Language of document : ECLI:EU:C:2021:104

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ATHANASIOS RANTOS

presentate il 10 febbraio 2021 (1)

Causa C719/19

FS

contro

Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi)]

«Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione – Articolo 21 TFUE – Diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri – Direttiva 2004/38/CE – Articolo 15 – Provvedimento che limita la libera circolazione per motivi non attinenti all’ordine pubblico, alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica – Soggiorno irregolare di un cittadino dell’Unione nello Stato membro ospitante – Provvedimento di allontanamento – Partenza fisica del cittadino dell’Unione dallo Stato membro ospitante – Effetti nel tempo del provvedimento di allontanamento – Articoli 5, 6 e 7 – Possibilità per il cittadino dell’Unione di godere di un nuovo diritto d’ingresso o di soggiorno al suo ritorno nello Stato membro ospitante»






I.      Introduzione

1.        Un cittadino dell’Unione, che ha perso il diritto di soggiornare nel territorio di uno Stato membro di cui non possiede la cittadinanza e che, per tale motivo, è stato oggetto di un provvedimento di allontanamento ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE (2) (in prosieguo: la «direttiva soggiorno»), può, in caso di immediato ritorno in tale Stato membro dopo averne lasciato il territorio per ottemperare al provvedimento di allontanamento, far valere un nuovo diritto di soggiorno ai sensi della citata direttiva? In caso di risposta negativa, per quanto tempo tale cittadino deve soggiornare fuori dal territorio di detto Stato membro prima di poter ottenere un nuovo diritto di soggiorno nel medesimo Stato membro?

2.        Tali sono le questioni sollevate dalla presente causa, che condurranno la Corte a stabilire quando si esauriscono gli effetti giuridici di un provvedimento di allontanamento adottato «per motivi non attinenti all’ordine pubblico, alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica», ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva soggiorno, nonché a quali condizioni un cittadino dell’Unione possa, quindi, ottenere nuovamente un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante.

3.        Dette questioni consentiranno alla Corte di pronunciarsi, per la prima volta, tanto sugli effetti nel tempo di un siffatto provvedimento di allontanamento, quanto, più in generale, sul coordinamento dell’articolo 15 con l’articolo 5 (diritto d’ingresso), con l’articolo 6 (diritto di soggiorno sino a tre mesi), e infine con l’articolo 7 della direttiva in parola (diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi) (3).

4.        Le risposte alle suddette questioni non emergono in modo evidente. Da una parte, esse evidenziano la necessità di trovare il delicato equilibrio tra due diritti non facilmente contemperabili: il diritto dei cittadini dell’Unione di soggiornare liberamente nel territorio dell’Unione e il diritto degli Stati membri di allontanare dal proprio territorio le persone che non hanno il diritto di soggiornarvi. D’altra parte, tali questioni s’inseriscono nello specifico contesto normativo dell’assenza di controllo alle frontiere interne dell’Unione (4), situazione difficilmente conciliabile con la nozione stessa di «allontanamento» di un cittadino dell’Unione da uno Stato membro a un altro.

5.        Nelle presenti conclusioni, esporrò i motivi a sostegno delle mie proposte, che possono così sintetizzarsi:

–        gli effetti giuridici di un provvedimento di allontanamento adottato sulla base dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva soggiorno non possono estinguersi per il semplice fatto che il cittadino dell’Unione lasci fisicamente il territorio dello Stato membro ospitante, perché ciò pregiudicherebbe l’efficacia pratica di tale direttiva;

–        la proposta consistente nel far permanere, sistematicamente, gli effetti di un provvedimento di allontanamento per un periodo determinato dopo la partenza fisica della persona interessata, segnatamente per almeno tre mesi, imporrebbe una limitazione ingiustificata al diritto di soggiorno, quale sancito all’articolo 21 TFUE e concretizzato dalla citata direttiva, e

–        spetta alle autorità dello Stato membro ospitante valutare gli effetti nel tempo dei provvedimenti di allontanamento adottati ai sensi dell’articolo 15 della direttiva soggiorno, e a fortiori la possibilità di far valere un nuovo diritto di soggiorno, sulla base di un esame approfondito della situazione della persona interessata, tenendo conto del complesso delle circostanze pertinenti e, segnatamente, dell’esistenza di una cessazione reale ed effettiva del suo soggiorno in tale Stato membro e del rischio che la persona di cui trattasi costituisca un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale di detto Stato membro.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

6.        Il considerando 16 della direttiva soggiorno sancisce che «[i] beneficiari del diritto di soggiorno non dovrebbero essere allontanati finché non diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante. Pertanto una misura di allontanamento non dovrebbe essere la conseguenza automatica del ricorso al sistema di assistenza sociale. (…) In nessun caso una misura di allontanamento dovrebbe essere presa nei confronti di lavoratori subordinati, lavoratori autonomi o richiedenti lavoro, quali definiti dalla Corte di giustizia, eccetto che per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza».

7.        L’articolo 5, paragrafo 1, di detta direttiva conferisce, segnatamente al cittadino dell’Unione munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità, un diritto d’ingresso nel territorio degli Stati membri.

8.        Il suo articolo 6, paragrafo 1, conferisce al cittadino dell’Unione un diritto di soggiorno nel territorio di un altro Stato membro per un periodo non superiore a tre mesi «senza alcuna condizione o formalità, salvo» il possesso di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità.

9.        Il successivo articolo 7, paragrafo 1, conferisce al cittadino dell’Unione un diritto di soggiorno nel territorio di un altro Stato membro per un periodo superiore a tre mesi, a condizione: a) di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; o b) di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante; o, c) di essere studente e di soddisfare sostanzialmente le stesse condizioni di quelle enunciate al punto b).

10.      L’articolo 14 della direttiva soggiorno, ai paragrafi 1 e 2, sancisce che i cittadini dell’Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno di cui all’articolo 6 finché non diventano un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante e del diritto di soggiorno di cui agli articoli 7, 12 e 13 finché soddisfano le condizioni fissate negli stessi. In deroga a tali disposizioni, il successivo paragrafo 4 dell’articolo medesimo dispone che un provvedimento di allontanamento non può essere adottato nei confronti di cittadini dell’Unione o dei loro familiari qualora tali cittadini siano a) lavoratori subordinati o autonomi, oppure b) entrati nel territorio dello Stato membro ospitante per cercare un posto di lavoro.

11.      Il suo articolo 15, intitolato «Garanzie procedurali», al paragrafo 1, dispone che «[l]e procedure previste agli articoli 30 e 31 si applicano, mutatis mutandis, a tutti i provvedimenti che limitano la libera circolazione dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari per motivi non attinenti all’ordine pubblico, alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica». Ai sensi del paragrafo 2 di detto articolo, «[l]o scadere della carta d’identità o del passaporto che ha consentito l’ingresso nello Stato membro ospitante (…) non giustifica l’allontanamento dal territorio». Infine, il paragrafo 3 dell’articolo medesimo sancisce che «[l]o Stato membro ospitante non può disporre, in aggiunta ai provvedimenti di allontanamento di cui al paragrafo 1, il divieto d’ingresso nel territorio nazionale».

12.      Il successivo articolo 30, al paragrafo 3, dispone che «[l]a notifica [di ogni provvedimento adottato a norma dell’articolo 27, paragrafo 1, della direttiva soggiorno] riporta (…), all’occorrenza, l’indicazione del termine impartito per lasciare il territorio dello Stato membro. Fatti salvi i casi di urgenza debitamente comprovata, tale termine non può essere inferiore a un mese a decorrere dalla data di notificazione».

B.      Diritto dei Paesi Bassi

13.      La Vreemdelingenwet 2000 (legge sugli stranieri del 2000), del 23 novembre 2000 (Stb. 2000, n. 495), ai suoi articoli 61 e 62, dispone che uno straniero che non si trovi o cessi di trovarsi in situazione di soggiorno regolare debba lasciare di propria iniziativa i Paesi Bassi entro il termine di quattro settimane dalla fine del soggiorno regolare. Ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, di tale legge uno straniero che non si trovi in situazione di soggiorno regolare e che non abbia lasciato di propria iniziativa i Paesi Bassi entro detto termine può essere allontanato.

III. Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

14.      FS, appellante nel procedimento principale, è un cittadino polacco iscritto, dal 9 novembre 2017, nel Registro dei non residenti dei Paesi Bassi (5).

15.      Con decisione del 1° giugno 2018, lo Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Segretario di Stato alla giustizia e alla sicurezza, Paesi Bassi; in prosieguo: il «Segretario di Stato») constatava che FS non si trovava in una situazione di soggiorno regolare, in quanto non soddisfaceva più le condizioni di cui all’articolo 7 della direttiva soggiorno, relativo al diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi (6), e gli ha intimato di lasciare il territorio dei Paesi Bassi. A tal fine, si è tenuto conto del fatto che la polizia lo aveva arrestato ripetutamente per presunti taccheggi e borseggi.

16.      Con decisione del 25 settembre 2018, il Segretario di Stato dichiarava infondato il reclamo presentato da FS avverso il provvedimento del 1° giugno 2018. Il Segretario di Stato, da un lato, riconosceva che il comportamento di FS non rappresentava un pericolo per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza, ai sensi dell’articolo 27 della direttiva soggiorno, ma, dall’altro, fissava un termine di quattro settimane per la partenza volontaria, scaduto il quale FS poteva essere allontanato a causa del suo soggiorno irregolare. Il giudice del rinvio precisa che tale decisione di allontanamento costituisce un «provvedimento che limita la libera circolazione di un cittadino dell’Unione» ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva medesima. La decisione (in prosieguo: il «provvedimento di allontanamento») è divenuta definitiva, non avendo FS proposto ricorso.

17.      Il 23 ottobre 2018 FS veniva arrestato in Germania per presunto taccheggio. È pacifico tra le parti del procedimento principale che FS ha dimostrato di aver lasciato i Paesi Bassi entro il termine per la partenza di quattro settimane impartitogli, vale a dire prima del 24 ottobre 2018. A tale riguardo, FS ha parimenti dichiarato che, dopo la sua partenza, la cui data precisa non risulta dal fascicolo della causa, egli soggiornava presso amici a Kaldenkirchen (Germania), appena oltre la frontiera tra i Paesi Bassi e la Germania. FS ha altresì precisato che si recava quotidianamente nei Paesi Bassi per acquistare marijuana, in quanto dipendente da tale sostanza. Infine, il medesimo ha dichiarato di aver fatto ingresso nei Paesi Bassi il 21 novembre 2018, essendo stato chiamato a comparire davanti a un juge de police (giudice giudice monocratico con competenza penale circoscritta) il 23 novembre 2018.

18.      Il 22 novembre 2018, il personale di un supermercato dei Paesi Bassi fermava FS per presunto furto. Chiamata sul posto, la polizia lo arrestava perché non in grado di esibire un documento d’identità. In seguito a tale arresto, FS veniva trattenuto dalla polizia ai fini dell’audizione prevista, in casi del genere, dalla legge nazionale.

19.      Con decisione del 23 novembre 2018, il Segretario di Stato poneva FS in stato di trattenimento amministrativo ai fini del suo allontanamento verso il paese di origine, la Polonia (in prosieguo: il «provvedimento di trattenimento amministrativo»). Il provvedimento in parola era motivato dal rischio che FS si sottraesse al controllo sugli stranieri ed eludesse o ostacolasse la preparazione della partenza o della procedura di allontanamento. Tale rischio sarebbe derivato dal fatto che FS, in primo luogo, si era sottratto per un certo periodo al controllo degli stranieri, in secondo luogo, era stato oggetto di un provvedimento di allontanamento che l’obbligava a lasciare il territorio dei Paesi Bassi e non vi aveva ottemperato entro il termine impartito nel provvedimento stesso (7), in terzo luogo, non aveva un domicilio né una fissa dimora, in quarto luogo, non disponeva di risorse economiche sufficienti e, in quinto luogo, era sospettato di aver commesso un reato o era stato condannato a tal titolo.

20.      Con sentenza del 7 dicembre 2018, il rechtbank Den Haag, zittingsplaats Groningen (Tribunale dell’Aia, sede di Groninga, Paesi Bassi; in prosieguo: il «rechtbank») dichiarava infondato il ricorso proposto da FS avverso il provvedimento di trattenimento amministrativo e respingeva la sua domanda di risarcimento del danno. Avverso tale sentenza, FS interponeva appello dinanzi al Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi).

21.      Il 18 dicembre 2018 FS proponeva reclamo avverso il provvedimento di allontanamento verso la Polonia che era previsto per il 21 dicembre 2018. Il medesimo chiedeva parimenti al voorzieningenrechter van de rechtbank Den Haag (giudice cautelare del tribunale dell’Aia, Paesi Bassi; in prosieguo: il «voorzieningenrechter») di adottare un provvedimento provvisorio volto a vietare tale allontanamento.

22.      Con decisione del 20 dicembre 2018, il voorzieningenrechter, da un lato, accoglieva la domanda di provvedimento provvisorio, ritenendo che non si fosse dimostrato che FS in quel momento soggiornasse irregolarmente nei Paesi Bassi e, dall’altro, vietava al Segretario di Stato di allontanare FS prima della scadenza di un termine di quattro settimane a decorrere dalla decisione del Segretario di Stato sul reclamo.

23.      Con provvedimento di pari data e sulla base della decisione del voorzieningenrechter, il Segretario di Stato disponeva la cessazione del trattenimento amministrativo di FS.

24.      Secondo il giudice del rinvio, nonostante la cessazione del trattenimento amministrativo di FS, quest’ultimo conserva un interesse all’appello dinanzi al Raad van State (Consiglio di Stato), per il fatto che avrebbe diritto ad essere risarcito laddove detto trattenimento fosse giudicato illegittimo. Orbene, tale situazione si verificherebbe qualora, il 23 novembre 2018, (data di inizio del trattenimento amministrativo), FS fosse stato titolare di un diritto di soggiorno nei Paesi Bassi sul fondamento del diritto dell’Unione.

25.      A tale riguardo, nell’ambito dell’appello dinanzi al Raad van State (Consiglio di Stato), le parti nel procedimento principale hanno sostenuto due tesi opposte.

26.      Da un lato, FS addebita al rechtbank di non aver debitamente motivato la sua sentenza del 7 dicembre 2018, nei limiti in cui egli aveva effettivamente lasciato i Paesi Bassi entro il termine impartito dal provvedimento di allontanamento e in cui, di conseguenza, il giorno in cui era stato posto in stato di trattenimento, egli godeva nuovamente del diritto di soggiorno nei Paesi Bassi, in forza dell’articolo 6 della direttiva soggiorno.

27.      D’altro lato, il Segretario di Stato riconosce che FS ha dimostrato di aver lasciato i Paesi Bassi entro il termine fissato dal provvedimento di allontanamento, ma afferma che gli effetti giuridici di tale provvedimento non si erano esauriti e che, pertanto, FS non poteva avere un nuovo diritto di soggiorno nei Paesi Bassi. Tali effetti giuridici, infatti, si sarebbero esauriti solo qualora FS, conformemente alla giurisprudenza della Corte (8), si fosse stabilito in un altro Stato membro, in forza e nel rispetto delle condizioni stabilite all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva soggiorno e avesse potuto dimostrare di avere effettuato un «soggiorno effettivo» in quest’altro Stato membro per un periodo superiore a tre mesi. Orbene, tenuto conto delle dichiarazioni di FS in merito al suo soggiorno in Germania, siffatta situazione non si sarebbe verificata. Secondo il Segretario di Stato, solo quest’interpretazione consentirebbe di evitare gli abusi di diritto; se così non fosse, a FS sarebbe bastato soggiornare un solo giorno in Germania per vanificare gli effetti giuridici del provvedimento di allontanamento e, in tal modo, ritornare e soggiornare di nuovo legalmente nei Paesi Bassi.

28.      A detto riguardo, il giudice del rinvio fa notare che, essendo ormai pacifico che FS ha lasciato il territorio dei Paesi Bassi entro il termine previsto dal provvedimento di allontanamento, l’accertare se egli sia stato legittimamente posto in stato di trattenimento amministrativo dipende dalla questione se egli avesse diritto nuovamente di soggiornare nei Paesi Bassi a tale data, segnatamente in forza dell’articolo 6 della direttiva soggiorno. Quest’ultimo punto dipenderebbe, a propria volta, dagli effetti giuridici prodotti dal provvedimento di allontanamento, ai sensi dell’articolo 15 della direttiva in parola. Orbene, il giudice del rinvio osserva che non risulta né dal dettato dell’articolo 15 della direttiva citata né dall’impianto sistematico della medesima se un provvedimento di allontanamento continui a sortire effetti giuridici per un determinato periodo dopo la partenza della persona interessata dallo Stato membro ospitante o se un siffatto provvedimento debba considerarsi pienamente eseguito al momento di tale partenza.

29.      È in tale contesto che il Raad van State (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 15, paragrafo 1, della [direttiva soggiorno] debba essere interpretato nel senso che si è ottemperato alla decisione di allontanamento di un cittadino dell’Unione dal territorio dello Stato membro ospitante, adottata sulla base della suddetta disposizione, e la decisione non sortisce più effetti giuridici non appena tale cittadino dell’Unione abbia dimostrato di aver lasciato il territorio dello Stato membro ospitante entro il termine per la partenza volontaria fissato in detta decisione.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, se tale cittadino dell’Unione, qualora rientri immediatamente nello Stato membro ospitante, abbia il diritto di soggiorno per un periodo non superiore a tre mesi, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della [direttiva soggiorno], o se lo Stato membro ospitante possa adottare una nuova decisione di allontanamento per evitare che il cittadino dell’Unione faccia ingresso nel suo territorio ogni volta per un breve periodo.

3)      In caso di risposta negativa alla prima questione, se detto cittadino dell’Unione debba in tal caso soggiornare per un determinato periodo fuori dal territorio dello Stato membro ospitante e quanto duri detto periodo».

30.      Osservazioni scritte sono state depositate da FS, dai governi dei Paesi Bassi, ceco e danese nonché dalla Commissione europea. Ad esclusione del governo ceco, dette parti hanno inoltre svolto osservazioni orali all’udienza tenutasi il 16 novembre 2020. Il governo belga, che non aveva depositato osservazioni scritte, ha parimenti potuto esporre i propri argomenti in tale udienza.

IV.    Analisi

A.      Osservazioni preliminari

31.      Il presente rinvio pregiudiziale ha come sfondo una controversia riguardante un cittadino polacco, FS, il quale, avendo perso il diritto di soggiornare nei Paesi Bassi ai sensi dell’articolo 7 della direttiva soggiorno, è stato oggetto di un provvedimento di allontanamento, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva medesima. Avendo volontariamente lasciato detto Stato membro entro il termine previsto nel provvedimento di allontanamento, tale cittadino fa valere di aver soggiornato presso amici in Germania vicino alla frontiera con i Paesi Bassi, in cui si recava quotidianamente per acquistare marijuana. Un mese dopo la sua partenza, è stato arrestato dalla polizia dei Paesi Bassi, non avendo potuto esibire un documento di identità, e posto in stato di trattenimento amministrativo in vista di essere allontanato verso il suo paese di origine, con la motivazione che sussisteva il rischio che egli si sottraesse al controllo degli stranieri e che eludesse o ostacolasse la preparazione del suo allontanamento Tale rischio sarebbe segnatamente ascrivibile al fatto che detto cittadino non avrebbe, in sostanza, pienamente ottemperato al citato provvedimento di allontanamento, giacché non avrebbe dimostrato di avere effettivamente soggiornato in un altro Stato membro.

32.      È in tale contesto che il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se un provvedimento di allontanamento adottato ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva soggiorno sia pienamente eseguito per il solo fatto che il cittadino dell’Unione lasci fisicamente il territorio dello Stato membro ospitante, nel qual caso detto cittadino, qualora ritornasse, avrebbe un nuovo diritto di soggiorno sino a tre mesi ai sensi dell’articolo 6 della direttiva in parola, oppure se il suddetto provvedimento di allontanamento continui a sortire effetti per un determinato periodo dopo la partenza fisica del cittadino di cui trattasi. In quest’ultimo caso, detto giudice desidera sapere per quanto tempo siffatti effetti continuino a prodursi.

33.      Il giudice del rinvio spiega che la risposta a simili questioni è indispensabile per la soluzione della controversia principale, la quale verte sulla legittimità del provvedimento di trattenimento amministrativo. Qualora gli effetti giudici del provvedimento di allontanamento dovessero estinguersi per il solo fatto che FS si è recato in Germania, anche soltanto per un giorno, allora, non appena ritornasse nei Paesi Bassi, egli avrebbe un nuovo diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 6 della direttiva soggiorno. In mancanza di una nuova decisione di allontanamento, il provvedimento di trattenimento amministrativo sarebbe illegittimo e FS avrebbe quindi diritto di essere risarcito.

34.      Orbene, l’interesse delle questioni va oltre il contesto fattuale piuttosto insolito della presente causa. Infatti, le questioni pregiudiziali s’inseriscono in una problematica più ampia, riguardante le modalità in cui uno Stato membro può effettivamente allontanare dal proprio territorio (per motivi non attinenti all’ordine pubblico, alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica) un cittadino dell’Unione che, dopo un periodo di soggiorno regolare, continui a soggiornarvi senza tuttavia soddisfare le condizioni previste dalla direttiva soggiorno, rischiando di diventare onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale di detto Stato membro. Tale problematica è tanto più rilevante in quanto, nello spazio Schengen (9), le frontiere interne possono essere attraversate in assenza di controlli sulle persone. Pertanto, i mezzi a disposizione di uno Stato membro per verificare che l’allontanamento di un cittadino dell’Unione in situazione d’irregolarità abbia effettivamente avuto luogo sono molto limitati.

35.      Alla luce di tali constatazioni, l’analisi degli effetti nel tempo di un provvedimento di allontanamento adottato in forza dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva soggiorno appare intrinsecamente connessa al coordinamento di detta disposizione con le altre del capo III della direttiva in parola, che vertono sul diritto di soggiorno. Mi sembra quindi utile, prima di iniziare la mia analisi, presentare una panoramica del contesto normativo applicabile (1.), che mi consentirà parimenti di chiarire la portata delle questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio (2.).

1.      Sul contesto normativo pertinente

36.      In via preliminare, occorre rammentare che la cittadinanza dell’Unione – quale introdotta dal Trattato di Maastricht (10) – conferisce a ciascun cittadino dell’Unione un diritto fondamentale e individuale di circolare e a soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le restrizioni fissate dai trattati e le misure adottate per darvi applicazione. Tale diritto è attualmente conferito ai cittadini dell’Unione dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, come ribadito all’articolo 45 dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La direttiva soggiorno, che disciplina segnatamente le modalità d’esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati membri da parte dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari, mira ad agevolare e a rafforzare l’esercizio di detto diritto (11).

37.      La direttiva soggiorno prevede due regimi di soggiorno per i cittadini dell’Unione: il «diritto di soggiorno» disciplinato dalle disposizioni del capo III, che contempla i diritti di soggiorno «sino a tre mesi» e «per un periodo superiore a tre mesi» (in prosieguo, congiuntamente: il «soggiorno temporaneo»), e il «diritto di soggiorno permanente» disciplinato dalle disposizioni del capo IV, i cui requisiti di ammissibilità figurano agli articoli da 16 a 18 di detta direttiva. Nel prosieguo si tratterà soltanto del soggiorno temporaneo, oggetto del caso in esame, il che consentirà di individuare i motivi che giustificano un provvedimento di allontanamento ai sensi dell’articolo 15 della direttiva in parola.

a)      Diritto di soggiornotemporaneo previsto dalla direttiva soggiorno

1)      Diritto di soggiorno sino a tre mesi

38.      In forza dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva soggiorno, i cittadini dell’Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio di un altro Stato membro per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o formalità, salvo il possesso di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità. Sebbene l’articolo 6 di detta direttiva non imponga alcuna condizione relativa alle risorse finanziarie del cittadino dell’Unione, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva medesima durante questi tre mesi il cittadino mantiene il diritto in parola finché non diventi un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale di tale Stato membro (12). Detta norma è coerente con l’articolo 24, paragrafo 2, della stessa direttiva, che consente allo Stato membro ospitante, segnatamente, di non attribuire il diritto a prestazioni di assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno.

39.      Per quanto riguarda la verifica delle condizioni relative al soggiorno, detto Stato membro, qualora non possa richiedere ai cittadini dell’Unione l’iscrizione presso le autorità competenti (13), ha tuttavia il diritto di imporre ai cittadini di fornire la prova della loro identità e della loro cittadinanza, purché tale obbligo sussista nei confronti dei propri cittadini per quanto riguarda la loro carta d’identità (14). Ad ogni modo, il suddetto Stato membro non può mettere in discussione il diritto di soggiorno di un cittadino per il solo fatto che non ha esibito uno dei suddetti documenti, segnatamente allorché l’interessato è comunque in grado di provare con altri mezzi, senza alcun equivoco, la sua cittadinanza (15).

2)      Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi

40.      Un cittadino dell’Unione europea è altresì titolare di un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante per un periodo superiore a tre mesi se soddisfa le condizioni enunciate in modo esaustivo all’articolo 7, paragrafo 1, lettere a), b) o c), della direttiva soggiorno, vale a dire, in sostanza: a) di essere lavoratore subordinato o autonomo in tale Stato membro, o b) di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi in detto Stato membro o c) di essere studente e disporre di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi.

41.      Gli Stati membri possono richiedere ai cittadini dell’Unione l’iscrizione presso le autorità competenti, ma il termine fissato per l’iscrizione non può essere inferiore a tre mesi dall’ingresso (16). Inoltre, a norma dell’articolo 14, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva soggiorno, qualora vi sia un dubbio ragionevole che il cittadino dell’Unione o i suoi familiari non soddisfino le condizioni stabilite all’articolo 7 della stessa, gli Stati membri possono effettuare una verifica in tal senso. Tuttavia, tale verifica non è effettuata sistematicamente. Infine, lo Stato membro può prescrivere all’interessato di dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale entro un termine ragionevole e non discriminatorio in seguito al suo ingresso nel territorio di tale Stato membro (17).

3)      Diritto di soggiorno derivato dei familiari

42.      I familiari del cittadino dell’Unione possono soggiornare nel territorio degli Stati membri purché soddisfino i requisiti previsti all’articolo 6, paragrafo 2 (per un soggiorno sino a tre mesi) o all’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), e paragrafo 2, della direttiva soggiorno (per un soggiorno per un periodo superiore a tre mesi), consistenti nell’accompagnare o raggiungere detto cittadino dell’Unione titolare del diritto di soggiorno (18).

b)      Motivi che giustificano ladozione di un provvedimento di allontanamento in base allarticolo15, paragrafo1, della direttiva soggiorno

43.      La direttiva soggiorno non contiene soltanto norme che disciplinano le condizioni per l’acquisizione delle diverse tipologie di diritti di soggiorno da essa previste, ma prescrive altresì un insieme di disposizioni intese a disciplinare la situazione derivante dalla perdita della titolarità di uno di questi diritti.

44.      A tale riguardo, la direttiva soggiorno contempla due fattispecie in cui gli Stati membri possono adottare provvedimenti di allontanamento: quando un siffatto provvedimento è adottato «per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica» (articolo 27 di detta direttiva) o quando il provvedimento è adottato «per motivi non attinenti all’ordine pubblico, alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica» (articolo 15, paragrafo 1, della suddetta direttiva) (19).

45.      Per quanto concerne la seconda fattispecie, in cui rientra il caso di cui al procedimento principale, occorre anzitutto constatare che l’articolo 15, che figura al capo III della medesima direttiva, concerne esclusivamente i beneficiari di un soggiorno temporaneo e non quelli di un soggiorno permanente (20). Orbene, contrariamente ai provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 27 della direttiva soggiorno (21), le situazioni in cui gli Stati membri ospitanti possono adottare provvedimenti che limitano la libera circolazione, segnatamente i provvedimenti di allontanamento, non risultano espressamente dal dettato dell’articolo 15 della direttiva soggiorno. Quest’ultima disposizione, infatti, non precisa quali siano i «motivi non attinenti [diversi da quelli previsti all’articolo 27 della direttiva in parola]».

46.      Nonostante il silenzio normativo, la Corte ha interpretato l’articolo 15 della direttiva soggiorno come disposizione che prevede il regime applicabile quando un diritto di soggiorno temporaneo ai sensi della medesima direttiva cessa, in particolare quando un cittadino dell’Unione o un suo familiare che, in passato, ha beneficiato di un diritto di soggiorno temporaneo non soddisfa più le condizioni del diritto di soggiorno in questione e può quindi, in linea di principio, essere allontanato dallo Stato membro ospitante (22).

47.      Dalle considerazioni che precedono, si può quindi dedurre che i motivi che giustificano l’adozione di un provvedimento di allontanamento sulla base dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva soggiorno possono essere stabiliti soltanto sul fondamento di una lettura combinata delle altre disposizioni del capo III della medesima direttiva riguardanti le condizioni relative al diritto di soggiorno temporaneo.

48.      A tale riguardo, anzitutto, dalla formulazione dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva soggiorno risulta che i provvedimenti che limitano la libera circolazione riguardano al contempo i cittadini dell’Unione e i loro familiari (23). Per quanto concerne i cittadini dell’Unione, un provvedimento di allontanamento potrebbe quindi essere adottato per inosservanza delle condizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1 (soggiorno sino a tre mesi), o all’articolo 7, paragrafo 1, lettere da a) a c) (soggiorno per un periodo superiore a tre mesi), di tale direttiva, quali illustrate ai paragrafi 38 e 40 delle presenti conclusioni. Per quanto attiene ai familiari, un provvedimento del genere potrebbe parimenti essere adottato per inosservanza delle condizioni relative al diritto di soggiorno derivato o alla sua conservazione, quali descritte al paragrafo 42 delle presenti conclusioni.

49.      Tuttavia, la direttiva in parola contempla due eccezioni alla regola secondo cui un provvedimento di allontanamento sarebbe giustificato qualora non sussistessero più le condizioni relative al soggiorno temporaneo.

50.      Da un lato, la direttiva soggiorno precisa, al suo considerando 16, che sia i cittadini dell’Unione sia i loro familiari «non dovrebbero essere allontanati finché non diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante» (24). Tale requisito è infatti coerente, in primo luogo, con l’articolo 15, paragrafo 2, della medesima direttiva, che enuncia, sostanzialmente, che lo scadere della carta d’identità o del passaporto che ha consentito l’ingresso nello Stato membro ospitante non giustifica l’allontanamento dal territorio, in secondo luogo, con l’articolo 14, paragrafo 3, della stessa direttiva, il quale prevede che il ricorso da parte di un cittadino dell’Unione al sistema di assistenza sociale non dà luogo automaticamente ad un provvedimento di allontanamento, e, in terzo luogo, con le disposizioni dell’articolo 14, paragrafo 1, e dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva in parola, relative al ricorso al sistema di assistenza sociale (v. paragrafo 38 delle presenti conclusioni).

51.      Pertanto, nel caso di un soggiorno ai sensi dell’articolo 6 o dell’articolo 7 della direttiva soggiorno, un provvedimento di allontanamento ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, di tale direttiva nei confronti di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare potrebbe essere giustificato soltanto qualora la condizione relativa al soggiorno non sussistente fosse collegata al criterio dell’onere eccessivo per il sistema sociale dello Stato membro ospitante, posto che le condizioni relative al possesso di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità chiaramente non sono, di per sé, sufficienti a giustificare un siffatto provvedimento di allontanamento (25).

52.      D’altro lato, l’articolo 14, paragrafo 4, e l’ultima frase del considerando 16 della medesima direttiva dispongono, in sostanza, che in nessun caso una misura di allontanamento dovrebbe essere presa nei confronti di lavoratori subordinati, lavoratori autonomi o richiedenti lavoro, eccetto che per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. Infatti, conformemente alla giurisprudenza della Corte, i cittadini dell’Unione e i loro familiari non possono essere allontanati finché tali cittadini sono in grado di dimostrare che continuano a cercare lavoro e hanno effettive possibilità di essere assunti (26).

53.      Pertanto, nel caso di un soggiorno ai sensi dell’articolo 7 della direttiva soggiorno, non può essere adottato un provvedimento di allontanamento nei confronti di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare che non soddisfa le condizioni relative al soggiorno di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva, riguardante i lavoratori (subordinati o autonomi), a prescindere dal fatto che detto cittadino o familiare possa costituire un onere, anche eccessivo, per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante.

2.      Sulla portata delle questioni pregiudiziali

54.      Alla luce di quanto precede, ritengo utile fornire le seguenti precisazioni in ordine alla portata delle questioni pregiudiziali.

55.      In primo luogo, mi sembra utile rammentare che il giudice del rinvio spiega che, nonostante la condotta illecita di FS, il Segretario di Stato ha fondato il provvedimento di allontanamento non sull’articolo 27, ma esclusivamente sull’articolo 15 della direttiva soggiorno. Pertanto, la Corte non è chiamata a pronunciarsi sull’idoneità di tale condotta illecita a costituire una minaccia per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza, ai sensi di detto articolo 27, e a giustificare un provvedimento di allontanamento a tale titolo (27).

56.      In secondo luogo, va osservato che, se è vero che il provvedimento di allontanamento di cui al procedimento principale è stato adottato a causa del mancato rispetto delle condizioni previste all’articolo 7 della direttiva soggiorno, le questioni pregiudiziali, quali formulate dal giudice del rinvio, riguardano, più generalmente, l’insieme dei provvedimenti di allontanamento adottabili sulla base dell’articolo 15, paragrafo 1, di detta direttiva. Orbene, come rammentato supra, l’articolo 15 della direttiva in parola si applica in caso di cessazione di un diritto di soggiorno temporaneo ai sensi della direttiva medesima con la motivazione che la persona interessata rischia di diventare un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante. Ritengo, quindi, che la risposta alla questione sollevata dal giudice del rinvio non possa essere limitata alle situazioni in cui un cittadino dell’Unione è allontanato unicamente per motivi inerenti all’articolo 7 della direttiva soggiorno, sebbene, in realtà, costituiscano la maggior parte dei motivi di allontanamento.

57.      In terzo luogo, come risulta dai paragrafi 45 e 53 delle presenti conclusioni, l’analisi si basa sulla premessa secondo cui è escluso che i cittadini dell’Unione interessati siano cittadini aventi diritto a un soggiorno permanente oppure lavoratori subordinati, autonomi o alla ricerca di un posto di lavoro, che beneficiano delle eccezioni di cui all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva soggiorno.

58.      In quarto e ultimo luogo, si deve precisare che, in assenza di controlli alle frontiere interne dell’Unione, gli effetti nel tempo dei provvedimenti di allontanamento saranno valutati solo quando un cittadino allontanato rivendichi nuovamente un diritto di soggiorno dinanzi alle autorità di uno Stato membro. Non si può quindi escludere che tale valutazione varii in funzione dello Stato membro cui è presentata la nuova domanda di diritto di soggiorno. Qualora, infatti dopo aver lasciato lo Stato membro ospitante, tale cittadino faccia valere un nuovo diritto di soggiorno in un altro Stato membro (o addirittura in un paese terzo), quest’ultimo, in linea di principio, non ha motivi per non considerare nel frattempo cessati gli effetti giuridici del provvedimento di allontanamento dello Stato membro ospitante. L’esame che segue concerne, quindi, esclusivamente la configurazione della presente causa, in cui il cittadino in parola ha lasciato lo Stato membro ospitante e rivendica un nuovo diritto soggiorno nello stesso Stato membro, senza che nel frattempo gli sia stato formalmente concesso un diritto di soggiorno in un altro Stato membro (28).

B.      Esame delle questioni pregiudiziali

1.      Sulla partenza fisica del cittadino dellUnione come circostanza sufficiente per la piena esecuzione di un provvedimento di allontanamento adottato sulla base dellarticolo15, paragrafo1, della direttiva soggiorno

59.      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il fatto che il cittadino dell’Unione lasci fisicamente il territorio dello Stato membro ospitante sia di per sé sufficiente per considerare pienamente eseguito un provvedimento di allontanamento adottato ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva soggiorno, con la conseguenza che il provvedimento cessa di sortire effetti giuridici nel tempo.

60.      Gli interessati, che hanno presentato osservazioni scritte e orali, sostengono posizioni divergenti. Da un lato, FS propone di rispondere a tale questione in senso affermativo, cosicché, in sostanza, un siffatto provvedimento di allontanamento sarebbe pienamente eseguito stante il solo fatto che la persona interessata abbia lasciato, prima della scadenza del termine previsto, fosse anche soltanto per un lasso di tempo circoscritto, il territorio dello Stato membro ospitante, e nel momento in cui l’abbia fatto. Tale persona dovrebbe quindi poter rivendicare un nuovo diritto di soggiorno sino a tre mesi, ai sensi dell’articolo 6 della direttiva soggiorno. D’altro lato, tutti i governi che hanno presentato osservazioni scritte e orali, nonché la Commissione, sostengono la posizione del Segretario di Stato, secondo cui, in sostanza, la sola partenza fisica del cittadino dell’Unione non potrebbe bastare a determinare l’esaurimento degli effetti giuridici di un siffatto provvedimento, facendo valere che un’interpretazione del genere sarebbe in contrasto con l’effetto utile della direttiva in parola (29).

61.      Per i motivi che mi appresto a illustrare, condivido questa seconda posizione.

62.      Rammento, anzitutto, che un’interpretazione autonoma e uniforme dell’articolo 15 della direttiva soggiorno richiede di tenere conto non solo del suo tenore, ma anche del contesto della disposizione stessa e degli obiettivi perseguiti. Inoltre, tale disposizione non può essere interpretata restrittivamente e, comunque, non dev’essere privata della sua efficacia pratica (30).

63.      In primo luogo, per quanto riguarda il tenore dell’articolo 15 della direttiva soggiorno, constato che la formulazione di detta disposizione non fornisce elementi idonei a valutare gli effetti nel tempo dei provvedimenti di allontanamento adottati sulla sua base. Infatti, il paragrafo 1 della disposizione in parola si limita a precisare che «[l]e procedure previste agli articoli 30 e 31 si applicano, mutatis mutandis, a tutti i provvedimenti che limitano la libera circolazione (…) per motivi non attinenti all’ordine pubblico, alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica», il paragrafo 2, che «[l]o scadere della carta d’identità o del passaporto (…) non giustifica l’allontanamento dal territorio», e il paragrafo 3, che «[l]o Stato membro ospitante non può disporre, in aggiunta ai provvedimenti di allontanamento (…) il divieto d’ingresso nel territorio nazionale».

64.      Inoltre, gli articoli 30 e 31 della direttiva soggiorno, cui rinvia l’articolo 15, paragrafo 1, della stessa e che si applicano mutatis mutandis (31), pur contenendo disposizioni che potrebbero influire sull’esecuzione dei provvedimenti di allontanamento, non lo fanno per quanto concerne gli effetti nel tempo (32). Rilevo, a tal riguardo, che l’articolo 30, paragrafi 1 e 3, della suddetta direttiva dispone, segnatamente, che gli Stati membri notifichino per iscritto all’interessato i provvedimenti di allontanamento, indicando il termine impartito per lasciare il loro territorio, e precisa che, «[f]atti salvi i casi di urgenza debitamente comprovata, tale termine non può essere inferiore a un mese a decorrere dalla data di notificazione».

65.      Le disposizioni summenzionate producono quindi, in sostanza, l’effetto di prolungare il soggiorno di una persona allontanata per un periodo massimo di un mese dalla notifica del provvedimento di allontanamento. Si potrebbe pertanto sostenere che un simile differimento sarebbe privo di qualsiasi utilità se, per ottemperare pienamente a un provvedimento di allontanamento, fosse sufficiente che la persona interessante si recasse fisicamente in uno Stato membro confinante. Tuttavia, letto nel suo contesto più generale, l’articolo 30, paragrafo 3, della direttiva soggiorno non mira a disciplinare gli effetti nel tempo dei provvedimenti di allontanamento, bensì piuttosto, da un lato, a garantire che l’interessato possa utilmente avvalersi dei rimedi giurisdizionali istituiti dagli Stati membri (33) e, dall’altro, a concedergli un termine congruo che gli consenta di organizzare la partenza.

66.      Da quanto precede discende che né l’articolo 15 né gli articoli 30 e 31 della direttiva soggiorno consentono di fornire una risposta definitiva sulle modalità di esaurimento degli effetti giuridici di un provvedimento di allontanamento.

67.      In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto in cui s’inserisce l’articolo 15 della direttiva soggiorno, occorre rammentare che la stessa consente di limitare la libera circolazione dei cittadini dell’Unione «per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica» e per «motivi non attinenti [a questi ultimi]» (v. paragrafo 44 delle presenti conclusioni). Benché la suddetta direttiva non prescriva le misure con cui gli Stati membri possono limitare la libertà di circolazione, essa contiene, tuttavia, una disposizione che disciplina gli effetti nel tempo di una di queste misure, vale a dire il provvedimento di divieto d’ingresso nel territorio.

68.      Infatti, l’articolo 32 della direttiva soggiorno consente la presentazione di una domanda di revoca di tale divieto dopo il decorso di un «congruo periodo, determinato in funzione delle circostanze e in ogni modo dopo tre anni a decorrere dall’esecuzione del provvedimento definitivo di divieto (…), nella quale [la persona interessata] deve addurre argomenti intesi a dimostrare l’avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione di vietarne l’ingresso nel territorio».

69.      Orbene, a mio avviso, la circostanza che la direttiva in parola disciplini gli effetti nel tempo dei provvedimenti di divieto d’ingresso nel territorio e non contempli nessuna disposizione equivalente al suo articolo 32 che stabilisca gli effetti nel tempo delle altre decisioni che limitano la libera circolazione di un cittadino dell’Unione, segnatamente dei provvedimenti di allontanamento adottati sulla base dell’articolo 15, paragrafo 1, di suddetta direttiva, non può dimostrare né, mediante un’interpretazione mutatis mutandis, che gli effetti di tali provvedimenti permangano per un congruo periodo, né, mediante un’interpretazione a contrario, che la volontà del legislatore dell’Unione consistesse nel far sì che gli effetti giuridici di un provvedimento di allontanamento si estinguano per il solo fatto che il cittadino dell’Unione lasci fisicamente lo Stato membro ospitante (34).

70.      Ne consegue che da un’interpretazione contestuale della direttiva soggiorno non può essere tratta alcuna precisazione sulle modalità di esaurimento degli effetti nel tempo di un provvedimento di allontanamento.

71.      Non essendo decisiva l’interpretazione letterale e contestuale, è soltanto alla luce dell’interpretazione teleologica della direttiva soggiorno e del suo effetto utile che si possono eventualmente individuare elementi di risposta a tale prima questione.

72.      Per quanto attiene, quindi, in terzo luogo, all’obiettivo dell’articolo 15 della direttiva soggiorno, rilevo anzitutto che detta disposizione persegue una duplice finalità. Da un lato, essa è intesa a istituire, per i provvedimenti adottati sul suo fondamento, un regime di garanzie procedurali simile a quello applicabile ai provvedimenti che limitano la libera circolazione adottati sulla base dell’articolo 27 della citata direttiva (35). D’altro lato, detto articolo 15, nei limiti in cui consente l’adozione di provvedimenti che limitano la libera circolazione allorché un cittadino dell’Unione o un suo familiare non soddisfa più talune condizioni relative al soggiorno temporaneo, persegue una finalità meno evidente ma altrettanto importante. Tale articolo, infatti, costituisce l’unica disposizione della direttiva soggiorno di cui possono avvalersi gli Stati membri per far sì, sulla base del diritto dell’Unione, che le persone che non soddisfano più le condizioni relative al soggiorno temporaneo e che rappresentano un onere eccessivo per il loro sistema di assistenza sociale, possano essere allontanate dal loro territorio. Detta disposizione è dunque preordinata a garantire l’effetto utile delle disposizioni sul diritto di soggiorno, tutelando al contempo le risorse pubbliche di uno Stato membro (36).

73.      È rispetto a questa seconda finalità dell’articolo 15 della direttiva soggiorno che occorre, a mio avviso, valutare se la partenza fisica di un cittadino dell’Unione sia sufficiente, di per sé, ai fini della piena esecuzione di un provvedimento di allontanamento.

74.      A tale riguardo, ritengo che un’interpretazione dell’articolo 15 della citata direttiva secondo cui un provvedimento di allontanamento cesserebbe, in modo quasi automatico, di produrre i suoi effetti giuridici non appena il cittadino dell’Unione lasci fisicamente il territorio dello Stato membro ospitante equivarrebbe, in sostanza, a privare di effetto utile solo detto articolo, ma, conseguentemente, anche il complesso di disposizioni che fissano le condizioni per il diritto di soggiorno temporaneo.

75.      Infatti, come precisato ai paragrafi da 43 a 53 delle presenti conclusioni, i motivi che giustificano l’adozione di un provvedimento di allontanamento sulla base dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva soggiorno possono variare in funzione della tipologia di soggiorno di cui godeva il cittadino dell’Unione o il suo familiare prima dell’allontanamento. Tuttavia, vi è un elemento in comune – l’interessato non dovrebbe essere allontanato finché non diventi un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante.

76.      Orbene, mi pare evidente che non è attraversando le frontiere dello Stato membro ospitante che un cittadino dell’Unione o un suo familiare potrà, da un giorno all’altro, modificare la propria situazione, in modo da non rappresentare più un siffatto onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale di detto Stato membro. Qualora tale circostanza si verificasse, i provvedimenti adottati sulla base dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva soggiorno non avrebbero, in realtà, alcuna efficacia vincolante. La nozione di «allontanamento» sarebbe, infatti, privata di qualsiasi effetto utile se, ad esempio, un cittadino dell’Unione potesse rivendicare di essersi conformato al provvedimento di allontanamento per il semplice fatto di essere stato temporaneamente presente fisicamente in uno Stato membro confinante.

77.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo di rispondere alla prima questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva soggiorno dev’essere interpretato nel senso che un provvedimento di allontanamento adottato sulla base di detta disposizione non può essere pienamente eseguito, con la conseguenza di non sortire più effetti giuridici, per il solo fatto che un cittadino dell’Unione abbia lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro ospitante.

78.      Pertanto, benché non occorra rispondere alla seconda questione pregiudiziale, rimangono tuttavia da stabilire i limiti temporali degli effetti giuridici di detti provvedimenti.

2.      Sugli effetti nel tempo di un provvedimento di allontanamentoadottato sulla basedellarticolo15, paragrafo1, della direttiva soggiorno

79.      Se è vero che, in considerazione dell’effetto utile dell’articolo 15 della direttiva soggiorno, ho respinto la proposta secondo cui gli effetti giuridici di un provvedimento di allontanamento si estinguerebbero per il fatto che la persona interessata abbia attraversato la frontiera dello Stato membro ospitante, tuttavia, per motivi di coerenza, ritengo che siano questi stessi imperativi correlati alla conservazione dell’effetto utile dell’articolo 15 a doverci guidare nell’analisi relativa agli effetti nel tempo dei provvedimenti di allontanamento.

a)      Sul criterio dell«oggettivo mutamento delle circostanze» che ha giustificato ilprovvedimento di allontanamento

80.      Occorre, anzitutto, sottolineare che un provvedimento di allontanamento ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva soggiorno perde necessariamente la sua ragion d’essere, e quindi la sua efficacia giuridica, se la persona allontanata riesce a dimostrare che, dopo il suo allontanamento, a partire anche solo dal giorno successivo a quello in cui ha lasciato il territorio dello Stato membro ospitante, un «oggettivo mutamento delle circostanze» (37) le consente a quel punto di soddisfare le condizioni relative al soggiorno che prima non sussistevano e che avevano giustificato il provvedimento di allontanamento.

81.      Infatti, in tale fattispecie, un cittadino dell’Unione deve poter dimostrare all’amministrazione di detto Stato membro che il provvedimento di allontanamento ha perso la sua efficacia giuridica, al fine di far valere un nuovo diritto di soggiorno, segnatamente ai sensi dell’articolo 6 della direttiva soggiorno. Naturalmente, un siffatto oggettivo mutamento delle circostanze si verifica nel momento in cui il cittadino dell’Unione può nuovamente essere considerato un lavoratore (subordinato o autonomo) o un richiedente lavoro nell’ex Stato membro ospitante, in quanto un simile status esclude la perdita del diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 15 della suddetta direttiva e sarebbe quindi incompatibile con la concomitante esistenza di un provvedimento di allontanamento (38).

82.      Per quanto situazioni del genere siano possibili, in realtà è raro che un simile oggettivo mutamento delle circostanze avvenga poco tempo dopo l’allontanamento della persona interessata. Al contrario, un siffatto cambiamento accade, più frequentemente, soltanto in seguito a un soggiorno in un altro paese. Si pone, pertanto, la questione se l’unica possibilità per tale persona di soggiornare nuovamente nello Stato membro ospitante consista nel dimostrare un siffatto oggettivo mutamento delle circostanze.

83.      Ritengo che a tale questione si debba chiaramente rispondere in senso negativo. Sarebbe, infatti, contrario allo spirito stesso della direttiva soggiorno, che mira a facilitare e a rafforzare l’esercizio del diritto di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, ritenere che un provvedimento di allontanamento continui a produrre i suoi effetti finché non si verifichi un oggettivo mutamento dello status della persona interessata. Un approccio del genere potrebbe condurre al risultato di perpetuare nel tempo gli effetti di suddetto provvedimento, all’occorrenza a tempo indeterminato, creando quindi un ostacolo sproporzionato alla libertà di soggiorno.

84.      Per evitare una situazione del genere, possono ipotizzarsi due soluzioni: la prima consisterebbe nello stabilire i limiti temporali degli effetti giuridici di un provvedimento di allontanamento tenendo conto della precisa durata del soggiorno fuori dallo Stato membro ospitante in seguito all’allontanamento, criterio di riferimento che si applicherebbe sistematicamente, mentre la seconda risiederebbe nello stabilire i limiti temporali degli effetti giuridici del provvedimento di allontanamento non esclusivamente sulla base della precisa durata del soggiorno al di fuori di suddetto Stato membro, bensì sulla base di un complesso di altri elementi.

85.      Per i motivi delineati qui di seguito, propongo di respingere la prima delle due soluzioni e di accogliere la seconda.

b)      Sul criterio del «soggiornoper un determinato periodo» fuori dal territorio dello Stato membro ospitante

86.      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede se un cittadino dell’Unione che sia stato allontanato ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva soggiorno debba soggiornare per un determinato periodo fuori dal territorio dello Stato membro ospitante affinché si possa considerare che si è ottemperato al provvedimento di allontanamento. In caso di risposta affermativa, detto giudice chiede alla Corte di stabilire la durata di tale periodo.

87.      Se è vero che tutti i governi che hanno presentato osservazioni alla Corte e la Commissione sono concordi nel ritenere che la sola partenza fisica dal territorio dello Stato membro ospitante non possa, di per sé, determinare l’esaurimento degli effetti di un provvedimento di allontanamento, soltanto il governo dei Paesi Bassi reputa che un siffatto esaurimento abbia luogo allorché un cittadino abbia realmente ed effettivamente lasciato lo Stato membro per un determinato periodo, vale a dire per almeno tre mesi. Quanto all’applicazione di tale criterio, detto governo ha segnatamente precisato all’udienza che, durante detti tre mesi, una persona allontanata dallo Stato membro ospitante non potrà far valere un nuovo diritto di soggiorno (salvo il caso di «oggettivo mutamento delle circostanze»), ma potrà continuare ad accedere al territorio dello Stato membro ai sensi dell’articolo 5 della direttiva soggiorno. Siffatto diritto d’ingresso sarà, tuttavia, concesso soltanto se si dimostri che sussiste un motivo specifico e concreto che giustifica la presenza della persona di cui trattasi in tale territorio (ad esempio, una visita medica o uno specifico acquisto, ecc.). In mancanza di una siffatta giustificazione, si presumerà che tale persona si trovi in detto territorio in continuità col suo precedente diritto di soggiorno e, quindi, in violazione del provvedimento di allontanamento.

88.      La proposta del governo dei Paesi Bassi presenta indubbiamente alcuni vantaggi sotto il profilo dell’effettiva esecuzione dei provvedimenti di allontanamento. Infatti, richiedendo in tutti i casi un periodo minimo di soggiorno fuori dallo Stato membro ospitante, a livello dell’Unione sarebbe garantita una certa prevedibilità e quindi la certezza del diritto, poiché si consentirebbe sia ai cittadini dell’Unione sia agli Stati membri di conoscere in anticipo per quanto tempo il provvedimento di allontanamento possa considerarsi produttivo di effetti giuridici. Tale prevedibilità sarebbe tanto più garantita in quanto, conformemente all’articolo 30, paragrafo 3, della direttiva soggiorno, detto periodo potrebbe iniziare a decorrere da una data precisa, ossia un mese dopo la notifica del provvedimento di allontanamento, senza richiedere una prova dell’effettivo allontanamento che, in mancanza di frontiere interne, sarebbe difficile da fornire.

89.      Tuttavia, affermare che gli effetti giuridici di un provvedimento di allontanamento debbano sempre permanere per un periodo di almeno tre mesi obbligherebbe, in realtà, il cittadino dell’Unione a dimostrare un soggiorno di tre mesi fuori dallo Stato membro ospitante prima di poter rivendicare un nuovo diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 6 della direttiva soggiorno. Un approccio del genere sarebbe, a mio avviso, in contrasto non solo con il tenore letterale, ma anche con lo spirito della direttiva.

90.      Infatti, da una parte, un simile approccio renderebbe il soggiorno per un periodo di tre mesi fuori dallo Stato membro ospitante una conditio sine qua non del diritto fondamentale di ogni cittadino dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Orbene, alla luce del suo carattere fondamentale (39), un simile diritto non solo non può essere interpretato in senso restrittivo (40), ma, in conformità con l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, può essere limitato soltanto ove una siffatta limitazione sia prevista dal Trattato FUE o dal diritto derivato (41).

91.      A tale riguardo, si deve constatare che nessuna norma di diritto derivato, segnatamente tra quelle della direttiva soggiorno, subordina l’esercizio del diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione, in particolare dei cittadini che sono stati allontanati, alla prova di aver soggiornato fuori dallo Stato membro ospitante per un determinato periodo, a prescindere che sia di tre mesi o più breve. Avallare la proposta del governo dei Paesi Bassi costituirebbe quindi una creazione giurisprudenziale, in quanto la Corte si sostituirebbe al legislatore dell’Unione nell’imposizione di una specifica prescrizione in ordine alla durata degli effetti giuridici dei provvedimenti di allontanamento. Un simile avallo pregiudicherebbe non solo la lettera dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, ma anche i principi dell’equilibrio istituzionale e dell’attribuzione delle competenze, quali sanciti all’articolo 13, paragrafo 2, TUE. Inoltre, nulla impedisce al legislatore dell’Unione di prevedere nella direttiva soggiorno un preciso limite temporale degli effetti nel tempo dei provvedimenti di allontanamento adottati ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, di detta direttiva, come ha fatto per gli effetti nel tempo dei provvedimenti di divieto d’ingresso nel territorio(42).

92.      Dall’altra parte, tale proposta del governo dei Paesi Bassi sarebbe parimenti contraria all’esercizio del diritto di circolare liberamente, quale garantito dall’articolo 5 della direttiva soggiorno, in quanto imporrebbe d’ufficio una condizione aggiuntiva per l’esercizio del diritto d’ingresso il motivo «specifico e concreto» della visita del cittadino nello Stato membro ospitante. Orbene, l’esercizio del diritto d’ingresso, che costituisce un’espressione della facoltà di circolare liberamente nell’Unione, è difficilmente conciliabile con un siffatto obbligo di motivazione, in particolare perché, visto il suo carattere soggettivo e potenzialmente arbitrario, tale obbligo potrebbe dissuadere gli interessati dall’avvalersi del suddetto diritto. Naturalmente, nell’ambito dello spazio Schengen, in mancanza di controlli alle frontiere interne, una giustificazione del genere sarebbe richiesta solo in casi eccezionali, segnatamente in occasione dei controlli di polizia. Tuttavia, una siffatta prassi di controlli su vasta scala sarebbe verosimilmente percepita dalle persone interessate come l’attuazione indiretta di un divieto d’ingresso nel territorio dello Stato membro ospitante, in quanto i motivi presentati potrebbero sistematicamente essere reputati come insufficienti per giustificare la loro presenza nel territorio dello Stato membro ospitante. Una prassi del genere sarebbe in contrasto con lo stesso spirito dell’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva soggiorno, che vieta a tale Stato membro di disporre, in aggiunta al provvedimento di allontanamento, il divieto d’ingresso nel territorio nazionale.

93.      Alla luce di quanto precede, propongo di concludere che occorre respingere la proposta del governo dei Paesi Bassi secondo cui gli effetti giuridici di un provvedimento di allontanamento devono sistematicamente (43)permanere per un periodo di almeno tre mesi.

94.      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti che detto governo deriva, operando una lettura a contrario, dalle disposizioni relative all’«abuso» degli orientamenti della Commissione (44) e della sentenza del 12 marzo 2014, O. e B. (45), al fine di dimostrare che un nuovo diritto di soggiorno, ai sensi dell’articolo 6 della direttiva soggiorno, può sorgere solo dal momento in cui vi sia stato un «soggiorno reale ed effettivo» fuori dallo Stato membro ospitante.

95.      Anzitutto, la condotta delle persone che, dopo essere state allontanate dal territorio di uno Stato membro ospitante, desiderano farvi ritorno per soggiornarvi, non può essere definita «abusiva», nel senso della giurisprudenza della Corte e degli orientamenti della Commissione, nei limiti in cui non si tratta di una condotta artificiosa, adottata al solo scopo di ottenere il diritto di circolare e di soggiornare liberamente in forza del diritto dell’Unione, e in cui, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, non raggiunge l’obiettivo dalla stessa perseguito (46). Al contrario, nel caso di specie, si tratta semplicemente di stabilire se a tale persona possa essere concesso un nuovo diritto di soggiorno rispettando, quindi, formalmente le condizioni previste da detta normativa.

96.      Nel merito, poi, il collegamento tra la sentenza O. e B. e il caso di una persona che desidera soggiornare nuovamente nello Stato membro ospitante è debole, in quanto si tratta di cause non raffrontabili. Infatti, nella citata sentenza O. e B., la Corte era chiamata a pronunciarsi sulla questione se il diritto dell’Unione ostasse a che uno Stato membro rifiutasse il diritto di soggiorno al cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione avente la cittadinanza di detto Stato membro, quando detto cittadino fosse ritornato nel menzionato Stato membro, qualora tale cittadino, prima del suo ritorno, avesse soggiornato in un altro Stato membro con il familiare interessato, unicamente in qualità di cittadino dell’Unione. La causa verteva quindi sulle condizioni per la concessione di un diritto di soggiorno derivato al cittadino di un paese terzo ed è in tale peculiare contesto che si è considerato che il criterio del «soggiorno effettivo» nello Stato membro ospitante del cittadino dell’Unione e del suo familiare facesse sorgere un diritto di soggiorno derivato, al ritorno di tale cittadino dell’Unione nello Stato membro di cui possedeva la cittadinanza (47). Orbene, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, la persona interessata non intende far valere un diritto di soggiorno derivato che avrebbe acquisito stabilendosi in uno Stato membro diverso dallo Stato membro ospitante, al fine di avvalersene in quest’ultimo Stato al proprio ritorno.

97.      Infine, contrariamente alla succitata sentenza O. e B., in seguito a un provvedimento di allontanamento, non vi è alcun motivo per esigere un «soggiorno stabile» o un «soggiorno effettivo» in uno Stato membro diverso da quello che ha adottato tale provvedimento. L’importante è che l’interessato abbia posto fine al proprio soggiorno nel territorio dello Stato membro che ha adottato il provvedimento di allontanamento. Infatti, l’obbligo di lasciare il territorio in seguito a un provvedimento di allontanamento non può dar luogo a un obbligo di stabilirsi in un altro Stato membro e di acquisire un nuovo «soggiorno effettivo», essendo un simile obbligo contrario alla libertà del cittadino dell’Unione di soggiornare dove desidera nel territorio dell’Unione.

c)      Sugli altri elementi pertinenti

98.      Dalla nostra analisi risulta, da un lato, che gli effetti giuridici dei provvedimenti di allontanamento ai sensi dell’articolo 15 della direttiva soggiorno non si esauriscono per il fatto che il cittadino interessato lasci fisicamente il territorio dello Stato membro ospitante e, dall’altro lato, che i menzionati effetti non possono permanere nella misura in cui tale cittadino non soddisfi nuovamente le condizioni relative soggiorno o a un determinato periodo di soggiorno fuori da detto Stato membro. Se ne può quindi evincere che le autorità e i giudici nazionali dello Stato membro ospitante dovranno valutare, caso per caso, gli effetti nel tempo dei provvedimenti di allontanamento.

99.      A tale riguardo, se è vero che, per stabilire gli elementi pertinenti, occorre farsi guidare dall’effetto utile delle disposizioni della direttiva soggiorno, ritengo che almeno tre tipi di elementi dovrebbero comunque far parte della serie di fattori tenuti in considerazione dalle autorità nazionali.

100. In primo luogo, ritengo che, affinché gli effetti di un provvedimento di allontanamento si siano esauriti nei confronti di una persona e la stessa possa ottenere di nuovo un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante, sia necessario che la stessa abbia lasciato il territorio di detto Stato membro, ponendo effettivamente termine al suo soggiorno in tale paese. In detta fattispecie, l’amministrazione dovrebbe verificare se la persona abbia effettivamente intrapreso l’iter necessario per dimostrare di aver cessato di risiedere in detto Stato membro. I seguenti elementi, variabili a seconda della tipologia del soggiorno di cui trattasi, possono essere pertinenti al fine di stabilire il carattere reale ed effettivo della cessazione del soggiorno nello Stato membro ospitante. Pertanto, qualora la persona interessata soggiornasse nello Stato membro ospitante ai sensi dell’articolo 6 della direttiva soggiorno e fosse stata allontanata perché non soddisfaceva più le condizioni per il mantenimento del menzionato diritto ai sensi dell’articolo 14 della direttiva medesima, la prova che tale persona deve produrre per dimostrare la sua effettiva partenza da detto territorio è, per sua natura e per il fatto che la persona in parola non ha avuto il tempo di integrarsi nello Stato membro ospitante, più facile da fornire. Infatti, come già stabilito dalla Corte nella propria giurisprudenza, un cittadino dell’Unione che si avvale dei diritti a lui conferiti dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva soggiorno non mira a stabilirsi nello Stato membro ospitante con modalità propizie allo sviluppo o al consolidamento di una vita familiare in quest’ultimo Stato membro(48). Al contrario, ove la persona interessata soggiornasse nello Stato membro ospitante ai sensi dell’articolo 7 della citata direttiva, le prove per la persona interessata potrebbero essere più impegnative. Tale cittadino, ad esempio, dovrà poter dimostrare di aver chiesto la cancellazione dal registro dell’anagrafe, la risoluzione di un contratto di locazione o di fornitura di acqua, di energia, un trasloco, la cancellazione dell’iscrizione a un servizio per l’inserimento lavorativo o la cessazione di altri rapporti che presuppongono una presenza permanente. Al riguardo, constato che il periodo di assenza dal territorio dello Stato membro ospitante, pur non potendo essere, di per sé, determinante, né considerato singolarmente, potrebbe costituire uno degli importanti elementi di cui le autorità nazionali terranno conto. È evidente che un lungo periodo di assenza dal territorio depone a favore di una reale ed effettiva cessazione del soggiorno nello Stato membro ospitante e, pertanto, di un esaurimento degli effetti giuridici di un provvedimento di allontanamento.

101. In secondo luogo, come già stabilito, i titolari del diritto di soggiorno non dovrebbero essere destinatari di provvedimenti di allontanamento fintanto che non diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante. Per determinare se l’avente diritto rappresenti un siffatto onere eccessivo e provvedere, eventualmente, al suo allontanamento, conformemente al considerando 16 della direttiva soggiorno, detto Stato membro è tenuto a esaminare «se si tratta di difficoltà temporanee e [a] tenere conto della durata del soggiorno, della situazione personale e dell’ammontare dell’aiuto concesso». Ispirandosi a tali criteri, le autorità nazionali dovrebbero pertanto poter verificare, sulla base di un esame individuale, se la persona allontanata, pur non soddisfacendo le condizioni dell’articolo 7 della direttiva soggiorno, non rappresenti più un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale, e possa quindi far valere un diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 6 della direttiva in parola. Siffatta valutazione potrebbe consistere nell’esaminare la situazione personale e la condotta della persona interessata dopo il suo allontanamento. Osservo, in proposito, che la nozione di «assistenza sociale» è ampia e si riferisce alle prestazioni per le quali un cittadino dell’Unione non ha versato contributi e che sono finanziate dalle risorse pubbliche (49). A titolo di esempio, allorché una persona, come il ricorrente nel procedimento principale, dà prova di una condotta illecita reiterata dopo il suo allontanamento (50), tale condotta potrebbe essere pertinente, in quanto idonea a riflettere il rischio di rappresentare un onere eccessivo, avendo comportato la mobilitazione di una parte considerevole delle risorse della polizia. Tuttavia, spetta al giudice del rinvio valutare il carattere eccessivo di un siffatto ricorso al sistema di assistenza sociale.

102. In terzo e ultimo luogo, un altro elemento di cui si potrebbe tenere conto è l’intenzione della persona di cui trattasi di ottemperare al provvedimento di allontanamento e di rompere i legami esistenti con lo Stato membro ospitante. Tale elemento presenta tuttavia una serie di difficoltà pratiche nella sua attuazione, segnatamente giacché pare difficile valutare, in modo oggettivo, la reale intenzione di qualcuno di porre fine al proprio soggiorno. Infatti, una simile necessità imporrebbe all’amministrazione nazionale di effettuare un «puro processo alle intenzioni», difficilmente suffragabile da indizi oggettivi, soprattutto qualora sussista una vicinanza temporale tra la data di partenza e la verifica da parte dell’amministrazione o una vicinanza geografica tra il luogo in cui tale persona soggiorna e lo Stato membro ospitante.

V.      Conclusione

103. Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi) nei seguenti termini:

L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, come modificata dal regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, dev’essere interpretato nel senso che un provvedimento di allontanamento di uno Stato membro ospitante, adottato sulla base della disposizione succitata, non può considerarsi pienamente eseguito e non più produttivo di effetti giuridici per il solo fatto che la persona interessata dal provvedimento abbia lasciato fisicamente il territorio di detto Stato membro. Spetta alle autorità del menzionato Stato membro valutare gli effetti nel tempo di provvedimenti del genere sulla base di un esame individuale della persona interessata, tenendo conto dell’esistenza di un eventuale oggettivo mutamento delle circostanze che consenta a tale persona di soddisfare nuovamente le condizioni relative al soggiorno prima non sussistenti e che avevano giustificato il provvedimento di allontanamento o, in mancanza, di un complesso di elementi quali, segnatamente, l’esistenza di una cessazione reale ed effettiva del soggiorno nello Stato membro ospitante, costituendo al riguardo la durata del soggiorno fuori dal territorio di quest’ultimo un criterio indicativo ma non determinante di per sé, nonché il rischio che tale persona costituisca un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale di detto Stato membro.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77), come modificata dal regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011 (GU 2011, L 141, pag. 1, e rettifica in GU 2004, L 229, pag. 35).


3      La Corte è stata chiamata a interpretare taluni altri aspetti dell’articolo 15 della direttiva soggiorno, segnatamente la portata delle garanzie procedurali previste da tale disposizione, nelle sentenze del 12 luglio 2018, Banger (C‑89/17, EU:C:2018:570, punti da 42 a 52), e del 10 settembre 2019, Chenchooliah (C‑94/18, EU:C:2019:693, punti da 71 a 88). Tali garanzie procedurali sono state parimenti interpretate nelle conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa G.M.A. (Persona in cerca di occupazione) (C‑710/19, EU:C:2020:739, paragrafi da 86 a 99).


4      V. regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2006, L 105, pag. 1).


5      Tale registro è parte integrante del Registro della popolazione e contiene, in particolare, i dati delle persone che risiedono nei Paesi Bassi per un periodo inferiore a quattro mesi.


6      È stato, infatti, accertato che FS aveva lavorato per cinque mesi nei Paesi Bassi, ma che non svolgeva più alcuna attività economica, non aveva dimostrato di essere disoccupato involontario o in cerca di occupazione e non disponeva di risorse sufficienti per sopperire alle proprie necessità.


7      Il Segretario di Stato ha nel frattempo rettificato tale valutazione, riconoscendo che FS aveva ottemperato a suddetto provvedimento entro il termine impartito (v. paragrafo 27 delle presenti conclusioni).


8      V. sentenza del 12 marzo 2014, O. e B. (C‑456/12, EU:C:2014:135, punti 53 e 56).


9      V. articolo 5, paragrafo 1, della convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, del 14 giugno 1985, tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen il 19 giugno 1990 (GU 2000, L 239, pag. 19), ed entrata in vigore il 26 marzo 1995.


10      V. articolo 8 CE (GU 1992, C 191, pag. 1).


11      Adottando la direttiva soggiorno, il legislatore dell’Unione aspirava a codificare in un unico testo il diritto derivato precedente che trattava separatamente di lavoratori subordinati, lavoratori autonomi, studenti e altre persone inattive, al fine di semplificare e rafforzare il diritto di libera circolazione e soggiorno di tutti i cittadini dell’Unione (v. considerando 3 e 4). Superando un simile approccio frammentario, la direttiva ha modificato o abrogato tale diritto derivato, conferendo pertanto una nuova dimensione alla libertà di circolazione basata sulla cittadinanza dell’Unione [sentenza del 7 ottobre 2010, Lassal (C‑162/09, EU:C:2010:592, punto 30, e giurisprudenza ivi citata)].


12      V. considerando 10 della direttiva soggiorno, nonché sentenza dell’11 novembre 2014, Dano (C‑333/13, EU:C:2014:2358, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).


13      V. articolo 8, paragrafi 1 e 2, della direttiva soggiorno.


14      V. sentenza del 17 febbraio 2005, Oulane (C‑215/03, EU:C:2005:95, punti 21 e 35).


15      V. sentenza del 17 febbraio 2005, Oulane (C‑215/03, EU:C:2005:95, punti 24 e 25).


16      V. articolo 8, paragrafi 1 e 2, della direttiva soggiorno.


17      V. articolo 5, paragrafo 5, della direttiva soggiorno.


18      V. sentenza del 10 settembre 2019, Chenchooliah (C‑94/18, EU:C:2019:693, punti 60 e 61 nonché giurisprudenza ivi citata). La direttiva soggiorno prevede inoltre situazioni di conservazione del diritto di soggiorno derivato qualora non possa più sussistere il requisito dell’accompagnamento o del raggiungimento del familiare, ossia in caso di decesso o di partenza di suddetto cittadino (articolo 12) o in caso di divorzio, di annullamento del matrimonio o di scioglimento dell’unione registrata (articolo 13). In tali situazioni, i familiari aventi la cittadinanza di uno Stato membro, per poter mantenere il loro diritto di soggiorno, devono soddisfare le condizioni di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva in parola (articolo 12, paragrafo 1, e articolo 13, paragrafo 1), mentre i familiari cittadini di un paese terzo devono soddisfare le specifiche condizioni previste al riguardo, all’articolo 12, paragrafo 2, e all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva medesima [v. sentenza del 10 settembre 2019, Chenchooliah (C‑94/18, EU:C:2019:693, punto 66)].


19      Si deve constatare che né l’articolo 27, paragrafo 1, né l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva soggiorno utilizzano l’espressione «provvedimenti di allontanamento», ma si riferiscono rispettivamente, in modo più generale, a una «[limitazione della] libertà di circolazione e di soggiorno» o a «provvedimenti che limitano la libera circolazione». Tuttavia, dalle altre disposizioni di detta direttiva risulta che i «provvedimenti di allontanamento» fanno esplicitamente parte delle suddette misure (v., rispettivamente, articolo 28, paragrafo 1, e articolo 15, paragrafi 2 e 3, della medesima direttiva).


20      Infatti, conformemente all’articolo 28, paragrafo 2, della direttiva soggiorno, uno Stato membro non può adottare provvedimenti di allontanamento nei confronti del cittadino dell’Unione o del suo familiare che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente nel suo territorio se non per gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.


21      V. capo VI della direttiva soggiorno, intitolato «Limitazioni del diritto d’ingresso e di soggiorno per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica».


22      Sentenza del 10 settembre 2019, Chenchooliah (C‑94/18, EU:C:2019:693, punto 74).


23      In forza dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva soggiorno, rientrano altresì nell’ambito di applicazione della stessa direttiva e beneficiano dei diritti dalla stessa riconosciuti i familiari del cittadino dell’Unione, quali definiti all’articolo 2, punto 2, della direttiva medesima, che l’accompagnino o lo raggiungano [v. sentenza del 10 settembre 2019, Chenchooliah (C‑94/18, EU:C:2019:693, punto 54 e giurisprudenza ivi citata)].


24      Il considerando 16 della direttiva soggiorno precisa inoltre che «[l]o Stato membro ospitante dovrebbe esaminare se si tratta di difficoltà temporanee e tener conto della durata del soggiorno, della situazione personale e dell’ammontare dell’aiuto concesso prima di considerare il beneficiario un onere eccessivo per il proprio sistema di assistenza sociale e procedere all’allontanamento».


25      L’applicazione del criterio dell’eccessività dell’onere per il sistema di assistenza sociale potrebbe parimenti riguardare le condizioni dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva soggiorno, relativo al mantenimento del diritto di soggiorno dei familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, in caso di divorzio, di annullamento del matrimonio o di scioglimento dell’unione registrata, condizioni che non si ricollegano al sistema di assistenza sociale.


26      V. sentenze del 20 febbraio 1997, Commissione/Belgio (C‑344/95, EU:C:1997:81, punti da 12 a 18), e del 17 dicembre 2020, G.M.A. (Richiedente lavoro) (C‑710/19, EU:C:2020:1037, punti da 22 a 27).


27      Ad ogni buon conto, occorre ricordare che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, come codificata all’articolo 27, paragrafo 2, della direttiva soggiorno, misure di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza sarebbero giustificate soltanto ove la condotta di cui trattasi rappresentasse una «minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società». Al riguardo, la Commissione ha precisato che in determinate circostanze, la recidiva di reati minori, considerati congiuntamente, potrebbe costituire un atto unico rappresentante una minaccia per l’ordine pubblico. V. punto 3.2 della comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio concernente gli orientamenti per un migliore recepimento e una migliore applicazione della [direttiva soggiorno] [COM (2009) 313 definitivo, pag. 12; in prosieguo: gli «orientamenti della Commissione»)]. Rammento, tuttavia, che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, il fatto che l’interessato abbia subìto più condanne non è di per sé sufficiente ad accertare una siffatta minaccia e che, pertanto, tale proposta della Commissione dovrebbe trovare applicazione soltanto in via eccezionale (v., per analogia, sentenza del 4 ottobre 2007, Polat, C‑349/06, EU:C:2007:581, punti da 28 a 39).


28      Infatti, ove uno Stato membro diverso da quello ospitante concedesse un nuovo diritto di soggiorno, tale diritto di soggiorno farebbe effettivamente cessare il provvedimento di allontanamento erga omnes, compreso nei confronti dello Stato membro ospitante.


29      V. paragrafo 27 delle presenti conclusioni. Secondo il governo dei Paesi Bassi, se a ogni attraversamento di frontiera cominciasse a decorrere un nuovo termine di tre mesi, ciò creerebbe, di fatto, un diritto di soggiorno illimitato e automatico, per periodi di tre mesi consecutivi, a favore di cittadini dell’Unione che non soddisfano i requisiti di cui all’articolo 7 della direttiva soggiorno.


30      Sentenza dell’11 aprile 2019, Tarola (C‑483/17, EU:C:2019:309, punti 37 e 38 nonché giurisprudenza ivi citata).


31      La Corte ha spiegato che la locuzione «mutatis mutandis» deve essere intesa nel senso che le disposizioni degli articoli 30 e 31 della direttiva 2004/38 si applicano, nell’ambito dell’articolo 15 di quest’ultima, solo se possono essere effettivamente applicate, eventualmente mediante gli adeguamenti necessari, a decisioni adottate per motivi non attinenti all’ordine pubblico, alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica [sentenza del 10 settembre 2019, Chenchooliah (C‑94/18, EU:C:2019:693, punto 81)].


32      V. altresì articolo 31, paragrafo 4, della direttiva soggiorno.


33      V., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2013, ZZ (C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 48).


34      Osservo, inoltre, che un provvedimento di divieto d’ingresso nel territorio è una misura la cui durata può, potenzialmente, essere illimitata nel tempo («provvedimenti permanenti d’interdizione»), il che arrecherebbe un pregiudizio sproporzionato ai beneficiari della direttiva soggiorno (v. considerando 27). Un provvedimento di allontanamento, al contrario, potrebbe essere eseguito istantaneamente e, benché gli effetti giuridici di una siffatta misura possano permanere dopo l’allontanamento, sotto forma di divieto di un nuovo diritto di soggiorno, tale divieto non può permanere illimitatamente nel tempo, perché in quel caso si tratterebbe di un provvedimento permanente di divieto di soggiorno.


35      Sentenza del 10 settembre 2019, Chenchooliah (C‑94/18, EU:C:2019:693, punto 74).


36      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Brey (C‑140/12, EU:C:2013:337, paragrafo 44).


37      Termini ispirati dall’articolo 32, paragrafo 1, della direttiva soggiorno, che riguarda i divieti d’ingresso nel territorio, ma che possono applicarsi, mutatis mutandis, ai provvedimenti di allontanamento. V., altresì, in tal senso, sentenza del 18 maggio 1982, Adoui e Cornuaille (115/81 e 116/81, EU:C:1982:183, punto 12).


38      Peraltro, anche i familiari, che prima del loro allontanamento avevano un diritto di soggiorno derivato, devono poter godere della stessa possibilità qualora soddisfino nuovamente le condizioni previste all’articolo 6, paragrafo 2, o all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva soggiorno. La situazione è, tuttavia, meno chiara per i familiari che rivendicano il «mantenimento» di un simile diritto, ai sensi degli articoli 12 e 13 di detta direttiva, in quanto un siffatto mantenimento presuppone che non vi sia stata interruzione del diritto di soggiorno di cui trattasi. Orbene, un’interruzione del genere ha evidentemente luogo allorché cessa il diritto di soggiorno e viene adottato un provvedimento di allontanamento. Pertanto, ove sia stato allontanato un siffatto familiare, non si possono, a mio avviso, invocare le disposizioni applicabili al mantenimento del diritto di soggiorno. Di conseguenza, un oggettivo mutamento delle circostanze giustificherebbe nuovamente un diritto di soggiorno solo qualora tale familiare soddisfacesse egli stesso le condizioni enunciate agli articoli 6 o 7 della citata direttiva. Si rammenta, al riguardo, che le disposizioni della direttiva soggiorno non conferiscono alcun diritto autonomo ai cittadini di paesi terzi, poiché gli eventuali diritti loro conferiti sono diritti derivati dall’esercizio della libertà di circolazione da parte di un cittadino dell’Unione (sentenza del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 36).


39      V. paragrafo 36 delle presenti conclusioni.


40      V., in tal senso, sentenze del 25 luglio 2008, Metock e a. (C‑127/08, EU:C:2008:449, punto 84), nonché dell’11 aprile 2019, Tarola (C‑483/17, EU:C:2019:309, punto 38).


41      Nello stesso senso, essendo tale diritto garantito dall’articolo 45, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, conformemente all’articolo 52 della stessa, eventuali limitazioni all’esercizio del medesimo diritto devono «essere previste dalla legge e rispettar[ne] il contenuto essenziale».


42      V. paragrafi 68 e 69 delle presenti conclusioni.


43      Ciò non significa che, in base a una valutazione individuale, gli effetti giuridici di un provvedimento di allontanamento non possano permanere per un periodo superiore a tre mesi.


44      V. nota 27, orientamenti della Commissione, punto 4.3, «Altri tipi di abuso», pag. 18.


45      C‑456/12, EU:C:2014:135.


46      V., in tal senso, sentenze del 14 dicembre 2000, Emsland-Stärke (C‑110/99, EU:C:2000:695, punti 52 e segg.), e del 12 marzo 2014, O. e B. (C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 58).


47      V. sentenza del 12 marzo 2014, O. e B. (C‑456/12, EU:C:2014:135, punti 56 e 57).


48      Sentenza del 12 marzo 2014, O. e B. (C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 52).


49      Conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Brey (C‑140/12, EU:C:2013:337, paragrafo 41); v. anche sentenza del 19 settembre 2013, Brey (C‑140/12, EU:C:2013:565, punto 61).


50      Il giudice del rinvio precisa che, «[d]opo la cessazione del trattenimento, la polizia ha registrato altre due denunce a carico dello straniero».