Language of document : ECLI:EU:C:2011:342

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 24 maggio 2011 (1)

Causa C‑209/10

Post Danmark A/S

contro

Konkurrencerådet

[domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta dallo Højesteret (Danimarca)]

«Art. 102 TFUE — Mercato danese della distribuzione di posta non indirizzata — Abuso di posizione dominante — Riduzione selettiva dei prezzi per la distribuzione di posta non indirizzata — Prezzi inferiori ai costi medi totali — Prezzi superiori ai costi incrementali medi — Esclusione di un concorrente — Intento — Effetto — Pratica di prezzi discriminatori — Prezzi predatori»





I —    Introduzione

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dallo Højesteret (Corte di cassazione) (Danimarca), verte sull’interpretazione dell’art. 82 CE (corrispondente all’attuale art. 102 TFUE).

2.        Il giudice del rinvio chiede, principalmente, se un’impresa attiva nel settore postale, nella fattispecie la Post Danmark A/S (in prosieguo: la «Post Danmark»), abbia abusato della propria posizione dominante sul mercato danese della distribuzione di posta non indirizzata (pubblicità diretta per corrispondenza) (2) per aver applicato prezzi selettivamente bassi al momento della conclusione di contratti con tre grandi clienti della sua principale concorrente, ossia la Forbruger-Kontack (in prosieguo: la «FK»), quand’anche risultasse che tali prezzi non sono stati fissati con l’intento di eliminare la FK.

3.        Qualora tale unico motivo risultasse insufficiente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte di indicare gli elementi pertinenti supplementari di cui il giudice nazionale dovrebbe tener conto per constatare un abuso sotto forma di esclusione tramite i prezzi.

4.        Prima di esaminare tali questioni, la cui soluzione non è agevole, occorre ricordare i fatti principali della causa a qua, da cui scaturisce il presente rinvio pregiudiziale.

5.        La Post Danmark e la FK sono le due maggiori imprese del mercato danese della distribuzione di posta non indirizzata. Tale mercato è completamente liberalizzato e non rientra nell’ambito di applicazione della legislazione danese che disciplina il settore delle poste diretta a trasporre la direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio (3).

6.        In base all’ordinanza di rinvio, all’epoca dei fatti della causa principale, ossia nel periodo 2003‑2004, la Post Danmark deteneva tuttavia il monopolio della distribuzione di lettere e pacchi indirizzati al di sotto di un determinato limite di peso, cui era associato un obbligo di servizio universale di distribuzione di posta indirizzata inferiore a un certo peso (4). Tale impresa disponeva pertanto di un sistema di distribuzione esteso all’intero territorio nazionale danese che essa impiegava anche per l’attività liberalizzata della distribuzione di posta non indirizzata.

7.        La FK, società controllata di un gruppo editoriale danese, si occupa principalmente della distribuzione di posta non indirizzata. All’epoca dei fatti della causa a qua, tale impresa aveva sviluppato una rete di distribuzione estesa pressoché all’intero territorio nazionale tramite, soprattutto, l’acquisizione di distributori minori del mercato danese della distribuzione di posta non indirizzata.

8.        Fino al 2004 i principali clienti della FK erano le tre catene di supermercati SuperBest, Spar e Coop.

9.        In forza di contratti conclusi alla fine del 2003, la distribuzione di posta non indirizzata delle tre catene di supermercati passava alla Post Danmark, a decorrere dall’inizio del 2004.

10.      Dall’ordinanza di rinvio emerge che il contratto concluso con la Coop, a seguito delle trattative condotte tanto con la Post Danmark che con la FK, rappresentava, in termini di volume annuo, oltre il triplo del volume della distribuzione di posta non indirizzata del maggiore cliente della Post Danmark. Il gruppo Coop necessitava la distribuzione di cinque spedizioni per nucleo familiare, mentre nessuno dei precedenti clienti della Post Danmark faceva distribuire più di una spedizione per nucleo familiare, e si trattava del primo contratto della Post Danmark che prevedeva una distribuzione di posta non indirizzata il venerdì e il sabato. L’offerta della Post Danmark alla Coop era inferiore al prezzo offerto agli altri clienti. Tale gruppo avrebbe altresì ottenuto uno sconto sul listino ufficiale dei prezzi maggiore rispetto agli altri clienti della Post Danmark.

11.      Peraltro il giudice del rinvio rileva che i costi per la distribuzione di posta non indirizzata della Post Danmark venivano ridotti di DKK 0,13 per spedizione tra il 2003 e il 2004 e che il prezzo proposto al gruppo Coop non copriva i costi totali medi, ma unicamente i costi incrementali medi.

12.      A seguito di una denuncia della FK, che addebitava alla Post Danmark di avere applicato prezzi predatori, prezzi e sconti discriminatori e di fedeltà, nonché di aver proceduto a sovvenzioni incrociate, con decisione 29 settembre 2004 il Konkurrencerådet (consiglio della concorrenza) dichiarava che la Post Danmark aveva in particolare violato l’art. 82 CE praticando, tra il 2003 e il 2004, una discriminazione principale («primary-line discrimination») tramite i prezzi applicando ai clienti della concorrenza una tariffazione diversa da quella applicata alla propria clientela.

13.      Tale autorità stabiliva altresì che la Post Danemark aveva abusato della sua posizione dominante praticando una discriminazione principale sotto forma di sconti mirati alla clientela della FK. Parimenti, il Konkurrencerådet riteneva che la Post Danmark avesse attuato una discriminazione accessoria («secondary-line discrimination») tramite i prezzi, applicando un trattamento diverso a partner commerciali che si trovavano in una situazione analoga.

14.      Per contro, riguardo alla pratica addebitata di prezzi predatori, il Konkurrencerådet osservava che la questione era complessa e che necessitava di un’analisi più approfondita, così da dover essere valutata nell’ambito di un’ulteriore decisione di tale autorità. Da ultimo, riguardo alle asserite sovvenzioni incrociate, il Konkurrencerådet osservava che gli elementi del fascicolo non consentivano di concludere a favore di trasferimenti di fondi provenienti da altri settori di attività della Post Danmark.

15.      Con decisione 24 novembre 2004 il Konkurrencerådet constatava che non era dimostrabile un intento eliminatorio da parte della Post Danmark ai danni della concorrenza. Conseguentemente quest’ultima non aveva abusato della sua posizione dominante sul mercato danese della posta non indirizzata applicando prezzi predatori.

16.      Con decisione 1º luglio 2005 la Konkurrenceankenævnet (commissione di ricorso in materia di concorrenza) confermava le decisioni 29 settembre e 24 novembre 2004 del Konkurrencerådet.

17.      Tale decisione è ormai definitiva riguardo alla constatazione di una discriminazione accessoria tramite i prezzi contraria all’art. 82 CE e alla mancanza di dimostrazione di una pratica di prezzi predatori da parte della Post Danmark.

18.      La Post Danmark, invece, interponeva appello dinanzi all’Østre Landsret (Corte d’appello della regione orientale) contro la decisione 1º luglio 2005 nella parte in cui essa confermava quella del Konkurrencerådet del 29 settembre 2004 sull’abuso di posizione dominante consistente in prezzi selettivamente bassi applicati ai gruppi SuperBest, Spar e Coop (discriminazione principale).

19.      Il 21 dicembre 2007 l’Østre Landsret confermava le decisioni delle autorità danesi competenti in materia di concorrenza secondo cui, tra il 2003 e il 2004, la Post Danmark aveva abusato della sua posizione dominante sul mercato della distribuzione di posta non indirizzata in Danimarca applicando una politica dei prezzi ai suoi clienti diversa da quella applicata agli ex clienti della FK senza riuscire a giustificare detta differenza in termini di costi. Tale giudice osservava in particolare che la condotta in parola aveva avuto luogo in un mercato in cui la Post Danmark deteneva una posizione del tutto particolare in forza della sua quota di mercato e di peculiari vantaggi strutturali e in cui l’unica concorrente rilevante, la FK, era particolarmente vulnerabile in caso di perdita di clienti importanti.

20.      La Post Danmark impugnava tale sentenza dinanzi allo Højesteret facendo valere in particolare la necessità di un intento eliminatorio della concorrenza affinché una pratica di prezzi selettivamente bassi che non copre i costi totali medi possa configurare una violazione dell’art. 82 CE.

21.      Alla luce di quanto sopra considerato, lo Højesteret ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le due seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’art. 82 CE debba essere interpretato nel senso che — nel caso di una società attiva nel settore postale, soggetta ad obbligo di servizio universale, che detiene una posizione dominante — la determinazione selettiva di prezzi ad un livello inferiore ai costi medi totali dell’impresa, ma al di sopra dei costi incrementali medi dell’impresa, può configurare un abuso diretto all’eliminazione di un concorrente qualora sia dimostrato che i prezzi non sono stati determinati ad un siffatto livello al fine di procedere a tale eliminazione.

2)      Qualora la questione venga risolta nel senso che una pratica di riduzione selettiva dei prezzi, nelle condizioni di cui alla questione sub 1), può eventualmente configurare un abuso diretto all’esclusione, di quali circostanze il giudice nazionale debba tenere conto».

22.      Conformemente all’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, osservazioni scritte sono state depositate dalla Post Danmark, dalla FK, dai governi danese, italiano e ceco, nonché dalla Commissione europea. Tali parti, nonché l’Autorità di vigilanza EFTA, hanno inoltre svolto osservazioni orali all’udienza tenutasi il 1º marzo 2011.

II — Analisi

A —    Osservazioni preliminari

23.      Riguardo ai tentativi della Post Danmark, in particolare all’udienza, di rimettere in discussione dinanzi alla Corte talune valutazioni del giudice del rinvio, ritengo fondamentale ricordare che nell’ambito del procedimento in forza dell’art. 234 CE, basato sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale (5).

24.      Nella causa principale è innanzi tutto pacifico che il mercato pertinente è quello danese della distribuzione di posta non indirizzata. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Post Danmark nelle sue osservazioni dinanzi alla Corte, dal fascicolo della causa a qua non risulta che, in un primo tempo, le autorità danesi della concorrenza o, in un secondo tempo, i giudici nazionali, tra cui il giudice del rinvio, abbiano constatato che tale mercato fosse suddiviso in due segmenti, ossia, da un lato, quello delle spedizioni settimanali e, dall’altro, quello della distribuzione «domenicale» o, più in generale, del week-end.

25.      Ritengo pertanto che non occorra dilungarsi troppo sulle osservazioni della Post Danmark secondo cui le pratiche tariffarie controverse sarebbero state condotte al fine (unico o principale) di ampliare l’offerta di distribuzione di posta non indirizzata verso il segmento della distribuzione del week-end che, fino a quel momento, sarebbe stato di dominio della FK.

26.      Inoltre è del pari pacifico che sul mercato così delineato dalle autorità e dai giudici nazionali, la Post Danmark occupa una «posizione dominante», ai sensi dell’art. 82 CE. Del resto la domanda di pronuncia pregiudiziale si basa esplicitamente su tale premessa.

27.      Secondo tale domanda la posizione dominante della Post Danmark risulterebbe da un’analisi globale della posizione di cui la suddetta impresa gode sul mercato. Tuttavia tale analisi si è principalmente fondata sulle quote di mercato in valore (dell’ordine del 50%) (6), detenute da tale società, e sulla situazione particolare derivante dalla sua rete di distribuzione che copre l’intero territorio nazionale e che, a motivo degli obblighi di servizio universale di distribuzione della posta che le incombono, può essere mantenuta senza esercitare l’attività di distribuzione di posta non indirizzata.

28.      Anche se dagli atti della causa principale non emerge che sia stata esaminata l’importanza relativa di tali quote di mercato con riferimento a quelle della FK (7), né di un eventuale potere contrattuale di taluni clienti, ciò non toglie che, nell’ambito della suddivisione delle competenze tra i giudici nazionali e la Corte, non spetta a quest’ultima, malgrado l’invito formulato dalla Post Danmark nelle sue osservazioni, riprendere l’esame di uno o più aspetti dell’analisi che ha indotto le autorità e i giudici danesi a constatare che l’impresa anzidetta occupava effettivamente una siffatta posizione dominante sul mercato nazionale della distribuzione di posta non indirizzata.

29.      Da ultimo, occorre delimitare con chiarezza l’oggetto delle questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte.

30.      In proposito va precisato che la Corte non è stata interrogata su un abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE consistente in una pratica tariffaria predatrice.

31.      Infatti, come emerge dal fascicolo della causa principale, le autorità danesi competenti in materia di concorrenza non sono riuscite a individuare l’esistenza di un disegno inteso ad eliminare un concorrente, ai sensi del punto 72 della sentenza Akzo/Commissione (8), valutazione, questa, che non è stata contestata dalla FK dinanzi ai giudici nazionali.

32.      Per accertare l’esistenza di una pratica di prezzi predatori ai sensi dei punti 70‑72 della citata sentenza Akzo/Commissione sarebbe stato infatti necessario dimostrare l’attuazione di una siffatta strategia da parte della Post Danmark giacché, come osserva il giudice del rinvio, perlomeno riguardo alle tariffe applicate dalla Post Danmark alla Coop — uno dei tre clienti della FK — tali tariffe erano superiori ai costi incrementali medi dell’impresa dominante ma inferiori ai suoi costi totali medi (9).

33.      Il riferimento, nella domanda del giudice a quo, ai costi incrementali della Post Danmark, intesi come i costi pertinenti di cui tenere conto nella causa principale, e non ai costi variabili, come nella citata sentenza Akzo/Commissione, sembra spiegarsi, stando agli elementi del fascicolo, con la coesistenza in seno alla stessa impresa, da un lato, di attività riservate e non riservate, ma il cui esercizio è in entrambi i casi gravato da obblighi di servizio universale, e, dall’altro, da attività squisitamente commerciali che si sviluppano sul mercato liberalizzato della distribuzione di posta non indirizzata.

34.      Infatti il confronto dei prezzi con i costi variabili sostenuti dall’impresa dominante investita di un compito di interesse economico generale (servizio pubblico o universale) risulta inadeguato. Da un lato, tale confronto potrebbe comportare una sopravvalutazione delle perdite in quanto il compito di interesse economico generale di cui è investita l’impresa comporta costi maggiori rispetto a quelli dei suoi concorrenti per la parte di attività svolta sul mercato aperto alla concorrenza. Per contro, considerare soltanto il criterio dei costi variabili dell’impresa dominante potrebbe anche portare a sottovalutarne i costi se detta impresa svolge la propria attività con costi fissi elevati (per esempio i costi connessi all’utilizzo della propria rete) e costi variabili bassi (10).

35.      Ciò detto, risulta appropriato tenere conto di un altro criterio di costo, ossia i costi incrementali, che prendono in considerazione i costi fissi e quelli variabili dell’attività specifica sviluppata sul mercato aperto alla concorrenza.

36.      In proposito, come ha osservato il giudice del rinvio, l’impiego del criterio dei costi incrementali nella causa principale trae ispirazione dalla decisione della Commissione 20 marzo 2001 in un procedimento a norma dell’articolo 82 del Trattato CE riferita alle pratiche tariffarie della Deutsche Post sul mercato dei servizi di inoltro pacchi per il settore delle vendite per corrispondenza in Germania (11) in una situazione relativamente analoga (12).

37.      In tale decisione in cui la Commissione ha, in particolare, dichiarato che la Deutsche Post aveva abusato della sua posizione dominante offrendo i servizi in parola a prezzi inferiori rispetto ai propri costi incrementali, cosicché tale impresa aveva praticato prezzi predatori, l’istituzione definiva i suddetti costi come i costi che insorgono solo in caso di una prestazione specifica, che dipendono dalla quantità trattata e che vengono meno in caso di sospensione della prestazione stessa, il che comporta che i costi fissi comuni, che non dipendono dalla fornitura di un solo servizio, non fanno parte dei costi incrementali (13). Da tale decisione, che ha costituito un chiaro punto di riferimento per le autorità danesi competenti in materia di concorrenza nella causa principale, emerge altresì che i costi specifici di una singola prestazione non devono essere gravati dai costi fissi comuni di mantenimento delle capacità della rete di distribuzione, che derivano dall’obbligo di servizio universale. La media dei costi incrementali medi comprende dunque soltanto la media dei costi fissi e variabili della prestazione del servizio fornito in regime di concorrenza (14).

38.      Nella causa a qua, come nella decisione Deutsche Post, la media dei costi incrementali, al pari della media dei costi variabili di cui ai punti 71 e 72 della citata sentenza Akzo/Commissione, rappresenta dunque il «criterio minimo» al di sotto del quale il prezzo applicato dall’impresa in posizione dominante sarebbe predatorio.

39.      Secondo la logica di questi punti della sentenza Akzo/Commissione, costruita alla luce della menzionata decisione Deutsche Post, un prezzo superiore alla media dei costi incrementali ma inferiore alla media dei costi totali sarebbe ugualmente predatorio se fissato nell’ambito di un piano avente lo scopo di eliminare un concorrente.

40.      Tuttavia, come si è già detto, il giudice del rinvio ha precisato che l’esistenza di siffatto piano non aveva potuto essere dimostrata dalle autorità danesi competenti in materia di concorrenza. L’oggetto della presente domanda di pronuncia pregiudiziale non verte dunque su un eventuale comportamento predatorio della Post Danmark.

41.      Le precedenti osservazioni consentono tuttavia di comprendere meglio i quesiti del giudice del rinvio che, in definitiva, desidera sapere se un abuso che preclude o esclude un concorrente di un’impresa dominante, quale la Post Danmark, possa essere accertato in presenza di una riduzione selettiva di prezzi non predatoria e, in caso di risposta affermativa, a quali condizioni.

42.      Questa precisazione mi induce a formulare due ulteriori osservazioni.

43.      Da un lato, i quesiti del giudice del rinvio non vertono sullo sfruttamento abusivo di una posizione dominante sotto forma di discriminazione tramite i prezzi tra i clienti della Post Danmark, che produce i propri effetti sul mercato o sui mercati dei suddetti clienti (discriminazione accessoria o «secondary-line discrimination»).

44.      Dall’ordinanza di rinvio e dal fascicolo della causa a qua emerge infatti che la constatazione delle autorità danesi competenti in materia di concorrenza secondo cui la Post Danmark ha applicato un trattamento tariffario diverso a partner commerciali che si trovavano in una situazione analoga ai sensi, in particolare, dell’art. 82, secondo comma, lett. c), CE non è stata impugnata dalla suddetta impresa dinanzi ai giudici nazionali.

45.      Il giudice del rinvio si concentra unicamente sulla riduzione selettiva dei prezzi applicata dalla Post Danmark il cui effetto porterebbe, ovvero — se le autorità danesi competenti in materia di concorrenza non fossero intervenute — avrebbe potuto portare a eliminare o a escludere la FK dal mercato danese della distribuzione di posta non indirizzata (discriminazione principale o «primary-line discrimination»).

46.      Ritengo opportuna la distinzione operata dalle autorità e dai giudici danesi tra discriminazione accessoria e discriminazione principale che, del resto, è stata anche auspicata da parte della dottrina (15). Benché l’elenco delle pratiche abusive contenuto nell’art. 82 CE non esaurisca le modalità di sfruttamento abusivo di posizione dominante vietate dal detto articolo (16), tale distinzione consente nondimeno, a mio parere, di chiarire i rapporti tra le pratiche tariffarie discriminatorie di cui all’art. 82, secondo comma, lett. c), CE — ossia quelle i cui effetti anticoncorrenziali si producono sul/sui mercato/i degli «altri contraenti», «determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza» ,il che corrisponde alla situazione della discriminazione definita «accessoria», giacché, per definizione, tali controparti commerciali non possono essere concorrenti dell’impresa che sfrutta abusivamente la propria posizione dominante — e quelle i cui effetti si producono sul mercato in cui operano l’impresa dominante e i suoi concorrenti e che riguardano altre fattispecie, tra cui quella che consiste nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico a danno dei consumatori, di cui all’art. 82, secondo comma, lett. b), e che hanno l’effetto di eliminare o di escludere la concorrenza anzidetta.

47.      D’altra parte, indicando nella sua prima questione pregiudiziale una situazione di riduzione selettiva di prezzi il cui livello sarebbe compreso tra la media dei costi incrementali e la media dei costi totali sostenuti dall’impresa dominante, il giudice del rinvio sembra limitare tale questione alla pratica tariffaria della Post Danmark nei confronti della Coop, senza pertanto tenere conto di quella applicata agli altri due clienti della FK, ossia la Spar e la SuperBest, anch’esse citate nell’ordinanza di rinvio e alle quali non vi è dubbio che la Post Danmark ha offerto prezzi superiori alla media dei suoi costi totali.

48.      L’interpretazione di questa omissione è incerta. Da un lato, potrebbe significare che il giudice del rinvio ha già risolto, respingendola, la tesi secondo cui i prezzi applicati dalla Post Danmark alla Spar e alla Superbest avrebbero potuto portare all’eliminazione della FK dal mercato. Dall’altro, ciò potrebbe semplicemente voler dire che il giudice del rinvio ha ritenuto che, una volta chiarita l’interpretazione dell’art. 82 CE riguardo alla situazione dei prezzi offerti dalla Post Danmark alla Coop, dalla risposta fornita dalla Corte dovrebbe e potrebbe trarne egli stesso le conseguenze sulla legittimità della pratica tariffaria della Post Danmark nei confronti della Spar e della Superbest.

49.      In ogni caso, ritengo che, per fornire una risposta utile al giudice del rinvio, non andrebbe tralasciata la pratica tariffaria che la Post Danmark applica alla Spar e alla Superbest nella valutazione della questione se un abuso precludente o escludente un concorrente dell’impresa dominante sia constatabile in presenza di una riduzione selettiva di prezzi non predatoria e, in caso affermativo, in quali condizioni.

B —    Sulla riduzione selettiva dei prezzi e sull’effetto preclusivo

50.      La questione indicata al punto precedente contrappone le parti che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte.

51.      In sostanza, per la Post Danmark e il governo ceco, una pratica tariffaria di esclusione potrebbe essere accertata soltanto se il prezzo fosse fissato al di sotto della categoria di costi corrispondente. Nella fattispecie, un prezzo superiore ai costi incrementali medi potrebbe comportare l’esclusione di un concorrente unicamente se quest’ultimo facesse parte di una strategia mirante a escludere il suddetto concorrente; strategia che, secondo il governo ceco, potrebbe emergere da un’analisi economica ma che, ad avviso della Post Danmark, dovrebbe derivare unicamente o principalmente da elementi che dimostrino l’intento soggettivo di eliminazione della concorrenza. Poiché gli elementi del fascicolo della causa principale non dimostrerebbero che la Post Danmark abbia condotto siffatta strategia, non sussisterebbe abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE.

52.      Al contrario la FK, i governi danese e italiano, l’Autorità di vigilanza EFTA nonché, in una certa misura, la Commissione — più in particolare a seguito dei chiarimenti forniti da quest’ultima in udienza in merito alla sua posizione — difendono una tesi opposta. A grandi linee, tali parti interessate sostengono che, a prescindere dai costi, una pratica tariffaria selettiva di un’impresa dominante nei confronti dei clienti del suo unico vero concorrente porta o rischia con ogni probabilità di portare a escludere quest’ultimo giacché siffatta pratica non è giustificata sotto il profilo economico, in particolare da economie di scala. Sarebbe questa, peraltro, la situazione della causa principale.

53.      Gran parte della discussione svoltasi tra le parti interessate ha riguardato l’interpretazione della portata di una serie di sentenze della Corte e del Tribunale in cui i giudici dell’Unione avrebbero esaminato pratiche tariffarie selettive condotte da imprese dominanti. Questa giurisprudenza confermerebbe in entrambi i casi la tesi articolata nelle osservazioni formulate dinanzi alla Corte.

54.      Prima di procedere con l’esame di tali sentenze, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, vietando lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante sul mercato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, l’art. 82 CE riguarda i comportamenti atti ad influire sulla struttura di un mercato in cui, proprio per il fatto che vi opera l’impresa che detiene il potere economico derivante dalla sua posizione dominante, il grado di concorrenza è già ridotto e che hanno come effetto di ostacolare, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la concorrenza normale tra prodotti o servizi fondata sulle prestazioni degli operatori economici, la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di detta concorrenza (17).

55.      Di conseguenza, poiché l’art. 82 CE riguarda non solo le pratiche che possono provocare un danno immediato ai consumatori, ma anche quelle che li danneggiano pregiudicando la sussistenza di una concorrenza effettiva, è all’impresa che detiene una posizione dominante che incombe la responsabilità particolare di non pregiudicare, con il suo comportamento, una concorrenza effettiva e leale all’interno del mercato comune (18).

56.      In tale ottica, anche se il divieto di sfruttamento abusivo di una posizione dominante può, in maniera del tutto logica, essere motivato dal desiderio di garantire il benessere immediato dei consumatori, esso si giustifica altresì con la necessità di proteggere o di conservare la struttura concorrenziale del mercato, giacché il perseguimento di questo obiettivo si presume sia in qualche maniera a favore dei consumatori.

57.      In materia tariffaria, anche se la responsabilità particolare dell’impresa dominante ha indotto la Corte a dichiarare che qualsiasi concorrenza fondata sui prezzi non può essere considerata legittima (19), tale affermazione significa tuttavia che siffatta concorrenza è di norma autorizzata, se non raccomandata, salvo eccezioni. Invero, poiché la concorrenza esercitata tramite i prezzi è solitamente benefica, essa non può essere in linea di principio vietata alle imprese che occupano una posizione dominante su un dato mercato.

58.      Ciò non toglie che la questione se le politiche tariffarie di un’impresa che detiene una posizione dominante su un dato mercato conducano allo sfruttamento abusivo di tale posizione ai sensi dell’art. 82 CE dev’essere determinata in funzione di tutte le circostanze e, in particolare, si deve esaminare se tali pratiche siano volte a chiudere l’accesso al mercato dei concorrenti o a rafforzare la posizione dominante mediante una concorrenza falsata (20).

59.      Come indicato da alcune parti interessate, la giurisprudenza menziona diverse cause in cui il giudice dell’Unione ha constatato che una riduzione selettiva di prezzi applicata da una o più imprese in posizione dominante era in contrasto con il divieto di cui all’art. 82 CE.

60.      Dalla prima di tali cause è scaturita la citata sentenza Akzo/Commissione.

61.      Tra le pratiche tariffarie che la Commissione addebitava alla Akzo sul mercato comunitario dei perossidi organici (21) figuravano non solo, come già indicato, l’applicazione di prezzi anormalmente bassi (predatori) concessi alla clientela di un suo concorrente (la ECS), esaminata ai punti 98‑109 della sentenza della Corte, ma anche una pratica di offerta di prezzi selettivi ai clienti dello stesso concorrente a un livello sensibilmente inferiore rispetto a quello dei prezzi applicati dalla Akzo alla propria clientela (22); pratica, questa, che è stata esaminata dalla Corte ai punti 110‑121 della suddetta sentenza.

62.      Confermata la constatazione della Commissione secondo cui la Akzo deteneva una posizione dominante sul mercato di cui trattavasi, sia con riferimento alla sua quota di mercato dell’ordine del 50%, sia con riferimento ad altri fattori (23), procedendo con l’esame della selettività delle offerte tariffarie ai clienti della ECS, definiti «grandi indipendenti», la Corte osservava innanzi tutto che la Akzo non aveva contestato di aver accordato prezzi differenti ad acquirenti di dimensioni analoghe senza aver inoltre addotto argomenti tendenti a dimostrare che tali differenze inerivano alla qualità dei prodotti venduti o a costi di produzione specifici (24). La Corte rimarcava poi che i prezzi praticati dalla Akzo nei confronti dei suoi stessi clienti erano superiori alla media dei suoi costi totali, mentre quelli che essa offriva ai clienti della ECS erano inferiori a tale media (25). Al punto 115 della sentenza, la Corte ne ha dedotto che la Akzo poteva in tal guisa compensare, quanto meno in parte, le perdite conseguenti alle vendite effettuate ai clienti della ECS mediante gli utili realizzati con le vendite ai grandi indipendenti che essa annoverava tra i propri clienti; il che dimostrava che l’intento della Akzo non era quello di praticare una politica generale di prezzi vantaggiosi, bensì di adottare una strategia intesa a nuocere al proprio concorrente. La Corte confermava, dunque, su questo punto, la decisione della Commissione constatando che la Akzo aveva sfruttato in maniera abusiva la propria posizione dominante.

63.      In questa fase dell’analisi limiterò i miei commenti ai suddetti punti della citata sentenza Akzo/Commissione alle due seguenti osservazioni.

64.      In primo luogo, la Corte ha confermato la natura abusiva della selettività dei prezzi offerti dalla Akzo rispetto allo standard di riferimento dei costi dell’impresa dominante, ossia i propri costi medi totali.

65.      Questo criterio risulta essere relativamente rigido nei confronti dell’impresa dominante. Infatti, prendendo come riferimento la media dei costi totali dell’impresa, ossia quelli che comprendono i costi fissi e i costi variabili, la Corte sanziona la selettività anche se la vendita di un’unità supplementare alla clientela dell’impresa dominante copre i costi variabili dell’unità prodotta e almeno una parte dei costi fissi di quest’ultima. In tale contesto, benché sia possibile capire che la differenza di trattamento tariffario tra i clienti dell’impresa dominante e quelli del concorrente a cui sono state proposte le offerte vantaggiose può effettivamente costituire una discriminazione che determina uno svantaggio per la concorrenza tra questi clienti, ai sensi dell’art. 82, primo comma, lett. c), CE («secondary-line discrimination»), è meno certo che siffatta pratica, presa isolatamente, possa comportare l’esclusione di un concorrente quantomeno altrettanto efficace, giacché quest’ultimo potrebbe sicuramente accaparrarsi, totalmente o parzialmente, i clienti tradizionali dell’impresa dominante vittime del trattamento discriminatorio, a meno che i clienti in parola non siano soggetti a vincoli particolari con l’impresa dominante tali da legarli in maniera troppo stretta a quest’ultima.

66.      Anche se la Corte non ha espresso siffatte considerazioni nei passaggi pertinenti della citata sentenza Akzo/Commissione, va tuttavia osservato, da un lato, che le offerte di prezzi selettivi da parte della Akzo erano abbinate a tutta una serie di comportamenti abusivi di tale impresa, tra cui, in particolare, una pratica di prezzi predatori, e, dall’altro, che dalla pratica tariffaria selettiva della Akzo la Corte non deduceva un effetto preclusivo del concorrente bensì, semplicemente, l’intento di escluderlo. Una volta ricollocati nel contesto generale della citata sentenza Akzo/Commissione, i punti 113‑115 di tale sentenza fanno emergere l’idea che l’esame della selettività della riduzione dei prezzi applicata dalla Akzo contribuiva a dimostrare l’esistenza di un piano o di una strategia di esclusione da parte di tale impresa.

67.      In secondo luogo, il rigore dimostrato dalla Corte nella citata sentenza Akzo/Commissione riguardo alla riduzione selettiva di prezzi da parte dell’impresa dominante sembra spiegarsi con il fatto che una pratica siffatta, contrariamente a una pratica di prezzi bassi in generale, si realizza ai danni della clientela di tale impresa, senza giustificazione economica. In altre parole, la Corte pare ritenere che siffatta pratica tariffaria selettiva miri non tanto a garantire che i clienti e, almeno indirettamente, i consumatori traggano profitto dai prezzi bassi (il che, invece, accade di norma, almeno a breve termine, con una pratica non selettiva di prezzi bassi, se non predatori), quanto unicamente a captare taluni clienti fra i concorrenti dell’impresa dominante, senza alcun profitto per i consumatori o per la struttura concorrenziale del mercato.

68.      Come ho già rilevato, anche se l’approccio mantenuto dalla Corte nella citata sentenza Akzo/Commissione riguardo a offerte di prezzi selettivamente bassi dell’impresa dominante si basa sul criterio dei costi della suddetta impresa, il giudice dell’Unione non ha invece richiamato tale criterio in altre cause successive.

69.      Così accade nelle cause Compagnie maritime belge transports e a./Commissione (26) e Irish Sugar/Commissione (27) (28).

70.      Nella prima di queste cause la Commissione addebitava alla conferenza marittima Cewal — di cui era membro, in particolare, la Compagnie maritime belge transports, e che deteneva oltre il 90% delle quote del mercato pertinente — di avere segnatamente modificato i suoi noli in deroga alle tariffe vigenti al fine di offrire noli identici o inferiori a quelli del principale concorrente indipendente (G&C) per delle navi in partenza alla stessa data o in date vicine (pratica detta «fighting ships»), in violazione dell’art. 86 del Trattato CEE (29).

71.      Il Tribunale confermava l’analisi della Commissione.

72.      Il giudice ricordava innanzi tutto che le imprese ricorrenti non contestavano i tre elementi costitutivi della pratica delle «fighting ships» — distinta dalla pratica dei prezzi predatori — vale a dire: a) la designazione come «fighting ships» delle navi di membri della conferenza la cui partenza era la più vicina alla partenza delle navi di G&C, senza modifica degli orari previsti; b) la fissazione in comune di prezzi aggressivi che derogavano alle tariffe normalmente praticate dai membri della Cewal in modo che risultassero pari o inferiori alle tariffe dichiarate da G&C e c) la diminuzione delle entrate che ne risultava, sopportata dai membri della Cewal (30).

73.      Esaminando poi le tesi di ricorrenti che intendevano contestare lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante, alla luce degli elementi del fascicolo, il Tribunale ha ritenuto che la Commissione avesse sufficientemente dimostrato che tale pratica era stata attuata al fine di estromettere l’unico concorrente della Cewal sul mercato di cui trattasi (31). Ciò detto, poiché la pratica aveva lo scopo di estromettere l’unico concorrente, il Tribunale ha ritenuto che le ricorrenti non potessero far valere utilmente di essersi limitate ad affrontare una guerra dei noli iniziata dal concorrente o a rispondere alle attese della loro clientela. Queste circostanze, anche supponendole comprovate, non possono infatti rendere ragionevole e proporzionata la risposta attuata dai membri della Cewal (32).

74.      Infine il Tribunale respingeva la richiesta delle ricorrenti secondo cui l’accrescimento della quota di mercato della G&C avrebbe comportato la mancanza di effetti della pratica censurata e, correlativamente, l’assenza di abuso di posizione dominante. A tal riguardo il Tribunale dichiarava che, qualora una o più imprese in posizione dominante attuino effettivamente una pratica il cui fine sia l’estromissione di un concorrente, il fatto che il risultato atteso non si realizzi non è sufficiente ad escludere la qualifica di abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 86 del Trattato ed ha aggiunto che «[p]eraltro, contrariamente alle affermazioni delle ricorrenti, il fatto che la quota di mercato della [G&C] sia aumentata non significa che la pratica sia rimasta priva di effetti, se si considera che, in assenza di detta pratica, la quota di [G&C] avrebbe potuto aumentare in misura maggiore» (33).

75.      Nelle impugnazioni proposte avverso la sentenza del Tribunale, la Corte annullava quest’ultima nei limiti in cui riguardava le ammende inflitte alle ricorrenti (34).

76.      Per quanto riguarda, invece, lo sfruttamento abusivo di posizione dominante, la Corte confermava le valutazioni del Tribunale agendo tuttavia con prudenza.

77.      Una volta ricordato, da un lato, che l’ambito di applicazione materiale della responsabilità particolare che incombe a un’impresa dominante deve essere valutato alla luce delle circostanze specifiche del caso concreto, le quali riflettono una situazione di concorrenza affievolita e, dall’altro, che il mercato dei trasporti marittimi era un settore molto specializzato e specifico, caratterizzato, in particolare, ai sensi del diritto dell’Unione, dalla possibilità per le conferenze marittime di essere autorizzate a fissare i prezzi (35), la Corte ha ritenuto che «qualora una conferenza marittima in posizione dominante proceda ad una riduzione selettiva dei prezzi al fine di allinearli, in maniera mirata, a quelli di un concorrente, essa ne approfitta doppiamente. In primo luogo, essa elimina il principale, se non il solo, mezzo di concorrenza a disposizione dell’impresa concorrente. In secondo luogo, essa può continuare a chiedere agli utenti prezzi superiori per i servizi che non sono minacciati da tale concorrenza» (36).

78.      Ai punti 118-120 della sentenza la Corte ha aggiunto:

«118      Non è necessario, nel caso di specie, prendere posizione, in maniera generale, sulle circostanze in presenza delle quali una conferenza marittima può legittimamente adottare, caso per caso, prezzi inferiori a quelli della tariffa da essa pubblicata al fine di far fronte ad un concorrente che offre prezzi più interessanti (…).

119      Basti ricordare che si tratta, nella fattispecie, del comportamento di una conferenza che detiene una quota di oltre il 90% del mercato di cui trattasi e che ha un solo concorrente. Le ricorrenti, del resto, non hanno mai seriamente contestato, ma hanno in definitiva riconosciuto all’udienza, che lo scopo del comportamento contestato era quello di estromettere la G&C dal mercato.

120      Si deve pertanto considerare che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto dichiarando che gli addebiti della Commissione secondo i quali la cosiddetta pratica delle “navi da combattimento”, quale attuata nei confronti della G&C, costituiva un abuso di posizione dominante erano giustificati. Occorre inoltre rilevare che non si tratta affatto, nel caso di specie, di una nuova definizione di una pratica abusiva».

79.      Nel secondo caso, la citata sentenza Irish Sugar/Commissione trattava principalmente di una serie di comportamenti adottati da tale impresa sul mercato dello zucchero destinato alla vendita al dettaglio in Irlanda, di cui essa deteneva una quota di oltre l’88%, e ritenuti abusivi dalla Commissione (37). In particolare, la Commissione addebitava alla Irish Sugar di aver concesso sconti speciali senza alcuna giustificazione economica oggettiva a taluni clienti stabiliti nella zona di frontiera tra l’Irlanda e l’Irlanda del Nord per far fronte alla concorrenza delle importazioni di zucchero dall’Irlanda del Nord o del proprio zucchero reimportato in Irlanda. Richiamando la propria decisione concernente ECS/Akzo Chemie, essa riteneva che siffatti sconti «frontiera» selettivi costituissero un abuso di posizione dominante (38).

80.      Chiamato a valutare il carattere abusivo di tali sconti «frontiera», il Tribunale osservava innanzi tutto che i prezzi applicati dalla Irish Sugar non costituivano prezzi predatori nel senso indicato dalla giurisprudenza della Corte (39). Detto giudice rilevava poi che dagli elementi del fascicolo emergeva che la Irish Sugar aveva deliberatamente scelto di offrire in modo selettivo uno sconto speciale a determinati dettaglianti, ma sospettava anche l’illiceità di tale prassi (40).

81.      Ciò ha indotto il Tribunale a ritenere questa pratica uno sfruttamento abusivo di una posizione dominante ai sensi dell’art. 86, secondo comma, lett. c), del Trattato (41) e a respingere altresì tutti gli argomenti addotti dalla Irish Sugar per dimostrare la liceità del proprio comportamento (42). In particolare, il Tribunale escludeva la tesi della Irish Sugar secondo cui tale impresa mirava a difendersi dalla concorrenza derivante da importazioni a basso prezzo (ma non al di sotto dei costi di produzione) provenienti dal mercato britannico e dall’Irlanda del Nord, osservando che, come ammesso dalla Irish Sugar, la sua capacità economica di offrire sconti nella zona lungo la frontiera con l’Irlanda del Nord comportava la stabilità dei prezzi nelle altre zone, il che equivaleva a riconoscere che essa finanziava i suddetti sconti con le vendite sul resto del territorio dell’Irlanda.

82.      Il Tribunale ne ha concluso che, comportandosi in questa maniera, la Irish Sugar aveva impedito lo svolgimento del libero gioco della concorrenza su tale mercato e ne aveva falsato le strutture nei confronti tanto dei suoi acquirenti che dei consumatori, in quanto questi ultimi, di fatto, non hanno potuto beneficiare, fuori della regione situata lungo la frontiera con l’Irlanda del Nord, delle riduzioni di prezzi provocate dalle importazioni di zucchero dall’Irlanda del Nord (43). Invero, ad avviso del Tribunale, la preservazione della posizione concorrenziale di un’impresa in posizione dominante che abbia le caratteristiche della Irish Sugar all’epoca dei fatti controversi deve, quanto meno, per essere legittima, fondarsi su criteri di efficienza economica e presentare un interesse per i consumatori, il che mancava nella fattispecie (44).

83.      Occorre altresì evidenziare che il Tribunale ha respinto l’asserzione della Irish Sugar secondo cui la Commissione avrebbe invocato l’eliminazione di un concorrente quale prova del carattere abusivo della concessione degli sconti «frontiera». Una volta osservato che quella non era la posizione della Commissione, il Tribunale aggiungeva, in particolare, che «[n]ei limiti in cui la concessione di sconti “frontiera” perseguiva lo scopo di rendere fedeli gli acquirenti esposti alle offerte dei concorrenti, senza tuttavia far beneficiare tutti i clienti della ricorrente delle ripercussioni della concorrenza sui prezzi di vendita dei suoi prodotti, l’eliminazione di un concorrente in conseguenza di una tale prassi dimostra a fortiori il carattere abusivo di quest’ultima, ai sensi dell’art. 86 del Trattato» (45).

84.      Nell’ambito dell’impugnazione diretta contro tale sentenza, la Irish Sugar si è limitata a contestare la valutazione del Tribunale riguardante l’esistenza di una posizione dominante. La Corte non ha dunque dovuto pronunciarsi sulle constatazioni del giudice di primo grado relative ai comportamenti abusivi dell’impresa.

85.      Quali indicazioni si possono trarre da queste due cause?

86.      In primo luogo, come già indicato, esse fanno parte di un filone della giurisprudenza in base al quale una riduzione selettiva dei prezzi da parte di un’impresa dominante è stata ritenuta contraria all’art. 82 CE senza aver considerato tali prezzi in relazione ai costi dell’impresa e in cui emerge che i prezzi non erano stati fissati al di sotto della media dei costi totali.

87.      In secondo luogo, mentre nella citata sentenza Akzo/Commissione, dagli sconti tariffari selettivi ai clienti del concorrente principale della Akzo, la Corte deduceva l’esistenza di un intento eliminatorio da parte di quest’ultima, nelle citate cause Compagnie maritime belge transports e a./Commissione e Irish Sugar/Commissione il giudice dell’Unione ha adottato un approccio diverso. Egli ha infatti ritenuto che le pratiche tariffarie controverse costituissero l’attuazione dell’intento eliminatorio del concorrente la cui materialità non è stata dedotta dalla pratica tariffaria selettiva bensì dalla documentazione interna delle imprese dominanti interessate o da altri elementi del fascicolo.

88.      Al riguardo occorre osservare che il fatto che, in queste due cause, le pratiche in parola non abbiano prodotto l’effetto scontato, ossia l’esclusione del concorrente, non è stato considerato decisivo per escludere l’esistenza di un abuso di posizione dominante. Tale valutazione riveste peraltro un significato particolare nella sentenza del Tribunale nella citata causa Compagnie maritime belge transports e a., giacché da essa emerge che le quote di mercato del principale o unico concorrente dell’impresa dominante erano aumentate nel periodo in cui venivano adottate le pratiche tariffarie controverse (46).

89.      Siffatta valutazione pare voler dire che le pratiche tariffarie di cui trattasi sono anticoncorrenziali in virtù dello scopo e non a causa dell’effetto. Orbene, se decontestualizzata, la valutazione anzidetta potrebbe anche essere in contrasto con la considerazione secondo cui le imprese dominanti non sono prive, in linea di principio, del diritto di praticare una concorrenza tramite i prezzi (47).

90.      A mio avviso, la spiegazione dell’approccio del giudice dell’Unione nelle cause all’origine delle citate sentenze 16 marzo 2000, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, e 10 luglio 2001, Irish Sugar/Commissione, potrebbe riferirsi a tre punti di natura piuttosto fattuale, comuni alle situazioni all’origine delle sentenze della Corte e del Tribunale.

91.      Innanzi tutto, come già osservato, nelle due citate sentenze l’intento eliminatorio da parte dell’impresa dominante è stato dedotto non dalla pratica tariffaria selettiva bensì da altre circostanze. Pertanto la pratica tariffaria selettiva è stata considerata soltanto come la concretizzazione di tale intento.

92.      Occorre poi osservare che le imprese dominanti interessate si trovavano in una situazione di potere economico prossima al monopolio, giacché le loro rispettive quote di mercato interessate si avvicinavano infatti al 90%. Sussistevano, dunque, importanti barriere all’ingresso sul mercato vista la presenza di un «dominio assoluto», a cui si era peraltro dimostrato sensibile l’avvocato generale Fennelly nelle conclusioni presentate nella causa da cui è scaturita la citata sentenza della Corte 16 marzo 2000, Compagnie maritime belge transports e a. (48).

93.      Infine le pratiche tariffarie selettive si inserivano in una serie di comportamenti abusivi tariffari e/o non tariffari il cui effetto cumulativo ha potuto anch’esso svolgere un determinato ruolo.

94.      Queste osservazioni mi inducono a pensare che la rilevanza delle citate sentenze Irish Sugar/Commissione e Compagnie maritime belge transports e a. sia soltanto marginale riguardo alla soluzione che la Corte dovrebbe fornire al giudice del rinvio, non fosse altro per il fatto che nella causa principale è pacifico che né le autorità competenti in materia di concorrenza, né i giudici danesi hanno potuto dimostrare l’esistenza di un intento esclusivo e che dagli elementi del fascicolo non emerge affatto che la Post Danmark si trovi in una situazione di «dominio assoluto». Inoltre, più in particolare, riguardo alla causa Irish Sugar/Commissione su cui la Commissione ha basato parte delle sue osservazioni in udienza, va rammentato che, da un lato, si trattava di una situazione in cui l’impresa dominante tentava di mantenere la propria clientela offrendo sconti selettivi ai propri distributori esposti alla concorrenza di altri produttori di zucchero e non si trattava, come nella causa a qua, di attirare la clientela del suo concorrente principale o unico, e, dall’altro, che gli sconti in parola miravano a limitare l’influenza della politica di prezzi di operatori principalmente attivi su un mercato nazionale limitrofo, su quella di operatori attivi su un altro mercato nazionale, pratica, questa, che poteva essere, ed è stata effettivamente ritenuta, un ostacolo alla realizzazione del mercato comune (49).

95.      Sono del parere che la giurisprudenza della Corte debba essere interpretata nel senso che, allorché le condizioni relativamente eccezionali delle cause all’origine delle citate sentenze 16 marzo 2000, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, e 10 luglio 2001, Irish Sugar/Commissione, non sono soddisfatte, in particolare quando l’intento di escludere il concorrente o i concorrenti da parte dell’impresa dominante può essere dedotto soltanto da circostanze quali le offerte di prezzi selettivi, una riduzione selettiva di prezzi dev’essere esaminata in funzione dei costi dell’impresa dominante, con il criterio utilizzato ai punti 114 e 115 della citata sentenza Akzo/Commissione.

96.      Questa interpretazione garantisce una lettura coerente della giurisprudenza ed è altresì in grado di conferire una maggiore certezza del diritto alle imprese che detengono una posizione dominante allorché ricorrono a riduzioni selettive di prezzi. Peraltro, poiché un’impresa dominante conosce i propri costi e le proprie tariffe e non quelli dei suoi concorrenti, la presa in considerazione da parte delle autorità competenti in materia di concorrenza e delle giurisdizioni della struttura dei costi del concorrente potrebbe essere in contrasto con il principio di certezza del diritto in quanto non consentirebbe all’impresa dominante di valutare la legittimità della sua condotta, salvo in presenza di circostanze particolari (50).

97.      Ritengo in proposito che, a prescindere dal settore in cui opera, l’impresa dominante che applica prezzi diversi ma comunque superiori alla media dei propri costi totali, a seconda che siano diretti ai propri clienti tradizionali o ai clienti del suo concorrente, in linea di principio, e nonostante la natura selettiva e discriminatoria della sua pratica tariffaria, non può determinare l’esclusione così efficace del suddetto concorrente.

98.      Infatti, in linea di principio, quest’ultimo riuscirà sempre a rispondere a tale concorrenza attraverso i prezzi, giacché le vendite effettuate a tali prezzi coprono la media dei costi variabili e alcuni costi fissi. Tali vendite saranno dunque vantaggiose e, in generale, è impensabile che tale concorrente possa essere escluso dal mercato. La situazione potrebbe essere diversa se, malgrado tutto, i prezzi del concorrente fossero più alti della media dei costi totali dell’impresa dominante. In questa ipotesi, tuttavia, si tratterebbe verosimilmente di un concorrente la cui efficacia sarebbe inferiore a quella dell’impresa dominante. La sua esclusione, dunque, costituirà soltanto il normale esito del gioco della concorrenza attraverso i meriti a cui, nonostante la responsabilità particolare a loro carico, devono poter partecipare anche le imprese dominanti.

99.      È ben vero che il comportamento dell’impresa dominante potrà sempre essere considerato contrario all’art. 82, secondo comma, lett. c), CE in quanto potrebbe comportare uno svantaggio concorrenziale nei confronti di alcuni clienti dell’impresa dominante («secondary-line discrimination»). In linea di principio, ciò non dovrebbe tuttavia determinare l’esclusione del concorrente di tale impresa.

100. Riferita ai fatti della causa a qua, la valutazione di cui ai precedenti paragrafi 96‑98 dovrebbe a mio avviso indurre il giudice del rinvio a considerare che i prezzi offerti dalla Post Danmark alla Spar e alla Superbest — due dei tre clienti della FK le cui situazioni sono state illustrate nella domanda di pronuncia pregiudiziale e nelle osservazioni delle parti interessate — non potevano in linea di principio determinare l’esclusione della FK, giacché è pacifico, come ho già indicato, che tali prezzi erano superiori alla media dei costi totali della Post Danmark. Inoltre il giudice del rinvio non ha informato la Corte della struttura dei costi della FK.

101. Rimane da esaminare se un’impresa dominante, quale la Post Danmark, possa eliminare abusivamente il proprio concorrente applicando a un cliente importante di quest’ultimo una riduzione selettiva dei prezzi allorché questi ultimi sono superiori alla media dei costi incrementali dell’impresa dominante ma inferiori alla media dei suoi costi totali.

102. Non credo, innanzi tutto, che il semplice fatto che le offerte tariffarie in parola siano realizzate a vantaggio di un solo cliente del concorrente principale o unico possa portare a respingere la constatazione di un abuso di posizione dominante. Infatti tale cliente può perfettamente rappresentare un volume di acquisti e una quota di mercato significativi, come ciò sembra peraltro essere la situazione della Coop nella causa principale.

103. Si potrebbe poi essere tentati di estendere, per analogia, il ragionamento adottato dalla Corte ai punti 113‑115 della citata sentenza Akzo/Commissione, come peraltro proposto dalla Commissione all’udienza.

104. Secondo tale approccio, ne conseguirebbe per l’impresa dominante che il fatto di offrire al cliente del suo concorrente prezzi inferiori alla media dei suoi costi totali pur applicando prezzi superiori a tale media nei confronti dei suoi clienti tradizionali le consentirebbe di compensare almeno in parte «le perdite» derivanti dalle vendite al cliente del concorrente con gli utili realizzati dalle vendite ai propri clienti tradizionali, comportamento che, privo di giustificazione economica, costituirebbe una pratica di esclusione.

105. Nella causa a qua tale orientamento indurrebbe con ogni probabilità il giudice del rinvio a constatare un abuso di posizione dominante della Post Danmark sul mercato nazionale della distribuzione di posta non indirizzata, in quanto, senza che ciò sia stato annullato dall’ordinanza di rinvio, le autorità danesi competenti in materia di concorrenza hanno constatato che la Post Danmark non aveva dimostrato che l’offerta selettiva fatta alla Coop, uno dei principali clienti della FK, era giustificata da economie di scala.

106. Senza che ciò pregiudichi necessariamente l’accertamento di uno sfruttamento abusivo di posizione dominante da parte della Post Danmark, nutro tuttavia qualche riserva sull’opportunità di proporre l’adozione di una linea di ragionamento strettamente improntata su quella contenuta ai punti 113‑115 della citata sentenza Akzo/Commissione, come è stato in particolare suggerito dalla Commissione all’udienza.

107. Sono infatti del parere che, quanto meno, una siffatta linea di ragionamento semplifichi troppo il problema delle offerte di prezzi selettivi proposte da un’impresa dominante che opera in maniera concomitante su un mercato in parte riservato, in cui essa è investita di un compito di servizio universale, e su un mercato completamente aperto alla concorrenza ove su nessun operatore gravano vincoli di servizio universale.

108. In primo luogo, il fatto che i prezzi di vendita offerti al cliente principale del concorrente siano superiori alla media dei costi incrementali dell’impresa dominante non deve, a mio avviso, essere considerato come una situazione in cui le vendite producono «perdite», bensì, piuttosto, essere caratterizzato da vendite che non massimizzano le entrate della suddetta impresa. Infatti siffatte vendite rimangono in linea di principio vantaggiose poiché i redditi che ne derivano coprono i costi generati per gestire l’attività specifica sviluppata sul mercato concorrenziale, ossia, nella fattispecie, l’attività di distribuzione di posta non indirizzata.

109. Pertanto la possibilità per l’impresa dominante di applicare un tale livello di prezzi non dipende, a mio parere, da una compensazione tra il prezzo delle vendite realizzate sul mercato aperto alla concorrenza presso i suoi clienti tradizionali, nei cui confronti essa massimizza le proprie entrate, e il prezzo di quelle effettuate su questo stesso mercato presso il cliente principale del suo concorrente, per cui essa non le massimizza. Infatti, per mantenere il livello di prezzi offerto al cliente del suo concorrente, l’impresa dominante, in generale, non ha bisogno di ricorrere a tale compensazione.

110. Del resto, in un mercato in cui non gravano altri vincoli sui clienti tradizionali dell’impresa dominante, vittime della disparità di trattamento tariffario, questi ultimi sono in linea di principio perfettamente in grado di trovare un concorrente che possa offrire loro servizi equivalenti a un prezzo inferiore rispetto a quello applicato dall’impresa dominante (51).

111. Invece, e in secondo luogo, poiché i costi incrementali non prendono in considerazione — o considerano in maniera insufficiente — i costi fissi comuni alle attività esercitate sui due mercati in cui è presente l’impresa dominante, in particolare i costi fissi relativi al mantenimento delle capacità della rete di distribuzione dell’impresa dominante utilizzata, come nella causa principale, tanto per la sua attività, in parte riservata, per cui essa opera assumendo obblighi di servizio universale, quanto per la sua attività di distribuzione di posta non indirizzata, questa impresa, anche applicando un prezzo superiore alla media dei propri costi incrementali, potrebbe in definitiva far sopportare ai clienti dell’attività in parte riservata, esercitata sul mercato in cui essa dispone di una missione di servizio universale, il costo delle capacità della rete di distribuzione impiegate dall’impresa dominante per la sua attività di distribuzione di posta non indirizzata.

112. In altre parole è del tutto plausibile che, adottando quale criterio la media dei costi incrementali, l’impresa dominante possa applicare un prezzo leggermente superiore a tale media — evitando in tal modo che tale prezzo possa essere considerato automaticamente predatorio — facendo sopportare all’attività, in parte riservata, sul mercato in cui essa svolge un compito di servizio universale, tutti ovvero parte dei costi fissi comuni, attività che, pertanto, sovvenziona i prezzi offerti sul mercato aperto alla concorrenza. Tale pratica, che sia o meno selettiva, potrebbe in ultima analisi portare all’eliminazione dei concorrenti operanti sul mercato liberalizzato, vale a dire, nella causa a qua, quelli che operano sul mercato danese della distribuzione di posta non indirizzata, i quali, naturalmente, non beneficiano dello stesso meccanismo di sovvenzionamento incrociato (52).

113. Ritengo dunque che un’impresa dominante come la Post Danmark che applichi un prezzo selettivo superiore alla media dei suoi costi incrementali non escluda, contrariamente a quanto suggerito in sostanza dalla Post Danmark e dal governo ceco nelle loro osservazioni dinanzi alla Corte, che siffatto livello di prezzi possa comportare un rischio di esclusione del concorrente di tale impresa, poiché tale prezzo può essere sovvenzionato dalle entrate provenienti dall’attività, in parte riservata, dell’impresa dominante sul mercato in cui essa opera assumendo obblighi di servizio universale.

114. In proposito, per verificare se questa sia la situazione, sono del parere che occorrerebbe individuare il costo della produzione isolata («stand-alone cost») (53) dei servizi prestati dall’impresa dominante sul mercato in cui essa assume obblighi di servizio universale ed esaminare se le entrate prodotte da tali servizi superino il costo anzidetto. In caso affermativo, andrebbe verosimilmente accertata la presenza di un sovvenzionamento incrociato a favore delle vendite realizzate sul mercato aperto alla concorrenza per cui il prezzo applicato è inferiore alla media dei costi totali. Tenuto conto della responsabilità particolare di un’impresa in posizione dominante in merito al mantenimento della struttura concorrenziale del mercato, il ricorso alle anzidette sovvenzioni incrociate comporterebbe, in prospettiva, un rischio reale di esclusione del concorrente legittimando dunque, a mio avviso, l’intervento preventivo delle autorità competenti in materia di concorrenza.

115. In funzione del periodo in cui tale pratica è stata messa in atto, siffatto rischio potrebbe dedursi in particolare dalla perdita di quote di mercato del concorrente.

116. Come ho già osservato al paragrafo 14 delle presenti conclusioni, nella causa a qua sembra, nondimeno, che le autorità danesi competenti in materia di concorrenza non siano riuscite a constatare la presenza di sovvenzioni incrociate illecite a favore delle attività di distribuzione di posta non indirizzata della Post Danmark. Il giudice del rinvio dovrà tuttavia accertarsene.

117. In questa fase è ancora possibile interrogarsi sulla proporzionalità di un’offerta tariffaria come quella effettuata dalla Post Danmark a favore di uno dei principali clienti del suo unico o principale concorrente sul mercato della distribuzione di posta non indirizzata. Tale questione può assumere un duplice profilo.

118. Da un lato, ci si potrebbe domandare se, alla luce della responsabilità particolare dell’impresa dominante sul mercato, essa non avrebbe dovuto astenersi dal concedere in maniera selettiva un prezzo superiore ai propri costi incrementali medi praticando una politica tariffaria non discriminatoria verso i propri clienti tradizionali. Dall’altro, è consentito interrogarsi sui motivi che possono indurre un’impresa dominante come la Post Danmark a modulare le proprie offerte tariffarie tra i clienti del suo concorrente.

119. Sul primo punto, ritengo che obbligare un’impresa dominante a concedere il medesimo trattamento tariffario ai propri clienti tradizionali e a quelli del suo concorrente, ossia, nella causa a qua, a concedere un prezzo uniforme che sia superiore ai costi incrementali medi, potrebbe senz’altro impedire la discriminazione «accesssoria» (detta anche «secondary-line discrimination») che avviene tra le controparti commerciali della suddetta impresa, ma non influirebbe in maniera positiva sull’eventuale effetto preclusivo di tale comportamento nei confronti del concorrente di tale impresa. Infatti, anche se è certamente possibile che la pratica tariffaria uniforme non possa essere mantenuta per un periodo di durata pari al contesto di una pratica tariffaria selettiva, rimane invece invariato il livello dei prezzi offerti dall’impresa dominante al cliente interessato del concorrente, a prescindere dal fatto che questo prezzo sia offerto in maniera selettiva o nell’ambito di una tariffa uniforme.

120. Riguardo al secondo punto, e per quanto si ritenga che i clienti del concorrente cui le diverse offerte tariffarie sono state concesse si trovino in situazioni analoghe, mi è difficile cogliere i motivi per cui un’impresa dominante come la Post Danmark moduli con precisione queste offerte in maniera che due di esse (ossia quelle fatte alla Spar e alla Superbest) coprano i costi totali medi sostenuti da tale impresa, mentre l’altra offerta (ossia quella concessa alla Coop) non li copre, anche se nel primo caso di specie le offerte fatte, che, come già rilevato, non comportano alcun rischio di eliminazione del concorrente, sono sempre inferiori ai prezzi applicati da quest’ultimo. Pertanto, anche un’offerta tariffaria collocata al livello di quella accordata alla Spar e alla Superbest avrebbe potuto essere sufficientemente attraente per un cliente come la Coop, giacché, come sembra, essa sarebbe rimasta inferiore ai prezzi offerti dalla FK, senza tuttavia comportare gli eventuali effetti preclusivi del concorrente evidenziati in precedenza. Tuttavia, la materialità di tali effetti preclusivi dipenderà innanzi tutto dalla possibilità per l’impresa dominante di sovvenzionare i prezzi applicati a vantaggio della Coop con le proprie attività, in parte riservate, nel settore in cui è investita di un compito di servizio universale.

121. Per concludere, ritengo che l’approccio da me sostenuto, che consiste nel favorire l’analisi di un effetto preclusivo, almeno potenziale, rispetto a un intento di eliminare i concorrenti, come nella citata sentenza Akzo/Commissione, sia più adeguato alle circostanze della causa principale. Infatti, contrariamente alla situazione all’origine della citata sentenza Akzo/Commissione, il giudice del rinvio non è chiamato ad occuparsi di una serie di comportamenti abusivi da parte di una stessa impresa — tra cui svariati comportamenti che mirano chiaramente all’eliminazione del suo concorrente — il che, a mio avviso, può spiegare come la Corte, esaminando la pratica tariffaria selettiva della Akzo, abbia potuto limitarsi a dedurne l’intenzione di nuocere al suo concorrente.

122. L’adozione di un approccio fondato sull’intento eliminatorio invece che sugli effetti preclusivi indurrebbe a ritenere che qualsiasi pratica tariffaria selettiva costituisca un abuso escludente, in quanto i prezzi applicati dall’impresa dominante sono inferiori alla media dei suoi costi totali, salvo che tale pratica possa essere economicamente giustificata. Orbene, come appena evidenziato nelle considerazioni che precedono, ritengo che siffatta presunzione non sia né fondata sotto il profilo economico e giuridico, né opportuna. In proposito essa non può automaticamente dedursi da una disparità di trattamento tariffario tra i clienti tradizionali dell’impresa dominante e il cliente, oppure i clienti, del concorrente di tale impresa.

123. Per tutti questi motivi ritengo che l’art. 82 CE debba essere interpretato nel senso che costituisce uno sfruttamento abusivo di una posizione dominante il comportamento di un’impresa dominante con cui quest’ultima concede una riduzione selettiva di prezzi — fissata a un livello superiore rispetto ai costi incrementali medi ma inferiore ai costi totali medi di tale impresa — al cliente principale del suo concorrente principale o unico sul mercato nazionale della distribuzione di posta non indirizzata, pienamente aperto alla concorrenza, in quanto l’offerta tariffaria selettiva può essere sovvenzionata dalle entrate provenienti dall’attività, in parte riservata, dell’impresa dominante sul mercato dei servizi postali in cui essa opera assumendo obblighi di servizio universale, che producono pertanto l’effetto di escludere il suddetto concorrente. In proposito, per individuare l’esistenza di una sovvenzione incrociata illecita a vantaggio delle attività di distribuzione di posta non indirizzata dell’impresa dominante, occorre esaminare se le entrate generate dai servizi prestati da tale impresa sul mercato dei servizi postali in cui essa assume obblighi di servizio universale eccedano il costo della produzione isolata di tali servizi. Spetta al giudice nazionale verificare se tale sia il caso che ricorre nella causa a qua.

III — Conclusione

124. Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di giustizia di risolvere la domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta dallo Højesteret statuendo nei seguenti termini:

«L’art. 82 CE deve essere interpretato nel senso che costituisce uno sfruttamento abusivo di una posizione dominante il comportamento di un’impresa dominante con cui quest’ultima concede una riduzione selettiva di prezzi — fissata a un livello superiore rispetto ai costi incrementali medi ma inferiore ai costi totali medi di tale impresa — al cliente principale del suo concorrente principale o unico sul mercato nazionale della distribuzione di posta non indirizzata, pienamente aperto alla concorrenza, in quanto l’offerta tariffaria selettiva può essere sovvenzionata dalle entrate provenienti dall’attività, in parte riservata, dell’impresa dominante sul mercato dei servizi postali in cui essa opera assumendo obblighi di servizio universale, che producono pertanto l’effetto di escludere il suddetto concorrente.

In proposito, per individuare l’esistenza di una sovvenzione incrociata illecita a vantaggio delle attività di distribuzione di posta non indirizzata dell’impresa dominante occorre esaminare se le entrate generate dai servizi prestati da tale impresa sul mercato dei servizi postali in cui essa assume obblighi di servizio universale eccedano il costo della produzione isolata di tali servizi.

Spetta al giudice del rinvio verificare se tali condizioni siano soddisfatte nella causa principale».


1 —      Lingua originale: il francese.


2 —      Secondo l’ordinanza di rinvio, per «posta non indirizzata» si intende la distribuzione, in particolare, di pubblicità, elenchi telefonici, guide nonché giornali locali e regionali.


3 —      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 15 dicembre 1997 (GU 1998, L 15, pag. 14). Va rilevato che, successivamente ai fatti della causa principale, la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 febbraio 2008, 2008/6/CE, che modifica la direttiva 97/67 (GU L 52, pag. 3), ha apportato modifiche sostanziali alla summenzionata direttiva. Per quanto concerne la Danimarca, il termine ultimo per la trasposizione nel diritto interno delle suddette modifiche è stato fissato al 31 dicembre 2010, conformemente all’art. 2 della direttiva 2008/6.


4 —      Va osservato che l’art. 7 della direttiva 2008/6 prevede che gli Stati membri non concedano più diritti esclusivi o speciali per l’instaurazione e la fornitura di servizi postali. Il finanziamento della fornitura del servizio universale dev’essere pertanto garantito da altri strumenti elencati al suddetto articolo o con qualsiasi altro strumento compatibile con il Trattato CE.


5 —      V., in particolare, sentenze 14 febbraio 2008, causa C‑450/06, Varec (Racc. pag. I‑581, punto 23), e 1º luglio 2008, causa C‑49/07, MOTOE (Racc. pag. I‑4863, punto 30).


6 —      Più in particolare, dalla tabella usata dalle autorità danesi competenti in materia di concorrenza e riprodotta nella domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che le quote di mercato in valore della Post Danmark sono passate dal 47% nel 2001 e nel 2002 al 44% nel 2003, per crescere fino al 55% nel 2004.


7 —      Secondo la domanda di pronuncia pregiudiziale, le quote di mercato della FK oscillavano dal 15 al 25% nel 2001, dal 23 al 35% nel 2002, dal 35 al 45% nel 2003 e dal 25 al 35% nel 2004.


8 —      Sentenza 3 luglio 1991, causa C‑62/86 (Racc. pag. I‑3359). Secondo tale punto della sentenza, prezzi inferiori alla media dei costi totali, i quali comprendono i costi fissi e quelli variabili, ma superiori alla media dei costi variabili (che variano in funzione dei quantitativi prodotti), sono da considerare illeciti allorché sono fissati nell’ambito di un disegno inteso ad eliminare un concorrente. Siffatto approccio è stato in particolare confermato nelle sentenze 14 novembre 1996, causa C‑333/94 P, Tetra Pak/Commissione (Racc. pag. I‑5951, punto 41), e 2 aprile 2009, causa C‑202/07 P, France Télécom/Commissione (Racc. pag. I‑2369, punto 109).


9 —      In base al ragionamento della Corte di cui ai punti 70‑72 della citata sentenza Akzo/Commissione, nel caso in cui i prezzi praticati fossero stati inferiori ai costi incrementali medi, la prova dell’esistenza di una strategia di esclusione non sarebbe stata necessaria, in quanto tali prezzi sarebbero stati considerati di per sé predatori.


10 —      V., al riguardo, in particolare, N. Mouy, «Coûts incrémentaux: Retour sur les avantages concurrentiels du secteur public. Les spécificités des approches communautaire et française: un point de vue d’un régulateur», Concurrences, 2-2005, n. 1476, pag. 13.


11 —      GU L 125, pag. 27, in prosieguo la «decisione Deutsche Post».


12 —      V. altresì, al riguardo, la valutazione illustrata dal Tribunale in merito a tale decisione nella sentenza 30 gennaio 2007, causa T‑340/03, France Télécom/Commissione (Racc. pag. II‑107, punto 249). L’impugnazione di detta sentenza dinanzi alla Corte (causa all’origine della sentenza 2 aprile 2009, France Télécom/Commissione, cit.) non riguardava tale punto.


13 —      Decisione Deutsche Post (punti 6, 9 e nota 7). Si noti altresì che nella causa da cui è scaturita la sentenza del Tribunale 12 settembre 2007, causa T‑60/05, Ufex e a./Commissione (Racc. pag. II‑3397, punto 161), la Commissione ha altresì indicato che la verifica di un abuso di posizione dominante commesso dalle Poste francesi sul mercato del corriere espresso avrebbe richiesto di verificare se le tariffe fatturate da detta impresa per i servizi infrastrutturali forniti alla sua controllata operante sul detto mercato fossero inferiori o pari ai costi incrementali della fornitura di tali servizi, ossia determinare i costi che sono legati esclusivamente alla prestazione di un servizio specifico e che cessano di esistere una volta che il suddetto servizio cessa di essere fornito. Senza richiamare il termine «incrementale», ciò è quanto, in sostanza, mira a garantire l’art. 14 della direttiva 67/97 pretendendo dagli Stati membri l’obbligo nei confronti degli operatori postali incaricati del servizio universale di adottare una contabilità analitica tale da ripartire i costi direttamente attribuiti a un servizio o a un prodotto particolare nonché i costi comuni secondo le modalità previste da tale disposizione.


14 —      Decisione Detusche Post (punti 9 e 10).


15 —      V., tra gli altri, J. Temple Lang e R. O’Donoghue, «Defining Legitimate Competition: How to Clarify Pricing Abuses under Article 82 EC», Fordham International Law Journal, n. 83, 2002, pag. 86; D. Geradin e N. Petit, «Price Discrimination under EC Competition Law: Another Antitrust Doctrine in Search of Limiting Principles?», Journal of Competition Law and Economics, n. 3, 2006, pag. 487 e segg.


16 —      V., in particolare, in tal senso, sentenze 21 febbraio 1973, causa 6/72 Europemballage e Continental Can/Commissione (Racc. pag. 215, punto 26); 16 marzo 2000, cause riunite C‑395/96 P e C‑396/96 P, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione (Racc. pag. I‑1365, punto 112); 15 marzo 2007, causa C‑95/04 P, British Airways/Commissione (Racc. pag. I‑2331, punto 57); 14 ottobre 2010, causa C‑280/08 P, Deutsche Telekom/Commissione (Racc. pag. I‑9555, punto 173), e 17 febbraio 2011, causa C‑52/09, TeliaSonera Sverige (Racc. pag. I‑527, punto 26).


17 —      V., in tal senso, sentenze 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffman-La Roche/Commissione (Racc. pag. 461, punto 91); 9 novembre 1983, causa 322/81, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione (Racc. pag. 3461, punto 70); le citate sentenze AKZO/Commissione (punto 69), British Airways/Commissione (punto 66), 2 aprile 2009, France Télécom/Commissione (punto 104), Deutsche Telekom/Commissione (punto 174) e TeliaSonera Sverige (punto 27).


18 —      V., in particolare, le citate sentenze 2 aprile 2009, France Télécom/Commissione (punto 105); Deutsche Telekom/Commissione (punto 176), nonché, in tal senso, TeliaSonera Sverige (punto 24).


19 —      V., in particolare, sentenza Akzo/Commissione, cit. (punto 70).


20 —      V., in tal senso, le citate sentenze Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione (punto 73), Deutsche Telekom (punto 175) e TeliaSonera Sverige (punto 28).


21 —      Decisione della Commissione 14 dicembre 1985, 85/609/CEE, relativa ad una procedura in applicazione dell’articolo 86 del trattato CEE (IV/30.698 - ECS/Akzo) (GU L 374, pag. 1).


22 —      Sentenza Akzo/Commissione, cit. (punti 9 e 111).


23 —      Ibidem (punti 59‑61). Va osservato che, dopo un esame dettagliato della fondatezza della decisione della Commissione, l’avvocato generale Lenz aveva invece concluso che la Commissione non aveva dimostrato che la Akzo detenesse una posizione dominante sul mercato di cui trattavasi (v. paragrafi 62‑124 delle conclusioni presentate il 19 aprile 1989 nella causa da cui è scaturita la sentenza Akzo/Commissione, cit.).


24 —      Ibidem (punto 113).


25 —      Sentenza cit. (punto 114).


26 —      Sentenze del Tribunale 8 ottobre 1996, cause riunite da T‑24/93 a T‑26/93 e T‑28/93 (Racc. pag. II‑1201), e della Corte, cit.


27 —      Sentenze del Tribunale 7 ottobre 1999, causa T‑228/97 (Racc. pag. II‑2969), e della Corte 10 luglio 2001, causa C‑497/99 P (Racc. pag. I‑5333).


28 —      Desidero altresì osservare che la Commissione ha seguito un approccio non fondato sui costi nella sua decisione 22 dicembre 1987, 88/138/CEE relativa ad una procedura in applicazione dell’articolo 86 del trattato CEE (IV/30.787-31.488 - Eurofix-Bauco contro Hilti) (GU 1988, L 65, pag. 19). In questo caso si discuteva su una serie di pratiche discriminatorie e selettive da parte della Hilti miranti a dissuadere la clientela dall’acquisto presso i suoi concorrenti di chiodi per le pistole sparachiodi di propria produzione, mercato in cui tale impresa deteneva una quota pari a circa il 70‑80%. Tra le pratiche ritenute abusive dalla Commissione, figuravano sconti ad alcuni tra i principali clienti dei concorrenti della Hilti che producevano chiodi compatibili con le sue pistole sparachiodi, offerte di cui essa non faceva in alcun modo beneficiare i propri clienti che le acquistavano quantitativi analoghi o equivalenti. In questa decisione la Commissione aveva ritenuto che tali offerte speciali non costituissero una reazione diretta di difesa nei confronti dei concorrenti, ma riflettevano la politica prestabilita dalla Hilti con la quale tentava di limitare la loro entrata sul mercato dei chiodi compatibili con i propri prodotti (punto 80 della decisione). L’istituzione aggiungeva che «[l]’abuso, nel presente caso, non dipende dal fatto che i prezzi siano inferiori ai costi [comunque definiti (…)], ma deriva piuttosto dal fatto che, in ragione della sua posizione dominante, Hilti era in grado di offrire prezzi speciali discriminatori ai clienti dei suoi concorrenti nell’intento di pregiudicare la loro attività mantenendo contemporaneamente prezzi più elevati per i propri clienti» (punto 81 della decisione). Nel ricorso di annullamento introdotto avverso tale decisione (sentenza del Tribunale 12 dicembre 1991, causa T‑30/89, Hilti/Commissione, Racc. pag. II‑1439), la Hilti ha sviluppato, in parte, una tesi assai generica e non specificamente incentrata sugli sconti tariffari selettivi, respinta dal Tribunale al punto 100 della sua sentenza, e, altrettanto in parte, ha ammesso di avere effettivamente attuato alcuni tra i comportamenti addebitati, ciò che il Tribunale è stato semplicemente indotto a osservare (v. punto 101 della stessa sentenza). L’impugnazione dinanzi alla Corte (sentenza 2 marzo 1994, causa C‑53/92 P, Hilti/Commissione, Racc. pag. I‑667) non riguardava, dal canto suo, la valutazione esposta nei suddetti punti della sentenza del Tribunale.


29 —      Decisione 22 dicembre 1992, 93/82/CEE, relativa ad un procedimento in forza degli articoli 85 del trattato CEE (IV/32.448 e IV/32.450: Cewal, Cowac, Ukwal) e 86 del trattato CEE (IV/32.448 e IV/32.450: Cewal) (GU L 34, pag. 20).


30 —      Sentenza del Tribunale, cit. (punti 139 e 141).


31 —      Sentenza cit. (punto 147).


32 —      Ibidem (punto 148).


33 —      Ibidem (punto 149).


34 —      V. sentenza della Corte, cit. (punti 146 e 147 e punto 1 del dispositivo).


35 —      Sentenza della Corte, cit. (punti 114‑116).


36 —      Ibidem (punto 117).


37 —      Decisione 14 maggio 1997, 97/624/CE, relativa ad una procedura a norma dell’articolo 86 del trattato CE (IV/34.621, 35.059/F-3/Irish Sugar plc) (GU L 258, pag. 1).


38 —      V. punti 133‑135 della suddetta decisione.


39 —      Sentenza cit. (punto 182).


40 —      Ibidem (punto 183).


41 —      Ibidem.


42 —      Ibidem (punti 184‑192)


43 —      Ibidem (punto 188).


44 —      Ibidem (punto 189).


45 —      Ibidem (punto 191).


46 —      Al punto 126 di tale sentenza, il Tribunale dà atto dell’affermazione delle ricorrenti secondo cui la quota di mercato di G&C era passata dal 2 al 25% durante il periodo considerato. Questa affermazione non è stata inficiata nella parte restante della motivazione della sentenza (v., in particolare al riguardo, punto 149 della detta sentenza).


47 —      V., al riguardo, paragrafo 57 delle presenti conclusioni.


48 —      Conclusioni presentate il 29 ottobre 1998 (paragrafi 135‑137). Più di recente, la Corte ha altresì evidenziato siffatta caratteristica del potere di mercato della Cewal nella causa da cui è scaturita la sentenza Compagnie maritime belge transports e a./Commissione (v. sentenza TeliaSonera Sverige, punto 81, cit.).


49 —      V. sentenza del Tribunale, Irish Sugar/Commissione, cit. (punto 185).


50 —      V., in tal senso, cit. sentenza TeliaSonera Sverige (punti 44 e 45).


51 —      Nella fattispecie, all’udienza la Post Danmark ha in particolare ribadito che la risoluzione anticipata di un contratto di distribuzione di posta non indirizzata da parte di uno dei suoi clienti non prevedeva l’applicazione di nessuna penale ed era subordinato unicamente al preavviso di un mese. Tale situazione divergerebbe dunque assai chiaramente da quella della causa da cui è scaturita la citata sentenza Compagnie maritime belge transports e a. (punto 117) in cui la Corte ha particolarmente insistito sul fatto che l’impresa dominante offrisse prezzi bassi ai clienti del suo concorrente mentre poteva continuare a chiedere agli utenti prezzi superiori per i servizi non minacciati da tale concorrenza.


52 —      V., sotto il profilo generale, tra gli altri, V. Thouvenin, «Coûts incrémentaux: retour sur les avantages concurrentiels du secteur public. Éléments de définition des coûts incrémentaux dans le contexte d’une stratégie de prédation: point de vue d’un économiste», Concurrences, op. cit., pag. 11.


53 —      V., al riguardo, in particolare, i lavori di G.R. Faulhaber, «Cross-Subsidization: Pricing in Public Enterprises», American Economic Review, 1975, n. 5, pag. 966, e «Cross-Subsidy Analysis with more than two services», Journal of Competition Law and Economics, 2005, n. 3, pag. 441, che fornisce la seguente definizione: «the stand-alone cost of any service or group of services of an enterprise is the cost of providing that service (at the existing or ‘test’ demand level) or group of services by themselves, without any other service that is provided by the enterprise». V. altresì V. Thouvenin, op. cit., pag. 11.