Language of document : ECLI:EU:T:2021:716

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

20 ottobre 2021 (*)

«Funzione pubblica – Funzionari – Procedimento disciplinare – Articolo 266 TFUE – Indagini amministrative – Principio di buona amministrazione – Principio di imparzialità – Ricorso di annullamento e per risarcimento danni»

Nella causa T‑220/20,

Petrus Kerstens, residente a La Forclaz (Svizzera), rappresentato da C. Mourato, avvocato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da B. Mongin e A.-C. Simon, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 270 TFUE e diretta, da un lato, all’annullamento della nota della Commissione del 27 marzo 2017 con cui il ricorrente veniva informato della riapertura di un procedimento disciplinare e della decisione dell’11 luglio 2019 con cui gli veniva rivolto un ammonimento e, dall’altro, al risarcimento del preteso danno da lui subito a seguito dell’espletamento e della durata di tre procedimenti disciplinari,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da R. da Silva Passos, presidente, V. Valančius (relatore) e L. Truchot, giudici,

cancelliere: L. Ramette, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 aprile 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il ricorrente, Petrus Kerstens, è un ex funzionario della Commissione europea. Egli lavorava presso l’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» (PMO), di cui era capo unità tra il 2003 e il 2011, poi come consigliere assegnato alla direzione generale (DG) «Risorse umane e sicurezza». È in pensione dal 1° aprile 2016.

2        In primo luogo, in data 20 luglio 2012, nel contesto del componimento di un contenzioso fra lui e la Commissione, il ricorrente redigeva una nota interna, in seguito alla quale la Commissione decideva di avviare un procedimento disciplinare recante il riferimento CMS 12/063, in quanto tale nota conteneva espressioni ritenute offensive. Tale procedimento sfociava nell’adozione della decisione del 15 aprile 2014 con cui veniva inflitta al ricorrente una nota di biasimo (in prosieguo: la «decisione del 15 aprile 2014»).

3        Con sentenza del 18 marzo 2016, Kerstens/Commissione (F‑23/15, EU:F:2016:65), il Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea respingeva il ricorso proposto contro la decisione del 15 aprile 2014.

4        Avverso tale sentenza, il ricorrente proponeva un’impugnazione che il Tribunale accoglieva con sentenza del 14 febbraio 2017, Kerstens/Commissione (T‑270/16 P, non pubblicata, EU:T:2017:74).

5        Al riguardo, il Tribunale rilevava, ai punti da 62 a 70 della sentenza del 14 febbraio 2017, Kerstens/Commissione (T‑270/16 P, non pubblicata, EU:T:2017:74), che il procedimento disciplinare CMS 12/063 era stato avviato senza previa indagine amministrativa, senza previa audizione del ricorrente e senza che una relazione d’indagine fosse stata debitamente redatta in esito a tale indagine, in violazione degli obblighi a cui la Commissione era tenuta. Ai punti 88 e 89 della detta sentenza, esso ne deduceva che il procedimento disciplinare, che avrebbe dovuto essere esperito dall’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») sul fondamento di tale indagine e di una relazione conclusiva della stessa nonché previa audizione del ricorrente, era stata sostanzialmente viziata da tali inosservanze, di talché non poteva escludersi che tale procedimento avrebbe potuto condurre ad un esito diverso se le norme ad esso applicabili fossero state rispettate e se il ricorrente fosse stato ascoltato. Di conseguenza, il Tribunale annullava la decisione del 15 aprile 2014.

6        Con nota del 6 aprile 2017, l’APN rendeva noto al ricorrente che, a titolo di esecuzione della sentenza del 14 febbraio 2017, Kerstens/Commissione (T‑270/16 P, non pubblicata, EU:T:2017:74), essa aveva dato istruzioni all’Ufficio di indagine e disciplina (IDOC) della Commissione, da un lato, di riaprire il procedimento disciplinare CMS 12/063 ab initio e con un nuovo numero CMS e, dall’altro, di ritirare dal fascicolo personale del ricorrente la sanzione della nota di biasimo inflitta a quest’ultimo con la decisione del 15 aprile 2014.

7        Il 18 aprile 2017, il ricorrente presentava un reclamo contro la nota dell’APN del 6 aprile 2017.

8        Il 25 luglio 2017, l’APN respingeva il detto reclamo.

9        In secondo luogo, il 7 settembre 2015, in ragione di sospetti di divulgazione di informazioni riservate ad un destinatario esterno all’istituzione, l’APN decideva di avviare nei confronti del ricorrente un altro procedimento disciplinare, recante il riferimento CMS 15/017. La commissione di disciplina pronunciava, il 7 aprile 2016, un parere motivato, nel quale essa considerava che il ricorrente non aveva rispettato il suo dovere di lealtà e che l’irrogazione di una sanzione disciplinare comportante conseguenze pecuniarie era giustificata. Tuttavia, a seguito dell’impugnazione proposta dal ricorrente avverso la sentenza del 18 marzo 2016, Kerstens/Commissione (F‑23/15, EU:F:2016:65), l’APN decideva di sospendere tale procedimento disciplinare in attesa dell’esito di detta impugnazione e ne informava il ricorrente con nota del 19 settembre 2016.

10      Con nota del 27 marzo 2017, la Commissione rendeva noto al ricorrente che, a seguito della sentenza del 14 febbraio 2017, Kerstens/Commissione (T‑270/16 P, non pubblicata, EU:T:2017:74), il procedimento disciplinare CMS 15/017 era stato riaperto e che, alla luce del fatto che l’IDOC non aveva proceduto ad un’indagine amministrativa precedente l’audizione del ricorrente ai sensi dell’articolo 3 dell’allegato IX dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), essa aveva dato istruzioni all’IDOC di riaprire tale procedimento disciplinare nella fase in cui era intervenuta tale irregolarità, dello stesso tipo di quella accertata dal Tribunale relativamente al procedimento CMS 12/063. Il reclamo presentato il 18 aprile 2017 dal ricorrente contro tale nota veniva respinto dall’APN il 25 luglio 2017.

11      Il 10 novembre 2017, il ricorrente proponeva un ricorso di annullamento contro la suddetta nota del 27 marzo 2017 nonché contro quella del 6 aprile 2017 di cui al precedente punto 6. Con ordinanza del 26 giugno 2018, Kerstens/Commissione (T‑757/17, non pubblicata, EU:T:2018:391), il Tribunale dichiarava che le note impugnate non costituivano atti arrecanti pregiudizio in quanto esse dovevano essere qualificate come atti preparatori nell’ambito di procedimenti disciplinari in corso. Tale ordinanza veniva confermata in sede di impugnazione con l’ordinanza del 22 gennaio 2019, Kerstens/Commissione (C‑577/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:129).

12      In terzo luogo, il 27 settembre 2016, l’APN avviava un distinto procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente, con il riferimento CMS 16/009, vertente su «comportamenti non conformi allo Statuto» adottati dall’interessato nei confronti di membri dell’amministrazione nel contesto del procedimento disciplinare CMS 15/017.

13      Con nota del 21 giugno 2017, l’IDOC comunicava al ricorrente i mandati d’indagine nei procedimenti CMS 15/017 (divenuto CMS 17/009) e CMS 12/063 (divenuto CMS 17/010). Su domanda del ricorrente, l’audizione di questi nell’ambito di tali procedimenti e nell’ambito del procedimento CMS 16/009 veniva più volte rinviata. Il 4 aprile 2018, l’IDOC notificava al ricorrente una nota sui fatti contestati invitando quest’ultimo a comunicare le sue osservazioni entro un termine di dieci giorni. La relazione d’indagine amministrativa veniva trasmessa alla DG «Risorse umane e sicurezza» il 1° agosto 2018. L’audizione del ricorrente avveniva il 28 gennaio 2019.

14      Con decisione dell’11 luglio 2019 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), conclusiva dei procedimenti CMS 16/009, CMS 17/009 e CMS 17/010, l’APN constatava che il comportamento del ricorrente costituiva un’infrazione agli articoli 11, 12 e 17 dello Statuto. Essa decideva tuttavia di non avviare alcun procedimento disciplinare nei suoi confronti e di rivolgergli un ammonimento ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato IX dello Statuto.

15      Il 29 agosto 2019, il ricorrente presentava un reclamo contro tale decisione. Detto reclamo veniva respinto con decisione dell’APN del 19 dicembre 2019.

 Procedimento e conclusioni delle parti

16      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 aprile 2020, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

17      La fase scritta del procedimento è stata conclusa il 4 novembre 2020.

18      Il 30 novembre 2020, il ricorrente ha chiesto che fosse tenuta un’udienza, in forza dell’articolo 106 del regolamento di procedura del Tribunale.

19      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Settima Sezione) ha accolto la domanda del ricorrente e ha avviato la fase orale del procedimento.

20      Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti rivolti dal Tribunale sono state sentite all’udienza del 22 aprile 2021.

21      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nonché la nota dell’APN del 27 marzo 2017 con cui egli veniva informato della riapertura del procedimento CMS 15/017 (divenuto CMS 17/009);

–        condannare la Commissione a versargli la somma di EUR 30 000 a titolo di risarcimento del preteso danno morale subito;

–        condannare la Commissione alle spese.

22      La Commissione chiede, sostanzialmente, che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in toto;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla domanda di annullamento

23      In via preliminare, si deve ricordare che, con l’ordinanza del 26 giugno 2018, Kerstens/Commissione (T‑757/17, non pubblicata, EU:T:2018:391), il Tribunale ha già dichiarato che la nota del 27 marzo 2017 non costituiva un atto arrecante pregiudizio. Pertanto, si deve constatare che la domanda di annullamento di tale nota è irricevibile.

24      A sostegno della sua domanda di annullamento, il ricorrente deduce tre motivi. In un primo motivo, egli fa valere una violazione dell’articolo 266 TFUE in quanto la Commissione avrebbe adottato misure inadeguate per l’esecuzione della sentenza del 14 febbraio 2017, Kerstens/Commissione (T‑270/16 P, non pubblicata, EU:T:2017:74), riguardante la decisione del 15 aprile 2014 con cui gli era stata inflitta una nota di biasimo nell’ambito del procedimento disciplinare CMS 12/063 (divenuto CMS 17/010) e avrebbe violato il principio del ne bis in idem. In un secondo motivo, egli fa valere una violazione dell’articolo 266 TFUE, del principio di buona amministrazione, da cui discende l’obbligo di trattazione equa ed imparziale delle questioni, del principio di presunzione di innocenza e dei diritti della difesa. Infine, in un terzo motivo, egli fa valere una violazione dell’articolo 266 TFUE, delle norme di procedura applicabili alle indagini amministrative e ai procedimenti disciplinari, dei diritti della difesa e dell’obbligo di motivazione.

25      Il Tribunale ritiene che occorra esaminare innanzitutto il secondo motivo.

26      Nell’ambito di tale motivo, il ricorrente fa valere, in sostanza, che ogni nuovo procedimento deve offrire garanzie di imparzialità e di equità, come richiesto dal principio di buona amministrazione sancito all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Egli sottolinea che il principio di imparzialità presenta un duplice profilo, soggettivo e oggettivo, che impone all’autorità disciplinare, da un lato, di non manifestare con i suoi comportamenti alcuna opinione preconcetta o alcun pregiudizio personale e, dall’altro, di essere oggettivamente imparziale offrendo tutte le garanzie sufficienti per escludere qualsiasi legittimo dubbio a tale riguardo.

27      Secondo il ricorrente, la riapertura dei procedimenti disciplinari nel caso di specie ha avuto come conseguenza che, in violazione dei principi menzionati al precedente punto 26, le stesse autorità amministrative e gli stessi responsabili hanno dovuto riesaminare casi da essi già trattati.

28      Il ricorrente sostiene inoltre che, riunendo ai fini di un’unica indagine i tre procedimenti disciplinari CMS 12/063 (divenuto CMS 17/010), CMS 15/017 (divenuto CMS 17/009) e CMS 16/009, l’APN è venuta meno al suo dovere di imparzialità oggettiva. Infatti, tale riunione dei procedimenti tradurrebbe la volontà dell’APN di aggravare gli addebiti nei confronti del ricorrente e di far esaminare il procedimento CMS 12/063 (divenuto CMS 17/010) da una commissione di disciplina. Secondo il ricorrente, le tre indagini amministrative sono state espletate in maniera distinta e solo nella fase della conclusione di tali indagini le tre relazioni sono state riunite come allegati alla relazione finale unica dell’IDOC.

29      Il ricorrente rileva infine che la responsabile delle indagini in seno all’IDOC per i due procedimenti disciplinari CMS 12/063 (divenuto CMS 17/010) e CMS 15/017 (divenuto CMS 17/009) è l’autrice della denuncia dei fatti esaminati nell’ambito di quest’ultimo procedimento. Egli contesta la sua imparzialità soggettiva nonché quella della direttrice generale della DG «Risorse umane e sicurezza», implicata in vari procedimenti che lo riguardano. Egli contesta altresì l’imparzialità oggettiva del procedimento di indagine unico a seguito della partecipazione a tale indagine, in qualità di responsabile della conduzione di quest’ultima, della detta denunciante.

30      La Commissione sostiene che i tre procedimenti disciplinari riguardanti il ricorrente sono stati riuniti per scrupolo di economia procedurale. Secondo la Commissione, così procedendo, l’IDOC e l’APN non hanno cercato di aggravare la posizione del ricorrente o di agire a suo detrimento, ma, al contrario, hanno permesso a quest’ultimo di subire un semplice ammonimento per l’insieme dei fatti che hanno dato luogo a tali tre procedimenti.

31      La Commissione sostiene, relativamente alla contestazione dell’imparzialità della responsabile delle indagini nonché di quella della direttrice generale della DG «Risorse umane e sicurezza», che il ricorrente riporta solo insinuazioni o timori non verificabili. Lo stesso vale, secondo la Commissione, per la contestazione dell’imparzialità del procedimento di indagine a seguito della partecipazione all’indagine, in qualità di responsabile di quest’ultima, dell’autrice della denucia dei fatti che hanno dato luogo al procedimento CMS 15/017 (divenuto CMS 17/009).

32      Occorre ricordare che l’articolo 41 della Carta, che, in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, TUE, ha lo stesso valore giuridico dei Trattati, sancisce il diritto ad una buona amministrazione. Tale diritto comporta, ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, in particolare, il diritto di ogni persona a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale dalle istituzioni, dagli organi e organismi dell’Unione europea.

33      Secondo la giurisprudenza, l’amministrazione è tenuta, in forza del principio di buona amministrazione, ad esaminare con cura e imparzialità tutti gli elementi rilevanti del caso di specie di cui è investita e a raccogliere tutti gli elementi di fatto e di diritto necessari all’esercizio del suo potere discrezionale nonché a garantire il buon svolgimento e l’efficacia delle procedure da essa attuate (v. sentenza del 26 settembre 2014, B&S Europe/Commissione, T‑222/13, non pubblicata, EU:T:2014:837, punto 39 e giurisprudenza citata).

34      Occorre altresì ricordare che l’obbligo di imparzialità riguarda, da un lato, il profilo soggettivo, nel senso che nessuno dei membri dell’istituzione interessata incaricato della questione deve manifestare opinioni preconcette o pregiudizi personali e, dall’altro, il profilo oggettivo, nel senso che l’istituzione è tenuta a offrire garanzie sufficienti per escludere al riguardo qualsiasi legittimo dubbio (v. sentenza del 7 novembre 2019, ADDE/Parlamento, T‑48/17, EU:T:2019:780, punto 43 e giurisprudenza citata). Nell’ambito dell’esame dell’imparzialità di un procedimento collegiale, il fatto che i dubbi sulle apparenze di imparzialità riguardino una sola persona all’interno di un organo collegiale non è necessariamente decisivo, tenuto conto del fatto che tale persona avrebbe potuto esercitare un’influenza decisiva durante le deliberazioni (sentenza del 7 novembre 2019, ADDE/Parlamento, T‑48/17, EU:T:2019:780, punto 58).

35      Per quanto riguarda l’imparzialità soggettiva, risulta dalla giurisprudenza che tale imparzialità è presunta fino a prova contraria (v. sentenza del 27 novembre 2018, Mouvement pour une Europe des nations e des libertés/Parlamento, T‑829/16, EU:T:2018:840, punto 49 e giurisprudenza citata).

36      Al riguardo, occorre rilevare che, nella fattispecie, il ricorrente non ha fornito alcun elemento di prova che portasse a dubitare dell’imparzialità soggettiva del procedimento d’indagine.

37      Per quanto riguarda l’imparzialità oggettiva di un’indagine, ne è già stato riconosciuto dal Tribunale il venir meno quando era stato dimostrato che, anteriormente all’avvio dell’indagine, uno degli inquirenti era a conoscenza dei fatti oggetto di quest’ultima, essendo stato consultato personalmente da un denunciante, e l’istituzione avrebbe potuto designare come inquirente una persona non avente alcuna previa conoscenza dei fatti e non tale quindi da ingenerare alcun legittimo dubbio quanto alla sua imparzialità nei confronti dell’altra parte (v., in questo senso, sentenza del 20 settembre 2019, UZ/Parlamento, T‑47/18, con impugnazione pendente, EU:T:2019:650, punti da 51 a 56).

38      Nella fattispecie, è pacifico che la persona responsabile della conduzione dell’indagine unica avviata per i tre procedimenti CMS 16/009, CMS 15/017 (divenuto CMS 17/009) e CMS 12/063 (divenuto CMS 17/010) è quella che aveva denunciato i fatti che avevano formato oggetto del procedimento CMS 15/017 (divenuto CMS 17/009), e cioè la capo unità «HR IDOC 1».

39      Inoltre, è provato che la detta denunciante ha potuto svolgere un ruolo attivo successivo nella conduzione dell’indagine espletata nell’ambito del procedimento CMS 15/017 (divenuto CMS 17/009), nella sua qualità di persona incaricata di dirigere l’indagine unica per i tre procedimenti disciplinari. Infatti, da un lato, con nota del 21 giugno 2017, tale persona ha precisato al ricorrente di aver ricevuto, il 1° giugno 2017, mandato a dirigere la detta indagine e ha nominato a tal fine due inquirenti. Dall’altro lato, la relazione finale di indagine è stata firmata di suo pugno, il che dimostra la sua partecipazione effettiva all’indagine.

40      Al riguardo, la Commissione ha ammesso all’udienza che, anche se il ruolo attivo di tale persona non era precisamente accertato, nella sua qualità di responsabile incaricato del controllo, della qualità e della completezza dell’indagine in questione, ella aveva la possibilità di intervenire in occasione della ricezione del progetto di indagine.

41      Nello stesso senso, è già stato dichiarato che un inquirente esercita i propri poteri di indagine sotto l’autorità del responsabile dell’indagine amministrativa, il quale può rivolgergli istruzioni (sentenza del 5 ottobre 2020, Broughton/Eurojust, T‑87/19, non pubblicata, EU:T:2020:464, punto 70). Ne consegue che la funzione di responsabile di un’indagine amministrativa non si limita ad una posizione passiva e lascia sempre a quest’ultimo la facoltà di intervenire nell’ambito di un’indagine in corso.

42      Pertanto, si deve ritenere che la situazione in esame, caratterizzata dall’identità di persone constatata al precedente punto 38, presentava il rischio oggettivo che la persona responsabile della conduzione dell’indagine unica potesse avere un’opinione preconcetta o un pregiudizio sul coinvolgimento del ricorrente nei fatti a lui contestati nell’ambito del procedimento CMS 15/017 (divenuto CMS 17/009) prima ancora che l’indagine si svolgesse. Alla luce, in particolare, del ruolo della detta persona nello svolgimento dell’indagine e della possibile influenza da parte sua sul contenuto della relazione finale di quest’ultima, si deve ritenere che una situazione del genere possa ingenerare nel ricorrente dubbi legittimi quanto all’imparzialità oggettiva di tale indagine. A tale riguardo, secondo la giurisprudenza della Corte, il Tribunale non è tenuto a verificare se la responsabile della conduzione dell’indagine unica nutrisse effettivamente un pregiudizio nei confronti del ricorrente, essendo sufficiente che sussista un dubbio legittimo e che questo non possa essere dissipato (v., in questo senso, sentenza del 27 marzo 2019, August Wolff e Remedia/Commissione, C‑680/16 P, EU:C:2019:257, punto 37).

43      Di conseguenza, il ricorrente può legittimamente sostenere che la Commissione non ha impostato il procedimento di indagine condotto al momento della riapertura dei tre procedimenti disciplinari in maniera tale da offrirgli garanzie sufficienti quanto all’imparzialità oggettiva di tale procedimento. Detta circostanza è tale da viziare il procedimento disciplinare nel suo insieme.

44      Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, perché un’irregolarità procedurale possa giustificare l’annullamento di un atto, occorre che, in assenza di tale irregolarità, la procedura potesse sfociare in un risultato diverso (v., in questo senso, sentenza del 14 febbraio 2017, Kerstens/Commissione, T‑270/16 P, non pubblicata, EU:T:2017:74, punto 74 e giurisprudenza citata).

45      Nell’ambito di questo esame si deve tener conto di tutte le circostanze del caso di specie e, in particolare, della natura degli addebiti e dell’entità delle irregolarità procedurali commesse rispetto alle garanzie di cui il funzionario ha potuto beneficiare (sentenza del 15 aprile 2015, Pipiliagkas/Commissione, F‑96/13, EU:F:2015:29, punto 65).

46      Orbene, il procedimento disciplinare contemplato dall’allegato IX dello Statuto prevede due fasi distinte. La prima fase è costituita dallo svolgimento di un’indagine amministrativa imparziale, avviata da una decisione dell’APN, seguita dalla redazione di una relazione d’indagine e chiusa, previa audizione dell’interessato sui fatti a lui contestati, da conclusioni tratte dalla detta relazione. La seconda fase è costituita dal procedimento disciplinare in senso proprio, iniziato dall’APN sulla base di tale relazione di indagine, e consiste o nell’avvio di un procedimento disciplinare senza consultazione della commissione di disciplina, o nell’adizione della detta commissione, sulla base di una relazione redatta dall’APN in relazione alle conclusioni dell’indagine e delle osservazioni presentate dalla persona interessata riguardo a quest’ultima.

47      Ne consegue che l’indagine amministrativa svolge un ruolo importante ed è tale da influenzare il procedimento disciplinare. Infatti, è sul fondamento di tale indagine e dell’audizione del funzionario interessato che l’APN valuta, in primo luogo, se occorra avviare un procedimento disciplinare, in secondo luogo, se quest’ultimo debba condurre, se del caso, all’adizione della commissione di disciplina e, in terzo luogo, qualora essa avvii il procedimento dinanzi alla commissione di disciplina, i fatti sottoposti all’esame della detta commissione.

48      Pertanto, non può essere escluso che, se l’indagine amministrativa fosse stata condotta con tutte le garanzie di imparzialità, la detta indagine avrebbe potuto comportare una diversa valutazione dei fatti e, quindi, dar luogo a conseguenze diverse (v., in questo senso, sentenza del 14 febbraio 2017, Kerstens/Commissione, T‑270/16 P, non pubblicata, EU:T:2017:74, punto 82).

49      Di conseguenza, il ricorrente poteva nutrire legittimi dubbi sull’imparzialità oggettiva dell’indagine e, pertanto, dei procedimenti disciplinari a cui è stato sottoposto.

50      Alla luce di quanto precede, si deve accogliere il secondo motivo e, di conseguenza, annullare la decisione impugnata, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi fatti valere dal ricorrente.

 Sulla domanda risarcitoria

51      Il ricorrente chiede al Tribunale di condannare la Commissione a versargli una somma totale di EUR 30 000 a titolo di risarcimento del preteso danno morale da lui subito. Egli sostiene che i tre procedimenti disciplinari controversi, durati rispettivamente circa otto anni, sei anni e quattro anni, gli hanno causato stress nonché problemi di salute. Inoltre, egli sostiene che essi hanno arrecato pregiudizio alla sua reputazione e alla sua onorabilità, mentre la sua carriera era stata irreprensibile sino al loro verificarsi.

52      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente e conclude per il rigetto della domanda risarcitoria.

53      Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante nel settore della funzione pubblica, l’insorgere della responsabilità dell’Unione presuppone il coesistere di un insieme di condizioni, e cioè l’illegittimità del comportamento ascritto all’istituzione interessata, il carattere effettivo del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra l’asserito comportamento e il danno lamentato (v., in questo senso, sentenze del 1° giugno 1994, Commissione/Brazzelli Lualdi e a., C‑136/92 P, EU:C:1994:211, punto 42, e del 16 dicembre 2010, Commissione/Petrilli, T‑143/09 P, EU:T:2010:531, punto 45 e giurisprudenza citata). Tali tre condizioni sono cumulative, il che implica che, qualora una di esse non sia soddisfatta, la responsabilità dell’Unione non può essere accertata (v. sentenza del 26 ottobre 2017, Paraskevaidis/Cedefop, T‑601/16, EU:T:2017:757, punto 78 e giurisprudenza citata).

54      Ne consegue che, persino qualora sia dimostrato l’illecito di un’istituzione o di un organo o di un organismo dell’Unione, la responsabilità dell’Unione sorge segnatamente solo se il ricorrente è riuscito a dimostrare l’effettività del danno (v. sentenza del 26 ottobre 2017, Paraskevaidis/Cedefop, T‑601/16, EU:T:2017:757, punto 79 e giurisprudenza citata).

55      Occorre altresì ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’annullamento di un atto viziato da illegittimità può costituire, di per sé, la riparazione adeguata e, in linea di massima, sufficiente di qualunque danno morale eventualmente provocato da tale atto (v., in questo senso, sentenze del 9 luglio 1987, Hochbaum e Rawes/Commissione, 44/85, 77/85, 294/85 e 295/85, EU:C:1987:348, punto 22, e del 9 novembre 2004, Montalto/Consiglio, T‑116/03, EU:T:2004:325, punto 127 e giurisprudenza citata).

56      Tuttavia, l’annullamento di un atto viziato da illegittimità non può costituire di per sé una riparazione adeguata qualora la parte ricorrente dimostri di aver subito un danno morale separabile dall’illecito su cui si fonda l’annullamento e che non possa essere integralmente riparato da tale annullamento (v. sentenza del 19 novembre 2009, Michail/Commissione, T‑49/08 P, EU:T:2009:456, punto 88 e giurisprudenza citata).

57      Nella fattispecie, occorre constatare che il danno morale asserito dal ricorrente risulta direttamente dall’illecito che vizia il procedimento di indagine avviato all’atto della riapertura dei tre procedimenti disciplinari controversi.

58      Tuttavia, anche se il ricorrente sostiene che i detti procedimenti, a causa della loro durata, gli hanno causato stress nonché problemi di salute e che essi hanno pregiudicato la sua reputazione e la sua onorabilità, egli non fornisce, a sostegno delle sue affermazioni, alcun elemento preciso atto a comprovare il carattere effettivo di tale pregiudizio.

59      Di conseguenza, il Tribunale ritiene che qualsiasi danno morale eventualmente subito dal ricorrente sarà riparato in maniera adeguata e sufficiente con l’annullamento della decisione impugnata.

60      Pertanto, la domanda risarcitoria dev’essere respinta.

61      Da tutte le considerazioni che precedono risulta che il ricorso dev’essere accolto nella parte in cui è diretto all’annullamento della decisione impugnata e, per il resto, respinto.

 Sulle spese

62      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, se ciò appare giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese dell’altra parte.

63      Poiché il ricorso è stato parzialmente accolto, sarà operata un’equa valutazione delle circostanze della causa decidendo che il ricorrente sopporterà un terzo delle proprie spese, rimanendo la quota restante delle sue spese a carico della Commissione, mentre quest’ultima sopporterà inoltre le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della Commissione europea dell’11 luglio 2019 con cui è stato rivolto un ammonimento al sig. Petrus Kerstens è annullata.

2)      Per il resto il ricorso è respinto.

3)      La Commissione sopporterà, oltre alle proprie spese, due terzi delle spese del sig. Kerstens.

da Silva Passos

Valančius

Truchot

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 ottobre 2021.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.