stesso non costituisce alcuna violazione dei diritti di tale funzionario, se egli possiede una padronanza della lingua utilizzata dall’amministrazione tale da consentirgli di prendere effettivamente e facilmente conoscenza del contenuto dei documenti in questione (v., in tal senso, sentenza Italia/Commissione, cit. supra al punto 45, punto 132 e la giurisprudenza ivi citata).

47      Infatti, se è pur vero che un’istituzione non può limitarsi a inviare a un funzionario una decisione individuale redatta in una delle sue lingue di lavoro, essa deve procuragli una traduzione solo se detto funzionario non abbia una sufficiente padronanza della lingua utilizzata (v., in tal senso, sentenza Italia/Commissione, cit. supra al punto 45, punto 144 e la giurisprudenza ivi citata).

48      Ne consegue che, dal momento che il Tribunale della funzione pubblica ha accertato, nella valutazione dei fatti per la quale è l’unico competente e che non è viziata da snaturamento (v. supra, punto 38), che il ricorrente conosceva l’inglese in modo sufficiente per comprendere agevolmente il contenuto della decisione del 13 dicembre 2005, esso non è incorso in un errore di diritto nell’affermare che il ricorrente non aveva diritto a ricevere una traduzione di detta decisione, e ciò a maggior ragione dal momento che quest’ultima era costituita solo da qualche riga redatta in un linguaggio semplice e non tecnico.

49      Si deve pertanto respingere l’argomento del ricorrente relativo alla violazione dell’art. 21, terzo comma, CE.

50      Quanto al richiamo, da parte del ricorrente, all’art. 41, n. 4, della Carta dei diritti fondamentali, si applicano le considerazioni formulate a proposito dell’art. 21, terzo comma, CE, a prescindere dal valore giuridico di tale Carta.

51      Infine, riguardo agli argomenti con cui il ricorrente censura il riferimento operato dal Tribunale della funzione pubblica, al punto 31, ultimo periodo, dell’ordinanza impugnata, alle difficoltà insormontabili che si presenterebbero alle istituzioni dell’Unione se dovessero rispondere a ogni domanda introdotta da un funzionario nella lingua scelta da quest’ultimo all’atto della proposizione della domanda, occorre rilevare che si tratta di considerazioni formulate ad abundantiam.

52      Infatti, come risulta confermato dalla circostanza che tale periodo inizia con l’espressione «del resto», tali considerazioni sono state inserite dopo che il Tribunale della funzione pubblica aveva respinto il motivo del ricorrente relativo alla violazione dell’art. 21, terzo comma, CE fondandosi sul fatto che le relazioni tra i funzionari e le istituzioni da cui dipendono ricadono in una lex specialis, lo Statuto dei funzionari.

53      Poiché tale ragionamento è stato confermato dal Tribunale, detti argomenti sono inoperanti e devono essere respinti (v. sentenza del Tribunale 12 maggio 2010, causa T‑491/08 P, Bui Van/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 52 e la giurisprudenza ivi citata).

54      Risulta dalle suesposte considerazioni che il presente motivo deve essere respinto in toto in quanto manifestamente infondato.

 Sul terzo motivo, attinente ad un errore di diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dell’art. 94 del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica

–       Argomenti delle parti

55      Il ricorrente sostiene che, ai sensi dell’art. 94 del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica, la condanna al rimborso delle spese sostenute da detto Tribunale presuppone cumulativamente che, nella causa di cui trattasi, esso abbia sostenuto spese che avrebbero potuto essere evitate e che l’importo delle spese effettivamente sostenute dall’organo giurisdizionale sia pari o superiore alla somma alla quale è condannata la parte. Secondo il ricorrente, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe omesso di accertare, o di provare, che tali condizioni sussistevano cumulativamente nel caso di specie.

56      Peraltro, il ricorrente censura il Tribunale della funzione pubblica per non essersi limitato a prendere in considerazione le circostanze del caso di specie, e per essersi invece riferito a fatti ad esso estranei.

57      Ne conseguirebbe che il Tribunale della funzione pubblica non avrebbe correttamente motivato la sua decisione di condannare il ricorrente al rimborso delle spese di cui trattasi e sarebbe andato oltre i limiti dei poteri ad esso conferiti dall’art. 94 del suo regolamento di procedura.

58      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

59      Ai sensi dell’art. 11, n. 2, dell’allegato I dello Statuto della Corte, l’impugnazione non può avere ad oggetto unicamente l’onere e l’importo delle spese. Ne consegue che, nell’ipotesi in cui tutti gli altri motivi di impugnazione siano stati respinti, le conclusioni riguardanti l’asserita irregolarità della decisione del Tribunale della funzione pubblica sulle spese devono essere dichiarate irricevibili (ordinanza del Tribunale 28 settembre 2009, causa T‑46/08 P, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 84; v. anche, per analogia, sentenza della Corte 15 aprile 2010, causa C‑485/08 P, Gualtieri/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 111 e la giurisprudenza ivi citata).

60      Conseguentemente, il terzo motivo deve essere dichiarato manifestamente irricevibile.

61      Alla luce delle suesposte considerazioni, la presente impugnazione deve essere, in parte, dichiarata manifestamente irricevibile e, in parte, respinta in quanto manifestamente infondata.

 Sulle spese

62      Conformemente all’art. 148, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, il Tribunale statuisce sulle spese.

63      A termini dell’art. 87, n. 2, primo comma, dello stesso regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del suo art. 144, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

64      Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, deve essere condannato alle proprie spese nonché a quelle sostenute dalla Commissione nel contesto del presente giudizio.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

così provvede:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Il sig. Luigi Marcuccio sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea nell’ambito del presente giudizio.

Lussemburgo, 18 ottobre 2010

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Jaeger


* Lingua processuale: l’italiano.