Language of document : ECLI:EU:T:2007:317

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

25 ottobre 2007 (*)

«Intese – Produttori di tondi per cemento armato – Decisione che constata una violazione dell’art. 65 CA – Decisione fondata sul Trattato CECA dopo la sua scadenza – Incompetenza della Commissione»

Nelle cause riunite T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03,

SP SpA, con sede in Brescia, rappresentata dagli avv.ti G. Belotti e N. Pisani,

ricorrente nella causa T‑27/03,

Leali SpA, con sede in Odolo, rappresentata dagli avv.ti G. Vezzoli e G. Belotti,

ricorrente nella causa T‑46/03,

Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA, con sede in Brescia, rappresentata dagli avv.ti G. Vezzoli, G. Belotti, E. Piromalli e C. Carmignani,

ricorrente nella causa T‑58/03,

Industrie Riunite Odolesi SpA (IRO), con sede in Odolo, rappresentata dall’avv. A. Giardina,

ricorrente nella causa T‑79/03,

Lucchini SpA, con sede in Milano, rappresentata inizialmente dagli avv.ti. A. Santa Maria e C. Biscaretti di Ruffia, successivamente dagli avv.ti M. Delfino, M. van der Woude, S. Fontanelli e P. Sorvillo,

ricorrente nella causa T‑80/03,

Ferriera Valsabbia SpA, con sede in Odolo,

Valsabbia Investimenti SpA, con sede in Odolo,

rappresentate dagli avv.ti D. Fosselard e P. Fattori,

ricorrenti nella causa T‑97/03,

Alfa Acciai SpA, con sede in Brescia, rappresentata dagli avv.ti D. Fosselard, P. Fattori e G. d’Andria,

ricorrente nella causa T‑98/03,

sostenute da

Repubblica italiana, rappresentata dai sigg. I. Braguglia e M. Fiorilli, in qualità di agenti,

interveniente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra L. Pignataro‑Nolin e dal sig. A. Whelan, in qualità di agenti, assistiti, nelle cause T‑27/03 e T‑58/03, dall’avv. M. Moretto e, nelle cause T‑79/03, T‑97/03 e T‑98/03, dall’avv. P. Manzini,

convenuta,

aventi ad oggetto domande dirette a far dichiarare inesistente o a far annullare, tutta o in parte, la decisione della Commissione 17 dicembre 2002, C(2002) 5087 def., relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione ampliata),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro, dai sigg. F. Dehousse e D. Šváby, nonché dalla sig.ra K. Jürimäe, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 19 settembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

 Disposizioni del Trattato CECA

1        L’art. 36 CA così dispone:

«La Commissione, prima d’infliggere una delle sanzioni pecuniarie o di fissare una delle penalità di mora previste del presente trattato, deve mettere l’interessato in grado di presentare le sue osservazioni.

(…)».

2        L’art. 47 CA recita:

«La Commissione può raccogliere le informazioni necessarie per l’adempimento della sua missione. Essa può far compiere gli accertamenti necessari.

(…)».

3        L’art. 65 CA prevede quanto segue:

«1. È proibito ogni accordo tra imprese, ogni decisione d’associazioni d’imprese e ogni pratica concordata che tenda, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o alterare il giuoco normale della concorrenza e in particolare:

a)      a fissare o determinare i prezzi;

b)      a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

c)      a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti d’approvvigionamento.

2. Tuttavia, la Commissione autorizza, per prodotti determinati, accordi di specializzazione o accordi d’acquisto o di vendita in comune, [ove ricorrano talune ipotesi] (…).

3. La Commissione può ottenere, conformemente alle disposizioni dell’articolo 47, ogni informazione necessaria per l’applicazione del presente articolo, sia con richiesta specifica diretta agli interessati, sia con regolamento che definisca la natura degli accordi, delle decisioni o delle pratiche che devono esserle comunicati.

4. Gli accordi o le decisioni vietati per effetto della sezione 1 del presente articolo sono nulli di pieno diritto e non possono essere invocati avanti ad alcuna giurisdizione degli Stati membri.

La Commissione ha competenza esclusiva, con riserva dei ricorsi avanti alla Corte, per pronunciarsi sulla conformità di tali accordi o decisioni con le disposizioni del presente articolo.

5. Alle imprese che abbiano concluso un accordo nullo di pieno diritto, eseguito o tentato d’eseguire, per mezzo di arbitrato, di penale, boicottaggio, o in qualsiasi altro modo, un accordo o una decisione nulli di pieno diritto, o un accordo la cui approvazione è stata rifiutata o revocata; oppure che abbiano ottenuto il beneficio d’una autorizzazione per mezzo di informazioni scientemente false o travisate; oppure che abbiano attuato pratiche contrarie alle disposizioni della sezione 1, la Commissione può infliggere ammende e penalità di mora al massimo uguali al doppio del volume d’affari ottenuto con i prodotti oggetto dell’accordo, della decisione o della pratica contrari alle disposizioni del presente articolo, senza pregiudizio, se il loro scopo è di limitare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, [di] un aumento del massimo così determinato fino al 10% del volume d’affari annuo delle imprese in argomento, per quanto concerne l’ammenda, e fino al 20% del volume d’affari giornaliero, per quanto concerne le penalità di mora».

4        Conformemente all’art. 97 CA, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002.

 Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA

5        Il 18 giugno 2002 la Commissione ha adottato una comunicazione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA (GU C 152, pag. 5; in prosieguo: la «comunicazione 18 giugno 2002»).

6        Al suo punto 2 è precisato che la comunicazione 18 giugno 2002 si prefigge:

«−      (…) di sintetizzare per gli operatori economici e gli Stati membri, nella misura in cui essi sono interessati dal trattato CECA e dalla relativa legislazione secondaria, i più importanti cambiamenti che il passaggio al regime CE comporta relativamente alle norme sostanziali e procedurali applicabili,

−      (…) di spiegare come la Commissione intende affrontare questioni specifiche sollevate dal passaggio dal regime CECA al regime CE nei settori dell’antitrust (…), del controllo delle concentrazioni (…) e del controllo degli aiuti di Stato».

7        Il punto 31 della medesima comunicazione, compreso nella sezione dedicata alle questioni specifiche che sorgono con il passaggio dal regime CECA al regime CE, recita quanto segue:

«Se la Commissione, nell’applicare il diritto di concorrenza comunitario alle intese, individua una violazione in un settore rientrante nel campo di applicazione del trattato CECA, il diritto sostanziale applicabile sarà, indipendentemente dal momento in cui tale applicazione ha luogo, quello in vigore nel momento in cui si sono verificati i fatti che hanno costituito la violazione. In ogni caso, per quanto riguarda la procedura, dopo la scadenza del trattato CECA, si applicherà il diritto CE (…)».

 Procedimento amministrativo

8        Da ottobre a dicembre 2000 la Commissione effettuava, conformemente all’art. 47 CA, accertamenti presso imprese italiane produttrici di tondi per cemento armato e presso un’associazione d’imprese siderurgiche italiane e, inoltre, rivolgeva loro richieste di informazioni sempre ai sensi dell’art. 47 CA.

9        Il 26 marzo 2002 la Commissione avviava il procedimento amministrativo e comunicava una contestazione di addebiti ai sensi dell’art. 36 CA. Le attuali ricorrenti erano fra le destinatarie della comunicazione di addebiti.

10      Le ricorrenti depositavano osservazioni scritte in merito alla comunicazione di addebiti. Tutte loro, eccezion fatta per la ricorrente nella causa T‑80/03, chiedevano di poter esporre oralmente il proprio punto di vista. Il consigliere auditore organizzava a tal fine un’audizione per il 13 giugno 2002.

11      Il 12 agosto 2002 la Commissione contestava ulteriori addebiti alle destinatarie della prima comunicazione. Nell'ulteriore comunicazione di addebiti, fondata sull’art. 19, n. 1, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), la Commissione precisava la sua posizione quanto alla prosecuzione del procedimento dopo la scadenza del Trattato CECA.

12      Le ricorrenti depositavano osservazioni scritte relative all'ulteriore comunicazione di addebiti. Una seconda audizione, alla presenza dei rappresentanti degli Stati membri, aveva luogo il 30 settembre 2002.

 La decisione impugnata

13      Il 17 dicembre 2002 la Commissione ha adottato la decisione C (2002) 5087 def., relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

14      Il preambolo della decisione impugnata così recita:

«Visto il trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, in particolare l’articolo 65,

viste le informazioni pervenute alla Commissione e gli accertamenti effettuati a norma dell’articolo 47 del Trattato CECA da agenti della Commissione,

viste le osservazioni scritte e orali presentate ai sensi dell’articolo 36 del Trattato CECA a nome e per conto delle parti,

sentito il Comitato consultivo in materia d’intese e posizioni dominanti,

(…)».

15      Quanto alle conseguenze giuridiche della scadenza del Trattato CECA, la Commissione si è riferita anzitutto, nel punto 331 della decisione impugnata, al punto 31 della comunicazione 18 giugno 2002.

16      Ai punti 333‑344 della decisione impugnata la Commissione ha esaminato, poi, se l’applicazione dell’art. 65 CA ai comportamenti contestati potesse essere messa in discussione in base al principio della lex mitior.

17      Ha ricordato, al riguardo, al punto 335, che «le due disposizioni del trattato CECA (…) che, in astratto, potrebbero essere qualificate come meno favorevoli [erano, da un lato,] l’articolo 65, paragrafo 1, [CA], nella misura in cui non richiede[va] (a differenza di quanto previsto dall’articolo 81, paragrafo 1 del trattato CE), per il configurarsi dell’infrazione ivi contemplata, che l’intesa restrittiva della concorrenza po[tesse] pregiudicare il commercio tra Stati membri (…) e [, dall’altro,] l’art. 65, paragrafo 5, [CA], nella misura in cui prevede[va] la possibilità di infliggere ammende al massimo uguali al doppio del volume d’affari ottenuto con i prodotti oggetto dell’intesa (detta possibilità non [era] invece prevista, nell’ambito del Trattato CE, dall’articolo 15 del regolamento [n. 17]) (…)».

18      Dopo aver constatato, ai punti 337‑341 della decisione impugnata, che l’intesa oggetto della decisione impugnata poteva pregiudicare il commercio tra Stati membri, la Commissione ha indicato, al successivo punto 343, che aveva «reso formalmente noto alle parti che (…) non intende[va] comminare a ciascuna impresa un’ammenda superiore al 10% del volume d’affari annuo realizzato (…) con i prodotti CECA nel territorio dell’Unione europea» e che «[t]ale limite massimo (comunque previsto dall’articolo 65, paragrafo 5 [CA], per le intese che, come quella in questione, hanno, in particolare, anche lo scopo di limitare la produzione), [era] inoltre più favorevole alle imprese di quello previsto dallo stesso articolo 15 del regolamento n. 17/62 del 6 febbraio 1962, in base al quale il limite massimo è fissato al 10% del volume d’affari annuo realizzato con tutti i prodotti a livello mondiale».

19      Ha concluso, al punto 344 della decisione impugnata, che «l’applicazione del diritto CE non sarebbe in concreto più favorevole (…) e che, quindi, anche qualora si ritenesse possibile applicare il principio della lex mitior, detto principio non potrebbe essere comunque addotto per contestare l’applicazione del diritto sostanziale CECA ai comportamenti imputati ai destinatari della presente decisione».

20      Quanto alla sua competenza ad applicare le norme sulla concorrenza del Trattato CECA dopo la sua scadenza, la Commissione ha precisato, ai punti 348‑352 della decisione impugnata, quanto segue:

«348       (…) il Trattato CE e quello CECA fanno parte di uno stesso ordinamento giuridico, l’ordinamento giuridico comunitario, al cui interno quest’ultimo trattato ha costituito, fino al 23 luglio 2002, una lex specialis. Ciò significa che, in linea di principio, a partire dal 24 luglio 2002, i settori che precedentemente rientravano nell’ambito di applicazione del Trattato CECA, delle sue norme procedurali e della restante legislazione secondaria sono soggetti alle rispettive norme derivanti dal Trattato CE che costituisce infatti il regime generale.

349      Si ricorda infatti che l’8 aprile 1965, gli Stati membri hanno firmato un Trattato che istituisce un Consiglio unico ed una Commissione unica delle Comunità europee. Si ricorda inoltre che l’articolo 3 [UE] afferma che: “l’Unione dispone di un quadro istituzionale unico che assicura la coerenza e la continuità delle azioni svolte per il perseguimento dei suoi obiettivi, rispettando e sviluppando nel contempo l’‘acquis’ comunitario”. Si ricorda infine che l’articolo 305, primo comma, [CE] stabilisce che: “[l]e disposizioni del presente trattato non modificano quelle del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli Stati membri, i poteri delle istituzioni di tale Comunità e le norme sancite da tale trattato per il funzionamento del mercato comune del carbone e dell’acciaio”.

350      Le conseguenze del venir meno della lex specialis vanno tuttavia precisate in relazione all’applicazione di norme che autorizzano la Commissione a comminare sanzioni. In tale caso, appare giustificato applicare la norma sostanziale in vigore al momento in cui si sono verificati i fatti, ferma restando l’applicazione delle regole di procedura subentrate nel tempo.

351      Con la Comunicazione del 18 giugno 2002, la Commissione non ha in alcun modo preteso, né avrebbe potuto, stabilire delle regole transitorie. Essa si è semplicemente limitata a spiegare ex ante, in uno spirito di trasparenza, in che modo, in base ai principi generali del diritto, sarebbe intervenuta la transizione tra i due trattati.

352      In tale ottica, l’applicazione del regolamento 17/62 al seguito della procedura risponde al principio secondo cui le regole di procedura applicabili sono quelle in vigore al momento in cui viene adottata la misura in questione. Nella stessa ottica, non è apparso necessario ripetere la prima audizione cui non avevano partecipato i rappresentanti degli Stati membri giacché le regole di procedura CECA, in vigore in quel momento, non prevedevano una tale partecipazione e, come ricordato nella Comunicazione [18 giugno 2002] (punto 26), va ritenuto che le misure procedurali prese in maniera valida sulla base delle norme CECA soddisfino, una volta scaduto il trattato CECA, i requisiti delle corrispondenti misure procedurali previste dalle norme CE. Si ricorda infine che non vi è alcun legame formale tra le disposizioni in merito alla partecipazione degli Stati membri ad un’audizione (articolo 11 del regolamento 2842/98 relativo alle audizioni in taluni procedimenti a norma degli articoli [81 CE] e [82 CE]) (…) e quelle relative alla consultazione del Comitato consultivo (articolo 10 del regolamento 17/62)».

21      Dopo aver esaminato, ai punti 358‑513 della decisione impugnata, l’applicabilità dell’art. 65, n. 1, CA ai comportamenti delle imprese e dell’associazione d’imprese ivi menzionate, la Commissione ha affermato al punto 514:

«In virtù dell’articolo 65, paragrafo 2 del trattato CECA, la Commissione autorizza accordi di specializzazione, accordi di acquisto o di vendita in comune o accordi che sono strettamente analoghi, per natura ed effetti, se soddisfano determinate condizioni. L’intesa restrittiva descritta nella presente decisione non può beneficiare di un’autorizzazione perché non rientra tra i tipi di accordo per i quali tale autorizzazione può essere concessa. Si tratta, infatti, di un’intesa riguardante la fissazione o determinazione dei prezzi, la limitazione o controllo della produzione e la ripartizione dei mercati. Inoltre, non è stata presentata nessuna domanda per ottenere l’autorizzazione prevista dal citato articolo del trattato CECA».

22      Quanto all’applicabilità dell’art. 65, n. 5, CA, la Commissione ha esposto, ai punti 515‑518 della decisione impugnata, le seguenti considerazioni:

«515      Ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 5, la Commissione può infliggere ammende alle imprese che abbiano concluso un accordo nullo di pieno diritto, eseguito o tentato di eseguire un accordo o una decisione di associazione di imprese nulli di pieno diritto, o che abbiano attuato pratiche contrarie alle disposizioni della sezione 1. La Commissione può infliggere ammende al massimo uguali al doppio del volume d’affari ottenuto con i prodotti oggetto dell’accordo, della decisione o della pratica concordata contrari alle disposizioni dell’articolo 65, paragrafo 1, senza pregiudizio, se il loro scopo è di limitare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, di un aumento del massimo così determinato fino al 10% del volume d’affari annuo delle imprese in questione.

516      La questione del coinvolgimento di un’associazione in un procedimento riguardante un’infrazione alle regole di concorrenza del Trattato CECA è già stata affrontata dalla giurisprudenza nella causa “Eurofer”: “L’art. 65, n. 1, del Trattato vieta ‘ogni accordo tra imprese, ogni decisione d’associazioni d’imprese e ogni pratica concordata che tenda, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o alterare il giuoco normale della concorrenza’. Secondo l’art. 65, n. 4, del Trattato: ‘Gli accordi o le decisioni vietati per effetto della sezione 1 del presente articolo sono nulli di pieno diritto e non possono essere invocati avanti ad alcuna giurisdizione degli Stati membri. La Commissione ha competenza esclusiva, con riserva dei ricorsi avanti alla Corte, per pronunciarsi sulla conformità di tali accordi o decisioni con le disposizioni del presente articolo’. A norma dell’art. 65, n. 5, del Trattato, ‘alle imprese che abbiano concluso un accordo nullo di pieno diritto, eseguito o tentato d’eseguire (...) un accordo o una decisione nulli di pieno diritto (...) oppure che abbiano attuato pratiche contrarie alle disposizioni della sezione 1, la Commissione può infliggere ammende e penalità di mora (...)’. Se è vero che dall’art. 65, n. 5, del Trattato risulta che un’associazione d’imprese non può vedersi infliggere ammende o penalità di mora, niente nel testo dell’art. 65, n. 1, consente di ritenere che il divieto sancito da tale disposizione non si applichi anche ad un’associazione che ha adottato una decisione tendente a impedire, restringere o falsare il gioco normale della concorrenza. Questa interpretazione è confermata tanto dalla disposizione dell’art. 65, n. 4, del Trattato, che fa riferimento anche a tali decisioni, quanto dalla citata sentenza Sorema/Alta Autorità, ove la Corte ha statuito che l’art. 65, n. 1, del Trattato si applica[va] pure alle associazioni, nella misura in cui la loro attività ovvero quella delle imprese ad esse associate è diretta ad ottenere gli effetti da esso vietati (Racc. pag. 317). Secondo la Corte, tale constatazione trova conferma anche nell’articolo 48 del Trattato, il quale consente alle associazioni di esercitare qualsiasi attività che non sia in contrasto con le disposizioni del Trattato stesso. Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, dalla citata sentenza Sorema/Alta Autorità risulta anche che un’associazione d’imprese ai sensi dell’art. 65, n. 1, del Trattato può essere destinataria di una decisione che autorizza un accordo a norma dell’art. 65, n. 2, del Trattato (v. Racc. pagg. 317‑322). Occorre dunque respingere l’argomento della ricorrente secondo cui un’associazione d’imprese ai sensi dell’art. 65, n. 1, del Trattato non può contravvenire al divieto previsto da tale disposizione”.

517      Se ne deduce che se un’associazione d’imprese non può vedersi infliggere ammende, può invece essere destinataria di una decisione qualora il suo coinvolgimento nell’infrazione sia accertato (…).

518      Per quanto riguarda le imprese, invece, gli elementi da prendere in considerazione al fine del calcolo delle ammende sono in particolare la gravità dell’infrazione, la sua durata nonché le circostanze aggravanti ed attenuanti».

23      L’art. 1, n. 1, della decisione impugnata così recita:

«[Le undici imprese e l’associazione di imprese tra cui figurano le ricorrenti] hanno posto in essere un’intesa unica, complessa e continuata sul mercato italiano del tondo per cemento armato in barre o in rotoli, avente per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi in funzione della quale è stata anche concordata la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite.

Detta intesa, avendo per oggetto di limitare e falsare il gioco normale della concorrenza sul mercato comune, è contraria all’articolo 65, paragrafo 1, del trattato CECA».

24      A termini dell’art. 1, n. 2, della decisione impugnata, la partecipazione all’intesa è durata dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000 per le ricorrenti nelle cause T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/03 e T‑97/03 e dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000 per la ricorrente nella causa T‑98/03.

25      L’art. 2 della decisione impugnata infligge alle imprese di cui all’art. 1, n. 1, della decisione impugnata, fra cui le ricorrenti, ammende complessivamente pari a EUR 85,04 milioni.

 Procedimento dinanzi al Tribunale

26      Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale tra il 31 gennaio e il 10 marzo 2003 le ricorrenti hanno proposto i ricorsi in esame.

27      Con atti separati, depositati presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente l’8 e il 15 maggio 2003, le ricorrenti nelle cause T‑79/03 e T‑46/03 hanno presentato una domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata.

28      Con ordinanze del presidente del Tribunale 5 agosto 2003, causa T‑79/03 R, IRO/Commissione (Racc. pag. II‑3027), e 20 ottobre 2003, causa T‑46/03 R, Leali/Commissione (Racc. pag. II‑4473), le domande di procedimento d’urgenza sono state respinte con riserva delle spese.

29      In ciascuna causa la Repubblica italiana ha chiesto, con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 giugno 2004, di intervenire a sostegno delle conclusioni della parte ricorrente.

30      Con ordinanza del presidente della Prima Sezione del Tribunale 27 luglio 2004 la Repubblica italiana è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni della ricorrente in ciascuna causa. Essa ha presentato osservazioni nel corso della fase orale sulla base della relazione d’udienza, conformemente all’art. 116, n. 6, del regolamento di procedura del Tribunale.

31      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 ottobre 2005 la ricorrente nella causa T‑46/03 ha presentato una nuova domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata. La domanda è stata respinta con ordinanza del presidente del Tribunale 24 gennaio 2006, Leali/Commissione, causa T‑46/03 R II.

32      In applicazione dell’art. 14, n. 1, del regolamento di procedura e su proposta della Quarta Sezione, il Tribunale ha deciso, sentite le parti conformemente all’art. 51, n. 1, del regolamento, di rimettere la causa a una sezione ampliata.

33      Con ordinanza 6 luglio 2006 il presidente della Quinta Sezione del Tribunale, sentite le parti, ha disposto di riunire le cause T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/3, T‑97/03 e T‑98/03 ai fini della fase orale e della sentenza.

34      Su relazione del giudice relatore il Tribunale ha deciso anzitutto di sentire le parti sul motivo relativo all’incompetenza della Commissione ad adottare la decisione impugnata. Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’art. 64 del regolamento di procedura, esso ha posto un quesito scritto alla Commissione che ha risposto nel termine impartito.

35      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza del 19 settembre 2006.

 Conclusioni delle parti

36      Nella causa T‑27/03 la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        in via principale e di merito, dichiarare inesistente ovvero nulla e comunque annullare la decisione impugnata per incompetenza, abuso e sviamento di potere;

–        in via subordinata e di merito, annullare la decisione impugnata, in particolare la sanzione, per erronea definizione del mercato geografico rilevante, difetto di motivazione, falsa applicazione del diritto, infondatezza, anche probatoria, degli addebiti contestati, violazione del principio dell’imparzialità dell’azione amministrativa e dei diritti della difesa;

–        in via ulteriormente subordinata e di merito, annullare la sanzione per irragionevolezza e per insufficiente istruttoria e motivazione o, comunque, ridurre la sanzione comminata alla ricorrente, defalcandone, anzitutto, la maggiorazione del 225% per l’effetto dissuasivo e la maggiorazione del 105% per la durata e riducendo, proporzionalmente, l’importo di base in ragione della prescrizione, della minor gravità dell’infrazione, della marginale partecipazione della ricorrente all’intesa e degli addebiti espressamente non imputati ad essa;

–        in ogni caso, condannare la convenuta alle spese.

37      Nella causa T‑46/03 la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        in via principale, annullare la decisione impugnata;

–        in via subordinata, ridurre l’ammenda inflitta in considerazione dell’impossibilità di imputare alla ricorrente i comportamenti di Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA., nonché in considerazione dell’errata applicazione della maggiorazione per la durata alla totalità della sanzione base e delle precarie e specifiche condizioni finanziarie della ricorrente;

–        condannare la Commissione alle spese.

38      Nella causa T‑58/03 la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        in via principale, annullare la decisione impugnata;

–        in via subordinata, ridurre l’ammenda inflitta in considerazione dell’impossibilità di imputare alla ricorrente comportamenti posti in essere dopo la sua messa in liquidazione, vale a dire tra il 25 novembre e il 4 dicembre 1998, nonché in considerazione dell’errata applicazione della maggiorazione per la durata alla totalità della sanzione-base e delle specifiche condizioni finanziarie della ricorrente;

–        condannare la Commissione a spese e onorari.

39      Nella causa T‑79/03 la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata per carenza di potere e manifesta incompetenza della Commissione, poiché adottata con espresso riferimento ad un fondamento giuridico inesistente ed in assenza di qualsiasi norma che, a seguito della scadenza del Trattato CECA, attribuisse alla Commissione il potere di adottare una decisione ai sensi dell’art. 65 CA;

–        annullare la decisione per eccesso di potere, erronea, contraddittoria e falsa applicazione del diritto, in quanto la Commissione ha utilizzato, ai fini dell’applicazione dell’art. 65 CA, le norme di procedura previste dal regolamento n. 17/62, espressamente ed esclusivamente volte all’applicazione degli artt. 81 CE e 82 CE, nonché per violazione delle disposizioni del detto regolamento in ordine alla funzione ed ai limiti della comunicazione di addebiti ed alla partecipazione delle autorità nazionali, con conseguente incompletezza, incoerenza ed illegittimità dell’intero procedimento della Commissione;

–        annullare la decisione per eccesso di potere dovuto a difetto d’istruttoria e carenza di motivazione, con conseguente erroneità nella definizione del mercato rilevante nonché contraddittorietà ed illogicità dei presupposti e degli elementi costitutivi della presunta intesa;

–        in via subordinata, annullare la decisione impugnata per violazione di legge dovuta a difetto d’istruttoria, nella parte in cui si è ritenuta la ricorrente responsabile di un’intesa anticoncorrenziale nel periodo 1989‑1996, in assenza di qualsiasi evidenza probatoria circa la sua partecipazione alle presunte attività illecite, e per l’effetto ridurre proporzionalmente l’ammenda inflitta alla ricorrente;

–        in via ulteriormente subordinata, annullare o ridurre l’ammenda inflitta alla ricorrente nella decisione impugnata per violazione dei principi di parità di trattamento, tutela del legittimo affidamento, proporzionalità e adeguatezza nella determinazione della sanzione;

–        condannare la Commissione alle spese.

40      Nella causa T‑80/03 la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        in via principale, accertare l’inesistenza e/o la nullità e, comunque, annullare la decisione impugnata, che ha inflitto alla ricorrente, in solido con SP SpA, già Siderpotenza SpA, un’ammenda pari a EUR 16,14 milioni perché essa avrebbe messo in atto, assieme ad altre imprese, un’intesa unica, complessa e continuata sul mercato italiano del tondo per cemento armato, in barre o in rotoli, avente per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi, in funzione della quale sarebbe stata anche concordata la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite, per la maturata estinzione del Trattato CECA precedentemente alla decisione medesima;

–        in via subordinata, annullare la decisione impugnata, in particolare la sanzione, per incompetenza, sviamento e manifesto eccesso di potere da parte della Commissione, nonché per errata applicazione dell’art. 65 CA e per carenza e/o contraddittorietà della motivazione nei confronti della ricorrente;

–        in via ulteriormente subordinata, ridurre l’ammenda comminata alla ricorrente dalla Commissione in funzione del fatturato della stessa per errata applicazione dell’art. 65, n. 5, CA;

–        in ogni caso, condannare la Commissione alle spese.

41      Nelle cause T‑97/03 e T‑98/03 le ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

–        annullare l’art. 1 della decisione impugnata nella parte ad esse relativa;

–        in via subordinata, annullare l’art. 1 della decisione impugnata, là dove imputa loro la partecipazione ad un’infrazione prima del 13 febbraio 1996;

–        annullare l’art. 2 della decisione impugnata nella parte ad esse relativa;

–        in via subordinata, modificare l’art. 2 della decisione impugnata in maniera da sopprimere o da ridurre sostanzialmente l’ammenda inflitta;

–        condannare la Commissione alle spese.

42      In ciascuna causa la Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

43      A sostegno delle loro conclusioni tutte le ricorrenti deducono un motivo vertente sull’incompetenza della Commissione a constatare una violazione dell’art. 65 CA al momento dell’adozione della decisione impugnata.

44      I vari argomenti sollevati nell’ambito di tale motivo possono essere suddivisi in quattro capi. Il primo, che è fatto valere in ciascuna causa, si fonda sull’incompetenza della Commissione ad applicare le norme sulla concorrenza del Trattato CECA dopo la scadenza dello stesso. Il secondo, relativo alle cause T‑27/03, T‑46/03 e T‑58/03, verte sull’illegittimità della comunicazione 18 giugno 2002, la quale prorogherebbe l’applicabilità dell’art. 65 CA dopo la scadenza del Trattato CECA. Il terzo capo, che è invocato nelle cause T‑27/03, T‑79/03, T‑97/03 e T‑98/03, concerne l’illegittimità della prosecuzione del procedimento a norma del regolamento n. 17 dopo la scadenza del Trattato CECA, mentre il quarto, dedotto nelle cause T‑46/03, T‑58/03, T‑97/03 e T‑98/03, riguarda la violazione del principio della lex mitior. Occorre esaminare anzitutto il primo capo del presente motivo.

 Argomenti delle parti

45      In ognuna delle cause la ricorrente ricorda che le azioni della Comunità devono avere tutte un preciso fondamento giuridico. Le ricorrenti fanno osservare che la decisione impugnata fa riferimento solo a disposizioni del Trattato CECA, in particolare all’art. 65 CA. Senonché, al 17 dicembre 2002, data di adozione della decisione impugnata, il Trattato CECA non faceva più parte dell’ordinamento giuridico comunitario e, quindi, non avrebbe potuto più costituire il fondamento giuridico della decisione.

46      Le ricorrenti chiariscono che, conformemente all’art. 97 CA, l’ordinamento giuridico istituito dal Trattato CECA ha automaticamente e completamente cessato di esistere alla data del 23 luglio 2002. Estinte le norme di attribuzione dei suoi poteri, non sarebbe rimasta alla Commissione, al momento dell’adozione della decisione impugnata, alcuna competenza ad applicare l’art. 65 CA. La fattispecie in esame non riguarderebbe, pertanto, la successione delle leggi nel tempo nell’ambito di un unico ordinamento giuridico, bensì un problema determinato dalla cessazione degli effetti di un trattato e dal venir meno del relativo ordinamento giuridico.

47      Secondo le ricorrenti, solo gli Stati firmatari del Trattato CECA potevano decidere, sovranamente, se e a quali condizioni la Comunità europea potesse essere surrogata nei diritti, negli obblighi e nelle prerogative della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA). Le ricorrenti nelle cause T‑27/03, T‑79/03, T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03 si riferiscono a tale riguardo al diritto internazionale, in particolare agli artt. 54 e 70 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969 (Raccolta dei trattati delle Nazioni Unite, vol. 788, pag. 354). I principi di diritto internazionale costituirebbero, infatti, fonti d’ispirazione valide per interpretare le disposizioni del diritto comunitario (sentenza della Corte 24 novembre 1992, causa C‑286/90, Poulsen e Diva Navigation, Racc. pag. I‑6019, punto 9, e sentenza del Tribunale 22 gennaio 1997, causa T‑115/94, Opel Austria/Consiglio, Racc. pag. II‑39, punti 89‑95).

48      In tale contesto, le ricorrenti nelle cause T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03 e T‑80/03 rilevano, da una parte, che la Commissione, nella Comunicazione del 27 settembre 2000, COM/2000/588 def., intitolata «Il futuro del dialogo strutturato dopo la scadenza del Trattato CECA», ha chiarito che il «punto di partenza di ogni riflessione [relativa alla scadenza del Trattato CECA] deve essere la volontà degli Stati membri di non prorogare il regime e gli organi della CECA al di là del termine fissato dal trattato».

49      D’altra parte, tutte le ricorrenti citano diversi protocolli, decisioni o regolamenti espressamente adottati dagli Stati membri o dal Consiglio per regolare le conseguenze della scadenza del Trattato CECA. Trattasi dei documenti seguenti:

–        protocollo relativo alle conseguenze finanziarie della scadenza del Trattato CECA e al Fondo di ricerca carbone e acciaio, allegato al Trattato di Nizza, citato dalla ricorrente nella causa T‑79/03;

–        decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio 27 febbraio 2002, 2002/234/CECA, in merito alle conseguenze finanziarie della scadenza del Trattato CECA e al Fondo di ricerca del carbone e dell’acciaio (GU L 79, pag. 42), citata da tutte le ricorrenti;

–        decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio 19 luglio 2002, 2002/595/CE, in merito alle conseguenze della scadenza del Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) sugli accordi internazionali conclusi dalla CECA (GU L 194, pag. 35), citata dalle ricorrenti nelle cause T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03 e T‑80/03;

–        regolamento (CE) del Consiglio 3 giugno 2002, n. 963, che stabilisce le disposizioni transitorie relative alle misure antidumping e antisovvenzioni adottate ai sensi delle decisioni n. 2277/96/CECA e n. 1889/98/CECA della Commissione, nonché alle inchieste, alle denunce e alle domande antidumping e antisovvenzioni presentate ai sensi di dette decisioni e ancora pendenti (GU L 149, pag. 3), citato dalle ricorrenti nelle cause T‑27/03, T‑79/03 e T‑80/03;

–        regolamento (CE) del Consiglio 23 luglio 2002, n. 1407, sugli aiuti di Stato all’industria carboniera (GU L 205, pag. 1), citato dalle ricorrenti nelle cause T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03;

–        regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 30 settembre 2002, n. 1840, relativo al mantenimento del sistema delle statistiche CECA nel settore siderurgico dopo la scadenza del Trattato CECA (GU L 279, pag. 1), citato dalla ricorrente nella causa T‑79/03;

–        regolamento (CE) del Consiglio 27 febbraio 2003, n. 405, relativo al controllo comunitario delle importazioni di carbon fossile originario di paesi terzi (GU L 62, pag. 1), citato dalla ricorrente nella causa T‑79/03.

50      Al contrario, gli Stati membri non avrebbero preso alcuna misura che proroghi le regole di concorrenza istituite dal Trattato CECA o preveda per esse un regime transitorio. In mancanza di qualsivoglia decisione da parte degli Stati firmatari del Trattato CECA sull’applicabilità dell’art. 65 CA dopo la scadenza del Trattato, la Commissione non sarebbe più competente ad applicare tale disposizione. Altrimenti detto: adottando la decisione impugnata la Commissione avrebbe prorogato la validità dell’art. 65 CA, non più in vigore, sebbene nessun atto giuridico l’abilitasse espressamente ad agire in tal modo.

51      Le ricorrenti nelle cause T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03 insistono sul fatto che, nonostante la comunanza di ispirazione e l’esigenza che la loro interpretazione risponda a criteri di coerenza logica, i Trattati CECA, CE e CEEA sono distinti e separati e attribuiscono competenze distinte e ben precise alle istituzioni comunitarie. Ciascun trattato, singolarmente considerato, costituirebbe un sistema completo ed autonomo di norme che trovano compiutezza, realizzazione ed attuazione piena e completa ognuno in un proprio ambito. L’art. 3 UE e l’art. 305 CE testimonierebbero della reciproca autonomia dei diversi trattati.

52      Quanto all’argomento della Commissione vertente sul Trattato 8 aprile 1965 che istituisce un Consiglio unico ed una Commissione unica delle Comunità Europee (in prosieguo: il «Trattato di fusione»), che nel frattempo è stato abrogato dall’art. 9 del Trattato di Amsterdam, le ricorrenti nelle cause T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03 sottolineano che, nonostante la fusione delle istituzioni, le Comunità sono rimaste distinte e separate. La Commissione avrebbe continuato ad esercitare competenze distinte e ad agire in base a poteri distinti secondo che operasse nell’ambito dell’una o dell’altra Comunità (sentenza della Corte 9 agosto 1994, causa C‑327/91, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑3641). Sarebbe contraddittorio pretendere che la materia della concorrenza sia passata automaticamente, in virtù della presunta unicità dell’ordinamento comunitario, dal regime CECA a quello CE, mentre per varie materie sarebbe occorsa una specifica decisione degli Stati membri.

53      Le ricorrenti nelle cause T‑46/03 e T‑58/03 contestano altresì la qualificazione del Trattato CECA come lex specialis (decisione impugnata, punto 348) rispetto al Trattato CE, dal momento che il Trattato CECA è stato sottoscritto prima dell’altro. La giurisprudenza cui fa riferimento la Commissione nel controricorso non riguarderebbe affatto l’ipotesi della scadenza del Trattato CECA e non farebbe che confermare che quest’ultimo era destinato a regolamentare solo il mercato siderurgico, mentre il Trattato CE regolamentava ogni altro settore. Comunque sia, se il Trattato CECA avesse effettivamente costituito una lex specialis rispetto al Trattato CE, alla sua scadenza la Commissione sarebbe stata tenuta ad applicare nella decisione impugnata l’art. 81 CE.

54      Quanto all’art. 305 CE, che, secondo la Commissione, confermerebbe la natura di lex specialis del Trattato CECA, le ricorrenti nelle cause T‑97/03 e T‑98/03 sostengono che si tratta di una clausola di compatibilità completa, propria del diritto consuetudinario e codificata nell’art. 30, n. 2, della Convenzione di Vienna. L’art. 305 CE tenderebbe appunto ad evitare che il trattato successivo – il Trattato CE – prevalga su quello precedente – il Trattato CECA – nei settori riservati a quest’ultimo. Tale disposizione non autorizzerebbe, tuttavia, la Commissione ad applicare il Trattato CECA dopo la sua scadenza.

55      La Commissione sostiene che il Trattato CE e il Trattato CECA fanno parte di un solo ed unico ordinamento giuridico, che è quello comunitario (parere della Corte 14 dicembre 1991, 1/91, Racc. pag. I‑6079, punto 21). Essa spiega che, in ragione dell’unicità di tale ordinamento, il giudice comunitario ha interpretato norme dei Trattati CECA e CEEA con riferimento a norme del Trattato CE, sulla base dei principi comuni che informano tutti i trattati comunitari (sentenza della Corte 22 febbraio 1990, causa C‑221/88, Busseni, Racc. pag. I‑495, punti 16 e 21). Così, l’art. 65 CA avrebbe ricevuto un’interpretazione coerente con l’art. 81 CE (sentenza della Corte 18 maggio 1962, causa 13/60, Geitling Ruhrkohlen-Verkaufsgesellschaft e a./Alta Autorità, Racc. pag. 167, e sentenza del Tribunale 11 marzo 1999, causa T‑141/94, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. II‑347, punti 262, 266 e 277).

56      L’unicità dell’ordinamento giuridico comunitario sarebbe inoltre corroborata dall’unicità dal punto di vista istituzionale. La Commissione fa riferimento a tale riguardo al Trattato di fusione, nonché all’art. 1, terzo comma, UE, all’art. 3, n. 1, UE e agli artt. 48 UE e 49 UE.

57      La Commissione fa osservare che, nell’ambito dell’ordinamento giuridico comunitario, il Trattato CECA costituiva una lex specialis che derogava alla lex generalis rappresentata dal Trattato CE e cita a tale proposito l’art. 305, n. 1, CE e la giurisprudenza (sentenza della Corte 24 ottobre 1985, causa 239/84, Gerlach, Racc. pag. 3507, punti 9‑11; parere della Corte 15 novembre 1994, 1/94, Racc. pag. I‑5267, punti 25‑27; conclusioni dell’avvocato generale Van Gerven per la sentenza 13 aprile 1994, causa C‑128/92, Banks, Racc. pagg. I‑1209, I‑1212, paragrafo 8; sentenze del Tribunale 5 giugno 2001, causa T‑6/99, ESF Elbe-Stahlwerke Feralpi/Commissione, Racc. pag. II‑1523, punto 102, e 8 luglio 2003, causa T‑374/00, Verband der freien Rohrwerke e a./Commissione, Racc. pag. II‑2275, punto 68). Secondo la Commissione, una volta venuta meno la lex specialis, il 23 luglio 2002, la lex generalis costituita dal Trattato CE avrebbe ritrovato pienamente la vis expansiva che l’art. 305 CE aveva limitato per tutto il periodo di vigenza del Trattato CECA, di modo che i settori prima disciplinati dal Trattato CECA sarebbero stati assoggettati, dopo la scadenza dello stesso, alle corrispondenti disposizioni del Trattato CE. La Commissione fa riferimento, al riguardo, al punto 348 della decisione impugnata.

58      Il rinvio al diritto internazionale, segnatamente agli artt. 54 e 70 della Convenzione di Vienna, non terrebbe conto del fatto che l’ordinamento giuridico comunitario è sui generis (sentenze della Corte 15 luglio 1964, causa 6/64, Costa/E.N.E.L., Racc. pag. 1129, e 13 novembre 1964, cause riunite 90/63 e 91/63, Commissione CEE/Lussemburgo e Belgio, Racc. pag. 1201). In ragione dell’unicità dell’ordinamento giuridico comunitario e del rapporto di lex specialis/lex generalis esistente tra i Trattati CECA e CE, le conseguenze dell’estinzione del Trattato CECA non sarebbero disciplinate da norme di diritto internazionale, bensì andrebbero valutate alla luce delle disposizioni dell’ordinamento comunitario stesso.

59      La giurisprudenza citata dalle ricorrenti per corroborare l’affermazione secondo cui il diritto internazionale può trovare applicazione anche nell’ambito del diritto comunitario sarebbe irrilevante, poiché riguarderebbe i rapporti tra la Comunità e paesi terzi e non rapporti interni all’ordinamento giuridico comunitario.

60      Alla scadenza del Trattato CECA la transizione dal regime CECA al regime CE in materia di concorrenza sarebbe avvenuta automaticamente, in base al principio della successione delle norme nel tempo all’interno del medesimo ordinamento giuridico. Al riguardo la Commissione ricorda che le norme di procedura si applicano, come si ritiene in generale, a tutte le controversie pendenti all’atto della loro entrata in vigore, a differenza delle norme sostanziali, che, secondo la comune interpretazione, non riguardano rapporti giuridici definiti anteriormente a tale momento [sentenze della Corte 12 novembre 1981, cause riunite da 212/80 a 217/80, Salumi, Racc. pag. 2735, punto 9; 6 luglio 1993, cause riunite C‑121/91 e C‑122/91, CT Control (Rotterdam) e JCT Benelux/Commissione, Racc. pag. I‑3873, punto 22, e 7 settembre 1999, causa C‑61/98, De Haan, Racc. pag. I‑5003, punto 13].

61      Conformemente a tali principi la Commissione avrebbe applicato, in seguito alla scadenza del Trattato CECA, le norme di procedura del regolamento n. 17. Quanto alle norme sostanziali, la decisione impugnata concernerebbe un’intesa in atto fino al 2000. L’unica disposizione violata dalle imprese destinatarie della decisione impugnata sarebbe stata, perciò, quella dell’art. 65, n. 1, CA. In altri termini, l’art. 81 CE non sarebbe menzionato nella detta decisione perché era l’art. 65 CA la norma sostanziale in vigore all’epoca in cui i comportamenti anticoncorrenziali sono stati posti in essere. Sempre secondo la Commissione, inoltre, il fatto che un procedimento amministrativo volto ad applicare l’art. 65 CA a fatti verificatisi sotto la vigenza del Trattato CECA abbia richiesto tempi tecnici che hanno ecceduto la durata di quest’ultimo non potrebbe avere come conseguenza di privare la detta disposizione del suo effetto utile ben prima della data di scadenza di tale trattato, rendendo inefficace l’obbligo di non alterare la dinamica concorrenziale che il detto articolo imponeva direttamente ad ogni operatore economico.

62      L’applicazione dell’art. 65 CA ad infrazioni commesse prima della scadenza del Trattato CECA sarebbe, dunque, la logica e coerente conseguenza dei principi di successione delle norme nel tempo nell’ambito di uno stesso ordinamento giuridico. La Commissione insiste sul fatto di aver potuto legittimamente adottare la decisione impugnata essendo rimasta, dopo la scadenza del Trattato CECA, l’organo competente, a termini del Trattato CE, ad applicare le norme sulla concorrenza. Fa poi notare di essersi limitata ad applicare disposizioni del Trattato CECA che avevano un sicuro equivalente nel Trattato CE. La Corte, dal canto suo, avrebbe continuato ad applicare l’art. 65 CA, successivamente alla sua scadenza, a fatti avvenuti durante il periodo in cui tale disposizione era ancora in vigore (v., per esempio, sentenze della Corte 2 ottobre 2003, cause riunite C‑172/01 P, C‑175/01 P, C‑176/01 P e C‑180/01 P, International Power e a./Commissione, Racc. pag. I‑11421, punto 168, e 2 ottobre 2003, causa C‑179/99 P, Eurofer/Commissione, Racc. pag. I‑10725, punti 22‑26).

63      La comunicazione sul futuro del dialogo strutturato dopo la scadenza del Trattato CECA atterrebbe a comportamenti e a situazioni che possono prodursi dopo la scadenza di tale trattato. Viceversa, la decisione impugnata si limiterebbe ad accertare l’esistenza di un’infrazione e ad imporre un’ammenda per una condotta posta in essere quando il Trattato CECA era ancora in pieno vigore.

64      Quanto ai diversi atti, menzionati al punto 49 supra, che secondo le ricorrenti mostrerebbero come, in mancanza di una decisione specifica degli Stati membri o del Consiglio, la Commissione non avesse più competenza ad applicare l’art. 65 CA dopo la scadenza del relativo trattato, la Commissione sostiene che la decisione 2002/234 è stata adottata perché la successione della Comunità europea nel patrimonio CECA non poteva avvenire in maniera automatica, visto che il Trattato CE non contiene alcuna disposizione che possa consentire di surrogare ipso iure la Comunità europea nei diritti e negli obblighi patrimoniali della CECA. In mancanza di una decisione specifica, la proprietà dei fondi CECA sarebbe tornata agli Stati membri all’estinzione del Trattato CECA [v. primo ‘considerando’ della decisione 2002/234 e comunicazione della Commissione 6 settembre 2000, COM (2000) 518 def.]. L’adozione di un atto ad hoc degli Stati membri, che si è poi concretizzata nel Protocollo C del Trattato di Nizza, sarebbe stata quindi necessaria per realizzare il trasferimento dei fondi della CECA alla CE. Al contrario, la tutela della concorrenza nel settore carbosiderurgico CECA sarebbe passata automaticamente sotto il regime della Comunità europea allo scadere del Trattato CECA per il venir meno del limite alla vis expansiva della lex generalis posto dall’art. 305 CE.

65      Quanto alla decisione 2002/595, la Commissione spiega che la necessità di disciplinare le conseguenze della scadenza del Trattato CECA sugli accordi internazionali con una decisione specifica degli Stati membri è nata, in primo luogo, dalla volontà politica di mantenere il regime «specifico» previsto dai detti accordi per i prodotti rientranti nell’ambito del Trattato CECA anche dopo l’estinzione del relativo trattato e, in secondo luogo, dall’impossibilità per la Comunità europea di proclamarsi automaticamente successore della CECA nei rapporti con gli Stati terzi in base alle norme del Trattato CE, in quanto tali Stati non possono essere vincolati da una norma «interna» dell’ordinamento comunitario qual è l’art. 305 CE. La decisione 2002/595 avrebbe così trasferito esplicitamente alla Comunità europea i diritti e gli obblighi della CECA nei rapporti con gli Stati terzi. L’art. 1 della decisione del Consiglio 19 luglio 2002, 2002/596/CE, relativa alle conseguenze della scadenza del Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) sugli accordi internazionali conclusi dalla CECA (GU L 194, pag. 36), avrebbe ratificato tale trasferimento. La Commissione aggiunge che, conformemente all’art. 2 della medesima decisione, essa era tenuta ad informare gli Stati terzi del detto trasferimento e a negoziare, se necessario, modifiche degli accordi.

66      Quanto all’argomento delle ricorrenti relativo al regolamento n. 963/2002, la Commissione fa valere che l’adozione di tale regolamento è stata resa necessaria dal fatto che la gestione della politica commerciale della Comunità europea è caratterizzata da un iter decisionale diverso da quello previsto dal Trattato CECA. Nel primo caso, la competenza spetterebbe al Consiglio, nel secondo, invece, alla Commissione. Così, conformemente all’art. 74 CA e all’art. 14 della decisione della Commissione 28 novembre 1996, 2277/96/CECA, relativa alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (GU L 308, pag. 11), i dazi antidumping provvisori e definitivi sarebbero stati imposti dalla Commissione. L’adozione del regolamento n. 963/2002 troverebbe inoltre la sua ragion d’essere negli obblighi della Comunità in sede di applicazione dell’art. VI dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio (GATT). I soggetti interessati nei paesi terzi avrebbero interesse a sapere se il termine massimo di diciotto mesi per una procedura antidumping sarebbe stato interrotto dalla scadenza del Trattato CECA. Ritenendo che gli Stati terzi non potessero essere pienamente consapevoli della portata dell’art. 305 CE, né degli effetti dell’applicazione del principio della successione delle leggi nel tempo, tenuto conto in particolare della differenza istituzionale tra i due trattati, il Consiglio avrebbe adottato il regolamento n. 963/2002. Al contrario, l’identità, nei Trattati CECA e CE, dell’organo competente a prendere le misure necessarie alla tutela della concorrenza, ovvero la Commissione, avrebbe consentito di procedere alla transizione tra i due Trattati in base ai principi generali del diritto. L’adozione del regolamento n. 963/2002 sarebbe, infine, legata al fatto che, diversamente dalle decisioni di accertamento delle infrazioni alle regole di concorrenza, le misure antidumping previste dal Trattato CECA fissavano il regime relativo ai prodotti oggetto di dumping per il futuro e potevano, quindi, sortire effetti anche dopo la scadenza di tale trattato.

67      Allo stesso modo, il regolamento n. 1840/2002, relativo al mantenimento del sistema delle statistiche della CECA, e il regolamento n. 405/2003, relativo al controllo comunitario delle importazioni di carbon fossile originario di paesi terzi, riguarderebbero comportamenti e situazioni avvenuti dopo la scadenza del Trattato CECA. La decisione impugnata, invece, si limiterebbe a stabilire l’esistenza di un’infrazione e ad infliggere una sanzione per un periodo durante il quale il Trattato CECA era in pieno vigore.

68      Quanto al regolamento n. 1407/2002, la Commissione puntualizza che esso stabilisce un regime di aiuti per i settori CECA nel solo ambito del Trattato CE. Esso conterrebbe norme sostanziali e procedurali per la valutazione degli aiuti dopo la scadenza del Trattato CECA. Il regime transitorio dell’art. 14, n. 2, applicabile fino al 31 dicembre 2002, sarebbe servito ad evitare l’applicazione successiva in un unico anno di due regimi di aiuti – quello della decisione della Commissione 28 dicembre 1993, 3632/93/CECA, relativa al regime comunitario degli interventi degli Stati membri a favore dell’industria carboniera (GU L 329, pag. 12), fino al 23 luglio 2002 e quello istituito dal regolamento n. 1407/2002 dopo tale data –, cosa che avrebbe potuto creare difficoltà alle imprese.

69      Infine, la Commissione afferma di essere tuttora competente a constatare violazioni dell’art. 65 CA qualora tali violazioni non siano prescritte.

 Giudizio del Tribunale

 Osservazioni preliminari

70      Va ricordato innanzitutto che i trattati comunitari hanno instaurato un ordinamento giuridico di nuovo genere, a favore del quale gli Stati hanno limitato, in settori sempre più ampi, i loro poteri sovrani e che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini (parere della Corte 1/91, punto 55 supra, punto 21).

71      Nell’ambito dell’ordinamento giuridico comunitario le istituzioni dispongono soltanto di competenze di attribuzione (parere della Corte 6 dicembre 2001, 2/00, Racc. pag. I‑9713, punto 5, e sentenza della Corte 13 dicembre 2001, causa C‑93/00, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I‑10119, punto 39). Per questo motivo nel preambolo degli atti comunitari viene indicato il fondamento giuridico che abilita l’istituzione di cui trattasi ad agire nel settore considerato. La scelta del fondamento giuridico riveste, infatti, un’importanza di natura costituzionale (parere della Corte 2/00, cit., punto 5).

72      Nella fattispecie, la decisione impugnata, che è stata adottata quando il Trattato CECA era già scaduto, constata una violazione dell’art. 65, n. 1, CA e irroga alle imprese che l’avrebbero commessa una sanzione pecuniaria. Alla luce degli argomenti dedotti nell’ambito del presente motivo occorre per prima cosa individuare il fondamento giuridico della decisione impugnata. Successivamente, il Tribunale esaminerà se tale fondamento legittimasse la Commissione a constatare e a sanzionare una violazione dell’art. 65, n. 1, CA al momento dell'adozione della decisione impugnata.

 Sul fondamento giuridico della decisione impugnata

73      Si deve constatare che il preambolo della decisione impugnata fa riferimento unicamente a disposizioni del Trattato CECA, segnatamente agli artt. 65 CA, 47 CA e 36 CA.

74      Occorre ricordare, da un lato, che l’art. 47 CA legittima la Commissione a raccogliere le informazioni necessarie a svolgere i suoi compiti e a procedere a verifiche e, dall’altro, che l’art. 36 CA fa obbligo alla medesima istituzione di sentire gli interessati prima di irrogare sanzioni pecuniarie o di fissare penalità di mora. Il riferimento a tali disposizioni nel preambolo della decisione impugnata concerne, quindi, gli atti di procedura anteriori all’adozione della stessa.

75      Quanto all’art. 65 CA, si osservi che esso non solo contiene una disposizione sostanziale diretta alle imprese e alle associazioni d’imprese, alle quali vieta certi comportamenti contrari alla concorrenza (n. 1), ma altresì offre un fondamento giuridico all’azione della Commissione. L’art. 65, n. 4, CA legittima, infatti, la Commissione a constatare violazioni dell’art. 65, n. 1, CA, mentre l’art. 65, n. 5, CA l’autorizza ad imporre ammende alle imprese che hanno violato il n. 1 dello stesso articolo.

76      In base alle disposizioni menzionate nel preambolo si deve considerare che la decisione impugnata, che constata una violazione dell’art. 65, n. 1, CA e infligge sanzioni alle imprese che avrebbero violato tale disposizione, è fondata in diritto sull’art. 65, n. 4, CA relativamente alla constatazione dell’infrazione e sull’art. 65, n. 5, CA relativamente all’imposizione dell’ammenda. La Commissione ha peraltro riconosciuto all’udienza che il riferimento all’art. 65 CA nel preambolo della decisione impugnata si riferiva ai nn. 4 e 5 di tale disposizione.

77      All’udienza la Commissione ha tuttavia sostenuto che la decisione impugnata era fondata altresì sul regolamento n. 17.

78      Va in proposito ricordato che il regolamento n. 17, nel frattempo abrogato dall’art. 43 del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), all’art. 3 riconosce alla Commissione la competenza a constatare infrazioni agli artt. 81 CE e 82 CE e, all’art. 15, n. 2, l’autorizza ad imporre ammende alle imprese e alle associazioni di imprese che hanno partecipato a tali infrazioni.

79      Ebbene, né il preambolo, né la motivazione della decisione impugnata fanno riferimento ad un fondamento giuridico costituito dall’art. 3 o dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Gli unici riferimenti all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, contenuti nei punti 335 e 343 della decisione impugnata, concernono la discussione sulla lex mitior per giustificare, nella fattispecie, l’applicazione dell’art. 65, n. 5, CA e non dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

80      All’udienza la Commissione ha definito l’omessa menzione del regolamento n. 17 nel preambolo della decisione impugnata dapprima errore materiale, poi errore di forma o ancora refuso. Ha inoltre spiegato che la decisione impugnata andava letta alla luce della seconda comunicazione di addebiti del 12 agosto 2002, che sarebbe stata appunto fondata sul regolamento n. 17. Infine, rispondendo a un quesito del Tribunale, la Commissione ha indicato i passi della decisione impugnata che, a suo avviso, dimostrerebbero che la stessa si fonda sull’art. 3 e sull’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Si tratterebbe, da un lato, della menzione del comitato consultivo nel preambolo e, dall’altro, dei punti 335, 342, 343, 345, 346, 348‑350, 352 e 353 della decisione impugnata.

81      Occorre, dunque, verificare se gli elementi indicati al punto precedente siano giuridicamente sufficienti a dimostrare che la Commissione ha fondato la decisione impugnata altresì sull’art. 3 e sull’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, nonostante manchino nella stessa riferimenti espliciti in tal senso.

82      Per prima cosa va ricordato che, interrogata in proposito all’udienza, la Commissione ha riconosciuto che le affermazioni contenute nei diversi punti della decisione sopra citati, al punto 80, si riferivano al diritto sostanziale (punti 335, 342 e 343) o processuale (punti 352 e 353) da applicare e non riguardavano specificamente la sua competenza a constatare e sanzionare una violazione dell’art. 65, n. 1, CA dopo la scadenza del Trattato CECA. Ha poi riconosciuto che i punti 345 e 346 non facevano che riprodurre l’argomentazione sviluppata dalle ricorrenti nel procedimento precontenzioso.

83      In secondo luogo, quanto ai punti 348 e 349 della decisione impugnata, si deve constatare che essi contengono riferimenti generali alla lex specialis, al Trattato di fusione e all’art. 305 CE, ma nessuna indicazione in merito alla circostanza che la decisione impugnata sarebbe fondata sull’art. 3 e sull’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

84      In terzo luogo, il riferimento al comitato consultivo nel preambolo allude a una fase della procedura prevista dall’art. 10, n. 3, del regolamento n. 17 e conferma, dunque, che, dopo la scadenza del Trattato CECA, la Commissione ha applicato le regole di procedura del regolamento n. 17, mentre i riferimenti agli artt. 36 CA e 47 CA nello stesso preambolo comprovano che, prima di tale scadenza, hanno trovato applicazione le regole di procedura del Trattato CECA.

85      Tuttavia, tale riferimento al comitato consultivo non indica affatto che la Commissione abbia fondato, nella fattispecie, la sua competenza anche sull’art. 3 e sull’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. In effetti, l’unica indicazione nel preambolo circa il fondamento giuridico sul quale la Commissione avrebbe constatato e sanzionato la violazione in oggetto è costituita dal richiamo all’art. 65 CA. Si deve ricordare, in proposito, che all’udienza la Commissione ha riconosciuto che il riferimento all’art. 65 CA nel preambolo riguardava il n. 4 per la constatazione dell’infrazione e il n. 5 per l’imposizione dell’ammenda.

86      In quarto luogo, all’udienza, la Commissione ha insistito in particolare sulla prima frase del punto 350, che dimostrerebbe, implicitamente, ma fuori di ogni dubbio, che la decisione impugnata è fondata sull’art. 3 e sull’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

87      Il punto 350 della decisione impugnata è formulato, invero, come segue:

«Le conseguenze del venir meno della lex specialis vanno tuttavia precisate in relazione all’applicazione di norme che autorizzano la Commissione a comminare sanzioni. In tale caso, appare giustificato applicare la norma sostanziale in vigore al momento in cui si sono verificati i fatti, ferma restando l’applicazione delle regole di procedura subentrate nel tempo».

88      Va anzitutto rilevato che il punto 350 della decisione impugnata riguarda solo la competenza della Commissione ad infliggere sanzioni. La sua prima frase si riferisce unicamente a «norme che autorizzano la Commissione a comminare sanzioni». La seconda frase, che dovrebbe chiarire la competenza della Commissione alla luce della scadenza della lex specialis, non precisa quali siano queste «norme che autorizzano la Commissione a comminare sanzioni». Essa parla solo di diritto sostanziale e di regole di procedura da applicare, mentre tace sulla questione della competenza della Commissione a «comminare sanzioni».

89      La decisione impugnata non precisa dunque, al punto 350, quali siano le «norme che autorizzano la Commissione a comminare sanzioni». Isolatamente presa, la prima frase del punto 350 potrebbe riferirsi tanto all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, quanto all’art. 65, n. 5, CA.

90      Se, però, si legge detto punto 350 insieme con la sezione 8 della decisione impugnata, che riguarda l’imposizione delle ammende ed è intitolata «Applicabilità dell’articolo 65, paragrafo 5», appare chiaro che nella fattispecie la Commissione ha fondato la propria competenza ad imporre ammende sull’art. 65, n. 5, CA. Come ricorda il punto 515, infatti, «[a]i sensi dell’articolo 65, paragrafo 5, la Commissione può infliggere ammende alle imprese [interessate]».

91      Che la decisione impugnata sia fondata esclusivamente sull’art. 65, nn. 4 e 5, CA risulta con altrettanta chiarezza anche dai suoi punti 515‑518. In particolare, il punto 516 riproduce testualmente l’art. 65, n. 4, CA per spiegare che la Commissione è sì competente a constatare che Federacciai, un’associazione d’imprese, ha commesso un’infrazione, ma non è competente, in conformità con l’art. 65, n. 5, CA, a infliggerle un’ammenda. L’art. 65, n. 5, CA, infatti, legittima la Commissione a sanzionare unicamente imprese e non associazioni di imprese. Se la decisione impugnata fosse fondata sul regolamento n. 17, come asserisce la Commissione, tale valutazione giuridica sarebbe inconferente, dal momento che l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 non distingue tra imprese e associazioni di imprese in ordine alla competenza della Commissione a imporre ammende.

92      Anche la sezione 7 della decisione impugnata, recante il titolo «Inapplicabilità dell’articolo 65, paragrafo 2», contiene un’indicazione nel senso che la Commissione ha fondato la decisione impugnata sull’art. 65 CA e non sulle disposizioni del regolamento n. 17. Al punto 514 della decisione impugnata, infatti, affrontando la questione se l’intesa considerata dalla decisione impugnata potesse beneficiare di un’autorizzazione, la Commissione non si è riferita affatto all’art. 9, n. 1, del regolamento n. 17, che le consente di concedere deroghe, ma ha fondato la propria competenza unicamente sull’art. 65, n. 2, CA.

93      In quinto luogo, quanto alla lettura della decisione impugnata alla luce della seconda comunicazione di addebiti del 12 agosto 2002, si deve riconoscere che in tale comunicazione supplementare (punto 2) la Commissione afferma di aver avviato un nuovo procedimento ai sensi del regolamento n. 17 e fa, inoltre, riferimento esplicito all’art. 3 di quest’ultimo.

94      Ciò non basta, tuttavia, per concludere che il fondamento giuridico della decisione impugnata sia costituito dall’art. 3 e dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Al contrario, occorre considerare che la totale assenza di riferimenti all’art. 3 e all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 tanto nel preambolo quanto nella motivazione della decisione impugnata dipende piuttosto da una precisa scelta della Commissione. Non si può credere, invero, nelle circostanze del caso di specie, che la Commissione, dopo aver intavolato una discussione con le ricorrenti sul controverso ricorso al regolamento n. 17 come fondamento giuridico, inviando loro un'ulteriore comunicazione di addebiti, abbia poi semplicemente dimenticato di menzionare tale fondamento giuridico nella decisione impugnata.

95      In sesto luogo, questa lettura della decisione impugnata pare corroborata dal fatto che, nelle presenti controversie, quattro delle sette ricorrenti, vale a dire le ricorrenti nelle cause T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03 e T‑80/03, sono chiaramente partite proprio dalla premessa che la decisione impugnata si fondasse sull’art. 65, nn. 4 e 5, CA. Soltanto due ricorrenti, quelle nelle cause T‑97/03 e T‑98/03, hanno basato i loro argomenti sulla constatazione che la decisione impugnata fosse fondata sul regolamento n. 17, pur ritenendo che quest’ultimo non conferisse alla Commissione alcuna competenza al riguardo. La ricorrente nella causa T‑79/03, infine, resta vaga quanto al fondamento giuridico e passa al vaglio entrambe le tesi – quella che vuole la decisione impugnata fondata sull’art. 65, nn. 4 e 5, CA e quella che la vuole fondata sul regolamento n. 17 –, per poi concludere che in ogni caso la Commissione non era competente.

96      Occorre ricordare in proposito che, nei controricorsi per le cause in cui le ricorrenti avevano individuato il fondamento giuridico della decisione impugnata nell’art. 65, nn. 4 e 5, CA, la Commissione non ha mai sostenuto che l’argomentazione delle controparti poggiasse su una premessa errata. Nessuno dei controricorsi o delle controrepliche depositati nelle dette cause contiene, infatti, un esplicito riferimento all’art. 3 o all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 come fondamento giuridico della decisione impugnata. Gli unici riferimenti all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 negli atti della Commissione sono in tema di lex mitior per giustificare l’applicazione, nella fattispecie, dell’art. 65, n. 5, CA e non dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

97      Così, la ricorrente nella causa T‑27/03, presa visione del controricorso, afferma, al punto 5 della replica, quanto segue:

«La Commissione (...) pare, pertanto e definitivamente, ammettere che: i) la Decisione impugnata è stata presa sulla sola base giuridica dell’art 65 CECA; ii) le ammende comminate lo sono state in virtù del solo menzionato articolo. Tutto il resto, tutte le altre argomentazioni svolte dalla Commissione sull’unicità dell’ordinamento comunitario, sui criteri di successione delle leggi nel tempo, appaiono considerazioni accademiche, oltreché generiche e non pertinenti, su cui non pare opportuno attardare l’attenzione dell’adito Tribunale replicandovi».

98      Nella causa T‑79/03, poi, in cui la ricorrente resta vaga sul fondamento giuridico della decisione impugnata, la Commissione non ha offerto la benché minima spiegazione in merito.

99      Al punto 58 del controricorso nella causa T‑79/03 la Commissione dichiara, invero, che «non appare corretto l’assunto da cui muove il ragionamento della ricorrente, secondo cui vi sarebbe stato, da parte della Commissione, l’utilizzo della cornice procedurale del regolamento n. 17/62 per infliggere un’ammenda ai sensi dell’art. 65 del Trattato CECA (...). Si deve (...) rilevare che l’ammenda non è stata adottata sulla base del regolamento n. 17, bensì, come chiaramente espresso nella Decisione, in virtù dell’art. 65, 5 comma, del Trattato CECA». In una nota a piè di pagina essa aggiunge che «contrariamente a quanto asserisce la ricorrente si evince chiaramente che la Commissione fa applicazione del regolamento 17 dalla sezione 5 della decisione (punti 335 e ss.) che lo menziona». Nella replica, la ricorrente nella causa T‑79/03 s’indigna e, al punto 33, afferma:

«(...) la Commissione nuovamente si contraddice, questa volta nello spazio di poche righe, a dimostrazione della difficoltà di sostenere una tesi giuridicamente inconsistente. Nel paragrafo 58 del controricorso (...) in chiusura di paragrafo, dichiara (...) che l’ammenda non è stata comminata in base al regolamento [n. 17], salvo poi aggiungere, in nota, che dalla Decisione si evince chiaramente che la Commissione fa applicazione del regolamento 17/62».

100    È dunque solo all’udienza e solo in risposta ai quesiti posti dal Tribunale che la Commissione ha indicato per la prima volta con chiarezza di ritenere la decisione impugnata fondata altresì sull’art. 3 e sull’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

101    Alla luce delle osservazioni sopra formulate, nonché dei diversi riferimenti espliciti all’art. 65, nn. 4 e 5, CA quale fondamento giuridico contenuti nella decisione impugnata (preambolo e punti 515-518) e dell’assenza totale di riferimenti all’art. 3 e all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, quale fondamento giuridico si deve constatare pertanto che la decisione impugnata è stata basata unicamente sull’art. 65, nn. 4 e 5, CA.

 Sulla competenza della Commissione a constatare e a sanzionare una violazione dell’art. 65, n. 1, CA dopo la scadenza del Trattato CECA

–       Sui rapporti fra i Trattati CECA e CE

102    Si deve ricordare che l’ambito di applicazione del Trattato CECA era materialmente circoscritto. Tale trattato non concerneva, infatti, che due prodotti, il carbone e l’acciaio, quali definiti all’art. 81 CA e all’allegato I del Trattato CECA. Dato che il Trattato CEE (divenuto CE) è redatto in termini generali validi per ogni ambito economico, dunque – in linea di principio – anche per i prodotti rientranti nell’ambito del Trattato CECA (v., in tal senso, parere 1/94, punto 57 supra, punto 27), gli autori del Trattato CE hanno espressamente previsto una clausola di salvaguardia diretta ad evitare il primato delle disposizioni CE su quelle CECA.

103    L’art. 305, n. 1, CE precisa, infatti, che:

«Le disposizioni del (...) trattato [CE] non modificano quelle del trattato [CECA], in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli Stati membri, i poteri delle istituzioni [della CECA] e le norme sancite da tale trattato per il funzionamento del mercato comune del carbone e dell’acciaio».

104    Ne consegue che, per quel che riguarda il funzionamento del mercato comune, continuano ad essere applicate le norme del Trattato CECA e tutte le disposizioni adottate per la sua attuazione, nonostante sia entrato in vigore il Trattato CE (sentenze della Corte Gerlach, punto 57 supra, punto 9, e 24 settembre 2002, cause riunite C‑74/00 P e C‑75/00 P, Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, Racc. pag. I‑7869, punto 100).

105    Nondimeno, nei limiti in cui determinate questioni non fossero disciplinate dal Trattato CECA o da una regolamentazione adottata in forza di esso, il Trattato CE e le disposizioni emanate per la sua attuazione potevano essere applicati a prodotti rientranti nell’ambito CECA già prima della scadenza del relativo trattato (sentenze della Corte 15 dicembre 1987, causa 328/85, Deutsche Babcock, Racc. pag. 5119, punto 10, e Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, punto 104 supra, punto 100; parere 1/94, punto 57 supra, punto 27).

106    Occorre ricordare anche che, conformemente all’art. 97 CA, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002. Poiché il Trattato CE ha una portata generale, i settori prima disciplinati dal Trattato CECA rientrano ora, dal 24 luglio 2002, nell’ambito CE.

–       Sulla legittimazione della Commissione ad adottare la decisione impugnata in virtù dell'’art. 65, nn. 4 e 5, CA

107    La decisione impugnata è stata adottata, il 17 dicembre 2002, sul fondamento dell’art. 65, n. 4, CA, per la constatazione della violazione dell’art. 65, n. 1, CA, e dell’art. 65, n. 5, CA, per l'imposizione delle ammende alle imprese accusate di avervi preso parte.

108    Riguardo alla propria competenza ad adottare la decisione impugnata ai sensi dell’art. 65, nn. 4 e 5, CA successivamente alla scadenza del Trattato CECA, la Commissione spiega, al punto 348 della decisione medesima, che «il Trattato CE e quello CECA fanno parte di uno stesso ordinamento giuridico, l’ordinamento giuridico comunitario, al cui interno quest’ultimo trattato ha costituito, fino al 23 luglio 2002, una lex specialis». Nel successivo punto 349 essa cita l’art. 305, n. 1, CE e il quadro istituzionale unico (Trattato di fusione e art. 3 UE). Per ribadire l’unicità dell’ordinamento giuridico comunitario, la Commissione ricorda, nelle sue memorie, che il giudice comunitario ha interpretato norme dei Trattati CECA e CEEA con riferimento a norme del Trattato CE, sulla base dei principi comuni che informano tutti i trattati comunitari (sentenza Busseni, punto 55 supra, punti 16 e 21).

109    Alla scadenza del Trattato CECA, la transizione dal regime CECA al regime CE in materia di concorrenza sarebbe avvenuta automaticamente, in base al principio della successione delle norme nel tempo all’interno del medesimo ordinamento giuridico [sentenze, citate al punto 60 supra, Salumi, punto 9; CT Control (Rotterdam) e JCT Benelux/Commissione, punto 22, e De Haan, punto 13]. Al punto 331 della decisione impugnata, che contiene un rinvio al punto 31 della comunicazione 18 giugno 2002, la Commissione spiega che «il diritto sostanziale applicabile» è «quello in vigore nel momento in cui si sono verificati i fatti che hanno costituito la violazione» e che, «per quanto riguarda la procedura, dopo la scadenza del trattato CECA, si applic[a] il diritto CE». Al punto 350 della decisione impugnata la Commissione aggiunge che «appare giustificato applicare la norma sostanziale in vigore al momento in cui si sono verificati i fatti» e, al successivo punto 352, afferma che «le regole di procedura applicabili sono quelle in vigore al momento in cui viene adottata la misura in questione».

110    Si deve quindi valutare se gli elementi suddetti permettano di concludere che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, l’art. 65, nn. 4 e 5, CA conferiva alla Commissione la competenza per tale adozione.

111    Al riguardo va ricordato che, ai sensi dell’art. 305, n. 1, CE, il Trattato CECA costituiva una lex specialis in deroga alla lex generalis rappresentata dal Trattato CE (conclusioni dell’avvocato generale Van Gerven nella causa Banks, punto 57 supra, paragrafo 8; e sentenze, citate anch’esse supra al punto 57, ESF Elbe-Stahlwerke Feralpi/Commissione, punto 102, e Verband der freien Rohrwerke e a./Commissione, punto 68).

112    Il fatto che il Trattato CECA costituisse una lex specialis ha comportato che, alla sua scadenza, la lex generalis sia divenuta automaticamente applicabile. Al punto 348 della decisione impugnata la Commissione ha a buon diritto constatato che, «a partire dal 24 luglio 2002, i settori che precedentemente rientravano nell’ambito di applicazione del Trattato CECA, delle sue norme procedurali e della restante legislazione derivata sono soggetti alle rispettive norme derivanti dal Trattato CE». Nel settore della concorrenza ciò implica che dal 24 luglio 2002 i comportamenti delle imprese e delle associazioni d’imprese cui prima si applicava il Trattato CECA possono rientrare nell’ambito degli artt. 81 CE e 82 CE.

113    Il presente motivo, tuttavia, non verte affatto sull’applicazione dell’art. 81 CE a un’intesa nel settore siderurgico dopo la scadenza del Trattato CECA. Verte invece sulla competenza della Commissione a constatare e sanzionare una violazione dell’art. 65, n. 1, CA sulla base dell’art. 65, nn. 4 e 5, CA.

114    La natura di lex specialis del Trattato CECA rispetto al Trattato CE non giova alla tesi della Commissione secondo cui essa sarebbe competente a fondare una decisione sulla lex specialis anche dopo la scadenza della stessa. Si ricordi, al riguardo, che l’art. 305, n. 1, CE, da cui il giudice comunitario ha dedotto la natura di lex specialis del Trattato CECA rispetto al Trattato CE, conferma solo e semplicemente la scadenza del Trattato CECA al 23 luglio 2002 allorché prevede che le disposizioni del Trattato CE non modificano quelle del Trattato CECA, e che l’art. 97 CA stabilisce esplicitamente la scadenza del detto trattato a tale data.

115    Allo stesso modo, l’unitarietà dell’ordinamento giuridico comunitario, che la Commissione menziona al punto 349 della decisione impugnata facendola derivare dall’unicità istituzionale e dalla necessità di un’interpretazione coerente delle disposizioni contenute nei diversi trattati comunitari, non è atta a conferire alla Commissione la competenza a constatare una violazione dell’art. 65, n. 1, CA e ad imporre un’ammenda alle imprese interessate sul fondamento dell’art. 65, nn. 4 e 5, CA dopo la scadenza del Trattato CECA. Si osservi al riguardo che, nonostante il Trattato di fusione prevedesse un quadro istituzionale unico, la fusione delle Comunità non è mai avvenuta. Inoltre, l’interpretazione coerente delle disposizioni di diritto sostanziale dei diversi trattati non influisce minimamente sulle competenze attribuite dagli stessi alle diverse istituzioni: nell’ambito di ciascun trattato le istituzioni sono competenti ad esercitare solo i poteri riconosciuti loro da tale trattato (v., in tal senso, sentenza della Corte 13 settembre 2005, causa C‑176/03, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑7879, punti 38‑53).

116    Quanto all’argomento relativo ai principi che disciplinano la successione delle norme nel tempo, è giurisprudenza costante che le norme comunitarie di diritto sostanziale vanno interpretate, perché sia assicurata l’osservanza dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, nel senso che esse non riguardano, di massima, situazioni consolidatesi anteriormente alla loro entrata in vigore, mentre le norme di procedura trovano applicazione diretta [sentenze, citate al punto 60, Salumi, punto 9; CT Control (Rotterdam) e JCT Benelux/Commissione, punto 22, e De Haan, punto 13; nonché sentenze del Tribunale 19 febbraio 1998, causa T‑42/96, Eyckeler & Malt/Commissione, Racc. pag. II‑401, punto 55, e 28 gennaio 2004, causa T‑180/01, Euroagri/Commissione, Racc. pag. II‑369, punto 36].

117    Si deve rilevare, nondimeno, che accertare la competenza di un’istituzione è questione preliminare rispetto a quella di stabilire quali siano le norme sostanziali e procedurali applicabili. Infatti, dopo aver stabilito che un’istituzione è competente ad adottare un atto in base ad una specifica disposizione del Trattato o del diritto derivato, occorre individuare le norme sostanziali e procedurali applicabili, in conformità dei principi che disciplinano la successione delle norme nel tempo.

118    È necessario ricordare, in proposito, che la disposizione su cui si fonda giuridicamente un atto e che legittima l’istituzione comunitaria ad emanarlo deve essere in vigore al momento dell’adozione dell’atto stesso (sentenza della Corte 4 aprile 2000, causa C‑269/97, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑2257, punto 45; v. anche, nello stesso senso, sentenza del Tribunale 28 settembre 2004, causa T‑310/00, MCI/Commissione, Racc. pag. II‑3253, punti 78‑114). Al contrario, i principi che disciplinano la successione delle norme nel tempo possono condurre all’applicazione di disposizioni sostanziali che non sono più in vigore al momento dell’adozione di un atto da parte di un’istituzione comunitaria.

119    Riferendosi, nei punti 331 e 350‑352 della decisione impugnata, ai principi che disciplinano la successione delle norme nel tempo per giustificare la sua competenza ad adottare detta decisione, la Commissione ha fatto confusione tra la disposizione sostanziale diretta alle imprese, vale a dire l’art. 65, n. 1, CA, e il fondamento giuridico della propria azione, cioè l’art. 65, nn. 4 e 5, CA. Essa ha dedotto automaticamente dalla disposizione sostanziale applicabile la propria competenza ad adottare una decisione ai sensi di una disposizione intanto decaduta. E infatti, all’udienza, la Commissione ha ancora dichiarato, in merito alla propria competenza, al diritto sostanziale e alla procedura applicabili, che «i primi due […] sono praticamente uguali» e che «l’attribuzione di competenze è strettamente connessa al diritto sostanziale [applicabile]».

120    Tuttavia, visto che, da un lato, come risulta dalla giurisprudenza, punto 118 supra, la disposizione su cui si fonda giuridicamente un atto deve essere in vigore al momento in cui esso viene emanato e che, dall’altro, conformemente all’art. 97 CA, l’art. 65, nn. 4 e 5, CA era decaduto il 23 luglio 2002, la Commissione non poteva più trarre da tali disposizioni, ormai scadute alla data dell’adozione della decisione impugnata, la competenza a constatare una violazione dell’art. 65, n. 1, CA e ad imporre ammende alle imprese che vi avrebbero preso parte.

121    Infine, quanto all’argomento della Commissione secondo cui la Corte medesima avrebbe continuato ad applicare l’art. 65 CA dopo la sua scadenza, si deve osservare che nelle sentenze citate dalla Commissione (punto 62 supra) il giudice comunitario ha esercitato un controllo di legittimità su atti che la Commissione aveva adottato sulla base del Trattato CECA in un momento in cui quest’ultimo era ancora in vigore. Tali sentenze non avallano, dunque, l’affermazione della Commissione di essere stata ancora competente ad adottare una decisione ai sensi di una norma del Trattato CECA posteriormente alla scadenza di quest’ultimo.

122    Risulta da quanto precede che il primo capo del primo motivo deve essere accolto e che la decisione impugnata è illegittima. I vizi constatati nella decisione impugnata non risultano, tuttavia, così manifestamente gravi da dover, in conformità con le conclusioni presentate nelle cause T‑27/03 e T‑80/03, dichiarare tale decisione inesistente (v., in tal senso, sentenza della Corte 15 giugno 1994, causa C‑137/92 P, Commissione/BASF e a., Racc. pag. I‑2555, punto 52).

123    La decisione impugnata deve, pertanto, essere annullata nei confronti delle ricorrenti.

 Sulle spese

124    Ai sensi dell’ art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché le ricorrenti ne hanno fatto domanda, la convenuta, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, comprese quelle attinenti ai procedimenti sommari nelle cause T‑46/03 e T‑79/03.

125    Ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. La Repubblica italiana sopporterà, dunque, le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della Commissione 17 dicembre 2002, C(2002) 5087 def., relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 del Trattato CECA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato), è annullata nei confronti di SP SpA, Leali SpA, Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA, Industrie Riunite Odolesi SpA (IRO), Lucchini SpA, Ferriera Valsabbia SpA, Valsabbia Investimenti SpA e Alfa Acciai SpA.

2)      La Commissione è condannata alle proprie spese e a quelle sostenute da SP SpA, Leali SpA, Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA, IRO SpA, Lucchini SpA, Ferriera Valsabbia SpA, Valsabbia Investimenti SpA e Alfa Acciai SpA, comprese quelle attinenti ai procedimenti sommari nelle cause T‑46/03 e T‑79/03.

3)      La Repubblica italiana sopporterà le proprie spese.



Vilaras

Martins Ribeiro

Dehousse

Šváby

 

      Jürimäe




Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 ottobre 2007.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      M. Vilaras

Indice


Contesto normativo

Disposizioni del Trattato CECA

Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA

Procedimento amministrativo

La decisione impugnata

Procedimento dinanzi al Tribunale

Conclusioni delle parti

In diritto

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Osservazioni preliminari

Sul fondamento giuridico della decisione impugnata

Sulla competenza della Commissione a constatare e a sanzionare una violazione dell’art. 65, n. 1, CA dopo la scadenza del Trattato CECA

– Sui rapporti fra i Trattati CECA e CE

– Sulla legittimazione della Commissione ad adottare la decisione impugnata in virtù dell'’art. 65, nn. 4 e 5, CA

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.