Language of document : ECLI:EU:C:2024:303

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ANTHONY MICHAEL COLLINS

presentate l’11 aprile 2024 (1)

Causa C15/24 PPU [Stachev] (i)

CH

contro

Sofiyska rayonna prokuratura

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia, Bulgaria)]

«Rinvio pregiudiziale – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Direttiva 2013/48/UE – Diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale – Rinuncia a tale diritto da parte di una persona analfabeta»






 I.      Introduzione

1.        Il Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia, Bulgaria) sottopone alla Corte sei questioni vertenti sull’interpretazione, alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), della direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari (2).

 II.      Controversia nel procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

2.        CH è un cittadino bulgaro che non padroneggia la lingua scritta bulgara e ha precedenti penali.

3.        Il 16 dicembre 2022, CH veniva arrestato in quanto sospettato di avere commesso due rapine il 2 e il 14 dicembre 2022. Dopo essere stato condotto in un commissariato di polizia, egli firmava una dichiarazione con la quale rinunciava al diritto di essere difeso da un avvocato. Secondo la legge bulgara, per dimostrare che una persona analfabeta ha rinunciato a detto diritto occorrono le firme di un ufficiale di polizia e di un testimone indipendente. Sembra che nessuna delle due condizioni fosse soddisfatta (3). Durante l’interrogatorio di polizia che ne seguiva in assenza di un difensore, CH ammetteva di avere commesso la seconda rapina e indicava il luogo in cui si trovavano gli oggetti rubati in tale occasione. Nel corso di un’identificazione personale diretta effettuata più tardi lo stesso giorno, la vittima della seconda rapina identificava CH come autore del reato.

4.        Il 17 dicembre 2022 la vittima della prima rapina identificava CH come autore del reato nel corso di una seconda identificazione personale diretta effettuata in assenza di un difensore. Successivamente, la Sofiyska rayonna prokuratura (Procura distrettuale di Sofia, Bulgaria) accusava CH di avere commesso due rapine il 2 e il 14 dicembre 2022. Poiché, secondo la legge bulgara, una persona accusata di avere commesso un reato deve essere difesa da un avvocato, ne veniva nominato uno per rappresentarlo.

5.        Il 19 dicembre 2022, CH compariva dinanzi al Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia), il quale ne disponeva la collocazione in custodia cautelare. Il 29 dicembre 2022, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) confermava tale provvedimento.

6.        Il 13 giugno 2023, il Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia) respingeva l’istanza di CH diretta all’attenuazione della misura custodiale. Il 22 giugno 2023, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) confermava tale provvedimento.

7.        Il 18 agosto 2023, il Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia) decideva di rimettere in libertà CH, con l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità di polizia del suo luogo di residenza. Tale decisione veniva assunta sulla base del fatto che era impossibile sapere se, al momento dell’arresto, CH avesse volontariamente e consapevolmente rinunciato al diritto di essere difeso da un avvocato, in quanto era analfabeta e la sua presunta rinuncia non era stata firmata da un testimone. In tali circostanze, il Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia) concludeva che le successive indagini di polizia erano illegittime, cosicché le prove con esse raccolte non potevano essere utilizzate per perseguire CH.

8.        Il 7 settembre 2023, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) annullava tale decisione e stabiliva che CH doveva rimanere in custodia cautelare. Esso considerava che, sebbene nessun avvocato avesse assistito CH tra il momento del suo arresto e quello della sua imputazione, non risultava che le prove raccolte dalla polizia nel corso delle sue indagini fossero state ottenute illegalmente.

9.        Il 2 ottobre 2023, il Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia) decideva nuovamente di rilasciare CH, con l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità di polizia del suo luogo di residenza. Il 7 novembre 2023, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) annullava nuovamente tale decisione e stabiliva che CH doveva rimanere in custodia cautelare.

10.      Il procedimento penale a carico di CH è pendente dinanzi al Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia). Detto giudice dubita che le autorità di polizia avessero rispettato il diritto di CH di avvalersi di un difensore nel periodo successivo al suo arresto e prima che egli fosse accusato di avere commesso le due rapine. Esso chiede se la direttiva 2013/48 consenta a un giudice nazionale, allorché si pronuncia in merito a misure coercitive cautelari, di valutare se le prove a carico di un imputato siano state raccolte in violazione del suo diritto di avvalersi di un difensore. Il Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia) nutre dubbi sulla questione se l’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), della direttiva 2013/48, che consente agli Stati membri di derogare temporaneamente al diritto di avvalersi di un difensore in circostanze eccezionali nella fase che precede il processo, ma che non è stato recepito nel diritto bulgaro, abbia effetto diretto. Esso si domanda inoltre se l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2013/48 sia rispettato nel caso in cui un indagato, analfabeta e che affermi di non essere stato a conoscenza del contenuto del documento che ha firmato, rinunci per iscritto al diritto di avvalersi di un difensore. Infine, il Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia) chiede se la rinuncia al diritto di essere assistito da un difensore al momento dell’arresto di un indagato liberi le autorità di polizia dall’obbligo di informarlo del suo diritto di avvalersi di un difensore prima di compiere ulteriori atti di indagine.

11.      Il Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia) ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se sia compatibile con l’articolo 12, paragrafo 2, della [direttiva 2013/48], in combinato disposto con l’articolo 47, paragrafo 1, della [Carta], se il giudice che esamina la questione dell’esistenza di un fondato sospetto della partecipazione dell’imputato al reato contestatogli al fine di decidere sull’adozione o sull’esecuzione di una misura cautelare adeguata, venga privato, sulla base di una normativa e della giurisprudenza nazionali, della possibilità di valutare se le prove siano state acquisite in violazione del diritto dell’imputato di avvalersi di un difensore ai sensi di tale direttiva, allorché questi è stato indagato e il suo diritto di libera circolazione è stato limitato dalle autorità di polizia.

2)      Se sia osservato il requisito del rispetto dei diritti della difesa e dell’equità del procedimento ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48 qualora il giudice che esamina la questione dell’adeguatezza della misura cautelare tenga conto, nella formazione del proprio intimo convincimento, di prove acquisite in violazione delle prescrizioni della direttiva, allorché la persona è stata indagata e il suo diritto di libera circolazione è stato limitato dalle autorità di polizia.

3)      Se l’esclusione di prove acquisite in violazione della direttiva 2013/48 da parte del giudice, il quale, nonostante le istruzioni di senso contrario di un giudice di grado superiore, esamina la questione dell’adeguatezza della misura cautelare, si ripercuota negativamente sui requisiti di un processo equo sanciti dall’articolo 12, paragrafo 2, di tale direttiva, in combinato disposto con l’articolo 47, paragrafi 1 e 2 della Carta, e faccia sorgere dubbi sull’imparzialità del giudice.

4)      Se la possibilità, prevista all’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), della direttiva 2013/48, di derogare temporaneamente, in circostanze eccezionali, nella fase che precede il processo, al diritto di avvalersi di un difensore, ove vi sia la necessità imperativa di un intervento immediato delle autorità inquirenti per evitare di compromettere in modo sostanziale un procedimento penale, esplichi effetti diretti nello Stato membro dell’Unione interessato, qualora tale disposizione non sia stata recepita nel suo ordinamento giuridico nazionale.

5)      Se siano salvaguardate le garanzie di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettere a) e b), in combinato disposto con il considerando 39 della direttiva 2013/48, qualora esista effettivamente una rinuncia scritta di un indagato al diritto di avvalersi di un difensore, ma l’indagato sia analfabeta e non sia stato informato in merito alle possibili conseguenze della rinuncia, e affermi successivamente dinanzi al giudice di non essere stato a conoscenza del contenuto del documento da lui firmato al momento della limitazione del suo diritto di libera circolazione da parte delle autorità di polizia.

6)      Se la rinuncia ad essere assistito da un difensore, ai sensi delle disposizioni della direttiva 2013/48, espressa da un indagato al momento del suo arresto liberi le autorità dall’obbligo di informarlo immediatamente prima dell’esecuzione di ogni ulteriore atto d’indagine che abbia luogo con la sua partecipazione in merito al diritto di avvalersi di un difensore e alle possibili conseguenze di un’eventuale rinuncia».

12.      Atteso che CH si trova in stato di custodia dal 16 dicembre 2022 e la domanda di pronuncia pregiudiziale solleva questioni in un ambito disciplinato dal titolo V della terza parte del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia) chiede inoltre alla Corte, nella propria decisione di rinvio dell’11 gennaio 2024, che il rinvio sia trattato con il procedimento pregiudiziale d’urgenza di cui all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte di giustizia.

13.      Con decisione del 25 gennaio 2024 la Corte ha accolto tale richiesta.

14.      Nelle osservazioni scritte depositate per conto di CH si afferma che egli non ha nulla da aggiungere alla decisione di rinvio. La Commissione europea ha depositato osservazioni scritte, svolto osservazioni orali e risposto ai quesiti posti dalla Corte all’udienza dell’11 marzo 2024.

 III.      Valutazione

15.      L’articolo 82, paragrafo 2, lettera b), TFUE costituisce la base giuridica della direttiva 2013/48. Detta disposizione conferisce all’Unione europea la competenza ad adottare direttive che stabiliscano norme minime relative ai diritti della persona nella procedura penale, fatte salve le differenze fra le tradizioni giuridiche e i sistemi giuridici degli Stati membri. L’articolo 1 della direttiva 2013/48 annuncia quindi norme minime relative ai diritti di indagati e imputati in procedimenti penali, in particolare al diritto ad avvalersi di un difensore, fermi restando i principi di sussidiarietà e di proporzionalità (4). Gli Stati membri possono assicurare un livello di tutela più elevato (5).

 A – Sulla ricevibilità

16.      Con le questioni prima, seconda e terza, il giudice del rinvio chiede un’interpretazione della direttiva 2013/48 alla luce dell’articolo 47 della Carta, in un contesto nel quale CH si trova in custodia cautelare per ordine del Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia).

17.      L’articolo 267 TFUE prevede che la domanda di pronuncia pregiudiziale debba essere «necessaria» al fine di consentire al giudice del rinvio di «emanare la sua sentenza» nella causa della quale è investito (6). Deve quindi esistere tra la controversia dinanzi a un giudice nazionale e l’interpretazione richiesta del diritto dell’Unione un collegamento tale per cui quest’ultima risponde ad una necessità oggettiva al fine di consentire al giudice del rinvio di pronunciarsi su detta controversia (7).

18.      I giudici nazionali definiscono il contesto di diritto e di fatto in cui sottopongono alla Corte questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione. La Corte non verifica l’esattezza di tali constatazioni e le questioni di interpretazione poste beneficiano quindi di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta è possibile soltanto qualora consti in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta dal giudice nazionale non ha alcun rapporto con i fatti o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, oppure quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per consentirle di rispondere utilmente a tale domanda. La funzione affidata alla Corte nell’ambito del procedimento pregiudiziale consiste nel contribuire all’amministrazione della giustizia negli Stati membri, e non nel formulare opinioni a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche (8).

19.      Dal fascicolo della Corte si evince che, a seguito del provvedimento del Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) del 7 novembre 2023 con cui è stato disposto il mantenimento in custodia cautelare di  CH, il 20 novembre 2023 il giudice del rinvio ha deciso, d’ufficio, di sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte (9). Sia dal verbale dell’udienza tenutasi a tale data dinanzi al giudice del rinvio, sia dalla decisione di rinvio emerge che detto giudice, nel momento in cui ha adottato tale decisione, non era investito di una domanda di commutazione della misura coercitiva disposta dal Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) nei confronti di  CH. Sebbene l’articolo 270, paragrafo 1, del nakazatelno‑protsesualen kodeks (10) (codice di procedura penale) preveda che una questione relativa alla commutazione di una misura coercitiva possa essere sollevata in qualunque momento prima del processo, il giudice nazionale non può commutare d’ufficio una misura coercitiva in assenza di una domanda presentata in nome dell’imputato (11). Tuttavia, nel momento in cui emette la sentenza definitiva sul merito delle accuse, il giudice nazionale può adottare le decisioni appropriate riguardo alle eventuali misure coercitive adottate nei confronti dell’imputato (12).

20.      Rilevo inoltre che possono essere presentate nuove domande di commutazione di misure coercitive ai sensi dell’articolo 270, paragrafo 1, del codice di procedura penale solo nel caso in cui l’imputato possa dimostrare un mutamento delle circostanze che lo riguardano (13). La decisione di rinvio non indica che vi sia stato alcun mutamento delle circostanze riguardanti CH nei tredici giorni trascorsi tra l’adozione del provvedimento del Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) e la decisione del giudice del rinvio di effettuare il presente rinvio. Risulta quindi che, con tale decisione di rinvio, il Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia) intende chiedere alla Corte di verificare la compatibilità con il diritto dell’Unione di un provvedimento di un giudice di secondo grado in circostanze nelle quali il giudice del rinvio non è competente, in base al diritto nazionale, a modificare o riesaminare detto provvedimento.

21.      Dal momento che il giudice del rinvio non è investito di una domanda di commutazione, in ragione di un mutamento delle circostanze, della misura coercitiva disposta dal Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia), le questioni prima, seconda e terza sono chiaramente ipotetiche. Suggerisco quindi alla Corte di respingere tali questioni in quanto irricevibili. Propongo tuttavia di esaminarle in questa sede al fine di assistere la Corte nel caso in cui dovesse decidere diversamente.

 B.      Nel merito

 1.      Sulle questioni prima, seconda e terza

22.      Con le questioni prima, seconda e terza, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, richieda che il giudice nazionale investito di una domanda di commutazione di una misura coercitiva durante la fase preprocessuale di un procedimento penale sia competente a valutare se le prove siano state acquisite in violazione del diritto di avvalersi di un difensore, nonostante eventuali istruzioni di senso contrario provenienti da un giudice di secondo grado.

23.      La Commissione ricorda che la direttiva 2013/48 stabilisce norme minime. Ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, di detta direttiva, gli indagati e imputati devono disporre di mezzi di ricorso effettivi ai sensi del diritto nazionale in caso di violazione dei diritti loro conferiti da detta direttiva. In assenza di norme dettagliate a livello dell’Unione, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire tali norme, purché siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività. La Commissione ritiene quindi che la direttiva 2013/48 non consenta al giudice di respingere automaticamente in quanto inammissibili le prove controverse e suggerisce di operare un bilanciamento.

24.      Dai considerando 4 e 6 della direttiva 2013/48 risulta che essa è intesa ad attuare il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni in materia penale, principio basato sulla fiducia reciproca che gli Stati membri ripongono nei rispettivi sistemi di giustizia penale. Detta direttiva tende a favorire, segnatamente, il diritto di farsi consigliare, difendere e rappresentare enunciato dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, nonché i diritti della difesa garantiti dall’articolo 48, paragrafo 2, di quest’ultima (14). Tuttavia, la direttiva 2013/48 stabilisce norme minime per tutelare il diritto di indagati e imputati di avvalersi di un difensore nell’ambito di procedimenti penali (15). Ciò è in linea con il fatto che, allo stato attuale del diritto dell’Unione, la disciplina dei procedimenti penali è prevalentemente di competenza degli Stati membri (16).

25.      L’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2013/48 impone agli Stati membri di stabilire mezzi di ricorso effettivi ai sensi del diritto nazionale in caso di violazione dei diritti conferiti da detta direttiva. Tenuto conto dei suoi termini chiari, incondizionati e precisi, tale disposizione sembra inoltre ostare a qualsiasi misura nazionale che ostacoli l’accesso a un mezzo di ricorso effettivo in caso di violazione di tali diritti (17). Tuttavia, l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2013/48 prevede che il diritto di contestare un’eventuale violazione dei diritti da essa conferiti debba essere concesso conformemente alle procedure di diritto nazionale. Pertanto, esso non è inteso a stabilire in che modo una violazione siffatta debba essere fatta valere o dimostrata né il momento in cui deve essere accertata la fondatezza di simili allegazioni (18).

26.      L’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48 prevede che gli Stati membri debbano garantire che, nella valutazione delle prove raccolte in violazione del diritto di accesso a un difensore nel procedimento penale, siano rispettati i diritti della difesa e l’equità di tale procedimento. Dal momento che l’articolo 2, paragrafo 4, della direttiva 2013/48 dispone che detta direttiva si applica se l’indagato o imputato è privato della libertà personale, indipendentemente dalla fase del procedimento penale, esso fornisce un chiaro sostegno alla tesi secondo cui l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48 può essere fatto valere per l’intera durata del procedimento penale.

27.      Il considerando 50 della direttiva 2013/48 prevede che l’obbligo di garantire il rispetto dei diritti della difesa e dell’equità del procedimento debba far salvi i sistemi o le norme nazionali in materia di ammissibilità delle prove. Tale obbligo non impedisce agli Stati membri di mantenere un sistema in base al quale possono essere prodotte davanti a un giudice tutte le prove esistenti, «senza che vi sia una valutazione distinta o preliminare [della loro] ammissibilità» (19). Detto considerando conferma quindi l’intenzione del legislatore dell’Unione di concedere agli Stati membri un margine di discrezionalità per adottare procedure specifiche a tal fine.

28.      Ne discende che il principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri trova applicazione, fatti salvi i limiti fissati dal diritto dell’Unione (20). In mancanza di una disciplina dell’Unione, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro delimitare le competenze dei giudici e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi che garantiscono la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione. Le modalità procedurali a tal fine non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza), né devono rendere eccessivamente difficile o praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (21).

29.      Per quanto riguarda il principio di effettività, il diritto dell’Unione non obbliga gli Stati membri a istituire mezzi di ricorso diversi da quelli già esistenti nel diritto interno, a meno che, tuttavia, dalla struttura di un ordinamento giuridico nazionale risulti che non vi è alcun rimedio giurisdizionale che permetta, anche solo in via incidentale, di garantire il rispetto dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione (22).

30.      Ne consegue che il diritto dell’Unione non osta a che uno Stato membro limiti il controllo giurisdizionale delle prove assunte per adottare misure coercitive nella fase che precede il processo se, successivamente, il giudice che si pronuncia nel merito dell’imputazione è in grado di verificare che i diritti dell’imputato, di cui alla direttiva 2013/48, letta alla luce degli articoli 47 e 48, paragrafo 2, della Carta, siano stati rispettati (23).

31.      Dalla decisione di rinvio emerge che, secondo il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia), in base al diritto bulgaro, allorché è stato adito con la domanda di commutazione di misure coercitive disposte nella fase preprocessuale del procedimento ai sensi dell’articolo 270, paragrafo 1, del codice di procedura penale, il giudice del rinvio non era competente a verificare le condizioni nelle quali erano state raccolte le prove a carico dell’imputato. Vista la conclusione da me raggiunta al paragrafo 30 delle presenti conclusioni, l’articolo 12 della direttiva 2013/48 non osta a norme e a una giurisprudenza nazionale in tal senso, purché il giudice che si pronuncia nel merito delle accuse a carico di un imputato sia in grado di valutare l’esistenza di una violazione dei diritti tutelati dalla direttiva 2013/48 e possa trarre tutte le conseguenze eventualmente derivanti da tale violazione, in particolare per quanto riguarda l’ammissibilità o il valore probatorio degli elementi di prova ottenuti in tali condizioni (24).

32.      Partendo invece dal presupposto che, in base al diritto bulgaro, il giudice del rinvio, quando è investito di una domanda ai sensi dell’articolo 270 del codice di procedura penale, sia competente a verificare le condizioni nelle quali sono state raccolte le prove a carico dell’imputato, esso deve esercitare tale competenza in modo conforme all’articolo 12 della direttiva 2013/48, garantendo quindi i diritti della difesa.

33.      La decisione di rinvio è purtroppo poco chiara su questo punto del diritto bulgaro. Essa sembra affermare che il provvedimento del Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) del 7 settembre 2023 ha stabilito che il giudice del rinvio non era competente a conoscere della questione se vi fosse stata una violazione del diritto di avvalersi di un difensore. È interessante notare che il giudice del rinvio non formula la medesima affermazione riguardo al provvedimento del Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) del 7 novembre 2023, che sembra essersi pronunciato nel merito della domanda di commutazione della misura coercitiva, riconoscendo quindi implicitamente che il giudice del rinvio era competente ad emettere il suo provvedimento.

34.      In considerazione di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alle questioni prima, seconda e terza dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2013/48, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, non richiede che un giudice nazionale investito di una domanda di commutazione di una misura coercitiva durante la fase preprocessuale di un procedimento penale sia competente a valutare se le prove siano state acquisite in violazione del diritto di avvalersi di un difensore, purché il giudice che si pronuncia nel merito dell’imputazione sia in grado di valutare l’esistenza di una violazione siffatta e di trarne tutte le conseguenze che possono derivarne, in particolare per quanto riguarda l’ammissibilità o il valore probatorio di qualsiasi prova ottenuta in tali condizioni. Nell’esercizio della competenza ad effettuare tale valutazione nella fase preprocessuale del procedimento penale, il giudice nazionale deve rispettare l’articolo 12 della direttiva 2013/48.

 2.      Sulla quarta questione

35.      Con la quarta questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), della direttiva 2013/48 abbia effetto diretto.

36.      La Commissione sostiene che occorre rispondere a tale questione in senso negativo.

37.      Secondo costante giurisprudenza, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, i singoli possono farle valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato, sia che questo non abbia recepito tempestivamente la direttiva sia che l’abbia fatto in modo non corretto (25). Ne consegue che l’invocazione di una disposizione di una direttiva che non sia sufficientemente chiara, precisa e incondizionata per avere effetto diretto non può indurre, sulla sola base del diritto dell’Unione, un giudice di uno Stato membro a disapplicare una disposizione nazionale (26). Sempre secondo giurisprudenza costante, una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un soggetto e non può, in quanto tale, essere fatta valere nei confronti di un singolo dinanzi a un giudice nazionale (27).

38.      L’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), della direttiva 2013/48 dispone che, in circostanze eccezionali e solo nella fase che precede il processo, gli Stati membri possono derogare temporaneamente al diritto di avvalersi di un difensore ove vi sia la necessità indispensabile di un intervento immediato delle autorità inquirenti per evitare di compromettere in modo sostanziale un procedimento penale, nella misura in cui ciò sia giustificato nelle circostanze particolari del caso.

39.      Il considerando 38 della direttiva 2013/48 impone agli Stati membri di definire chiaramente, nel loro diritto nazionale, i motivi e i criteri in base ai quali possono applicare tali deroghe temporanee e a fare un uso limitato di queste ultime. L’articolo 8 della direttiva 2013/48 stabilisce le condizioni generali per l’applicazione delle deroghe temporanee di cui all’articolo 3, paragrafo 6, della stessa. Dette deroghe temporanee devono essere proporzionate e rigorosamente limitate nel tempo. Esse possono essere autorizzate solo mediante decisione motivata adottata caso per caso da un’autorità giudiziaria o altra autorità competente, purché la decisione possa essere sottoposta a controllo giurisdizionale.

40.      Ne consegue che gli Stati membri non possono ricorrere a una deroga temporanea al diritto di avvalersi di un difensore a scapito di un soggetto qualora non abbiano adottato norme dettagliate per avvalersi della possibilità offerta dall’articolo 3, paragrafo 6, della direttiva 2013/48 (28).

41.      Propongo quindi alla Corte di rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), della direttiva 2013/48 non ha effetto diretto.

42.      Pur essendo una questione il cui esame compete al giudice del rinvio, rilevo che quest’ultimo ritiene che l’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), della direttiva 2013/48 non sia stato recepito nel diritto bulgaro. In tali circostanze, i giudici nazionali non possono basarsi sull’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), della direttiva 2013/48 per limitare i diritti conferiti ai singoli dalla direttiva 2013/48. Aggiungo che, in ogni caso, nulla nel fascicolo della Corte indica la presenza di circostanze eccezionali che richiedessero un intervento immediato da parte delle autorità di polizia.

 3.      Sulla quinta questione

43.      Con la quinta questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 9 della direttiva 2013/48 debba essere interpretato nel senso che un indagato analfabeta può rinunciare al diritto di avvalersi di un difensore a condizione che gli vengano fornite informazioni chiare e sufficienti sul contenuto di tale diritto e sulle possibili conseguenze della sua rinuncia in un modo che, tenuto conto delle sue circostanze individuali, egli sia in grado di comprendere.

44.      La Commissione sostiene che l’articolo 9 della direttiva 2013/48 contiene una serie di garanzie volte ad assicurare che, a seguito della rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore, un indagato o imputato non rilasci involontariamente dichiarazioni autoincriminanti o non fornisca prove autoincriminanti. Il diritto di avvalersi di un difensore è essenziale per garantire la parità delle armi, in particolare al momento dell’arresto di un indagato o imputato, in cui, a causa della natura complessa della procedura penale, il medesimo è particolarmente vulnerabile. L’analfabetismo di CH lo rende una persona vulnerabile ai sensi dell’articolo 13 della direttiva 2013/48 (29).

45.      Fatto salvo il diritto nazionale che impone la presenza o l’assistenza di un difensore, l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2013/48 prevede la rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale. In tali circostanze, gli Stati membri devono garantire che l’indagato o imputato abbia ricevuto, oralmente o per iscritto, informazioni chiare e sufficienti in un linguaggio semplice e comprensibile sul contenuto di detto diritto e sulle conseguenze di tale rinuncia. Qualunque rinuncia deve essere volontaria e avvenire in modo inequivocabile. Il considerando 39 della direttiva 2013/48 osserva che, nel fornire informazioni sul contenuto del diritto di avvalersi di un difensore e sulle possibili conseguenze della rinuncia allo stesso, si dovrebbe tenere conto delle condizioni specifiche degli indagati o imputati, tra cui la loro età e il loro stato mentale e fisico. L’analfabetismo di un indagato è quindi una circostanza rilevante di cui le autorità nazionali devono tenere conto allorché forniscono le informazioni prescritte dall’articolo 9, paragrafo 1, di detta direttiva. L’articolo 13 della stessa avvalora implicitamente tale interpretazione, in quanto impone di tenere conto delle esigenze delle persone vulnerabili (30) senza impedire loro di decidere di rinunciare al diritto di avvalersi di un difensore (31).

46.      Sebbene il diritto nazionale debba offrire a indagati e imputati una possibilità concreta ed effettiva di consultare un avvocato, ciò non esclude che esse, ove rinuncino a detta possibilità in conformità alle condizioni enunciate all’articolo 9 della direttiva 2013/48, sopportino le eventuali conseguenze di tale rinuncia (32).

47.      Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2013/48, affinché una rinuncia sia efficace, le sue eventuali conseguenze devono essere spiegate all’indagato o imputato in un linguaggio semplice e comprensibile. Ne consegue che, in assenza della comunicazione di tali spiegazioni, non può avere luogo una rinuncia effettiva. Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che mentre il giudice del rinvio ritiene che CH non sia mai stato informato delle conseguenze della rinuncia al suo diritto di avvalersi di un difensore, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) è di parere opposto. La soluzione di tale questione di fatto apparentemente controversa spetta in definitiva ai giudici nazionali.

48.      L’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2013/48 dispone che la rinuncia può essere effettuata oralmente o per iscritto secondo le procedure stabilite dal diritto dello Stato membro di cui trattasi. La direttiva 2013/48 non prevede di per sé condizioni formali per l’espressione di una rinuncia e spetta al diritto nazionale disciplinare tali condizioni. L’esistenza di una violazione di una condizione formale prescritta dal diritto nazionale per la validità di una rinuncia, quale il requisito che un testimone attesti o firmi una rinuncia, e le conseguenze di una violazione siffatta sono questioni di diritto nazionale la cui definizione compete ai giudici nazionali.

49.      Propongo quindi alla Corte di rispondere alla quinta questione interpretando l’articolo 9 della direttiva 2013/48 nel senso che un indagato o imputato analfabeta può rinunciare al diritto di avvalersi di un difensore purché gli vengano fornite informazioni chiare e sufficienti sul contenuto di tale diritto e sulle possibili conseguenze della rinuncia allo stesso in un modo che, tenuto conto delle sue circostanze individuali, egli sia in grado di comprendere.

 4.      Sulla sesta questione

50.      Con la sesta questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2013/48 imponga agli Stati membri di informare un indagato o imputato che rinunci al diritto di avvalersi di un difensore della possibilità di revocare tale rinuncia in qualunque momento prima che le autorità competenti eseguano un atto d’indagine implicante la sua partecipazione.

51.      La Commissione suggerisce che si dovrebbe rispondere a tale questione in senso affermativo.

52.      L’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2013/48 dispone che gli Stati membri devono garantire che gli indagati o imputati possano successivamente revocare una rinuncia in qualunque momento nel corso del procedimento penale e che siano informati di tale possibilità. Tale revoca produce effetto dal momento in cui è effettuata.

53.      Il requisito secondo cui gli indagati o imputati devono essere informati della possibilità di revocare una rinuncia successivamente in qualunque momento nel corso del procedimento penale potrebbe essere soddisfatto fornendo loro tale informazione nel momento in cui rinunciano al diritto in parola. Un approccio siffatto sembra implicare che, una volta che un indagato o imputato abbia rinunciato al suo diritto, da quel momento in avanti è rimesso alla sua iniziativa decidere se far valere il diritto di revoca.

54.      Dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/48, letto in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 1, della stessa, discende che il diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale è inteso a garantire che un indagato o imputato possa esercitare i propri diritti di difesa in modo concreto ed effettivo fino alla conclusione del procedimento penale. Se si tiene conto della natura volontaria di una rinuncia ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2013/48, unitamente alla necessità di tutelare le particolari esigenze degli indagati e imputati vulnerabili nell’applicazione di detta direttiva, come richiesto dell’articolo 13 della stessa, è evidente che un’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della medesima direttiva nel senso illustrato al paragrafo 53 delle presenti conclusioni contrasta con la finalità e l’economia delle sue disposizioni. In tali circostanze, si deve preferire un’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della menzionata direttiva che imponga agli Stati membri l’obbligo di garantire che indagati e imputati, in particolare le persone vulnerabili, siano costantemente informati del loro diritto di revocare una rinuncia che hanno liberamente espresso fino alla conclusione di qualsiasi procedimento penale.

55.      Dal momento che l’obbligo di fornire tali informazioni è previsto al fine di consentire alle persone accusate o sospettate di avere commesso reati di esercitare i loro diritti della difesa in modo concreto ed effettivo, tale requisito deve essere soddisfatto in modo pratico, piuttosto che formale (33). Gli Stati membri non possono limitarsi ad informare un indagato o imputato della possibilità di revocare una rinuncia nel momento in cui l’ha espressa, in particolare se l’indagato o imputato è una persona vulnerabile. Non ne consegue necessariamente che gli Stati membri debbano ricordare a un indagato o imputato che può revocare una rinuncia prima di ogni fase dell’indagine su un presunto reato che implichi la sua partecipazione. L’obbligo di ricordare tale possibilità a un indagato o imputato dipende dalla natura e dall’importanza obiettiva dell’atto di indagine in questione, considerato alla luce di tutte le circostanze pertinenti. Suggerisco pertanto alla Corte di adottare il seguente criterio nell’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2013/48. In qualunque momento nel quale vi siano ragioni obiettive per ritenere che la difesa di un indagato o imputato, il quale abbia rinunciato al diritto di avvalersi di un difensore, possa essere sostanzialmente ostacolata a seguito di tale rinuncia, gli Stati membri devono adottare adeguate misure per garantire che egli sia informato del diritto di revocare detta rinuncia.

56.      Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla sesta questione dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2013/48 deve essere interpretato nel senso che, qualora un indagato o imputato rinunci al diritto di avvalersi di un difensore, gli Stati membri devono adottare adeguate misure per garantire che egli sia informato del diritto di revocare tale rinuncia in qualunque momento nel quale vi siano ragioni obiettive per ritenere che, a seguito di detta rinuncia, la sua difesa possa essere sostanzialmente ostacolata.

 IV.      Conclusione

57.      Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere nei termini seguenti alle questioni pregiudiziali sottopostele dal Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia, Bulgaria) con decisione dell’11 gennaio 2024:

1)      Le questioni prima, seconda e terza devono essere respinte in quanto irricevibili.

2)      L’articolo 3, paragrafo 6, lettera b), della direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari, non ha effetto diretto.

3)      L’articolo 9 della direttiva 2013/48 deve essere interpretato nel senso che un indagato o imputato analfabeta può rinunciare al diritto di avvalersi di un difensore purché gli vengano fornite informazioni chiare e sufficienti sul contenuto di tale diritto e sulle possibili conseguenze della rinuncia allo stesso in un modo che, tenuto conto delle sue circostanze, sia in grado di comprendere.

4)      L’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2013/48 deve essere interpretato nel senso che, qualora un indagato o imputato rinunci al diritto di avvalersi di un difensore, gli Stati membri devono adottare adeguate misure per garantire che egli sia informato del diritto di revocare tale rinuncia in qualunque momento nel quale vi siano ragioni obiettive per ritenere che, a seguito di detta rinuncia, la sua difesa possa essere sostanzialmente ostacolata.


1      Lingua originale: l’inglese.


i      Il nome della presente causa è un nome fittizio e non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento dinanzi al giudice del rinvio.


2      GU 2013, L 294, pag. 1.


3      Mentre il Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia) indica, al punto 10 della decisione di rinvio, che il sig. Stachev non era stato informato delle conseguenze della rinuncia al diritto di avvalersi di un difensore, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia, Bulgaria) è di parere opposto, come affermato al punto 39 della decisione di rinvio.


4      V. anche considerando 7, 12 e 57 della direttiva 2013/48.


5      Considerando 54 della direttiva 2013/48.


6      Sentenza del 9 gennaio 2024, G. e a. (Nomina dei giudici ordinari in Polonia) (C‑181/21 e C‑269/21, EU:C:2024:1, punto 63).


7      Ibid., punto 65.


8      Sentenza del 17 novembre 2022, Bayer Intellectual Property (C‑204/20, EU:C:2022:892, punti da 88 a 90 e giurisprudenza ivi citata).


9      Secondo la decisione di rinvio, il giudice nazione ha deciso di effettuare il presente rinvio il 20 novembre 2023, sebbene abbia trasmesso le questioni alla Corte l’11 gennaio 2024.


10      DV n. 86 del 28 ottobre 2005. L’articolo 270, paragrafo 1, del codice di procedura penale dispone quanto segue: «La questione della commutazione di una misura coercitiva può essere sollevata in qualsiasi momento della fase istruttoria. Una nuova domanda di commutazione della misura coercitiva può essere proposta dinanzi allo stesso giudice solo in caso di mutamento delle circostanze».


11      V., in tal senso, sentenza del 28 novembre 2019, Spetsializirana prokuratura (C‑653/19 PPU, EU:C:2019:1024, punto 14).


12      Articolo 309, paragrafo 1, del codice di procedura penale.


13      V., in tal senso, sentenza del 28 novembre 2019, Spetsializirana prokuratura (C‑653/19 PPU, EU:C:2019:1024, punto 14).


14      Sentenza del 12 marzo 2020, VW (Diritto di avvalersi di un difensore in caso di mancata comparizione) (C‑659/18, EU:C:2020:201, punto 44).


15      V. sentenze del 5 giugno 2018, Kolev e a. (C‑612/15, EU:C:2018:392, punto 103); del 19 settembre 1019, Rayonna prokuratura Lom (C‑467/18, EU:C:2019:765, punto 36), e del 7 settembre 2023,  Rayonna prokuratura Lovech, teritorialno otdelenie Lukovit (Perquisizione personale) (C‑209/22, EU:C:2023:634, punto 34).


16      Conclusioni dell’avvocato generale Ćapeta nella causa M.S. e a. (Diritti procedurali di minorenni) (C‑603/22, EU:C:2024:157, paragrafi 1 e 26).


17      Sentenze del settembre 2019, Rayonna prokuratura Lom (C‑467/18, EU:C:2019:765, punti 57 e 58), e del 7 settembre 2023, Rayonna prokuratura Lovech, teritorialno otdelenie Lukovit (Perquisizione personale) (C‑209/22, EU:C:2023:634, punti 49 e 50).


18      Sentenza del 7 settembre 2023, Rayonna prokuratura Lovech, teritorialno otdelenie Lukovit (Perquisizione personale) (C‑209/22, EU:C:2023:634, punti 51 e 52).


19      Ibid., punto 53.


20      Conclusioni dell’avvocato generale Pikamäe nella causa Rayonna prokuratura Lovech, teritorialno otdelenie Lukovit (Perquisizione personale) (C‑209/22, EU:C:2023:249, paragrafo 63).


21      Sentenze del 12 febbraio 2020, Kolev e a. (C‑704/18, EU:C:2020:92, punto 49), e del 21 ottobre 2021, ZX (Rettifica dell’atto di imputazione) (C‑282/20, EU:C:2021:874, punto 35). V. altresì conclusioni dell’avvocato generale Pikamäe nella causa Rayonna prokuratura Lovech, teritorialno otdelenie Lukovit (Perquisizione personale) (C‑209/22, EU:C:2023:249, paragrafo 64).


22      Sentenze del 21 dicembre 2021, Randstad Italia (C‑497/20, EU:C:2021:1037, punto 62), e del 7 settembre 2023, Rayonna prokuratura Lovech, teritorialno otdelenie Lukovit (Perquisizione personale) (C‑209/22, EU:C:2023:634, punto 54).


23      Ibid., punto 55.


24      Ibid., punto 58.


25      Sentenza del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a. (da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punto 103 e giurisprudenza ivi citata).


26      Sentenza del 24 giugno 2019, Popławski (C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 64).


27      Sentenze del 3 maggio 2005, Berlusconi e a. (C‑387/02, C‑391/02 e C‑403/02, EU:C:2005:270, punto 73), e del 24 giugno 2019, Popławski (C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 65).


28      V. per analogia, sentenza del 3 maggio 2005, Berlusconi e a. (C‑387/02, C‑391/02 e C‑403/02, EU:C:2005:270, punto 74).


29      In udienza, la Commissione ha richiamato la sua raccomandazione del 27 novembre 2013 sulle garanzie procedurali per le persone vulnerabili indagate o imputate in procedimenti penali (GU 2013, C 378, pag. 8; in prosieguo: la «raccomandazione sulle persone vulnerabili»).


30      Il punto 7 della raccomandazione sulle persone vulnerabili afferma che esiste una presunzione di vulnerabilità, in particolare per le persone affette da gravi menomazioni psicologiche, intellettuali, fisiche o sensoriali, malattie mentali o disturbi cognitivi che impediscono loro di capire e partecipare efficacemente al procedimento. Non è certo se l’analfabetismo possa essere considerato una «menomazione intellettuale» che impedisce a un imputato di capire e partecipare efficacemente al procedimento penale.


31      Il punto 11 della raccomandazione sulle persone vulnerabili afferma che le persone vulnerabili dovrebbero poter rinunciare al diritto di avvalersi di un difensore solo in circostanze nelle quali non siano in grado di capire e seguire il procedimento penale.


32      Sentenza del 22 giugno 2023, K.B. e F.S. (Rilevabilità d’ufficio di una questione in ambito penale)  (C‑660/21, EU:C:2023:498, punto 46).


33      V., in tal senso e per analogia, sentenza del 7 settembre 2023, Rayonna prokuratura Lovech, teritorialno otdelenie Lukovit (Perquisizione personale) (C‑209/22, EU:C:2023:634, punti da 75 a 78), in cui la Corte ha statuito che spettava al giudice nazionale accertare, tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti, se la presenza di un difensore al momento della perquisizione personale effettuata sull’indagato fosse oggettivamente necessaria al fine di garantire effettivamente i diritti della difesa di tale persona.