Language of document : ECLI:EU:T:2005:322

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

15 settembre 2005 (*)

«Concorrenza – Art. 81 CE – Accordi tra imprese – Contratti di agenzia – Distribuzione di autoveicoli – Unità economica – Misure dirette ad ostacolare il commercio parallelo di autoveicoli – Fissazione dei prezzi – Regolamento (CE) n. 1475/95 – Ammenda»

Nella causa T-325/01,

DaimlerChrysler AG, con sede in Stoccarda (Germania), rappresentata dagli avv.ti R. Bechtold e W. Bosch,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig W. Mölls, in qualità di agente, assistito dall’avv. H.-J. Freund, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda diretta, in via principale, all’annullamento della decisione della Commissione 10 ottobre 2001, 2002/758/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’art. 81 del Trattato CE (caso COMP/36.264 –Mercedes-Benz) (GU 2002, L 257, pag. 1), e, in subordine, alla riduzione dell’ammendo inflitta dalla decisione medesima,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dalla sig.ra P. Lindh, presidente, dai sigg. R. García‑Valdecasas e J.D. Cooke, giudici,

cancelliere: sig. I. Natsinas, amministratore

vista la fase scritta del procedimento ed in esito all’udienza del 25 maggio 2004,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti all’origine della controversia

1        Il presente ricorso è diretto all’annullamento della decisione della Commissione 10 ottobre 2001, 2002/758/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’art. 81 del Trattato CE (caso COMP/36.264 – Mercedes-Benz) (GU 2002, L 257, pag. 1; in prosieguo: la «decisione controversa»).

2        La DaimlerChrysler AG (in prosieguo: la «ricorrente») è la società madre di un gruppo di imprese che opera, in particolare, nel settore della produzione e della commercializzazione degli autoveicoli.

3        Il 21 dicembre 1998 la Daimler-Benz AG si fondeva con la ricorrente per effetto dell’accordo di fusione di imprese sottoscritto il 7 maggio 1998. La ricorrente diveniva quindi successore di diritto della Daimler‑Benz AG e ad essa venivano trasferiti tutti i diritti, gli attivi, le passività e gli obblighi della medesima.

4        Prima della fusione la Daimler‑Benz AG era la società capogruppo del gruppo Daimler‑Benz, operante a livello mondiale tramite le proprie società controllate. Inoltre, in data 26 maggio 1997, la Mercedes‑Benz AG, società controllata dalla Daimler‑Benz AG, si fondeva con quest’ultima divenendo, da allora, il soggetto responsabile, all’interno della Daimler‑Benz AG, per il comparto «autoveicoli». Conformemente alla decisione controversa, il nome «Mercedes-Benz» viene utilizzato nella presente sentenza per fare riferimento, all’occorrenza, alla Daimler‑Benz AG (sino al 1989), alla Mercedes‑Benz AG (sino al 1997), alla Daimler‑Benz AG (1997/1998) ovvero alla ricorrente (successivamente al 1998).

5        Dagli inizi del 1995 la Commissione riceveva varie denuncie da parte di consumatori relative ad ostacoli all’esportazione di autoveicoli nuovi della marca Mercedes-Benz imposti dalle imprese del gruppo Daimler‑Benz in vari Stati membri.

6        La Commissione disponeva di taluni elementi da cui risultava che imprese appartenenti a tale gruppo effettuavano una compartimentazione del mercato in violazione dell’art. 81, n. 1, CE. Il 4 dicembre 1996 la Commissione emanava una serie di decisioni con cui venivano disposti accertamenti ai sensi dell’art. 14 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204). Tali accertamenti venivano svolti in data 11 e 12 dicembre 1996 presso le imprese Daimler-Benz AG a Stoccarda (Germania), Mercedes‑Benz Belgium SA/NV in Belgio, Mercedes‑Benz Netherland-NV a Utrecht (Paesi Bassi) e Mercedes‑Benz España, SA, in Spagna.

7        Il 21 ottobre 1998 la Commissione inviava alla Daimler-Benz AG una richiesta di informazioni ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17, cui la detta società rispondeva il 10 novembre seguente. Il 15 giugno 2001 la Commissione inviava parimenti una richiesta di informazioni alla ricorrente, cui la medesima rispondeva il 9 luglio seguente. In occasione degli accertamenti effettuati in data 11 e 12 dicembre 1996, la Commissione rinveniva e sequestrava una serie di documenti, che, unitamente alle richieste di informazioni inviate alla ricorrente e alle osservazioni di quest’ultima, costituiscono il fondamento della decisione controversa.

8        La decisione controversa veniva emanata dalla Commissione in data 10 ottobre 2001.

 La decisione controversa

9        Nella decisione controversa la Commissione sostiene che la Mercedes‑Benz ha compiuto, direttamente ovvero per il tramite delle proprie società controllate, Mercedes-Benz España, SA (in prosieguo: la «MBE»), e Mercedes-Benz Belgium SA (in prosieguo: la «MBBel»), violazioni delle disposizioni dell’art. 81, n. 1, CE. A parere della Commissione, le misure accertate nella decisione controversa riguardano la vendita al dettaglio di autovetture della marca Mercedes‑Benz (‘considerando’ 143‑149).

10      Nella decisione controversa la Commissione descrive le imprese interessate e la loro rete di distribuzione. Essa rileva che la distribuzione delle autovetture della marca Mercedes‑Benz in Germania viene effettuata essenzialmente tramite una rete comprendente filiali appartenenti al gruppo, agenti in possesso dello status di rappresentanti di commercio (ai sensi dell’art. 84, n. 1, del codice commerciale tedesco), operanti in qualità di intermediari, e commissionari (‘considerando’ 15). La Commissione fa presente che la rete di distribuzione in Belgio è costituita da un importatore, la MBBel, che, a partire da una data non precisata, è divenuta società controllata al 100% dalla Daimler-Benz AG, a sua volta controllata al 100% dalla ricorrente dal 21 dicembre 1998, e che vende veicoli nuovi tramite due filiali, concessionari e rivenditori e/o officine parimenti autorizzati ad operare quali intermediari per l’assunzione di ordinativi di autoveicoli nuovi (‘considerando’ 17 e 19). In Spagna, la distribuzione avverrebbe tramite una rete composta da tre filiali della MBE e da concessionari. La Commissione rileva che taluni agenti e/o officine non vendono autoveicoli, operando unicamente in qualità di intermediari nella raccolta di ordinativi. Essa precisa che la MBE costituisce una controllata al 100% della holding nazionale Daimler-Benz Spagna, SA, precedentemente controllata, a sua volta, al 99,88% dalla Daimler-Benz AG. Dal 21 dicembre 1998 la detta holding costituirebbe una controllata al 100% della ricorrente (‘considerando’ 20).

11      La Commissione rileva che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nel corso della fase amministrativa del procedimento, l’art. 81, n. 1, CE si applica ai contratti conclusi tra la Mercedes‑Benz e i rivenditori tedeschi così come si applicherebbe ad un contratto con un distributore autorizzato. A parere della Commissione, «le restrizioni ad esso relative [dovrebbero] pertanto essere valutate come se si trattasse di venditori in proprio» (‘considerando’ 168).

12      Al riguardo la Commissione rileva, in primo luogo, che gli agenti Mercedes‑Benz tedeschi devono assumere una serie di rischi di tipo imprenditoriale necessariamente connessi alla loro attività di intermediazione per conto della Mercedes‑Benz, ragion per cui l’art. 81 CE si applica agli accordi stipulati tra la Mercedes‑Benz e i medesimi (‘considerando’ 153‑160).

13      La Commissione rileva, in particolare, che l’agente Mercedes‑Benz tedesco partecipa in larga misura al rischio legato al prezzo per i veicoli per i quali opera da intermediario di vendita. A parere della Commissione, se, per la vendita di autoveicoli nuovi un agente concede sconti autorizzati dalla Mercedes‑Benz, tali sconti sono unicamente a carico della commissione dell’agente stesso (‘considerando’ 155 e 156).

14      La Commissione rileva che l’agente tedesco assume il rischio connesso alle spese di trasporto dell’autoveicolo nuovo ai sensi dell’art. 4, quarto comma, del contratto di agenzia tedesco. L’agente, al pari del venditore in proprio, trasferirebbe al cliente, conformemente al diritto delle obbligazioni, i costi e i rischi legati al trasporto (‘considerando’ 157).

15      L’agente impegnerebbe quindi una quota rilevante delle proprie risorse finanziarie nella promozione delle vendite. A parere della Commissione, l’agente è tenuto a procurarsi, a proprie spese, i veicoli di dimostrazione (art. 4, settimo comma, del contratto di agenzia tedesco). Ai fini dell’acquisto dei veicoli di dimostrazione e dei veicoli aziendali, la Mercedes-Benz praticherebbe condizioni particolari. Il periodo minimo di detenzione di tali autoveicoli dovrebbe essere di tre‑sei mesi con un chilometraggio minimo di 3 000 km. L’agente avrebbe quindi la possibilità di rivendere tali veicoli come veicoli usati, assumendosi parimenti il rischio commerciale per il numero non irrilevante di essi (‘considerando’ 158).

16      La Commissione deduce parimenti che l’attività dell’agente Mercedes‑Benz tedesco è necessariamente connessa ad una serie di ulteriori rischi imprenditoriali. L’assunzione di tali rischi costituirebbe condizione per poter diventare agente della Mercedes‑Benz. A termini dell’art. 13 del contratto di agenzia, l’agente sarebbe tenuto all’esecuzione dei lavori in garanzia sui veicoli che beneficino della garanzia del costruttore. Gli agenti tedeschi sarebbero tenuti ad istituire, a loro spese, un’officina e ivi offrire i servizi di assistenza ed i lavori in garanzia assicurando, su richiesta, i servizi di pronto intervento e di emergenza (art. 12 del contratto di agenzia). L’agente tedesco dovrebbe peraltro mantenere, a proprie spese, un magazzino di pezzi di ricambio ai fini della riparazione dei veicoli nella propria officina (art. 14 del contratto di agenzia) (‘considerando’ 159).

17      In secondo luogo, la Commissione rileva che, dal punto di vista economico, il fatturato realizzato dall’agente con la propria attività è di gran lunga superiore a quello derivante dall’intermediazione nella vendita di autoveicoli nuovi. Essa osserva al riguardo che: «Per l’attività di intermediazione l’agente riceve una commissione, che nel caso delle autovetture è costituita da un importo di base del 12,2%, più una commissione per i servizi che può arrivare al 3,6%. Queste commissioni globali pari ad un massimo del 15,8% rappresentano il fatturato dell’attività di agenzia. Da questa commissione l’agente deve detrarre gli importi corrispondenti agli sconti praticati ai clienti. Il fatturato reale derivante dall’attività di intermediario di vendita è pertanto inferiore al suddetto 15,8%». La Commissione rileva inoltre (‘considerando’ 159): «Il fatturato derivante dall’attività di intermediazione, se si considera il prezzo dell’autoveicolo come sua parte, è pari al 50% circa del fatturato complessivo di un agente. Ma il fatturato reale che un agente ricava da un intermediazione corrisponde alla citata commissione. Se lo si confronta con il fatturato che l’agente realizza attraverso le attività legate per contratto all’intermediazione, per le quali egli supporta l’intero rischio, si evince che soltanto circa un sesto del fatturato globale riguarda l’attività di agenzia vera e propria».

18      La Commissione non ritiene possibile, a fronte del numero e dell’entità dei rischi a carico degli agenti, accogliere l’obiezione della ricorrente secondo cui tali rischi sarebbero tipici di ogni agente commerciale. Essa rileva che «la situazione sarebbe diversa soltanto qualora l’agente avesse la possibilità di scegliere se sostenere i rischi considerevoli legati in particolare ai veicoli di dimostrazione e aziendali, alla garanzia e all’allestimento di un’officina di assistenza e di riparazione nonché alla vendita dei pezzi di ricambio o se limitarsi all’attività di intermediazione nei contratti di acquisto di veicoli nuovi». Orbene, ciò non ricorrerebbe nella specie (‘considerando’ 160).

19      La Commissione respinge, in quanto non pertinente, l’argomento della ricorrente secondo cui gli agenti tedeschi sarebbero integrati nell’impresa Mercedes‑Benz. A tal riguardo, la ricorrente si richiamerebbe ai «requisiti cui l’agente deve rispondere dal punto di vista personale e nell’esercizio della sua professione (solitamente distribuzione esclusiva di veicoli Mercedes‑Benz, unica attività professionale in qualità di agente Mercedes-Benz, creazione e organizzazione dell’azienda dell’agente sotto il profilo tecnico e del personale, della pubblicità, dell’immagine, con l’obbligo di garantire gli interessi [della ricorrente] nel rispetto delle direttive specifiche di Mercedes‑Benz)» nonché al fatto che l’agente è un «distributore esclusivo» che può vendere unicamente veicoli Mercedes‑Benz (‘considerando’ 162). Tuttavia, nella decisione controversa la Commissione ritiene che il criterio dell’«integrazione», oltre a quello della ripartizione dei rischi, non consenta, di per sé, di distinguere un agente commerciale da un rivenditore in proprio (‘considerando’ 163). La Commissione pone a raffronto le disposizioni dei contratti di agenzia tedeschi, citate dalla ricorrente, con quelle dei contratti di concessione stranieri al fine di dimostrare l’«integrazione» degli agenti tedeschi (‘considerando’ 164). Da tale raffronto si evince, a parere della Commissione, che gli obblighi imposti agli agenti tedeschi sono identici a quelli imposti ai concessionari stranieri e che entrambe le forme di distribuzione sono «integrate» nello stesso modo all’interno dell’organizzazione di vendita della Mercedes-Benz (‘considerando’ 165).

20      La Commissione sostiene che la Mercedes-Benz ha ostacolato la concorrenza per mezzo di quattro misure differenti.

21      In primo luogo, a suo parere, a seguito del lancio della nuova serie di modelli W 210 (nuova classe E), istruzioni ben precise sarebbero state diramate, in particolare con comunicazione del 6 febbraio 1996, a tutti gli appartenenti alla rete di distribuzione tedesca, ivi compresi gli agenti, con l’invito a «concentrarsi sul rispettivo territorio». Tali istruzioni riguardavano non solo la detta serie di modelli, bensì anche, più in generale, tutte le vendite di autovetture nuove. Alla fine di tale comunicazione, la Mercedes-Benz avrebbe espresso una minaccia nei termini seguenti: «Tuttavia non esiteremo a ridurre il numero dei veicoli della serie W 210, qualora si evidenzi che la ricettività delle singole zone non giustifica la quota di produzione assegnata». Alle dette istruzioni sarebbe stato conferito, in tal modo, particolare vigore.

22      A parere della Commissione, tali istruzioni miravano a far sì che i rivenditori vendessero le loro quote di veicoli della serie W 210, nonché quelli delle altre serie, esclusivamente sul loro territorio contrattuale senza vendere ai clienti di passaggio non appartenenti alla clientela stabilita sul rispettivo territorio contrattuale. Come emergerebbe dalla stessa comunicazione, con ciò s’intenderebbe limitare «la concorrenza interna», vale a dire la concorrenza «interaziendale» tra gli agenti tedeschi, nonché tra i medesimi e le filiali tedesche e stranieri e i concessionari stranieri. La comunicazione del 6 febbraio 1996 sarebbe stata quindi intesa a restringere la concorrenza «interna».

23      In secondo luogo, la Commissione rileva che, nella quasi totalità dei casi, ai clienti di passaggio di altri Stati membri doveva essere imposto il versamento di un acconto in misura del 15% del prezzo di acquisto. A suo parere, tale pratica rende il commercio parallelo ancora più disagevole, limitando la possibilità degli agenti di sviluppare una propria politica commerciale rinunciando, ad esempio, ad acconti nel caso di clienti di passaggio ad essi conosciuti. La Commissione rileva che, sebbene dal punto di vista commerciale possa risultare ragionevole richiedere simili acconti in determinati casi, per le vendite sul territorio tedesco non viene imposto alcun acconto, benché anche in tale mercato possa risultare ragionevole, in taluni casi, prendere precauzioni analoghe. Conseguentemente, tale regola opererebbe una discriminazione nei confronti delle operazioni del commercio parallelo rispetto alle vendite di autoveicoli in Germania (‘considerando’ 174).

24      In terzo luogo, la Commissione ritiene che il divieto di forniture alle società di leasing indipendenti in assenza di un utilizzatore identificato, divieto contenuto nei contratti di agenzia tedeschi [v. art. 2, primo comma, lett. d)] e nei contratti di concessione spagnoli [v. art. 4, lett. d)], miri a limitare la concorrenza tra le società di leasing del gruppo Mercedes‑Benz e le società di leasing indipendenti in Germania e in Spagna. Queste ultime, infatti, non potrebbero acquistare veicoli Mercedes se non caso per caso, vale a dire solamente già in presenza di un cliente reale, e non ai fini della costituzione di scorte. Sarebbe quindi loro impossibile fornire rapidamente un veicolo. A parere della Commissione, le regole relative alla vendita di veicoli a società di leasing producono parimenti la conseguenza che, all’atto dell’acquisto di veicoli destinati al leasing, le società di leasing indipendenti non beneficiano delle stesse agevolazioni di prezzo praticate nei confronti di altre imprese che acquistano grandi quantitativi di veicoli. Complessivamente, tali clausole inasprirebbero le condizioni alle quali le società di leasing indipendenti possono rifornirsi di autoveicoli Mercedes e, conseguentemente, le possibilità di fare concorrenza alle società di leasing del gruppo Mercedes‑Benz sul mercato a valle del leasing. Le norme riguardanti l’attività con le società di leasing dei concessionari e degli agenti mirerebbero a restringere la concorrenza sotto il profilo dei prezzi e delle condizioni di consegna degli autoveicoli destinati al leasing (‘considerando’ 176).

25      In quarto luogo, la Commissione rileva che l’accordo concluso in data 20 aprile 1995 tra la MBBel e l’associazione dei concessionari Mercedes‑Benz del Belgio, consistente nel limitare gli sconti al 3% e a far verificare da un’agenzia esterna il livello degli sconti consentiti per la classe E – ove sconti più elevati avrebbero implicato riduzioni delle quote di veicoli della nuova classe E – mirava a restringere la concorrenza sui prezzi in Belgio.

26      Dopo aver rilevato che le misure di cui trattasi pregiudicavano sensibilmente il commercio fra gli Stati membri e non potevano essere esentate dall’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, la Commissione ha ritenuto opportuno infliggere un’ammenda alla ricorrente quale responsabile di tutte le infrazioni al diritto della concorrenza commesse dalla Daimler‑Benz AG e dalla Mercedes-Benz AG ovvero dalle controllate Daimler‑Benz MBBel e MBE.

27      A tal riguardo, la Commissione ha ritenuto che le misure dirette a creare ostacolo alle esportazioni costituissero un’unica infrazione che si articolava su due elementi (le istruzioni di non vendere al di fuori del territorio contrattuale e la regola dell’acconto del 15%) che, per un certo periodo di tempo, si sono cumulati. A parere della Commissione, tale infrazione è particolarmente grave, ragion per cui risulta adeguata un’ammenda dell’importo di base di EUR 33 milioni. Per quanto attiene alla durata dell’infrazione, la Commissione rileva che essa, considerando i suoi due elementi costitutivi, ha avuto inizio il 12 settembre 1985 perdurando a tutt’oggi. A parere della Commissione, si tratta quindi di un’infrazione di lunga durata. Essa ritiene, tuttavia, che le potenziali ripercussioni della regola dell’acconto siano risultate nettamente inferiori rispetto a quelle delle istruzioni direttamente rivolte contro le esportazioni. Queste ultime sarebbero state in vigore solamente nel periodo compreso tra il 6 febbraio 1996 e il 10 giugno 1999, vale a dire per un periodo di tre anni e quattro mesi. Per tale ragione, la Commissione ritiene adeguata una maggiorazione dell’importo di base in misura solamente del 42,5%, vale a dire di EUR 14,025 milioni. L’importo di base risulta quindi di EUR 47,025 milioni.

28      A parere della Commissione, il divieto di vendita di autoveicoli alle società di leasing ai fini della costituzione di scorte, divieto previsto nel contratto di agenzia tedesco e nel contratto di concessione spagnolo, dev’essere considerato grave. La Commissione ritiene adeguato un importo di base dell’ammenda di EUR 10 milioni. A suo parere, l’infrazione ha avuto inizio il 1° ottobre 1996 perdurando a tutt’oggi. La sua durata sarebbe quindi di cinque anni, il che corrisponderebbe ad una durata media. La Commissione reputa adeguata, in considerazione della durata dell’infrazione, una maggiorazione del 50% dell’importo di base, vale a dire una maggiorazione in misura di EUR 5 milioni sull’importo di base, elevando quest’ultimo a EUR 15 milioni.

29      Ad avviso della Commissione, le misure di determinazione dei prezzi di vendita in Belgio adottate con la partecipazione attiva della MBBel costituiscono, per loro natura, una violazione molto grave delle norme in materia di concorrenza. Essa ritiene tale infrazione complessivamente grave e ritiene adeguato un importo di base dell’ammenda in misura di EUR 7 milioni. La Commissione rileva che tali misure sono state applicate nel periodo compreso tra il 20 aprile 1995 ed il 10 giugno 1999, vale a dire per una durata media, e considera adeguata una maggiorazione dell’importo di base in misura del 40%, pari a EUR 2,8 milioni, per un importo di base complessivo dell’ammenda di EUR 9,8 milioni.

30      Nella decisione controversa la Commissione non rileva la sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti. Conseguentemente, la somma dei summenzionati importi corrisponde ad un’ammenda complessiva pari a EUR 71,825 milioni.

31      Tutto ciò premesso, la Commissione ha emanato la decisione controversa di cui il dispositivo così recita:

«Articolo 1

DaimlerChrysler AG e le imprese alle quali è subentrata, Daimler-Benz AG e Mercedes-Benz AG, hanno violato, direttamente o tramite le loro controllate Mercedes-Benz España SA e Mercedes-Benz Belgium SA, l’articolo 81, paragrafo 1, del Trattato CE. Esse infatti hanno adottato le seguenti misure volte a restringere il commercio parallelo:

–      dal 6 febbraio 1996 tutti gli agenti in Germania sono stati istruiti di limitare, per quanto possibile, la fornitura di veicoli nuovi, in particolare della serie W 210 ai clienti nell’ambito del rispettivo territorio contrattuale e di evitare la concorrenza interna; queste misure sono rimaste in vigore fino al 10 giugno 1999,

–      dal 12 settembre 1985 hanno imposto agli agenti in Germania di esigere, al momento dell’ordine di veicoli nuovi da parte di clienti [di passaggio] un anticipo pari al 15% del prezzo dell’autoveicolo; a detta misura non è ancora stato posto termine,

–      dal 10 ottobre 1996 ad oggi hanno imposto restrizioni alle forniture di veicoli di scorta a società di leasing,

–      hanno partecipato ad accordi volti a ridurre la concessione di sconti in Belgio, conclusi il 20 aprile 1995 e revocati il 10 giugno 1999.

Articolo 2

DaimlerChrysler AG è tenuta a mettere fine immediatamente dopo la notificazione della presente decisione alle infrazioni constatate all’articolo 1 e a non sostituire siffatte misure restrittive con altre aventi lo stesso oggetto o lo stesso effetto; DaimlerChrysler AG è tenuta in particolare ad eseguire quanto segue, entro due mesi dalla notificazione della presente decisione:

–      revocare, mediante l’invio di una circolare agli agenti e agli agenti generali tedeschi, la circolare n. 52/85 del 12 settembre 1985, con cui si impone di esigere dai clienti [di passaggio] un anticipo del 15% al momento dell’ordine di un autoveicolo,

–      eliminare dai contratti di rappresentanza tedeschi e dai contratti di concessione spagnoli le disposizioni che vietano la vendita di veicoli nuovi di scorta a società di leasing. È inoltre tenuta a revocare, mediante l’invio di una comunicazione agli agenti tedeschi, la comunicazione del 6 agosto 1996.

Articolo 3

Per le infrazioni di cui all’articolo 1, a DaimlerChrysler AG è inflitta un’ammenda dell’importo di 71,825 milioni di EUR.

(…)».

32      Dalla decisione controversa emerge che la Commissione considera, sostanzialmente, che il termine «cliente di passaggio» viene utilizzato dal gruppo Mercedes-Benz nella documentazione rinvenuta in occasione degli accertamenti (v. supra, punto 7) per indicare, nell’ambito delle vendite transfrontaliere, i consumatori finali provenienti da un altro Stato dello Spazio economico europeo.

 Procedimento e conclusioni delle parti

33      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 dicembre 2001, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

34      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di passare alla fase orale. Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento il Tribunale ha invitato le parti a rispondere a taluni quesiti scritti anteriormente all’udienza. Le parti hanno ottemperato a tale richiesta.

35      Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza svoltasi il 25 maggio 2004.

36      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        in via principale, annullare la decisione controversa;

–        in subordine, ridurre l’importo dell’ammenda inflitta all’art. 3 della decisione controversa;

–        condannare la Commissione alle spese.

37      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

38      A sostegno del ricorso la ricorrente deduce quattro motivi. Il primo attiene alla violazione dell’art. 81, n. 1, CE e ad un errore manifesto nella valutazione degli accordi conclusi con gli agenti Mercedes‑Benz in Germania. Il secondo motivo, vertente sulla prima e sulla terza misura accertate dalla Commissione nella decisione controversa, attiene alla violazione dell’art. 81 CE e del regolamento (CE) della Commissione 28 giugno 1995, n. 1475, relativo all’applicazione dell’art. [81], paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi per la distribuzione di autoveicoli e il relativo servizio di assistenza alla clientela (GU L 145, pag. 25). Il terzo motivo attiene alla violazione dell’art. 81, n, 1, CE e ad un errore manifesto nella valutazione della seconda e della quarta misura accertate dalla Commissione nella decisione controversa. Il quarto motivo attiene all’erronea fissazione dell’importo dell’ammenda inflitta nell’art. 3 della decisione medesima.

 Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’art. 81, n. 1, CE e ad un errore manifesto nella valutazione degli accordi conclusi con gli agenti Mercedes‑Benz in Germania

 Argomenti delle parti

39      La ricorrente contesta le conclusioni della Commissione, esposte nella decisione controversa, in ordine alla qualificazione giuridica dello status degli agenti tedeschi. A suo parere, i contratti di agente commerciale tedeschi non ricadrebbero nel divieto degli accordi di cui all’art. 81, n. 1, CE, atteso che tali contratti verterebbero sull’attività dei propri agenti consistente nella vendita di autoveicoli nuovi Mercedes‑Benz. Sugli agenti non graverebbe alcun rischio connesso alla vendita degli autoveicoli. Inoltre, essi sarebbero interamente integrati nell’impresa Mercedes-Benz e, sotto il profilo giuridico, si comporterebbero nei suoi confronti come dipendenti. Essi risponderebbero, quindi, ai requisiti enunciati dalla costante giurisprudenza della Corte relativa all’inapplicabilità del divieto degli accordi ai contratti di agente commerciale.

40      La ricorrente sostiene, in limine, che essa gestisce la propria rete di distribuzione in Germania, per il tramite di filiali ovvero di agenti commerciali, che operano in nome e per conto della Mercedes‑Benz, nonché di commissionari agenti in nome proprio, ma per conto della Mercedes‑Benz. A suo parere, gli agenti della rete di vendita tedesca nella Mercedes‑Benz non sono, né giuridicamente né economicamente, concessionari di autoveicoli nuovi. Essi proporrebbero per conto della Mercedes‑Benz la conclusione di contratti d’acquisto aventi ad oggetto autoveicoli nuovi, conformemente alle esigenze della casa medesima. La ricorrente rileva che il fatto che gli agenti non acquistino autoveicoli nuovi dalla Mercedes-Benz e che non dispongano, quindi, di depositi riveste un’importanza economica considerevole. L’onere dei rischi connessi alla vendita di veicoli nuovi, ivi compreso il deposito e l’immobilizzazione del capitale che ne deriva, ricadrebbe interamente sulla Mercedes‑Benz. Ad avviso della ricorrente, gli agenti sopportano unicamente il rischio risultante dalla loro attività di intermediazione. La ricorrente sarebbe quindi giuridicamente libera di decidere se e a quali condizioni concludere i contratti di vendita. Le istruzioni e gli obblighi contrattuali degli agenti afferenti alla conclusione e al contenuto dei contratti di vendita non ricadrebbero nella sfera della disciplina degli accordi tra imprese.

41      La ricorrente sostiene che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’art. 81, n. 1, CE non si applica ai contratti di agenzia qualora siano soddisfatti due requisiti cumulativi, vale a dire, da un lato, l’integrazione dell’agente commerciale nella rete di vendita del costruttore e, dall’altro, lo svolgimento della sua attività di intermediazione e di rappresentanza esclusivamente per conto del mandante (sentenza della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73–48/73, 50/73, 54/73‑56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, e 24 ottobre 1995, causa C‑266/93, Volkswagen e VAG Leasing, Racc. pag. I‑3477).

42      Per quanto attiene al requisito relativo all’«integrazione», la ricorrente ritiene che l’impostazione assunta dalla Commissione nella decisione controversa sia incoerente e incompatibile con la giurisprudenza in materia, particolarmente laddove quest’ultima afferma che «il criterio dell’integrazione, oltre a quello della ripartizione dei rischi, non rappresenta un criterio a sé stante, sufficiente a distinguere un agente commerciale da un venditore in proprio» (‘considerando’ 163 della decisione controversa).

43      La ricorrente ritiene che la Commissione, escludendo l’elemento dell’«integrazione» e dando maggiore importanza al criterio relativo alla «ripartizione dei rischi», estenda la portata del divieto di accordi all’agenzia commerciale in modo sino ad ora sconosciuto. A suo parere, tuttavia, dalla sentenza Suiker Unie e a./Commissione, citata supra al punto 41, emerge chiaramente che la Corte subordina l’«integrazione» non solamente al fatto che l’agente non condivida i rischi, bensì anche al suo coinvolgimento negli interessi del committente.

44      La ricorrente deduce inoltre che, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione nella decisione controversa (v. ‘considerando’ 164 e 165 della decisione medesima), il fatto che i concessionari stranieri, che non sono agenti commerciali, si presentino nei confronti dei terzi in modo analogo agli agenti Mercedes‑Benz nazionali resta irrilevante. Da un lato, occorrerebbe altresì accertare la condivisione dei relativi rischi. Dall’altro, l’analogia non troverebbe giustificazione atteso che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’«integrazione» dipende non solamente dalle caratteristiche esterne, che fanno riferimento alle modalità con cui il distributore si presenta ai terzi in generali e ai clienti in particolare, bensì parimenti dalle caratteristiche «interne» associate alla condivisione dei rischi e al totale coinvolgimento dell’agente negli interessi del committente.

45      La ricorrente censura parimenti il fatto che la Commissione, nella decisione controversa, ha ritenuto sufficiente, nella valutazione dei contratti conclusi tra un costruttore e un agente commerciale con riguardo alla disciplina degli accordi tra imprese, accertare se l’agente commerciale debba assumersi rischi di tipo imprenditoriale «connessi necessariamente» alla sua attività di intermediazione (v., in tal senso, ‘considerando’ 153 della decisione controversa). La ricorrente sostiene che tale posizione, assunta dalla Commissione nella decisione controversa nonché nelle linee direttrici sulle restrizioni verticali (GU 2000, C 291, pag. 1; in prosieguo: le «linee direttrici»), rappresenta un capovolgimento oggettivamente ingiustificato dell’impostazione seguita dalla Commissione con riguardo all’applicabilità dell’art. 81 CE. La ricorrente ritiene parimenti tale posizione incompatibile con la giurisprudenza della Corte in materia.

46      La ricorrente riconosce che sugli agenti Mercedes‑Benz gravano taluni costi e taluni rischi.

47      Essa rileva, in primo luogo, che un agente deve assumere, in ogni caso, un rischio «di commissione». La commissione verrebbe fissata di regola in percentuale del volume di vendite realizzate per effetto dell’intermediazione dell’agente. Questi aumenterebbe quindi le proprie possibilità di percepire commissioni incrementando il volume delle vendite e inversamente. A parere della ricorrente, qualora il mandante, che decide in definitiva se un contratto debba essere concluso alle condizioni richieste dall’acquirente, conceda riduzioni di prezzo, diminuiscono non solamente i ricavi del mandante stesso, bensì anche le commissione dell’agente commerciale. La ricorrente sottolinea che gli agenti Mercedes-Benz non partecipano tuttavia ai rischi connessi al prezzo e contesta la tesi secondo cui la detrazione degli «sconti sui prezzi» dalla commissione dell’agente costituirebbe un «rischio connesso al prezzo».

48      In realtà, l’importo delle commissioni percepite dall’agente sarebbe determinato dal contratto commerciale. Tale importo differirebbe a seconda che la vendita sia isolata ovvero conclusa sulla base di un accordo con un grosso cliente o un «utilizzatore». La ricorrente sostiene che, sulla base degli accordi conclusi con l’agente, è prevista una commissione minore in caso di vendite ai grossi clienti e a taluni utilizzatori, considerato che le vendite a clienti che intrattengono relazioni contrattuali speciali con la Mercedes‑Benz (e non con l’agente) sotto forma di sconti sulla quantità o sconti di categoria non richiedono, in linea generale, gli stessi investimenti di altri tipi di vendita, in particolare gli investimenti connessi alle vendite ai nuovi clienti. Conseguentemente, sarebbe obiettivamente giustificato riconoscere all’agente una commissione più ridotta. La ricorrente aggiunge che non sussiste alcun principio giuridico sulla base del quale gli agenti commerciali avrebbero sempre diritto alle stesse commissioni, indipendentemente dal tipo di vendita realizzata.

49      La ricorrente sottolinea che il concessionario di autoveicoli effettua, per quanto attiene agli autoveicoli nuovi, investimenti considerevolmente più elevati rispetto all’agente Mercedes-Benz, in particolare con riguardo al prefinanziamento dei veicoli e ai rischi connessi alla vendita. Tali rischi si riferirebbero, per quanto attiene al concessionario di autoveicoli, al prezzo totale dell’autoveicolo, laddove l’agente Mercedes‑Benz sopporterebbe unicamente il rischio di non vedere realizzate le commissioni previste. Inoltre, il verificarsi del «rischio connesso alla provvigione» sarebbe limitato per l’agente commerciale all’importo della commissione. A parere della ricorrente, il rischio di vendere un autoveicolo in perdita grava sul concessionario, restando invece escluso nel caso dell’agente. Infine, la ricorrente sostiene che il fatto che un agente possa scegliere di concedere un’agevolazione di prezzo, per effetto di un accordo speciale concluso con un cliente, a scapito della propria commissione, non esclude l’esistenza di un contratto di agenzia commerciale con riguardo alla disciplina degli accordi tra imprese. La ricorrente ravvisa piuttosto in tale possibilità una libertà concessa dalla Mercedes-Benz ai propri agenti.

50      In secondo luogo, sull’agente Mercedes‑Benz graverebbero costi di impresa derivanti principalmente dall’attività di promozione dal medesimo realizzata al fine di concludere il maggior numero possibile di vendite. In terzo luogo, l’agente garantirebbe in nome e per conto proprio ed a proprio rischio l’attività di riparazione in officina nonché la vendita di pezzi di ricambio.

51      La ricorrente contesta l’affermazione della Commissione, contenuta nella decisione controversa, secondo cui il privilegio connesso all’attività di intermediazione commerciale non potrebbe applicarsi agli agenti della Mercedes‑Benz sulla base del rilievo, segnatamente, che essi sarebbero contrattualmente obbligati a fornire prestazioni di assistenza nelle loro proprie officine, ad eseguire lavori in esecuzione della garanzia e a disporre in permanenza di un magazzino di pezzi di ricambio (v. supra, punto 16).

52      La ricorrente rileva che, nella sentenza Volkswagen e VAG Leasing, citata supra al punto 41, la Corte ha riconosciuto l’esistenza di una partecipazione dei concessionari ai rischi connessi ai contratti da essi conclusi, nella loro qualità di agenti commerciali, per conto della VAG Leasing, in considerazione dell’obbligo di riscatto dei veicoli, alla scadenza dei contratti di leasing, ad un prezzo preventivamente stabilito. La Corte non avrebbe, inoltre, riconosciuto l’esistenza di attività parallele di vendita e di collocazione di veicoli presso la clientela e avrebbe fatto riferimento all’attività di assistenza svolta dai distributori in nome e per conto proprio. Tuttavia, non ne deriverebbe che la Corte abbia attribuito significato autonomo all’attività di assistenza, la quale potrebbe essere intesa unicamente in associazione con l’attività di vendita. La sentenza non conterrebbe alcun elemento che consenta di concludere che la coesistenza di un’attività di intermediazione commerciale e di un’attività di prestazione di servizi di assistenza condurrebbe ad una relazione ambivalente con esclusione di qualsiasi privilegio con riguardo alla disciplina degli accordi tra imprese.

53      La ricorrente rileva parimenti che l’obbligo incombente all’agente, a termini dell’art. 13, primo comma, del contratto di agenzia, «di effettuare servizio di assistenza per i veicoli forniti da Daimler‑Benz, a prescindere dal luogo in cui sono stati venduti e da chi ha effettuato la vendita», costituisce un presupposto per l’esenzione di cui all’art. 5, n. 1, lett. a), del regolamento n. 1475/95. Qualora la Mercedes‑Benz non avesse imposto conseguentemente un obbligo di garanzia ai propri agenti, la Commissione ne avrebbe verosimilmente tratto la conclusione che i contratti di agenzia non rispondevano ai requisiti dettati dal regolamento n. 1475/95.

54      La ricorrente ritiene infondata la presunzione della Commissione secondo cui l’agente percepirebbe a titolo di corrispettivo dei propri interventi di garanzia solamente un’«indennità di garanzia», calcolata sulla base delle tariffe medie di retribuzione di un agente e che non coprirebbe, quindi, «necessariamente» le tariffe che l’agente potrebbe liberamente convenire e realizzare presso terzi. Gli agenti, laddove provvedano agli interventi in garanzia, otterrebbero un quid pluris rispetto al semplice rimborso delle spese, vale a dire la stessa retribuzione che avrebbero convenuto con un terzo per lo stesso intervento di riparazione. I prezzi praticati in tale ambito comprenderebbero la copertura dei loro costi nonché un margine di utile. L’agente effettuerebbe gli interventi in garanzia nell’ambito della propria normale attività di assistenza e agirebbe in tale contesto in nome e per conto propri. La differenza rispetto a «normali» interventi di riparazione consisterebbe «semplicemente nel fatto che il cliente non è il proprietario del veicolo, bensì la Mercedes‑Benz che si rivolge all’agente ai fini dell’esecuzione degli obblighi di garanzia che incombono ad essa solamente».

55      Lo stesso ragionamento vale, a parere della ricorrente, per l’allestimento dell’officina e la tenuta del magazzino di ricambi che incombono all’agente. Tali attività verrebbero svolte dall’agente in nome e per conto propri. Conseguentemente, sarebbe normale che egli provveda al finanziamento di tali interventi.

56      La ricorrente deduce che gli agenti non partecipano alle spese di trasporto (v., in tal senso, il ‘considerando’ 157 della decisione controversa). Essa riconosce che, come emerge dall’art. 4, quarto comma, del contratto di agenzia, l’agente deve accordarsi con il cliente per quanto attiene alle spese di trasporto. Tuttavia, la ricorrente intende tale aspetto non come un rischio, bensì piuttosto come una possibilità supplementare per l’agente commerciale di realizzare un utile. L’agente parteciperebbe ad un sistema di trasporto organizzato dalla Mercedes‑Benz con spedizionieri contrattuali, grazie ai quali il trasporto degli autoveicoli verrebbe offerto all’agente medesimo ad un prezzo determinato che verrebbe rifatturato ai clienti unitamente alle prestazioni dell’agente per la preparazione e l’immatricolazione del veicolo e ad un supplemento. Inoltre, anche qualora si ritenesse che, nell’ambito della rete di distribuzione della Mercedes‑Benz, gli agenti commerciali tedeschi non siano interamente liberati dai rischi connessi alle spese di trasporto, si tratterebbe in tal caso solamente di un rischio «trascurabile», sia che venga considerato complessivamente o isolatamente.

57      La ricorrente afferma che la partecipazione degli agenti alla promozione delle vendite non ricade nella partecipazione ai rischi connessi alle singole operazioni di vendita, bensì nell’obbligo ad essi incombente di organizzare e finanziare personalmente e materialmente l’attività di intermediazione di commercio da essi assunta. La ricorrente sottolinea che l’agente non partecipa alla pubblicità nazionale o regionale, bensì solamente alla promozione relativa alla propria attività. Gli agenti commerciali accollerebbero i costi di tale produzione e i relativi rischi sulle proprie commissioni. La ricorrente ritiene infondata la tesi della Commissione secondo cui gli autoveicoli di dimostrazione costituirebbero i campioni ovvero la documentazione di cui all’art. 4, n. 2, lett. a), della direttiva del Consiglio 18 dicembre 1986, 86/653/CEE, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti (GU L 382, pag. 17). Tale direttiva non farebbe mai riferimento a campioni, bensì alla documentazione, vale a dire a materiale prodotto specificamente a fini pubblicitari e non autoveicoli utilizzati nell’ambito di dimostrazioni e venduti successivamente dall’agente a condizioni che non sarebbero per il medesimo fonte di alcuna perdita.

58      A parere della ricorrente, la circostanza che l’agente Mercedes‑Benz tenga un elevato numero di autoveicoli di dimostrazione non costituisce espressione del fatto che egli partecipi ai rischi connessi alla vendita di autoveicoli nuovi, bensì solamente del fatto che la sua attività di intermediazione necessita di investimenti considerevoli con riguardo all’acquisizione della clientela. A tal riguardo la ricorrente contesta l’affermazione della Commissione, contenuta nella decisione controversa, secondo cui «i veicoli di dimostrazione e aziendali hanno rappresentato in media oltre il 21,66% del fatturato dei distributori». La ricorrente rileva che tale percentuale riflette «il fatturato nazionale per i veicoli particolari della Mercedes‑Benz». Non si tratterebbe quindi di un fatturato specifico degli agenti.

59      Per contro, secondo la ricorrente, «ove tale percentuale venga riferita agli agenti, utilizzando quale denominatore non (…) solamente le commissioni loro spettanti, bensì il fatturato della Mercedes‑Benz risultante dalle vendite realizzate grazie alla loro intermediazione, la detta percentuale scende al solo 8% per i veicoli particolari ed al 9,8% qualora vi si aggiungano i veicoli industriali». Inoltre, «ove la quota di veicoli di dimostrazione e dei veicoli commerciali venga riferita al fatturato effettivo dell’agente (…), si ottiene per i soli veicoli particolari una percentuale del 15,8% che sale a 19,3% qualora vi si aggiungano i veicoli industriali».

60      La ricorrente aggiunge che la Commissione non può considerare la vendita dei veicoli di dimostrazione, per i quali l’agente beneficia di condizioni privilegiate, quale rischio gravante sull’agente medesimo (‘considerando’ 158 della decisione controversa). A suo parere, tale rischio di regola non sussiste. La ricorrente rileva che l’attività connessa ai veicoli di dimostrazione costituisce, al contrario, fonte di introiti supplementari per l’agente. Tuttavia, anche qualora l’agente commerciale non dovesse essere in grado di vendere i veicoli di dimostrazione a prezzo superiore a quello di acquisto e dovesse, quindi, accollarsi ulteriori oneri, ciò non costituirebbe un argomento pertinente. Infatti, l’agente commerciale finanzierebbe esclusivamente con il proprio patrimonio personale le prestazioni connesse alla promozione delle vendite affidategli con il contratto di agenzia commerciale, dovendo far fronte unicamente ai rischi direttamente collegati a tali prestazioni.

61      La ricorrente ritiene giuridicamente non pertinente l’affermazione della Commissione contenuta nella decisione controversa, secondo cui, nel fatturato totale di un’agenzia commerciale tipica, solamente un sesto circa del fatturato totale è imputabile all’attività di intermediazione propriamente detta. Essa rileva parimenti che il metodo di calcolo utilizzato dalla Commissione nella decisione controversa è erroneo e che occorre tener conto «del fatturato esterno realizzato dall’[agente] senza limitarsi all’importo delle commissioni dal medesimo percepite». L’attività di intermediazione rappresenterebbe «piuttosto il 55% circa, secondo le stime della Mercedes-Benz, del complesso dell’impresa dell’agente commerciale».

62      La Commissione deduce che, tenuto conto della natura e dell’ampiezza dei costi e dei rischi che la ricorrente impone ai propri agenti nonché della rilevanza del fatturato realizzato dall’agente grazie alla propria attività di lavoro autonomo rispetto a quello realizzato per effetto dell’intermediazione della vendita di autovetture nuove, l’art. 81, n. 1, CE si applica ai contratti conclusi tra la ricorrente e i propri agenti tedeschi così come si applicherebbe ad un contratto concluso con un distributore contrattuale.

63      Essa rileva che il contratto tra un agente ed il proprio committente rappresenta un contratto concluso tra due imprese distinte, ragione per cui esso è soggetto, in linea di principio, al rispetto delle norme in materia di concorrenza. Le singole clausole contrattuali sarebbero quindi sottratte all’applicazione di tali norme solamente laddove il loro oggetto non fosse anticoncorrenziale ovvero non producesse effetti di tal genere.

64      Secondo la Commissione, la ricorrente travisa sia la natura dei rischi che i suoi agenti sono tenuti ad assumersi sia le conseguenze giuridiche derivanti dal trasferimento di tali rischi in capo ai suoi agenti.

65      La Commissione osserva che, a parere della ricorrente, la giurisprudenza subordina l’inapplicabilità dell’art. 81, n. 1, CE ai contratti di agenzia alla sussistenza di due requisiti cumulativi: da un lato, la ripartizione dei rischi caratteristica di un siffatto rapporto e, dall’altro, l’«integrazione» dell’agente nell’impresa del committente. Secondo la Commissione, la ricorrente cerca quindi di applicare il divieto di accordi ai rapporti di agenzia in termini più ampi di quanto non faccia la Commissione stessa, che disconosce all’agente il suo status privilegiato nell’ambito del diritto della concorrenza solamente qualora debba sopportare rischi finanziari e commerciali più che trascurabili senza inoltre esigere di essere integrato − a prescindere dalla definizione di tale termine − nell’impresa del rispettivo committente. A tal riguardo la Commissione deduce dalla sentenza Volkswagen e VAG Leasing, citata supra al punto 41, che la Corte non riconosce più al criterio di «integrazione» un significato indipendente da quello basato sulla ripartizione dei rischi. A parere della Commissione, dalla sentenza Suiker Unie e a./Commissione, citata supra al punto 41, e, in particolare, dai punti 538‑542 della medesima, emerge che la Corte ha ritenuto che un agente non possa essere considerato «integrato» nell’impresa del proprio committente qualora assuma determinati rischi.

66      Inoltre, la trasposizione, nella presente controversia, del ragionamento sviluppato dalla Corte nella sentenza Suiker Unie e a./Commissione, citata supra al punto 41, evidenzierebbe che, in caso di «rapporti ambivalenti», vale a dire qualora l’intermediario sia al tempo stesso agente e commerciante indipendente, il divieto di accordi si applicherebbe non solo all’attività svolta dall’agente stesso in nome e per conto proprio, bensì parimenti a quella esercitata in nome e per conto del committente. Nella specie, gli agenti tedeschi della ricorrente svolgerebbero attività indipendenti considerevoli e, ancorché la ricorrente ed i propri agenti non commercializzino gli stessi prodotti nell’ambito delle rispettive funzioni, contrariamente alla fattispecie oggetto della sentenza Suiker Unie e a./Commissione, citata supra al punto 41, sussisterebbe un nesso oggettivo stretto tra la vendita di vetture nuove, la gestione di un’officina di autoriparazioni e i servizi di assistenza. Le attività connesse alla garanzia dei veicoli e ai servizi di assistenza nonché la vendita di pezzi di ricambio verrebbero imposte agli agenti proprio ai fini della vendita di veicoli nuovi, al pari degli altri rischi che l’agente stesso deve assumere. Tale nesso deporrebbe a favore di un trattamento uniforme del rapporto contrattuale, anche per quanto attiene all’applicabilità del diritto della concorrenza.

67      La Commissione ritiene non pertinente ai fini della soluzione della presente controversia la sentenza della Corte 1° ottobre 1987, causa 311/85, Vlaamse Reisbureaus (Racc. pag. 3801), atteso che la fattispecie oggetto di tale sentenza differirebbe da quella ora in esame.

68      La Commissione si richiama parimenti alla sentenza Volkswagen e VAG Leasing, citata supra al punto 41, in cui la Corte avrebbe confermato che l’agente commerciale perde il proprio status privilegiato nell’ambito del diritto della concorrenza qualora assuma anche uno solo dei rischi risultanti dai contratti conclusi per conto del proprio committente. Essa ritiene, conseguentemente, che la circostanza che gli agenti tedeschi della ricorrente sopportino non tutti, bensì solamente una parte non trascurabile dei rischi connessi alle operazioni per le quali essi operano da intermediari, non rimette in discussione l’applicabilità del divieto di accordi alle misure di restrizione del commercio parallelo disposte nei loro confronti.

69      La Commissione contesta l’interpretazione sostenuta dalla ricorrente della sentenza Volkswagen e VAG Leasing, citata supra al punto 41 (v. supra, punto 52). A suo parere, la ricorrente cerca di suscitare l’impressione che la decisione controversa vada al di là di tale giurisprudenza, laddove, al contrario, essa ha interpretato tale sentenza in termini restrittivi. Essa avrebbe unicamente preso in considerazione l’assunzione, da parte degli agenti, di attività distinte implicanti rischi commerciali – vale a dire le prestazioni sulla base di una garanzia del costruttore, il servizio di assistenza e la vendita di pezzi di ricambio – in quanto essa costituirebbe un complemento, ritenuto indispensabile dal costruttore, all’attività parziale in cui l’agente svolge semplicemente un ruolo di intermediazione. A tal riguardo la Commissione ritiene incomprensibile l’opinione della ricorrente secondo cui l’attività di assistenza non dovrebbe svolgere alcun ruolo nella specie ai fini della valutazione delle misure restrittive della concorrenza stabilite nell’ambito del rapporto di agenzia.

70      La Commissione deduce che taluni obblighi che il committente impone ai propri agenti possono eccedere l’obbligo di reciproca difesa dei propri interessi e risultare, quindi, sproporzionati. Occorrerebbe quindi accertare, caso per caso, se il singolo impegno, qualora risulti restrittivo della concorrenza, sia veramente imposto dalla natura del rapporto e sia necessario alla tutela della «figura giuridica dell’agente».

71      La Commissione ritiene che gli obblighi diretti a limitare la concorrenza «interna» sul mercato dei prodotti nonché a restringere la concorrenza sui prezzi e sulle condizioni di vendita per le vetture destinate al leasing non fossero imposti dalla natura del rapporto inter partes, né fossero inerenti al sistema di vendita realizzato attraverso l’intermediazione di agenti commerciali. Ciò varrebbe con riguardo alle modalità con cui la ricorrente avrebbe ristretto la libertà di manovra dei detti agenti, imponendo loro di esigere un acconto del 15% dai clienti comunitari ed ingiungendo loro di vendere, nella misura del possibile, autoveicoli nuovi solamente a clienti ubicati sul loro proprio territorio contrattuale e di evitare la concorrenza interna. La Commissione contesta l’argomento della ricorrente secondo cui il divieto di accordi si applicherebbe ai contratti di agenzia solamente laddove l’agente assuma rischi e costi derivanti dalla conclusione o dall’esecuzione di contratti di vendita dal medesimo stipulati o procurati per l’impresa, e non qualora svolga un’attività economica indipendente con riguardo alle attività per le quali sia mandatario del committente. Tale argomento non terrebbe conto del contenuto dei comportamenti denunciati dalla Commissione e, inoltre, terrebbe insufficientemente conto delle realtà economiche, basandosi unicamente sui rischi assunti dall’agente a valle, in conseguenza dell’acquisto della merce ai fini della sua rivendita. Da un lato, il peso dei rischi traslati dalla ricorrente all’agente per effetto di tale acquisizione dipenderebbe dalle circostanze di ogni singolo specifico caso. Dall’altro, i rischi connessi alla vendita a valle deriverebbero spesso dal fatto che tali vendite esigono un’infrastruttura specifica per il singolo mercato, indipendentemente dall’acquisto dei prodotti da parte dell’agente. A tal riguardo, la Commissione si richiama alle attività relative all’esecuzione della garanzia del costruttore, che si sovrapporrebbe in ampia misura alla garanzia del rivenditore medesimo, nonché ai servizi di assistenza e all’acquisto, alla presentazione e alla rivendita di veicoli di dimostrazione. Per quanto attiene al rischio di vendita propriamente detto, i concessionari Mercedes libererebbero la ricorrente solamente in misura limitata, in quanto la casa costruttrice fabbricherebbe i propri veicoli «su misura» e non al fine della costituzione di scorte. A parere della Commissione, un’impresa che ricorre ad agenti commerciali per distribuire i propri prodotti e che trasferisce sui medesimi i rischi specifici relativi ai contratti o al mercato deve accettare che il divieto di accordi si applichi ai rapporti con i propri agenti. L’assunzione obbligatoria di rischi economici da parte dell’agente dovrebbe andare di pari passo con una libertà di manovra grazie alla quale l’agente potrebbe affrontare tali rischi e la limitazione di tale margine di manovra si porrebbe in contrasto con il diritto della concorrenza qualora restringa sensibilmente la concorrenza.

72      La Commissione ritiene che gli argomenti della ricorrente relativi all’analisi della ripartizione dei singoli rischi nella decisione controversa debbano essere respinti ad eccezione dei rilievi afferenti al luogo di esecuzione del contratto.

73      Per quanto attiene al rischio relativo ai prezzi, la Commissione sostiene che la ricorrente trasferisce parte del rischio di commercializzazione dei propri veicoli sui propri agenti. Infatti, qualsiasi sconto sui prezzi operato dall’agente verrebbe integralmente imputato sulla sua commissione. A parere della Commissione, gli agenti commerciali sono in tal modo coinvolti nel rischio di vendita della ricorrente, il che implica l’applicabilità del divieto di accordi (v., in tal senso, la sentenza Suiker Unie e a./Commissione, citata supra al punto 41), a prescindere dal fatto che l’agente rinunci o meno alla propria commissione nell’ambito dell’accordo individuale sui prezzi ovvero nell’ambito di accordi standardizzati relativi alle condizioni che la ricorrente fissa con i suoi grossi clienti. In entrambi i casi, la ricorrente impiegherebbe la commissione dell’agente quale incentivo alla commercializzazione e obbligherebbe in tal modo il medesimo a partecipare ai costi e ai rischi connessi alla vendita dei veicoli. La Commissione fa presente, a tal riguardo, che la commissione dell’agente diminuisce di un importo che può raggiungere il 6% qualora questi venda un veicolo ad un cliente con cui la ricorrente abbia concluso un accordo relativo alle condizioni applicabili. Inoltre, la ricorrente non sopporterebbe gli sconti concessi ai grossi clienti se non laddove essi superino il 6%. La Commissione ritiene che la situazione dei concessionari e degli agenti sia analoga sotto il profilo economico. Essa aggiunge che, a termini della direttiva 86/653, la retribuzione di un agente viene calcolata, di regola, in percentuale del volume di contratti dal medesimo procurati.

74      Qualora tale volume diverga da quello inizialmente previsto, l’agente commerciale assumerebbe normalmente solamente il rischio derivante dall’applicazione della percentuale di commissione convenuta su tale volume ridotto. In linea generale, non spetterebbe all’agente evitare sistematicamente che il proprio committente subisca le conseguenze delle variazioni di volume, per effetto di meccanismi quali la rinuncia alla propria commissione a concorrenza della riduzione del prezzo. Conseguentemente, sarebbe impossibile interpretare il fatto che l’agente assuma, in misura più o meno ampia, il rischio di commercializzazione della ricorrente in tutti i tipi di contratti semplicemente nel senso che non esisterebbero accordi che vietino agli agenti di ripercuotere le loro commissioni.

75      La Commissione rileva che gli agenti sopportano parimenti il rischio connesso al costo del trasporto. Ai termini del contratto di agenzia, l’agente sarebbe tenuto a fornire al cliente il veicolo nuovo acquistato e a concordare con il medesimo un corrispettivo per tale servizio. La possibilità di realizzare un utile supplementare grazie alla differenza tra la somma da versare al trasportatore ed il corrispettivo convenuto con il cliente nulla toglierebbe al fatto che l’agente assume il rischio di non ricevere il pagamento da parte del cliente. Qualora il cliente non riceve il veicolo, le spese di trasporto già versate resterebbero non di meno a carico dell’agente. La Commissione aggiunge che, laddove la ricorrente si richiama agli obblighi dell’agente commerciale tipici ed inerenti al sistema, occorre replicare che la normativa tedesca applicabile agli agenti commerciali prevede che la fornitura delle merci incomba al committente e non all’agente. Infine, la Commissione rileva che è superfluo interrogarsi sul carattere eventualmente «trascurabile» dei rischi relativi ai costi del trasporto, atteso che gli agenti devono sopportare parimenti un elevato numero di altri rischi commerciali.

76      La Commissione rileva che, a termini del contratto di agenzia, l’agente deve dedicare una parte considerevole delle proprie risorse finanziarie alla promozione delle vendite e che assume i rischi connessi alla vendita per un rilevante numero di veicoli (v. supra, punto 58). A tal riguardo, richiamandosi alla percentuale del 15,8% indicata dalla ricorrente (v. supra, punto 59), essa osserva che il fatturato risultante dalla rivendita di veicoli di dimostrazione e di veicoli aziendali – paragonati dalle commissioni percepite dagli agenti per effetto della loro attività di intermediazioni nella vendita di autovetture nuove – è considerevole. La Commissione sostiene che, contrariamente a quanto preteso dalla ricorrente, l’impegno finanziario e il rischio che essa impone ai propri agenti non possono essere esaminati separatamente dalla loro attività di intermediazione, atteso che le vetture di dimostrazione costituiscono investimenti specifici per il mercato imposti dalla ricorrente ai propri agenti e che sono direttamente utili ai fini della vendita al cliente finale. La Commissione sostiene che, a termini dell’art. 4, n. 2, lett. a), della direttiva 86/653, il committente è obbligato a mettere gratuitamente a disposizione dell’agente commerciale vetture di dimostrazione che, a suo parere, equivalgono ai «campioni» o alla «documentazione» necessari all’esercizio dell’attività dell’agente medesimo. Conseguentemente, la ricorrente porrebbe propri compiti a carico dei propri agenti. Ne deriva che la ricorrente obbligherebbe i propri agenti ad assumere le funzioni, i rischi e gli oneri finanziari connessi alla commercializzazione dei propri prodotti che le sono imposti dal legislatore. Imponendo ai propri agenti di comportarsi in ampia misura quali distributori indipendenti di veicoli (di dimostrazione), la ricorrente ne farebbe «falsi» agenti commerciali, il che implicherebbe l’applicazione della normativa in materia di concorrenza.

77      La Commissione deduce che gli agenti devono adempiere gli obblighi derivanti dalla garanzia del costruttore offerta dalla ricorrente sui veicoli nuovi, allestire un’officina, mantenere un magazzino di pezzi di ricambi e offrire un servizio di assistenza e di interventi in garanzia a proprie spese e a proprio rischio (‘considerando’ 159 della decisione controversa). A suo parere, tali investimenti specifici per il mercato di cui trattasi, imposti agli agenti commerciali, significano che essi partecipano ai costi e ai rischi connessi alla commercializzazione dei veicoli nuovi della ricorrente.

78      La Commissione contesta la distinzione operata dalla ricorrente tra l’attività di intermediazione e il servizio di assistenza, rilevando che tale distinzione è artificiosa e non corrispondente alla realtà economica. Infatti, l’attività di assistenza sarebbe diretta a promuovere le vendite della ricorrente, in considerazione dell’aspettativa del cliente finale che intende disporre di una rete di assistenza per il veicolo acquistato. La ricorrente stessa intenderebbe peraltro l’attività commerciale e il servizio di assistenza quale unità economica. Ai termini dell’art. 6 del contratto di agenzia, qualora, entro un certo termine, un veicolo finisca nel territorio contrattuale di un altro agente, parte della commissione del primo agente dovrebbe essere trasferita al secondo. Ne consegue che l’attività di intermediazione non potrebbe essere considerata separatamente dai costi e dai rischi che l’agente deve sopportare nell’ambito dei propri interventi in garanzia, del proprio servizio di assistenza e della messa a disposizione di pezzi di ricambio. La Commissione ricorda inoltre il parallelismo tra la controversia in esame e quelle da cui sono scaturite le menzionate sentenze Volkswagen e VAG Leasing, nonché Suiker Unie e a./Commissione, entrambe citate supra al punto 41. A parere della Commissione, il diritto al corrispettivo acquisito dall’agente per effetto dei propri interventi in garanzia e dei servizi di assistenza non riveste alcun significato, considerato che l’agente deve non di meno sopportare i costi e i rischi connessi alla propria attività. Il regolamento n. 1475/95, richiamato dalla ricorrente, non troverebbe applicazione nel caso in cui si tratti di una semplice «intermediazione» concernente la vendita di autoveicoli nuovi, difettando l’elemento di «rivendita», quale definito all’art. 10, n. 12, del regolamento medesimo. La ricorrente potrebbe quindi lasciare veri intermediari perfettamente liberi di fornire o meno le prestazioni in materia di garanzia e di servizi di assistenza. Infine, la Commissione ritiene che i rischi assunti dall’agente in caso di vizi del prodotto trovino principalmente spiegazione nella sua appartenenza alla rete di garanzia della ricorrente e che ciò valga parimenti per i servizi di assistenza.

79      Per quanto attiene alla censura mossale dalla ricorrente di aver posto a raffronto il fatturato realizzato dall’agente grazie alla sua commissione con quello realizzato in nome e per conto propri, la Commissione deduce che, anche a voler utilizzare il criterio di riferimento prescelto dalla ricorrente, parte considerevole dell’attività economica dell’agente ricade nelle attività indipendenti impostele dalla ricorrente e che tale parte non deve essere trascurata nella valutazione, sotto il profilo del diritto della concorrenza, dei rapporti contrattuali tra la ricorrente e i propri agenti.

80      La Commissione respinge l’argomento della ricorrente secondo cui occorrerebbe considerare gli agenti quali filiali. Essa ritiene, infatti, che lo status di lavoratore autonomo di un agente commerciale non dipenda dalla questione se difenda gli stessi interessi del proprio committente o parimenti quelli di terzi. A suo parere, il divieto di accordi trova applicazione quando l’agente debba sopportare rischi specifici ai contratti o al mercato, come avviene nella specie.

 Giudizio del Tribunale

81      Secondo costante giurisprudenza, il Tribunale, quando deve pronunciarsi su un ricorso di annullamento di una decisione di applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, deve esercitare un sindacato completo e generale sulla questione se sussistano o meno i presupposti per l’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE (v., in tal senso, sentenze della Corte 11 luglio 1985, causa 42/84, Remia e a./Commissione, Racc. pag. 2545, punto 34, e 17 novembre 1987, cause riunite 142/84 e 156/84, BAT e Reynolds/Commissione, Racc. pag. 4487, punto 62).

82      L’art. 81, n. 1, CE così recita:

«Sono incompatibili con il mercato comune e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazione di impresa e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune (...)».

83      Dal tenore di questo articolo si desume che il divieto così sancito riguarda esclusivamente i comportamenti coordinati bilaterali o multilaterali, che prendono forma di accordi tra imprese, di decisioni di associazione o di pratiche concordate. Ne consegue che, nell’interpretazione giurisprudenziale, la nozione di accordo, di cui all’art. 81, n. 1, CE, si struttura sull’esistenza, tra almeno due parti, di una comune volontà (sentenza del Tribunale 26 ottobre 2000, causa T‑41/96, Bayer/Commissione, Racc. pag. II‑3383, punti 64 e 69, confermata dalla sentenza della Corte 6 gennaio 2004, cause riunite C‑2/01 P e C‑3/01 P, BAI e Commissione/Bayer, Racc. pag. I‑23).

84      Ne consegue che, qualora una decisione di un produttore costituisca un comportamento unilaterale dell’impresa, tale decisione esula dal divieto di cui all’art. 81, n. 1, CE (v., in tal senso, sentenze della Corte 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG/Commissione, Racc. pag. 3151, punto 38, e 17 settembre 1985, cause riunite 25/84 e 26/84, Ford/Commissione, Racc. pag. 2725, punto 21, e sentenza del Tribunale 7 luglio 1994, causa T‑43/92, Dunlop Slazenger/Commissione, Racc. pag. II‑441, punto 56).

85      Da costante giurisprudenza risulta parimenti che, nell’ambito del diritto della concorrenza, la nozione di impresa dev’essere intesa nel senso che essa si riferisce ad un’unità economica dal punto di vista dell’oggetto del rapporto, anche se, sotto il profilo giuridico, questa unità economica sia costituita da più persone, fisiche o giuridiche (sentenza della Corte 12 luglio 1984, causa 170/83, Hydroterm, Racc. pag. 2999, punto 11, e sentenza del Tribunale 29 giugno 2000, causa T‑234/95, DSG/Commissione, Racc. pag. II‑2603, punto 124). La Corte ha sottolineato che, ai fini dell’applicazione delle regole di concorrenza, la formale separazione tra due società, conseguente alla loro personalità giuridica distinta, non è decisiva, mentre è decisiva l’unità o meno del loro comportamento sul mercato. Può quindi risultare necessario accertare se due società aventi personalità giuridiche distinte formino, ovvero appartengano ad una sola ed unica impresa o entità economica che attui un comportamento unitario sul mercato (v., in tal senso, sentenza della Corte 14 luglio 1972, causa 48/69, ICI/Commissione, Racc. pag. 619, punto 140).

86      Dalla giurisprudenza emerge che una tale fattispecie non si limita a situazioni in cui tra le società intercorrano rapporti di controllo societario, bensì riguarda parimenti, in presenza di talune circostanze, i rapporti tra una società e i suoi rappresentanti commerciali ovvero i rapporti tra un committente e il relativo mandatario. Infatti, per quanto attiene all’applicazione dell’art. 81 CE, la questione se un committente e il suo intermediario o «rappresentante di commercio» costituiscano un’unità economica, ove il secondo costituisce un organo ausiliario integrato nell’impresa del primo, è rilevante ai fini dell’accertamento se un determinato comportamento ricada nella sfera di applicazione del detto articolo. In tal senso è stato affermato che, «quando svolge attività a vantaggio del committente, un siffatto intermediario può infatti essere considerato, in linea di massima, come un organo ausiliario facente parte dell’impresa del committente, tenuto a seguire le istruzioni di questi, e tale da formare con detta impresa, alla stessa stregua di un dipendente ad esso legato da un rapporto di lavoro subordinato, una sola entità economica» (v. sentenza Suiker Unie e a./Commissione, citata supra al punto 41, punto 480).

87      La situazione è diversa se negli accordi conclusi dal committente con i propri agenti a questi siano attribuite o lasciate funzioni analoghe, sul piano economico, a quelle di un commerciante indipendente, in quanto tali accordi prevedono che gli agenti medesimi assumano a proprio carico rischi finanziari connessi alla vendita di prodotti o all’esecuzione dei contratti stipulati con i terzi (v., in tal senso, la sentenza Suiker Unie e a./Commissione, citata supra al punto 41, punto 541). In tal senso, è stato affermato che l’agente perde il proprio status di operatore economico indipendente soltanto quando non sopporti i rischi conseguenti ai contratti procurati per conto del committente e operi come ausiliario integrato nell’impresa del committente stesso (v., in tal senso, sentenza Volkswagen e VAG Leasing, citata supra al punto 41, punto 19).

88      Conseguentemente, qualora un agente, sebbene munito di personalità giuridica distinta, non determini autonomamente il proprio comportamento sul mercato, bensì applichi le istruzioni impartitegli dal committente, i divieti sanciti dall’art. 81, n. 1, CE non si applicano ai rapporti tra l’agente stesso ed il rispettivo committente con cui forma un’unità economica.

89      Si deve rilevare che, nell’ambito del presente motivo, vi è contrasto tra le parti nella specie in ordine all’analisi operata dalla Commissione nella decisione controversa con riguardo allo status giuridico degli agenti tedeschi della Mercedes‑Benz ai fini dell’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE e, in particolare, con riguardo al grado di rischio assunto dagli agenti medesimi in applicazione del contratto di agenzia e alla questione della loro integrazione nell’impresa Mercedes‑Benz.

90      Spetta quindi al Tribunale, alla luce delle suesposte considerazioni, esaminare la fondatezza della valutazione effettuata dalla Commissione, nella decisione controversa, in ordine al rapporto giuridico intercorrente tra la ricorrente e i propri agenti commerciali in Germania.

91      Si deve rilevare che tale rapporto è disciplinato, segnatamente, dalle disposizioni contenute in un contratto di agenzia tipo concluso tra la Mercedes‑Benz e i propri agenti nonché dal codice commerciale tedesco. Nelle risposte ai quesiti scritti del Tribunale (vedi supra, punto 34), la ricorrente ha fatto presente che la versione del contratto di agenzia tipo considerata nella decisione controversa era quella del giugno 1997. La ricorrente ha parimenti confermato che tale versione era essenzialmente identica a quelle vigenti durate tutto il periodo cui fa riferimento la decisione controversa. Dagli atti di causa emerge che i termini e le condizioni del contratto di agenzia tipo sono stabilite unilateralmente dalla Mercedes‑Benz. Inoltre, è pacifico che il contratto concluso tra la Mercedes‑Benz ed i propri agenti tedeschi costituisce un contratto di agenzia ai sensi del diritto commerciale tedesco. Nell’ambito della presente controversia, la Commissione non ha fatto valere l’esistenza di differenze sostanziali tra i vari contratti di agenzia conclusi dalla Mercedes‑Benz con singoli agenti.

92      Si deve rilevare che è pacifico inter partes che le funzioni formalmente attribuite all’agente ai sensi del contratto di agenzia corrispondono alle modalità con cui, nella pratica, viene data esecuzione al contratto medesimo. In tal senso, è pacifico che nella Repubblica federale di Germania è la Mercedes‑Benz, e non i suoi agenti tedeschi, che vende, a termini del contratto di agenzia e nella pratica, autoveicoli nuovi Mercedes‑Benz direttamente ai clienti e che è fatto divieto agli agenti di vendere veicoli in nome e per conto propri.

93      Il Tribunale constata che il contratto di agenzia è redatto in termini tali che l’agente tedesco non dispone di alcuna autorità o potere per vendere autoveicoli Mercedes‑Benz. La funzione dell’agente tedesco è limitata, in effetti, a procurare ordinativi ai clienti potenziali che l’agente trasmette alla Mercedes‑Benz ai fini dell’approvazione e dell’esecuzione. A tal riguardo l’art. 4, primo e terzo comma, del contratto di agenzia dispone che l’agente negozia le vendite di autoveicoli alle tariffe fissate dalla Mercedes‑Benz e secondo le direttive della medesima, ove il contratto di vendita si perfeziona solamente a decorrere dall’accettazione da parte della Mercedes‑Benz dell’ordinativo trasmesso dall’agente.

94      Dagli atti di causa emerge, inoltre, che, nell’ambito della negoziazione del contratto di vendita con un cliente, l’agente non dispone di alcun potere quanto al prezzo del veicolo che la Mercedes-Benz fornirà. Infatti, nelle proprie risposte ai quesiti posti dal Tribunale, la ricorrente ha confermato che l’agente non è autorizzato a concedere sconti per conto della Mercedes-Benz senza il previo accordo della medesima. Essa ha tuttavia aggiunto che gli agenti erano autorizzati a concedere, senza tale accordo, sconti che venivano imputati alla commissione dell’agente stesso e ha confermato che il contratto di agenzia non conteneva alcuna disposizione che vietasse una siffatta rinuncia parziale alle commissioni dell’agente. A parere della ricorrente, se l’agente concede sconti ai clienti nell’ambito della vendita di un veicolo nuovo, deve imputare lo sconto sulla propria commissione.

95      Si deve esaminare in tale contesto se sia corretta l’affermazione, contenuta nella decisione controversa, secondo cui l’agente tedesco, qualora si impegni a concedere sconti di prezzo integralmente imputati sulla propria commissione (v. ‘considerando’ 155), partecipi in larga misura ai rischi legati al prezzo.

96      Dagli atti di causa emerge che l’agente tedesco, a differenza dei concessionari Mercedes‑Benz di altri paesi, non acquista autoveicoli nuovi dalla Mercedes-Benz per rivenderli ai clienti ed è pacifico che l’agente non è tenuto ad allestire un deposito di veicoli nuovi (v. ‘considerando’ 156 della decisione controversa). Infatti, a termini del contratto di agenzia, l’agente può acquistare i veicoli nuovi Mercedes‑Benz solamente per esigenze proprie o a fini di dimostrazione (art. 9, secondo comma).

97      Conseguentemente, considerato che l’agente tedesco Mercedes‑Benz non è obbligato a disporre di uno stock di veicoli, non è esatto assimilarlo, sul piano economico, al distributore di veicoli che percepisce dal costruttore, a titolo di corrispettivo, un margine di utile che gli serve non solo a finanziare la propria attività di vendita di autoveicoli nuovi in generale, bensì anche e soprattutto per concedere agevolazioni sul prezzo agli acquirenti dei veicoli (v. ‘considerando’ 156 della decisione controversa). Il Tribunale osserva, a tal riguardo, che l’agente Mercedes‑Benz non è costretto, né per effetto del contratto di agenzia né in pratica, a cedere una parte della propria commissione per vendere un veicolo che detenga in stock, il che costituirebbe un vero rischio connesso al prezzo, in quanto avrebbe già sopportato i costi connessi all’acquisto e al deposito del veicolo stesso. Infatti, sull’agente non grava, a differenza di un concessionario, il rischio che i veicoli appartenenti al proprio stock restino invenduti. Conseguentemente, qualora l’agente non intenda cedere parte della propria commissione, non assumerà l’ordinativo per un autoveicolo.

98      A tal riguardo, dai termini dei contratti di concessione Mercedes‑Benz conclusi in Belgio e in Spagna emerge che i concessionari devono mantenere in permanenza uno stock di veicoli. Il volume di tale scorta viene stabilito, segnatamente, di comune accordo tra le parti [v. art. 8 del contratto di concessione belga e art. 15, lett. a), del contratto di concessione spagnolo]. Ne consegue che, per quanto attiene alla vendita di veicoli, la posizione dell’agente Mercedes‑Benz in Germania differisce considerevolmente da quella dei concessionari Mercedes‑Benz in Belgio e in Spagna. Infatti, questi ultimi sopportano parte sostanziale del rischio relativo alla vendita dei veicoli, laddove in Germania tale rischio grava sostanzialmente sulla Mercedes‑Benz. Il Tribunale ritiene pertanto che erroneamente la Commissione assimili, sul piano economico, l’agente al concessionario di veicoli per quanto attiene ai rischi connessi al prezzo (v. ‘considerando’ 156 della decisione controversa).

99      A parere del Tribunale, nelle circostanze della specie, il fatto che l’agente tedesco Mercedes‑Benz sia autorizzato – senza peraltro esservi obbligato – a concedere sconti che gravano sulla propria commissione e possa far uso della propria libertà commerciale cedendo parte del proprio corrispettivo su vendite individuali, al fine di ottimizzare eventualmente la propria commissione globale vendendo un maggior numero di veicoli, non può essere qualificato come «rischio connesso al prezzo».

100    Da tutti i suesposti elementi risulta che è la Mercedes‑Benz che vende i veicoli e che assume, caso per caso, la decisione di accettare o rifiutare gli ordini procurati dall’agente. Emerge, infatti, che la libertà commerciale degli agenti tedeschi Mercedes‑Benz quanto alla vendita di veicoli Mercedes‑Benz è molto limitata, ragion per cui non è idonea ad incidere sulla concorrenza sul mercato di cui trattasi, vale a dire il mercato del commercio al dettaglio di autoveicoli Mercedes (v. ‘considerando’ 143 della decisione controversa).

101    Pertanto, qualora un cliente ordini un veicolo, ma la vendita non si realizzi, le implicazioni finanziarie e, quindi, i rischi associati a tale operazione restano a carico della ricorrente. Quest’ultima ha infatti confermato all’udienza di essere il solo soggetto ad assumere tutti i rischi concernenti, segnatamente, la mancata fornitura, la fornitura difettosa e l’insolvenza del cliente.

102    In sintesi, alla luce delle suesposte considerazioni, il Tribunale rileva che, per quanto attiene al mercato di cui trattasi nella specie, è la Mercedes‑Benz – e non gli agenti tedeschi – che stabilisce le condizioni di ogni singola vendita di un veicolo, segnatamente il prezzo di vendita, e che assume i principali rischi connessi a tale attività, ove all’agente tedesco è impedito, ai termini del contratto di agenzia, di acquistare e di mantenere stock di veicoli ai fini della vendita. Ciò premesso, si deve concludere, in conclusione, che gli agenti si trovano, nei confronti della ricorrente, in un rapporto caratterizzato dalla circostanza che essi provvedono alla vendita di veicoli Mercedes‑Benz essenzialmente sotto la direzione della ricorrente, ragion per cui devono essere assimilati a dipendenti e considerati integrati nell’impresa con cui formano quindi un’unita economica. Ne consegue che l’agente tedesco Mercedes‑Benz, laddove opera sul mercato di cui trattasi, non costituisce di per sé un’«impresa» ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE.

103    Occorre esaminare se tale conclusione sia inficiata dall’affermazione della Commissione, contenuta nella decisione controversa, secondo cui la ricorrente obbliga i propri agenti ad assumere, in applicazione del contratto di agenzia, altri costi e rischi senza lasciare loro il minimo margine di scelta.

104    A tal riguardo, la Commissione ha rilevato, nella decisione controversa, che, a termini del contratto di agenzia, la Mercedes-Benz non assume il rischio connesso alle spese di trasporto, imponendolo all’agente (v. ‘considerando’ 157). Su quest’ultimo graverebbe, al pari di un venditore in proprio, il rischio connesso alle spese di trasporto dei veicoli nuovi, costi che egli dovrebbe poi, sotto il profilo contrattuale, trasferire al cliente.

105    Il Tribunale rileva, a tal riguardo, che l’art. 4, quarto comma, del contratto di agenzia prevede che, «se il cliente stesso non provvede al ritiro del veicolo alla sua uscita dalla fabbrica, l’agente provvede alla sua consegna dietro corrispettivo convenuto con il cliente stesso». Orbene, nelle proprie risposte ai quesiti posti dal Tribunale, la ricorrente ha confermato che in Germania, nel 2003, il 35% delle vetture è stato ritirato dai clienti in fabbrica. Si deve rilevare che tali dati, per quanto non afferenti al periodo oggetto della decisione controversa, evidenziano tuttavia che la possibilità per il cliente, a termini del contratto di agenzia, di provvedere personalmente al ritiro di una vettura in fabbrica è lungi dall’essere puramente teorica, qualora l’agente e il cliente non si accordino sulle spese o sulle modalità di consegna. Inoltre, all’udienza, la Commissione ha confermato che è poco verosimile che si realizzi il rischio connesso alle spese di trasporto. In pratica, il cliente viene informato in merito alla data di consegna del veicolo prima dell’effettuazione del trasporto e, qualora non possa essere contattato, il veicolo non lascia la fabbrica.

106    Alla luce di tutti i suesposti elementi, il Tribunale ritiene che la Commissione abbia sostanzialmente accentuato il grado di rischio sopportato dall’agente con riguardo alle spese di trasporto.

107    Parimenti, nella decisione controversa, la Commissione precisa che, ai termini del contratto di agenzia, l’agente è tenuto a procurarsi, a proprie spese, veicoli di dimostrazione (‘considerando’ 158), a effettuare interventi di riparazione sulla base della garanzia del costruttore [‘considerando’ 159, lett. a)], ad allestire, a proprie spese, un’officina e ad ivi offrire i servizi di assistenza e di interventi di garanzia, assicurando, su richiesta, i servizi di pronto intervento e di emergenza, e a mantenere, a proprie spese, un deposito di pezzi di ricambio [‘considerando’ 159, lett. b) e c)]. Nella decisione controversa la Commissione ne ha tratto la conclusione che non sarebbe possibile, già in considerazione del numero e dell’entità dei rischio a carico degli agenti, accogliere l’obiezione della Mercedes‑Benz secondo cui i rischi a carico degli agenti tedeschi sarebbero tipici di ogni agente commerciale in senso proprio (‘considerando’ 160).

108    A tal riguardo il Tribunale rileva che, ai termini dell’art. 4, settimo comma, del contratto di agenzia, l’agente stesso è tenuto a sopportare i costi dei veicoli di dimostrazione e che la Mercedes‑Benz si riserva il diritto, eventualmente, di stabilire il numero di tali veicoli che essa reputi necessari. Risulta, pertanto, che l’agente, qualora acquisti veicoli di dimostrazione, assume un certo rischio. A titolo d’esempio, è possibile che tali veicoli possano risultare difficili da rivendere con un guadagno. Il Tribunale osserva, tuttavia, che, anche ammessa l’esistenza di un rischio di tal genere, resta il fatto che, come rilevato dalla Commissione stessa al ‘considerando’ 158 della decisione controversa, tali veicoli sono stati acquistati ad un prezzo di favore e possono essere rivenduti dopo un periodo di detenzione compreso tra 3 e 6 mesi, con un chilometraggio minimo di 3 000 chilometri. Tale rilievo induce a relativizzare considerevolmente l’importanza che la Commissione attribuisce, nella decisione controversa, all’obbligo relativo ai veicoli di dimostrazione e, conseguentemente, all’ampiezza del relativo rischio.

109    Ne consegue che l’analisi effettuata dalla Commissione al ‘considerando’ 158 della decisione controversa amplifica sensibilmente la rilevanza dei rischi connessi all’obbligo degli agenti di procurarsi veicoli di dimostrazione.

110    Per quanto attiene alle osservazioni della Commissione in ordine all’obbligo degli agenti di effettuare riparazioni in applicazione della garanzia, dagli atti di causa emerge che l’agente percepisce dalla Mercedes‑Benz un’indennità di garanzia per i lavori in garanzia approvati e che tale indennità corrisponde, per quanto riguarda il prezzo della manodopera, alle tariffe medie ponderate in funzione del fatturato – tariffe che l’agente comunica anticipatamente alla Mercedes‑Benz all’inizio di ogni semestre dell’anno solare – e, per quanto attiene ai costi del materiale, al prezzo di costo dei pezzi di ricambio dell’agente, oltre ad un supplemento per i costi materiali (v. art. 13, terzo comma, del contratto di agenzia).

111    Il Tribunale ritiene che la Commissione non abbia dimostrato che l’indennità di garanzia sia inadeguata sotto il profilo commerciale e che sussista, conseguentemente, per l’agente un rischio finanziario reale connesso con l’obbligo di effettuare interventi di riparazione in garanzia. Si deve rilevare che dalla decisione controversa non emerge che tale attività, associata alla vendita di vetture Mercedes‑Benz, implichi di fatto rischi eccezionali, per quanto sia vero che, ove non venga gestita correttamente ed effettivamente, possa risultare in perdita riducendo, se non eliminando, gli utili conseguiti dall’agente per effetto della vendita dei veicoli. Parimenti, si deve ritenere che la Commissione non abbia dimostrato che gli obblighi imposti all’agente di allestire un’officina di autoriparazioni, di offrire servizi di assistenza e di acquistare e tenere in deposito pezzi di ricambio implichino rischi economici elevati.

112    La Commissione si limita, in realtà, ad elencare gli obblighi imposti per effetto del contratto di agenzia e connessi alla vendita di veicoli ed a precisare la pretesa rilevanza del fatturato realizzato dall’agente grazie ad attività contrattualmente connesse alla vendita di veicoli paragonata a quella realizzata con la vendita dei veicoli stessi, senza dimostrare sotto quale profilo tali obblighi costituirebbero rischi sostanziali gravanti sull’agente. La Commissione non ha correttamente valutato la portata di tali obblighi sul piano pratico. A parere del Tribunale, tali obblighi non rappresentano un rischio commerciale che consentirebbe di qualificare l’agente Mercedes‑Benz quale venditore in proprio.

113    Ne consegue che la qualificazione dello status dell’agente tedesco Mercedes‑Benz ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, esposta supra al punto 102, non risulta inficiata dal fatto che gli agenti tedeschi Mercedes‑Benz siano tenuti, in applicazione del contratto di agenzia, ad assolvere talune attività e taluni obblighi di natura finanziaria. Si deve parimenti sottolineare che si tratta di attività svolte su mercati diversi rispetto a quello di cui trattasi nella specie. Infatti, anche ammettendo che tali obblighi implichino taluni rischi limitati per gli agenti, si deve rilevare che essi non sono di per sé idonei a modificare la qualificazione del rapporto esistente tra la ricorrente e i propri agenti alla luce del diritto della concorrenza e con riguardo al mercato di cui trattasi nella specie.

114    Nella decisione controversa la Commissione sostiene, peraltro, che talune disposizioni del contratto di agenzia tedesco coincidono con quelle dei contratti di concessione Mercedes-Benz conclusi in Belgio ed in Spagna, traendone la conclusione che «gli obblighi cui sono tenuti gli agenti [tedeschi] sono identici a quelli imposti ai concessionari [stranieri] e che entrambe le forme di distribuzione sono “integrate” nello stesso modo all’interno dell’organizzazione di vendita di Mercedes‑Benz» e che tali «caratteristiche non rappresentano quindi un criterio adeguato per distinguere un’agente commerciale da un venditore in proprio» (‘considerando’ 165).

115    Le menzionate disposizioni riguardano, segnatamente, gli obblighi di fare tutto il possibile per distribuire le merci, di difendere gli interessi della ricorrente quanto all’uso della ditta e del marchio Mercedes‑Benz e le norme relative all’allestimento di stabilimenti secondari e di locali di esposizione al di fuori dello stabilimento principale. Il Tribunale ritiene che tali disposizioni riguardino essenzialmente aspetti accessori e comuni ad ogni tipo di contratto di concessione e, come sostenuto dalla Commissione stessa, non consentano di distinguere l’agente commerciale dal venditore in proprio.

116    Si deve rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione al ‘considerando’ 165 della decisione controversa, tali disposizioni non sono idonee a dimostrare che i concessionari belgi e spagnoli della Mercedes‑Benz siano integrati nel sistema di vendita della Mercedes‑Benz così strettamente come lo sono gli agenti tedeschi. A tal riguardo il Tribunale rileva che tale conclusione della Commissione è manifestamente erronea e che non tiene conto delle distinzioni fondamentali esistenti tra gli agenti tedeschi e i concessionari belgi e spagnoli con riguardo alla vendita dei veicoli della marca Mercedes‑Benz.

117    Infatti, le disposizioni dei contratti tipo di concessione Mercedes‑Benz in Belgio e in Spagna prevedono, segnatamente, a differenza del contratto di agenzia tedesco, che il concessionario sia responsabile della vendita di veicoli e della conclusione delle vendite. Il concessionario acquista i propri prodotti e li vende ai propri clienti per proprio conto, in nome proprio ed a proprio rischio e pericolo (v. art. 2 del contratto belga e art. 6 del contratto spagnolo). Parimenti, i contratti tipo di concessione Mercedes‑Benz in Belgio e in Spagna prevedono che la Mercedes‑Benz e i suoi concessionari conservino la rispettiva indipendenza. Il concessionario non è un agente o un mandatario della Mercedes‑Benz e le parti non possono impegnarsi l’una nei confronti dell’altra (v. art. 2 del contratto belga e art. 6 del contratto spagnolo). Inoltre, i concessionari belgi e spagnoli devono mantenere in permanenza uno stock di veicoli nuovi – oltre ai veicoli cosiddetti di dimostrazione – destinati ad essere esposti nei loro locali e ad essere forniti ai loro clienti [art. 8 del contratto belga e art. 15, lett. a), del contratto spagnolo]. Si deve rilevare che, al pari del contratto di agenzia tedesco, le condizioni di vendita sono allegate ai contratti belga e spagnolo; in questi ultimi, peraltro, si tratta delle condizioni relative alla vendita degli autoveicoli dal parte del gruppo Mercedes‑Benz ai concessionari (art. 12 del contratto belga e art. 8 del contratto spagnolo).

118    Conseguentemente, il Tribunale considera che, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, questi elementi sottolineano la distinzione rilevante tra, da un lato, il ruolo dell’agente tedesco integrato nell’impresa committente Mercedes‑Benz e, dall’altro, quello del concessionario indipendente in Belgio e in Spagna. Si deve ricordare che il mercato di cui trattasi nella specie è quello della vendita al dettaglio di autoveicoli Mercedes. Il concessionario indipendente è in grado di determinare o, quantomeno, di incidere sulle condizioni alle quali le vendite vengono effettuate, ragion per cui egli è il venditore sul quale grava il rischio principale connesso al prezzo del veicolo e che detiene uno stock di veicoli. Tale autonomia commerciale del concessionario che si frappone tra il produttore e il cliente espone il concessionario stesso al rischio dell’applicazione dell’art. 81 CE per quanto attiene ai suoi rapporti con il produttore. Infatti, il ruolo e lo status dell’agente tedesco Mercedes‑Benz nella specie sono del tutto differenti.

119    Ne consegue che la sussistenza di un accordo tra imprese ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE non è stata sufficientemente dimostrata.

120    Il primo motivo dev’essere pertanto ritenuto fondato.

 Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’art. 81 CE e del regolamento n. 1475/95 con riguardo alla prima e alla terza misura accertate dalla Commissione nella decisione controversa

121    Il secondo motivo si articola su due capi. In primo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione non abbia provato, nella decisione controversa, che la Mercedes‑Benz abbia concluso accordi con i propri agenti commerciali in Germania, impedendo a questi ultimi, in violazione dell’art. 81, n. 1, CE, di vendere veicoli ad utilizzatori finali stranieri. La ricorrente ritiene che le istruzioni date agli agenti non riguardino altro che le vendite ai rivenditori non autorizzati, ragion per cui esse sarebbero esentate in forza dell’art. 3, n. 10, del regolamento n. 1475/95. In secondo luogo, la ricorrente deduce che le restrizioni delle forniture alle società di leasing in Spagna e in Germania non costituiscono restrizioni alla concorrenza ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE e sono, in ogni caso, esentate ai sensi del regolamento n. 1475/95.

122    Dalle conclusioni del Tribunale relative al primo motivo di ricorso emerge che i contratti di agenzia commerciale conclusi dalla Mercedes‑Benz con i propri agenti in Germania non sono soggetti al divieto di accordi ex art. 81, n. 1, CE. Conseguentemente, le eventuali istruzioni date dalla Mercedes‑Benz ai propri agenti in Germania di non vendere a clienti ubicati al di fuori delle rispettive aree contrattuali e le pretese restrizioni alle forniture nei confronti delle società di leasing in Germania non ricadono nella sfera di applicazione dell’art. 81, n. 1, CE. Ne consegue che non è necessario esaminare il primo capo del presente motivo né il secondo capo nella parte in cui riguarda gli obblighi gravanti sugli agenti tedeschi relativi alla promozione di vendite di veicoli nuovi a società di leasing.

 Argomenti delle parti

123    La ricorrente sostiene che è erronea l’affermazione della Commissione contenuta nella decisione controversa, secondo cui le restrizioni alle forniture nei confronti delle società di leasing in Spagna «a fini di scorta» sarebbero dirette a limitare la concorrenza. La ricorrente deduce che le clausole dei contratti di concessione spagnoli non sono in contrasto con l’art. 81, n. 1, CE per vari ordini di motivi. In primo luogo, per quanto attiene alle agevolazioni di prezzo o agli sconti, la ricorrente ritiene che le società di leasing del gruppo Mercedes‑Benz e quelle estranee al gruppo vengano trattate in termini strettamente identici. Infatti, le società di leasing del gruppo Mercedes‑Benz non otterrebbero condizioni di acquisto diverse da quelle concesse ai clienti finali. Inoltre, sarebbe inesatto che i grossi clienti abbiano automaticamente diritto a sconti sul prezzo. A parere della ricorrente, è la Mercedes‑Benz che decide la concessione di agevolazioni ai clienti importanti, e le eventuali disparità di trattamento delle società di leasing e dei «grossi clienti» non risultano da accordi diretti a restringere la concorrenza. Inoltre, la decisione di concedere o negare agevolazioni di prezzo a una determinata categoria di clienti costituirebbe un atto unilaterale e non un accordo ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE. In secondo luogo, a parere della ricorrente, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione nella decisione controversa, il divieto di vendere a società di leasing terze «a fini di scorta» non è diretto a limitare la concorrenza. In realtà, la fornitura di una vettura al locatario di un contratto di leasing non sarebbe più rapida, in quanto i clienti della Mercedes‑Benz desiderano, di regola, un modello da essi scelto ed equipaggiato secondo i loro propri desideri. Essa aggiunge che le tabelle riportate ai ‘considerando’ 14 e 22 della decisione controversa evidenziano come le società di leasing terze siano in concorrenza con le società della ricorrente medesima. Essa rileva parimenti che la quota di mercato delle società terze nel settore del leasing di veicoli Mercedes‑Benz è passata dal 28% nel 1996 al 36% nel 2000.

124    La ricorrente sostiene che, anche ammesso che si sia verificata una violazione dell’art. 81, n. 1, CE, questa ricadrebbe in ogni caso nell’esenzione. A suo parere, per il periodo compreso sino al 30 settembre 1996, il divieto di cui trattasi sarebbe esentato ai sensi del regolamento (CEE) della Commissione 12 dicembre 1984, n. 123/85, relativo all’applicazione dell’art. [81], paragrafo 3, [CE] a categorie di accordi per la distribuzione di autoveicoli e il servizio di assistenza alla clientela (GU 1985, L 15, pag. 16).

125    La ricorrente sostiene parimenti che il divieto di fornire veicoli a società di leasing ai fini della costituzione di scorte sarebbe esentato dal regolamento n. 1475/95 a decorrere dal 1° ottobre 1996, data di entrata in vigore del detto regolamento. A suo parere, le società di leasing che ordinano autoveicoli ai fini della costituzione di scorte, indipendentemente dai contratti di leasing già conclusi o effettivamente in via di stipulazione, agiscono, in pratica, come rivenditori nel momento in cui cedono in leasing i veicoli medesimi.

126    Il regolamento n. 1475/95 si applicherebbe, ai termini dell’art. 1, ai contratti di concessione commerciale di autoveicoli in cui la funzione del concessionario è descritta con riferimento alla «rivendita». Il termine «rivendita» sarebbe definito all’art. 10, n. 12, del regolamento medesimo quale «operazione mediante la quale [il rivenditore] aliena (…) un autoveicolo che aveva precedentemente acquistato in nome e per conto proprio». Il regolamento n. 1475/95 opererebbe una distinzione tra i rivenditori e i consumatori finali. La ricorrente aggiunge che, ai termini dell’art. 3, n. 10, del detto regolamento, può essere vietato al distributore di fornire prodotti a rivenditori. Tale divieto sarebbe diretto a proteggere il sistema di distribuzione selettiva.

127    La ricorrente sostiene che, sebbene l’art. 10, n. 12, del regolamento n. 1475/95 equipari ad una rivendita il contratto stipulato tra la società di leasing che ha acquistato l’autoveicolo da un membro della rete di distribuzione e un utilizzatore qualora «preveda il trasferimento della proprietà o l’opzione di acquisto», il detto regolamento non contiene alcuna indicazione che consenta di stabilire se le società di leasing che non abbiano ancora concluso un contratto effettivo con un terzo concernente il veicolo interessato debbano essere qualificate come «rivenditori» o «consumatori finali». Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, sarebbe assurdo interpretare l’art. 10, n. 12, del regolamento n. 1475/95 nel senso che potrebbe essere qualificato come «rivendita» unicamente il contratto di leasing che contenga un’opzione di acquisto a favore del locatario prima della scadenza del contratto. A parere della ricorrente, la disposizione è piuttosto diretta ad assimilare il contratto di leasing alla rivendita qualora venga disposta a favore del locatario un’opzione di acquisto sin dalla conclusione del contratto ovvero nel corso della sua esecuzione. La ricorrente rileva che l’art. 10, n. 12, del detto regolamento riguarda tutti i contratti di leasing che prevedano un trasferimento di proprietà o un’opzione di acquisto.

128    Inoltre, tale disposizione produrrebbe conseguenze del tutto differenti nei singoli Stati membri a seconda della forma contrattuale assunta di regola dal leasing di autoveicoli in ogni singolo paese. Infatti, secondo il diritto spagnolo, i contratti di leasing non potrebbero essere conclusi senza opzione di acquisto alla scadenza del contratto. Conseguentemente, un’impresa spagnola di leasing costituirebbe pur sempre un «rivenditore».

129    La ricorrente precisa che, ai sensi della legge spagnola 29 luglio 1988, n. 26/1988, relativa alla disciplina e al controllo degli istituti di credito (in prosieguo: la «legge n. 26/1988»), un contratto di leasing presuppone, per definizione, la predisposizione di un’opzione di acquisto a favore del locatario. In assenza di tale opzione di acquisto, il contratto verrebbe qualificato come contratto di locazione. Orbene, alle società di leasing sarebbe fatto divieto di concludere contratti di locazione per ragioni di vigilanza amministrativa. Conseguentemente, in Spagna le società di leasing si limiterebbero a realizzare vere operazioni di leasing, che prevedono un opzione di acquisto a favore del locatario. In tal modo, tutti i contratti di leasing conclusi nel detto paese risponderebbero ai requisiti di cui all’art. 10, n. 12, secondo periodo, del regolamento n. 1475/95 e dovrebbero essere qualificati come operazioni di rivendita.

130    La ricorrente ritiene che, qualora la destinazione effettiva dell’autoveicolo non sia accertata, essa debba «quantomeno disporre della possibilità di proteggere il sistema di distribuzione selettiva contro rivendite non autorizzate che non sono quindi più controllabili o accertabili».

131    A parere della ricorrente, le società di leasing, qualora potessero operare sul mercato, al di là della loro funzione di finanziamento, quali commercianti indipendenti, avrebbero la possibilità di disporre rapidamente dei vari modelli di autovetture e di agevolazioni commerciali considerevoli in considerazione del volume dei loro acquisti, senza obbligo di effettuare investimenti e spese di entità notevole per rispondere alle esigenze del servizio di assistenza e di farsi carico degli interventi di assistenza e di garanzia per le vetture vendute. La costituzione di stock da parte delle società di leasing non garantirebbe il livello di qualità del sistema di distribuzione selettiva, il quale consente che i veicoli nuovi vengano stoccati in condizioni tecnicamente irreprensibili e vengano consegnati ai clienti solamente a seguito di un esame effettuato da parte di specialisti. Secondo la ricorrente, il rispetto di tale livello di qualità è indispensabile per garantire la reputazione della marca Mercedes‑Benz.

132    La ricorrente ritiene che le restrizioni alle forniture destinate agli stock delle società di leasing abbiano lo scopo di impedire l’elusione del divieto di fornitura ai rivenditori e che in tal senso la Commissione abbia d’altronde definito l’obiettivo del regolamento n. 1475/95. Essa aggiunge che la Commissione, laddove abbia ritenuto che le restrizioni a tali forniture non ricadessero nell’esenzione prevista dal regolamento n. 1475/95, ignora i principi elaborati dalla Corte con riguardo al regolamento n. 123/85 nella sentenza Volkswagen e VAG Leasing, citata supra al punto 41, nonché la sentenza 24 ottobre 1995, causa C‑70/93, Bayerische Motorenwerke (Racc. pag. I‑3439). La ricorrente deduce che, secondo tale giurisprudenza, le società di leasing devono essere considerate quali rivenditori qualora non si limitino all’acquisto di veicoli per soddisfare la domanda dei propri clienti, bensì costituiscano scorte «che esse offrono ad una clientela attirata a tal fine».

133    La Commissione contesta l’argomento della ricorrente secondo cui le dette misure non sarebbero restrittive della concorrenza.

134    A suo parere, la ricorrente intendeva impedire che gli intermediari realizzassero vendite di maggior ampiezza, corrispondente al volume della domanda delle società di leasing, ripercuotendo quindi in modo pianificato sulle società medesime, che sono in concorrenza con le società di leasing Mercedes‑Benz, le economie di scala che accompagnano normalmente l’acquisto di grandi volumi di veicoli.

135    La Commissione contesta l’analisi del regolamento n. 1475/95 effettuata dalla ricorrente, sulla base del rilievo che tale regolamento non esenterebbe il divieto di forniture alle società di leasing ai fini della costituzione di stock o di riserve. A suo parere, il detto regolamento autorizza il costruttore a vietare ai propri concessionari di vendere autoveicoli nuovi a rivenditori non appartenenti alla sua rete di distribuzione, senza perdere il beneficio dell’esenzione. L’art. 10, n. 12, del regolamento medesimo preciserebbe le circostanze in presenza delle quali la conclusione del contratto di leasing dev’essere qualificata come rivendita. Ciò avverrebbe nel caso in cui il contratto «preveda il trasferimento della proprietà o l’opzione di acquisto prima della scadenza del contratto». In tutti gli altri casi, la società di leasing dovrebbe essere considerata quale consumatore finale e sarebbe proibito il divieto di limitare le vendite a favore delle società medesime. Conseguentemente, la Commissione ritiene che l’interpretazione dell’art. 10, n. 12, del regolamento n. 1475/95, sostenuta dalla ricorrente, sia troppo estensiva. A tal riguardo essa deduce che le clausole di cui trattasi, contenute nei contratti di concessione spagnoli, non distinguono a seconda che il contratto utilizzato dalla società di leasing preveda la possibilità di acquisto del veicolo anteriormente o successivamente alla scadenza del contratto (‘considerando’ 110 della decisione controversa), bensì vietano le forniture alle società di leasing indipendentemente da tale fattore, qualora l’ordinativo sia diretto alla costituzione di scorte. Orbene, tale tipo di ordinativo non trasformerebbe la società di leasing in rivenditore.

136    A parere della Commissione, il rischio che società di leasing vendano vetture provenienti direttamente dalle loro scorte o anteriormente alla scadenza del contratto ai clienti interessati potrebbe essere eliminato mediante disposizioni contrattuali idonee e non autorizza la ricorrente a vietare le forniture alle società medesime qualora le vetture siano destinate alla costituzione di scorte.

137    L’art. 10, n. 12, del regolamento n. 1475/95 sarebbe diretto ad impedire l’elusione del divieto di forniture ai rivenditori che cedano veicoli nuovi. Tale disposizione riconoscerebbe l’esistenza di un’elusione in tutti i casi in cui il contratto di leasing preveda a favore del locatario il diritto di acquisto della proprietà del veicolo oggetto del contratto anteriormente alla scadenza del contratto medesimo. Orbene, la sussistenza di tale elusione dipenderebbe dal momento in cui la proprietà del veicolo viene considerata trasferita o trasferibile al locatario, e non dal momento in cui il locatario ottenga l’opzione di acquisto alla fine del contratto. La Commissione aggiunge che le sentenze Volkswagen e VAG Leasing, citata supra al punto 41, e Bayerische Motorenwerke, citata supra al punto 132, riguardano la situazione giuridica creatasi per effetto del regolamento n. 123/85, che non conteneva alcuna norma che disciplinasse espressamente i contratti di leasing. Essa precisa che tale lacuna è stata colmata dal regolamento n. 1475/95, ai termini del quale sussiste una rivendita solamente qualora il locatario possa acquisire la proprietà del veicolo anteriormente alla scadenza del contratto di leasing per effetto dell’opzione di acquisto.

 Giudizio del Tribunale

138    Il Tribunale rileva che, nella decisione controversa, ha Commissione ha accertato, segnatamente, che, nel periodo compreso tra il 1° ottobre 1996 sino all’adozione della decisione medesima, la ricorrente aveva ristretto, direttamente ovvero per mezzo della MBE, le forniture di vetture alle società di leasing in Spagna dirette alla costituzione di scorte e che tale restrizione non ricadeva nell’esenzione prevista dal regolamento n. 1475/95.

139    Nell’ambito del secondo capo del presente motivo, la ricorrente sostiene, da un lato, che l’art. 4, lett. d), del contratto di concessione spagnola non è in contrasto con l’art. 81, n. 1, CE e, dall’altro, che, in ogni caso, il divieto di fornire vetture alle società di leasing in Spagna ai fini della costituzione di stock ricade nell’esenzione di cui al regolamento n. 1475/95.

140    A tal riguardo, nel ‘considerando’ 196 della decisione controversa, la Commissione afferma che «la limitazione delle forniture a società di leasing indipendenti va a scapito delle società di leasing che intendono acquistare un numero maggiore di veicoli o intere scorte di veicoli da destinare al leasing, per i quali non hanno ancora trovato un cliente in particolare». Nel ‘considerando’ 176 essa rileva, segnatamente, che le disposizioni relative all’attività di leasing degli agenti e concessionari mirano a restringere la concorrenza sui prezzi e le condizioni di vendita per i veicoli destinati alla locazione finanziaria. Richiamandosi ad una costante giurisprudenza, la Commissione rileva che è superfluo prendere in considerazione gli effetti delle misure controverse, essendo sufficiente, ai fini dell’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, che tali misure siano dirette a restringere la concorrenza (‘considerando’ 178).

141    Il Tribunale osserva, anzitutto, che, nella decisione controversa, la Commissione non distingue tra il mercato tedesco ed il mercato spagnolo per quanto attiene alla pretese restrizioni alle forniture alle società di leasing. Essa presume, infatti, che l’art. 4, lett. d), del contratto di concessione spagnolo implichi le stesse restrizioni alla concorrenza dell’art. 2, primo comma, lett. d), del contratto concluso con gli agenti tedeschi (v., in particolare, i ‘considerando’ 105‑111 e 176).

142    Orbene, dagli argomenti dedotti dalla ricorrente nell’ambito del secondo capo del presente motivo emerge che, a differenza della situazione esistente in Germania, i rapporti contrattuali in materia di leasing in Spagna sono disciplinati da una legge specifica, vale a dire la legge n. 26/1988.

143    Occorre rammentare che la disposizione aggiuntiva n. 7 della legge n. 26/1988 così recita:

«1. Sono considerati quali operazioni di locazione finanziaria i contratti che abbiano ad oggetto esclusivo la cessione dell’utilizzazione di beni mobili o immobili, acquistati a tal fine secondo le specifiche del futuro utente, dietro corrispettivo consistente nel periodico versamento di canoni di cui al n. 2 della presente disposizione. L’utente può destinare i beni oggetto della cessione unicamente alle proprie aziende agricole, alieutiche, industriali, commerciali, artigianali, di servizi o di attività professionali. Il contratto di locazione finanziaria prevede necessariamente, alla sua scadenza, l’opzione di acquisto a favore dell’utente.

Qualora, per qualsivoglia ragione, l’utente non pervenga ad acquistare il bene oggetto del contratto, il locatore può cederlo ad un nuovo utente, senza che la circostanza che il bene non sia stato acquistato conformemente alle specifiche del nuovo utente pregiudichi il principio fissato nel comma precedente.

2. I contratti ai quali fa riferimento la presente disposizione hanno durata minima di due anni qualora abbiano ad oggetto beni mobili e di dieci anni qualora abbiano ad oggetto beni immobili o stabilimenti industriali. Tuttavia, al fine di evitare abusi, il governo può fissare altri termini minimi di durata dei contratti in considerazione delle caratteristiche dei singoli beni oggetto dei contratti medesimi».

144    Con effetto a decorrere dal 1° gennaio 1996, il n. 2 della disposizione aggiuntiva n. 7 della legge n. 26/1988 è stato sostituito dall’art. 128, n. 2, della legge 27 dicembre 1995, n. 43/1995, relativa all’imposta sulle società (BOE 28 dicembre 1995, n. 310, pag. 37072), che così recita:

«2. I contratti ai quali fa riferimento il comma precedente hanno durata minima di due anni qualora abbiano ad oggetti beni mobili e di dieci anni qualora abbiano ad oggetto beni immobili o stabilimenti industriali. Tuttavia, al fine di evitare abusi, altri termini minimi di durata dei contratti possono essere stabiliti mediante regolamento in considerazione delle caratteristiche dei singoli beni oggetto dei contratti medesimi».

145    Da tali disposizioni emerge che i contratti di locazione finanziaria conclusi in Spagna sono soggetti a talune condizioni specifiche, segnatamente:

–        devono avere una durata minima di due anni laddove riguardino beni mobili, ivi compresi gli autoveicoli;

–        devono necessariamente prevedere un’opzione d’acquisto a favore del locatario;

–        i beni mobili, ivi compresi gli autoveicoli, che costituiscano oggetto dei contratti di locazione finanziaria sono acquistati a tal fine dalla società di leasing secondo le specifiche del locatario.

146    Ne consegue che la legge spagnola che disciplina i contratti di leasing impone che ogni società di leasing spagnola disponga già, al momento dell’acquisto del veicolo, di un locatario già determinato ai fini della conclusione del contratto di leasing.

147    Conseguentemente, la presunzione implicita operata dalla Commissione in ordine agli identici effetti delle clausole contenute nei contratti di concessione tedesco e spagnolo non è fondata, il che implica due conseguenze nell’ambito del presente motivo.

148    In primo luogo, qualsiasi contratto di leasing concluso in Spagna deve prevedere la durata minima di due anni e l’opzione di acquisto può essere esercitata solamente alla scadenza del contratto. L’opzione di acquisto è quindi esercitabile solamente trascorso un periodo minimo di due anni. Ne consegue che il locatario del contratto di leasing in Spagna non può ottenere, esercitando l’opzione di acquisto, la cessione di un veicolo nuovo.

149    A tal riguardo si deve rammentare che il regolamento n. 1475/95 esentava dall’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE gli accordi con cui una parte (il fornitore) si impegnava nei confronti dell’altra (il distributore) a fornire, nell’ambito di un territorio definito del mercato comune, solamente alla controparte medesima ovvero alla controparte medesima e ad un numero determinato di imprese della rete di distribuzione, ai fini della rivendita, determinati autoveicoli nuovi e, in connessione con i medesimi, i relativi pezzi di ricambio (art. 1).

150    Ai termini dell’art. 3, n. 10, del regolamento n. 1475/95, l’esenzione si applicava parimenti qualora l’impegno summenzionato fosse connesso all’impegno del distributore di non fornire prodotti contrattuali ad un rivenditore, salvo nel caso in cui tale rivenditore fosse un’impresa appartenente alla rete di distribuzione. Il termine «rivendita» era definito all’art. 10, n. 12, del detto regolamento quale «l’operazione mediante la quale una persona fisica o giuridica – «il rivenditore» – aliena allo stato nuovo un autoveicolo che aveva precedentemente acquistato in proprio nome e per proprio conto, quali che siano la qualificazione giuridica sotto il profilo del diritto civile e le modalità dell’operazione con cui viene effettuata la rivendita». La disposizione medesima equiparava alla rivendita «qualsiasi contratto di locazione finanziaria che preveda il trasferimento della proprietà o l’opzione di acquisto prima della scadenza del contratto».

151    Il detto regolamento consentiva, in particolare, ad un fornitore, nell’ambito degli accordi posti a disciplina della propria rete di distribuzione esclusiva, di imporre ai distributori il divieto di forniture ad un acquirente che fosse un rivenditore ai sensi dell’art. 10, n. 12, del regolamento medesimo, ivi compreso un acquirente assimilato ad un rivenditore, per il fatto di cedere veicoli nuovi nell’ambito di contratti di leasing quali definiti dalla disposizione medesima.

152    A tal riguardo si deve rilevare che dall’art. 4, lett. d), del contratto di concessione spagnolo risulta chiaramente che il divieto imposto ai concessionari non riguardava tutte le forniture a società di leasing esterne al gruppo Mercedes‑Benz, bensì solamente quelle per le quali le dette società non disponessero di un cliente già determinato.

153    Orbene, dalla definizione del termine «rivendita» di cui all’art. 10, n. 12, del regolamento n. 1475/95 emerge che la possibilità per un fornitore di vietare ai distributori di effettuare forniture a persone fisiche o giuridiche assimilate a «rivenditori» si limita all’ipotesi in cui questi ultimi cedano autoveicoli nuovi. Tale assimilazione alla rivendita del contratto di leasing è diretta a consentire al fornitore di assicurare l’integrità della rete di distribuzione, evitando che un contratto di leasing che implichi il trasferimento della proprietà o un’opzione di acquisto anteriormente alla scadenza del contratto venga utilizzato per facilitare l’acquisizione, al di fuori della rete di distribuzione esclusiva, della proprietà di un veicolo, qualora si tratti comunque di un veicolo nuovo.

154    Ne consegue che, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, dalla legge n. 26/1988 non risulta che qualsiasi contratto di locazione finanziaria spagnola soddisfi automaticamente i requisiti di esenzione previsti dall’art. 2, n. 10, del regolamento n. 1475/95.

155    Alla luce delle suesposte considerazioni, l’argomento della ricorrente relativo all’applicazione delle disposizioni di esenzione del regolamento n. 1475/95 è infondato.

156    In secondo luogo, in considerazione del fatto che la legge spagnola impone che ogni società di leasing debba già disporre, al momento dell’acquisto del veicolo, di un locatario determinato, le restrizioni individuate dalla Commissione nel ‘considerando’ 176 della decisione controversa risultano quindi già dalla normativa pertinente, indipendentemente dall’art. 4, lett. d), del contratto di concessione spagnolo. In altri termini, già per effetto di tale sola normativa, le società esterne al gruppo Mercedes‑Benz si trovano nella stessa situazione di quelle appartenenti al gruppo medesimo. Ne consegue che è fondato l’argomento della ricorrente secondo cui le restrizioni alle forniture nei confronti delle società di leasing in Spagna non costituirebbero restrizioni della concorrenza ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE.

157    Conseguentemente, l’art. 1, terzo trattino, della decisione controversa, nella parte in cui fa riferimento alla pretesa infrazione commessa in Spagna, dev’essere annullato.

 Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell’art. 81, n. 1, CE e ad un manifesto errore di valutazione della seconda e della quarta misura accertate dalla Commissione nella decisione controversa

158    Il terzo motivo si articola su due capi. In primo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione non avrebbe provato l’esistenza di un accordo concluso con i propri agenti tedeschi con riguardo alla richiesta di un acconto ai clienti di passaggio in misura del 15% del prezzo di vendita del veicolo. La ricorrente ritiene parimenti che, in ogni caso, tale acconto fosse oggettivamente giustificato e che legittimamente potesse pretendere dai propri agenti di effettuare tale richiesta. In secondo luogo, secondo la ricorrente, la Commissione ha erroneamente ritenuto, nella decisione controversa, che la riunione del 20 aprile 1995 dei nove membri dell’associazione dei concessionari Mercedes‑Benz del Belgio con la direzione della MBBel dimostrasse la sussistenza di un accordo tra i medesimi diretto a restringere la concorrenza sui prezzi in Belgio.

159    Dai rilievi svolti dal Tribunale con riguardo al primo motivo emerge che l’art. 81, n. 1, CE non si applica all’ordine impartito dalla Mercedes‑Benz ai propri agenti tedeschi con la circolare del 12 settembre 1985, n. 52/85, di esigere dai rispettivi clienti di passaggio stranieri un acconto in misura del 15% del prezzo del veicolo. Ne consegue che non è necessario esaminare il primo capo del presente motivo.

 Argomenti delle parti

160    La ricorrente deduce che la Commissione ha erroneamente ritenuto, nella decisione controversa, che la riunione del 20 aprile 1995 dei nove membri dell’associazione dei concessionari Mercedes‑Benz del Belgio con la direzione della MBBel dimostrasse la sussistenza di un accordo tra l’associazione medesima e la MBBel diretto a restringere la concorrenza sui prezzi belgi. L’associazione dei concessionari belgi non potrebbe prendere alcuna decisione vincolante nei confronti dei propri membri, bensì formulerebbe unicamente raccomandazioni. Inoltre, a parere della ricorrente, l’intervento, in occasione della detta riunione, di un concessionario, il sig. Kalscheuer, secondo cui «i rapporti tra concessionari sarebbero migliorati grazie all’azione contro le svendite», evidenzia che la misura di cui trattasi era stata già decisa dai concessionari.

161    La ricorrente non contesta che la MBBel abbia partecipato alla riunione del 20 aprile 1995 e che, di propria iniziativa, l’associazione dei concessionari belgi abbia proposto di fissare il tasso di sconti commerciali ad un massimo del 3% per la nuova serie W 210. Tuttavia, la ricorrente deduce che la MBBel non partecipò né orizzontalmente né verticalmente ad un accordo di fissazione dei prezzi di vendita e che la MBBel non prese alcuna misura di attuazione di tale proposta, che essa non aveva nemmeno approvato. Per contro, la MBBel si sarebbe sempre opposta a proposte di tal genere. Essa sarebbe stata presente solamente in qualità di osservatore ed importatore. Infatti, non sarebbe riportato alcun intervento orale di un rappresentante della MBBel. Il fatto che la MBBel fosse l’unico soggetto capace di attuare le riduzioni di forniture di veicoli non proverebbe che essa abbia effettivamente assunto tale comportamento.

162    A tal riguardo la ricorrente contesta che la MMBel rappresentasse gli interessi delle filiali in occasione delle detta riunione e fa presente che, all’epoca, queste non erano ancora membri attivi dell’associazione. Tuttavia, secondo la ricorrente, non è evidente che le filiali potessero avere interesse a limitare il tasso degli sconti commerciali. Ciò sarebbe dimostrato dal fatto che il concessionario Goossens, come risulta dal verbale dell’associazione, ha contestato alle succursali di aver praticato la «vendita a prezzo vile». Inoltre, ad avviso della ricorrente, la censura contenuta nella decisione controversa relativa ad una restrizione orizzontale (v. ‘considerando’ 141), che non è stata ripresa nella comunicazione degli addebiti, non avrebbe dovuto essere quindi presa in considerazione. Per quanto attiene all’argomento della Commissione esposto al successivo punto 177, la ricorrente ritiene che la Commissione abbia proceduto ad una citazione selettiva della propria comunicazione degli addebiti (v. punto 186 della comunicazione medesima). Essa rileva, inoltre, che l’azione «contro le svendite» posta in essere prima del 20 aprile 1995 non poteva essere qualificata come «accordo orizzontale» se non laddove fosse stata decisa tra concessionari. Se, al punto 168 della comunicazione degli addebiti, la Commissione ha dichiarato che la MBBel prese parte a tale azione contro le svendite, nulla proverebbe che la MBBel vi abbia partecipato quale concorrente dei concessionari.

163    La ricorrente contesta parimenti che la lettera del 17 ottobre 1995, inviata dalla MBBel alla Mercedes‑Benz (‘considerando’ 119 della decisione controversa), provi l’interesse della MBBel per una moderazione degli sconti sui prezzi praticati dai concessionari belgi. Infatti, la MBBel avrebbe indicato i prezzi di listino medi e non i prezzi di vendita effettivamente fatturati dai concessionari. Essa contesta, inoltre, che la lettera della MBBel del marzo 1996, con cui veniva richiamato all’ordine un concessionario belga di Charleroi che si era falsamente presentato ad un cliente come rappresentante di un concessionario di Namur, costituisca prova del fatto che la MBBel disapprovasse la riduzione «del 6%» concessa per una W 210.

164    A parere della ricorrente, le affermazioni della Commissione relative alla partecipazione della MBBel sono contraddittorie, nel senso che essa sostiene al tempo stesso che la MBBel «era disposta a sostenere attivamente» una limitazione degli sconti sui prezzi (‘considerando’ 115 della decisione controversa) e che la MBBel avrebbe «condiviso» tale limitazione (‘considerando’ 120). Nel prosieguo la Commissione riconoscerebbe che la riunione del 20 aprile 1995 costituiva il risultato di una determinata iniziativa da parte dei concessionari, precisando tuttavia che la MBBel avrebbe chiaramente assunto la guida in occasione della riunione (‘considerando’ 233 della decisione controversa).

165    La ricorrente deduce che la circostanza che la Mercedes‑Benz abbia occasionalmente verificato che i concessionari adempissero integralmente i loro compiti di intermediazione, presentando loro falsi clienti, non avrebbe alcun nesso con la pretesa fissazione dei prezzi finali. Essa sostiene che tali visite, alle quali altre case automobilistiche farebbero parimenti ricorso, erano perfettamente legittime, atteso che i concessionari si impegnano, nel rispettivo contratto di concessione commerciale, a collocarsi sul mercato in una posizione di elevata qualità. Inoltre, la ricorrente sostiene che le pratiche dei concessionari in materia di prezzi costituivano solamente uno dei molteplici aspetti presi in considerazione nell’ambito di tale valutazione.

166    La ricorrente contesta l’esistenza di un nesso tra la riunione del 20 aprile 1995 e quella svoltasi ad Anversa il 27 marzo 1996 (v. ‘considerando’ 117 della decisione controversa). Infatti, nel verbale della riunione del 20 aprile 1995 si parlerebbe di sorvegliare le vendite sino alla «fine [dell’anno] 1995» e le visite menzionate nel verbale della riunione del 27 marzo 1996 avrebbero avuto manifestamente luogo sino al 1996.

167    La ricorrente contesta che il telefax della MBBel del 26 novembre 1996, con cui incaricava la società Tokata di inviare visitatori presso taluni concessionari e agenti della ricorrente stessa, consentisse alla MBBel di indagare sugli sconti praticati sui modelli di autoveicoli station‑Wagon 220 D e 250 TD della classe C. Essa rammenta che le informazioni raccolte erano anonime e che non vi era possibilità di prendere misure nei confronti di concessionari specifici, che si trattava di un’indagine specifica vertente su tutti i servizi prestati alla clientela e non solo sugli sconti di prezzo e che si trattava sì di visite ai concessionari, bensì parimenti a tredici importatori paralleli. Conseguentemente, laddove tale processo abbia avuto luogo, non può ritenersi che si trattasse di imporre ai concessionari i prezzi di listino. Inoltre, il telefax non conterrebbe alcuna indicazione secondo cui gli interessati avrebbero preferito uno sconto massimo del 3%. La ricorrente aggiunge che il verbale della riunione del 20 aprile 1995 riguardava serie di veicoli diverse da quelle oggetto del telefax della MBBel del 26 novembre 1996 alla società Tokata.

168    La ricorrente contesta che la pretesa fissazione del prezzo di vendita in Belgio abbia influenzato sensibilmente il commercio all’interno del relativo Stato membro. Essa rileva che, qualora dovesse ritenersi che vi sia effettivamente stato un accordo sugli sconti commerciali, tale accordo riguarderebbe unicamente le vendite effettuate in Belgio. Il volume delle vendite transfrontaliere non ne avrebbe risentito. Inoltre, la ricorrente contesta che la pretesa violazione sia perdurata dal 20 aprile 1995 sino alla circolare del 20 giugno 1999. A suo parere, la Commissione non ha precisato se l’infrazione sia stata sempre commessa con la stessa intensità. A parere della ricorrente, l’azione «contro le svendite», evocata nel verbale della riunione del 20 aprile 1995, era provvisoria, riguardava soltanto il modello W 210 e doveva trovare applicazione unicamente durante la fase di lancio del nuovo modello, vale a dire sino alla fine del 1995. A tal riguardo, dal verbale della riunione del 27 marzo 1996 risulterebbe che i concessionari di Anversa avevano rilevato che non vi era convergenza di opinioni con riguardo agli sconti sui prezzi. Inoltre, gli altri documenti richiamati dalla Commissione non proverebbero che l’azione proposta sia stata reiterata al di là del 1995. Tali documenti farebbero unicamente riferimento alle visite, le quali costituirebbero una prassi abituale i cui risultati non sarebbero stati riferiti ai singoli soggetti, ragion per cui sarebbe stato impossibile disporre qualsivoglia sanzione nei confronti di un qualsiasi concessionario.

169    A parere della ricorrente, non è giustificato imputarle la fissazione dei prezzi di vendita in Belgio.

170    La ricorrente deduce, in limine, che la Commissione si è discostata, nella specie, dalla propria prassi relativa all’irrogazione di ammende ad una società o al gruppo di appartenenza della medesima. La Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione vari elementi, vale a dire l’ampiezza della sfera di autonomia di decisione della controllata, la misura in cui la società madre era a conoscenza delle attività della controllata contrarie alla disciplina in materia di accordi, la partecipazione di tale società all’infrazione, l’influenza effettiva della società madre sulla politica commerciale della controllata nonché l’eventuale identicità della composizione degli organi sociali della società madre e della propria controllata [v. decisione della Commissione 2 dicembre 1986, 87/1/CEE, relativa ad una procedura a norma dell’art. [81] del Trattato CEE (IV/31.128 – Acidi grassi) (GU L 3, pag. 17); decisione della Commissione 23 aprile 1986, 86/398/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell’art. [81] del Trattato CEE (IV/31.149 – Polipropilene) (GU 230, pag. 1); decisione della Commissione 16 dicembre 1985, 85/617/CEE, relativa ad una procedura ai sensi dell’art. [81] del Trattato CEE (IV/30.839 – Sperry New Holland) (GU L 376, pag. 21); decisione della Commissione 23 luglio 1984, 84/388/CEE, relativa ad una procedura di applicazione dell’art. [81] del Trattato CEE (IV/30.988 – Accordi e pratiche concordate nel settore del vetro piatto nel Benelux) (GU L 212, pag. 13); decisione della Commissione 23 dicembre 1977, 78/155/CEE, relativa ad una procedura ai sensi dell’art. [81] del Trattato istitutivo della Comunità economica europea (IV/29.146 – BMW Sa Belgium N.V. e concessionari belgi BMW) (GU L 46, pag. 33)]. La ricorrente precisa che, nel settore automobilistico, le controllate di distribuzione nazionali interessate sono state considerate responsabili qualora l’infrazione abbia potuto essere localizzata nel corrispondente Stato membro [decisione della Commissione 20 settembre 2000, 2001/146/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’art. 81 del Trattato CE (COM/36/653 –Opel) (GU 2001, L 59, pag. 19)].

171    La ricorrente deduce che l’affermazione della Commissione secondo cui essa sarebbe responsabile del comportamento della MBBel in considerazione del fatto che la sua partecipazione si avvicina al 100% non è fondata. A parere della ricorrente, dalla sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C‑286/98 P, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione (Racc. pag. I‑9925, punti 28 e segg.), risulta che una partecipazione del 100% non può essere di per sé sufficiente per fondare la responsabilità della società madre con riguardo alla disciplina in materia di accordi. La Commissione dovrebbe dimostrare alla luce di altri elementi di fatto che anche la ricorrente ha effettivamente esercitato un’influenza sul comportamento della MBBel. La ricorrente nega di essere stata a conoscenza dell’attività della MBBel e di averla attivamente sostenuta. Essa deduce che la Commissione non ha fornito la prova che essa sarebbe stata informata della riunione dell’associazione dei concessionari del 20 aprile 1995. La ricorrente fa presente che, anche qualora la MBBel avesse preso parte all’azione «contro le svendite», ciò sarebbe stato fatto senza l’accordo della ricorrente stessa. Quest’ultima aggiunge, nella replica, che la Commissione erroneamente sostiene che spetterebbe alla ricorrente provare che l’infrazione non sia ad essa imputabile, in quanto la Mercedes‑Benz si è presentata nella fase amministrativa del procedimento quale unico interlocutore della Commissione per l’infrazione commessa sul territorio belga. A parere della ricorrente, la Commissione deve provare che la Mercedes‑Benz sia stata messa al corrente delle pretese misure di fissazione dei prezzi di vendita e che essa le abbia «incoraggiate attivamente».

172    Secondo la Commissione, la MBBel ha partecipato, il 20 aprile 1995, unitamente all’associazione dei concessionari belgi ad un accordo di limitazione degli sconti autorizzati al 3%, il cui mancato rispetto poteva implicare una riduzione della quota di veicoli attribuita. La Commissione ritiene la ricorrente responsabile di tale violazione delle norme in materia di concorrenza, in quanto essa costituirebbe con la MBBel un’unità economica.

173    Secondo la Commissione, non può sussistere il minimo dubbio quanto al fatto che i partecipanti alla riunione del 20 aprile 1995 abbiano adottato le misure «contro le svendite», atteso che, nel verbale della detta riunione, il redattore della medesima, sig. Rauw, ha operato nette distinzioni tra le dichiarazioni, le richieste più o meno ferme, i consigli e le raccomandazioni, nonché le valutazioni, i rilievi e le dichiarazioni di intenti dei partecipanti. Peraltro, il paragrafo relativo al ricorso agli acquisti fittizi, la condotta delle succursali di Bruxelles della MBBel in materia di prezzi nonché il ricorso alla riduzione delle quote in caso di sconti superiori al 3% dimostrerebbero che le discussioni vertevano proprio sull’adozione delle dette misure, e ciò con la partecipazione della MBBel.

174    Inoltre, quanto agli argomenti della ricorrente relativi al fatto che il verbale non menzionerebbe il minimo intervento della MBBel, ragion per cui quest’ultima avrebbe partecipato alla riunione in qualità di importatore e non in qualità di rappresentante delle proprie filiali e che l’associazione dei concessionari non avrebbe avuto il potere necessario per adottare decisioni vincolanti, la Commissione ritiene che essi non siano pertinenti. Essa aggiunge che chiunque partecipi ad una riunione da cui scaturiscano accordi anticoncorrenziali deve esprimere il proprio disaccordo al fine di indicare chiaramente di non essere partecipante all’accordo medesimo. Orbene, il verbale della riunione del 20 aprile 1995 non evidenzierebbe la minima opposizione da parte della MBBel. Quest’ultima avrebbe anzi approvato la limitazione degli sconti al 3%. Diversamente, il sig. Rauw non avrebbe potuto dichiarare che, in caso di superamento di tale limite, la quota di veicoli sarebbe stata ridotta, tenendo presente che solamente la MBBel era in grado di disporre un provvedimento di tal genere.

175    Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente (v. supra, punto 162), la MBBel avrebbe avuto interesse a porre termine all’applicazione di prezzi da svendita. A parere della Commissione, il mantenimento da parte della MBBel di prezzi medi ad un livello elevato non avrebbe avuto alcun senso se i concessionari avessero concesso sconti sempre maggiori, facendo venire meno, in tal modo, la credibilità dei prezzi di listino. Inoltre, la Commissione rileva che la MBBel, in qualità di importatore, non è unicamente fornitrice dei concessionari belgi, il che dà luogo a una relazione di tipo verticale, bensì anche dei consumatori finali, attraverso le proprie filiali Bruxelles, il che crea una relazione di tipo orizzontale, contestata dalla ricorrente, tra la MBBel e i propri concessionari.

176    La Commissione sostiene che il sig. Goossens, appartenente all’associazione dei concessionari belgi, non riteneva evidentemente necessario, per poter accusare le filiali di applicare prezzi da svendita, che alla riunione del 20 aprile 1995 partecipassero parimenti, oltre a vari dirigenti della MBBel, anche rappresentanti delle filiali medesime. È evidente, a parere della Commissione, che la MBBel era considerata non solamente quale fornitore, bensì anche quale concorrente dei concessionari e che essa ha pertanto partecipato all’accordo vertente sulla restrizione degli sconti in tale duplice veste.

177    La Commissione sostiene che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente (v. supra, punto 162), la comunicazione degli addetti non era limitata alla concorrenza verticale. Essa afferma di aver espresso (al punto 222 della comunicazione degli addebiti) che l’azione concertata tra la MBBel e i concessionari per far fronte all’applicazione di prezzi da svendita e controllare gli sconti consentiti con la riduzione delle quote di veicoli in caso di sconti superiori al 3% mirava a restringere la concorrenza sui prezzi in Belgio. La MBBel non sarebbe stata quindi interessata unicamente quale partecipante ad un accordo avente ad oggetto l’applicazione, mediante la riduzione delle quote, di restrizioni concertate sugli sconti, bensì, in termini più generali, quale impresa partecipante ad un accordo diretto a limitare gli sconti, controllare la condotta dei concessionari in materia di sconti e ridurre le quote in caso di sconti superiori al 3%. Inoltre, la Commissione ritiene che la ricorrente non possa considerare nuova la valutazione giuridica della partecipazione della MBBel all’accordo, atteso che, nella comunicazione degli addebiti, essa aveva affermato che la MBBel aveva già partecipato ad un accordo sui prezzi, principalmente orizzontale, anteriormente al 20 aprile 1995, vale a dire all’azione «contro le svendite». La Commissione ricorda che non è obbligatorio che l’accordo sia vincolante, sotto il profilo del diritto civile, per costituire un accordo ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE (sentenza della Corte 11 gennaio 1990, causa C‑277/87, Sandoz Prodotti Farmaceutici/Commissione, Racc. pag. I‑45, punto 13) (v. supra, punto 160).

178    A parere della Commissione, la decisione controversa prova che i concessionari belgi dovevano attendersi gli acquisti fittizi annunciati e che la MBBel nutriva forte interesse a che i concessionari conservassero i prezzi di vendita effettivi al livello più elevato possibile (‘considerando’ 117 e 119 della decisione controversa). Essa contesta l’argomento della ricorrente secondo cui i giudizi individuali sui singoli concessionari sarebbero stati anonimi. Infatti, l’anonimato di tali giudizi non sarebbe stato rispettato già nel verbale della riunione del 27 marzo 1996, in quanto il concessionario Van Steen NV veniva ivi citato di persona. Essa aggiunge che non era necessario che gli sconti individuali che i cinque concessionari controllati erano disposti a concedere venissero dettagliatamente indicati nel verbale, essendo evidente che i singoli concessionari avevano proposto uno sconto superiore al 3% consentito dall’associazione. A suo avviso, le successive pretese differenze di opinione tra i concessionari in ordine all’importo degli sconti sono prive di qualsiasi pertinenza, tanto più che l’accordo controverso li impegnava, segnatamente, nei confronti della MBBel.

179    La Commissione rileva che il mandato conferito alla società Tokata il 26 novembre 1996 evidenzia che il comportamento dei concessionari in materia di sconti svolgeva un ruolo importante nell’ambito degli acquisti fittizi, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, secondo cui costituirebbe solo un singolo aspetto tra i vari altri (v. supra, punto 165). A parere della Commissione, l’effettivo oggetto dell’incarico consisteva nel verificare la reazione dei 47 concessionari belgi a fronte di una richiesta di sconto del 7%.

180    Ad avviso della Commissione, la ricorrente nega qualsiasi relazione tra l’accordo del 20 aprile 1995, da un lato, e, dall’altro, gli acquisti fittizi operati presso cinque concessionari ad Anversa nella primavera del 1996 ed il mandato del novembre 1996 diretto ad effettuare acquisti fittizi presso tutti i concessionari belgi (v. supra, punto 166). La Commissione sostiene che il limite temporale fissato alla fine del 1995 e imposto con l’accordo del 20 aprile 1995 si riferisce unicamente alla sanzione specificamente convenuta, vale a dire la riduzione delle quote, e non alla fissazione del limite massimo degli sconti al 3%. Essa non afferma che gli acquisti fittizi abbiano avuto luogo in applicazione della decisione del 20 aprile 1995, bensì rileva che tali acquisti dimostrano come i concessionari dovessero attendersi azioni di tal genere. La Commissione aggiunge che il 14 marzo 1996 la MBBel ha espresso il proprio malcontento a fronte del fatto che il venditore di un concessionario di Charleroi aveva venduto un veicolo della serie W 210 con uno sconto del 6%.

181    Quanto alla sensibile restrizione del commercio intracomunitario contestata dalla ricorrente (v. supra, punto 168), la Commissione rileva che la creazione e il mantenimento di un’area artificiale di prezzi elevati possono determinare flussi commerciali differenti dai flussi normali. Essa rileva che, secondo la giurisprudenza, pratiche restrittive della concorrenza che si estendono a tutto il territorio di uno Stato membro hanno, per loro stessa natura, l’effetto di consolidare compartimentazioni di carattere nazionale (sentenza Bayerische Motorenwerke, citata supra al punto 31, punto 20; sentenza della Corte 19 febbraio 2002, causa C‑309/99, Wouters e a., Racc. pag. I‑1577, punto 95, e sentenza del Tribunale 6 luglio 2000, causa T‑62/98, Volkswagen/Commissione, Racc. pag. II‑2707, punto 179).

182    La Commissione contesta alla ricorrente di non aver posto termine alla fissazione di prezzi di vendita in Belgio se non con la circolare 10 giugno 1999 (‘considerando’ 223 della decisione controversa). Essa riafferma che la data indicata nel verbale della riunione 20 aprile 1995, vale a dire la fine del 1995, riguardava unicamente la sanzione consistente nella riduzione delle quote e non l’accordo di limitare gli sconti al 3%. Essa rileva che la condotta dei concessionari in materia di sconti è stata controllata anche nel 1996 (‘considerando’ 117 e 118 della decisione controversa). Inoltre, tali controlli non si limitavano minimamente ai veicoli della serie W 210, bensì ricomprendevano anche altre categorie di veicoli, nella specie la classe C. L’effettuazione degli acquisti fittizi diretti principalmente a verificare gli sconti operati dai concessionari, come deciso il 20 aprile 1995, l’estensione dell’azione ad altre serie di veicoli e le critiche formulate con riguardo alla concessione di sconti eccessivi (‘considerando’ 119 della decisione controversa) dimostrerebbero che l’accordo del 20 aprile 1995, dal cui verbale risulterebbe l’esistenza di antecedenti, non avrebbe affatto costituito una misura unica, isolata e transitoria. Nello stesso senso, la Commissione si richiama all’argomento della ricorrente secondo cui l’accordo sui prezzi sarebbe stato diretto a migliorare la redditività dei concessionari. A parere della Commissione, tale obiettivo non poteva essere conseguito con un provvedimento di durata limitata a qualche mese soltanto.

183    La Commissione ritiene infondati gli argomenti della ricorrente esposti supra ai punti 169‑171, riguardanti la sua responsabilità nella specie. Essa rileva che la responsabilità della ricorrente per la condotta della MBBel deriva dal semplice fatto che tale società era controllata pressoché integralmente dalla ricorrente e che, per effetto del rapporto di dipendenza rispetto alla società madre, non poteva attuare una propria politica di distribuzione, costituendo un’unità economica con la ricorrente.

184    La Commissione sostiene, in primo luogo, di non essere tenuta a dimostrare che la società madre dia effettivamente alla propria controllata le istruzioni che questa applichi, qualora – come nella specie – la società madre detenga una partecipazione del 100% nella propria controllata. Essa rileva che dalla sentenza Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, citata supra al punto 171, richiamata dalla ricorrente, emerge che, in un’ipotesi di tal genere, è legittimo presupporre che la società madre eserciti effettivamente un potere determinante sul comportamento della propria controllata, particolarmente nel caso in cui essa si presenti quale solo interlocutore della Commissione con riguardo all’infrazione di cui trattasi. Ciò premesso, spetterebbe alla ricorrente superare tale presunzione sulla base di sufficienti elementi di prova. La Commissione deduce che, nella specie, la ricorrente si è parimenti presentata quale unico interlocutore della Commissione con riguardo all’infrazione commessa sul territorio belga. La ricorrente non avrebbe nemmeno contestato di essere stata in grado di esercitare un potere determinante sul comportamento sul mercato della detta controllata. Essa rileva, infine, che la ricorrente non ha fornito la minima prova che la MBBel avrebbe potuto comportarsi in modo autonomo.

185    La Commissione precisa parimenti che la ricorrente era stata informata delle azione intraprese dalla MBBel per mantenere i prezzi medi ad un livello mediamente elevato (‘considerando’ 119 della decisione controversa).

 Giudizio del Tribunale

186    Si deve rilevare, in limine, che la ricorrente censura il fatto che Commissione ha dedotto per la prima volta nella decisione controversa, per quanto attiene all’infrazione relativa alla determinazione dei prezzi di vendita in Belgio, che la MBBel avrebbe partecipato ad una restrizione orizzontale della concorrenza. Infatti, nella decisione controversa si afferma che «operava sia in qualità di concorrente dei concessionari, ovvero come proprietario di due filiali, sia in qualità di loro fornitore». Inoltre, nella decisione controversa la Commissione ha affermato che proprio tale aspetto verticale costituiva «il fulcro dell’accordo» (‘considerando’ 141).

187    Benché la ricorrente non lo sostenga espressamente, il Tribunale ritiene che tale argomento debba essere interpretato quale censura relativa alla violazione del diritto di difesa.

188    Dal combinato disposto dell’art. 19, n. 1, del regolamento n. 17 e degli artt. 2 e 4 del regolamento della Commissione 25 luglio 1963, n. 99/63/CEE, relativo alle audizioni previste all’art. 19, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 17 del Consiglio (GU 1963, n. 127, pag. 2268), emerge che la Commissione è tenuta a comunicare gli addebiti formulati nei confronti delle imprese e delle associazioni interessate e che, nelle sue decisioni, può muovere solo gli addebiti sui quali le imprese e le associazioni medesime abbiano potuto utilmente esprimere il loro punto di vista con riguardo all’effettività e alla pertinenza dei fatti, degli addebiti e delle circostanze dedotte dalla Commissione (v., in tal senso, sentenze della Corte 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffman‑La Roche, Racc. pag. 461, punto 9, e del Tribunale 18 dicembre 1992, cause riunite da T‑10/92 a T‑12/92 e T‑15/92, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II‑2667, punto 33).

189    Secondo costante giurisprudenza, la comunicazione degli addebiti dev’essere redatta in termini che, per quanto sommari, siano sufficientemente chiari per consentire agli interessati di prendere atto dei comportamenti di cui la Commissione fa loro carico. Solo a questa condizione, infatti, la comunicazione degli addebiti può assolvere la funzione ad essa attribuita dai regolamenti comunitari e consistente nel fornire alle imprese tutti gli elementi necessari per provvedere utilmente alla propria difesa prima che la Commissione adotti una decisione definitiva (v., segnatamente, sentenze del Tribunale 14 marzo 1998, causa T‑352/94, Mo och Domsjö/Commissione, Racc. pag. II‑1989, punto 63; causa T‑348/94, Enso Española/Commissione, Racc. pag. II‑1875, punto 83, e causa T‑308/94, Cascades/Commissione, Racc. pag. II‑925, punto 42). È peraltro giurisprudenza costante che tale postulato è rispettato allorché la decisione non pone a carico degli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nella comunicazione degli addebiti e prende in considerazione soltanto fatti sui quali gli interessati abbiano avuto modo di manifestare il proprio punto di vista (v., segnatamente, la sentenza della Corte 15 luglio 1970, causa 41/69, ACF Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, punto 94, e sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, cause riunite T‑191/98, da T‑212/98 a 214/98, Atlantic Container e a./Commissione, Racc. pag. II‑3275, punto 113). La decisione finale della Commissione non deve tuttavia necessariamente ricalcare l’elenco degli addebiti (v. sentenza della Corte 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 67, e sentenza ACF Chemiefarma/Commissione, cit., punto 91).

190    Alla luce di tali principi occorre esaminare la censura relativa alla violazione del diritto di difesa della ricorrente.

191    Nella specie, occorre verificare se l’addebito secondo cui la MBBel avrebbe partecipato ad una pretesa restrizione orizzontale della concorrenza sia stata formulato nella comunicazione degli addebiti in termini sufficientemente chiari per consentire alla ricorrente di prenderne effettivamente conoscenza.

192    Il Tribunale rileva che, allorché la comunicazione degli addebiti contiene un’indicazione chiara della natura dell’infrazione alla disciplina della concorrenza contestata all’impresa de qua e dei fatti essenziali dedotti al riguardo, l’impresa medesima è in grado di replicare alle accuse e di far valere i propri diritti. La successiva esposizione degli addebiti nella decisione emanata dalla Commissione, che qualifica un determinato accordo economico come «verticale» o «orizzontale», non costituisce una modifica sostanziale degli addebiti già formulati nella relativa comunicazione.

193    Si deve rilevare che nella comunicazione degli addebiti la Commissione non ha menzionato esplicitamente né l’aspetto orizzontale né quello verticale dell’infrazione di cui trattasi e, conseguentemente, non ha qualificato la pretesa infrazione come «orizzontale» o «verticale». La ricorrente non contesta, tuttavia, che la Commissione abbia esposto brevemente nella comunicazione degli addebiti i motivi per i quali veniva contestato alla MBBel di aver concluso, con i concessionari belgi, un accordo vertente sulla determinazione dei prezzi di vendita dei veicoli Mercedes in Belgio. Ne consegue che i fatti e le censure principali nei confronti della condotta della MBBel dedotti dalla Commissione nella decisione controversa sono stati già esposti nella comunicazione degli addebiti. Si deve parimenti rammentare che, nella decisione controversa, la Commissione ha ritenuto che l’aspetto verticale della pretesa infrazione fosse quello fondamentale, laddove l’aspetto orizzontale veniva dedotto a titolo accessorio.

194    Ciò premesso, si deve rilevare che, ai fini del rispetto del diritto di difesa, non era necessario che la Commissione qualificasse espressamente, nella propria comunicazione degli addebiti, l’infrazione di cui trattasi come verticale e orizzontale.

195    Il Tribunale rileva, ad abundantiam, che la ricorrente si limita a formulare tale censura senza indicare sotto quale profilo le avrebbe arrecato pregiudizio il fatto che la Commissione non abbia menzionato l’aspetto «orizzontale» dell’infrazione di cui trattasi anteriormente all’emanazione della decisione controversa. Da un lato, dagli atti in causa emerge che la ricorrente ha risposto alle censure formulate dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti relative alla fissazione dei prezzi di vendita in Belgio. Orbene, nel ricorso la ricorrente non ha sostenuto che la propria risposta alla comunicazione degli addebiti sarebbe risultata sostanzialmente diversa qualora fosse stato ivi utilizzato il termine «orizzontale». D’altro lato, si deve rilevare che dalla lettura della parte della decisione controversa relativa all’irrogazione dell’ammenda per l’infrazione di cui trattasi emerge che la Commissione, nell’irrogare l’ammenda, non si è fondata espressamente sull’aspetto orizzontale dell’infrazione medesima (‘considerando’ 245‑248).

196    Dalla decisione controversa risulta che la Commissione ha ritenuto che il 20 aprile 1995 sia stato concluso, tra la MBBel e l’associazione dei concessionari Mercedes-Benz del Belgio, un accordo diretto a restringere la concorrenza sui prezzi in Belgio, accordo consistente nel limitare gli sconti al 3% e a far verificare da un’agenzia esterna il livello degli sconti consentiti per la classe E, laddove la concessione di sconti più elevati doveva implicare la riduzione delle quote di veicoli di tale classe (‘considerando’ 113 e 177).

197    Il Tribunale rileva che, come si evince dal rendiconto della detta riunione, nel capitolo intitolato «azione contro le svendite», è stato ritenuto quanto segue: «I rapporti tra i concessionari sono migliorati grazie a tale azione. [Un concessionario – il sig. Goossens] accusa le filiali di Bruxelles di effettuare svendite. Si farà ricorso ad un’agenzia esterna per effettuare del ‘ghost shopping’ al fine di verificare il livello degli sconti praticati sulla W 210. In caso di concessione di uno sconto superiore al 3%, il quantitativo dei veicoli attribuiti sino alla fine [dell’anno] 1995 sarà ridotto».

198    La ricorrente riconosce che, in occasione della riunione del 20 aprile 1995 cui ha assistito la MBBel, l’associazione dei concessionari Mercedes-Benz del Belgio ha fatto presente di volere far ricorso ad un’agenzia incaricata di effettuare visite per mezzo di clienti fittizi. La ricorrente ritiene, tuttavia, che l’associazione non sia in grado di emanare alcuna decisione vincolante nei confronti dei propri membri e possa formulare mere «raccomandazioni». La ricorrente rileva parimenti che la MBBel non ha preso alcuna misura al fine di dare attuazione a tali raccomandazioni, che essa non ha nemmeno approvato. A suo parere, la MBBel era presente solamente in qualità di osservatore ed importatore, non effettuando nel corso della riunione alcun intervento. Inoltre, secondo la ricorrente, anche ammesso che vi sia stata una limitazione degli sconti commerciali, essa non avrebbe prodotto ripercussioni sensibili sugli scambi commerciali tra gli Stati membri.

199    Secondo costante giurisprudenza, perché sussista un accordo, ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, è sufficiente che le imprese in questione abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo (v. sentenza ACF Chemiefarma/Commissione, citata supra al punto 189, punto 112; sentenza della Corte 29 ottobre 1980, cause riunite 209/78‑215/78 e 218/78, Van Landewyck e a./Commissione, Racc. pag. 3125, punto 86, e sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94. T‑329/94 e T‑335/94 Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, detta «PVC II», Racc. pag. II‑931, punto 715).

200    I criteri di coordinamento e di cooperazione accolti dalla giurisprudenza, lungi dall’esigere l’elaborazione di un effettivo «piano», devono essere intesi alla luce della ratio delle disposizioni del Trattato in materia di concorrenza, secondo cui ogni operatore economico deve determinare autonomamente la politica che intende seguire sul mercato comune. Tale esigenza di autonomia, se è pur vero che non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento, noto o presunto, dei propri concorrenti, vieta però rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti diretti o indiretti aventi lo scopo o l’effetto di influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concorrente attuale o potenziale, ovvero di rivelare ad un concorrente il comportamento che l’interessato ha deciso, o prevede, di tenere egli stesso sul mercato (v. sentenza Suiker Unie e a./Commissione, citata supra al punto 41, punti 173 e 174, nonché la sentenza PVC II, citata supra al punto 199, punto 720).

201    Si deve rammentare che, in caso di controversia sulla sussistenza di un’infrazione alle regole di concorrenza, spetta alla Commissione fornire la prova delle infrazioni che essa constata e produrre gli elementi di prova idonei a dimostrare l’esistenza dei fatti che integrano l’infrazione (sentenza della Corte 17 dicembre 1998, causa C‑185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione, Racc. pag. I‑8417, punto 54).

202    Tuttavia, qualora risulti accertato che un’impresa abbia partecipato a riunioni fra imprese aventi carattere manifestamente anticoncorrenziale, incombe all’impresa medesima l’onere di dedurre elementi atti a dimostrare che la propria partecipazione alle dette riunioni fosse priva di qualunque spirito anticoncorrenziale, dimostrando che essa aveva dichiarato alle sue concorrenti di partecipare alle riunioni in un’ottica diversa dalla loro (v., in tal senso, sentenze della Corte 8 luglio 1999, causa C‑199/92 P, Hüls/Commissione Racc. pag. I‑4287, punto 155, e causa C‑235/92 P, Montecatini/Commissione, Racc. pag. I‑4539, punto 181). In assenza della prova di una tale presa di distanze rispetto ai propri concorrenti, la circostanza che l’impresa medesima non si adegui ai risultati delle dette riunioni non è atta a privarla della sua piena responsabilità per la partecipazione all’intesa (sentenze del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑347/94, Mayr‑Melnhof/Commissione, Racc. pag. II‑1751, punto 135, e 15 marzo 2000, cause riunite T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II‑491, punto 1389).

203    Il Tribunale rileva che è incontestabile che la MBBel fosse presente alla riunione dell’associazione dei concessionari del 20 aprile 1995, riunione nel corso della quale è stata espressa la persistenza delle «svendite» nonché l’intenzione di porre in essere misure per individuare e dissuadere gli sconti superiori al 3%. Si deve infatti rilevare che vari alti responsabili della MBBel erano presenti alla riunione e che il verbale della medesima è stato redatto dal sig. Rauw, responsabile dello sviluppo delle concessionarie della MBBel (v., in particolare, il ‘considerando’ 115 della decisione controversa). Ne consegue che gli argomenti della ricorrente, secondo cui la MBBel avrebbe svolto un ruolo minore nella riunione di cui trattasi (v. supra, punto 161), non risultano avvalorati dagli elementi risultanti dagli atti. Il Tribunale ritiene che la partecipazione dei detti rappresentati della MBBel alla riunione de qua dimostri che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la MBBel ha svolto un ruolo centrale nella discussione.

204    Conseguentemente, atteso che la MBBel non ha provato di aver preso le distanze dalle discussioni vertenti sugli sconti, la Commissione ha potuto legittimamente ritenere che la MBBel abbia partecipato, per effetto della propria presenza – non accompagnata da alcuna riserva – alla riunione del 20 aprile 1995 nel corso della quale l’obiettivo dell’«azione contro le svendite» era stato chiaramente espresso, al concorso delle volontà dirette ad attuare misure per individuare e dissuadere gli sconti di cui trattasi.

205    Inoltre, il fatto che le filiali della MBBel non fossero, all’epoca, membri attivi dell’associazione dei concessionari, come sostiene la ricorrente, non è pertinente, considerato che risulta dimostrata la partecipazione della MBBel all’intesa anticoncorrenziale.

206    Si deve parimenti rilevare che, conformemente a quanto dedotto dalla Commissione, solamente la MBBel era in grado di dare attuazione alla minaccia espressa alla riunione del 20 aprile 1995 di ridurre la quota di veicoli attribuiti. Il suo silenzio in tale occasione non può essere interpretato se non quale approvazione ed adesione all’«azione contro le svendite» già decisa dai concessionari belgi, considerando che, segnatamente, la minaccia di riduzione della quota di veicoli attribuiti sino alla fine del 1995 in caso di sconti superiori al 3%, espressa nella menzionata riunione, necessitava della partecipazione attiva della MBBel quale fornitore dei concessionari e ha rafforzato l’intesa di cui trattasi.

207    Ne consegue che la presenza della MBBel alla riunione, senza che essa abbia preso pubblicamente le distanze dal suo contenuto, lasciava ritenere agli altri partecipanti che essa ne approvasse il risultato e che, con il proprio comportamento, intendesse contribuire agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i partecipanti. Il Tribunale ritiene parimenti che la circostanza che l’«azione contro le svendite» sia stata posta in essere anteriormente alla riunione non impedisse alla Commissione di considerare che la MBBel avesse partecipato ad una decisione adottata il 20 aprile 1995 in ordine ai prezzi futuri e fosse disposta a sostenere attivamente la fissazione dei prezzi, il controllo dei prezzi applicati dai concessionari nonché, eventualmente, l’applicazione di sanzioni in caso di mancato rispetto delle istruzioni a partire dalla detta data.

208    Il Tribunale rileva che l’argomento della ricorrente secondo cui il fatto che la MBBel abbia occasionalmente verificato che i concessionari adempissero integralmente i loro compiti di intermediazione (v. supra, punto 165) sarebbe stato perfettamente legittimo, considerato che con il contratto di concessione commerciale i concessionari si impegnano a fornire servizi di elevata qualità sul mercato, non è convincente e dev’essere respinto. Infatti, la ricorrente riconosce, nel ricorso, che le pratiche dei concessionari in materia di prezzi costituivano uno degli aspetti – inter alia – di tale valutazione (v. supra, punto 165). Orbene, il Tribunale ritiene che i prezzi fatturati dai concessionari non presentino alcun nesso con la qualità delle loro prestazioni. Inoltre, la MBBel non cerca di giustificare i detti controlli sulle pratiche in materia di prezzi sulla base dell’art. 11 del contratto di concessione belga, secondo cui la MBBel può stabilire un prezzo massimo, ma non un prezzo minimo.

209    Dev’essere parimenti respinto l’argomento della ricorrente secondo cui le informazioni raccolte sarebbero state anonime (v. supra, punto 168) e secondo cui non sarebbe stato possibile adottare provvedimenti nei confronti di specifici concessionari. Dal verbale della riunione dei concessionari Mercedes della regione di Anversa del 27 marzo 1996 emerge chiaramente che gli sconti concessi da uno specifico concessionario, vale a dire la Van Steen NV, erano stati individuati mediante acquisti fittizi e segnalati nella riunione medesima.

210    Quanto all’argomento della ricorrente secondo cui l’associazione dei concessionari non poteva prendere alcuna decisione vincolante nei confronti dei propri membri, bensì formulare unicamente raccomandazioni, si deve rammentare che, secondo costante giurisprudenza, un atto può essere qualificato come decisione di un’associazione di imprese ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE senza che debba necessariamente presentare effetti vincolanti per i rispettivi membri, quantomeno qualora i membri medesimi vi si conformino (v., per analogia, sentenze della Corte 8 novembre 1983, cause riunite 96/82‑102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ e a./Commissione, Racc. pag. 3369, punto 20, e Van Landewyck e a./Commissione, citata supra al punto 199, punti 88 e 89; sentenza del Tribunale 11 marzo 1999, causa T‑136/94, Eurofer/Commissione, Racc. pag. II‑263, punto 15). Tale ipotesi risulta sufficientemente dimostrata nella specie dal fatto che i membri dell’associazione dei concessionari in Belgio e la MBBel hanno deciso, in occasione della riunione del 20 aprile 1995, di far verificare, mediante acquisti fittizi effettuati da un’agenzia esterna, il livello degli sconti consentiti per il modello W 210 e che acquirenti fittizi si sono effettivamente recati in visita presso taluni concessionari. Da tali circostanze si evince che la linea di condotta decisa nella riunione del 20 aprile 1995 è stata quindi attuata.

211    Per quanto attiene all’argomento della ricorrente, esposto supra al punto 162, secondo cui non sarebbe evidente che le filiali della MBBel avessero interesse a limitare il tasso degli sconti, il Tribunale ritiene che, atteso che la partecipazione della MBBel all’intesa risulta dimostrata, non occorra esaminare se la MBBel e le sue filiali avessero interesse a parteciparvi. Il Tribunale ritiene, in ogni caso, che, conformemente a quanto sostenuto dalla Commissione, la MBBel e, conseguentemente, le sue succursali avessero interesse a porre termine alle svendite, considerato che la detta impresa non è solamente fornitrice dei concessionari, bensì anche di consumatori finali tramite talune filiali. Si deve rilevare che la lettera del 17 ottobre 1995 inviata dalla MBBel alla Mercedes-Benz AG, in cui la MBBel dichiara di fare «tutto il possibile per svolgere in modo corretto il nostro lavoro ([rinunciando] alle esportazioni) [e tentando] di mantenere i (…) prezzi ad un livello mediamente elevato», evidenzia parimenti, come rilevato dalla Commissione al ‘considerando’ 119 della decisione controversa, l’interesse a che i concessionari in Belgio concedessero solamente sconti moderati. A tal riguardo, il Tribunale rileva che l’argomento della ricorrente, secondo cui la MBBel avrebbe indicato, nella lettera 17 ottobre 1995, prezzi di listino medi e non i prezzi di vendita effettivamente fatturati dai concessionari, non è convincente è dev’essere respinto.

212    Per quanto attiene all’argomento della ricorrente secondo cui la fissazione dei prezzi di vendita in Belgio non avrebbe influenzato sensibilmente gli scambi commerciali tra gli Stati membri, in quanto riguarderebbe unicamente le vendite nel detto paese senza incidere sulle vendite transfrontaliere, il Tribunale ritiene che esso debba essere respinto. Infatti, secondo una ben consolidata giurisprudenza, un’intesa che si estenda a tutto il territorio di uno Stato membro ha, per sua natura, l’effetto di consolidare la compartimentazione dei mercati a livello nazionale, ostacolando così l’integrazione economica voluta dal Trattato (sentenza Wouters e a., citata supra al punto 181, punto 95; sentenze della Corte 17 ottobre 1972, causa 8/72, Vereeniging van Cementhandelaren/Commissione, Racc. pag. 977, punto 29; Remia e a./Commissione, citata supra al punto 81, punto 22, e 18 giugno 1998, causa C‑35/96, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑3851, punto 48). Orbene, la ricorrente non contesta che la riunione del 20 aprile 1995 e, quindi, l’infrazione di cui trattasi riguardasse tutto il Belgio, come rilevato dalla Commissione al ‘considerando’ 197 della decisione controversa.

213    La ricorrente ritiene parimenti che la Commissione non abbia dimostrato che la pretesa violazione sia continuata dal 20 aprile 1995 sino alla lettera circolare del 10 giugno 1999 in cui la ricorrente dichiarava, segnatamente, che i concessionari dovevano essere liberi di fissare i prezzi e le condizioni di vendita nei confronti dei rispettivi clienti. Essa sostiene che la Commissione avrebbe dovuto assumere quale data limite la fine del 1995, atteso che l’«azione contro le svendite», menzionata nel verbale della riunione del 20 aprile 1995, era provvisoria e riguardava unicamente il lancio del nuovo modello W 210.

214    Come affermato in giurisprudenza, spetta alla Commissione provare non solamente l’esistenza dell’accordo, bensì anche la sua durata (v. sentenze Dunlop Slazenger/Commissione, citata supra al punto 84, punto 79, e 15 marzo 1992, Cimenteries CBR e a./Commissione, citata supra al punto 202, punto 2802).

215    Il Tribunale rileva che sussistono indizi concordanti nella specie che fanno presumere che l’infrazione sia continuata anche oltre la fine del 1995. Va osservato che, come correttamente sostenuto dalla Commissione, dal verbale della riunione del 20 aprile 1995 emerge che il limite temporale fissato alla fine del 1995 si riferisce esclusivamente alla sanzione convenuta e non alla fissazione del limite massimo degli sconti al 3%. Inoltre, dal verbale della riunione del 27 marzo 1996 risulta che sono stati effettuati acquisti fittizi relativi al modello E 290 TD segnatamente presso cinque concessionari in Belgio. A tal riguardo, il Tribunale ritiene che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente (v. supra, punto 166), sussista un nesso tra la riunione dei concessionari del 20 aprile 1995 e quella del 27 marzo 1996. Inoltre, in una lettera datata 14 marzo 1996, la MBBel ha espresso chiaramente il proprio malcontento a fronte del fatto che un veicolo della serie W 210 era stato venduto con uno sconto del 6%. A tal riguardo il Tribunale osserva che l’utilizzazione di un punto esclamativo dopo l’indicazione della detta percentuale – «6%!» – non lascia dubbio alcuno quanto al fatto che lo sconto di cui trattasi venisse considerato meritevole di biasimo. Ne consegue che, alla luce delle obiezioni formulate dalla MBBel con riguardo agli sconti superiori al 3% operati dai concessionari in Belgio e alla pratica continuata degli acquisti fittizi, i concessionari dovevano attendersi ripercussioni, in caso di individuazione di sconti, anche ben oltre la fine del 1995. Ciò premesso, il Tribunale ritiene che la Commissione potesse legittimamente considerare che l’accordo del 20 aprile 1995, vertente sulla fissazione dei veicoli in Belgio, non costituisse una misura transitoria, bensì sia continuato sino alla sua espressa revoca con la circolare del 10 giugno 1999.

216    Il Tribunale ritiene che, con l’argomento secondo cui la Commissione non avrebbe precisato se l’infrazione relativa alla fissazione dei prezzi in Belgio sarebbe stata sempre commessa con la stessa intensità (v. supra, punto 168), la ricorrente faccia valere un manifesto errore di valutazione della Commissione in ordine alla gravità dell’infrazione nel corso di determinati periodi. Orbene, il Tribunale ritiene che la Commissione abbia correttamente valutato la durata (v. supra, punto 215) e la gravità dell’infrazione di cui trattasi. La gravità dell’infrazione non viene d’altronde contestata dalla ricorrente. Infatti, atteso che l’infrazione è continuata per tutto il periodo considerato dalla decisione controversa, non spetta alla Commissione provare, in assenza della prova della sua cessazione, che essa sia stata sempre commessa con la stessa intensità.

217    La ricorrente contesta alla Commissione di averle imputato il comportamento della MBBel, propria filiale in Belgio, unicamente per il fatto che la sua partecipazione nella detta filiale sarebbe pressoché pari al 100%.

218    A tal riguardo si deve rammentare che la circostanza che la controllata abbia una propria personalità giuridica distinta non basta ad escludere la possibilità d’imputare alla società madre il suo comportamento, in particolare qualora la controllata non determini in modo autonomo il proprio comportamento sul mercato, ma applichi sostanzialmente le istruzioni impartitele dalla società madre (v., segnatamente, sentenze ICI/Commissione, citata supra al punto 85, punti 132 e 133; 14 luglio 1972, causa 52/69, Geigy/Commissione, Racc. pag. 787, punto 44, e 21 febbraio 1973, causa 6/72, Europemballage et Continental Can/Commissione, Racc. pag. 215, punto 15). Orbene, il possesso del 100% del capitale della controllata non può, di per sé, essere sufficiente a dimostrare la sussistenza di un rapporto di dipendenza di tal genere rispetto alla società madre. L’imputazione del comportamento di una controllata alla società madre è sempre subordinata all’accertamento dell’effettivo esercizio di un potere di direzione (v., in tal senso, sentenze ICI/Commissione, citata supra al punto 85, punti 132‑141; 12 luglio 1979, cause riunite 32/78 e 36/78‑82/78, BMW Belgium e a./Commissione, Racc. pag. 2435, punto 24, e Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, citata supra al punto 171, punto 23).

219    Orbene, la Corte ha già avuto modo di affermare nella menzionata sentenza Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, citata supra al punto 171 (punto 28), che, se è pur vero che il possesso del 100% del capitale non consente, di per sé, di accertare la responsabilità della società madre, la Commissione può parimenti fondare la sua decisione relativa all’imputazione alla società madre del comportamento della sua controllata sulla base della circostanza che la società madre non contesta di essere stata in grado di incidere in modo determinante sulla politica commerciale della propria filiale, senza fornire elementi di prova a sostegno delle proprie affermazioni quanto all’autonomia di quest’ultima. Infatti, in presenza del possesso della totalità del capitale sociale della controllata, la Commissione può legittimamente presupporre che la società madre eserciti effettivamente un potere determinante sul comportamento della propria controllata, in particolare qualora la società madre si sia presentata nella fase amministrativa del procedimento quale unico interlocutore per tutte le società del gruppo.

220    In tali circostanze, spetta alla società madre superare tale presunzione sulla base di sufficienti elementi di prova.

221    Nella specie, dagli atti di causa emerge che la ricorrente non contesta che la Mercedes-Benz detenesse l’intero capitale della MBBel all’epoca dell’infrazione de qua e riconosce di essersi presentata nella fase amministrativa del procedimento quale unico interlocutore della Commissione per l’infrazione riguardante il Belgio. Inoltre, la ricorrente si limita ad affermare di non essere stata a conoscenza delle attività della MBBel e nega di averle attivamente sostenute, senza fornire la minima prova di non essere stata in grado di incidere in modo determinante sulla politica commerciale della MBBel e senza dedurre alcun elemento di prova quanto all’autonomia di quest’ultima. Ne consegue che la ricorrente non ha fornito elementi di prova sufficienti per superare la presunzione secondo cui essa esercitava effettivamente un potere determinante sul comportamento della propria controllata MBBel.

222    Conseguentemente, il presente capo dev’essere respinto e, conseguentemente, il terzo motivo dev’essere rigettato.

 Sul quarto motivo, relativo all’erronea fissazione dell’importo dell’ammenda inflitta dall’art. 3 della decisione controversa

 Argomenti delle parti

223    Secondo la ricorrente, l’ammenda inflitta dall’art. 3 della decisione controversa è destituita di qualsiasi fondamento in considerazione dell’assenza di violazioni dell’art. 81, n. 1, CE. La ricorrente aggiunge che, anche qualora una siffatta infrazione risultasse accertata, l’ammenda sarebbe eccessiva.

224    Per quanto attiene ai comportamenti relativi al mercato tedesco, la ricorrente deduce, sostanzialmente, l’illegittimità dell’ammenda in considerazione del fatto che le misure contestate alla Mercedes-Benz sono state disposte sulla base di contratti di agenzia commerciale che, contenendo unicamente restrizioni applicabili agli agenti commerciali, esulano dalla sfera di applicazione dell’art. 81, n. 1, CE.

225    La ricorrente sostiene che il divieto di vendite nei confronti delle società di leasing in Spagna, laddove dovesse risultare in contrasto con l’art. 81, n. 1, CE, è in ogni caso esentato dal regolamento n. 1475/95, il che esclude l’irrogazione di un’ammenda. A suo parere, anche qualora il giudice comunitario non dovesse seguire tale ragionamento, occorrerebbe tener conto del fatto che sono stati fatti valere rilevanti motivi di diritto a sostegno della sua tesi secondo cui tali pratiche risponderebbero ai requisiti necessari per beneficiare dell’esenzione.

226    Per quanto attiene alla fissazione dei prezzi di vendita in Belgio, la ricorrente deduce che la Commissione, pur affermando (‘considerando’ 245 della decisione controversa) che essa riguardava unicamente il modello W 210, ha successivamente sostenuto che la prassi di controllare gli sconti sui prezzi è stata estesa ad altri modelli. Quest’ultimo rilievo si riferirebbe evidentemente alle «visite misteriose» effettuate dalla società Tokata con riguardo ai modelli della classe C. Secondo la ricorrente, tali visite sono prive di qualsiasi relazione con la pretesa fissazione dei prezzi (v. supra, punto 167). Essa contesta quindi che la Commissione possa prendere in considerazione quale circostanza aggravante l’estensione a vari altri modelli. Inoltre, l’affermazione contenuta nei ‘considerando’ 223 e 225 della decisione controversa, secondo cui la fissazione dei prezzi di vendita sarebbe stata in vigore dal 20 aprile 1995 al 10 giugno 1999, sarebbe sconfessata dal rilievo che il verbale della riunione del 20 aprile 1995 prevedeva un’applicazione della misura solamente sino alla fine del 1995 (v. supra, punto 174). La ricorrente contesta, infine, che la MBBel abbia svolto un ruolo rilevante nella pretesa limitazione degli sconti sui prezzi. Al contrario, secondo la ricorrente, tale misura sarebbe già stata posta in essere dai concessionari anteriormente alla riunione del 20 aprile 1995. A suo parere, la MBBel, anche ammesso che abbia successivamente partecipato a tale misura, non ne ha tuttavia mai assunto la direzione. Se la MBBel ha partecipato alla misura medesima, ciò non è avvenuto, ad avviso della ricorrente, per difendere i propri interessi, bensì per migliorare la redditività dei concessionari.

227    Per quanto attiene all’infrazione consistente nella determinazione dei prezzi di vendita in Belgio, la Commissione sostiene che gli argomenti della ricorrente devono essere respinti. Essa rammenta, in primo luogo, che, alla luce delle riflessioni esposte nel ‘considerando’ 245 della decisione controversa, ha ritenuto la violazione de qua solo «nel complesso grave», fissando l’importo di base dell’ammenda in EUR 7 milioni, il che corrisponde a circa un terzo dell’ammenda massima di EUR 20 milioni prevista, in caso di infrazioni gravi, dagli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3). La Commissione aggiunge che viene contestato alla ricorrente di aver assoggettato a controllo gli sconti concessi dai concessionari non solamente per il modello W 210, bensì anche per altri modelli di autoveicoli. Inoltre, anche qualora l’infrazione de qua risultasse limitata al modello W 210, la Commissione potrebbe tenerne conto nell’ambito dell’effetto dissuasivo dell’ammenda.

228    La Commissione ritiene di avere già confutato le obiezioni della ricorrente in ordine alla durata dell’infrazione (v. supra, punto 182).

229    Essa sostiene, inoltre, di non essersi basata, ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, su un possibile ruolo propulsivo della MBBel nella limitazione degli sconti, bensì di aver considerato unicamente una partecipazione attiva della MBBel alle misure di determinazione dei prezzi di vendita in Belgio. In assenza di una siffatta partecipazione attiva, la sanzione prevista in caso di superamento del massimale di sconto non avrebbe potuto trovare attuazione. La Commissione sottolinea che dal verbale della riunione 20 aprile 1995 emerge che l’«azione contro le svendite» sussisteva già precedentemente. Essa sostiene, tuttavia, che la limitazione degli sconti ad un massimo del 3% è stata decisa in occasione di tale riunione, con la partecipazione attiva della ricorrente, e che non possa quindi sostenersi che la MBBel si sia trovata di fronte a tale misura a posteriori. Quanto all’interesse proprio della MBBel, la Commissione deduce che la limitazione degli sconti era diretta a mantenere la politica di prezzi elevati dell’importatore. Infine, ad eguale giudizio si giungerebbe se la MBBel avesse effettivamente voluto tutelare la redditività dei concessionari (sentenza AEG/Commissione, citata supra al punto 84, punti 40‑42 e 71‑73).

 Giudizio del Tribunale

230    Si deve rammentare, in limine, che dall’esame dei precedenti motivi emerge che l’ammenda prevista all’art. 3 della decisione controversa dev’essere annullata nella parte in cui è stata inflitta alla ricorrente per le istruzioni impartite agli agenti tedeschi di vendere, nella misura del possibile, autoveicoli nuovi unicamente a clienti situati nel rispettivo territorio contrattuale, evitando la concorrenza interna, e di esigere, per gli ordinativi di veicoli nuovi provenienti da clienti di passaggio, il versamento di un acconto del 15% del prezzo del veicolo. Ne consegue che l’ammenda inizialmente ammontante a EUR 71,825 milioni dev’essere ridotta, in primo luogo, in ragione di EUR 47,025 milioni (‘considerando’ 242).

231    Dall’esame dei motivi precedenti emerge parimenti che l’ammenda prevista all’art. 3 della decisione controversa dev’essere annullata nella parte in cui è stata inflitta alla ricorrente per le restrizioni alle forniture di autoveicoli alle società di leasing per la costituzione di scorte in Germania e in Spagna. Ne consegue che l’ammenda inizialmente ammontante a EUR 71,825 milioni dev’essere ridotta, in secondo luogo, in ragione di EUR 15 milioni (‘considerando’ 244).

232    Per quanto attiene all’infrazione consistente nella fissazione dei prezzi in Belgio, il Tribunale ritiene infondato l’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione avrebbe tenuto conto, quale circostanza aggravante, del fatto che vari modelli erano interessati da tale azione. Dal ‘considerando’ 248 della decisione controversa emerge chiaramente che la Commissione, nell’irrogazione dell’ammenda, non ha tenuto conto di alcuna circostanza aggravante. In ogni caso, se è pur vero che, nella decisione controversa, la Commissione ha affermato che, in data 26 novembre 1996, la MBBel ha incaricato la società Tokata di procedere ad acquisti fittizi presso 47 concessionari belgi e di verificare gli sconti concessi per modelli della classe C, tale circostanza evidenzia, come sostenuto dalla Commissione, che gli acquisti fittizi costituivano una prassi corrente della MBBel e che essa non si limitava ad un modello specifico.

233    Quanto all’argomento della ricorrente relativo alla durata dell’infrazione relativa alla fissazione dei prezzi in Belgio, si deve rammentare che il Tribunale ha ritenuto che la Commissione l’ha correttamente accertata (v. supra, punto 215). Inoltre, il Tribunale rileva che la MBBel ha svolto un ruolo centrale nella fissazione dei prezzi di vendita dei veicoli in Belgio (v. supra, punto 209). Ne consegue che non vi è motivo di ridurre l’ammenda inflitta per l’infrazione di cui trattasi.

234    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, dev’essere annullata l’ammenda nella parte in cui riguarda le infrazioni in Germania e in Spagna. Gli altri argomenti dedotti dalla ricorrente a sostengo della domanda di annullamento dell’ammenda o di riduzione del suo importo devono essere respinte. Il Tribunale, nell’esercizio dei suoi poteri di giudice di merito, conferma l’importo dell’ammenda per l’infrazione relativa alla fissazione dei prezzi in Belgio in EUR 9,8 milioni.

 Sulle spese

235    Ai sensi dell’art. 87, n. 3, del regolamento di procedura del Tribunale, quest’ultimo, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, può ripartire le spese o decidere che ciascuna delle parti sopporti le proprie spese. Nella specie, appare opportuno disporre che la Commissione sopporti le proprie spese nonché il 60% di quelle sostenute dalla ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’art. 1 della decisione della Commissione 10 ottobre 2001, 2002/758/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’art. 81 del Trattato CE (caso COMP/36.264 – Mercedes-Benz), è annullato ad eccezione della parte in cui viene accertato che la società DaimlerChrysler AG, nonché le società Daimler‑Benz AG e Mercedes‑Benz AG cui essa è succeduta, hanno commesso, direttamente o per mezzo della loro controllata Mercedes-Benz Belgium SA, una violazione delle disposizioni dell’art. 81, n. 1, CE per effetto della loro partecipazione ad accordi diretti a limitare gli sconti concessi in Belgio, accordi decisi il 20 aprile 1995 e revocati il 10 giugno 1999.

2)      L’art. 2 è annullato ad eccezione del primo periodo.

3)      L’art. 3 della decisione 2002/758 è annullato nella parte in cui fissa l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente in EUR 71,825 milioni.

4)      L’importo dell’ammenda inflitta dall’art. 3 della decisione 2002/758 per l’infrazione relativa alla fissazione dei prezzi in Belgio è fissata in EUR 9,8 milioni.

5)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

6)      La Commissione è condannata a sopportare le proprie spese nonché il 60% di quelle della ricorrente. La ricorrente sopporterà il 40% delle proprie spese.

Lindh

García-Valdecasas

Cooke

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 settembre 2005.

Il cancelliere

 

      Il presidente

H. Jung

 

      P. Lindh


** Lingua processuale: il tedesco.