Language of document : ECLI:EU:C:2024:372

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

30 aprile 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Direttiva 2014/41/UE – Ordine europeo di indagine penale – Acquisizione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione – Condizioni di emissione – Servizio di telecomunicazioni cifrate – EncroChat – Necessità della decisione di un giudice – Utilizzo di prove acquisite in violazione del diritto dell’Unione»

Nella causa C‑670/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Landgericht Berlin (Tribunale del Land, Berlino, Germania), con decisione del 19 ottobre 2022, pervenuta in cancelleria il 24 ottobre 2022, nel procedimento penale a carico di

M.N.,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Prechal, K. Jürimäe (relatrice), C. Lycourgos, T. von Danwitz, Z. Csehi e O. Spineanu-Matei, presidenti di sezione, M. Ilešič, J.-C. Bonichot, I. Jarukaitis, A. Kumin, D. Gratsias, M.L. Arastey Sahún e M. Gavalec, giudici,

avvocato generale: T. Ćapeta

cancelliere: D. Dittert, capo unità, e K. Hötzel, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 luglio 2023,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Staatsanwaltschaft Berlino, da R. Pützhoven e J. Raupach, in qualità di agenti;

–        per M.N., da S. Conen, Rechtsanwalt;

–        per il governo tedesco, da J. Möller, P. Busche e M. Hellmann, in qualità di agenti;

–        per il governo ceco, da L. Halajová, M. Smolek, e T. Suchá, in qualità di agenti;

–        per il governo estone, da M. Kriisa, in qualità di agente;

–        per l’Irlanda, da M. Browne, Chief State Solicitor, M.A. Joyce e D. O’Reilly, in qualità di agenti, assistiti da D. Fennelly, BL;

–        per il governo spagnolo, da A. Gavela Llopis e A. Pérez-Zurita Gutiérrez, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, da G. Bain e R. Bénard, B. Dourthe, B. Fodda e T. Stéhelin, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, da M.Z. Fehér, in qualità di agente;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da K. Bulterman, A. Hanje e J. Langer, in qualità di agenti;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per il governo svedese, da F.-L. Göransson e H. Shev, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da H. Leupold, M. Wasmeier e F. Wilman, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 ottobre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, lettera c), dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 31 della direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all’ordine europeo di indagine penale (GU 2014, L 130, pag. 1), nonché sui principi di equivalenza e di effettività.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito del procedimento penale a carico di M.N. e riguarda la legittimità di tre ordini europei di indagine, emessi dalla Generalstaatsanwaltschaft Frankfurt am Main (Procura di generale Francoforte sul Meno, Germania) (in prosieguo: la «Procura generale di Francoforte»).

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2002/58/CE

3        L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU 2002, L 201, pag. 37), dispone quanto segue:

«Gli Stati membri possono adottare disposizioni legislative volte a limitare i diritti e gli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, all’articolo 8, paragrafi da 1 a 4, e all’articolo 9 della presente direttiva, qualora tale restrizione costituisca, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 95/46/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU 1995, L 281, pag. 31)], una misura necessaria, opportuna e proporzionata all’interno di una società democratica per la salvaguardia della sicurezza nazionale (cioè della sicurezza dello Stato), della difesa, della sicurezza pubblica; e la prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dei reati, ovvero dell’uso non autorizzato del sistema di comunicazione elettronica. (...) Tutte le misure di cui al presente paragrafo sono conformi ai principi generali del diritto comunitario, compresi quelli di cui all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, del [TUE].»

 Direttiva 2014/41

4        I considerando 2, da 5 a 8, 19 e 30 della direttiva 2014/41 sono così formulati:

«(2)      A norma dell’articolo 82, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), la cooperazione giudiziaria in materia penale nell’Unione [europea] deve fondarsi sul principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie, il quale, a partire dal Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, è comunemente considerato una pietra angolare della cooperazione giudiziaria in materia penale nell’Unione.

(...)

(5)      In seguito all’adozione delle decisioni quadro [2003/577/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio (GU 2003, L 196, pag. 45)] e [2008/978/GAI del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativa al mandato europeo di ricerca delle prove diretto all’acquisizione di oggetti, documenti e dati da utilizzare nei procedimenti penali (GU 2008, L 350, pag. 72)], è apparso evidente che il quadro esistente per l’acquisizione delle prove è troppo frammentario e complesso. È pertanto necessaria una nuova impostazione.

(6)      Nel programma di Stoccolma, adottato dal Consiglio europeo del 10-11 dicembre 2009, il Consiglio europeo ha considerato di perseguire ulteriormente l’istituzione di un sistema globale di acquisizione delle prove nelle fattispecie aventi dimensione transfrontaliera, basato sul principio del riconoscimento reciproco. Il Consiglio europeo ha rilevato che gli strumenti esistenti nel settore costituiscono una disciplina frammentaria e che è necessaria una nuova impostazione che, pur ispirandosi al principio del riconoscimento reciproco, tenga conto altresì della flessibilità del sistema tradizionale di assistenza giudiziaria. Il Consiglio europeo ha pertanto chiesto la creazione di un sistema globale in sostituzione di tutti gli strumenti esistenti nel settore, compresa la decisione quadro 2008/978/GAI del Consiglio, che contempli per quanto possibile tutti i tipi di prove, stabilisca i termini di esecuzione e limiti al minimo i motivi di rifiuto.

(7)      Tale nuova impostazione si basa su un unico strumento denominato ordine europeo d’indagine (OEI). L’OEI deve essere emesso affinché nello Stato che lo esegue (lo “Stato di esecuzione”) siano compiuti uno o più atti di indagine specifici ai fini dell’acquisizione di prove. Ciò include anche l’acquisizione di prove già in possesso dell’autorità di esecuzione.

(8)      L’OEI dovrebbe avere una portata orizzontale e pertanto dovrebbe applicarsi a tutti gli atti di indagine finalizzati all’acquisizione di prove. Tuttavia, l’istituzione di una squadra investigativa comune e l’acquisizione di prove nell’ambito di tale squadra richiedono disposizioni specifiche, che è più opportuno disciplinare separatamente. Fatta salva l’applicazione della presente direttiva, gli strumenti esistenti dovrebbero pertanto continuare ad applicarsi a questo tipo di atto di indagine.

(...)

(19)      La creazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia nell’Unione si fonda sulla fiducia reciproca e su una presunzione di conformità, da parte di tutti gli Stati membri, al diritto dell’Unione e, in particolare, ai diritti fondamentali. Tuttavia, tale presunzione è relativa. Di conseguenza, se sussistono seri motivi per ritenere che l’esecuzione di un atto di indagine richiesto in un OEI comporti la violazione di un diritto fondamentale e che lo Stato di esecuzione venga meno ai suoi obblighi in materia di protezione dei diritti fondamentali riconosciuti nella Carta [dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la “Carta”)], l’esecuzione dell’OEI dovrebbe essere rifiutata.

(...)

(30)      Le possibilità di cooperare conformemente alla presente direttiva in materia di intercettazione delle telecomunicazioni non dovrebbero essere limitate al contenuto delle telecomunicazioni, ma dovrebbero anche riguardare la raccolta di dati relativi al traffico e all’ubicazione associate a tali telecomunicazioni, in modo che le autorità competenti possano emettere un OEI inteso a ottenere dati meno intrusivi sulle telecomunicazioni. Un OEI volto a ottenere dati storici relativi al traffico e all’ubicazione connessi alle telecomunicazioni dovrebbe rientrare nel regime generale applicabile all’esecuzione dell’OEI e può essere considerato, a seconda del diritto dello Stato di esecuzione, un atto di indagine coercitivo».

5        L’articolo 1 di tale direttiva, rubricato «Ordine europeo d’indagine e obbligo di darvi esecuzione», enuncia:

«1.      L’ordine europeo d’indagine (OEI) è una decisione giudiziaria emessa o convalidata da un’autorità competente di uno Stato membro (lo “Stato di emissione”) per compiere uno o più atti di indagine specifici in un altro Stato membro (lo “Stato di esecuzione”) ai fini di acquisire prove conformemente alla presente direttiva.

L’OEI può anche essere emesso per ottenere prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione.

2.      Gli Stati membri eseguono un OEI in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alla presente direttiva».

6        Ai sensi dell’articolo 2 di detta direttiva, rubricato «Definizioni»:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

c)      “autorità di emissione”:

i)      un giudice, un organo giurisdizionale, un magistrato inquirente o un pubblico ministero competente nel caso interessato; o

ii)      qualsiasi altra autorità competente, definita dallo Stato di emissione che, nel caso di specie, agisca in qualità di autorità inquirente nel procedimento penale e sia competente a disporre l’acquisizione di prove in conformità del diritto nazionale. Inoltre, prima di essere trasmesso all’autorità di esecuzione, l’OEI è convalidato, previo esame della sua conformità alle condizioni di emissione di un OEI ai sensi della presente direttiva, in particolare le condizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, da un giudice, un organo giurisdizionale, un magistrato inquirente o un pubblico ministero nello Stato di emissione. Laddove l’OEI sia stato convalidato da un’autorità giudiziaria, quest’ultima può anche essere considerata l’autorità di emissione ai fini della trasmissione dell’OEI;

d)      “autorità di esecuzione”: un’autorità competente a riconoscere un OEI e ad assicurarne l’esecuzione conformemente alla presente direttiva e alle procedure applicabili in un caso interno analogo. Tali procedure potrebbero comportare l’autorizzazione di un organo giurisdizionale nello Stato di esecuzione, ove previsto dal diritto nazionale di quest’ultimo».

7        L’articolo 4 della medesima direttiva, rubricato «Tipi di procedimenti per i quali può essere emesso un OEI», prevede quanto segue:

«Un OEI può essere emesso:

a)      in relazione a un procedimento penale avviato da un’autorità giudiziaria, o che può essere promosso davanti alla stessa, relativamente a un illecito penale ai sensi del diritto nazionale dello Stato di emissione;

(...)».

8        L’articolo 6 della direttiva 2014/41, rubricato «Condizioni di emissione e trasmissione di un OEI», così dispone:

«1.      L’autorità di emissione può emettere un OEI solamente quando ritiene soddisfatte le seguenti condizioni:

a)      l’emissione dell’OEI è necessaria e proporzionata ai fini del procedimento di cui all’articolo 4, tenendo conto dei diritti della persona sottoposta a indagini o imputata; e

b)      l’atto o gli atti di indagine richiesti nell’OEI avrebbero potuto essere emessi alle stesse condizioni in un caso interno analogo.

2.      Le condizioni di cui al paragrafo 1 sono valutate dall’autorità di emissione per ogni caso.

3.      Se ha motivo di ritenere che le condizioni di cui al paragrafo 1 non siano state rispettate, l’autorità di esecuzione può consultare l’autorità di emissione in merito all’importanza di eseguire l’OEI. Dopo tale consultazione, l’autorità di emissione può decidere di ritirare l’OEI».

9        L’articolo 14 della suddetta direttiva, rubricato «Mezzi d’impugnazione», è del seguente tenore:

«1.      Gli Stati membri assicurano che i mezzi d’impugnazione equivalenti a quelli disponibili in un caso interno analogo siano applicabili agli atti di indagine richiesti nell’OEI.

(...)

7.      Lo Stato di emissione tiene conto del fatto che il riconoscimento o l’esecuzione di un OEI sono stati impugnati con successo conformemente al proprio diritto nazionale. Fatte salve le norme procedurali nazionali, gli Stati membri assicurano che nei procedimenti penali nello Stato di emissione siano rispettati i diritti della difesa e sia garantito un giusto processo nel valutare le prove acquisite tramite l’OEI».

10      Ai sensi dell’articolo 30 di detta direttiva, rubricato «Intercettazione di telecomunicazioni con l’assistenza tecnica di un altro Stato membro»:

«1.      Un OEI può essere emesso per l’intercettazione di telecomunicazioni nello Stato membro la cui assistenza tecnica è necessaria.

(...)

7.      All’atto dell’emissione dell’OEI di cui al paragrafo 1 o durante l’intercettazione, l’autorità di emissione può altresì richiedere, se ne ha particolare motivo, una trascrizione, una decodificazione o una decrittazione della registrazione, fatto salvo l’accordo dell’autorità di esecuzione.

8.      I costi risultanti dall’applicazione del presente articolo sono sostenuti in conformità dell’articolo 21, ad eccezione dei costi legati alla trascrizione, alla decodificazione e alla decrittazione delle comunicazioni intercettate, che sono a carico dello Stato di emissione».

11      L’articolo 31 della medesima direttiva, rubricato «Notifica allo Stato membro nel quale si trova la persona soggetta a intercettazione e la cui assistenza tecnica non è necessaria», dispone quanto segue:

«1.      Se, ai fini del compimento di un atto di indagine, l’intercettazione di telecomunicazioni è autorizzata dall’autorità competente di uno Stato membro (lo «Stato membro di intercettazione») e l’indirizzo di comunicazione della persona soggetta a intercettazione indicata nell’ordine di intercettazione è utilizzato sul territorio di un altro Stato membro (lo “Stato membro notificato”) la cui assistenza tecnica non è necessaria per effettuare l’intercettazione, lo Stato membro di intercettazione ne dà notifica all’autorità competente dello Stato membro notificato dell’intercettazione:

a)      prima dell’intercettazione, qualora l’autorità competente dello Stato membro di intercettazione sappia, al momento di ordinare l’intercettazione, che la persona soggetta a intercettazione (…) si trova o si troverà sul territorio dello Stato membro notificato;

b)      durante l’intercettazione o ad intercettazione effettuata, non appena venga a conoscenza del fatto che la persona soggetta a intercettazione si trova, o si trovava durante l’intercettazione, sul territorio dello Stato membro notificato.

2.      La notifica di cui al paragrafo 1 è effettuata utilizzando il modulo di cui all’allegato C.

3.      Qualora l’intercettazione non sia ammessa in un caso interno analogo, l’autorità competente dello Stato membro notificato può, senza ritardo e al più tardi entro 96 ore dalla ricezione della notifica di cui al paragrafo 1, notificare all’autorità competente dello Stato membro di intercettazione che:

a)      l’intercettazione non può essere effettuata o si pone fine alla medesima; e

b)      se necessario, gli eventuali risultati dell’intercettazione già ottenuti mentre la persona soggetta ad intercettazione si trovava sul suo territorio non possono essere utilizzati o possono essere utilizzati solo alle condizioni da essa specificate. L’autorità competente dello Stato membro notificato informa l’autorità competente dello Stato membro di intercettazione dei motivi di tali condizioni.

(...)».

12      L’articolo 33 della direttiva 2014/41, rubricato «Notifiche», elenca, al paragrafo 1, le informazioni che devono essere comunicate e messe a disposizione di tutti gli Stati membri e della Rete giudiziaria europea (RGE) istituita dall’azione comune 98/428/GAI, del 29 giugno 1998, adottata dal Consiglio sulla base dell’articolo K.3 [UE] sull’istituzione di una rete giudiziaria europea (GU 1998, L 191, pag. 4).

 Diritto tedesco

13      L’intercettazione delle telecomunicazioni ai fini dell’esercizio di un’azione penale è disciplinata dalla Strafprozessordnung (StPO) (codice di procedura penale) (in prosieguo: la «StPO»).

14      L’articolo 100a, paragrafo 1, frasi dalla prima alla terza, della StPO autorizza, rispettivamente, il controllo delle comunicazioni in corso sotto forma di un controllo «classico» delle telecomunicazioni, la sorveglianza delle comunicazioni in corso mediante l’installazione di un software spia nelle apparecchiature terminali («intercettazione di telecomunicazioni alla fonte») e il sequestro delle comunicazioni ultimate e già registrate su un apparecchio alla data di emissione dell’ordinanza del Landgericht (Tribunale del Land, Germania) che ordina la misura di cui trattasi («perquisizione online ristretta»). Ai sensi dell’articolo 100b della StPO, è possibile accedere a tutti i dati registrati su un’apparecchiatura terminale («perquisizione online»).

15      Tutte queste misure presuppongono l’esistenza di un sospetto concreto della commissione di un reato, e la categoria dei reati considerati è limitata a talune fattispecie elencate all’articolo 100a, paragrafo 2, e all’articolo 100b, paragrafo 2, della StPO.

16      Ai sensi dell’articolo 100e, paragrafi 1 e 2, della StPO, dette misure possono, inoltre, essere disposte dal Landgericht (Tribunale del Land) competente esclusivamente su richiesta della Procura interessata. A tal riguardo, secondo l’articolo 100e, paragrafo 2, della StPO, letto in combinato disposto con l’articolo 74a, paragrafo 4, del Gerichtsverfassungsgesetz (GVG) (legge sul sistema giudiziario), del 12 settembre 1950 (BGBl. 1950 I, pag. 455), le perquisizioni online rientrano nella competenza esclusiva di una sezione speciale del Landgericht (Tribunale del Land).

17      Il Gesetz über die internationale Rechtshilfe in Strafsachen (IRG) (legge sulla cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale), del 23 dicembre 1982 (BGBl. 1982 I, pag. 2071), nella sua versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: l’«IRG»), non determina espressamente l’autorità competente per l’emissione di ordini europei di indagine. Richiamandosi all’articolo 161 della StPO, un ordine europeo di indagine per il controllo delle telecomunicazioni all’estero può dunque essere adottato dalla Procura durante l’indagine preliminare all’imputazione.

18      L’articolo 91g, paragrafo 6, dell’IRG, che traspone nel diritto tedesco l’articolo 31 della direttiva 2014/41, prevede che l’autorità competente, alla quale uno Stato membro notifica la sua intenzione di procedere ad una misura di intercettazione nel territorio tedesco, deve vietare l’attuazione di tale misura o l’utilizzo dei dati intercettati entro 96 ore oppure subordinare l’utilizzo di tali dati a determinate condizioni qualora, in casi interni analoghi, detta misura non sia autorizzata. Tuttavia, l’IRG non precisa se la stessa misura debba essere notificata al Landgericht (Tribunale del Land) competente o alla Procura interessata. L’articolo 92d dell’IRG disciplina unicamente la competenza territoriale dell’autorità competente.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

19      Nell’ambito di un’indagine condotta dalle autorità francesi, è emerso che alcune persone indagate utilizzavano telefoni cellulari criptati funzionanti mediante una licenza denominata «EncroChat» per commettere reati connessi principalmente al traffico di sostanze stupefacenti. Questi telefoni cellulari permettevano, attraverso un software speciale ed un hardware modificato, di stabilire, passando per un server installato a Roubaix (Francia), una comunicazione cifrata da punto a punto non intercettabile con metodi di indagine tradizionali (in prosieguo: il «servizio EncroChat»).

20      La polizia francese è riuscita, previa autorizzazione giurisdizionale, a salvare alcuni dati di tale server nel 2018 e nel 2019. Tali dati hanno consentito lo sviluppo, da parte di una squadra investigativa comune, comprendente esperti dei Paesi Bassi, di un software di tipo «Trojan». Il software in argomento è stato caricato su detto server nella primavera del 2020, previa autorizzazione del tribunal correctionnel de Lille (Tribunale penale di Lille, Francia) e, da lì, sui predetti telefoni cellulari tramite un aggiornamento simulato. Tale software avrebbe interessato 32 477 utenti, su un totale di 66 134 utenti iscritti, ripartiti in 122 paesi, 4 600 dei quali in Germania.

21      Il 9 marzo 2020, taluni rappresentanti del Bundeskriminalamt (Ufficio federale di polizia criminale, Germania) (in prosieguo: il «BKA») e della Procura di Francoforte, nonché alcuni rappresentanti, fra l’altro, delle autorità della Francia, dei Paesi Bassi e del Regno Unito, hanno partecipato a una videoconferenza organizzata dall’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust). Nel corso di tale conferenza, i rappresentanti delle autorità della Francia e dei Paesi Bassi hanno informato i rappresentanti delle autorità degli altri Stati membri dell’indagine da essi condotta nei confronti di una società di gestione di telefoni cellulari criptati e della misura di intercettazione dei dati che essi avevano preso in considerazione, inclusi i dati provenienti da telefoni cellulari che si trovavano all’esterno del territorio francese. I rappresentanti delle autorità tedesche hanno manifestato il loro interesse per i dati degli utenti tedeschi.

22      In una nota del 13 marzo 2020, il BKA ha annunciato l’apertura di un’indagine a carico di un gruppo ignoto di utenti del servizio EncroChat per presunto traffico organizzato di sostanze stupefacenti in quantità non trascurabili e per associazione a delinquere. Il BKA ha giustificato l’avvio di tale indagine spiegando che l’utilizzo del servizio EncroChat destava, in quanto tale, il sospetto della commissione di reati gravi, in particolare dell’organizzazione di un traffico di stupefacenti.

23      Sulla base di tale nota, il 20 marzo 2020, la Procura generale di Francoforte ha avviato, con la menzione «Urgent», un’indagine a carico di X (in prosieguo: il «procedimento UJs»).

24      Il 27 marzo 2020 il BKA ha ricevuto, attraverso l’applicazione di rete protetta per lo scambio di informazioni dell’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol), applicazione denominata «Secure Information Exchange Newtork Application» (SIENA), un messaggio trasmesso dalla squadra investigativa comune alle autorità di polizia degli Stati membri interessate ai dati del servizio EncroChat. Le autorità competenti di tali Stati membri erano invitate a confermare per iscritto di essere state informate dei metodi utilizzati per raccogliere dati provenienti da telefoni cellulari situati nel loro territorio nazionale. Esse dovevano altresì assicurare che i dati trasmessi sarebbero stati utilizzati in linea di principio esclusivamente, in un primo tempo, per scopi operativi, e sarebbero stati utilizzati per procedure di indagine in corso soltanto previa autorizzazione degli Stati membri della squadra investigativa comune. Secondo il giudice del rinvio, il BKA ha trasmesso le conferme richieste in accordo con la Procura generale di Francoforte.

25      Tra il 3 aprile e il 28 giugno 2020, il BKA ha consultato i dati diffusi quotidianamente sul server di Europol relativi ai telefoni cellulari utilizzati in Germania.

26      Il 2 giugno 2020, nell’ambito del procedimento UJs, la Procura generale di Francoforte ha chiesto alle autorità francesi, mediante un primo ordine europeo di indagine, l’autorizzazione ad utilizzare senza restrizioni in procedimenti penali i dati provenienti dal servizio EncroChat. Essa ha giustificato la propria domanda affermando che il BKA era stato informato da Europol che un gran numero di reati molto gravi, in particolare l’importazione e il traffico di sostanze stupefacenti in quantità non trascurabili, venivano commessi in Germania con l’ausilio di telefoni cellulari dotati di tale servizio e che talune persone in quel momento non ancora identificate erano sospettate di pianificare e di commettere reati molto gravi in Germania utilizzando comunicazioni cifrate.

27      A seguito di tale domanda, il Tribunal correctionnel de Lille (Tribunale penale di Lille) ha autorizzato la trasmissione e l’utilizzo in sede giudiziaria dei dati dei telefoni cellulari dotati del servizio EncroChat degli utenti tedeschi. Alcuni dati complementari sono stati in seguito trasmessi in attuazione di due ordini europei di indagine integrativi, rispettivamente in data 9 settembre 2020 e 2 luglio 2021 (in prosieguo, congiuntamente con l’ordine europeo di indagine del 2 giugno 2020: gli «ordini europei di indagine»).

28      Successivamente, la Procura generale di Francoforte ha scisso il procedimento UJs, riassegnando i procedimenti d’indagine avviati a carico di taluni utenti, tra cui M.N., a procure locali. È in siffatto contesto che il Landgericht Berlin (Tribunale del Land, Berlino, Germania), giudice del rinvio, s’interroga sulla legittimità degli ordini europei di indagine alla luce della direttiva 2014/41.

29      Con una prima serie di tre questioni, detto giudice cerca di determinare quale fosse l’autorità competente ad adottare gli ordini europei di indagine.

30      A tal riguardo, in un’ordinanza del 2 marzo 2022 emessa nell’ambito della causa 5 StR 457/21 (DE:BGH:2022:020322B5STRT457.21.0), il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania) avrebbe dichiarato che la Procura generale di Francoforte, che indaga nell’ambito del procedimento UJs, era competente ad emettere ordini europei di indagine diretti alla trasmissione di prove (in prosieguo: l’«ordinanza della Corte federale di giustizia del 2 marzo 2022»). Il giudice del rinvio non condivide tale interpretazione. Esso è propenso a ritenere che, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2014/41, in combinato disposto con l’articolo 2, lettera c), di tale direttiva, soltanto un giudice avrebbe potuto adottare gli ordini europei di indagine.

31      Il giudice del rinvio richiama al riguardo le sentenze del 2 marzo 2021, Prokuratuur (Condizioni di accesso ai dati relativi alle comunicazioni elettroniche) (C‑746/18, EU:C:2021:152), e del 16 dicembre 2021, Spetsializirana prokuratura (Dati relativi al traffico e all’ubicazione) (C‑724/19, EU:C:2021:1020). Esso si basa più in particolare sulle considerazioni che la Corte avrebbe dedicato, nella giurisprudenza delineata in tali sentenze, all’interpretazione dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58 alla luce dei diritti fondamentali derivanti dagli articoli 7, 8 e 11 della Carta. Ad avviso di detto giudice, tale giurisprudenza sarebbe trasponibile all’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/41.

32      L’accesso delle autorità inquirenti tedesche ai dati del servizio EuroChat tramite gli ordini europei di indagine dovrebbe essere soggetto a criteri analoghi a quelli che regolano l’accesso ai dati conservati in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58. Il fatto che i dati di tale servizio non siano stati salvati da un operatore di telecomunicazioni sulla base di un’ingiunzione amministrativa, ma che siano stati immediatamente raccolti dalle autorità inquirenti francesi, non giustificherebbe una soluzione diversa. Al contrario, questa circostanza aggraverebbe l’ingerenza nei diritti fondamentali delle persone interessate.

33      Inoltre, dall’articolo 2, lettera c), della direttiva 2014/41 risulterebbe che, indipendentemente dalle norme nazionali sulla competenza in una situazione analoga a livello nazionale, un ordine europeo di indagine ai fini dell’esercizio dell’azione penale dovrebbe essere sempre adottato da un giudice che non sia incaricato di atti di indagine concreti, quando la verifica di proporzionalità prevista all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva richiede un bilanciamento complesso degli interessi in gioco e riguarda gravi violazioni di diritti fondamentali.

34      La seconda e la terza serie di questioni sollevate dal giudice del rinvio riguardano le condizioni sostanziali alle quali è subordinata l’adozione di un ordine europeo di indagine.

35      Tale giudice ritiene, in primo luogo, che un ordine europeo di indagine con cui si chiede l’accesso a dati raccolti mediante l’intercettazione di telecomunicazioni ai fini dell’esercizio di un’azione penale soddisfi le condizioni di necessità e di proporzionalità, enunciate all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/41, soltanto qualora esista, a carico di ciascuna persona interessata, una presunzione, fondata su fatti concreti, di partecipazione a un reato grave.

36      Detto giudice non condivide, al riguardo, la conclusione dell’ordinanza della Corte federale di giustizia del 2 marzo 2022 secondo cui la semplice presunzione, non specificata, di molteplici reati sarebbe sufficiente per adottare ordini europei di indagine. Esso fonda i propri dubbi sulla giurisprudenza della Corte relativa alla liceità della conservazione dei dati, in particolare le valutazioni relative alla proporzionalità, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, e richiama a tal riguardo le sentenze del 2 marzo 2021, Prokuratuur (Condizioni di accesso ai dati relativi alle comunicazioni elettroniche) (C‑746/18, EU:C:2021:152, punti 39, 40 e 50), nonché del 5 aprile 2022, Commissioner of An Garda Síochána e a. (C‑140/20, EU:C:2022:258, punto 44). Non si potrebbe opporre, a tal proposito, che la protezione dei diritti fondamentali delle persone interessate sarebbe sufficientemente garantita nell’ambito del procedimento nazionale dalle norme di procedura penale nazionali.

37      La questione della proporzionalità di un ordine europeo di indagine suscita altresì, in capo al giudice del rinvio, interrogativi alla luce del diritto a un processo equo garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta e dall’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950. Tale diritto richiederebbe che una parte di un procedimento giudiziario abbia una concreta possibilità di presentare le sue osservazioni su un elemento di prova. Ciò varrebbe in particolare quando gli elementi di prova provengono da un settore tecnico nel quale l’organo giurisdizionale competente e la parte del procedimento non dispongono di conoscenze specialistiche.

38      In secondo luogo, il giudice del rinvio ricorda che, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/41, l’autorità di emissione deve controllare la misura indicata nell’ordine europeo di indagine alla luce del diritto nazionale.

39      Nell’ordinanza della Corte federale di giustizia del 2 marzo 2022, quest’ultima avrebbe tuttavia ritenuto che tale disposizione non fosse applicabile nel procedimento principale. Tale disposizione riguarderebbe soltanto un ordine europeo di indagine volto all’acquisizione di prove che deve ancora essere eseguito. Essa non sarebbe applicabile a un ordine europeo di indagine inteso unicamente alla trasmissione di prove già raccolte. Il controllo della misura sotto il profilo del diritto nazionale sarebbe quindi superfluo.

40      Il giudice del rinvio ritiene, al contrario, che l’autorità di emissione di un ordine europeo di indagine debba, in tale fattispecie, controllare l’atto di indagine che è all’origine della raccolta dei dati alla luce del diritto nazionale. In altri termini, tale autorità potrebbe chiedere, mediante un ordine europeo di indagine, elementi di prova raccolti nello Stato di esecuzione solo se, in un caso interno analogo, l’atto di indagine grazie al quale tali prove sono state raccolte sarebbe stato autorizzato nello Stato di emissione.

41      La quarta serie di questioni sollevate dal giudice del rinvio verte sull’interpretazione dell’articolo 31 della direttiva 2014/41.

42      Detto giudice considera che uno Stato membro, qualora intenda intercettare le telecomunicazioni di persone che si trovano nel territorio tedesco, dovrebbe, conformemente a tale articolo, notificare l’intercettazione progettata all’autorità tedesca competente prima dell’inizio dell’attuazione di tale misura o non appena venga a conoscenza del luogo in cui si trovano tali persone.

43      Nell’ordinanza della Corte federale di giustizia del 2 marzo 2022, quest’ultima avrebbe messo in dubbio il fatto che la misura di estrazione di dati francese costituisca un’«intercettazione di telecomunicazioni», ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 1, della direttiva 2014/41. Il giudice del rinvio è di opposto avviso. Esso ritiene che le autorità investigative francesi avrebbero dovuto notificare all’autorità tedesca competente l’atto di infiltrazione in telefoni cellulari tedeschi, dotati del servizio EncroChat, prima dell’attuazione di tale misura.

44      Orbene, anche se la normativa tedesca prevede la competenza territoriale di tale autorità, essa non preciserebbe, per contro, se una siffatta notifica debba essere indirizzata a un Landgericht (Tribunale del Land) o alla procura interessata. Vi sarebbe, a tal proposito, una controversia in seno alla giurisprudenza e alla dottrina tedesche. Il giudice del rinvio sarebbe favorevole ad interpretare la nozione di «autorità competente» di cui all’articolo 31, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 nel senso che essa non può che designare un organo estraneo a qualsiasi attività istruttoria e non interessato ai dati a fini di indagine, vale a dire un tribunale.

45      Infatti, nel caso di atti transfrontalieri compiuti a livello dell’Unione ed attuati nell’interesse simultaneo di più Stati membri, la nozione di «ordine europeo di indagine», ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 2014/41, e quella di «notifica» di cui all’articolo 31 di tale direttiva sarebbero ampiamente intercambiabili. Occorrerebbe pertanto favorire il ravvicinamento delle competenze delle autorità incaricate di tali atti.

46      Il giudice del rinvio si interroga altresì sull’obiettivo di tutela della sovranità degli Stati membri che sarebbe perseguito all’articolo 31 della direttiva 2014/41, tenuto conto della sensibilità particolarmente elevata di un’ingerenza segreta nelle comunicazioni.

47      La quinta serie di questioni poste verte sulle conseguenze di un’eventuale violazione del diritto dell’Unione alla luce dei principi di equivalenza e di effettività.

48      Il giudice del rinvio rileva che le decisioni nazionali che sarebbero state emesse in ordine ai dati derivanti dall’utilizzo del servizio EncroChat partono dal principio, da un lato, che tali dati siano utilizzabili e, dall’altro, che, là dove siano ipotizzabili violazioni del diritto dell’Unione, si debba nondimeno dare priorità ai procedimenti penali tenendo conto della gravità dei reati individuati sulla base di detti dati.

49      Tale giudice nutre tuttavia dubbi riguardo alla conformità di tale approccio con il diritto dell’Unione, in particolare con i principi di equivalenza e di effettività.

50      Relativamente al principio di equivalenza, detto giudice osserva che, secondo le norme di procedura penale tedesche, i dati raccolti mediante una misura di intercettazione telefonica adottata in violazione della competenza riservata al giudice in tale materia e in assenza di una presunzione concreta di uno dei reati elencati sarebbero stati inutilizzabili.

51      Per quanto riguarda il principio di effettività, dalla sentenza del 2 marzo 2021, Prokuratuur (Condizioni di accesso ai dati relativi alle comunicazioni elettroniche) (C‑746/18, EU:C:2021:152, punto 43), risulterebbe che l’obiettivo di evitare che informazioni ed elementi di prova ottenuti in modo illegittimo arrechino indebitamente pregiudizio a una persona sospettata di avere commesso reati potrebbe essere raggiunto non solo mediante un divieto di utilizzare informazioni ed elementi di prova siffatti, ma anche tenendo conto del loro carattere illegittimo in sede di valutazione degli elementi di prova o di determinazione della pena.

52      Secondo il giudice del rinvio, il divieto di utilizzare tali prove discenderebbe direttamente dal principio di effettività del diritto dell’Unione. Tale divieto si applicherebbe nel procedimento principale poiché il principio generale del diritto ad un processo equo sarebbe stato violato sotto vari profili e, in particolare, per il fatto che i dati richiesti dagli ordini europei di indagine non potrebbero essere verificati da un esperto tecnico a causa della qualificazione «segreto militare» che è stata opposta dalle autorità francesi.

53      Inoltre, tale giudice evince dalle sentenze del 6 ottobre 2020, La Quadrature du Net e a. (C‑511/18, C‑512/18 e C‑520/18, EU:C:2020:791, punto 141), del 2 marzo 2021, Prokuratuur (Condizioni di accesso ai dati relativi alle comunicazioni elettroniche) (C‑746/18, EU:C:2021:152, punto 50), nonché del 5 aprile 2022, Commissioner of An Garda Síochána e a. (C‑140/20, EU:C:2022:258, punto 65), che l’obiettivo della lotta alle forme gravi di criminalità non può giustificare una conservazione generalizzata e indifferenziata dei dati personali. Dati di questo tipo conservati illegittimamente e senza motivo sarebbero sottratti al successivo accesso delle autorità penali, anche se dovessero servire ad indagare su atti gravi in un caso concreto.

54      In tale contesto, il Landgericht Berlin (Tribunale del Land, Berlino) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Sull’interpretazione dell’espressione “autorità di emissione” di cui all’articolo 6, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 2, lettera c), della direttiva 2014/41

a)      Se un ordine europeo di indagine volto all’acquisizione di prove già in possesso dello Stato di esecuzione (nel caso di specie: la Francia) debba essere emesso da un giudice, se, in base alla normativa dello Stato di emissione (nel caso di specie: la Germania), la raccolta delle prove che ne costituisce la base avrebbe dovuto essere ordinata dal giudice in un caso interno analogo.

b)      In subordine, se ciò trovi applicazione quantomeno nel caso in cui lo Stato di esecuzione abbia eseguito la misura di cui trattasi nel territorio dello Stato di emissione con l’obiettivo di mettere successivamente i dati ottenuti a disposizione delle autorità inquirenti dello Stato di emissione interessate ai dati ai fini dell’esercizio dell’azione penale.

c)      Se un ordine europeo di indagine mirante all’acquisizione di prove debba sempre essere emesso da un giudice (o da un organismo indipendente non coinvolto nelle indagini penali), senza tener conto delle norme nazionali in materia di competenza dello Stato di emissione, qualora la misura riguardi gravi ingerenze in diritti fondamentali di rango elevato.

2)      Sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/41

a)      Se l’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/41 osti a un ordine europeo di indagine volto al trasferimento di dati già disponibili nello Stato di esecuzione (la Francia) derivanti da un’intercettazione di telecomunicazioni – in particolare, dati relativi al traffico e all’ubicazione, nonché registrazioni dei contenuti delle comunicazioni – qualora, in primo luogo, l’intercettazione effettuata dallo Stato di esecuzione riguardi tutti gli utenti di un determinato indirizzo di comunicazione, in secondo luogo, venga richiesto, tramite l’OEI, il trasferimento dei dati relativi a tutti gli indirizzi utilizzati sul territorio dello Stato di emissione e, in terzo luogo, non vi fossero indizi concreti della commissione di gravi reati da parte di detti singoli utenti al momento in cui è stata disposta ed eseguita la misura di intercettazione né al momento dell’emissione dell’ordine europeo di indagine.

b)      Se l’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/41 osti a tale ordine europeo di indagine qualora l’integrità dei dati ottenuti grazie alla misura di intercettazione non possa essere verificata dalle autorità dello Stato di esecuzione a causa dell’assoluta riservatezza dei dati.

3)      Sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/41

a)      Se l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/41 osti a un ordine europeo di indagine volto al trasferimento di dati di telecomunicazione già in possesso dello Stato di esecuzione (la Francia), qualora la misura di intercettazione di detto Stato alla base della raccolta dei dati sarebbe stata illegittima ai sensi del diritto dello Stato di emissione (la Germania) in un caso interno analogo.

b)      In subordine: se ciò valga almeno allorché lo Stato di esecuzione abbia effettuato l’intercettazione sul territorio dello Stato di emissione e nell’interesse di quest’ultimo.

4)      Sull’interpretazione dell’articolo 31, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2014/41

a)      Se una misura correlata con l’accesso clandestino ad apparecchiature terminali volta ad ottenere dati relativi al traffico, all’ubicazione e alle comunicazioni di un servizio di comunicazione via Internet costituisca un’intercettazione di telecomunicazioni ai sensi dell’articolo 31 della direttiva 2014/41.

b)      Se la notifica di cui all’articolo 31, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 debba essere sempre trasmessa a un giudice o se ciò valga quantomeno quando, in base al diritto dello Stato notificato (la Germania), la misura prevista dallo Stato di intercettazione (la Francia) potrebbe, in un caso interno analogo, essere ordinata solo da un giudice.

c)      Ove l’articolo 31 della direttiva 2014/41 miri anche alla protezione dei diritti dei singoli utenti dei servizi di telecomunicazioni interessati, se detta protezione si estenda anche all’utilizzo dei dati ai fini dell’esercizio dell’azione penale nello Stato notificato (la Germania) e se, in caso affermativo, detta finalità sia equiparata alla finalità ulteriore di proteggere la sovranità dello Stato membro notificato.

5)      Conseguenze giuridiche di un’acquisizione di prove in violazione del diritto dell’Unione

a)      Se il divieto di utilizzo degli elementi di prova possa derivare direttamente dal principio di effettività sancito dal diritto dell’Unione nel caso di prove ottenute tramite un ordine europeo di indagine contrario a detto diritto.

b)      Nel caso di prove ottenute tramite un ordine europeo di indagine contrario al diritto dell’Unione, se il principio di equivalenza sancito da detto diritto comporti un divieto di utilizzo degli elementi di prova qualora il provvedimento su cui si basa l’acquisizione delle prove nello Stato di esecuzione non avrebbe potuto essere disposto nello Stato di emissione in un caso interno analogo e le prove acquisite mediante tale misura nazionale illegittima non sarebbero utilizzabili secondo il diritto dello Stato di emissione.

c)      Se sia in contrasto con il diritto dell’Unione, in particolare con il principio di effettività, il fatto che l’utilizzo in un procedimento penale degli elementi di prova, la cui acquisizione era contraria al diritto dell’Unione proprio in ragione dell’assenza di un sospetto di reato, sia giustificato, nell’ambito di un bilanciamento degli interessi, dalla gravità dei reati di cui si è venuti a conoscenza per la prima volta a seguito della valutazione delle prove.

d)      In subordine: se dal diritto dell’Unione europea, in particolare dal principio di effettività, discenda che le violazioni di tale diritto verificatesi nell’ambito dell’acquisizione delle prove in un procedimento penale nazionale non possono rimanere del tutto prive di conseguenze anche nel caso di reati gravi e devono quindi essere prese in considerazione a favore dell’imputato quantomeno sul piano della valutazione delle prove o della determinazione della pena».

 Procedimento dinanzi alla Corte

55      Il giudice del rinvio ha chiesto che il presente rinvio pregiudiziale sia trattato con il procedimento accelerato di cui all’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte.

56      A sostegno della sua domanda, esso fa valere che il procedimento principale deve essere trattato con particolare urgenza. Infatti, se è vero che il mandato d’arresto nazionale emesso a carico di M.N. attualmente non viene eseguito, un prolungamento del procedimento evitabile ed imputabile allo Stato potrebbe tuttavia comportare l’annullamento di tale mandato d’arresto. La decisione della Corte riguarderebbe, inoltre, numerosi procedimenti analoghi in corso.

57      L’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura stabilisce che, su domanda del giudice del rinvio o, in via eccezionale, d’ufficio, quando la natura della causa richiede un suo rapido trattamento, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, può decidere di sottoporre un rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato, in deroga alle disposizioni di detto regolamento.

58      Occorre ricordare, al riguardo, che un siffatto procedimento accelerato costituisce uno strumento procedurale destinato a rispondere ad una situazione di urgenza straordinaria (sentenza del 21 dicembre 2021, Randstad Italia, C‑497/20, EU:C:2021:1037, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

59      Nel caso di specie, il presidente della Corte ha deciso, in data 16 novembre 2022, sentite la giudice relatrice e l’avvocata generale, di respingere la domanda di cui al punto 55 della presente sentenza.

60      Infatti, in primo luogo, poiché M.N. non è sottoposto a una misura privativa della libertà, il fatto che il giudice del rinvio sia tenuto a fare tutto il necessario per garantire una definizione rapida del procedimento principale non è di per sé sufficiente a giustificare il ricorso a un procedimento accelerato in forza dell’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura (v., in tal senso, ordinanze del presidente della Corte del 7 ottobre 2013, Rabal Cañas, C‑392/13, EU:C:2013:877, punto 15, e del 20 settembre 2018, Minister for Justice and Equality, C‑508/18 e C‑509/18, EU:C:2018:766, punto 13 nonché sentenza del 13 luglio 2023, Ferrovienord, C‑363/21 e C‑364/21, EU:C:2023:563, punto 46).

61      In secondo luogo, l’importanza delle questioni o il fatto che un numero significativo di persone o di situazioni giuridiche siano potenzialmente interessate da tali questioni non costituiscono, di per sé, ragioni tali da determinare un’urgenza straordinaria, che è comunque necessaria per giustificare un trattamento con procedimento accelerato [ordinanza del presidente della Corte del 21 settembre 2004, Parlamento/Consiglio, C‑317/04, EU:C:2004:834, punto 11, e sentenza del 21 dicembre 2023, GN (Motivo di rifiuto fondato sull’interesse superiore del minore), C‑261/22, EU:C:2023:1017, punto 30].

62      Tuttavia, il presidente della Corte ha deciso che la presente causa sarebbe stata trattata in via prioritaria, in applicazione dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

63      La Staatsanwaltschaft Berlin (Procura di Berlino, Germania) e diversi governi che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte fanno valere che talune questioni sono irricevibili, essendo in sostanza ipotetiche o troppo generiche, oppure vertenti su una valutazione dei fatti o della normativa nazionale.

64      Secondo una costante giurisprudenza, nell’ambito del procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 1981, Foglia, 244/80, EU:C:1981:302, punto 15). Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a pronunciarsi (sentenza del 20 settembre 2022, VD e SR, C‑339/20 e C‑397/20, EU:C:2022:703, punto 56).

65      La Corte può rifiutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale solo qualora risulti manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure nel caso in cui la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman, C‑415/93, EU:C:1995:463, punto 61, nonché del 20 settembre 2022, VD e SR, C‑339/20 e C‑397/20, EU:C:2022:703, punto 57).

66      Nel caso di specie, è vero che dalla decisione di rinvio consta che talune preoccupazioni del giudice del rinvio effettivamente scaturiscono dal diritto nazionale e che tale giudice deve ancora compiere talune valutazioni di fatto.

67      Tuttavia, da un lato, da una costante giurisprudenza risulta che i giudici nazionali sono liberi di esercitare la facoltà di adire la Corte in qualsiasi fase del procedimento essi ritengano appropriata. Infatti, la scelta del momento più opportuno per interrogare la Corte in via pregiudiziale è di loro esclusiva competenza (v., in tal senso, sentenza del 5 luglio 2016, Ognyanov, C‑614/14, EU:C:2016:514, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).

68      D’altro lato, occorre constatare che le questioni pregiudiziali sollevate vertono sull’interpretazione di disposizioni del diritto dell’Unione chiaramente individuate che, secondo detto giudice, condizionano la soluzione del procedimento principale. In tali circostanze, dato che gli argomenti dedotti dalla Procura di Berlino e dai governi di cui al precedente punto 63 non sono sufficienti a dimostrare che appare in modo manifesto che tale interpretazione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, una risposta della Corte alle questioni sollevate appare necessaria per la definizione della lite nel procedimento principale.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

69      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, lettera c), e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 debbano essere interpretati nel senso che un ordine europeo di indagine diretto alla trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione deve necessariamente essere adottato da un giudice quando, in forza del diritto dello Stato di emissione, in un procedimento puramente interno a tale Stato la raccolta iniziale di tali prove avrebbe dovuto essere ordinata da un giudice.

70      In via preliminare, occorre rilevare che, sebbene l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 contribuisca alla definizione delle condizioni di emissione di un ordine europeo di indagine, esso non stabilisce la natura dell’autorità che può emettere un siffatto ordine.

71      A questo proposito, dall’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 si evince che un ordine europeo di indagine può essere emesso in due casi. Esso può infatti avere ad oggetto, da un lato, il compimento di uno o più atti di indagine specifici in un altro Stato membro, al fine di acquisire prove o, dall’altro, l’acquisizione di prove che sono già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione, vale a dire la trasmissione di tali prove alle autorità competenti dello Stato di emissione. In ogni caso, da tale disposizione risulta che un ordine europeo di indagine deve essere emesso o convalidato da un’«autorità giudiziaria».

72      Tuttavia, la nozione di «autorità giudiziaria» utilizzata in tale disposizione non è ivi definita. Dalla giurisprudenza della Corte risulta che occorre, in siffatto contesto, leggere l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 in combinato disposto con l’articolo 2, lettera c), di quest’ultima, il quale definisce, ai fini di tale direttiva, la nozione di «autorità di emissione» [v., in tal senso, sentenza del 2 marzo 2023, Staatsanwaltschaft Graz (Ufficio finanziario per le cause penali tributarie di Düsseldorf), C‑16/22, EU:C:2023:148, punti 27 e 28].

73      A tal riguardo, dalla formulazione dell’articolo 2, lettera c), i), di detta direttiva risulta che tale disposizione prevede espressamente che il pubblico ministero figuri tra le autorità che, al pari del giudice, dell’organo giurisdizionale o del magistrato inquirente, sono intese come un’«autorità di emissione». La stessa disposizione subordina la qualificazione come «autorità di emissione» alla sola condizione che l’organo giurisdizionale e le persone che esercitano la funzione di giudice, di magistrato inquirente o di pubblico ministero siano competenti nel caso interessato [sentenza dell’8 dicembre 2020, Staatsanwaltschaft Wien (Ordini di bonifico falsificati), C‑584/19, EU:C:2020:1002, punti 50 e 51].

74      Pertanto, qualora, in forza del diritto dello Stato di emissione, un pubblico ministero sia competente, in un caso puramente interno a tale Stato, ad ordinare un atto di indagine diretto alla trasmissione di prove già in possesso delle autorità nazionali competenti, quest’ultimo rientra nella nozione di «autorità di emissione», ai sensi dell’articolo 2, lettera c), punto i), della direttiva 2014/41, ai fini dell’emissione di un ordine europeo di indagine diretto alla trasmissione di prove che sono già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione [v., per analogia, sentenza dell’8 dicembre 2020, Staatsanwaltschaft Wien (Ordini di bonifico falsificati), C‑584/19, EU:C:2020:1002, punto 52].

75      Per contro, quando ai sensi del diritto dello Stato di emissione il pubblico ministero è privo della competenza ad emettere un tale atto volto all’acquisizione di prove già in possesso delle autorità nazionali competenti – e dunque segnatamente quando, in un caso puramente interno, una simile acquisizione dovrebbe essere autorizzata da un giudice a causa del fatto che essa comporta ingerenze gravi nei diritti fondamentali della persona interessata –, esso non può essere considerato come un’autorità di emissione competente, ai sensi di detta disposizione [v., per analogia, sentenza del 16 dicembre 2021, Spetsializirana prokuratura (Dati relativi al traffico e all’ubicazione), C‑724/19, EU:C:2021:1020, punto 39].

76      Nel caso di specie, il governo tedesco sostiene che l’articolo 100e, paragrafo 6, punto 1, della StPO autorizza la trasmissione di prove, a livello nazionale, da un’autorità nazionale di indagine ad un’altra. Inoltre, tale base giuridica, diversa da quella utilizzata per la raccolta iniziale di dati, non richiederebbe che una siffatta trasmissione sia autorizzata da un giudice. Spetta al giudice del rinvio, il solo competente ad interpretare il diritto nazionale, stabilire se sia così.

77      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 2, lettera c), della direttiva 2014/41 devono essere interpretati nel senso che un ordine europeo di indagine inteso a ottenere la trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione non deve essere adottato necessariamente da un giudice quando, in forza del diritto dello Stato di emissione, in un procedimento puramente interno a tale Stato, la raccolta iniziale di tali prove avrebbe dovuto essere ordinata da un giudice, ma competente ad ordinare l’acquisizione di dette prove è il pubblico ministero.

 Sulle questioni seconda e terza

78      Secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia sottopostagli. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte. A tal riguardo, spetta ad essa trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi del diritto dell’Unione che richiedano un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia (v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 1984, Haug-Adrion, 251/83, EU:C:1984:397, punto 9, nonché del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 131).

79      Sotto tale profilo, va notato che gli ordini europei di indagine oggetto del procedimento principale riguardano l’acquisizione da parte della Procura generale di Francoforte, attraverso le autorità investigative francesi, di dati raccolti in provenienza da telefoni cellulari dotati del servizio EncroChat utilizzati da utenti tedeschi. Siffatti dati erano stati raccolti da tali autorità dopo che esse avevano ricevuto l’autorizzazione di un giudice francese.

80      La situazione contemplata dalle questioni pregiudiziali seconda e terza riguarda pertanto, come risulta anche dalla formulazione di tali questioni, esclusivamente la seconda ipotesi di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2014/41, ossia l’emissione di un ordine europeo di indagine per ottenere la trasmissione di prove che sono già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione.

81      A tal riguardo, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, con le questioni seconda e terza, il giudice del rinvio si interroga sulle condizioni sostanziali per l’emissione di un siffatto ordine europeo di indagine enunciate all’articolo 6, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2014/41, nel contesto specifico in cui le autorità di uno Stato membro hanno raccolto dati provenienti da telefoni cellulari che permettono, grazie a un software speciale e a un hardware modificato, una comunicazione cifrata da punto a punto.

82      Così, con la sua seconda questione, lettera a), tale giudice si chiede se, al fine di soddisfare i requisiti di necessità e di proporzionalità di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/41, l’emissione di un ordine europeo di indagine diretto alla trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione debba essere subordinata, in particolare, all’esistenza di indizi concreti di un reato grave, a carico di ciascuna persona interessata, nel momento in cui viene adottato tale ordine europeo di indagine oppure se siano sufficienti al riguardo indizi relativi all’esistenza di plurimi reati commessi da persone non ancora identificate.

83      Con la sua seconda questione, lettera b), detto giudice si chiede, inoltre, se il principio di proporzionalità osti, alla luce del diritto a un processo equo, all’emissione di un ordine europeo di indagine qualora l’integrità dei dati ottenuti tramite la misura di intercettazione non possa essere verificata a causa della riservatezza delle basi tecniche che hanno permesso l’attuazione di tale misura e, per tale ragione, l’imputato potrebbe non essere in grado di svolgere efficacemente le proprie osservazioni in merito a tali dati nel corso del successivo procedimento penale.

84      Per quanto riguarda l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/41, il giudice del rinvio si chiede, con la sua terza questione, lettere a) e b), se – in generale o, quanto meno, laddove tali dati siano stati raccolti dalle autorità competenti dello Stato di esecuzione nel territorio dello Stato di emissione e nell’interesse di quest’ultimo – l’emissione di un ordine europeo di indagine diretto alla trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione sia soggetta alle stesse condizioni sostanziali applicate, nello Stato di emissione, in materia di raccolta di tali prove in un caso puramente interno.

85      Ciò premesso, occorre considerare che, con la seconda e la terza questione, che vanno esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, ed eventualmente a quali condizioni, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 osti a che un pubblico ministero adotti un ordine europeo di indagine inteso alla trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione, qualora tali prove siano state acquisite a seguito dell’intercettazione, da parte di tali autorità, nel territorio dello Stato di emissione, di telecomunicazioni dell’insieme degli utenti di telefoni cellulari che permettono, grazie a un software speciale e ad un hardware modificato, una comunicazione cifrata da punto a punto.

86      A tal riguardo, va ricordato che la direttiva 2014/41 ha per oggetto, come risulta dai suoi considerando da 5 a 8, di sostituire il quadro frammentario e complesso esistente in materia di acquisizione di prove nelle cause penali aventi dimensione transfrontaliera e tende, mediante l’istituzione di un sistema semplificato e più efficace basato su un unico strumento denominato «ordine europeo di indagine», a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria al fine di contribuire a realizzare l’obiettivo assegnato all’Unione di diventare uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, fondandosi sull’elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri [sentenza dell’8 dicembre 2020, Staatsanwaltschaft Wien (Ordini di bonifico falsificati), C‑584/19, EU:C:2020:1002, punto 39].

87      Conformemente all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/41, l’emissione di un ordine europeo di indagine è subordinata alla compresenza di due condizioni cumulative, il cui rispetto è verificato dall’autorità di emissione. Da un lato, in forza di tale articolo 6, paragrafo 1, lettera a), tale autorità deve accertarsi che l’emissione dell’ordine europeo di indagine sia necessaria e proporzionata ai fini del procedimento di cui all’articolo 4 di detta direttiva, tenendo conto dei diritti della persona sottoposta a indagine o della persona imputata. Dall’altro, in forza di detto articolo 6, paragrafo 1, lettera b), tale autorità deve verificare che l’atto o gli atti di indagine richiesti nell’ordine europeo di indagine avrebbero potuto essere emessi alle stesse condizioni in un caso interno analogo.

88      L’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/41 richiede quindi che si effettui un controllo sulla necessità e proporzionalità dell’emissione dell’ordine europeo di indagine con riferimento alle finalità dei procedimenti di cui all’articolo 4 di tale direttiva. Quest’ultimo articolo, che determina i tipi di procedimenti per i quali può essere emesso un ordine europeo di indagine, dispone, al suo punto a), che un ordine di questo tipo può essere emesso «in relazione a un procedimento penale avviato da un’autorità giudiziaria, o che può essere promosso davanti alla stessa, relativamente a un illecito penale ai sensi del diritto nazionale dello Stato di emissione». Poiché tale disposizione rinvia al diritto dello Stato di emissione, il carattere necessario e proporzionato dell’emissione di un siffatto ordine deve essere valutato unicamente alla luce di tale diritto.

89      A tal riguardo, tenuto conto degli interrogativi del giudice del rinvio ricordati ai precedenti punti 82 e 83, occorre precisare, da un lato, che l’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/41 non richiede che l’emissione di un ordine europeo di indagine diretto alla trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione sia necessariamente subordinata all’esistenza di una presunzione di reato grave fondata su fatti concreti, a carico di ciascuna persona interessata, nel momento in cui tale ordine europeo di indagine viene emesso, qualora un tale requisito non derivi dal diritto dello Stato di emissione.

90      Dall’altro lato, tale disposizione non osta all’emissione di un ordine europeo di indagine neppure laddove l’integrità dei dati ottenuti tramite la misura di intercettazione non possa essere verificata a causa della riservatezza delle basi tecniche che hanno permesso l’attuazione di tale misura, purché il diritto a un processo equo venga garantito nel corso del successivo procedimento penale. Infatti, l’integrità delle prove trasmesse può, in linea di principio, essere valutata solo nel momento in cui le autorità competenti dispongono effettivamente delle prove di cui trattasi e non nella fase anteriore dell’emissione dell’ordine europeo di indagine.

91      Inoltre, dalla formulazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/41, nonché dalla distinzione operata all’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva, richiamata al precedente punto 68, risulta che, nell’ipotesi in cui «l’atto o gli atti di indagine richiesti nell’[ordine europeo di indagine]» consista nell’acquisizione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione, vale a dire nella trasmissione di tali prove alle autorità competenti dello Stato di emissione, un siffatto ordine può essere emesso unicamente a condizione che tale trasmissione avrebbe potuto essere disposta «alle stesse condizioni in un caso interno analogo».

92      Impiegando i termini «alle stesse condizioni» e «in un caso interno analogo», l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/41 subordina al solo diritto dello Stato di emissione la determinazione delle specifiche condizioni richieste per l’emissione di un ordine europeo di indagine.

93      Ne consegue che, qualora un’autorità di emissione intenda acquisire prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione, tale autorità deve subordinare un ordine europeo di indagine al rispetto di tutte le condizioni previste dal diritto del proprio Stato membro per un caso interno analogo.

94      Ciò significa che la legittimità di un ordine europeo di indagine come quelli di cui trattasi nel procedimento principale, diretto alla trasmissione di dati in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione idonei a fornire informazioni sulle comunicazioni effettuate da un utente di un telefono cellulare che permette, grazie a un software speciale e a un hardware modificato, una comunicazione cifrata da punto a punto, è soggetta alle stesse condizioni applicabili, se del caso, alla trasmissione di tali dati in una situazione puramente interna allo Stato di emissione.

95      Di conseguenza, se il diritto dello Stato di emissione subordina tale trasmissione all’esistenza di indizi concreti di commissione di reati gravi da parte dell’imputato o all’ammissibilità delle prove costituite dai dati di cui trattasi, l’adozione di un ordine europeo di indagine è soggetta a tutte le medesime condizioni.

96      Per contro, l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/41 non richiede – neppure in una situazione come quella in causa nel procedimento principale, in cui i dati in questione sono stati raccolti dalle autorità competenti dello Stato di esecuzione nel territorio dello Stato di emissione e nell’interesse di quest’ultimo – che l’emissione di un ordine europeo di indagine diretto alla trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione sia soggetta alle stesse condizioni sostanziali applicabili, nello Stato di emissione, in materia di raccolta di tali prove.

97      È vero che l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/41 mira ad evitare l’elusione delle norme e delle garanzie previste dal diritto dello Stato di emissione. Tuttavia, nel caso di specie, non risulta che detta raccolta e la trasmissione, mediante un ordine europeo di indagine, delle prove così raccolte abbiano avuto come obiettivo o come effetto una simile elusione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

98      Inoltre, in assenza, nella direttiva 2014/41, di qualsiasi norma che faccia variare il regime applicabile a un ordine europeo di indagine diretto alla trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione in funzione del luogo in cui tali prove sono state raccolte, la circostanza che, nel caso di specie, lo Stato di esecuzione abbia proceduto a tale raccolta nel territorio dello Stato di emissione e nell’interesse di quest’ultimo è, al riguardo, irrilevante.

99      Inoltre, occorre ricordare che, come emerge in particolare dai considerando 2, 6 e 19 della direttiva 2014/41, l’ordine europeo di indagine è uno strumento che rientra nella cooperazione giudiziaria in materia penale di cui all’articolo 82, paragrafo 1, TFUE, la quale è fondata sul principio del riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie. Orbene, tale principio, che costituisce la «pietra angolare» della cooperazione giudiziaria in materia penale, è a sua volta fondato sulla fiducia reciproca nonché sulla presunzione relativa che gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali [sentenza dell’8 dicembre 2020, Staatsanwaltschaft Wien (Ordini di bonifico falsificati), C‑584/19, EU:C:2020:1002, punto 40].

100    Ne consegue che, qualora mediante un ordine europeo di indagine l’autorità di emissione intenda ottenere la trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione, tale autorità non è autorizzata a controllare la regolarità del distinto procedimento con il quale lo Stato membro di esecuzione ha raccolto le prove di cui essa chiede la trasmissione. In particolare, un’interpretazione contraria dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva condurrebbe in pratica ad un sistema più complesso e meno efficace, che nuocerebbe all’obiettivo perseguito da detta direttiva.

101    Si deve inoltre sottolineare che la direttiva 2014/41 garantisce un controllo giurisdizionale del rispetto dei diritti fondamentali delle persone interessate.

102    Da un lato, l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 impone agli Stati membri di provvedere affinché mezzi di impugnazione equivalenti a quelli disponibili in un caso interno analogo siano applicabili agli atti di indagine richiesti nell’ordine europeo di indagine. Orbene, in tale contesto, spetta all’organo giurisdizionale competente controllare il rispetto delle condizioni di emissione di un tale ordine, le quali sono enunciate all’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva e ricordate ai punti da 87 a 95 della presente sentenza.

103    Di conseguenza, se l’acquisizione di prove già in possesso delle autorità competenti di un altro Stato membro dovesse o apparire sproporzionata ai fini dei procedimenti penali avviati a carico dell’interessato nello Stato di emissione, ad esempio in ragione della gravità della violazione dei diritti fondamentali di quest’ultimo, oppure essere stata disposta in violazione del regime giuridico applicabile a un caso interno analogo, l’organo giurisdizionale investito del ricorso contro l’ordine europeo di indagine che dispone tale trasmissione dovrebbe trarne le conseguenze che si impongono in base al diritto nazionale.

104    Dall’altro lato, l’articolo 14, paragrafo 7, della direttiva 2014/41 impone agli Stati membri di assicurare che, nel procedimento penale avviato nello Stato di emissione, siano rispettati i diritti della difesa e sia garantito un giusto processo nel valutare le prove acquisite tramite tale ordine europeo di indagine.

105    Orbene, per quanto riguarda segnatamente il diritto a un processo equo, si deve ricordare in particolare che un organo giurisdizionale, qualora consideri che una parte non sia in grado di svolgere efficacemente le proprie osservazioni in merito a un elemento di prova idoneo ad influire in modo preponderante sulla valutazione dei fatti, deve constatare una violazione del diritto ad un processo equo ed escludere tale mezzo di prova al fine di evitare una violazione di questo tipo [v., in tal senso, sentenza del 2 marzo 2021, Prokuratuur (Condizioni di accesso ai dati relativi alle comunicazioni elettroniche) C‑746/18, EU:C:2021:152, punto 44].

106    In considerazione della suesposta motivazione, occorre rispondere alle questioni seconda e terza dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un pubblico ministero adotti un ordine europeo di indagine inteso ad ottenere la trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione, qualora tali prove siano state acquisite a seguito dell’intercettazione, da parte di tali autorità, nel territorio dello Stato di emissione, di telecomunicazioni dell’insieme degli utenti di telefoni cellulari che permettono, grazie a un software speciale e ad un hardware modificato, una comunicazione cifrata da punto a punto, purché un tale ordine di indagine rispetti tutte le condizioni eventualmente previste dal diritto dello Stato di emissione per la trasmissione di tali prove in un caso puramente interno a detto Stato.

 Sulla quarta questione, lettere a) e b)

107    Con la quarta questione, lettere a) e b), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 31 della direttiva 2014/41 debba essere interpretato nel senso che una misura connessa all’infiltrazione in apparecchi terminali, diretta a estrarre dati relativi al traffico, all’ubicazione e alle comunicazioni di un servizio di comunicazione basato su Internet, costituisce un’«intercettazione di telecomunicazioni», ai sensi di tale articolo, che deve essere notificata a un giudice dello Stato membro sul cui territorio si trova la persona sottoposta all’intercettazione.

108    L’articolo 31, paragrafo 1, di tale direttiva contempla l’ipotesi in cui l’autorità competente di uno Stato membro abbia autorizzato, ai fini del compimento di un atto di indagine, l’intercettazione di telecomunicazioni di una persona il cui indirizzo di comunicazione è utilizzato sul territorio di un altro Stato membro la cui assistenza tecnica non è necessaria per effettuare tale intercettazione. In tale ipotesi, il primo di tali Stati membri, denominato «Stato membro di intercettazione», deve notificare tale intercettazione all’autorità competente del secondo di tali Stati membri, denominato «Stato membro notificato».

109    Per quanto riguarda, in primo luogo, la nozione di «telecomunicazioni» utilizzata in tale disposizione, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, dalla necessità di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun rinvio espresso al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del proprio significato e della propria portata, devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma ed uniforme, da effettuarsi tenendo conto non soltanto della formulazione della medesima, ma anche del suo contesto e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte [v., in tal senso, sentenze del 18 gennaio 1984, Ekro, 327/82, EU:C:1984:11, punto 11, e dell’8 dicembre 2020, Staatsanwaltschaft Wien (Ordini di bonifico falsificati), C‑584/19, EU:C:2020:1002, punto 49].

110    Tenuto conto del fatto che nessuna disposizione della direttiva 2014/41 contiene una definizione della nozione di «telecomunicazioni» utilizzata all’articolo 31, paragrafo 1, di tale direttiva, né un rinvio espresso al diritto degli Stati membri per determinare il senso e la portata di tale nozione, si deve ritenere che tale disposizione debba ricevere un’interpretazione autonoma e uniforme nel diritto dell’Unione, conformemente alla metodologia ricordata al punto precedente.

111    In primis, in ordine alla formulazione dell’articolo 31, paragrafo 1, della direttiva 2014/41, il termine «telecomunicazioni» rinvia, nel suo significato comune, all’insieme dei procedimenti di trasmissione di informazioni a distanza.

112    In secundis, per quanto riguarda il contesto in cui si inserisce l’articolo 31, paragrafo 1, della direttiva 2014/41, occorre rilevare che il paragrafo 2 di tale articolo prevede che la notifica di cui al paragrafo 1 di detto articolo sia effettuata utilizzando il modulo di cui all’allegato C di tale direttiva. Ebbene, sotto la rubrica «Oggetto dell’intercettazione», il punto B, III, di tale allegato menziona sia un numero di telefono sia un indirizzo di protocollo Internet («numero IP») o ancora un indirizzo di posta elettronica. L’ampia accezione del termine «telecomunicazioni» è, inoltre, confermata dall’articolo 31, paragrafo 3, della direttiva 2014/41, il quale menziona, in maniera indifferenziata, «i risultati» dell’intercettazione.

113    In tertiis, relativamente all’obiettivo dell’articolo 31 della direttiva 2014/41, dal considerando 30 di quest’ultima risulta che le possibilità di cooperare sulla base di tale direttiva in materia di intercettazione delle telecomunicazioni non dovrebbero essere limitate al contenuto delle telecomunicazioni, ma dovrebbero anche riguardare la raccolta di dati relativi al traffico e all’ubicazione associate a tali telecomunicazioni.

114    Ne deriva che l’infiltrazione in apparecchiature terminali volta ad estrarre dati di comunicazione, ma anche dati relativi al traffico o all’ubicazione, a partire da un servizio di comunicazione basato su Internet costituisce un’«intercettazione di telecomunicazioni» ai sensi dell’articolo 31 della direttiva 2014/41.

115    In secondo luogo, per quanto riguarda l’autorità alla quale deve essere inviata la notifica prevista da tale articolo, risulta in primis dalla formulazione dell’articolo 31, paragrafo 1, di tale direttiva che il legislatore dell’Unione si è limitato a rinviare all’«autorità competente dello Stato membro notificato», senza precisare la natura, amministrativa o giurisdizionale, che tale autorità deve rivestire o le funzioni di quest’ultima.

116    In secundis, occorre altresì rilevare, da un lato, che tale autorità non rientra tra le informazioni, elencate all’articolo 33 della direttiva 2014/41, che gli Stati membri dovevano comunicare alla Commissione europea. Dall’altro lato, come risulta dal modulo di cui all’allegato C di tale direttiva, che, come indicato al precedente punto 112, deve essere utilizzato per notificare l’«intercettazione di telecomunicazioni», ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 1, di detta direttiva, l’unica indicazione che deve essere fornita al riguardo su tale modulo è lo «Stato membro notificato».

117    Ne deriva che spetta a ciascuno Stato membro designare l’autorità competente a ricevere la notifica di cui all’articolo 31, paragrafo 1, della direttiva 2014/41. Nel caso in cui lo Stato membro di intercettazione non sia in grado di identificare l’autorità competente dello Stato membro notificato, tale notifica può essere inviata a qualsiasi autorità dello Stato membro notificato che lo Stato membro di intercettazione ritenga idonea a tal fine.

118    A tal riguardo, occorre tuttavia precisare che l’autorità competente ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 1, della direttiva 2014/41 può, in forza dell’articolo 31, paragrafo 3, di tale direttiva, tra l’altro, comunicare che l’intercettazione non può essere effettuata o che si deve porre fine alla medesima qualora l’intercettazione non sia ammessa in un caso interno analogo. Ne consegue che, se l’autorità che riceve la notifica non è l’autorità competente in forza del diritto dello Stato membro notificato, tale prima autorità deve trasmettere d’ufficio la notifica all’autorità competente, al fine di garantire l’effetto utile dell’articolo 31 della direttiva 2014/41.

119    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione, lettere a) e b), dichiarando che l’articolo 31 della direttiva 2014/41 deve essere interpretato nel senso che una misura connessa all’infiltrazione in apparecchi terminali, diretta a estrarre dati relativi al traffico, all’ubicazione e alle comunicazioni di un servizio di comunicazione basato su Internet, costituisce un’«intercettazione di telecomunicazioni», ai sensi di tale articolo, che deve essere notificata all’autorità a tal fine designata dallo Stato membro sul cui territorio si trova la persona sottoposta all’intercettazione. Nel caso in cui lo Stato membro di intercettazione non sia in grado di identificare l’autorità competente dello Stato membro notificato, tale notifica può essere inviata a qualsiasi autorità dello Stato membro notificato che lo Stato membro di intercettazione ritenga idonea a tal fine.

 Sulla quarta questione, lettera c)

120    Con la sua quarta questione, lettera c), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 31 della direttiva 2014/41 debba essere interpretato nel senso che esso mira a tutelare i diritti degli utenti interessati da una misura di «intercettazione di telecomunicazioni», ai sensi di tale articolo, e che tale tutela si estende all’utilizzo dei dati così raccolti nell’ambito di procedimenti penali avviati nello Stato membro notificato.

121    Anzitutto, contrariamente all’«intercettazione di telecomunicazioni con l’assistenza tecnica di un altro Stato membro», disciplinata dall’articolo 30 della direttiva 2014/41, l’«intercettazione di telecomunicazioni» di cui all’articolo 31 di tale direttiva, vale a dire quella che non necessiti dell’assistenza tecnica dello Stato membro nel cui territorio si trova la persona sottoposta ad intercettazione, non è oggetto di un ordine europeo di indagine. Ne consegue che le diverse condizioni e garanzie che delimitano un siffatto ordine non sono applicabili a detta intercettazione.

122    Inoltre, come rilevato al precedente punto 118, dalla formulazione dell’articolo 31, paragrafo 3, della direttiva 2014/41 risulta che, qualora, in un caso interno analogo, l’intercettazione non sia ammessa, l’autorità competente dello Stato membro notificato può notificare all’autorità competente dello Stato membro di intercettazione che tale intercettazione non può essere effettuata o che si deve porre fine alla medesima o anche, se del caso, che i dati intercettati non possono essere utilizzati o possono essere utilizzati solo alle condizioni da essa specificate.

123    L’utilizzo del verbo «potere» in tale disposizione implica che lo Stato membro notificato disponga di una facoltà che rientra nella discrezionalità dell’autorità competente di tale Stato, e l’esercizio di tale facoltà deve essere giustificato dal fatto che una simile intercettazione non sarebbe autorizzata in un caso interno analogo.

124    L’articolo 31 della direttiva 2014/41 mira quindi non solo a garantire il rispetto della sovranità dello Stato membro notificato, ma anche ad assicurare che il livello di tutela garantito in tale Stato membro in materia di intercettazione delle telecomunicazioni non sia compromesso. Pertanto, poiché le intercettazioni telefoniche costituiscono un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata e delle comunicazioni, sancito dall’articolo 7 della Carta, della persona sottoposta all’intercettazione (v., in tal senso, sentenza del 17 gennaio 2019, Dzivev e a., C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 36), si deve ritenere che l’articolo 31 della direttiva 2014/41 miri altresì a tutelare i diritti delle persone interessate da una misura di questo tipo, finalità che si estende all’utilizzo dei dati ai fini dell’esercizio dell’azione penale nello Stato membro notificato.

125    Alla luce dell’insieme dei motivi che precedono, occorre rispondere alla quarta questione, lettera c), dichiarando che l’articolo 31 della direttiva 2014/41 deve essere interpretato nel senso che esso mira anche a tutelare i diritti degli utenti interessati da una misura di «intercettazione di telecomunicazioni», ai sensi di tale articolo.

 Sulla quinta questione

126    Con la quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il principio di effettività imponga al giudice penale nazionale di espungere, nell’ambito di un procedimento penale avviato a carico di una persona sospettata di atti di criminalità, informazioni ed elementi di prova che siano stati ottenuti in violazione delle prescrizioni del diritto dell’Unione.

127    In via preliminare, occorre indicare, da un lato, che occorre rispondere a tale questione soltanto per l’ipotesi in cui il giudice del rinvio concludesse, sulla base delle risposte alle questioni pregiudiziali dalla prima alla quarta, che gli ordini europei di indagine sono stati emessi in modo illegittimo.

128    Dall’altro, allo stato attuale del diritto dell’Unione, spetta, in linea di principio, unicamente al diritto nazionale determinare le norme relative all’ammissibilità e alla valutazione, nell’ambito di un procedimento penale, di informazioni e di elementi di prova che sono stati ottenuti con modalità contrarie al diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2020, La Quadrature du Net e a. (C‑511/18, C‑512/18 e C‑520/18, EU:C:2020:791, punto 222).

129    Infatti, secondo una costante giurisprudenza, in assenza di una normativa dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro, ai sensi del principio dell’autonomia procedurale, stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, a condizione tuttavia che esse non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (v., in tal senso, sentenze del 16 dicembre 1976, Rewe-Zentralfinanz e Rewe-Zentral, 33/76, EU:C:1976:188, punto 5, e del 6 ottobre 2020, La Quadrature du Net e a., C‑511/18, C‑512/18 e C‑520/18, EU:C:2020:791, punto 223).

130    Ciò premesso, come risulta dai punti 104 e 105 della presente sentenza, non si può ignorare che l’articolo 14, paragrafo 7, della direttiva 2014/41 impone espressamente agli Stati membri di garantire, fatta salva l’applicazione delle norme procedurali nazionali, che, in un procedimento penale nello Stato di emissione, siano rispettati i diritti della difesa e sia garantito un giusto processo nel valutare le prove ottenute mediante l’ordine europeo di indagine, il che comporta che un elemento di prova sul quale una parte non sia in grado di svolgere efficacemente le proprie osservazioni debba essere escluso dal procedimento penale.

131    Alla luce di tutti i motivi che precedono, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando che l’articolo 14, paragrafo 7, della direttiva 2014/41 deve essere interpretato nel senso che esso impone al giudice penale nazionale di espungere, nell’ambito di un procedimento penale avviato a carico di una persona sospettata di atti di criminalità, informazioni ed elementi di prova se tale persona non è in grado di svolgere efficacemente le proprie osservazioni su tali informazioni ed elementi di prova e questi ultimi siano idonei ad influire in modo preponderante sulla valutazione dei fatti.

 Sulle spese

132    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 2, lettera c), della direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all’ordine europeo di indagine penale,

devono essere interpretati nel senso che:

un ordine europeo di indagine inteso a ottenere la trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione non deve essere adottato necessariamente da un giudice quando, in forza del diritto dello Stato di emissione, in un procedimento puramente interno a tale Stato, la raccolta iniziale di tali prove avrebbe dovuto essere ordinata da un giudice, ma competente ad ordinare l’acquisizione di dette prove è il pubblico ministero.

2)      L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2014/41

deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta a che un pubblico ministero adotti un ordine europeo di indagine inteso a ottenere la trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione, qualora tali prove siano state acquisite a seguito dell’intercettazione, da parte di tali autorità, nel territorio dello Stato di emissione, di telecomunicazioni dell’insieme degli utenti di telefoni cellulari che permettono, grazie a un software speciale e a un hardware modificato, una comunicazione cifrata da punto a punto, purché un tale ordine di indagine rispetti tutte le condizioni eventualmente previste dal diritto dello Stato di emissione per la trasmissione di tali prove in un caso puramente interno a detto Stato.

3)      L’articolo 31 della direttiva 2014/41

deve essere interpretato nel senso che:

una misura connessa all’infiltrazione in apparecchi terminali, diretta a estrarre dati relativi al traffico, all’ubicazione e alle comunicazioni di un servizio di comunicazione basato su Internet, costituisce un’«intercettazione di telecomunicazioni», ai sensi di tale articolo, che deve essere notificata all’autorità a tal fine designata dallo Stato membro sul cui territorio si trova la persona sottoposta all’intercettazione. Nel caso in cui lo Stato membro di intercettazione non sia in grado di identificare l’autorità competente dello Stato membro notificato, tale notifica può essere inviata a qualsiasi autorità dello Stato membro notificato che lo Stato membro di intercettazione ritenga idonea a tal fine.

4)      L’articolo 31 della direttiva 2014/41

deve essere interpretato nel senso che:

esso mira anche a tutelare i diritti degli utenti interessati da una misura di «intercettazione di telecomunicazioni», ai sensi di tale articolo.

5)      L’articolo 14, paragrafo 7, della direttiva 2014/41

deve essere interpretato nel senso che:

esso impone al giudice penale nazionale di espungere, nell’ambito di un procedimento penale avviato a carico di una persona sospettata di atti di criminalità, informazioni ed elementi di prova se tale persona non è in grado di svolgere efficacemente le proprie osservazioni su tali informazioni ed elementi di prova e questi ultimi siano idonei ad influire in modo preponderante sulla valutazione dei fatti.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.