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Edizione provvisoria

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

26 giugno 2024 (*)

«Funzione pubblica – Funzionari – Retribuzione – Assegni familiari – Indennità scolastica – Diniego di concessione – Articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto – Formazione professionale – Istruzione superiore – Delega di poteri – Riassunzione dei poteri delegati – APN competente»

Nella causa T‑698/21,

Georgios Paraskevaidis, residente in Wezembeek-Oppem (Belgio), rappresentato da S. Pappas, D.-A. Pappa e A. Pappas, avvocati,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bauer e M. Alver, in qualità di agenti,

e

Commissione europea, rappresentata da T.S. Bohr e I. Melo Sampaio, in qualità di agenti,

convenuti,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composto da S. Papasavvas, presidente, L. Truchot, H. Kanninen, R. Frendo (relatrice) e M. Sampol Pucurull, giudici,

cancelliere: A. Marghelis, amministratore

vista la fase scritta del procedimento, in particolare:

–        l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 gennaio 2022,

–        l’ordinanza di riunione dell’eccezione di irricevibilità al merito del 15 luglio 2022,

in seguito all’udienza del 4 ottobre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 270 TFUE, il ricorrente, Georgios Paraskevaidis, chiede l’annullamento, in primo luogo, della decisione dell’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» (PMO) del 4 febbraio 2021, ribadita dalla sua nota del 1º marzo 2021, secondo la quale non gli era dovuta alcuna indennità scolastica per la formazione seguita da sua figlia nel periodo compreso tra il mese di novembre 2019 e il mese di agosto 2020, nonché della decisione che ha fissato la rateizzazione del pagamento delle somme indebitamente percepite, comunicata il 9 marzo 2021 (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni del PMO»), e, in secondo luogo, della decisione dell’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») del Consiglio dell’Unione europea, del 19 luglio 2021, recante rigetto del reclamo del ricorrente avverso dette decisioni (in prosieguo: la «decisione sul reclamo»).

I.      Fatti

2        Il ricorrente è un funzionario del Consiglio.

3        Con decisione (UE) 2019/792 del Consiglio, del 13 maggio 2019, che affida alla Commissione europea  Ufficio di gestione e liquidazione dei diritti individuali (PMO)  l’esercizio di taluni poteri conferiti all’autorità che ha il potere di nomina e all’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione (GU 2019, L 129, pag. 3; in prosieguo: la «decisione del 13 maggio 2019»), il Consiglio ha affidato al PMO, in particolare, l’esercizio dei poteri relativi alla concessione e alla gestione delle indennità scolastiche. Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale decisione, il PMO rinuncia all’esercizio dei poteri che gli sono delegati a favore del Consiglio qualora, in un caso specifico, l’APN o l’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione del Consiglio lo richieda.

4        Tra il 25 novembre 2019 e il 30 agosto 2020, la figlia del ricorrente ha seguito un programma di formazione in psicopedagogia (in prosieguo: il «programma di formazione»). In forza dell’articolo 3 dell’allegato VII dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), durante il programma di formazione è stata versata al ricorrente un’indennità scolastica (in prosieguo: l’«indennità scolastica»).

5        Il 4 febbraio 2021, il PMO ha notificato al ricorrente una decisione con la quale gli negava il diritto all’indennità scolastica, con la motivazione secondo cui il sistema europeo di crediti per l’istruzione e la formazione professionale (ECVET) cui il programma di formazione dava diritto non era di livello superiore. Di conseguenza, gli importi che gli erano stati versati a titolo di indennità scolastica dovevano essere recuperati.

6        Il 1º marzo 2021, a seguito di una domanda di riesame presentata dal ricorrente il 27 febbraio 2021, il PMO ha reiterato la decisione di cui al precedente punto 5, sottolineando che la figlia del ricorrente aveva ricevuto soltanto 21 unità ECVET, mentre la conclusione riveduta 237/05 relativa all’attribuzione dell’indennità scolastica e all’interpretazione della nozione di frequenza regolare e a tempo pieno di un istituto di insegnamento ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, approvata dal Collegio dei capi delle amministrazioni durante la loro 284a riunione del 1º luglio 2020 (in prosieguo: la «conclusione riveduta 237/05»), riteneva che la condizione relativa alla frequenza regolare e a tempo pieno di un istituto di insegnamento corrispondesse alla concessione di 30 crediti nell’ambito del sistema europeo di accumulazione e trasferimento dei crediti (ECTS).

7        Il 9 marzo 2021, il PMO ha inviato al ricorrente un piano di rimborso delle somme indebitamente percepite a titolo di indennità scolastica.

8        Il 31 marzo 2021 il ricorrente, mediante un formulario online inviato dal sistema di gestione del personale del Consiglio, ha presentato un reclamo presso quest’ultimo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto contro le decisioni del PMO (in prosieguo: il «reclamo»), contestando, in particolare, l’applicabilità della conclusione riveduta 237/05. Il 21 aprile 2021 egli ha presentato un reclamo, in termini identici, alla Commissione.

9        Con lettera del 23 aprile 2021, in forza dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione del 13 maggio 2019, il Consiglio ha chiesto al PMO di rinunciare all’esercizio dei poteri di APN che gli erano stati delegati, per quanto riguardava il reclamo del ricorrente. Il PMO ha ottemperato a tale richiesta con lettera del 10 giugno 2021 (in prosieguo: la «riassunzione dei poteri delegati»).

10      Il 19 luglio 2021 il Consiglio ha informato il ricorrente della riassunzione dei poteri delegati e ha nel contempo respinto il reclamo. Il Consiglio ha ritenuto, in sostanza, che l’indennità scolastica non fosse dovuta, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, dal momento che il programma di formazione era di natura professionale e non conduceva a un diploma. Il Consiglio ha aggiunto che, in tali circostanze, non era necessario pronunciarsi sull’applicabilità della soglia minima di 30 crediti ECTS prevista dalla conclusione riveduta 237/05.

II.    Conclusioni delle parti

11      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare ricevibile il ricorso in toto;

–        annullare le decisioni del PMO e la decisione sul reclamo;

–        condannare il convenuto alle spese.

12      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile là dove è diretto nei suoi confronti;

–        in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese.

13      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

III. In diritto

A.      Sulla ricevibilità

14      Il ricorso è diretto all’annullamento di diverse decisioni emanate da due istituzioni diverse che gli hanno negato la concessione dell’indennità scolastica. Le decisioni del PMO fanno capo alla Commissione, mentre la decisione sul reclamo promana dall’APN del Consiglio, a seguito della riassunzione dei poteri delegati nel corso del procedimento precontenzioso.

15      La Commissione eccepisce l’irricevibilità del ricorso nella parte in cui è diretto nei suoi confronti, in quanto essa non sarebbe l’APN competente da cui promana la decisione sul reclamo, che sarebbe il solo atto lesivo per il ricorrente. Essa ritiene che, tenuto conto della riassunzione dei poteri delegati da parte del Consiglio, nonché della modifica degli argomenti di diritto a sostegno della decisione sul reclamo, quest’ultima si sia sostituita alle decisioni del PMO.

16      Nel controricorso, il Consiglio ha altresì fatto valere che, a causa della riassunzione dei poteri delegati, il ricorso non poteva che essere proposto nei suoi confronti.

17      A tale proposito, occorre ricordare che, tenuto conto della sua stessa finalità, che è quella di permettere all’amministrazione di rivedere le sue decisioni, il procedimento precontenzioso presenta un carattere evolutivo, di modo che, nel sistema dei mezzi di ricorso previsto dagli articoli 90 e 91 dello Statuto, l’amministrazione può, nel respingere il reclamo, dover modificare la motivazione sul fondamento della quale essa aveva adottato l’atto contestato (v. sentenza del 26 marzo 2014, CP/Parlamento, F‑8/13, EU:F:2014:44, punto 21 e giurisprudenza citata). Infatti, l’obiettivo del procedimento di reclamo è quello di permettere all’APN di riesaminare l’atto impugnato, alla luce delle censure sollevate dal reclamante, modificando, se del caso, i motivi a sostegno del suo dispositivo (v., in tal senso, sentenza del 21 maggio 2014, Mocová/Commissione (T‑347/12 P, EU:T:2014:268, punti 32 e 33).

18      Pertanto, l’integrazione della motivazione, nella fase della decisione sul reclamo, è conforme alla finalità dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, che prevede appunto una decisione motivata. Orbene, tale disposizione implica necessariamente che l’autorità chiamata a statuire sul reclamo non sia vincolata dalla motivazione della decisione oggetto del reclamo (v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2017, Skareby/SEAE, T‑585/16, EU:T:2017:613, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

19      Date tali circostanze, il ricorso, anche se formalmente diretto avverso il rigetto del reclamo, comporta che il giudice sia chiamato a conoscere dell’atto lesivo che è stato oggetto del reclamo, salvo nel caso in cui il rigetto del reclamo abbia una portata diversa rispetto all’atto che è stato oggetto del reclamo. Una decisione esplicita di rigetto di un reclamo può, tenuto conto del suo contenuto, non avere carattere meramente confermativo dell’atto contestato dal ricorrente. Tale ipotesi ricorre quando la decisione sul reclamo contiene un riesame della posizione del ricorrente sulla scorta di elementi di fatto o di diritto nuovi, oppure modifica o integra la decisione iniziale. In questi casi, il rigetto del reclamo costituisce un atto soggetto al controllo del giudice, che ne tiene conto nella valutazione della legittimità dell’atto contestato o lo considera un atto lesivo che si sostituisce ad esso (v. sentenza del 21 maggio 2014, Mocová/Commissione, T‑347/12 P, EU:T:2014:268, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

20      Nel caso di specie, la decisione sul reclamo è stata adottata dal Consiglio, dopo aver chiesto al PMO di rinunciare alle sue competenze in qualità di APN, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione del 13 maggio 2019. Il Consiglio conferma il rifiuto di concedere l’indennità scolastica. Tuttavia, la motivazione a sostegno della decisione sul reclamo differisce da quella contenuta nelle decisioni del PMO. Così, mentre il PMO si basava sulla conclusione riveduta 237/05 per ritenere che il programma di formazione non soddisfacesse il criterio quantitativo della soglia minima di 30 crediti ECTS al fine di essere qualificato come istruzione di livello superiore, il Consiglio esclude del tutto tale criterio per basarsi invece su un criterio qualitativo, che concentra l’analisi sulla natura stessa del programma di formazione.

21      Pertanto, è giocoforza constatare che il Consiglio, con la decisione sul reclamo, ha completamente modificato la motivazione contenuta nelle decisioni del PMO effettuando un riesame della situazione del ricorrente. Di conseguenza, tale decisione ha un contenuto autonomo e una portata diversa rispetto alle decisioni del PMO e non può essere considerata meramente confermativa di queste ultime.

22      Ne consegue che la decisione sul reclamo si è sostituita alle decisioni del PMO e costituisce, nella fattispecie, l’atto lesivo.

23      Di conseguenza, il ricorso è irricevibile nella parte in cui è diretto contro le decisioni del PMO e, pertanto, contro la Commissione, dalla quale esse promanano.

B.      Nel merito

24      A sostegno del suo ricorso, il ricorrente deduce, sostanzialmente, tre motivi, vertenti:

–        il primo, su una violazione del principio di legalità a causa, da un lato, di un difetto di base giuridica ratione temporis e, dall’altro, di un’applicazione retroattiva illegittima della conclusione riveduta 237/05;

–        il secondo, su un’eccezione di illegittimità nei confronti della conclusione riveduta 237/05, che introduce una distinzione tra i programmi di formazione professionale e i programmi che portano a un diploma, nonché sull’incompetenza dei capi dell’amministrazione a stabilire detta distinzione;

–        il terzo, su una violazione dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto.

25      In sede di replica, il ricorrente deduce un quarto motivo di ricorso, vertente sull’illegittimità della riassunzione dei poteri delegati, la quale, di conseguenza, rimette in discussione la competenza del Consiglio ad adottare la decisione sul reclamo.

26      Il Tribunale esaminerà anzitutto, congiuntamente, il primo e il secondo motivo di ricorso, poi il quarto motivo e, infine, il terzo.

1.      Sul primo e sul secondo motivo di ricorso, vertenti sulla violazione, con la conclusione riveduta 237/05, del principio di legalità, a causa della sua applicazione retroattiva e di una distinzione illegittima tra programmi educativi

27      Con il suo primo motivo di ricorso, il ricorrente contesta, in sostanza, l’applicazione retroattiva della conclusione riveduta 237/05 e fa quindi valere un difetto di base giuridica ratione temporis quanto alle decisioni del PMO.

28      Con il suo secondo motivo di ricorso, il ricorrente solleva un’eccezione di illegittimità nei confronti della conclusione riveduta 237/05, nella misura in cui quest’ultima introdurrebbe una distinzione tra i programmi di formazione professionale e i programmi che portano a un diploma. Il ricorrente eccepisce altresì l’incompetenza dei capi dell’amministrazione a stabilire detta distinzione.

29      Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente.

30      A tal riguardo, occorre constatare che, come risulta dai precedenti punti 6 e 10 nonché 19 e 20, se è vero che le decisioni del PMO si fondavano sulla conclusione riveduta 237/05 di cui al primo e al secondo motivo di ricorso, è anche vero che nella decisione sul reclamo, l’APN del Consiglio ha completamente modificato gli elementi di diritto a sostegno dell’analisi al fine di concludere che l’indennità scolastica non era dovuta.

31      In particolare, la decisione sul reclamo ha disapplicato la conclusione riveduta 237/05, che costituiva la base giuridica delle decisioni del PMO, sottolineando che non era necessario pronunciarsi sull’applicabilità della soglia minima di 30 crediti ECTS contenuta in detta conclusione riveduta.

32      Ne consegue che il primo e il secondo motivo di ricorso si ricollegano esclusivamente alle decisioni del PMO.

33      Orbene, come constatato al precedente punto 23, il ricorso è irricevibile nella parte in cui è volto all’annullamento delle decisioni del PMO e, pertanto, il primo e il secondo motivo di ricorso ricollegati a queste ultime devono essere respinti in quanto inconferenti.

2.      Sul quarto motivo di ricorso, vertente sullincompetenza del Consiglio a revocare la delega di poteri al PMO e ad emettere la decisione sul reclamo

a)      Sulla ricevibilità del quarto motivo di ricorso

34      Il Consiglio contesta la ricevibilità del quarto motivo di ricorso facendo valere che, conformemente all’articolo 84 del regolamento di procedura del Tribunale, la deduzione di un motivo nuovo in corso di causa, che non risulti da elementi di diritto o di fatto emersi successivamente alla proposizione del ricorso, è vietata. Orbene, avendo informato il ricorrente della riassunzione dei poteri delegati nella decisione sul reclamo, il Consiglio ritiene che il motivo dedotto da quest’ultimo in fase di replica sia tardivo e, pertanto, irricevibile.

35      A tal riguardo, occorre rilevare che, sebbene, in linea di principio, la deduzione di un motivo nuovo debba rispettare i requisiti previsti dall’articolo 84 del regolamento di procedura, tali requisiti non sono applicabili qualora un motivo, pur potendo essere qualificato come nuovo, sia di ordine pubblico (v., in tal senso, sentenze del 15 settembre 2016, La Ferla/Commissione e ECHA, T‑392/13, EU:T:2016:478, punto 65, e del 24 settembre 2019, Yanukovych/Consiglio, T‑301/18, non pubblicata, EU:T:2019:676, punto 64).

36      Orbene, come fa valere il ricorrente, il motivo vertente sull’incompetenza dell’autore di un atto lesivo è di ordine pubblico, cosicché può essere dedotto in qualsiasi fase del procedimento (v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 2018, Pipiliagkas/Commissione, T‑689/16, non pubblicata, EU:T:2018:925, punto 39 e giurisprudenza ivi citata, e del 28 settembre 2022, Grieger/Commissione, T‑517/21, non pubblicata, EU:T:2022:588, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).

37      Pertanto, il quarto motivo di ricorso è ricevibile.

b)      Sulla fondatezza del quarto motivo

38      Il ricorrente fa valere che la decisione sul reclamo è viziata da illegittimità per incompetenza del suo autore. A tal riguardo, egli solleva, in sostanza, due censure.

39      In primo luogo, il ricorrente sostiene che il Consiglio poteva revocare la delega di poteri fatta al PMO unicamente nella sua interezza e non per un singolo caso. Egli fa valere al riguardo che gli articoli 90 quater e 91 bis dello Statuto impediscono qualsiasi riassunzione dei poteri delegati una volta che il PMO abbia già esercitato i poteri di APN, oggetto della delega. Egli aggiunge altresì che detta riassunzione dei poteri delegati solleva questioni relative al principio della certezza del diritto.

40      In secondo luogo, il ricorrente lamenta una violazione delle forme sostanziali a causa della mancata pubblicazione della decisione individuale di riassunzione della competenza da parte del Consiglio, a seguito del suo reclamo.

41      Il Consiglio contesta tali argomenti.

1)      Sulla prima censura, relativa all’incompetenza del Consiglio a procedere ad una riassunzione dei poteri delegati per un singolo caso

42      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, dello Statuto, una o più istituzioni possono affidare ad una di esse o ad un organismo interistituzionale l’esercizio di una parte o dell’insieme dei poteri devoluti all’APN, ad eccezione delle decisioni relative alle nomine, alle promozioni o ai trasferimenti di funzionari. Nel caso di specie, in forza dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), primo trattino, della decisione del 13 maggio 2019, il Consiglio si è avvalso di tale possibilità delegando al PMO, in particolare, i suoi poteri di APN per concedere e gestire le domande di indennità scolastiche provenienti dal suo personale.

43      Per quanto riguarda i settori in cui è stato applicato l’articolo 2, paragrafo 2, dello Statuto, l’articolo 90 quater dello Statuto dispone che i reclami sono presentati all’APN delegataria, mentre, in forza dell’articolo 91 bis dello Statuto, i ricorsi sono diretti contro l’istituzione da cui dipende l’APN delegataria.

44      Ne consegue che, nel caso di specie, l’APN della Commissione era, in linea di principio, competente ad adottare qualsiasi decisione su un reclamo presentato in materia di indennità scolastiche nei confronti del personale del Consiglio.

45      Inoltre, secondo la giurisprudenza, una delega di competenza costituisce un atto che priva l’autorità delegante della competenza delegata e produce dunque l’effetto di operare un trasferimento di attribuzioni, che vieta, a priori, all’autorità delegante di avocare a sé la competenza trasferita, a pena di inficiare d’incompetenza la sua decisione (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2018, Janssen-Cases/Commissione, T‑668/16, EU:T:2018:822, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

46      Tuttavia, occorre rilevare, da un lato, che il legislatore non ha esplicitamente escluso, nello Statuto, la possibilità di una riassunzione dei poteri delegati da parte dell’istituzione delegante sul fondamento dell’articolo 2, paragrafo 2, dello Statuto.

47      Dall’altro lato, la giurisprudenza ammette che l’autorità delegante possa esercitare nuovamente la competenza, pur ritenendo che il principio della certezza del diritto, che sottende la natura formale delle operazioni di delega di competenza, imponga che essa adotti previamente un atto in forza del quale recupera la competenza delegata. Pertanto, così come una delega di competenza richiede l’adozione di un atto esplicito che trasferisca il potere di cui trattasi, la riassunzione dei poteri delegati deve anch’essa avvenire mediante l’adozione di un atto esplicito (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2018, Janssen-Cases/Commissione, T‑688/16, EU:T:2018:822, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

48      Inoltre, dalla giurisprudenza risulta che il principio di buona amministrazione presuppone in particolare che la ripartizione delle competenze in materia di gestione del personale sia chiaramente definita e debitamente pubblicata (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 9 luglio 2008, Kuchta/BCE, F‑89/07, EU:F:2008:97, punto 62).

49      Nel caso di specie, in primo luogo, l’articolo 1, paragrafo 2, della decisione del 13 maggio 2019 imponeva al PMO, fino al 31 dicembre 2021, di notificare al Consiglio qualsiasi reclamo ricevuto e diretto contro una decisione riguardante un membro del personale di quest’ultimo. La medesima disposizione precisa che «[q]ualora, in un caso specifico, l’autorità che ha il potere di nomina o l’autorità abilitata a concludere i contratti del Consiglio lo richieda, il PMO rinuncia all’esercizio dei poteri delegati di cui al paragrafo 1 del presente articolo, e in questo caso l’autorità che ha il potere di nomina o l’autorità abilitata a concludere i contratti del Consiglio esercita tali poteri». Pertanto, tale disposizione autorizzava esplicitamente il Consiglio a chiedere al PMO di rinunciare ai poteri di APN che gli erano stati delegati, al fine di riassumerne l’esercizio.

50      Ne consegue che l’articolo 1, paragrafo 2, della decisione del 13 maggio 2019 autorizzava esplicitamente il Consiglio a riassumerne i poteri delegati, proprio in singoli casi e a seguito della presentazione di un reclamo.

51      In secondo luogo, è pacifico che la decisione del 13 maggio 2019 sia stata debitamente pubblicata nella Gazzetta ufficiale.

52      In terzo luogo, il Consiglio ha esercitato la propria competenza solo a seguito di un atto esplicito e preventivo, con il quale, il 23 aprile 2021, ha chiesto al PMO di rinunciare all’esercizio dei poteri delegati nel caso di specie, richiesta alla quale quest’ultimo ha ottemperato il 10 giugno 2021 (v. punto 9 supra).

53      Dalle considerazioni di cui ai precedenti punti da 49 a 52 risulta che la riassunzione dei poteri delegati ha rispettato i requisiti derivanti dal principio della certezza del diritto, in particolare ai sensi della giurisprudenza citata ai precedenti punti 47 e 48.

54      In tali circostanze, il fatto, in particolare, che l’articolo 90 quater dello Statuto indichi che le domande e i reclami vertenti sui poteri delegati sono presentati all’APN delegata non può essere assimilato ad un divieto legislativo della riassunzione di tali poteri da parte del loro titolare, sia essa integrale o individuale. Non si può neppure ritenere che detta disposizione vieti una riassunzione dei poteri delegati nel corso del procedimento precontenzioso, come sostiene il ricorrente, tenuto conto, in particolare, del carattere evolutivo di quest’ultimo, come ricordato dalla giurisprudenza citata al precedente punto 17.

55      Pertanto, occorre respingere la prima censura, vertente sull’incompetenza del Consiglio a procedere alla riassunzione dei poteri delegati per un singolo caso.

2)      Sulla seconda censura, relativa alla mancata pubblicazione della decisione individuale di riassunzione dei poteri delegati

56      Il ricorrente contesta al Consiglio la mancata pubblicazione della decisione individuale di riassunzione della competenza a seguito del suo reclamo.

57      A tal riguardo, occorre ricordare che, da un lato, in conformità all’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e all’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, come interpretati nell’ambito di una giurisprudenza costante, il ricorso deve contenere i motivi e gli argomenti dedotti in modo sufficientemente chiaro e preciso da consentire alla parte convenuta di predisporre la propria difesa e al giudice di pronunciarsi, eventualmente senza dover richiedere altre informazioni. In caso contrario, la censura oscura o vaga è irricevibile (v. sentenza del 23 marzo 2022, ON/Commissione, T‑730/20, non pubblicata, EU:T:2022:155, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

58      Nel caso di specie, il ricorrente fa valere che il Consiglio, non pubblicando la decisione di revocare la delega di poteri, per quanto riguarda il reclamo, ha violato una forma sostanziale. Tuttavia, egli omette di indicare il fondamento giuridico che stabilirebbe un qualsivoglia obbligo di pubblicazione della decisione individuale o di sviluppare ulteriormente e in modo sufficientemente chiaro e preciso la sua argomentazione in relazione a tale censura.

59      Ne consegue che la seconda censura deve essere respinta in quanto irricevibile sul fondamento dell’articolo 76 del regolamento di procedura.

60      In ogni caso, anche supponendo che, con la sua seconda censura, il ricorrente intenda far valere la mancata divulgazione, nei suoi confronti, della decisione individuale di riassunzione di poteri delegati riguardanti il reclamo, occorre rilevare che essa è intervenuta il 10 giugno 2021, data della lettera con cui il PMO comunicava al Consiglio il suo accordo a rinunciare all’esercizio dei poteri delegati. Certamente, tale lettera non è stata notificata al ricorrente e quest’ultimo ne è stato informato soltanto al momento della notifica della decisione sul reclamo, il 19 luglio 2021, ossia cinque settimane e mezzo più tardi (v. supra, paragrafi 9 e 10).

61      Tuttavia, secondo costante giurisprudenza, il ritardo nella comunicazione di una decisione individuale al suo destinatario non può comportarne l’annullamento, poiché la comunicazione è un atto posteriore alla decisione e non esercita, pertanto, alcuna influenza sul contenuto di questa (sentenze del 29 ottobre 1981, Arning/Commissione, 125/80, EU:C:1981:248, punto 9, e del 7 febbraio 2007, Caló/Commissione, T‑118/04 e T‑134/04, EU:T:2007:37, punto 79).

62      Peraltro, come risulta dal precedente punto 8, il ricorrente ha presentato il suo reclamo dapprima al Consiglio e, solo tre settimane dopo, alla Commissione, presentando a quest’ultima copia del reclamo depositato davanti al Consiglio.

63      Inoltre, il ricorrente non sostiene né, a maggior ragione, dimostra che la circostanza secondo cui la decisione sul reclamo sia stata adottata dal Consiglio e non dalla Commissione sarebbe stata, di per sé, tale da pregiudicare una delle garanzie conferitegli dallo Statuto o le regole di buona amministrazione in materia di gestione del personale.

64      Di conseguenza, occorre concludere che nessuna irregolarità procedurale inficia la riassunzione dei poteri delegati dal Consiglio, di modo che il ricorrente non può fondatamente sostenere che la decisione sul reclamo sia stata adottata da un’autorità incompetente.

65      Il quarto motivo di ricorso deve quindi essere respinto in quanto infondato.

3.      Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellarticolo 3, paragrafo 1, lettera a), dellallegato VII dello Statuto

66      Il terzo motivo di ricorso, che si articola in due parti, verte su una violazione dell’articolo 3 paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto.

67      Nell’ambito della prima parte, il ricorrente fa valere che, ai sensi della conclusione riveduta 237/05, il requisito della frequenza «a tempo pieno» di un istituto di insegnamento superiore sarebbe soddisfatto, in sostanza, esclusivamente quando gli studi seguiti corrispondono a 30 crediti ECTS. Pertanto, detta conclusione riveduta avrebbe imposto una condizione ulteriore illegittima, limitando l’applicazione dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto ai soli programmi di formazione accademica, ad esclusione di qualsiasi formazione professionale che dia diritto alla concessione di unità ECVET.

68      Orbene, come risulta dai precedenti punti da 30 a 32, l’APN del Consiglio ha disapplicato totalmente la conclusione riveduta 237/05 che costituiva la base giuridica delle decisioni del PMO, cosicché la prima parte del terzo motivo che si ricollega a queste ultime deve essere respinta in quanto inconferente.

69      A sostegno della seconda parte del terzo motivo di ricorso, il ricorrente sostiene che la decisione sul reclamo ha violato l’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, in quanto avrebbe introdotto una distinzione tra l’istruzione superiore e la formazione professionale.

70      Il Consiglio contesta tali argomenti.

71      Al riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, l’indennità scolastica è dovuta per ogni figlio a carico di almeno cinque anni, che frequenti regolarmente e a tempo pieno una scuola primaria o secondaria a pagamento o un istituto di insegnamento superiore.

72      Orbene, nella decisione sul reclamo, il Consiglio ha stabilito che l’indennità scolastica non fosse dovuta al ricorrente. Da un lato, il programma di formazione era di natura professionale e dava luogo all’ottenimento di unità ECVET, e non di crediti ECTS. Dall’altro, esso non dava diritto a un diploma universitario di secondo o di terzo livello e, pertanto, non rientrava nell’ambito dell’istruzione universitaria ai sensi del sistema di istruzione greco. Il Consiglio ne ha tratto la conclusione che il programma di formazione non poteva essere considerato un «insegnamento superiore» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto.

73      Nel corso del presente procedimento, il Consiglio ha sostenuto che l’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto che dà diritto alla concessione dell’indennità scolastica doveva essere interpretato alla luce dell’articolo 2, paragrafo 3, lettera b), di detto allegato, che prevede l’attribuzione di un assegno per un figlio a carico che riceve una formazione scolastica o professionale.

74      Secondo il Consiglio, il fatto che la nozione di «formazione professionale» figuri all’articolo 2, paragrafo 3, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, relativo all’assegno per figli a carico, ma sia assente dall’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, relativo all’indennità scolastica, dimostrerebbe che la nozione di «formazione professionale» è una nozione autonoma distinta da quella di «insegnamento superiore», alla quale, in particolare, l’articolo 3, paragrafo 1, di detto allegato subordina la concessione dell’indennità scolastica. Pertanto, l’insegnamento superiore non potrebbe comprendere la formazione professionale, cosicché l’indennità scolastica non sarebbe dovuta nel caso in cui il figlio interessato segua una tale formazione.

75      A tal riguardo, il Tribunale rileva che, come risulta dal precedente punto 71, l’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto impone in particolare tre condizioni per la concessione di un’indennità scolastica, vale a dire, in primo luogo, la frequenza di un istituto di insegnamento superiore, in secondo luogo, il carattere regolare di detta frequenza e, in terzo luogo, il fatto che tale frequenza si svolga a tempo pieno. Pertanto, l’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto non menziona affatto la natura della formazione in quanto tale.

76      Orbene, contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, se il legislatore non ha menzionato la natura della formazione impartita da un istituto di insegnamento superiore nell’ambito dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, mentre lo ha fatto nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 3, lettera b), del medesimo allegato, non spetta né al Consiglio né al Tribunale erigere tale natura a condizione ulteriore.

77      In tal senso, il Tribunale ha già dichiarato che, certamente, la distinzione tra formazione scolastica e formazione professionale di cui all’articolo 2, paragrafo 3, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto consentiva di escludere il versamento dell’indennità scolastica prevista all’articolo 3, paragrafo 1, di detto allegato qualora il figlio a carico segua una formazione professionale senza alcun legame con un istituto di insegnamento. Per contro, tale distinzione non osta al versamento dell’indennità scolastica qualora un figlio a carico riceva una formazione professionale impartita da un istituto di insegnamento che egli frequenti regolarmente e a tempo pieno (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 29 gennaio 1993, Wery/Parlamento, T‑86/91, EU:T:1993:7, punti 44, 45, 50 e 51).

78      Di conseguenza, la natura professionale della formazione non incide sulla concessione dell’indennità scolastica ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, purché essa sia impartita da un istituto di insegnamento.

79      Tale interpretazione è corroborata dal considerando 3 del regolamento (UE) n. 317/2013 della Commissione, dell’8 aprile 2013, che modifica gli allegati dei regolamenti (CE) n. 1983/2003, (CE) n. 1738/2005, (CE) n. 698/2006, (CE) n. 377/2008 e (UE) n. 823/2010 per quanto riguarda l’International Standard Classification of Education (ISCED) (GU 2013, L 99, pag. 1), secondo il quale le istituzioni dell’Unione devono utilizzare classificazioni nel campo dell’istruzione compatibili con la versione riveduta della classificazione internazionale tipo dell’istruzione ISCED 2011 (ISCED). Infatti, il punto 2, secondo comma, della conclusione riveduta 237/05 fa riferimento alla ISCED ai fini della definizione della nozione di frequenza a tempo pieno di un istituto di insegnamento superiore.

80      Orbene, in udienza, il Consiglio ha riconosciuto, da un lato, che la ISCED definisce l’istruzione superiore come comprendente al contempo ciò che è comunemente inteso come insegnamento accademico e ciò che corrisponde all’insegnamento professionale avanzato e, dall’altro, che l’Università dell’Egeo (Grecia), in seno alla quale è stato impartito il programma di formazione, è un istituto di insegnamento superiore.

81      In tali circostanze, si deve concludere che il Consiglio non poteva negare la concessione dell’indennità scolastica al ricorrente con la motivazione che il programma di formazione non poteva essere considerato un «insegnamento superiore» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto.

82      Risulta dall’insieme delle considerazioni che precedono che occorre, da un lato, accogliere la seconda parte del terzo motivo e, di conseguenza, annullare la decisione sul reclamo e, dall’altro, respingere il ricorso quanto al resto.

IV.    Sulle spese

83      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

84      Tuttavia, a norma dell’articolo 135, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il Tribunale può decidere, per ragioni di equità, che una parte soccombente sostenga, oltre alle proprie spese, soltanto una quota delle spese dell’altra parte, oppure che non debba essere condannata a tale titolo.

85      Nel caso di specie, il ricorrente è rimasto soccombente quanto alla ricevibilità del ricorso nella parte in cui è diretto contro le decisioni del PMO e, pertanto, contro la Commissione.

86      Tuttavia, il Tribunale ritiene che, nel caso di specie, la disposizione transitoria di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della decisione del 13 maggio 2019, letta in combinato disposto con gli articoli 90 quater e 91 bis dello Statuto (v. punti 43 e 49 supra), possa aver creato una certa ambiguità quanto all’atto lesivo nel caso di specie.

87      Ciò considerato, sebbene il ricorrente sia risultato soccombente nelle sue conclusioni nella parte in cui sono dirette contro la Commissione, si procede a un’equa valutazione di tutte le circostanze del caso di specie decidendo che quest’ultima istituzione si farà carico delle proprie spese.

88      Poiché il Consiglio è rimasto soccombente nel merito, dev’essere condannato a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dal ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è irricevibile nella parte in cui è diretto contro la Commissione europea.

2)      La decisione del Consiglio dell’Unione europea, del 19 luglio 2021, che ha respinto il reclamo presentato dal sig. Georgios Paraskevaidis avverso le decisioni dell’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» della Commissione, del 4 febbraio 2021, del 1° marzo 2021 e del 9 marzo 2021, è annullata.

3)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

4)      Il Consiglio si farà carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dal sig. Paraskevaidis.

5)      La Commissione si farà carico delle proprie spese.

Papasavvas

Truchot

Kanninen

Frendo

 

Sampol Pucurull

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 26 giugno 2024.

Il cancelliere

 

Il presidente

V. Di Bucci


*      Lingua processuale: l’inglese.