Language of document : ECLI:EU:C:2001:337

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

JEAN MISCHO

presentate il 14 giugno 2001 (1)

Cause riunite C-541/99 e C-542/99

Cape Snc

contro

Idealservice Srl

Idealservice MN RE Sas

contro

O.M.A.I. Srl

[domande di pronuncia pregiudiziale presentate dal Giudice di pace di Viadana (Italia)]

«Art. 2, lett. b), della direttiva 93/13/CEE - Nozione di consumatore - Impresa che stipula un contratto tipo con un'altra impresa per l'acquisto di beni o di servizi a beneficio esclusivo dei propri dipendenti»

1.    Nell'ambito dei procedimenti riuniti C-541/99 e C-542/99, il Giudice di pace di Viadana (Italia) ci pone tre questioni relative alla nozione di «consumatore» utilizzata nella direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (in prosieguo: la «direttiva») (2).

I - Disposizioni di diritto comunitario di cui trattasi

2.    La direttiva, secondo il primo paragrafo del suo art. 1, è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore.

3.    Ai sensi dell'art. 2, lett. b), si intende per «consumatore» qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto di tale direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale.

4.    Il «professionista» è definito dall'art. 2, lett. c), della direttiva come qualsiasi persona fisica o giuridica che, nei contratti oggetto della stessa direttiva, agisce nel quadro della sua attività professionale, sia essa pubblica o privata.

II - Controversia nella causa principale

5.    Le imprese Cape Snc e OMAI Srl hanno entrambe installato nei loro locali macchine del tipo «distributore automatico» fornite dalla Idealservice Srl per uso esclusivo dei loro dipendenti. Essendo sorta una controversia con Idealservice che le ha convenute dinanzi al Giudice di pace di Viadana (in prosieguo: il «giudice nazionale»), dove si trova la sua sede, le imprese Cape e OMAI fanno valere, nell'ambito di un'opposizione a decreto ingiuntivo, la nullità della clausola attributiva di competenza territoriale esclusiva che figura nei contratti di Idealservice basandosi sulla trasposizione nel diritto italiano dell'art. 3, n. 3, della direttiva. Esse affermano che la clausola di elezione del foro competente è una clausola vessatoria ai sensi dell'art. 1469 bis, n. 19, del codice civile italiano e quindi inefficace tra le parti, in forza dell'art. 1469 quinquies di questo stesso codice.

6.    Nell'ordinanza di rinvio si sottolinea che le parti che eccepiscono il carattere vessatorio di tale clausola hanno stipulato i contratti di fornitura di cui trattasi unicamente allo scopo di mettere a disposizione dei propri dipendenti determinati prodotti, vale a dire bevande, i quali non sono funzionali rispetto alla loro attività imprenditoriale tipica.

7.    In entrambi i casi, l'Idealservice si oppone a queste contestazioni sostenendo che le controparti non possono essere considerate come consumatori ai finidell'applicazione del regime normativo relativo alle clausole vessatorie. In primo luogo, sono società e non persone fisiche e, in secondo luogo, hanno stipulato i contratti in questione nell'esercizio della propria attività imprenditoriale.

8.    Il giudice nazionale constata che le norme del codice civile italiano la cui interpretazione condiziona la sua competenza a conoscere delle due controversie in esame costituiscono il recepimento della direttiva. In particolare, le nozioni di «professionista» e di «consumatore» definite dall'art. 1469 bis del codice civile italiano trascrivono pedissequamente l'art. 2 della direttiva.

III - Questioni pregiudiziali

9.    Ritenendo che la soluzione delle controversie su cui deve pronunciarsi dipenda dall'interpretazione di disposizioni di diritto comunitario, il giudice nazionale ha deciso di sospendere il giudizio e, con ordinanze in data 12 novembre e 3 dicembre 1999, ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni :

«1)    Se possa considerarsi consumatore un imprenditore che, stipulando un contratto con altro imprenditore su modello predisposto da quest'ultimo in quanto rientrante nella sua attività professionale tipica, acquisti, a beneficio esclusivo dei propri dipendenti, un servizio, o un bene, del tutto svincolato ed avulso dalla propria attività professionale ed imprenditoriale tipica; se possa dirsi, in tal caso, che tale soggetto ha agito per scopi non attinenti all'impresa.

2)    Se, in caso di risposta affermativa al quesito precedente, possa considerarsi consumatore qualsiasi soggetto od ente quando opera per scopi estranei, o non funzionali, all'attività imprenditoriale o professionale tipica esercitata, o se il concetto di consumatore sia esclusivamente riferito alla persona fisica, con esclusione di qualsiasi altro soggetto.

3)    Se possa considerarsi consumatore una società».

IV - Valutazione

10.    Mi sembra appropriato iniziare con l'esame della seconda e della terza questione mediante le quali il giudice nazionale domanda, in sostanza, se la nozione di consumatore sia esclusivamente riferita alla persona fisica.

11.    Ora, condivido il parere dei governi francese e italiano nonché quello della Commissione e dell'Idealservice, secondo i quali la risposta è positiva.

12.    Infatti, come spiega la Commissione, l'art. 2, lett. b), della direttiva 93/13/CEE «precisa accuratamente che è da considerarsi come consumatore ”qualsiasi persona fisica”. A contrario, l'art. 2, lett. c), nel definire la nozione diprofessionista, si riferisce tanto alle persone fisiche, quanto alle persone giuridiche. Pertanto, dalla semplice lettura della norma in esame si ricava che la nozione di consumatore riguarda esclusivamente le persone fisiche e non ricomprende le società né, più in generale, le persone giuridiche».

13.    Tale interpretazione mi sembra inoltre confermata dall'obiettivo della legislazione comunitaria in esame. Come ha ricordato la Corte nella sua sentenza Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (3), «il sistema di tutela istituito dalla direttiva (93/13/CEE) è fondato sull'idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative sia il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista, senza poter incidere sul contenuto delle stesse».

14.    Tale proposito di tutelare una categoria di soggetti che si trova in una situazione di inferiorità, e solamente quest'ultima, è confermato dal dodicesimo 'considerando‘ e dall'art. 3 della direttiva, secondo cui sono oggetto della direttiva soltanto le clausole, contrattuali non negoziate individualmente.

15.    Ora, si può ragionevolmente affermare, come fa anche la Commissione, che è proprio la categoria delle persone fisiche che non opera nell'ambito di un'attività professionale che si trova in una posizione contrattuale più debole e squilibrata rispetto ai professionisti di cui all'art. 2, lett. c), della direttiva.

16.    Per contro, le persone giuridiche e le società (4) non si trovano generalmente in questa stessa situazione di inferiorità e quindi non vi è motivo di concedere loro una tutela che, in quanto deroga alla libertà contrattuale, deve peraltro essere interpretata restrittivamente.

17.    Inoltre, occorre aggiungere che nella sua giurisprudenza relativa all'art. 13 della Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, la Corte ha interpretato la nozione di «consumatore» nel senso di «consumatore finale privato» (5) o come riguardante un «individuo» (6), il che implica necessariamente che si tratti di una persona fisica.

18.    Tale giurisprudenza mi sembra pertinente nella fattispecie, in quanto l'obiettivo degli artt. 13 e seguenti della Convenzione è in sostanza identico a quello della direttiva. Infatti, la Corte, nella sua sentenza Shearson Lehman Hutton, ha dichiarato che «la particolare disciplina istituita dagli artt. 13 e seguenti della Convenzione mira a proteggere il consumatore, in quanto parte contraente considerata economicamente più debole e meno esperta sul piano giuridico della controparte» (7).

19.    I governi spagnolo e francese fanno ulteriormente riferimento alle loro legislazioni nazionali che, in presenza di determinate condizioni, estendono alle persone giuridiche o ai commercianti la tutela concessa dalla direttiva ai consumatori. In sostanza, essi invitano la Corte a dichiarare che la direttiva non osta a tali estensioni della tutela. Così effettivamente sembra essere se si considera il testo dell'art. 8 della direttiva.

20.    Tuttavia, è giocoforza constatare che tali inviti eccedono l'ambito del presente procedimento. Infatti, la questione sollevata dal giudice nazionale verte sulla nozione di «consumatore» ai sensi art. 2, lett. c), della direttiva. Per contro, non vi è alcun indizio secondo cui tale giudice, per poter risolvere la controversia nella causa principale, dovrebbe essere informato sulle condizioni nelle quali gli Stati membri possono, eventualmente, estendere la tutela prevista dalla direttiva a soggetti diversi dai consumatori, come le persone giuridiche o i commercianti.

21.    Pertanto propongo alla Corte di rispondere al giudice nazionale che l'art. 2, lett. b), della direttiva deve essere interpretato nel senso che la nozione di «consumatore» contempla soltanto le persone fisiche.

22.    Tale soluzione è sufficiente affinché il giudice nazionale possa risolvere le controversie nella causa a qua. Infatti, risulta chiaramente dall'ordinanza di rinvio che le due parti che reclamano lo status di «consumatore» sono delle società.

23.    Inoltre, tenuto conto della soluzione data alla seconda e alla terza questione, mi sembra difficile rispondere ancora utilmente alla prima questione con la quale il giudice nazionale domanda se un imprenditore che acquista un servizio o un bene a beneficio esclusivo dei propri dipendenti, allorquando tale beneficio è del tutto svincolato ed avulso dalla sua attività professionale ed imprenditoriale tipica, agisca per scopi attinenti alla sua impresa.

24.    Con tale questione, il giudice nazionale ci chiede di interpretare la nozione di «(agire) per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale» che fa parte della definizione di «consumatore» che figura all'art. 2, lett. b), della direttiva.

25.    Ora, come dimostra la sentenza Di Pinto (8), mi sembra difficile interpretare tale nozione facendo astrazione dal fatto che colui che agisce è una persona fisica.

26.    Nella sentenza Di Pinto, citata, la Corte ha interpretato la nozione di «consumatore» che figura nella direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (9). In tale direttiva, il «consumatore» è definito come «la persona fisica che, per le transazioni disciplinate dalla presente direttiva, agisce per un uso che può considerarsi estraneo alla propria attività professionale».

27.    La Corte ha dichiarato che il commerciante che aveva ricevuto visite a domicilio finalizzate alla stipulazione di un contratto di pubblicità relativo alla vendita della sua azienda non doveva essere considerato come un consumatore, in quanto gli atti che egli aveva compiuto erano «atti di gestione compiuti allo scopo di soddisfare esigenze diverse dalle esigenze familiari o personali del commerciante» (10).

28.    Il riferimento alle «esigenze familiari o personali» dimostra che lo status di persona fisica del consumatore pregiudica il contenuto delle nozioni «(agire) per un uso che può considerarsi estraneo alla propria attività professionale», che figura nella direttiva 85/577/CEE, o «(agire) per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale» che compare nella direttiva 93/13/CEE.

29.    Pertanto, propongo alla Corte di non risolvere la prima questione.

V - Conclusione

30.    Propongo che sia fornita al Giudice di pace di Viadana (Italia) la seguente soluzione:

«L'art. 2, lett. b), della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretato nel senso che la nozione di 'consumatore' contempla soltanto le persone fisiche».


1: -     Lingua originale: il francese.


2: -     GU L 95, pag. 29.


3: -     Sentenza 27 giugno 2000, cause riunite da C-240/98 a C-244/98 (Racc. pag. I-4941, punto 25).


4: -     E' stato spiegato all'udienza che le società in nome collettivo di diritto italiano non hanno personalità giuridica.


5: -     Sentenza 19 gennaio 1993, causa C-89/91, Shearson Lehman Hutton (Racc. pag. I-139, punto 22; il corsivo è mio).


6: -     Sentenza 3 luglio 1997, causa C-269/95, Benincasa (Racc. pag. I-3767, punto 17).


7: -     Sentenza Shearson Lehman Hutton, citata, punto 18.


8: -     Sentenza 14 marzo 1991, causa C-361/89 (Racc. pag. I-1189).


9: -    GU L 372, pag. 31.


10: -     Sentenza Di Pinto, citata, punto 16; il corsivo è mio.