Language of document : ECLI:EU:T:2011:444

Causa T‑257/07

Repubblica francese

contro

Commissione europea

«Polizia sanitaria — Regolamento (CE) n. 999/2001 — Protezione dalle encefalopatie spongiformi trasmissibili — Ovini e caprini — Regolamento (CE) n. 746/2008 — Adozione di misure di eradicazione meno coercitive di quelle previste in precedenza — Principio di precauzione»

Massime della sentenza

1.      Agricoltura — Politica agricola comune — Attuazione — Misure di tutela della salute umana — Applicazione del principio di precauzione

[Artt. 3, lett. p), CE, 6 CE, 152, n. 1, CE, 153, nn. 1 e 2, CE e 174, nn. 1 e 2, CE; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 178/2002, art. 7, n. 1]

2.      Agricoltura — Politica agricola comune — Attuazione — Valutazione scientifica dei rischi

(Art. 152, n. 1, CE; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 178/2002, art. 6, n. 2)

3.      Agricoltura — Politica agricola comune — Attuazione — Valutazione dei rischi — Determinazione del livello di rischio

(Art. 152, n. 1, CE)

4.      Agricoltura — Politica agricola comune — Attuazione — Presa in considerazione delle esigenze in materia di protezione della salute, della sicurezza e dell’ambiente — Applicazione del principio di precauzione

(Art. 152, n. 1, CE; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 178/2002, art. 7, n. 2)

5.      Agricoltura — Politica agricola comune — Potere discrezionale delle istituzioni dell’Unione — Portata — Sindacato giurisdizionale — Limiti

6.      Eccezione di illegittimità — Oggetto — Sindacato di legittimità — Criteri

(Art. 263 TFUE)

7.      Agricoltura — Politica agricola comune — Applicazione del principio di precauzione — Portata — Limiti — Rispetto delle garanzie conferite dall’ordinamento giuridico comunitario nei procedimenti amministrativi

(Art. 152, n. 1, CE)

8.      Agricoltura — Ravvicinamento delle legislazioni in materia di polizia sanitaria — Misure di protezione contro le encefalopatie spongiformi trasmissibili — Identificazione degli animali a rischio nel corso di un’indagine

[Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 999/2001, artt. 13, n. 1, lett. b) e c), 23 e 24, n. 2]

1.      Il principio di precauzione costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, derivante dagli artt. 3, lett. p), CE, 6 CE, 152, n. 1, CE, 153, nn. 1 e 2, CE nonché 174, nn. 1 e 2, CE, che fa obbligo alle autorità interessate di adottare, nell’ambito preciso dell’esercizio delle competenze che sono loro attribuite dalla regolamentazione pertinente, provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la salute, per la sicurezza e per l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici.

Peraltro, come specificato dall’art. 7, n. 1, del regolamento n. 178/2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, nell’ambito della legislazione alimentare, il principio di precauzione consente l’adozione di misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire un livello elevato di tutela della salute, qualora, a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute, ma permanga una situazione d’incertezza sul piano scientifico.

Il principio di precauzione consente quindi alle istituzioni, qualora sussistano incertezze scientifiche riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, di adottare misure di tutela senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate l’effettività e la gravità di tali rischi o che gli effetti negativi per la salute si concretizzino.

Nell’ambito del procedimento che porta all’adozione da parte di un’istituzione di misure appropriate al fine di prevenire determinati rischi potenziali per la salute, la sicurezza e l’ambiente in forza del principio di precauzione, si possono distinguere tre fasi successive: in primo luogo, l’identificazione degli effetti potenzialmente negativi che derivano da un dato fenomeno; in secondo luogo, la valutazione dei rischi per la salute, la sicurezza e l’ambiente legati a tale fenomeno; in terzo luogo, qualora i potenziali rischi identificati oltrepassino il limite accettabile per la società, la gestione del rischio per mezzo dell’adozione di adeguate misure di protezione.

(v. punti 66-69)

2.      La valutazione dei rischi per la salute, la sicurezza e l’ambiente consiste, per l’istituzione che deve affrontare effetti potenzialmente negativi derivanti da un dato fenomeno, nel valutare in modo scientifico tali rischi e nel determinare se oltrepassino il livello di rischio giudicato accettabile per la società. Quindi, affinché le istituzioni dell’Unione possano procedere ad una valutazione dei rischi, occorre, da un lato, che dispongano di una valutazione scientifica dei rischi e, dall’altro lato, che determinino il livello di rischio giudicato inaccettabile per la società.

In particolare, la valutazione scientifica dei rischi è un procedimento scientifico che consiste, per quanto possibile, nell’identificare e nel caratterizzare un pericolo, nel valutare l’esposizione a quest’ultimo e nel connotare il rischio. In quanto procedimento scientifico, la valutazione scientifica dei rischi deve essere delegata dall’istituzione ad esperti scientifici.

Inoltre, ai sensi dell’art. 6, n. 2, del regolamento n. 178/2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, la valutazione scientifica dei rischi si basa sugli elementi scientifici a disposizione ed è svolta in modo indipendente, obiettivo e trasparente. A tale riguardo, l’obbligo delle istituzioni di assicurare un elevato livello di tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente comporta che le loro decisioni siano adottate in piena considerazione dei migliori dati scientifici disponibili e che siano fondate sui più recenti risultati della ricerca internazionale.

La valutazione scientifica dei rischi non deve obbligatoriamente fornire alle istituzioni prove scientifiche decisive sull’effettività del rischio e sulla gravità dei potenziali effetti nocivi in caso di avveramento di tale rischio. L’ambito di applicazione del principio di precauzione corrisponde infatti per ipotesi ad un ambito di incertezza scientifica. Tuttavia una misura preventiva non può essere validamente motivata con un approccio puramente ipotetico del rischio, fondato su semplici supposizioni non ancora accertate scientificamente.

Inoltre, l’adozione di una misura preventiva o, al contrario, la sua revoca o riduzione non può essere subordinata alla prova dell’assenza di qualsiasi rischio, in quanto una siffatta prova è di regola impossibile da fornire dal punto di vista scientifico, giacché un livello di rischio zero in pratica non esiste. Ne deriva che una misura preventiva può essere adottata esclusivamente qualora il rischio, senza che la sua esistenza e la sua portata siano state dimostrate «pienamente» da dati scientifici concludenti, appaia nondimeno sufficientemente documentato sulla base dei dati scientifici disponibili al momento dell’adozione di tale misura. In un tale contesto, la nozione di rischio corrisponde dunque ad una funzione della probabilità di effetti nocivi per il bene protetto dall’ordinamento giuridico cagionati dall’accettazione di determinate misure o di determinate prassi.

Infine, una valutazione scientifica completa dei rischi può rivelarsi impossibile a causa dell’insufficienza dei dati scientifici disponibili. Ciò non può tuttavia impedire all’autorità pubblica competente di adottare misure preventive in applicazione del principio di precauzione. In tale ipotesi occorre che esperti scientifici effettuino una valutazione scientifica dei rischi, malgrado l’incertezza scientifica sussistente, di modo che l’autorità pubblica competente disponga di un’informazione sufficientemente affidabile e solida che le permetta di cogliere l’intera portata della questione scientifica posta e di determinare la propria politica con cognizione di causa.

Ne consegue che il carattere necessario o meno di determinate valutazioni, effettuate da scienziati che partecipino alla valutazione scientifica dei rischi per la salute umana risultanti dall’adozione di disposizioni che rendono meno rigorose le misure provvisorie adottate in forza del principio di precauzione, va valutato in particolare in base ai dati disponibili.

(v. punti 70-71, 73-77, 178-179)

3.      Nell’ambito della valutazione dei rischi, la determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile per la società spetta, nel rispetto delle norme applicabili, alle istituzioni incaricate della scelta politica costituita dalla fissazione di un livello di protezione appropriato per tale società. Spetta a tali istituzioni determinare la soglia critica di probabilità degli effetti nocivi per la salute, la sicurezza e l’ambiente e della gravità di tali potenziali effetti, che reputano non essere più accettabile per tale società e che, una volta superata, rende necessario, nell’interesse della tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente, il ricorso a misure preventive malgrado l’assenza di certezza scientifica.

Al momento della determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile per la società, le istituzioni hanno l’obbligo di garantire un livello di tutela elevato della salute, della sicurezza e dell’ambiente. Tale livello di tutela elevato, per essere compatibile con questa disposizione, non deve essere necessariamente il più elevato possibile da un punto di vista tecnico. Inoltre, a tali istituzioni è precluso adottare un’impostazione puramente ipotetica del rischio e orientare le proprie decisioni ad un livello di «rischio zero».

La determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile per la società dipende dal giudizio espresso dall’autorità pubblica competente sulle particolari circostanze di ciascuna fattispecie. A tal proposito detta autorità può considerare, in particolare, la gravità dell’impatto della sopravvenienza di tale rischio sulla salute, la sicurezza e l’ambiente, ivi compresa la portata dei possibili effetti nocivi, la persistenza, la reversibilità o gli effetti tardivi eventuali di tali danni nonché la percezione più o meno concreta del rischio sulla base dello stato delle conoscenze scientifiche disponibili.

(v. punti 78-80)

4.      Nell’ambito dell’applicazione del principio di precauzione, la gestione del rischio corrisponde all’insieme di azioni, messe in atto da un’istituzione che debba affrontare un rischio, finalizzate a portarlo ad un livello giudicato accettabile per la società, tenuto conto dell’obbligo dell’istituzione di garantire un livello di tutela elevato della salute, della sicurezza e dell’ambiente. Quando infatti tale rischio oltrepassa il livello giudicato accettabile per la società, l’istituzione è tenuta, in forza del principio di precauzione, ad adottare misure provvisorie di gestione del rischio necessarie a garantire un livello di tutela elevato.

Ai sensi dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 178/2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, le misure provvisorie in questione devono essere proporzionate, non discriminatorie, trasparenti e coerenti rispetto a misure simili già adottate.

Spetta infine all’autorità competente riesaminare le misure provvisorie in questione entro un termine ragionevole. Ove infatti vi siano nuovi elementi che modificano la percezione di un rischio o mostrano che tale rischio può essere circoscritto da misure meno severe di quelle esistenti, spetta alle istituzioni, in particolare alla Commissione, che dispone del potere d’iniziativa, vigilare sull’adeguamento della normativa ai nuovi dati. In ogni caso, la riduzione di misure preventive precedentemente adottate deve essere giustificata da nuovi elementi che modificano la valutazione del rischio di cui trattasi.

Tali nuovi elementi, quali nuove conoscenze o nuove scoperte scientifiche, quando giustifichino la riduzione di una misura preventiva, modificano il contenuto concreto dell’obbligo per le autorità pubbliche di mantenere costantemente un livello elevato di protezione della salute umana. Tali nuovi elementi possono infatti modificare la percezione del rischio nonché il livello di rischio giudicati accettabili dalla società. La legittimità dell’adozione di una misura preventiva meno coercitiva non si valuta in base al livello di rischio giudicato accettabile preso in considerazione per l’adozione delle iniziali misure preventive. L’adozione di iniziali misure preventive finalizzate a riportare il rischio ad un livello giudicato accettabile si effettua infatti sulla base di una valutazione dei rischi e, in particolare, della determinazione del livello di rischio giudicato accettabile per la società. Se nuovi elementi modificano tale valutazione dei rischi, la legittimità dell’adozione di misure preventive meno coercitive va valutata tenendo conto di tali nuovi elementi e non sulla base di quelli che hanno determinato la valutazione dei rischi nell’ambito dell’adozione delle misure preventive iniziali. Solo qualora tale nuovo livello di rischio oltrepassi il livello di rischio giudicato accettabile per la società, il giudice è tenuto a dichiarare una violazione del principio di precauzione.

(v. punti 81-83, 212-213)

5.      Le istituzioni dell’Unione dispongono, in materia di politica agricola comune, di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la definizione degli scopi perseguiti e la scelta degli opportuni strumenti d’azione. Inoltre, nell’ambito della loro valutazione dei rischi, esse devono procedere a stime complesse per valutare, in base alle informazioni di natura tecnica e scientifica che vengono loro fornite da esperti nel quadro della valutazione scientifica dei rischi, se i rischi per la salute, la sicurezza e l’ambiente oltrepassino il livello giudicato accettabile per la società.

Tale ampio potere discrezionale e tali stime complesse implicano un controllo limitato da parte degli organi giudicanti dell’Unione europea. Essi portano infatti alla conseguenza che il sindacato di merito dell’organo giudicante si limiti ad esaminare se l’esercizio da parte delle istituzioni delle loro competenze non sia viziato da un errore manifesto o da uno sviamento di potere o ancora se tali autorità non abbiano manifestamente oltrepassato i limiti del loro potere discrezionale.

Per quanto riguarda il controllo da parte degli organi giudicanti dell’Unione dell’esistenza di un errore manifesto di valutazione che infici un atto di un’istituzione, al fine di stabilire se tale istituzione abbia commesso un manifesto errore nella valutazione di fatti complessi tale da giustificare l’annullamento di tale atto, gli elementi di prova addotti dal ricorrente devono essere sufficienti a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerati nell’atto medesimo. Con riserva di tale esame di attendibilità, non compete al Tribunale sostituire la propria valutazione di fatti complessi a quella dell’autore di tale decisione.

Tuttavia, il limite al sindacato del giudice dell’Unione non incide sul suo dovere di verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, nonché di accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano tali da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte.

Inoltre, quando un’istituzione dispone di un ampio potere discrezionale, è di fondamentale importanza la verifica del rispetto delle garanzie conferite dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi. Tra tali garanzie rientrano in particolare l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e quello di motivare la decisione in modo sufficiente.

Quindi, lo svolgimento di una valutazione scientifica dei rischi il più esaustiva possibile, sulla base di pareri scientifici fondati sui principi dell’eccellenza, della trasparenza e dell’indipendenza, costituisce una garanzia procedurale rilevante al fine di assicurare l’oggettività scientifica delle misure e di evitare l’adozione di misure arbitrarie.

(v. punti 84-89, 214)

6.      La legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata alla luce degli elementi di fatto e di diritto esistenti alla data di adozione dell’atto stesso. Ne consegue che è esclusa la presa in considerazione, nel valutare la legittimità di tale atto, di circostanze posteriori alla data di adozione dell’atto dell’Unione.

(v. punto 172)

7.      Le istituzioni dell’Unione dispongono, in materia di politica agricola comune, di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la scelta degli opportuni strumenti d’azione. Peraltro, pur avendo tali istituzioni l’obbligo di garantire un livello elevato di protezione della salute umana, esse dispongono parimenti di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la scelta degli opportuni strumenti d’azione per adempiere a detto obbligo. Tale ampio potere discrezionale delle istituzioni implica che la verifica del rispetto delle garanzie conferite dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi rivesta un’importanza fondamentale.

Una di tali garanzie consiste nel pretendere che le autorità, qualora in forza del principio di precauzione adottino misure provvisorie tese a garantire un livello elevato di protezione della salute umana, dispongano di tutti gli elementi pertinenti a tale scopo. Occorre quindi che dispongano di una valutazione scientifica dei rischi fondata sui principi dell’eccellenza, della trasparenza e dell’indipendenza. Tale esigenza costituisce una garanzia rilevante al fine di assicurare l’oggettività scientifica delle misure e di evitare l’adozione di misure arbitrarie.

Un’altra di tali garanzie consiste nell’esigere che le autorità, qualora prendano disposizioni che rendono meno rigorose misure provvisorie adottate in forza del principio di precauzione al fine di garantire un livello elevato di protezione della salute umana, dispongano di una valutazione scientifica dei rischi per la salute umana risultanti dall’adozione di tali disposizioni. Una siffatta valutazione scientifica dei rischi per la salute umana comprende, in linea di massima, la valutazione completa, effettuata da esperti scientifici, della probabilità di esposizione dell’uomo ad effetti di tali misure che siano nocivi per la sua salute. Di conseguenza, essa comprende, in linea di massima, una valutazione quantitativa dei rischi in oggetto.

(v. punti 174-177)

8.      Ai sensi dell’art. 13, n. 1, lett. b), del regolamento n. 999/2001, recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili, si effettua un’indagine volta ad identificare tutti gli animali a rischio, conformemente a quanto previsto all’allegato VII, punto 1. Inoltre, secondo l’art. 13, n. 1, lett. c), di tale regolamento, tutti gli animali e i prodotti di origine animale di cui all’allegato VII, punto 2, al suddetto regolamento, che siano stati identificati come a rischio a seguito dell’indagine di cui alla lett. b), n. 1, dell’art. 13, sono abbattuti ed eliminati conformemente al regolamento n. 1774/2002. Ai sensi di tale disposizione, gli animali che devono essere abbattuti ed eliminati sono quindi quelli identificati dall’indagine da effettuarsi conformemente al punto 1 dell’allegato VII al regolamento n. 999/2001 e che inoltre rientrano nei criteri di cui al punto 2 di tale allegato.

Ai sensi dell’art. 23 del regolamento n. 999/2001, la Commissione può modificare gli allegati a tale regolamento secondo la procedura di comitatologia prevista dall’art. 24, n. 2, del medesimo, previa consultazione del comitato scientifico competente su qualsiasi elemento che possa avere conseguenze per la salute. Il legislatore ha così delegato alla Commissione il potere di modificare gli allegati al regolamento n. 999/2001.

Considerati il campo di applicazione dell’art. 13, n. 1, lett. c), e dell’art. 23 del regolamento n. 999/2001, va riconosciuta alla Commissione la competenza di limitare, tramite regolamento adottato in applicazione della procedura di comitatologia prevista dall’art. 24, n. 2, del regolamento n. 999/2001, gli animali da abbattere ed eliminare identificati dall’indagine. Poiché infatti l’art. 13, n. 1, lett. c), del suddetto regolamento definisce gli animali da abbattere ed eliminare facendo rinvio ai criteri di cui al punto 2 dell’allegato VII, la Commissione, ai sensi dell’art. 23 di detto regolamento, dispone del potere di adottare disposizioni che limitano il numero di animali da abbattere ed eliminare identificati dall’indagine summenzionata.

(v. punti 206-208)