Language of document : ECLI:EU:T:2022:15

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

19 gennaio 2022 (*)

«Ricorsi di annullamento e per risarcimento danni – Concorrenza – Abuso di posizione dominante – Mercato slovacco dei servizi di telecomunicazione a banda larga – Decisione che accerta una violazione dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’accordo SEE – Sentenza che annulla parzialmente la decisione e riduce l’importo dell’ammenda inflitta – Diniego della Commissione di versare interessi di mora – Articolo 266 TFUE – Articolo 90, paragrafo 4, lettera a), del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli – Privazione del godimento dell’importo dell’ammenda indebitamente versato – Lucro cessante – Interessi di mora – Tasso – Danno»

Nella causa T‑610/19,

Deutsche Telekom AG, con sede in Bonn (Germania), rappresentata da P. Linsmeier, U. Soltész, C. von Köckritz e P. Lohs, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da P. Rossi e L. Wildpanner, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, da un lato, una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione della Commissione del 28 giugno 2019 che ha respinto la domanda di pagamento di interessi di mora alla ricorrente sull’importo principale della parte dell’ammenda rimborsata in seguito alla sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930) e, dall’altro, una domanda fondata sull’articolo 268 TFUE e diretta ad ottenere il risarcimento del lucro cessante a causa della privazione del godimento di tale importo principale o, in subordine, del danno risultante dal diniego della Commissione di versare interessi di mora su detto importo,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata),

composto da R. da Silva Passos (relatore), presidente, V. Valančius, I. Reine, L. Truchot e M. Sampol Pucurull, giudici,

cancelliere: S. Jund, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 30 giugno 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 15 ottobre 2014 la Commissione europea ha adottato la decisione C(2014) 7465 final, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’accordo SEE (caso AT.39523 – Slovak Telekom), rettificata dalla sua decisione C(2014) 10119 final, del 16 dicembre 2014, nonché dalla sua decisione C(2015) 2484 final, del 17 aprile 2015 (in prosieguo: la «decisione del 2014»). Gli articoli 1 e 2 della decisione impugnata così recitano:

«Articolo 1

1. L’impresa composta dalla Deutsche Telekom AG e dalla Slovak Telekom a.s. ha commesso una violazione unica e continuata dell’articolo 102 del Trattato e dell’articolo 54 dell’accordo SEE.

2. L’infrazione è durata dal 12 agosto 2005 al 31 dicembre 2010 ed è consistita nelle seguenti pratiche:

a)      occultamento agli operatori alternativi delle informazioni relative alla rete necessarie per la disaggregazione delle reti locali;

b)      riduzione della portata dei suoi obblighi relativi all’accesso disaggregato alle reti locali;

c)      fissazione di modalità e condizioni inique nella sua offerta di riferimento in materia di disaggregazione per quanto riguarda la co-ubicazione, la qualificazione, le previsioni, le riparazioni e le garanzie bancarie;

d)      applicazione di tariffe inique che non consentono a un operatore altrettanto efficiente che si basa sull’accesso all’ingrosso alle reti locali disaggregate della Slovak Telekom a.s. di replicare i servizi al dettaglio proposti dalla Slovak Telekom a.s. senza subire perdite.

Articolo 2

Per l’infrazione di cui all’articolo 1, sono inflitte le seguenti ammende:

a)      un’ammenda di EUR 38 838 000 alla Deutsche Telekom AG e alla Slovak Telekom a.s., in solido;

b)      un’ammenda di EUR 31 070 000 alla Deutsche Telekom AG.

Le ammende devono essere pagate in euro entro tre mesi dalla data di notifica della presente decisione sul seguente conto bancario a nome della Commissione europea:

(…)

A decorrere dalla scadenza di tale termine, le ammende producono automaticamente interessi al tasso applicato dalla Banca centrale europea alle sue principali operazioni di rifinanziamento il primo giorno del mese in cui è stata adottata la presente decisione, maggiorato di 3,5 punti percentuali.

Se un’impresa di cui all’articolo 1 presenta un ricorso, essa copre l’ammenda entro il termine impartito, sia fornendo una garanzia bancaria accettabile sia procedendo al pagamento provvisorio dell’ammenda, conformemente all’articolo 90 del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione [del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione (GU 2012, L 362, pag. 1)]».

2        Il 24 dicembre 2014 la ricorrente, Deutsche Telekom AG, ha presentato un ricorso contro la decisione del 2014. Detto ricorso è stato registrato con il numero di ruolo T‑827/14.

3        Il 16 gennaio 2015 la ricorrente ha pagato l’ammenda di EUR 31 070 000 di cui era l’unica debitrice.

4        Nella sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930), il Tribunale ha dichiarato che, nella decisione del 2014, la Commissione non aveva dimostrato che la pratica tariffaria della Slovak Telekom a.s., di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera d), di tale decisione, aveva avuto effetti di preclusione prima del 1° gennaio 2006. Inoltre, ha statuito che il fatturato della ricorrente non fosse tale da riflettere il suo comportamento individuale nel commettere l’infrazione in questione e che tale fatturato non potesse quindi servire da base per il calcolo di un’ammenda supplementare inflittale unicamente a titolo di deterrenza.

5        Così, in primo luogo, il Tribunale ha annullato l’articolo 1, paragrafo 2, lettera d), della decisione del 2014 nella misura in cui tale disposizione constatava che, nel periodo dal 12 agosto al 31 dicembre 2005, la ricorrente aveva applicato tariffe sleali che non consentivano a un operatore altrettanto efficiente che si basava sull’accesso all’ingrosso alle reti locali disaggregate della Slovak Telekom di replicare i servizi al dettaglio offerti da quest’ultima senza subire perdite.

6        In secondo luogo, il Tribunale ha annullato l’articolo 2 della decisione del 2014 nella parte in cui fissava l’importo dell’ammenda di cui sono responsabili in solido la Slovak Telekom e la ricorrente a EUR 38 838 000 e nella parte in cui fissava l’importo dell’ammenda di cui è responsabile la sola ricorrente a EUR 31 070 000.

7        In terzo luogo, da una parte, il Tribunale ha ridotto di EUR 776 037 l’importo dell’ammenda di cui la Slovak Telekom e la ricorrente erano responsabili in solido e ha fissato tale importo a EUR 38 061 963. Dall’altra parte, il Tribunale ha ridotto di EUR 12 039 019 l’importo dell’ammenda a carico della sola ricorrente e ha fissato tale importo a EUR 19 030 981.

8        In quarto luogo, il Tribunale ha respinto il ricorso quanto al resto e ha compensato le spese.

9        A seguito di uno scambio di lettere iniziato il 13 dicembre 2018, il 19 febbraio 2019 la Commissione ha rimborsato alla ricorrente un importo di EUR 12 039 019.

10      Il 12 marzo 2019, la ricorrente ha chiesto alla Commissione il versamento di interessi di mora per il periodo compreso, da una parte, tra il 16 gennaio 2015, data in cui aveva pagato l’importo dell’ammenda di cui era debitrice unica (v. supra punto 3) e, dall’altra, il 19 febbraio 2019, data in cui la Commissione le aveva rimborsato la parte dell’ammenda considerata indebita nella sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930) (v. supra punto 9). Gli interessi di mora richiesti dalla ricorrente ammontavano a EUR 1 750 522,83 e corrispondevano all’applicazione di un tasso del 3,55% all’importo di EUR 12 039 019 rimborsatole dalla Commissione. Il tasso del 3,55% era il tasso applicato dalla Banca centrale europea (BCE) alle sue principali operazioni di rifinanziamento nel gennaio 2015, cioè lo 0,05% oltre tre punti e mezzo percentuali.

11      Con lettera del 28 giugno 2019 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha respinto la domanda di pagamento di interessi di mora della ricorrente.

12      In primo luogo, la Commissione ha dichiarato nella decisione impugnata di aver rimborsato, il 19 febbraio 2019, l’importo nominale dell’ammenda in eccesso, vale a dire la differenza tra l’importo dell’ammenda inizialmente inflitta alla ricorrente nella decisione del 2014 e l’importo dell’ammenda effettivamente dovuta a seguito della riduzione operata dal Tribunale nella sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930). La Commissione ha precisato che l’importo nominale dell’ammenda in eccesso non era accompagnato da interessi in quanto il rendimento di tale importo era negativo.

13      Nella decisione impugnata, la Commissione ha fatto riferimento all’articolo 90 del suo regolamento delegato n. 1268/2012 del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione (GU 2012, L 362, pag. 1).

14      A questo proposito, la Commissione ha chiarito che, quando le ammende sono state pagate in via provvisoria in attesa dell’esaurimento dei mezzi di ricorso, essa ha dovuto garantire la conservazione degli importi riscossi in via provvisoria «investendoli in attività finanziarie, garantendo così la sicurezza e la liquidità dei fondi e mirando al contempo a un rendimento positivo degli investimenti». Questi chiarimenti corrispondono, in sostanza, alle disposizioni dell’articolo 90, paragrafo 2, del regolamento delegato n. 1268/2012.

15      La Commissione ha parimenti ricordato le disposizioni dell’articolo 90, paragrafo 4, lettera a), del regolamento delegato n. 1268/2012, secondo cui «[q]uando (…) l’ammenda (…) è stata annullata o ridotta (…) gli importi indebitamente riscossi e gli interessi prodotti sono rimborsati [e, se] il rendimento complessivo per il periodo in questione sia stato negativo è rimborsato il valore nominale degli importi indebitamente riscossi».

16      In secondo luogo, nella decisione impugnata, la Commissione ha esaminato l’argomento della ricorrente secondo cui essa aveva diritto, conformemente alla sentenza del 12 febbraio 2019, Printeos/Commissione (T‑201/17, EU:T:2019:81), a ricevere interessi di mora al tasso applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento oltre tre punti e mezzo percentuali. In risposta a questo argomento, essa ha chiarito che questa sentenza non era la base giuridica per il pagamento degli interessi di mora richiesti dalla ricorrente. Inoltre, essa ha sostenuto che tale sentenza non aveva abrogato gli obblighi che le incombono ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 4, lettera a), del regolamento delegato n. 1268/2012. Infine, ha dichiarato di aver proposto ricorso avverso questa sentenza, che quindi non era definitiva.

17      Sulla base di tali chiarimenti, la Commissione ha concluso che non era in grado di soddisfare la richiesta della ricorrente di pagare interessi di mora sulla parte dell’importo dell’ammenda che era stata ritenuta indebita dal Tribunale nella sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930).

 Procedimento e conclusioni delle parti

18      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 9 settembre 2019 la ricorrente ha presentato il presente ricorso.

19      Il 2 ottobre 2019, la Commissione ha chiesto la sospensione del procedimento ai sensi dell’articolo 69, lettera a), del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, in attesa della decisione di chiusura del procedimento nella causa che ha dato origine alla sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39). Il 10 ottobre 2019, la ricorrente si è opposta a questa richiesta. Il 22 ottobre 2019 il presidente della Nona Sezione del Tribunale decideva di non sospendere il procedimento.

20      La fase scritta del procedimento si è conclusa l’8 maggio 2020.

21      Il 25 febbraio 2021 le parti sono state invitate, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del regolamento di procedura, a presentare le loro osservazioni sulle conclusioni che hanno tratto, nell’ambito della presente causa, dalla sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39). Le parti si conformavano a tale invito nel termine impartito.

22      Su proposta della Settima Sezione, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, di rinviare la causa dinanzi ad un collegio giudicante ampliato.

23      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Settima Sezione ampliata) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento e ha invitato le parti a rispondere a diverse domande scritte. È stato anche chiesto alla Commissione di produrre un documento. Le parti hanno dato seguito a tali richieste nel termine impartito.

24      Le parti hanno svolto le loro difese e hanno risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza del 30 giugno 2021.

25      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’Unione europea, rappresentata dalla Commissione, a risarcirla finanziariamente per l’importo di EUR 2 580 374,07 per il danno subito a causa del fatto che, durante il periodo compreso tra il 16 gennaio 2015 e il 19 febbraio 2019, non ha potuto utilizzare l’importo che aveva indebitamente versato, cosicché non ha potuto ottenere il rendimento che tale importo le avrebbe normalmente consentito di ottenere o ridurre di conseguenza il suo costo del capitale;

–        in subordine, nel caso in cui il Tribunale non accolga il secondo capo della domanda, risarcire la ricorrente per un importo di EUR 1 750 522,83 per il danno subito a causa del rifiuto della Commissione di pagare interessi di mora sull’importo di EUR 12 039 019 per il periodo dal 16 gennaio 2015 al 19 febbraio 2019, sulla base del tasso applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, aumentato di tre punti e mezzo percentuali;

–        in ulteriore subordine, risarcirlo di un altro importo che il Tribunale riterrà opportuno, calcolato sulla base di un tasso di interessi di mora che il Tribunale riterrà opportuno;

–        dichiarare che l’importo che la Commissione deve versare in base al secondo, terzo o quarto capo della domanda produce, nel periodo compreso tra la data della notifica della sentenza nella presente causa e la data dell’integrale pagamento da parte della Commissione, interessi sulla base del tasso applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di tre punti e mezzo percentuali, o, in subordine, sulla base del diverso tasso di interesse di mora che il Tribunale riterrà opportuno;

–        condannare la Commissione e l’Unione alle spese.

26      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

27      Con il suo primo capo di domanda, la ricorrente chiede l’annullamento della decisione impugnata. Con le sue domande dal secondo al quarto capo, essa chiede, in via principale, il risarcimento del lucro cessante dovuto alla privazione del godimento del capitale della parte dell’ammenda indebitamente pagata e, in subordine, il risarcimento del danno che ha subito a causa del rifiuto della Commissione di pagare gli interessi di mora su tale importo. Con il suo quinto capo di domanda, la ricorrente chiede la condanna della Commissione al pagamento degli interessi di mora, dalla data della pronuncia della emananda sentenza fino al completo pagamento, sull’importo che la Commissione deve pagare in base al secondo, terzo o quarto capo di domanda.

28      Nelle circostanze della presente causa, il Tribunale ritiene opportuno esaminare, in un primo momento, le domande di risarcimento danni e la domanda di condanna al pagamento di interessi di mora a partire dalla data di pronuncia della presente sentenza. In una seconda fase, si affronterà la domanda di annullamento.

 Sulle domande di risarcimento danni

29      Con il suo secondo capo di domanda, la ricorrente chiede, in via principale, il risarcimento del lucro cessante a causa della privazione del godimento dell’importo dell’ammenda che ha indebitamente pagato durante il periodo dal 15 gennaio 2015 al 19 febbraio 2019. Con il terzo capo di domanda, essa chiede, in subordine, il risarcimento del danno che ha subito nello stesso periodo a causa del rifiuto della Commissione, in violazione dell’articolo 266, primo comma, TFUE, di pagarle gli interessi di mora sulla base del tasso applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di tre punti e mezzo percentuali. Con il quarto capo di domanda, essa chiede, in ulteriore subordine, il risarcimento del danno subito a causa degli interessi di mora non pagati, sulla base di un tasso di interessi di mora che il Tribunale riterrà adeguato. Con il suo quinto capo di domanda, chiede la condanna della Commissione a pagare gli interessi di mora a partire dalla data della pronuncia della emananda sentenza.

30      L’articolo 340, secondo comma, TFUE, prevede che, in materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione debba risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni.

31      Secondo una giurisprudenza costante, la responsabilità extracontrattuale dell’Unione richiede la compresenza di vari presupposti, ossia l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra la violazione dell’obbligo incombente all’autore dell’atto e il danno subito dai soggetti lesi (v. sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio, C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

32      Se non sussiste uno di tali presupposti, il ricorso dev’essere respinto interamente, senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti da cui dipende la responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Inoltre, il giudice dell’Unione non è tenuto a esaminare tali presupposti in un ordine determinato (v. sentenza del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea, C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 148 e giurisprudenza ivi citata).

33      Le domande formulate dalla ricorrente devono essere esaminate alla luce delle suesposte considerazioni.

 Sulla domanda di risarcimento formulata in via principale e intesa al risarcimento del lucro cessante in ragione della privazione dell’uso dell’importo dell’ammenda indebitamente pagato

34      In via principale, la ricorrente chiede l’indennizzo per un lucro cessante pari a EUR 2 580 374,07 e che corrisponde, in sostanza, al rendimento annuo dei suoi capitali assunti (in prosieguo: il «RCA») o al costo medio ponderato del suo capitale (in prosieguo: il «CMPC») nel periodo compreso tra il 2015 e il 2018. La ricorrente sostiene che tale danno le è stato causato da una violazione sufficientemente qualificata dell’articolo 266, primo comma, TFUE e dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1).

35      Più precisamente, la ricorrente fa valere il lucro cessante in quanto, se avesse potuto continuare a gestire la somma di denaro di cui era stata illegittimamente privata, avrebbe potuto ottenere degli utili e chiarisce che, con la somma corrispondente all’importo dell’ammenda indebitamente pagato, avrebbe potuto realizzare attività economiche e finanziare investimenti. In questo caso, la ricorrente avrebbe raccolto meno capitale esterno (e quindi risparmiato sui costi del capitale) o sarebbe stata in grado di finanziare ulteriori investimenti con l’importo dell’ammenda indebitamente pagato e ottenere un rendimento più elevato.

36      A tal riguardo, da un lato, la ricorrente specifica il suo RCA tra il 2015 e il 2018 e chiarisce che l’applicazione di questo rendimento alla somma di EUR 12 039 019, cioè l’importo dell’ammenda indebitamente pagato, consente di valutare il suo danno in EUR 2 580 374,07. Essa precisa che, tra il 2015 e il 2018, ha realizzato numerose opportunità di investimento come lo sviluppo di reti in fibra ottica, la costruzione di nuove antenne per la rete di telefonia mobile o l’espansione dei servizi di stoccaggio nel contesto del cloud computing. Essa ne deduce che, se avesse avuto accesso all’importo indebitamente pagato alla Commissione, avrebbe potuto utilizzarlo anche per queste attività di investimento.

37      Dall’altro lato, la ricorrente chiarisce che un’immagine molto simile appare se essa basa il calcolo del suo danno sul suo CMPC al netto delle imposte nel corso dello stesso periodo. Essa precisa che, nel settore delle telecomunicazioni, il CMPC costituisce un valore di riferimento riconosciuto per effettuare una stima economica di misure di investimento ed è determinante per gli obiettivi di rendimento di un’impresa. A tale riguardo, la Commissione rinvia al punto 2 della comunicazione della Commissione relativa al calcolo del costo del capitale per le infrastrutture storiche nell’ambito dell’esame da parte della Commissione delle notifiche nazionali nel settore delle comunicazioni elettroniche nell’Unione europea (GU 2019, C 375, pag. 1). A suo avviso, il fatto che i valori del CMPC costituiscano, per quanto la riguarda, dati individuali esatti risulta dai valori determinati annualmente dalla Bundesnetzagentur (Agenzia federale delle reti, Germania) e superiori al CMPC medio sul quale essa fonda il suo diritto al risarcimento. Essa produce altresì una stima, effettuata da uno studio di consulenza, dei CMPC normativi negli Stati membri.

38      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

39      Secondo giurisprudenza costante, il danno di cui si chiede il risarcimento nel contesto della responsabilità extracontrattuale dell’Unione deve essere reale e certo, il che spetta alla parte ricorrente dimostrare (v. sentenza del 9 novembre 2006, Agraz e a./Commissione, C‑243/05 P, EU:C:2006:708, punto 27 e giurisprudenza ivi citata). Spetta a quest’ultima apportare prove concludenti sia dell’esistenza sia della portata del danno invocato (v. sentenza del 16 settembre 1997, Blackspur DIY e a./Consiglio e Commissione, C‑362/95 P, EU:C:1997:401, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

40      In primo luogo, occorre rilevare che la ricorrente non dimostra che avrebbe necessariamente investito nelle sue attività la somma di denaro di cui è stata privata. Infatti, la somma che è stata giudicata indebita dal Tribunale e che era stata precedentemente pagata in eccesso dalla ricorrente avrebbe potuto essere utilizzata per molti altri scopi.

41      In secondo luogo, la ricorrente non dimostra che il mancato godimento dell’importo dell’ammenda indebitamente pagato alla Commissione l’abbia indotta a rinunciare a progetti specifici che potevano comunicarle un importo equivalente all’RCA o al CMPC.

42      Per quanto riguarda il RCA, invocato dalla ricorrente, occorre rilevare che esso corrisponde ad una redditività media dell’insieme dei suoi investimenti mediante l’intero capitale (fondi propri e debiti a lungo termine) da essa utilizzato.

43      È vero che, nella replica, la ricorrente menziona, riguardo all’RCA, diversi investimenti, ossia investimenti per circa EUR 1,7 miliardi per l’acquisizione di nuove licenze di telefonia mobile, investimenti per circa EUR 108,1 milioni per spese di ricerca e sviluppo e investimenti per circa EUR 101,3 milioni in immobilizzazioni immateriali da attivarsi, da essa stessa costituite.

44      Tuttavia, la ricorrente si limita, senza ulteriori chiarimenti, a sostenere che, con la somma di cui è stata privata, avrebbe potuto finanziare ulteriori investimenti. Non identifica quindi concretamente un progetto specifico in cui avrebbe potuto investire e a cui avrebbe rinunciato. Al contrario, essa sostiene di aver concretizzato, tra il 2015 e il 2018, numerose possibilità di investimento. Inoltre, non fornisce il rendimento di ciascuno dei progetti che cita.

45      Per quanto riguarda il CMPC, esso è definito come la media ponderata del costo di tutte le fonti di finanziamento dell’impresa. Più precisamente, è la media ponderata del costo dei capitali propri (un tasso privo di rischio combinato con un premio di rischio di mercato adattato alle caratteristiche della società attraverso un coefficiente beta) e del costo del debito. Il costo dei capitali propri e il costo del debito sono costi previsti, non costi storici. Infatti, il CMPC corrisponde ad un’aspettativa degli investitori ex ante a fronte di un’assunzione di rischio.

46      Orbene, a sostegno delle sue domande, la ricorrente invoca un CMPC annuo, ossia un tasso medio per l’insieme dei suoi progetti e non il tasso applicabile a un progetto specifico. Come per la sua domanda fondata sull’RCA, essa non ha individuato alcun progetto specifico al quale avrebbe destinato la somma di cui è stata privata e non individua neppure il tasso di rendimento che avrebbe ottenuto se il progetto specifico di cui trattasi fosse stato effettivamente realizzato, circostanza che è stata ancora confermata in udienza in risposta ad un quesito del Tribunale.

47      In terzo luogo, la ricorrente non dimostra che non aveva i fondi necessari per cogliere un’opportunità di investimento relativa a un investimento specifico o, più in generale, che non aveva una fonte di finanziamento alternativa. A questo proposito, è vero che nella replica la ricorrente chiarisce che il suo livello di indebitamento è alto e che sta lavorando al limite delle sue possibilità finanziarie. Tuttavia, bisogna notare che la somma di cui è stata privata è modesta in relazione al suo bilancio, ai suoi fondi propri e ai suoi debiti che ammontano a diverse decine di miliardi di euro. Come osserva la Commissione, gli elementi di prova prodotti dalla ricorrente nella replica indicano che quest’ultima aveva un patrimonio netto di 45,6 miliardi di euro per il terzo trimestre del 2019. Inoltre, dagli elementi di prova presentati dalla ricorrente risulta che quest’ultima disponeva anche di una notevole liquidità per il periodo 2015-2019, pari in media a 5,4 miliardi di euro. Orbene, l’importo dell’ammenda indebitamente pagato corrisponde a circa lo 0,22% di queste disponibilità liquide medie e equivalenti.

48      Pertanto, la ricorrente non ha dimostrato che le fosse stato impedito di realizzare un investimento che avrebbe prodotto un rendimento corrispondente all’RCA o al CMPC che essa invoca.

49      Tale conclusione non è rimessa in discussione dagli argomenti della ricorrente relativi al fatto che, nel settore delle telecomunicazioni, il CMPC costituisce un valore di riferimento riconosciuto per effettuare una stima economica di misure di investimento ed è determinante per gli obiettivi di rendimento di un’impresa.

50      Infatti, da un lato, la Commissione chiarisce, al punto 2 della sua comunicazione sul calcolo del costo del capitale per le infrastrutture storiche nel contesto del [suo] esame delle notifiche nazionali nel settore delle comunicazioni elettroniche nell’Unione europea, che il costo del capitale è il costo di opportunità di un «dato investimento» rispetto a un altro investimento con un livello di rischio simile. Essa aggiunge che il costo del capitale è quindi il tasso di rendimento richiesto da un’impresa per fare un «dato investimento». Dall’altro lato, l’applicazione automatica del CMPC della ricorrente a qualsiasi privazione di una somma di denaro di cui essa è stata vittima porterebbe a ritenere che senza dubbio essa è stata privata dell’opportunità di investire in un dato progetto che avrebbe prodotto un rendimento equivalente a tale CMPC. Orbene, un siffatto approccio non sarebbe compatibile con il fatto che il CMPC integra un premio di rischio. Né è compatibile con l’obbligo che incombe alla ricorrente di dimostrare di aver subito un danno reale e certo.

51      In tali circostanze, la ricorrente non ha dimostrato di aver subito un mancato guadagno reale e certo che potrebbe basarsi vuoi sull’RCA vuoi sul CMPC.

52      Ne consegue che la domanda principale di risarcimento del lucro cessante, equivalente all’RCA o al CMPC della ricorrente, in ragione della privazione del godimento dell’importo dell’ammenda indebitamente pagato, deve essere respinta in quanto non è soddisfatta la condizione relativa alla dimostrazione della realtà e della certezza del danno, senza che sia necessario esaminare, da un lato, se la Commissione abbia commesso violazioni sufficientemente qualificate di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli e, dall’altro, se esista un nesso di causalità tra queste violazioni sufficientemente qualificate e il presunto lucro cessante (v. supra, punto 32).

 La richiesta di risarcimento formulata in subordine per il risarcimento del danno derivante dal rifiuto della Commissione di pagare gli interessi di mora

53      La ricorrente sostiene, in primo luogo, che il rifiuto della Commissione di versarle gli interessi di mora costituisce non solo un’illegittimità che inficia la decisione impugnata, ma anche una violazione sufficientemente qualificata dell’articolo 266, primo comma, TFUE. In secondo luogo, essa sostiene che questa violazione sufficientemente qualificata è la causa diretta del danno che ha subito, che consiste negli interessi di mora di cui è stata privata.

–       Se vi sia stata una violazione sufficientemente qualificata dell’articolo 266, primo comma, TFUE

54      La ricorrente sostiene innanzitutto che, quando il Tribunale dell’Unione constata che l’importo di un’ammenda è stato pagato indebitamente, l’articolo 266, primo comma, TFUE impone alla Commissione, al momento della restituzione di tale importo, di versare interessi di mora. In tal senso, un rifiuto totale di pagare gli interessi di mora violerebbe questa disposizione in modo sufficientemente qualificato.

55      Inoltre, la ricorrente sostiene che il diritto al pagamento degli interessi di mora non è pregiudicato dall’articolo 90, paragrafo 4, lettera a), del regolamento delegato n. 1268/2012. Anche a voler ritenere che tale disposizione possa essere interpretata nel senso che disciplina il diritto al pagamento degli interessi di mora, la ricorrente ne fa valere l’illegittimità ai sensi dell’articolo 277 TFUE.

56      Infine, la ricorrente ritiene che l’obbligo di pagare gli interessi di mora sorge dal momento in cui le risorse non sono più a disposizione dell’interessato, vale a dire, nel caso in questione, alla data in cui ha pagato l’ammenda.

57      La Commissione ribatte, sulla base degli argomenti addotti in risposta alla domanda di annullamento, di non aver violato l’articolo 266, primo comma, del TFUE e che una tale violazione, anche a volerla riconoscere, non sarebbe sufficientemente qualificata.

58      In primo luogo, la Commissione sostiene che dal primo comma dell’articolo 266 TFUE risulta che essa è obbligata a effettuare un rimborso solo sulla base del principio dell’arricchimento senza causa. In altre parole, la suddetta disposizione non richiederebbe di aggiungere interessi di mora al rimborso di un’ammenda indebitamente riscossa. La Commissione aggiunge che i giudici dell’Unione distinguono diversi tipi di interessi, vale a dire gli interessi di mora, che sono di natura forfettaria e sanzionano i ritardi di pagamento, gli interessi compensativi, che sono dovuti per un danno causato contra legem, e gli interessi prodotti, che devono essere restituiti in caso di rimborsi.

59      In secondo luogo, la Commissione fa valere che il pagamento da essa effettuato a favore della ricorrente tiene conto degli interessi prodotti conformemente al combinato disposto dell’articolo 90 del regolamento delegato n. 1268/2012 e dell’articolo 83 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio (GU 2012, L 298, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento finanziario»). A suo avviso, il pagamento degli interessi è destinato a compensare la ricorrente per l’arricchimento senza causa derivante dall’ammenda in eccesso. Essa chiarisce che, nella specie, ha investito l’importo dell’ammenda che la ricorrente aveva pagato, ma che il rendimento di questo investimento è stato negativo. Così, il suo «arricchimento» dovuto all’eccesso di multa pagata dalla ricorrente sarebbe stato negativo o pari a zero. Inoltre, la Commissione dichiara che, a seguito della sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930), essa ha prontamente tenuto conto degli interessi prodotti per restituire alla ricorrente l’arricchimento senza causa derivante dall’importo dell’ammenda indebitamente riscossa.

60      In terzo luogo, la Commissione sostiene che non era tenuta a pagare gli interessi di mora.

61      Anzitutto, la Commissione chiarisce che l’obiettivo degli interessi di mora non può essere quello di indurla a restituire, prima che sia pronunciata la sentenza che riduce l’importo dell’ammenda, la somma che ha riscosso indebitamente. Essa aggiunge che gli interessi non devono essere calcolati a partire dalla data del pagamento dell’ammenda, che nel caso in questione è il 16 gennaio 2015. Essa ritiene, infatti, di non potersi trovare in una situazione di ritardo di pagamento anche prima che il Tribunale abbia constatato l’esistenza di un obbligo di pagamento nei suoi confronti, vale a dire, nel caso di specie, prima della sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930).

62      La Commissione sostiene inoltre di essere obbligata a pagare gli interessi di mora solo quando rifiuta di rimborsare un’ammenda e gli interessi maturati in seguito a una sentenza del giudice dell’Unione che riduce o annulla l’importo di tale ammenda. In questo caso, l’obbligo di pagare gli interessi di mora decorrerebbe dopo la pronuncia della sentenza in questione.

63      Infine, la Commissione ritiene che l’eccezione di illegittimità sollevata con riguardo all’articolo 90, paragrafo 4, lettera a), del regolamento delegato n. 1268/2012 sia infondata.

64      In quarto luogo, la Commissione ritiene che la sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39) introduca l’obbligo, da parte della Commissione, di pagare un nuovo tipo di interessi, che la Corte definisce anche «interessi di mora». Essa interpreta questa sentenza nel senso che dovrebbe pagare tali interessi senza nemmeno essere in mora, vale a dire senza essere nella posizione di un debitore che non ha pagato tempestivamente una somma esigibile e determinata. Secondo la ricorrente, si tratta, al contrario, di interessi di natura compensativa.

65      Inoltre, la Commissione chiarisce che l’obbligo di pagare gli interessi di mora ha due obiettivi, vale a dire il risarcimento del creditore e la sanzione dell’illegalità del comportamento del debitore che porterebbe al ritardo nel pagamento del suo debito. Orbene, essa ritiene che ci sia una certa contraddizione tra questi due obiettivi. Infatti, l’ammenda inflitta dalla Commissione non potrebbe, durante lo stesso periodo e allo stesso tempo, da un lato, essere esigibile in virtù di una decisione valida ed esecutiva ai sensi dell’articolo 299 TFUE e, dall’altro, dover essere rimborsata dalla Commissione stessa. È solo nel caso eccezionale in cui la sua decisione venisse qualificata come inesistente che l’obbligo di pagare l’ammenda in essa contenuta sarebbe, ex tunc, privo di qualsiasi base giuridica. In tal senso, la sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39), deve essere intesa nel senso che l’obbligo di pagare gli interessi di mora non è destinato a sanzionare un ritardo nel rimborso dell’ammenda. L’obbligo di rimborsare l’ammenda sussisterebbe a partire dalla sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930), in quanto deriverebbe dall’articolo 266, primo comma, TFUE.

66      In quinto luogo, la Commissione ritiene che i principi enunciati nella sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39), non siano applicabili in questo caso.

67      A questo proposito, la Commissione chiarisce che, nella causa che ha dato origine alla sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39), il Tribunale aveva precedentemente annullato integralmente la parte della sua decisione che infliggeva un’ammenda a Printeos SA per insufficienza di motivazione. Così, dopo la sentenza del 12 febbraio 2019, Printeos/Commissione (T‑201/17, EU:T:2019:81), la Commissione avrebbe potuto riprendere il procedimento nella fase dell’irregolarità riscontrata ed esercitare nuovamente il suo potere di imporre ammende.

68      Per contro, nella sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930), il Tribunale avrebbe ridotto e quindi modificato l’importo dell’ammenda nell’esercizio della sua competenza giurisdizionale estesa al merito sulla base dell’articolo 261 TFUE e dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003.

69      Nel caso che ha dato origine alla sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930), il potere di infliggere sanzioni è stato trasferito al giudice dell’Unione e il Tribunale si sarebbe sostituito alla Commissione per procedere a una nuova determinazione dell’importo dell’ammenda. L’esercizio di questo potere da parte del Tribunale potrebbe produrre solo effetti ex nunc. La riduzione dell’importo dell’ammenda sarebbe il risultato della valutazione del Tribunale che avrebbe sostituito quella della Commissione. Il Tribunale stesso avrebbe valutato la situazione di fatto ed esercitato il potere di infliggere sanzioni. Questa riduzione dell’importo dell’ammenda sarebbe stata fissata per la prima volta alla data della sentenza del Tribunale. In precedenza, non ci sarebbe stato alcun debito da parte della Commissione e, a maggior ragione, nessun importo determinato.

70      La Commissione ne deduce che, quando i giudici dell’Unione esercitano la loro competenza giurisdizionale estesa al merito, un’applicazione ex tunc degli interessi di mora non è possibile.

71      Occorre rilevare, in limine, che l’articolo 266, primo comma, TFUE è una norma di legge il cui scopo è quello di conferire diritti ai singoli. Infatti, tale disposizione prevede un obbligo assoluto e incondizionato dell’istituzione da cui emana l’atto annullato di adottare, nell’interesse del ricorrente risultato vittorioso, le misure che l’esecuzione della sentenza di annullamento comporta, cui corrisponde un diritto del ricorrente al pieno rispetto di tale obbligo.

72      Per quanto riguarda l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata dell’articolo 266, primo comma, del TFUE, occorre ricordare che, quando sono state ricevute somme in violazione del diritto dell’Unione, sussiste un obbligo, in base a tale diritto, di restituirle con gli interessi. Ciò avviene, segnatamente, qualora talune somme siano state percepite in applicazione di un atto dell’Unione dichiarato invalido o annullato dal giudice dell’Unione (v. sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punti 66 e 67 e giurisprudenza ivi citata).

73      In particolare, in caso di annullamento, da parte del giudice dell’Unione, di un atto che ha comportato il versamento di una somma all’Unione, il versamento degli interessi di mora costituisce una misura di esecuzione della sentenza di annullamento ai sensi dell’articolo 266, primo comma, TFUE, in quanto ha lo scopo di compensare forfettariamente la perdita di godimento di un credito e di incoraggiare il debitore a conformarsi al più presto alla sentenza di annullamento (sentenze del 12 febbraio 2015, Commissione/IPK International, C‑336/13 P, EU:C:2015:83, punto 30, e del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punto 68; v. anche, in tal senso, sentenza del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea, C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 55).

74      Per quanto riguarda la determinazione degli obblighi che incombono alla Commissione ai sensi dell’articolo 266 TFUE in esecuzione di una sentenza di annullamento e di riduzione dell’importo di un’ammenda inflitta a un’impresa per violazione delle regole di concorrenza, tali obblighi comportano, in primo luogo, l’obbligo per la Commissione di rimborsare in tutto o in parte l’importo dell’ammenda pagata dall’impresa in questione, nella misura in cui tale pagamento sia da considerarsi indebito a seguito della sentenza. Tale obbligo riguarda non solo l’importo principale dell’ammenda indebitamente pagato, ma anche gli interessi di mora prodotti da tale importo [v., in tal senso, sentenze del 10 ottobre 2001, Corus UK/Commissione, T‑171/99, EU:T:2001:249, punti 52 e 53; dell’8 luglio 2004, Corus UK/Commissione, T‑48/00, EU:T:2004:219, punto 223, e ordinanza del 4 maggio 2005, Holcim (Francia)/Commissione, T‑86/03, EU:T:2005:157, punto 30].

75      La concessione di interessi di mora sull’importo indebitamente versato sembra essere una componente indispensabile dell’obbligo di ripristino dello status quo che incombe alla Commissione a seguito di una sentenza di annullamento o nell’esercizio della competenza giurisdizionale estesa al merito (sentenza del 10 ottobre 2001, Corus UK/Commissione, T‑171/99, EU:T:2001:249, punto 54; v. anche, in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2019, Printeos/Commissione, T‑201/17, EU:T:2019:81, punto 56).

76      Ne consegue che, non concedendo alcun interesse di mora sul capitale dell’ammenda rimborsata a seguito di una sentenza che annulla o riduce l’importo di un’ammenda inflitta a un’impresa per violazione delle regole di concorrenza, la Commissione omette di adottare un provvedimento che comporta l’esecuzione di tale sentenza e viene così meno agli obblighi che le incombono in forza dell’articolo 266 TFUE [ordinanza del 4 maggio 2005, Holcim (Francia)/Commissione, T‑86/03, EU:T:2005:157, punto 31; v. anche, in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, EU:T:2008:254, punto 488].

77      È vero, in primo luogo, che ai sensi dell’articolo 299 del TFUE le decisioni della Commissione che impongono un obbligo pecuniario a soggetti diversi dagli Stati membri sono esecutive. In secondo luogo, ai sensi dell’articolo 278 TFUE, i ricorsi alla Corte contro tali tipi di decisioni non hanno effetto sospensivo. Infine, le decisioni della Commissione sono presunte legittime fino a che non siano annullate o revocate (v. sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

78      È anche vero che l’obbligo di pagare gli interessi di mora può essere previsto solo quando il credito principale è certo per quanto riguarda il suo importo o almeno determinabile sulla base di elementi oggettivi acclarati (sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punto 55).

79      Tuttavia, in primo luogo, occorre rilevare che l’articolo 83 del regolamento finanziario applicabile nella fattispecie prevedeva, tra l’altro, che

«1. Gli importi riscossi a titolo di ammende, penali e sanzioni, nonché gli interessi e altri proventi prodotti, non sono registrati come entrate di bilancio fino a quando le corrispondenti decisioni possono essere annullate dalla [Corte].

2. Gli importi di cui al paragrafo 1 sono registrati come entrate di bilancio con la massima tempestività e al più tardi nell’esercizio successivo a quello in cui sono stati esperiti tutti i mezzi di impugnazione. Gli importi che devono essere restituiti all’entità che li ha versati a seguito di una sentenza della [Corte] non sono registrati come entrate di bilancio.

(…)

4. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati (...) riguardo a norme dettagliate concernenti gli importi riscossi a titolo di ammende, penali e interessi».

80      L’articolo 90 del regolamento delegato n. 1268/2012, applicabile nel caso di specie, prevedeva, segnatamente, quanto segue:

«1. Quando dinanzi alla [Corte] è intentata un’azione legale contro una decisione della Commissione intesa a comminare un’ammenda o altre penali previste dal TFUE o dal trattato Euratom, e fintantoché non sono state esaurite tutte le vie di ricorso, il debitore paga, a titolo provvisorio, gli importi corrispondenti sul conto bancario indicato dal contabile oppure costituisce una garanzia finanziaria accettabile per il contabile. Tale garanzia è distinta dall’obbligo di pagare l’ammenda o le altre penali ed è esigibile alla prima richiesta. Essa copre il debito sia in capitale che in interessi dovuti a norma dell’articolo 83, paragrafo 4.

2. La Commissione garantisce gli importi incassati in via provvisoria investendoli in attivi finanziari, assicurando in tal modo la sicurezza e la liquidità delle somme di denaro e prefiggendosi al tempo stesso di ottenere un rendimento positivo.

(…)

4. Quando sono state esaurite tutte le vie di ricorso e l’ammenda o la penale è stata annullata o ridotta è adottata una delle seguenti misure:

a)      gli li importi indebitamente riscossi e gli interessi prodotti sono rimborsati al terzo interessato; nei casi in cui il rendimento complessivo per il periodo in questione sia stato negativo è rimborsato il valore nominale degli importi indebitamente riscossi;

b)      se è stata costituita una garanzia finanziaria, essa viene di conseguenza liberata».

81      L’articolo 24, paragrafo 2, della decisione C(2013) 2488 final della Commissione, del 2 maggio 2013, relativa alle disposizioni procedurali interne per il recupero dei crediti derivanti dalla gestione diretta e il recupero di multe, somme forfettarie e penalità di mora ai sensi dei trattati, che sostituisce la decisione C(2011) 4212 definitivo del 17 giugno 2011, e che è stata modificata dalla decisione C(2014) 2786 della Commissione, del 30 aprile 2014, indica parimenti che, che quando il debitore presenta un ricorso presso un giudice dell’Unione contro una decisione della Commissione che infligge un’ammenda, il contabile incassa gli importi in questione «provvisoriamente» dal debitore. Questa disposizione prevede anche che, a seconda della decisione giudiziaria finale, gli importi riscossi provvisoriamente, sia in capitale che in interessi, saranno definitivamente contabilizzati come entrate o saranno «rimborsati» agli operatori economici al pro rata di tale decisione.

82      Pertanto, dalla normativa applicabile menzionata ai precedenti punti da 79 a 81 risulta che, quando una società propone un ricorso dinanzi al giudice dell’Unione per contestare una decisione con cui la Commissione le ha inflitto un’ammenda, il pagamento dell’ammenda effettuato da tale società è provvisorio fino all’esaurimento delle procedure di ricorso. La suddetta normativa prevede anche, ex ante, che una società che ha pagato un’ammenda che viene successivamente annullata o ridotta ha diritto alla restituzione delle somme indebitamente ricevute e quindi a un diritto alla ripetizione.

83      In secondo luogo, la Commissione si basa sul fatto che, nella sentenza del 13 dicembre 2018 Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930), il Tribunale ha ridotto l’importo dell’ammenda nell’esercizio della sua competenza.

84      Tuttavia, anzitutto, occorre constatare che, prima dell’esercizio della sua competenza giurisdizionale estesa al merito e della riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, il Tribunale, nella sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930), ha parzialmente annullato la disposizione che constatava la sostanza della pratica di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera d), della decisione del 2014 (v. supra, punto 5). Inoltre, il Tribunale ha annullato l’articolo 2 di tale decisione nella parte in cui fissava in EUR 31 070 000 l’importo dell’ammenda a carico della sola ricorrente (v. supra, punto 6).

85      Quanto agli effetti dell’annullamento di un atto pronunciato dal giudice dell’Unione, occorre ricordare che esso opera ex tunc e ha pertanto l’effetto di eliminare retroattivamente l’atto annullato dall’ordinamento giuridico (v., in tal senso, sentenze del 26 aprile 1988, Asteris e a./Commissione, 97/86, 99/86, 193/86 e 215/86, EU:C:1988:199, punto 30; del 13 dicembre 1995, Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, T‑481/93 e T‑484/93, EU:T:1995:209, punto 46, e del 10 ottobre 2001, Corus UK/Commissione, T‑171/99, EU:T:2001:249, punto 50).

86      In secondo luogo, occorre sottolineare che né le disposizioni o i testi citati ai precedenti punti da 79 a 81 né la giurisprudenza citata ai precedenti punti da 74 a 76 operano una distinzione a seconda che il giudice dell’Unione abbia annullato in tutto o in parte l’ammenda inflitta a una parte ricorrente o abbia ridotto tale ammenda dopo averla annullata.

87      Infine, quando il giudice dell’Unione sostituisce la propria valutazione a quella della Commissione e riduce l’importo dell’ammenda nell’esercizio della sua competenza giurisdizionale estesa al merito, esso sostituisce, nell’ambito della decisione della Commissione, l’importo inizialmente fissato in tale decisione con quello risultante dalla propria valutazione. Questa riduzione modifica retroattivamente la decisione della Commissione. Si presume che l’ammenda ridotta a seguito della nuova valutazione del giudice dell’Unione sia sempre stata quella inflitta dalla Commissione. Per quanto riguarda la suddetta riduzione, si ritiene quindi che la decisione della Commissione, a causa dell’effetto sostitutivo della sentenza emessa dal giudice dell’Unione, sia sempre quella risultante dalla valutazione di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 14 luglio 1995, CB/Commissione, T‑275/94, EU:T:1995:141, punti da 60 a 65 e da 85 a 87).

88      In terzo luogo, da una parte, l’incentivo «a conformarsi al più presto alla sentenza di annullamento» è solo uno dei due obiettivi del pagamento degli interessi di mora previsti dalla Corte al punto 30 della sentenza del 12 febbraio 2015, Commissione/IPK International (C‑336/13 P, EU:C:2015:83, punto 30). Orbene, la concessione di interessi di mora a partire dalla data del pagamento provvisorio dell’ammenda in questione persegue l’altro obiettivo previsto dalla Corte, ossia il risarcimento forfettario dell’impresa che ha pagato l’ammenda per la privazione del godimento dei suoi fondi durante il periodo compreso tra la data del pagamento provvisorio dell’ammenda e la data del suo rimborso. D’altra parte, in caso di annullamento di una decisione che ha comportato il pagamento provvisorio di una somma come un’ammenda inflitta per un’infrazione alle regole di concorrenza, l’obbligo di restituire la somma versata insieme agli interessi di mora calcolati a partire dalla data del pagamento di tale somma costituisce un incentivo per l’istituzione interessata a prestare particolare attenzione nell’adozione di tali decisioni, che possono comportare, per un privato, l’obbligo di pagare immediatamente somme considerevoli (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos, C 301/19 P, EU:C:2021:39, punti 85 e 86).

89      Nella sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39), la Corte ha quindi affermato che la concessione di interessi di mora a partire dalla data del pagamento provvisorio dell’ammenda non perseguisse l’obiettivo di indurre la Commissione «a conformarsi al più presto alla sentenza di annullamento».

90      In tal senso, è pur vero che l’obbligo di pagare gli interessi di mora non può avere lo scopo di indurre la Commissione a rimborsare, prima della pronuncia della sentenza che annulla e riduce l’importo dell’ammenda da essa inflitta, la somma che ha indebitamente ricevuto. Tuttavia, l’obbligo di pagare gli interessi di mora in caso di annullamento e di riduzione, da parte del giudice dell’Unione, dell’importo di un’ammenda inflitta dalla Commissione non persegue l’obiettivo di sanzionare un ritardo ingiustificato di tale istituzione. L’obbligo di versare interessi di mora in una tale situazione è inteso, segnatamente, a risarcire forfettariamente un ritardo oggettivo, che deriva, in primo luogo, dalla durata del procedimento dinanzi al giudice dell’Unione, in secondo luogo, dal fatto che la normativa finanziaria pertinente prevede che una società che ha pagato a titolo provvisorio un’ammenda successivamente annullata o ridotta dispone di un diritto alla ripetizione (v. supra, punti da 79 a 82) e, in terzo luogo, dalla retroattività della riduzione dell’importo dell’ammenda operata dal giudice dell’Unione (v. supra, punti da 84 a 87).

91      Secondo la Commissione, un’interpretazione secondo la quale essa sarebbe debitrice di interessi di mora a una data anteriore alla sentenza del giudice dell’Unione che annulla o riduce l’importo di un’ammenda è contraria alla funzione deterrente delle ammende nei casi di concorrenza. A questo proposito, essa chiarisce, in primo luogo, che esiste un legame intrinseco tra il divieto di pratiche anticoncorrenziali ai sensi degli articoli 101 e 102 del TFUE e l’imposizione di ammende, in secondo luogo, che tali articoli sarebbero inefficaci se non fossero accompagnati da sanzioni, come previsto dall’articolo 103, paragrafo 2, lettera a), TFUE, e, infine, che le ammende non dovrebbero essere mitigate da circostanze esterne.

92      Tuttavia, in primo luogo, occorre ricordare che la nozione di dissuasione costituisce uno degli elementi da prendere in considerazione nel calcolo dell’importo dell’ammenda (sentenze del 26 settembre 2013, Alliance One International/Commissione, C‑679/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:606, punto 73, e del 4 settembre 2014, YKK e a./Commissione, C‑408/12 P, EU:C:2014:2153, punto 84). Ne consegue che la funzione dissuasiva delle ammende è stata necessariamente presa in considerazione dal Tribunale nella sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930), quando ha esercitato la sua competenza giurisdizionale estesa al merito per ridurre, con effetto retroattivo, l’importo dell’ammenda di cui la ricorrente era debitrice (v. supra, punto 87).

93      In secondo luogo, occorre rilevare che la funzione dissuasiva delle ammende deve essere conciliata con il principio della tutela giurisdizionale effettiva di cui all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tuttavia, il rispetto di tale principio è garantito dal controllo di legittimità previsto dall’articolo 263 TFUE, integrato dalla competenza giurisdizionale estesa al merito quanto all’importo dell’ammenda, prevista dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003. Il giudice dell’Unione, infatti, è autorizzato a esercitare un controllo tanto in diritto quanto in fatto e a valutare le prove, a annullare la decisione impugnata e a modificare l’importo delle ammende (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2012, Otis e a., C‑199/11, EU:C:2012:684, punti 62 e 63 e giurisprudenza ivi citata). Si è anche affermato che, per soddisfare i requisiti di un controllo completo ai sensi dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali per quanto riguarda l’ammenda, il giudice dell’Unione è tenuto, nell’esercizio delle competenze previste agli articoli 261 e 263 TFUE, a esaminare ogni censura, di diritto o di fatto, diretta a dimostrare che l’importo dell’ammenda non è adeguato alla gravità e alla durata dell’infrazione (sentenze del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 200, e del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 195). La competenza giurisdizionale estesa al merito costituisce una garanzia supplementare di cui godono le imprese (v., in questo senso, sentenze del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 445; del 6 ottobre 1994, Tetra Pak/Commissione, T‑83/91, EU:T:1994:246, punto 235, e del 17 dicembre 2015, Orange Polska/Commissione, T‑486/11, EU:T:2015:1002, punto 91).

94      In terzo luogo, la funzione dissuasiva delle ammende deve anche essere conciliata con gli obiettivi perseguiti dalla concessione di interessi di mora a seguito dell’esercizio, da parte del giudice dell’Unione, delle sue competenze e, in particolare, della sua competenza giurisdizionale estesa al merito, vale a dire, da un lato, un risarcimento forfettario all’impresa che ha pagato provvisoriamente tale ammenda per la privazione del godimento dei suoi fondi durante il periodo compreso tra la data del pagamento provvisorio dell’ammenda e la data del suo rimborso e, in secondo luogo, un incentivo per l’istituzione interessata a prestare particolare attenzione nell’adottare decisioni, come quelle che impongono ammende, che possono comportare l’obbligo per un privato di effettuare il pagamento immediato di somme considerevoli (v. supra, punto 88).

95      Di conseguenza, alla luce delle ragioni esposte ai precedenti punti da 79 a 94, si deve ritenere, in primo luogo, che il credito principale vantato dalla ricorrente nella presente causa esisteva ed era certo quanto al suo importo massimo, o almeno determinabile sulla base di elementi oggettivi accertati, alla data del pagamento provvisorio dell’ammenda da parte della ricorrente, ossia il 16 gennaio 2015. D’altro canto, la Commissione era tenuta, ai sensi dell’articolo 266, primo comma, TFUE, a pagare gli interessi di mora sulla parte dell’importo dell’ammenda ritenuta indebita dal Tribunale nella sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930), per il periodo compreso tra la data del pagamento provvisorio dell’ammenda e quella del rimborso della parte dell’importo dell’ammenda ritenuta indebita.

96      Tale conclusione non è messa in discussione dagli argomenti della Commissione basati, da un lato, sulle disposizioni dell’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012 e, dall’altro, sul fatto che gli interessi dovuti dal momento del pagamento dell’ammenda devono essere qualificati come interessi compensativi.

97      Infatti, per quanto riguarda gli argomenti della Commissione relativi alle disposizioni dell’articolo 90 del regolamento delegato n. 1268/2012 (v. supra, punto 80), da tale articolo non risulta che, quando la Commissione è tenuta a rimborsare l’importo di un’ammenda percepita a titolo provvisorio, essa sia, in ogni caso, dispensata dall’obbligo di corredare tale importo di interessi di mora (sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punto 73).

98      Inoltre, nell’ipotesi in cui gli interessi «prodotti» di cui all’articolo 90, paragrafo 4, del regolamento delegato n. 1268/2012, siano di importo inferiore a quello degli interessi di mora dovuti, o addirittura qualora non vi siano interessi prodotti, in quanto il rendimento del capitale investito è stato negativo, la Commissione è tenuta, per adempiere all’obbligo ad essa incombente in forza dell’articolo 266 TFUE, a versare all’interessato la differenza tra l’importo di eventuali «interessi prodotti», ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 4, di detto regolamento delegato, e quello degli interessi di mora dovuti per il periodo compreso tra la data del pagamento della somma in questione e la data del suo rimborso (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punti 75 e 76).

99      Pertanto, nel caso di specie, nella misura in cui è pacifico che l’investimento da parte della Commissione dell’importo dell’ammenda pagata dalla ricorrente in esecuzione della decisione del 2014 non ha maturato interessi, la Commissione era tenuta, a seguito della sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930), a rimborsare alla ricorrente la parte dell’ammenda ritenuta indebita, unitamente agli interessi di mora, senza che ciò fosse precluso dall’articolo 90 del regolamento delegato n. 1268/2012 (v., per analogia, sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punto77).

100    Occorre aggiungere che la Commissione non può utilmente avvalersi della circostanza che la ricorrente, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930), non ha contestato l’articolo 2 della decisione del 2014, il cui quarto comma si basava sull’articolo 90 del regolamento delegato n. 1268/2012. Né essa può invocare il fatto che il Tribunale abbia annullato parzialmente l’articolo 2 di tale decisione senza rimettere in discussione il riferimento all’articolo 90 di tale regolamento delegato.

101    Certo, nella sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930), il Tribunale ha annullato l’articolo 2 della decisione del 2014 solo nella parte in cui essa fissava l’importo dell’ammenda a carico della sola ricorrente in EUR 31 070 000. Inoltre, ha fissato l’importo dell’ammenda a carico della sola ricorrente in EUR 19 030 981.

102    Tuttavia, l’articolo 2, quarto comma, della decisione del 2014 non riguarda le condizioni alle quali la Commissione, in caso di annullamento di tale decisione e di riduzione dell’importo dell’ammenda ivi prevista, rimborserà l’importo dell’ammenda provvisoriamente pagato da tale impresa (v., in tal senso, sentenza 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punto 92).

103    Inoltre, in caso di annullamento di una decisione che infligge un’ammenda per violazione delle regole di concorrenza e in caso di riduzione dell’importo dell’ammenda prevista in tale decisione, l’obbligo della Commissione di rimborsare del tutto o in parte l’importo dell’ammenda pagata in via provvisoria, unitamente agli interessi di mora per il periodo compreso tra la data del pagamento provvisorio di tale ammenda e la data del suo rimborso, deriva direttamente dall’articolo 266 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punto 94).

104    Ne consegue che la Commissione non dispone della competenza di stabilire, mediante una decisione individuale, le condizioni alle quali essa verserà gli interessi di mora in caso di annullamento della decisione che ha inflitto un’ammenda e in caso di riduzione dell’importo dell’ammenda stabilita in tale decisione e pagata in via provvisoria (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punto 95).

105    Di conseguenza, gli argomenti della Commissione basati sulle disposizioni dell’articolo 90 del regolamento delegato n. 1268/2012 devono essere respinti senza che sia necessario pronunciarsi sull’eccezione di illegittimità di tale disposizione sollevata dalla ricorrente.

106    Per quanto riguarda gli argomenti della Commissione secondo cui gli interessi dovuti dal momento del pagamento dell’ammenda dovrebbero essere classificati come interessi compensativi, occorre sottolineare che la categoria degli interessi compensativi è destinata a compensare il trascorrere del tempo fino alla valutazione giudiziaria dell’importo del danno, indipendentemente da qualsiasi ritardo imputabile al debitore (v. sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

107    Orbene, l’obbligo della Commissione di pagare gli interessi di mora nel caso di specie a partire dal pagamento provvisorio effettuato dalla ricorrente deriva direttamente dall’obbligo di eseguire, ai sensi dell’articolo 266, primo comma, TFUE, la sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930).

108    Il credito principale della ricorrente era un diritto alla ripetizione legato al pagamento di un’ammenda che era stato effettuato in via provvisoria. Tale credito sussisteva ed era certo quanto al suo importo massimo o quantomeno determinabile sulla base di elementi oggettivi acclarati alla data di detto pagamento (v. supra, punti da 79 a 95) e non doveva essere oggetto di una valutazione giurisdizionale.

109    Gli interessi dovuti in questo caso sono interessi di mora e non può trattarsi, nella specie, del pagamento di interessi compensativi (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punti 78 et79).

110    La Commissione non può quindi fondatamente sostenere che gli interessi di cui potrebbe essere debitrice per il periodo compreso tra la data del pagamento provvisorio dell’ammenda da parte della ricorrente e la scadenza del termine per conformarsi alla sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930) debbano essere classificati come interessi compensativi.

111    Ne consegue che la Commissione ha violato l’articolo 266, primo comma, TFUE quando ha rifiutato di versare alla ricorrente gli interessi di mora sulla parte dell’importo dell’ammenda che aveva indebitamente percepito, per il periodo compreso tra il 16 gennaio 2015, data del pagamento dell’ammenda, e il 19 febbraio 2019, data del rimborso della parte dell’importo dell’ammenda giudicata in ultima analisi indebita dal Tribunale nella sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/ Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930).

112    Infine, dai precedenti punti da 71 a 95 risulta che, a seguito della sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930), la Commissione era tenuta, secondo una giurisprudenza consolidata, a rimborsare alla ricorrente l’importo dell’ammenda pagata in via provvisoria, unitamente agli interessi di mora, e non disponeva di alcun margine di discrezionalità sull’opportunità di pagare tali interessi (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punto 104).

113    Conseguentemente, tenuto conto dell’obbligo assoluto e incondizionato imposto alla Commissione dall’articolo 266, primo comma, TFUE, di versare siffatti interessi, senza che essa disponga di un margine di discrezionalità a tal riguardo, si deve constatare, nella specie, l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di tale norma giuridica la quale può far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione ai sensi dell’articolo 266, secondo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 340, secondo comma, TFUE.

–       Sul nesso di causalità e sul danno da risarcire

114    La ricorrente sostiene che la violazione sufficientemente qualificata dell’articolo 266, primo comma, TFUE da parte della Commissione sia la causa diretta del danno che ha subito, consistente negli interessi di mora di cui è stata privata. Essa chiarisce che, ai sensi dell’articolo 83, paragrafo 2, lettera b), e dell’articolo 111, paragrafo 4, lettera a), del regolamento delegato n. 1268/2012, il tasso degli interessi di mora appropriato è il tasso applicato dalla BCE alle sue operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di tre punti e mezzo percentuali. A suo avviso, il tasso degli interessi di mora da applicare, nel caso di specie, è il tasso del 3,55%, che corrisponde al tasso applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, cioè lo 0,05% applicabile nel gennaio 2015, oltre tre punti e mezzo percentuali. Essa ritiene che l’applicazione di tale tasso alla somma di EUR 12 039 019, che ha indebitamente pagato, consentirebbe di valutare il suo danno in EUR 1 750 522,83.

115    La Commissione sostiene di aver rifiutato di pagare gli interessi di mora solo a partire dalla decisione impugnata, del 28 giugno 2019, per cui il risarcimento avrebbe potuto in ogni caso essere richiesto solo a partire da quella data. Inoltre, essa sostiene che la ricorrente non ha rispettato la procedura di cui all’articolo 111 del regolamento delegato n. 1268/2012 e non è pertanto legittimata a reclamare interessi di mora ai sensi dell’articolo 111, paragrafo 4, lettera a), in combinato disposto con l’articolo 83 di tale regolamento delegato. Infine, essa sostiene che, se il Tribunale dovesse ritenere che i principi enunciati nella sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39), siano applicabili al caso di specie, il tasso degli interessi di mora applicabile dovrebbe essere quello applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, aumentato di un punto e mezzo percentuale, in analogia con l’articolo 83, paragrafo 4, di tale regolamento delegato.

116    In primo luogo, occorre ricordare che, perché possa sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, il danno deve derivare in maniera sufficientemente diretta dal comportamento illegittimo delle istituzioni (sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punto 61).

117    Nel caso di specie, occorre constatare che l’inadempimento della Commissione all’obbligo di concedere interessi di mora ai sensi dell’articolo 266, primo comma, TFUE, presenta un nesso di causalità sufficientemente diretto con il danno che consiste nella perdita, nel periodo compreso tra il 16 gennaio 2015 e il 19 febbraio 2019, degli interessi di mora sulla somma di denaro di cui la ricorrente è stata ingiustamente privata (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punto 105).

118    In secondo luogo, alla luce della giurisprudenza menzionata al precedente punto 39, la ricorrente è legittimata a far valere di aver subito un danno effettivo e certo equivalente alla perdita, nel periodo compreso tra il 16 gennaio 2015 e il 19 febbraio 2019, degli interessi di mora che rappresentano il risarcimento forfettario per la privazione del godimento dell’importo dell’ammenda indebitamente versato durante tale periodo.

119    La Commissione sostiene che, se dovesse pagare interessi di mora, il tasso di tali interessi dovrebbe essere fissato ad un tasso forfettario corrispondente alla privazione del godimento durante il periodo in questione, che a sua volta dipenderebbe, almeno in parte, dalle circostanze del caso di specie. In primo luogo, la sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39), non permetterebbe di determinare il tasso degli interessi di mora applicabile alla presente causa. In effetti, questa sentenza non indicherebbe quale tasso d’interesse sarebbe applicabile agli interessi di mora. In secondo luogo, supponendo che la Corte abbia inteso imporre per analogia alla Commissione il pagamento di interessi al tasso previsto dall’articolo 83, paragrafo 2, lettera b), del regolamento delegato n. 1268/2012, essa ritiene che tale tasso non sia applicabile per analogia nel caso di specie. Infatti, l’importo del debito della Commissione è stato fissato esclusivamente nel contesto dell’esercizio, da parte del Tribunale, della sua competenza giurisdizionale estesa al merito nella sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930). Infine, il punto 81 della sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39), potrebbe essere inteso nel senso che il tasso previsto dall’articolo 83, paragrafo 4, di tale regolamento delegato, vale a dire il tasso applicato dalla BCE alle sue operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di un punto e mezzo percentuale, potrebbe essere applicato mutatis mutandis al caso di specie.

120    Occorre ricordare che, ai fini della determinazione dell’importo degli interessi di mora da versare a un’impresa che ha pagato un’ammenda inflitta dalla Commissione, a seguito dell’annullamento di tale ammenda, tale istituzione deve applicare il tasso previsto a tal fine dal regolamento delegato n. 1268/2012 (sentenza del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea, C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 56).

121    Secondo la Corte, ne consegue che la Commissione deve applicare il tasso di cui all’articolo 83 del regolamento delegato n. 1268/2012, che fissa il tasso di interesse per i crediti non rimborsati entro il termine (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos, C‑301/19 P, EU:C:2021:39, punto 81).

122    L’articolo 83 del regolamento delegato n. 1268/2012 faceva parte del titolo IV, capo 5, sezione 3, di tale regolamento delegato. Il suddetto capo riguardava le «[o]perazioni di entrata» e la suddetta sezione si riferiva all’«[a]ccertamento dei crediti». Questo articolo, che attuava l’articolo 78 del regolamento finanziario, era intitolato «Interessi di mora» e recitava quanto segue:

«1. Fatte salve le disposizioni specifiche risultanti dall’applicazione delle normative settoriali, ogni importo esigibile non rimborsato alla scadenza di cui all’articolo 80, paragrafo 3, lettera b), produce interessi a norma dei paragrafi 2 e 3 del presente articolo.

2. Il tasso d’interesse da applicare agli importi esigibili non rimborsati alla scadenza di cui all’articolo 80, paragrafo 3, lettera b), è quello applicato dalla Banca centrale europea alle sue principali operazioni di rifinanziamento, quale è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie C, in vigore il primo giorno di calendario del mese della scadenza, maggiorato di:

a)      otto punti percentuali quando il credito ha per fatto costitutivo un appalto pubblico di forniture e di servizi di cui al titolo V;

b)      tre punti e mezzo percentuali in tutti gli altri casi.

(…)

4. Nel caso delle ammende, quando il debitore costituisce una garanzia finanziaria accettata dal contabile in sostituzione del pagamento, il tasso d’interesse da applicare con decorrenza dalla scadenza cui all’articolo 80, paragrafo 3, lettera b), è il tasso di cui al paragrafo 2 del presente articolo, in vigore il primo giorno del mese di adozione della decisione che infligge l’ammenda e maggiorato soltanto di un punto percentuale e mezzo».

123    L’articolo 111 del regolamento delegato n. 1268/2012 era contenuto nel titolo IV, capo 6, sezione 5, di tale regolamento delegato. Il suddetto capo riguardava le «[o]perazioni di spesa» e la suddetta sezione riguardava i limiti temporali delle operazioni di spesa. Questo articolo, che attuava l’articolo 92 del regolamento finanziario, era intitolato «Termini di pagamento e interessi di mora» e prevedeva, segnatamente, quanto segue:

«1. Il termine per effettuare il pagamento si intende comprensivo delle operazioni di liquidazione, di ordinazione dei pagamenti e di pagamento.

Esso decorre dalla data di ricezione della richiesta di pagamento.

La domanda di pagamento è registrata tempestivamente dall’ufficio autorizzato dall’ordinatore responsabile e si considera ricevuta alla data di registrazione.

Si considera data di pagamento la data di addebito sul conto dell’istituzione.

(…)

4. Alla scadenza dei termini stabiliti all’articolo 92, paragrafo 1, del regolamento finanziario il creditore ha diritto agli interessi, alle seguenti condizioni:

a)      i tassi d’interesse sono quelli indicati all’articolo 83, paragrafo 2, del presente regolamento;

b)      gli interessi vengono pagati per il periodo decorrente dal giorno di calendario successivo alla scadenza del termine di pagamento stabilito all’articolo 92, paragrafo 1, del regolamento finanziario fino alla data in cui il pagamento è effettuato».

124    In limine, occorre rilevare che, laddove la Commissione invoca il fatto che l’importo del suo debito è stato fissato dal Tribunale esclusivamente nell’ambito dell’esercizio della sua competenza giurisdizionale estesa al merito nella sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930), essa continua a sostenere che non era tenuta a versare alla ricorrente interessi di mora per il periodo compreso tra la data del pagamento dell’ammenda e la data del rimborso da essa effettuato. Orbene, questo argomento deve essere respinto per le ragioni esposte ai punti da 71 a 95. Occorre aggiungere che l’obbligo della Commissione di pagare gli interessi di mora al ricorrente discende direttamente dall’articolo 266, primo comma, TFUE, cosicché, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, la ricorrente non è tenuta a presentare una domanda di pagamento secondo la procedura di cui all’articolo 111 del regolamento delegato n. 1268/2012.

125    In primo luogo, occorre ricordare che, in caso di annullamento di una decisione che comporta il pagamento provvisorio di un’ammenda, la concessione di interessi di mora a partire dalla data di tale pagamento ha lo scopo, da un lato, di compensare forfettariamente l’impresa che ha pagato l’ammenda per la privazione del godimento dei suoi fondi e, dall’altro, di incitare la Commissione a prestare particolare attenzione quando adotta una tale decisione (v. supra, punto 88).

126    Lo stesso dicasi in caso di annullamento e riduzione dell’ammenda da parte del giudice dell’Unione.

127    In secondo luogo, per quanto riguarda gli obiettivi perseguiti dagli interessi di mora dovuti dalla Commissione a seguito di una sentenza di annullamento e di riduzione dell’importo di un’ammenda, la Commissione si trova in una situazione di fatto e di diritto diversa da quella di una società destinataria di una decisione che impone un’ammenda e che costituisce una garanzia bancaria. I diritti e gli obblighi della Commissione nei confronti di una società che ha pagato l’ammenda sono diversi dai diritti e dagli obblighi di una società che fornisce una garanzia bancaria nei confronti della Commissione.

128    A questo proposito, occorre sottolineare che, quando l’impresa sanzionata procede al pagamento immediato dell’ammenda inflitta, non fa altro che conformarsi al dispositivo di una decisione esecutiva secondo il regime ordinario previsto dal trattato [ordinanza del 12 dicembre 2007, Atlantic Container Line e a./Commissione, T‑113/04, non pubblicata, EU:T:2007:377, punto 44; v. anche, in tal senso, sentenza del 21 aprile 2005, Holcim (Deutschland)/Commissione, T‑28/03, EU:T:2005:139, punto 126)]. Di contro, la sostituzione di una moratoria accompagnata da una garanzia bancaria a un siffatto pagamento dell’ammenda costituisce una deroga al regime ordinario previsto dal trattato (v., in tal senso, ordinanza del 12 dicembre 2007, Atlantic Container Line e a./Commissione, T‑113/04, non pubblicata, EU:T:2007:377, punto 44).

129    L’impresa sanzionata, se opta per il pagamento immediato dell’ammenda, introducendo al contempo un ricorso chiedendo il suo annullamento, può ritenere che la Commissione, nell’ipotesi di un annullamento o di una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta le restituisca non solo la somma corrispondente all’importo principale dell’ammenda indebitamente pagato, ma anche gli interessi di mora prodotti da tale somma (v., in tal senso, ordinanza del 12 dicembre 2007, Atlantic Container Line e a./Commissione, T‑113/04, non pubblicata, EU:T:2007:377, punto 43, nonché la giurisprudenza citata supra, ai punti da 74 a 76).

130    È vero che la sostituzione di una moratoria accompagnata da una garanzia bancaria al pagamento immediato dell’ammenda è ora prevista dai regolamenti finanziari pertinenti ed è offerta, a determinate condizioni, dalla Commissione Tuttavia, nell’ipotesi di annullamento della decisione che infligge un’ammenda o di riduzione del suo importo, le conseguenze cambiano a seconda che l’impresa abbia optato per il pagamento immediato dell’ammenda o per una moratoria accompagnata dalla costituzione di una garanzia bancaria (v., in tal senso, sentenza del 14 luglio 1995, CB/Commissione, T‑275/94, EU:T:1995:141, punti da 82 a 86, e ordinanza del 12 dicembre 2007, Atlantic Container Line e a./Commissione, T‑113/04, non pubblicata, EU:T:2007:377, punto 44).

131    Infatti, quando la sospensione del pagamento è stata concessa, la Commissione non deve rimborsare un’ammenda indebitamente riscossa, poiché, per ipotesi, tale ammenda non è stata pagata. Per la stessa ragione, l’impresa penalizzata non è stata quindi privata del godimento della somma corrispondente all’importo dell’ammenda ingiustamente riscossa. L’unico danno finanziario eventualmente subito dall’impresa interessata procede dalla sua stessa decisione di costituire una garanzia bancaria [v., in tal senso, sentenza del 21 aprile 2005, Holcim (Deutschland)/Commissione, T‑28/03, EU:T:2005:139, punto 129, e ordinanza del 12 dicembre 2007, Atlantic Container Line e a./Commissione, T‑113/04, non pubblicata, EU:T:2007:377, punto 45].

132    In terzo luogo, la Commissione non dimostra, sulla base di elementi concreti, che l’applicazione, ai crediti derivanti dal diritto di ripetizione, di interessi di mora al tasso applicato dalla BCE per le sue principali operazioni di rifinanziamento, aumentato tre punti percentuali e mezzo, previsto dall’articolo 83, paragrafo 2, lettera b), del regolamento delegato n. 1268/2012, sarebbe sproporzionata alla luce degli obiettivi perseguiti da tali interessi di mora. Né essa chiarisce che il calcolo degli interessi di mora su tale base avrebbe un impatto negativo sull’obbligo, per una società destinataria di una decisione che le infligge un’ammenda, di pagare immediatamente l’importo di tale ammenda.

133    In quarto luogo, è vero che, al punto 81 della sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39), la Corte non ha indicato le precise disposizioni dell’articolo 83 del regolamento delegato n. 1268/2012 alle quali faceva riferimento.

134    Tuttavia, occorre rilevare che, nella stessa sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39), la Corte si è pronunciata definitivamente sulla controversia dopo aver annullato il punto 2 del dispositivo della sentenza del 12 febbraio 2019, Printeos/Commissione (T‑201/17, EU:T:2019:81), sulla base del rilievo secondo cui il Tribunale aveva commesso un errore di diritto respingendo la domanda di interessi di mora della Printeos per il periodo iniziato il 31 marzo 2017. Così, al punto 129 della sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39), la Corte ha dichiarato che si dovevano riconoscere alla Printeos interessi di mora al tasso applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di tre punti e mezzo percentuali, in analogia con l’articolo 83, paragrafo 2, lettera b), del regolamento delegato n. 1268/2012.

135    In quinto luogo, la ricorrente chiarisce, in modo pertinente, che, se non avesse pagato l’importo dell’ammenda indebitamente fissato, anch’essa avrebbe dovuto pagare gli interessi di mora al tasso applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di tre punti e mezzo percentuali, previsto dall’articolo 83, paragrafo 2, lettera b), del regolamento delegato n. 1268/2012. La ricorrente conclude correttamente che, dopo l’annullamento e la riduzione dell’ammenda, la Commissione deve essere obbligata a pagare gli interessi di mora sulla base dello stesso tasso, per il periodo durante il quale ha erroneamente recuperato l’importo pagato in eccesso.

136    Alla luce di quanto precede, il risarcimento forfettario della ricorrente per la privazione del godimento dei suoi fondi può essere determinato applicando, per analogia, il tasso previsto dall’articolo 83, paragrafo 2, lettera b), del regolamento delegato n. 1268/2012, vale a dire il tasso applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento nel gennaio 2015, vale a dire lo 0,05%, maggiorato di tre punti e mezzo percentuali.

137    Occorre quindi accogliere la domanda formulata in subordine nel contesto del terzo capo della domanda e riconoscere alla ricorrente un risarcimento di EUR 1 750 522,83 per il danno causato dalla violazione sufficientemente qualificata dell’articolo 266, primo comma, TFUE, consistente nella perdita degli interessi di mora al tasso del 3,55% per il periodo dal 16 gennaio 2015 al 19 febbraio 2019 sulla parte dell’importo dell’ammenda che ha indebitamente pagato.

138    Di conseguenza, non occorre pronunciarsi sulla domanda formulata dalla ricorrente nel suo quarto capo di domanda, che è ulteriormente sussidiaria.

 Interessi sul risarcimento concesso alla ricorrente dal Tribunale

139    La ricorrente chiede al Tribunale di aggiungere gli interessi di mora al risarcimento che potrebbe concederle a partire dalla data della pronuncia della sentenza da emettere fino al completo pagamento. Tale aumento dovrebbe essere basato sul tasso applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento, aumentato di tre punti e mezzo percentuali o, in alternativa, su un altro tasso di interesse di mora che il Tribunale ritenga appropriato.

140    La Commissione conclude che la domanda deve essere respinta perché la ricorrente non ha diritto al risarcimento.

141    Per quanto riguarda una domanda basata sulla responsabilità extracontrattuale dell’Unione ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, del TFUE, dalla giurisprudenza risulta che, in assenza di circostanze particolari, l’obbligo di pagare gli interessi di mora sorge dalla sentenza che stabilisce l’obbligo di risarcire il danno (v., in tal senso, sentenza del 26 giugno 1990, Sofrimport/Commissione, C‑152/88, EU:C:1990:259, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

142    Nel fissare il tasso degli interessi di mora, è opportuno tenere conto dell’articolo 99, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE, e abroga il regolamento finanziario (GU 2018, L 193, pag. 1). In applicazione di tale disposizione, il tasso di interesse applicabile è calcolato sulla base del tasso applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento quale pubblicato nella serie C della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea in vigore il primo giorno civile del mese in cui scade il termine, maggiorato di tre punti percentuali e mezzo (v., per analogia, ordinanze del 14 gennaio 2016, Commissione/Marcuccio, C‑617/11 P‑DEP, non pubblicata, EU:C:2016:17, punto 12, e del 7 ottobre 2020, Argus Security Projects/Commissione e EUBAM Libya, T‑206/17 DEP, non pubblicata, EU:T:2020:476, punto 61).

143    Nella fattispecie, il risarcimento di cui al punto 137 supra deve essere maggiorato degli interessi di mora dalla data della pronuncia della presente sentenza e fino al completo pagamento. Il tasso di interesse di mora è quello applicato dalla BCE alle sue principali operazioni di rifinanziamento alla data della presente sentenza, maggiorato di tre punti e mezzo percentuali.

 Sulla domanda di annullamento

144    Nel suo ricorso di annullamento, la ricorrente fa valere due motivi. Il primo motivo verte sulla violazione dell’articolo 266, primo comma, TFUE, in quanto, nella decisione impugnata, la Commissione ha rifiutato di versarle gli interessi di mora. Il secondo motivo verte sulla violazione dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, in quanto la decisione impugnata sarebbe viziata da un difetto di motivazione o da una motivazione insufficiente.

145    Quanto al secondo motivo, attinente alla violazione dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, occorre sottolineare che, alla luce del tenore della decisione impugnata (v. supra, punti da 12 a 17), del contesto della sua adozione (v. supra, punti da 1 a 10), nonché dell’insieme delle norme giuridiche che disciplinano la materia, la ricorrente è stata posta in misura di comprendere che la Commissione le aveva negato il versamento di interessi di mora argomentando, da una parte, che l’articolo 266 TFUE le imponeva unicamente di versare gli interessi «prodotti» di cui all’articolo 90, paragrafo 4, lettera a), del regolamento delegato n. 1268/2012 e, dall’altra, che la sentenza del 12 febbraio 2019, Printeos/Commissione (T‑201/17, EU:T:2019:81), non imponeva a detta istituzione, nel caso di specie, di versarle interessi di mora. La comprensione della decisione impugnata da parte della ricorrente è del resto corroborata dagli argomenti sollevati da quest’ultima nel suo ricorso. Inoltre, dai precedenti punti da 72 a 111 risulta che il Tribunale ha potuto valutare nel merito la legittimità del rifiuto della Commissione di pagare gli interessi di mora alla ricorrente.

146    Il secondo motivo dev’essere pertanto respinto.

147    Per quanto riguarda il primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 266, primo comma, TFUE, a causa del rifiuto della Commissione di versare gli interessi di mora, risulta dai precedenti punti da 72 a 111 che la Commissione ha violato tale disposizione quando, nella decisione impugnata, ha rifiutato di versare alla ricorrente detti interessi di mora sulla parte dell’importo dell’ammenda da essa indebitamente percepita, per il periodo compreso tra il 16 gennaio 2015, data di pagamento dell’ammenda, e il 19 febbraio 2019, data di restituzione della parte dell’importo dell’ammenda infine ritenuta indebita dal Tribunale nella sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930).

148    Occorre pertanto accogliere il primo motivo ed annullare la decisione impugnata.

 Sulle spese

149    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, se ciò appare giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese dell’altra parte.

150    Nella fattispecie, la ricorrente è risultata soccombente sul secondo capo della domanda. Tuttavia, il suo primo, terzo e quinto capo della domanda sono stati accolti. Inoltre, la Commissione è condannata a pagare gran parte del risarcimento che la ricorrente ha chiesto a titolo di risarcimento per i danni subiti. Infine, non risulta dal fascicolo che, successivamente alla pronuncia della sentenza del 20 gennaio 2021, Commissione/Printeos (C‑301/19 P, EU:C:2021:39), la Commissione abbia deciso di pagare gli interessi di mora alla ricorrente per il periodo compreso tra il 16 gennaio 2015 e il 19 febbraio 2019. In tali circostanze, la Commissione deve essere condannata a sopportare le proprie spese e la metà delle spese sostenute dalla ricorrente. La ricorrente sopporterà la metà delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La Commissione europea è condannata a versare un risarcimento per un importo pari a EUR 1 750 522,83 alla Deutsche Telekom AG a titolo di risarcimento del danno subito.

2)      Il risarcimento di cui al precedente punto 1 sarà maggiorato di interessi di mora, a decorrere dalla pronuncia della presente sentenza e fino al pagamento integrale, al tasso fissato dalla Banca centrale europea (BCE) per le sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di tre punti e mezzo percentuali.

3)      La decisione della Commissione del 28 giugno 2019 che ha respinto la domanda di pagamento di interessi di mora alla Deutsche Telekom, per il periodo tra il 16 gennaio 2015 e il 19 febbraio 2019, sull’importo principale della parte dell’ammenda rimborsata in seguito alla sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T827/14, EU:T:2018:930), è annullata.

4)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

5)      La Commissione è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, la metà delle spese sostenute dalla Deutsche Telekom.

6)      La Deutsche Telekom è condannata a sopportare la metà delle proprie spese.

da Silva Passos

Valančius

Reine

Truchot

 

      Sampol Pucurull

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 gennaio 2022.

Firme


Indice


Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sulle domande di risarcimento danni

Sulla domanda di risarcimento formulata in via principale e intesa al risarcimento del lucro cessante in ragione della privazione dell’uso dell’importo d ell’ammenda indebitamente pagato

La richiesta di risarcimento formulata in subordine per il risarcimento del danno derivante dal rifiuto della Commissione di pagare gli interessi di mora

– Se vi sia stata una violazione sufficientemente qualificata dell’articolo 266, primo comma, TFUE

– Sul nesso di causalità e sul danno da risarcire

Interessi sul risarcimento concesso alla ricorrente dal Tribunale

Sulla domanda di annullamento

Sulle spese


*      Lingua processuale: il tedesco.