Language of document : ECLI:EU:C:2020:323

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 30 aprile 2020 (1)

Causa C693/18

Procureur de la République

contro

Société X,

con l’intervento di:

CLCV e a.,

A e a.,

B,

AGLP e a.,

C e a.


 

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal vicepresidente incaricato dell’istruzione del Tribunal de grande instance de Paris (Tribunale di primo grado di Parigi, Francia)]

«Rinvio pregiudiziale – Ravvicinamento delle legislazioni – Regolamento (CE) n. 715/2007 – Veicoli a motore – Emissioni di agenti inquinanti – Impianto di manipolazione – Programma che agisce sulla centralina di controllo del motore – Tecnologie e strategie che consentono di limitare la produzione delle emissioni di agenti inquinanti – Motori diesel»






 Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta, nel caso di specie, dal vicepresidente incaricato dell’istruzione del Tribunal de grande instance de Paris (Tribunale di primo grado di Parigi, Francia) verte sull’interpretazione dell’articolo 3, punto 10, e dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 715/2007 (2).

2.        In tale contesto, la Corte è invitata a chiarire, per la prima volta, il significato di varie nozioni sancite da detto regolamento, ivi comprese le nozioni di «impianto di manipolazione» e di «sistema di controllo delle emissioni» (3).

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

3.        Il regolamento n. 83 della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UN/ECE) – Disposizioni uniformi relative all’omologazione dei veicoli per quanto riguarda le emissioni inquinanti in base al carburante utilizzato dal motore (4) – stabilisce requisiti tecnici riguardanti l’omologazione per tipo degli autoveicoli (5).

4.        I punti da 2.16 a 2.16.3 di tale regolamento così dispongono:

«2.16. Per “impianto di manipolazione” (defeat device) si intende ogni elemento di progetto che rileva la temperatura, la velocità del veicolo, il numero di giri del motore, la marcia innestata, la depressione nel collettore o qualsiasi altro parametro al fine di attivare, modulare, ritardare o disattivare il funzionamento di una qualsiasi parte del sistema di controllo delle emissioni, in modo da diminuire l’efficacia del sistema di controllo delle emissioni in condizioni che si riscontrano durante il normale funzionamento e la normale utilizzazione del veicolo. Un elemento rispondente a tali caratteristiche può non essere considerato un impianto di manipolazione se:

2.16.1. la necessità di un simile impianto è giustificata ai fini della protezione del motore contro danni o incidenti e del funzionamento sicuro del veicolo, oppure

2.16.2. l’impianto funziona esclusivamente quando è necessario per l’avviamento del motore, oppure;

2.16.3. le condizioni sono sostanzialmente comprese nei procedimenti di prova di tipo I o VI».

 Diritto dellUnione

 Decisione 97/836/CE

5.        L’articolo 1 della decisione 97/836/CE (6) dispone quanto segue:

«La Comunità aderisce all’accordo della commissione economica per l’Europa della Nazioni Unite relativo all’adozione di prescrizioni uniformi applicabili ai veicoli a motore, agli accessori e alle parti che possono essere installati e/o utilizzati sui veicoli a motore ed alle condizioni del riconoscimento reciproco delle omologazioni rilasciate sulla base di tali prescrizioni, denominato in appresso “accordo riveduto”.

(…)».

6.        A termini dell’articolo 3, paragrafo 1, «(…) la Comunità dichiara di limitare la propria adesione all’applicazione dei regolamenti UNECE elencati nell’allegato II della presente decisione».

7.        Il regolamento n. 83 (UN/ECE) è menzionato nell’allegato II di tale decisione.

 Direttiva 2007/46/CE

8.        Conformemente agli articoli 34 e 35, nonché all’allegato IV della direttiva 2007/46/CE (7), il regolamento n. 83 (UN/ECE) è integrato nel procedimento comunitario di omologazione per tipo di veicoli.

 Regolamento n. 715/2007

9.        I considerando 1, 5, 6 e 12 del regolamento n. 715/2007 così recitano:

«(1)      (...) Le prescrizioni tecniche per l’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dovrebbero dunque essere armonizzate per evitare condizioni divergenti da uno Stato membro all’altro e garantire elevati livelli di tutela dell’ambiente.

(...)

(5)      Per conseguire gli obiettivi di qualità dell’aria perseguiti dall’Unione europea, occorre uno sforzo costante per ridurre le emissioni dei veicoli. (...)

(6)      In particolare, per migliorare la qualità dell’aria e rispettare i valori limite riguardanti l’inquinamento occorre ridurre notevolmente le emissioni di ossido di azoto provocato dai veicoli con motore diesel.

(...)

(12)      È opportuno continuare ad impegnarsi per introdurre limiti di emissione più severi, con riduzioni delle emissioni di biossido di carbonio e la fissazione di detti limiti basati sulle prestazioni effettive dei veicoli durante il loro uso».

10.      L’articolo 3 di tale regolamento, intitolato «Definizioni», così dispone:

«(...)

4)      “gas inquinanti”: emissioni dei gas di scarico di monossido di carbonio, ossidi di azoto, espressi in equivalente di biossido d’azoto (NO2) e di idrocarburi;

(...)

6)      “emissioni dallo scarico”: emissione di gas inquinanti e di particolato;

(...)

10)      “impianto di manipolazione”: ogni elemento di progetto che rilevi temperatura, velocità del veicolo, velocità del motore (RPM), marcia innestata, depressione del collettore o altri parametri, al fine di attivare, modulare, ritardare o disattivare il funzionamento di una qualsiasi parte del sistema di controllo delle emissioni che riduca l’efficacia di tale sistema in modi che è lecito attendersi durante il normale funzionamento e il normale uso del veicolo».

(...)»

11.      L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, dispone quanto segue:

«1.      I costruttori dimostrano che tutti i veicoli nuovi venduti, immatricolati o messi in servizio nella Comunità sono stati omologati conformemente al presente regolamento e ai relativi provvedimenti d’attuazione. I costruttori dimostrano inoltre che tutti i nuovi dispositivi di ricambio di controllo dell’inquinamento da omologare, venduti o messi in servizio nella Comunità, sono stati omologati conformemente al presente regolamento e ai relativi provvedimenti d’attuazione.

Tali obblighi comprendono il rispetto dei limiti delle emissioni di cui all’allegato I e dei provvedimenti d’attuazione di cui all’articolo 5.

2.      I costruttori garantiscono il rispetto delle procedure di omologazione a verifica della conformità della produzione, della durata dei dispositivi di controllo dell’inquinamento e della conformità in condizioni d’uso.

Le misure tecniche adottate dal costruttore devono inoltre essere tali da garantire che le emissioni dallo scarico e le emissioni per evaporazione risultino effettivamente limitate, conformemente al presente regolamento, per tutta la normale durata di vita dei veicoli in condizioni normali di utilizzazione (...)»

12.      Ai sensi dell’articolo 5, paragrafi 1 e 2:

«1.      Il costruttore produce i veicoli in modo che progetto, costruzione e assemblaggio dei componenti che influiscono sulle emissioni permettano che il veicolo, nell’uso normale, soddisfi il presente regolamento e i relativi provvedimenti d’attuazione.

2.      L’uso di impianti di manipolazione che riducono l’efficacia di sistemi di controllo delle emissioni è vietato. Tale divieto non si applica quando:

a)      l’impianto si giustifica per la necessità di proteggere il motore da danni o avarie e di un funzionamento sicuro dei veicoli;

b)      l’impianto non funziona dopo l’avvio del motore;

o

c)      le condizioni sono in sostanza comprese nelle procedure di prova a verifica delle emissioni per evaporazione e delle emissioni medie dallo scarico»

 Regolamento n. 692/2008

13.      L’articolo 1 del regolamento (CE) n. 692/2008 (8) stabilisce che quest’ultimo «definisce le misure di attuazione degli articoli 4, 5 e 8 del [regolamento n. 715/2007]».

14.      Ai sensi del successivo articolo 2, punto 18, per «sistema di controllo delle emissioni», in relazione al sistema OBD (vale a dire a un sistema di diagnostica di bordo (9)), s’intende «il dispositivo di controllo per la gestione elettronica del motore e qualunque componente del sistema di scarico o di evaporazione in relazione con le emissioni che invia un input o riceve un output dal dispositivo di controllo».

 Diritto francese

15.      L’articolo L.213‑1 del Codice del consumo impone una sanzione penale quando «(…) chiunque, parte contrattuale o terzo estraneo al contratto, abbia indotto in inganno o tentato di indurre in inganno la controparte contrattuale con qualsiasi mezzo o comportamento, anche avvalendosi dell’operato di terzi, riguardo: 1° alla natura, alla specie, all’origine, alle qualità sostanziali, alla composizione o al tenore di sostanze utili di qualsiasi merce; 2° al quantitativo dei beni consegnati o alla loro identità, consegnando una merce diversa dal bene specifico che ha formato oggetto del contratto; 3° all’idoneità all’uso, ai rischi relativi all’utilizzazione del prodotto, ai controlli effettuati, alle modalità d’uso o alle precauzioni da adottare (…)» (10).

16.      L’articolo L.213‑2 del Codice del consumo prevede che la pena possa essere aggravata quando i reati commessi «hanno reso l’uso della merce pericoloso per la salute dell’uomo o degli animali» (11).

17.      A termini dell’articolo L.213‑6 del Codice del consumo, le persone giuridiche dichiarate penalmente responsabili dei reati di cui agli articoli L.213‑1 e L.213‑2 del medesimo codice sono condannate anche alle pene previste dai punti da 2 a 9 dell’articolo 131‑39 del Codice penale. Può trattarsi, ad esempio, di un divieto concerne l’attività «nel cui esercizio o in occasione del cui esercizio il reato è stato commesso».

 Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

18.      La società X è una casa automobilistica che commercializza veicoli a motore in Francia. Dalla decisione di rinvio risulta che tale società avrebbe immesso nel mercato veicoli dotati di un software (in prosieguo: il «software controverso») in grado di falsare i risultati dei test di omologazione relativi alle emissioni di gas inquinanti, quali gli ossidi d’azoto (in prosieguo: «NOx»).

19.      Nella fase di omologazione relativa alle emissioni di gas inquinanti, i veicoli sono testati in conformità a un protocollo i cui parametri sono stabiliti con precisione per legge. Questi ultimi riguardano in particolare il profilo di velocità tenuto, la temperatura e il precondizionamento del veicolo. Il profilo di velocità utilizzato per il test di omologazione (il New operating driving cycle, in forma abbreviata «NEDC») consiste nella ripetizione di quattro cicli urbani, nonché di un ciclo extra‑urbano, in un laboratorio (e non in condizioni reali). Detto test di omologazione mira in particolare ad accertare se il volume di NOx emessi non superi i limiti imposti dal regolamento n. 715/2007.

20.      I veicoli di cui trattasi nel caso di specie contengono una valvola di ricircolo dei gas di scarico (EGR).

21.      La valvola EGR costituisce una delle tecnologie utilizzate dai costruttori di veicoli (come la società X) per controllare e ridurre le emissioni finali di NOx. Si tratta di un sistema consistente nel reimmettere una parte dei gas di scarico dei motori a combustione nel collettore di aspirazione, vale a dire nella presa d’aria del motore al fine di ridurre le emissioni finali di NOx.

22.      Più in particolare, il sistema di depurazione mediante ricircolo dei gas di scarico è composto da un condotto che consente di rinviare i gas di scarico (derivanti dalla combustione incompleta del carburante) verso l’aspirazione ed è dotato di uno scambiatore termico per il raffreddamento dei gas combusti e di una valvola EGR che regola l’afflusso dei gas combusti reimmessi nell’aspirazione.

23.      L’apertura di detta valvola EGR è regolata dalla centralina di controllo del motore. Tale centralina è un sistema informatico installato che comanda i dispositivi fisici all’interno del veicolo. Sulla base delle informazioni fornite dai sensori, detta centralina comanda gli attuatori che, a loro volta, controllano lo stato dei vari elementi meccanici del motore. L’apertura della valvola EGR (da cui dipende il volume di gas reintrodotto nell’aspirazione e, pertanto, il grado di efficacia del sistema di riduzione dell’inquinamento) è comandata in tempo reale dalla centralina di controllo del motore che, in base alle informazioni raccolte da diversi sensori (velocità, temperatura, ecc.), invia istruzioni all’attuatore della valvola EGR. Il grado di apertura di tale valvola è pertanto regolato dalla stessa centralina e, in definitiva, dal codice sorgente del software ivi integrato (ossia il software controverso, nel caso esame (12)).

24.      Nella fattispecie, il 28 settembre 2015, in seguito a pubblicazioni nella stampa, il vicepresidente del Conseil régional d’Île de France (consiglio regionale dell’Île de France, Francia), competente in materia di trasporti, denunciava al Parquet de Paris (Procura di Parigi, Francia), gli illeciti commessi della Società X relativi alla valvola EGR e al software controverso di cui erano dotati alcuni dei suoi veicoli.

25.      Il 2 ottobre 2015 la Procura di Parigi qualificava tali illeciti come truffa aggravata chiedendo all’Office central de lutte contre les atteintes à l’environnement et à la santé publique (Ufficio centrale per la prevenzione dei danni all’ambiente e alla salute pubblica, OCLAESP) di condurre un’indagine sulle condizioni dell’immissione sul mercato francese dei veicoli in questione.

26.      Contemporaneamente, il Ministère de l’Écologie (Ministero dell’Ecologia, Francia) chiedeva al Service National des enquêtes (Servizio nazionale di indagini, SNE) della direction générale de la Concurrence, de la Consommation et de la Répression des Fraudes (Direzione generale per la concorrenza, i consumi e la repressione delle frodi, DGCCRF) di avviare indagini al fine di stabilire se i veicoli commercializzati sul territorio francese fossero dotati del software controverso.

27.      Lo SNE redigeva una relazione cui venivano allegati i risultati dei test e delle prove effettuati dall’Union technique de l’automobile, du motocyle et du cycle (Unione tecnica dell’automobile, del motociclo e della bicicletta, UTAC), l’unico laboratorio autorizzato ad effettuare i test di omologazione dei veicoli in Francia. Tali test e prove miravano ad accertare l’eventuale esistenza di frodi. Ne deriva che, su taluni veicoli della società X, le emissioni di NOx si moltiplicavano, talvolta per 3,6, rispetto ai valori teorici mostrati in fase di omologazione.

28.      Test complementari affidati all’Institut français du pétrole Energies Nouvelles (Istituto francese del petrolio e delle Nuove energie, IFPEN) e riguardanti tre veicoli, consentivano parimenti di constatare che le emissioni di NOx venivano specificamente ridotte nel momento in cui veniva rilevato un ciclo di omologazione (13), grazie a un considerevole aumento dell’apertura della valvola EGR.

29.      Nell’ottobre 2015 la Procura di Parigi procedeva ad una perquisizione presso la sede della controllata francese della società X, al fine di accertare se elementi oggettivi consentissero di ritenere che la stessa controllata fosse informata dell’esistenza del software controverso.

30.      Nel gennaio 2016 il presidente di tale controllata veniva sentito in pubblica udienza. Egli dichiarava di aver scoperto l’esistenza del software controverso dalla stampa e di ignorarne il funzionamento. In tale contesto, il presidente di tale controllata precisava tuttavia che detto software era installato in taluni motori diesel, su un totale, in Francia, di (circa) 950 000 veicoli, che sarebbero stati oggetto di richiami per un aggiornamento del software medesimo. Egli aggiungeva di non riconoscere la natura fraudolenta di tale software diretto, a suo avviso, «di ottimizzare al ribasso le emissioni di NOx».

31.      L’indagine conduceva all’avvio di un’indagine giudiziaria, affidata al giudice del rinvio e ad altri due giudici istruttori, il 19 febbraio 2016. La requisitoria introduttiva precisa che il reato asserito consiste nell’aver «dal 1° settembre 2009, (…) con qualsiasi mezzo, anche mediante l’interposizione di terzi, parti contrattuali o meno, ingannato gli acquirenti di veicoli dotati di motori (…) diesel, sulle qualità sostanziali dei veicoli e sui controlli effettuati, con l’aggravante che i fatti hanno avuto come conseguenza di rendere l’uso delle merci pericoloso per la salute dell’uomo o degli animali», in violazione, inter alia, degli articoli L.213‑1 e 213‑2 del Codice del consumo.

32.      In tale fase del procedimento penale, la società X beneficia dello status di testimone assistito. Chiamata a comparire dinanzi ai giudici istruttori il 28 marzo 2017, la società X si rifiutava formalmente di rispondere ai quesiti postile dai giudici. La società X si rifiutava parimenti di mettere a disposizione dei giudici istruttori gli elementi di indagine da essi richiesti (riguardanti in particolare i metodi di calibratura dei motori utilizzati dalla società X).

33.      Inoltre, dall’avvio dell’indagine giudiziaria si sono costituite parti civili più di 1 200 persone.

34.      Nell’ambito di tale procedura, un perito veniva incaricato di procedere a un’analisi dei risultati dei test effettuati dall’autorità amministrativa (in altri termini, i test realizzati dall’UTAC e dall’IFPEN) e a tutte le ulteriori analisi tecniche, al fine di descrivere il meccanismo del software controverso e di illustrare i suoi effetti in termini di aumento dell’emissione di NOx da parte dei veicoli che ne sono dotati.

35.      Nella relazione depositata il 26 aprile 2017 (in prosieguo: la «relazione peritale»), il perito rilevava che, secondo la normativa in vigore, i sistemi di controllo delle emissioni dovevano essere operativi durante il normale funzionamento del veicolo. Risulta che, in condizioni di guida normali, nei veicoli esaminati, la valvola EGR non era comandata secondo modalità corrispondenti all’omologazione. La modalità di funzionamento normale non consentirebbe, come dimostrerebbero i test compiuti dall’UTAC, di rispettare i limiti massimi di inquinamento fissati nella normativa. Senza tale rilevamento del ciclo di omologazione e senza tale modulazione del funzionamento della valvola EGR, sarebbe stato quasi impossibile, per i veicoli di cui trattasi, rispettare tali limiti in condizioni d’uso normali. L’efficacia del sistema di depurazione risultava quindi ridotta in situazioni reali.

36.      Il perito affermava quindi, in conclusione, l’esistenza di un impianto in grado di rilevare la procedura di omologazione e di adattare il funzionamento del sistema di ricircolo dei gas di scarico (in prosieguo: il «sistema EGR») ai fini della procedura medesima. L’esistenza di tale impianto genera un aumento delle emissioni di NOx dei veicoli circolanti in condizioni normali. Il perito precisava altresì che, se il funzionamento della valvola EGR nella circolazione reale fosse stato in linea con quello esistente nel corso dei test di omologazione, tali veicoli avrebbero prodotto, in particolare nella circolazione urbana, una quantità nettamente inferiore di NOx (nell’ordine del 50%) e, per contro, probabilmente, un quantitativo leggermente superiore di monossido di carbonio, di idrocarburi incombusti e di biossido di carbonio (nell’ordine del 5%) (14). La potenza di tali veicoli sarebbe stata probabilmente ridotta in misura marginale. Gli interventi di manutenzione sarebbero stati più frequenti e costosi a causa, tra l’altro, dell’aumentata formazione di incrostazioni all’interno del motore.

37.      Infine, il perito precisava che il sistema EGR costituisce un dispositivo di controllo dell’inquinamento, nel senso che è installato nei motori al solo fine di ridurre le emissioni di NOx, che la riduzione della sua apertura riduce l’efficacia del sistema di controllo delle emissioni e si traduce in un aumento delle emissioni di NOx e che tale riduzione è effettivamente rilevata in condizioni d’uso normali dei veicoli. Per contro, la riduzione dell’apertura della valvola EGR si traduce, in pratica, in una maggiore capacità di accelerazione del motore e in un potenziale di potenza superiore. Essa comporta altresì una riduzione della formazione d’incrostazioni nei condotti di aspirazione, nelle valvole e nella camera di combustione, il che concorre alla longevità e all’affidabilità del motore.

38.      Alla luce di tali rilievi tecnici, il giudice del rinvio osserva che il meccanismo giuridico della truffa – qualora venisse rilevato – consisterebbe nell’aver ingannato gli acquirenti dei veicoli considerati riguardo alle loro qualità sostanziali, ossia la loro non conformità al regolamento n. 715/2007, derivante dalla presenza, nei veicoli medesimi, di un impianto di manipolazione previsto all’articolo 3, punto 10, e all’articolo 5, paragrafo 2, di detto regolamento, consistente nel programmare la centralina motore che interviene sulla valvola EGR, in modo da identificare il ciclo di omologazione affinché il sistema di controllo delle emissioni di NOx sia intensificato durante tale ciclo, e non in condizioni d’uso normali.

39.      La truffa sarebbe accompagnata da una circostanza aggravante, nel senso che l’uso dei veicoli sarebbe stato reso pericoloso per la salute dell’uomo e degli animali, in quanto i gas di scarico dei motori diesel sono stati classificati come cancerogeni dal Centro internazionale per la ricerca sul cancro (CIRC) nel 2012.

40.      Il giudice del rinvio rammenta che i dispositivi impiegati per intervenire sul funzionamento dei sistemi di controllo delle emissioni possono assumere forme diverse. La definizione di «impianto di manipolazione», contenuto nell’articolo 3 del regolamento n. 715/2007, include varie nozioni che non sono state ancora oggetto di interpretazione da parte della Corte.

41.      Dato che la qualificazione di truffa, come prevista nell’ambito della causa in esame, si basa sulla qualificazione di «impianto di manipolazione», il giudice del rinvio ritiene necessario ricevere chiarimenti riguardo alla portata delle menzionate disposizioni per potersi pronunciare sia sull’eventuale imputazione della società X sia sul suo rinvio a giudizio, in esito all’istruttoria.

42.      Alla luce degli elementi esposti supra, il vicepresidente incaricato dell’istruzione del Tribunale di primo grado di Parigi ha deciso di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Interpretazione della nozione di elemento di progetto

a)      Che cosa comprenda la nozione di elemento di progetto di cui all’[articolo 3, punto 10] del [regolamento n. 715/2007], recante la definizione di impianto di manipolazione (defeat device).

b)      Se un programma inserito nella centralina di controllo del motore o che, più in generale, agisca su di essa, possa essere considerato come un elemento di progetto ai sensi dell’articolo medesimo.

2)      Interpretazione della nozione di sistema di controllo delle emissioni

a)      Che cosa comprenda la nozione di sistema di controllo delle emissioni di cui all’[articolo 3, punto 10] del [regolamento n. 715/2007] recante la definizione di impianto di manipolazione (defeat device).

b)      Se detto sistema di controllo delle emissioni comprenda unicamente le tecnologie e le strategie dirette a gestire e ridurre le emissioni (in particolare, di ossidi d’azoto) dopo la loro formazione o se comprenda anche le diverse tecnologie e strategie volte a limitarne la produzione alla base, come la tecnologia EGR

3)      Interpretazione della nozione di impianto di manipolazione (defeat device)

a)      Se un dispositivo che rilevi tutti i parametri connessi allo svolgimento delle procedure di omologazione previste dal [regolamento n. 715/2007], al fine di attivare o intensificare, nel corso di dette procedure, il funzionamento di una qualsiasi parte del sistema di controllo delle emissioni e ottenere così l’omologazione del veicolo, rappresenti un impianto di manipolazione ai sensi dell’[articolo 3, punto 10] del [regolamento n. 715/2007].

b)      In caso di risposta affermativa, se detto impianto di manipolazione sia vietato conformemente alle disposizioni dell’[articolo 5, paragrafo 2] del regolamento n. 715/2007.

c)      Se un dispositivo come quello descritto nella [terza questione sub a)] possa essere qualificato come “impianto di manipolazione” ove l’attivazione potenziata del sistema di controllo delle emissioni intervenga non soltanto nel corso delle procedure di omologazione, bensì anche in maniera puntuale, allorquando le condizioni esatte rilevate per potenziare detto sistema nel corso delle suddette procedure si presentino nella circolazione reale.

4)      Interpretazione delle deroghe previste nell’articolo 5

a)      Che cosa comprendano le tre deroghe previste all’articolo 5, paragrafo 2, del capitolo II, del [regolamento n. 715/2007].

b)       Se il divieto di impianti di manipolazione che attivino o potenzino il funzionamento di una qualsiasi parte del sistema di controllo delle emissioni, in particolare, durante le procedure di omologazione, possa essere superato per uno dei tre motivi indicati nell’articolo 5, paragrafo 2.

c)      Se il rallentamento del processo di invecchiamento del motore o della formazione d’incrostazioni all’interno di esso rientri nell’esigenza di “proteggere il motore da danni o avarie” o di garantire il “funzionamento sicuro dei veicoli” potendo così giustificare la presenza di un [impianto di manipolazione] ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a)».

43.      Hanno presentato osservazioni scritte i governi francese e italiano, le parti della controversia nel procedimento principale (la società X e le parti civili A e a.) e la Commissione europea.

44.      I menzionati governi, le parti della controversia nel procedimento principale (la società X e le parti civili A e a., B, AGLP e a. e C e a.) e la Commissione hanno svolto anche osservazioni orali all’udienza dibattimentale tenutasi il 7 novembre 2019.

 Analisi

 Osservazioni preliminari

45.      Ritengo opportuno, in limine, esporre in modo più dettagliato il quadro normativo dell’omologazione dei veicoli a motore nell’ambito dell’Unione.

46.      L’omologazione dei tipi di veicoli a motore è oggetto, nel diritto dell’Unione, di una normativa dettagliata il cui fondamento normativo è costituito dalle disposizioni relative all’istituzione e al funzionamento del mercato interno (ora articolo 114 TFUE).

47.      La direttiva 2007/46 istituisce un quadro armonizzato contenente le disposizioni amministrative nonché i requisiti tecnici di carattere generale applicabili all’omologazione di tutti i veicoli a motore nuovi (leggeri o pesanti) rientranti nel suo ambito di applicazione.

48.      Nel settore automobilistico ogni normativa quadro stabilisce così la procedura e gli effetti giuridici dell’omologazione per tipo di veicoli. Le condizioni sostanziali applicabili all’omologazione per tipo sono oggetto, a loro volta, di normative separate.

49.      L’omologazione per tipo opera nel seguente modo: il costruttore presenta il prototipo di un veicolo alle autorità competenti al fine di dimostrare la sua rispondenza a tutti i requisiti sostanziali fissati negli atti legislativi di cui all’allegato IV della direttiva 2007/46. Quando l’autorità amministrativa competente concede l’omologazione per tipo, il costruttore avvia la produzione del tipo di veicolo de quo. Ogni veicolo prodotto conformemente al tipo approvato può essere immesso nel mercato senza necessità di effettuare test supplementari.

50.      In tale contesto, i requisiti tecnici armonizzati, relativi alle emissioni, sono precisati all’articolo 5 del regolamento n. 715/2007, il quale impone ai costruttori di dotare i loro veicoli in modo tale che questi rispondano, nell’uso normale, ai requisiti del regolamento medesimo e delle sue disposizioni di esecuzione.

51.      Il paragrafo 2 dello stesso articolo 5 dispone inoltre, fatte salve talune deroghe tassativamente indicate, che l’uso di «impianti di manipolazione» (definiti all’articolo 3, punto 10, del medesimo regolamento) è vietato.

52.      Pertanto, in forza dell’articolo 5 del regolamento n. 715/2007, i veicoli devono essere progettati non solo in modo da rispettare, nell’uso normale, i limiti fissati dal regolamento, ma anche in modo tale che l’efficacia del loro sistema di controllo delle emissioni non possa essere ridotta «in modi che è lecito attendersi durante il normale funzionamento e il normale uso del veicolo» (15).

53.      Ai fini dell’applicazione dell’articolo 5 del regolamento n. 715/2007, la Commissione ha previsto, nel regolamento n. 692/2008, procedure di prova in laboratorio mediante le quali i costruttori possono dimostrare al fine di ottenere un’omologazione per tipo, che un nuovo tipo di veicolo rispetta i limiti previsti in termini di emissioni.

54.      Nel caso di specie, le misure delle emissioni previste dalla procedura di prova erano basate unicamente sul ciclo di guida applicabile all’epoca, ossia il NEDC (come definito in precedenza) (16). Si tratta di test standardizzati, realizzati in laboratorio, e non in condizioni reali – il che li rende più facilmente oggetto di stratagemmi concernenti l’individuazione e di elusioni.

 Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali

55.      Prima di procedere all’esame nel merito delle questioni sottoposte all’esame della Corte, occorre verificarne la ricevibilità.

56.      Alcune delle parti del procedimento principale (A e a.) hanno sostenuto, nelle proprie osservazioni, che la qualificazione di «impianto di manipolazione» riguarderebbe unicamente la regolarità dell’omologazione dei veicoli. Indipendentemente dal fatto che risulti dimostrata o meno, essa non inciderebbe in alcun modo sull’esistenza della truffa riguardo alle «qualità sostanziali» o ai controlli realizzati. A loro parere, infatti, il codice del consumo condannerebbe la truffa «con qualsiasi mezzo o procedimento»: il fatto che si tratti (o meno) di una violazione delle disposizioni del regolamento n. 715/2007 sarebbe quindi irrilevante. Pertanto, le questioni pregiudiziali non sarebbero utili ai fini della risoluzione della controversia nel procedimento principale (17).

57.      Anche la società X sostiene che le questioni pregiudiziali non sono utili ai fini della risoluzione della lite oggetto del procedimento principale. A suo avviso, la controversia (come esposta nella decisione di rinvio) verterebbe sulla determinazione della imputabilità o meno per truffa con conseguente eventuale rinvio a giudizio con tale capo di imputazione. La società X sostiene che, nel diritto penale francese, il reato di truffa richiede la sussistenza di un elemento sostanziale e di un elemento intenzionale, la cui esistenza non sarebbe certa nel caso di specie. La società X deduce che, indipendentemente dalla risposta che potrebbe essere fornita dalla Corte sulle questioni formulate dal giudice del rinvio, essa non potrebbe essere in nessun caso imputata (né, a fortiori, rinviata a giudizio).

58.      Inoltre, la società X fa valere il principio della legalità dei reati e delle pene: in assenza di una norma che sanzioni espressamente i fatti perseguiti nel caso di specie, essa non potrebbe essere condannata per truffa.

59.      A parere della società X non esisterebbe peraltro, in questa fase, alcuna controversia dinanzi al giudice del rinvio collegata alle questioni sollevate, non avendo essa ancora mai espresso la propria posizione (18), oralmente o per iscritto, riguardo alle medesime questioni dinanzi al giudice del rinvio. Tali questioni consisterebbero solo in una semplice richiesta di parere consultivo su norme di diritto dell’Unione, senza legame con una qualsivoglia controversia. A tal riguardo, le questioni medesime sarebbero puramente ipotetiche. Ciò varrebbe, in particolare, per la quarta questione pregiudiziale, vertente sulle deroghe di cui all’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007, di cui la società X non si sarebbe mai avvalsa finora, nell’ambito del procedimento pendente dinanzi al giudice del rinvio.

60.      Inoltre, secondo la società X, le questioni pregiudiziali sollevate non sarebbero state oggetto di contraddittorio prima del loro deposito dinanzi alla Corte, il che sarebbe contrario al principio di corretta amministrazione della giustizia.

61.      Infine, nel corso dell’udienza dibattimentale, la società X ha altresì sostenuto che le questioni pregiudiziali sollevate erano «premature», in quanto le analisi finora realizzate (e rinvenibili, tra l’altro, nella relazione peritale) non consentirebbero di definire il quadro in punto di fatto della controversia in termini sufficientemente precisi.

62.      A mio avviso, l’argomento dedotti dalle parti A e altri, nonché dalla società X, dev’essere integralmente respinto.

63.      Si deve anzitutto osservare che, secondo consolidata giurisprudenza della Corte, nell’ambito della cooperazione tra quest’ultima e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria pronuncia, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (19).

64.      Incidentalmente, e sebbene la questione non sia stata sollevata dalle parti nel procedimento principale, ricordo parimenti che, secondo costante giurisprudenza, «il giudice istruttore penale o il magistrato che esercita l’attività di istruzione penale costituiscono giurisdizioni ai sensi dell’[articolo 267 TFUE], chiamate a statuire in maniera indipendente e secondo diritto sulle cause per le quali la legge attribuisce loro la competenza, nell’ambito di un procedimento destinato a terminare con una decisione di carattere giurisdizionale» (20).

65.      Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (21).

66.      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta chiaramente che la qualificazione del software controverso (che determina il grado di apertura della valvola EGR e, a tale titolo, il livello di emissioni finali di NOx) quale «impianto di manipolazione» alla luce dell’articolo 3, punto 10 e dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007 può incidere sull’accertamento di un reato nel diritto penale francese (ossia di truffa aggravata, ai sensi degli articoli L.213‑1 et L.213‑2 del codice del consumo). Gli argomenti delle parti A e altri e della società X riguardo all’inutilità delle questioni sollevate devono essere quindi respinti, in quanto le questioni sottoposte presentano un evidente collegamento con l’oggetto della controversia nel procedimento principale.

67.      Sebbene l’interpretazione delle disposizioni del regolamento n. 715/2007 possa incidere sull’accertamento del reato, gli argomenti di diritto penale francese dedotti dalla società X (in particolare per quanto riguarda l’esistenza dell’elemento sostanziale e/o intenzionale) non possono essere tuttavia accolti. Essi sono irrilevanti ai fini della valutazione della ricevibilità delle questioni pregiudiziali (sotto il profilo del diritto dell’Unione) e vertono su questioni che ricadono esclusivamente nella competenza del giudice del rinvio (22).

68.      Anche gli argomenti relativi al principio di legalità dei reati e delle pene sono, a loro volta, irrilevanti in quanto il regolamento de quo disciplina l’omologazione dei veicoli a motore e non istituisce, di per sé, norme di natura penale.

69.      Per quanto attiene alla pretesa natura ipotetica delle questioni pregiudiziali, l’argomento della società X mi lascia anch’esso assai perplessa.

70.      Il fatto che la strategia processuale della società X dinanzi al giudice del rinvio consista nel non rispondere ai quesiti degli inquirenti, nel rifiutarsi di comunicare il codice sorgente del software controverso o nel negare la natura fraudolenta di quest’ultimo non consente di dimostrare l’assenza di una lite: al contrario, sono incline a ritenere che tale strategia riveli l’esistenza di una controversia effettiva, di interesse fondamentale per l’esito del procedimento penale dinanzi al giudice del rinvio.

71.      Per quanto riguarda, in particolare, la quarta questione pregiudiziale (concernente l’interpretazione delle deroghe al divieto degli impianti di manipolazione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento citato), la società X ha sostenuto di non aver mai invocato le deroghe medesime dinanzi al giudice del rinvio, cosicché la questione sarebbe ipotetica. Interpellata su tale punto dalla Corte, la società X ha tuttavia riconosciuto, in termini di assoluta chiarezza, che non escludeva la possibilità di invocare tali deroghe successivamente, nel corso del procedimento pendente dinanzi al giudice del rinvio. Tale ammissione mi sembra anch’essa indicativa del fatto che le questioni non siano soltanto «una semplice richiesta di parere consultivo» vertente su tematiche puramente ipotetiche.

72.      Per quanto riguarda l’assenza di contraddittorio dinanzi al giudice del rinvio, rileverò semplicemente che l’articolo 267 TFUE non subordina la possibilità di adire la Corte alla natura contraddittoria del procedimento nel corso del quale il giudice nazionale formuli le questioni pregiudiziali (23). Per tale motivo, l’argomento dedotto dalla società X dev’essere parimenti respinto.

73.      Infine, quanto al preteso carattere prematuro delle questioni pregiudiziali formulate nel caso di specie, osservo che il giudice del rinvio è l’unico a decidere quando scegliere di interpellare la Corte (24). Rilevo inoltre che l’argomento dedotto in merito dalla società X appare poco convincente. I fatti all’origine della controversia nel procedimento principale sono stati rivelati nel 2015 e sono stati oggetto di varie analisi tecniche (analisi che sono state oggetto a loro volta di un esame dettagliato, le cui conclusioni sono contenute nella relazione peritale). A tale riguardo, mi sembra difficile sostenere (come ha fatto la società X, nel corso dell’udienza) «che in questa fase non è stato definito alcun quadro fattuale preciso». Ritengo, per contro, che la Corte disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono sottoposte.

74.      Pertanto, tenuto conto delle suesposte considerazioni, ritengo che la ricevibilità delle questioni pregiudiziali sia dimostrata.

 Sulla prima questione pregiudiziale

75.      Con la prima questione pregiudiziale (che si articola su due capi subordinati, che occorre esaminare congiuntamente) il giudice del rinvio chiede di precisare – in sostanza – se un programma integrato nella centralina di controllo del motore o, più in generale, che agisca su quest’ultima possa essere considerato quale «elemento di progetto» ai sensi dell’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007.

76.      A mio avviso, la questione dev’essere risolta in senso affermativo.

77.      La nozione di «impianto di manipolazione» di cui all’articolo 3, punto 10, del regolamento citato indica ogni elemento di progetto «che rilevi temperatura, velocità del veicolo, velocità del motore (RPM), marcia innestata, depressione del collettore o altri parametri, al fine di attivare, modulare, ritardare o disattivare il funzionamento di una qualsiasi parte del sistema di controllo delle emissioni che riduca l’efficacia di tale sistema in modi che è lecito attendersi durante il normale funzionamento e il normale uso del veicolo».

78.      Come correttamente rilevato dal governo francese, tale definizione attribuisce un’ampia portata alla nozione di «elemento di progetto». Tale elemento può essere costituito tanto da elementi meccanici quanto un software che, agendo sul funzionamento del sistema di controllo delle emissioni e riducendone l’efficacia, determini l’attivazione degli elementi medesimi. È questa, del resto, la posizione sostenuta anche dalla società X nelle proprie osservazioni scritte.

79.      Preciso che deve trattarsi di un elemento proveniente dal costruttore del veicolo. Trattandosi di un software di bordo, ha poca rilevanza il fatto che sia preinstallato prima della vendita del veicolo o scaricato successivamente, nell’ambito di un aggiornamento (imposto o raccomandato dal costruttore stesso): per contro, non potrebbe trattarsi di un elemento installato solo su iniziativa del proprietario o dell’utilizzatore del veicolo, senza collegamenti con il costruttore.

80.      Occorre quindi rispondere alla prima questione pregiudiziale nei termini seguenti: l’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007 dev’essere interpretato nel senso che un programma integrato nella centralina di controllo del motore o, più in generale, che agisca su quest’ultima può essere considerato un elemento di progetto ai sensi di tale disposizione, in quanto costituisce parte integrante della centralina stessa.

 Sulla seconda questione pregiudiziale

81.      Con la seconda questione pregiudiziale (che si articola su due capi subordinati, che esaminerò congiuntamente) il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007 debba essere interpretato nel senso che la nozione di «sistema di controllo delle emissioni» comprenda esclusivamente le tecnologie e le strategie che riducono le emissioni a valle (dopo la loro formazione) o se, al contrario, tale nozione includa anche le tecnologie e le strategie che, al pari del sistema EGR, riducano le emissioni a monte (al momento della loro formazione).

82.      Esistono infatti due grandi categorie di metodi che consentono ai costruttori di ottimizzare le prestazioni dei propri veicoli sul piano delle emissioni inquinanti: da un lato, le strategie cosiddette «interne al motore» (come il sistema EGR), che consistono nel minimizzare la formazione di gas inquinanti nel motore stesso, e, dall’altro, le strategie cosiddette di «post‑trattamento», consistenti nel trattare le emissioni dopo la loro formazione (ad esempio, il sistema catalitico di cattura dei NOx).

83.      La società X sostiene un’interpretazione assai restrittiva della nozione di «sistema di controllo delle emissioni». A suo avviso, tale concetto può indicare soltanto i componenti relativi alle emissioni che si trovano nel sistema di scarico, escluse le strategie interne al motore. Tale interpretazione si basa (essenzialmente) sull’articolo 2, punto 18, del regolamento n. 692/2008 secondo cui, in relazione al sistema OBD, il «sistema di controllo delle emissioni» indica «il dispositivo di controllo per la gestione elettronica del motore e qualunque componente del sistema di scarico (…) in relazione con le emissioni che invia un input o riceve un output dal dispositivo di controllo» (25).

84.      Non condivido l’analisi della società X.

85.      Anzitutto, rilevo che la nozione di «sistema di controllo delle emissioni» non è definita nel regolamento n. 715/2007.

86.      Per chiarirne la portata, occorre fare riferimento ai criteri interpretativi stabiliti dalla Corte. Va rammentato che, secondo una costante giurisprudenza, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione, «si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte» (26).

 Interpretazione letterale

87.      Sul piano letterale, un «sistema di controllo delle emissioni» è un componente del veicolo volto a controllare le emissioni del veicolo medesimo.

88.      A tal riguardo, osservo che il sistema EGR può quindi inserirsi a priori nell’ambito di applicazione di tale nozione, in quanto la sua finalità è quella di ridurre le emissioni finali di NOx. La relazione peritale allegata alla decisione di rinvio indica chiaramente che il sistema EGR «è installato sui motori al solo scopo di ridurre le emissioni di NOx» e che «i gas che circolano mediante il sistema EGR sono scaricati in definitiva nell’atmosfera» (27). Si tratta effettivamente di un «impianto di controllo delle emissioni di NOx» (28).

89.      Questa è anche la posizione sostenuta dalla Commissione nelle proprie osservazioni scritte, in cui l’Istituzione rileva (correttamente, a mio avviso) che il sistema EGR fa chiaramente parte di un sistema di controllo delle emissioni, consentendo di controllare il volume delle emissioni stesse secondo parametri prestabiliti, iniettando nuovamente un volume più o meno elevato di gas di scarico nel sistema di aspirazione del motore (29).

90.      I governi francese e italiano, nonché le parti private che si sono pronunciate in merito per mezzo di osservazioni scritte o all’udienza, hanno accolto un’interpretazione analoga.

91.      Contrariamente alla società X, non ritengo che tale interpretazione della nozione di «sistema di controllo delle emissioni» sia troppo estensiva o tale da includere qualunque componente di un veicolo idoneo ad influire sul volume delle emissioni inquinanti. All’udienza la società X ha sostenuto che anche il sistema di apertura elettrico dei finestrini o il sistema di climatizzazione influiscono sulle emissioni del veicolo, senza che si possa tuttavia parlare di «sistema di controllo delle emissioni». Tali esempi non mi sembrano pertinenti: i meccanismi citati dalla società X non hanno lo scopo di limitare le emissioni di NOx, mentre questa è appunto la finalità del sistema EGR (30). È proprio tale differenza di finalità che, a mio avviso, giustifica la classificazione del sistema EGR come sistema di controllo delle emissioni (31).

 Interpretazione logico-sistematica

92.      Sul piano logico-sistematico, occorre esaminare anzitutto le altre disposizioni del regolamento n. 715/2007, al fine di verificare se esse possano contribuire utilmente alla soluzione delle questioni.

93.      L’articolo 4, paragrafo 2, di detto regolamento impone ai costruttori un obbligo di risultato: questi ultimi devono provvedere affinché le misure tecniche adottate garantiscano una limitazione effettiva delle emissioni dallo scarico. Il precedente articolo 3, punto 6, definisce la nozione di «emissioni dallo scarico»: si tratta delle emissioni di inquinanti gassosi e di particolato, senza altre precisazioni.

94.      Pertanto, né l’articolo 4, paragrafo 2, né l’articolo 3, punto 6, richiamati supra, precisano in quale fase di funzionamento del veicolo (o con quale mezzo tecnico) tali emissioni debbano essere modulate o ridotte.

95.      Il regolamento n. 715/2007 è tecnologicamente neutro, in quanto non impone alcuna soluzione tecnologica particolare. Esso fissa unicamente un obiettivo da raggiungere riguardo alla limitazione delle emissioni, misurate, queste ultime, all’uscita dallo scarico.

96.      La distinzione operata dalla società X tra le strategie interne al motore e i metodi di post‑trattamento dei gas di scarico non trova quindi alcuna giustificazione nel tenore del regolamento n. 715/2007. Inoltre, in punto di fatto, tale distinzione non sembra avere molto senso. Per quanto la società X abbia potuto agevolmente sostenere, all’udienza, che «ciò che non esce dal motore non costituisce emissione», resta comunque il fatto che, in pratica, come rilevato dalla Commissione con buon senso quasi rustico, i NOx restano NOx: alla fine escono sempre dallo scarico (che la loro formazione sia stata limitata a monte, a livello di motore, o che essi siano stati trattati a valle nel sistema di scarico) (32).

97.      La cavillosa distinzione tra metodi di riduzione a monte e a valle, proposta dalla società X, non trova giustificazione neppure alla luce del regolamento n. 83 (UN/ECE) e, in particolare, del punto 2.16 di tale regolamento (33). Il fatto che il punto 6.5.1.3 dell’appendice 1 dell’allegato 11 del medesimo regolamento menzioni due metodi di post‑trattamento come sistemi di controllo delle emissioni (o sistemi antinquinamento) non implica ipso facto che altri metodi (quale il sistema EGR) non possano rientrare nell’ambito di applicazione di tale nozione: si tratta in questo caso solo di esempi isolati, e non di un elenco tassativo.

98.      Che dire del regolamento n. 692/2008, invocato dalla società X, tanto nelle proprie osservazioni scritte quanto all’udienza?

99.      Rilevo, anzitutto, che il regolamento n. 692/2008, emanato dalla Commissione (34), è un atto normativo di rango inferiore rispetto al regolamento n. 715/2007 (emanato, a sua volta, dal Consiglio e dal Parlamento europeo): esso non può limitarne, in via di principio, l’ambito di applicazione. Inoltre, l’articolo 2, punto 18, del regolamento n. 692/2008 (invocato dalla società X) si applica «in relazione al sistema [di diagnostica di bordo]» e non ha portata generale.

100. Peraltro, la posizione adottata dalla società X sembra essere basata su un’erronea interpretazione di tale articolo 2, punto 18. Infatti, secondo la società X, tale disposizione presuppone che un sistema di controllo delle emissioni possa essere solo un componente «connesso alle emissioni» e «che si trova nel sistema di scarico» (35). Orbene, tale disposizione riguarda qualsiasi componente (relativo alle emissioni) del sistema di scarico, in particolare nella versione francese del regolamento (36). Non è quindi necessario che tale componente si trovi fisicamente nel sistema di scarico.

101. Al pari della Commissione, sono incline a ritenere che tale erronea interpretazione abbia origine nella versione inglese del regolamento n. 692/2008, riguardante «any emissionrelated component in the exhaust (…) system (37)». Tale espressione (nella versione inglese (38)) non mi sembra corretta alla luce del regolamento n. 715/2007, la cui versione inglese fa rifermento sistematicamente alle «tailpipe emissions» (nella versione francese, detto termine viene tradotto con «émissions au tuyau arrière d’échappement» (39)). I termini utilizzati rappresentano la chiara dimostrazione del ragionamento alla base del regolamento n. 715/2007: le emissioni sono sempre misurate all’uscita dal sistema di scarico, poiché finiscono sempre per essere scaricate da quest’ultimo (prima di inquinare l’aria). Tuttavia, il meccanismo che consente di controllare le emissioni non deve trovarsi necessariamente nel sistema di scarico stricto sensu.

102. Infine, osservò altresì che l’appendice 2 dell’allegato XI del regolamento n. 692/2008 include espressamente il sistema EGR nell’elenco dei sistemi di controllo delle emissioni. Tale elemento conferma, ove necessario, l’erroneità dell’interpretazione sostenuta dalla società X riguardo all’articolo 2, punto 18, di tale regolamento.

 Interpretazione teleologica

103. Passo ora a esaminare le finalità del regolamento n. 715/2007, nonché la loro incidenza sull’interpretazione dei termini «sistema di controllo delle emissioni».

104. Dai considerando 1 e 5 di tale regolamento risulta che quest’ultimo mira in particolare a garantire un livello elevato di tutela dell’ambiente e che la realizzazione degli obiettivi dell’Unione in termini di qualità dell’aria richiede sforzi continui di riduzione delle emissioni dei veicoli. Il considerando 6 di detto regolamento precisa che «in particolare, per migliorare la qualità dell’aria e rispettare i valori limite riguardanti l’inquinamento occorre ridurre notevolmente le emissioni [di NOx] provocato dai veicoli con motore diesel».

105. Inoltre, dall’articolo 4 del medesimo regolamento risulta che quest’ultimo mira a garantire che le emissioni dallo scarico risultino effettivamente limitate per tutta la normale durata di vita dei veicoli in condizioni normali di utilizzazione.

106. Tenuto conto dell’intento del legislatore dell’Unione, quale espresso assai chiaramente in tali disposizioni, ritengo, al pari del governo francese e della Commissione, che si debba attribuire un’interpretazione estensiva al concetto di «sistema di controllo delle emissioni». Limitare la portata di tale concetto ai metodi di post‑trattamento dei gas di scarico (escludendo le strategie interne al motore, come il sistema EGR) priverebbe il regolamento n. 715/2007 di gran parte del suo effetto utile. A tal riguardo, la distinzione proposta dalla società X non appare giustificata.

 Conclusione

107. Alla luce dell’interpretazione letterale, contestuale, ma anche teleologica delle disposizioni del regolamento n. 715/2007, ritengo che la risposta alla seconda questione pregiudiziale debba essere formulata nei seguenti termini: l’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007 dev’essere interpretato nel senso che la nozione di «sistema di controllo delle emissioni» include sia le tecnologie, le strategie e gli elementi meccanici o informatici che consentono di ridurre le emissioni (anche di NOx) a monte, al pari del sistema EGR, sia quelli che consentono di trattarle e di ridurle a valle, in un momento successivo alla loro formazione.

 Sulla terza questione pregiudiziale

108. La terza questione pregiudiziale si articola su tre capi subordinati: tratterò il secondo capo nell’ambito dell’esame della quarta questione pregiudiziale, nel capitolo seguente delle presenti conclusioni.

109.  Il primo ed il terzo capo vertono – in sostanza – sulla questione se l’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007 debba essere interpretato nel senso che un dispositivo che rilevi tutti i parametri connessi allo svolgimento delle procedure di omologazione previste dal medesimo regolamento, al fine di attivare o intensificare, nel corso delle procedure stesse, il funzionamento di una qualsiasi parte del sistema di controllo delle emissioni e ottenere così l’omologazione del veicolo, rappresenti un «impianto di manipolazione» ai sensi di tale disposizione, anche qualora l’intensificazione del funzionamento del sistema di controllo delle emissioni possa parimenti intervenire in maniera puntuale, allorquando le condizioni esatte, che hanno come effetto di determinare tale intensificazione, si presentino nella circolazione reale.

110. A mio avviso, a tale quesito va data risposta affermativa.

111. Un «impianto di manipolazione» è un elemento di progetto che rileva diversi parametri (temperatura, velocità del veicolo, ecc.) al fine di attivare, modulare, ritardare o disattivare il funzionamento di una qualsiasi parte di un sistema di controllo delle emissioni e che riduce l’efficacia di tale sistema in modi che è lecito attendersi durante il normale funzionamento e il normale uso di un veicolo.

112. La società X deduce due argomenti per contestare tale qualificazione nel caso di specie.

113. Con il primo argomento, essa afferma che il sistema EGR non costituirebbe un sistema di controllo delle emissioni e che, pertanto, un elemento di progetto che moduli il funzionamento del sistema EGR non potrebbe essere qualificato come «impianto di manipolazione». Tenuto conto della risposta che intendo dare alla seconda questione pregiudiziale, tale argomento non può essere accolto. Pertanto, non mi dilungherò oltre al riguardo.

114. Il secondo argomento è il seguente: gli impianti di manipolazione che potenziano il funzionamento di un sistema di controllo delle emissioni durante i test in laboratorio (al pari dei test NEDC) non ne riducono l’efficacia. Solo la modulazione indotta durante l’uso normale di un veicolo consente di accertare l’esistenza di un impianto di manipolazione.

115. Tale argomento mi sembra al contempo pretestuoso e infondato, tanto in fatto quanto in diritto.

116. In punto di fatto,  dalla decisione di rinvio e dalla relazione peritale emerge che il sistema EGR funziona secondo due modalità, comandate dal software controverso. Quando è individuato un ciclo caratteristico del test di omologazione, il sistema EGR passa in «modalità 1». In caso contrario, quando individua la mancanza delle condizioni caratteristiche del test di omologazione, il sistema opta per la «modalità 0».

117. In modalità 1 la valvola EGR presenta un maggiore grado di apertura e consente al veicolo di rispettare i limiti normativi in termini di emissioni di NOx. Viceversa, in modalità 0 (ossia, in pratica, la modalità esistente in condizioni di guida reali), la valvola EGR non è completamente disattivata, ma la sua apertura è ridotta. Tale modulazione determina emissioni di NOx notevolmente superiori a quelle che si manifestano in fase di test (40) e, in ogni caso, a un risultato non conforme ai limiti fissati dal regolamento n. 715/2007 (41).

118. Come correttamente osservato dalla Commissione e dal governo francese, è quindi evidente che il dispositivo in questione «modula» il funzionamento di una parte del sistema di controllo delle emissioni, in quanto fa variare il livello di emissioni in base all’individuazione di diversi parametri predefiniti, passando da una modalità all’altra.

119. In altri termini, optando per difetto per la modalità 0 in condizioni d’uso normali del veicolo, la procedura messa in atto ha come effetto di attenuare l’efficacia del sistema di controllo delle emissioni. Il fatto che tale procedura generi una maggiore attivazione solo quando sono individuate le condizioni proprie del test di omologazione non incide in alcun modo su tale rilievo.

120. In punto di diritto, è giocoforza constatare che la tesi sostenuta dalla società X non risulta neanche conforme al tenore, né al contesto, né all’obiettivo dell’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007.

121. Infatti, come correttamente rilevato dalla Commissione, tale disposizione non si basa su una dicotomia tra la fase dei test effettuati ai fini dell’omologazione per tipo di un veicolo e il periodo successivo d’uso normale del veicolo. L’omologazione dei veicoli a motore si basa su procedure di prova che devono, per quanto possibile, corrispondere all’uso normale futuro del veicolo, in seguito alla sua immissione nel mercato. Si ritiene che il test riproduca ex ante le condizioni reali di guida che il veicolo affronterà durante il suo uso normale.

122. Il metodo di test NEDC costituisce, in un certo senso, un percorso teorico, che sintetizza (schematicamente) tali «modi che è lecito attendersi durante il normale funzionamento e il normale uso del veicolo». La disattivazione parziale o completa di un sistema di controllo delle emissioni, programmata per verificarsi sistematicamente al di fuori di tale percorso teorico, porta necessariamente a ridurre l’efficacia di tale sistema in condizioni d’uso normali. Tale disattivazione artificiale non può che comportare una violazione dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007.

123. La posizione che la società X intende difendere non trova quindi alcun fondamento sul tenore letterale della normativa.

124. Inoltre, sul piano logico-sistematico, occorre fare altresì riferimento all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007: quest’ultimo sancisce l’obbligo di garantire che le emissioni dallo scarico risultino effettivamente limitate per tutta la normale durata di vita dei veicoli in condizioni normali di utilizzazione (42). Un dispositivo il cui unico scopo fosse quello di assicurare il rispetto dei limiti normativi al momento dei test effettuati in laboratorio sarebbe de facto contrario a tale obbligo. La relazione peritale è in linea con tale posizione: secondo il perito, «secondo lo spirito della legge, i sistemi di controllo delle emissioni devono essere operativi durante il normale funzionamento del veicolo» (43). Accogliere il postulato della società X equivarrebbe ad «ammettere che la finalità della normativa non è di ridurre le emissioni inquinanti quotidianamente (…) ma solo di sottoporre le tecnologie a test di passaggio di livello» (44). È evidente che un’interpretazione di tal genere non sarebbe conforme alla logica sistematica del regolamento n. 715/2007.

125. La riflessione espressa dal perito mi conduce naturalmente all’aspetto teleologico della questione: considerati gli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 715/2007 (quali esposti supra ai paragrafi 104 e 105), non vi è dubbio che la tesi sostenuta dalla società X produrrebbe l’effetto di limitare in modo ingiustificato l’effetto utile del regolamento n. 715/2007 e del divieto dei dispositivi di cui all’articolo 3, punto 10, e al successivo articolo 5, paragrafo 2, del regolamento medesimo.

126. Infine, al pari della Commissione e del governo francese, ritengo ininfluente il fatto che l’intensificazione del funzionamento del sistema di controllo delle emissioni possa verificarsi in maniera puntuale in occasione dell’uso normale del veicolo. Come rilevato dalla Commissione, le possibilità che tale coincidenza si verifichi sono infinitesimali (tenuto conto delle particolarità del test NEDC). Il rispetto, da parte del veicolo, dei limiti fissati dal regolamento di cui trattasi dev’essere la regola durante il suo uso normale e non un’eccezione connessa alla sussistenza accidentale di condizioni analoghe a quelle dei test di omologazione.

127. Alla luce dei suesposti rilievi, ritengo che la risposta alla terza questione pregiudiziale debba essere formulata nei seguenti termini: l’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007 dev’essere interpretato nel senso che un dispositivo che rilevi tutti i parametri connessi allo svolgimento delle procedure di omologazione previste dal regolamento medesimo, al fine di attivare o intensificare, nel corso di dette procedure, il funzionamento di una qualsiasi parte del sistema di controllo delle emissioni e ottenere così l’omologazione del veicolo, rappresenta un «impianto di manipolazione» ai sensi di tale disposizione, anche qualora l’intensificazione del funzionamento di tale sistema di controllo delle emissioni possa parimenti intervenire in maniera puntuale, allorquando le condizioni esatte che la determinano si presentino casualmente in condizioni d’uso normale del veicolo.

 Sulla quarta questione pregiudiziale

128. Con la terza questione, sub b), nonché con la quarta questione (che a sua volta si articola su tre capi subordinati), il giudice del rinvio si interroga sulla liceità di un impianto di manipolazione come quello oggetto del procedimento principale e, in particolare, sulla questione se un dispositivo di tal genere possa ricadere nella sfera d’applicazione di una delle deroghe al divieto contemplate all’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007. Il giudice del rinvio chiede, segnatamente, di acclarare se il rallentamento del processo di invecchiamento del motore o della formazione di incrostazioni all’interno di esso rientri nell’esigenza di «proteggere il motore da danni o avarie» o di garantire il «funzionamento sicuro dei veicoli» ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), di tale regolamento e giustificare a tal titolo la presenza del dispositivo di manipolazione de quo.

129. Ricordo che l’uso di impianti di manipolazione volti a ridurre l’efficacia dei sistemi di controllo delle emissioni è vietato e che per tale divieto sono previste, in linea di principio, solo tre deroghe, ossia quando: a) l’impianto si giustifica per la necessità di proteggere il motore da danni o avarie e di un funzionamento sicuro dei veicoli; b) l’impianto non funziona dopo l’avvio del motore; o c) le condizioni sono in sostanza comprese nelle procedure di prova a verifica delle emissioni per evaporazione e delle emissioni medie dallo scarico.

130. Le deroghe previste dall’articolo 5, paragrafo 2, lettere b) e c), del regolamento n. 715/2007 sono manifestamente irrilevanti nel caso di specie, tenuto conto degli elementi di fatto esposti in precedenza.

131. Occorre per contro analizzare la deroga di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 715/2007, che consente di giustificare la presenza di un impianto di manipolazione quando quest’ultimo è necessario per proteggere il motore da danni o avarie e per garantire il funzionamento sicuro dei veicoli.

132. Occorre rilevare che, secondo costante giurisprudenza, le deroghe devono essere interpretate restrittivamente affinché le regole generali non vengano svuotate del loro contenuto (45). A tale riguardo, l’interpretazione delle deroghe non può andare oltre le ipotesi contemplate esplicitamente dalla disposizione de qua (46).

133. Devo quindi escludere anzitutto l’argomento dedotto dalla società X, secondo si dovrebbe optare per un’interpretazione o un’applicazione «ampia» della deroga in questione (47).

134. Nel caso di specie, occorre procedere all’interpretazione dei termini «avaria» e «danno». A mio avviso, la portata di tali termini può essere chiarita grazie a un’interpretazione letterale e teleologica degli stessi.

135. Sul piano letterale, osservo che è comunemente ammesso che il termine «avaria» si riferisca a un evento imprevisto e improvviso che comporti danni o pericoli, come ferite o la morte (48). Il temine «danno» indica, a sua volta, una lesione derivante, di regola, da una causa violenta o improvvisa (49). I termini «avaria» e «danno», utilizzati nella versione inglese del regolamento n. 715/2007 non contraddicono, a mio avviso, tale accezione (50).

136. Quando il dettato di una disposizione di diritto dell’Unione è chiaro e preciso, occorre attenersi a quest’ultimo (51).

137. Un impianto di manipolazione può quindi essere giustificato, in forza dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), del regolamento de quo, solo se si rivela necessario per proteggere il motore dal verificarsi di danni improvvisi.

138. A mio avviso, occorre quindi respingere l’interpretazione estensiva sostenuta dal governo italiano secondo cui il concetto di «danno» dovrebbe essere esteso fino a includere l’usura, la perdita di efficienza o la perdita di valore patrimoniale del veicolo derivante dal processo di invecchiamento, nonché dalla formazione progressiva di incrostazioni nel motore.

139. Come correttamente rilevato dalla Commissione e dal governo francese, il processo di invecchiamento del motore e la formazione di incrostazioni all’interno dello stesso o di una sua parte costituiscono il risultato inesorabile di un uso normale del veicolo. Si tratta, quindi, di effetti ordinari e prevedibili dell’accumulo progressivo di impurità nel motore per tutta la normale durata di vita del veicolo, in condizioni d’uso normali – effetti che è possibile, peraltro, attenuare grazie a interventi periodici di manutenzione, pianificati a lungo termine. Non si tratta quindi di avarie, né di danni, né di minacce gravanti sul funzionamento sicuro del veicolo.

140. Passo ora a esaminare l’aspetto teleologico della questione. A mio avviso, tenuto conto degli obiettivi del regolamento n. 715/2007 e, in particolare, di quello di tutela dell’ambiente e di miglioramento della qualità dell’aria all’interno dell’Unione (52), l’interpretazione estensiva sostenuta dal governo italiano non appare in alcun modo giustificata.

141. Tale interpretazione priverebbe di contenuto la regola generale (in altri termini, il divieto degli impianti di manipolazione che riducono l’efficacia dei sistemi di controllo delle emissioni).

142. Infatti, spetta ai costruttori di veicoli provvedere affinché questi ultimi osservino i limiti fissati dalla normativa in materia di emissioni, per tutta la durata del loro normale funzionamento (53), e affinché tali veicoli funzionino in modo sicuro, rispettando al contempo tali limiti. Sebbene non si possa escludere che il funzionamento di un sistema di controllo delle emissioni possa incidere negativamente (a lungo termine) sulla longevità o sull’affidabilità del motore, tale circostanza non giustifica affatto che si disattivi detto sistema nel corso del funzionamento normale del veicolo, in condizioni d’uso normali, al solo scopo di proteggere il motore dal processo di invecchiamento o dalla formazione progressiva di incrostazioni.

143. In altri termini, l’interpretazione proposta (nella specie) dal governo italiano difficilmente può essere accolta, in quanto equivale a privare il divieto in questione di qualsiasi effetto utile e contrasta in modo del tutto manifesto con l’intento del legislatore dell’Unione, consistente nel garantire la riduzione delle emissioni inquinanti, fissando limiti che devono essere rispettati nell’uso normale di ogni veicolo immesso nel mercato.

144. Per di più, un’interpretazione del genere comporterebbe de facto il prevalere di interessi economici (come preservare il prezzo di vendita del veicolo) sulla salute pubblica (54). Tale risultato sarebbe contrario sia alla lettera che allo spirito del regolamento n. 715/2007 (55).

145. A quale conclusione di deve giungere nel caso di specie?

146. A mio avviso, solo i rischi immediati dei danni che incidano sull’affidabilità del motore e che generino un pericolo concreto durante la guida del veicolo sono tali da giustificare la presenza di un impianto di manipolazione.

147. Spetta al giudice del rinvio – quale unico giudice del merito – determinare se il dispositivo oggetto del procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione della deroga analizzata supra(56).

148. Tuttavia, ritengo opportuno rilevare che, secondo la relazione peritale, il sistema EGR «non è distruttivo per il motore» (57). Tale sistema può tuttavia ridurre le prestazioni del motore con l’uso e accelerare la formazione di incrostazioni al suo interno, il che può rendere le operazioni di manutenzione «più frequenti e più costose» (58). Alla luce di tale rilievo, mi sembra che l’impianto di manipolazione in discussione non sia necessario al fine di proteggere il motore da avarie o danni e al fine di garantire il funzionamento sicuro dei veicoli.

149. La risposta alla terza questione pregiudiziale, sub b), e alla quarta questione pregiudiziale dovrebbe essere quindi formulata nei seguenti termini: l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 715/2007 dev’essere interpretato nel senso che l’obiettivo del rallentamento del processo di invecchiamento del motore o della formazione di incrostazioni al suo interno non giustifica il ricorso ad un impianto di manipolazione, ai sensi della disposizione medesima.

 Conclusione

150. Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di fornire la seguente risposta alle questioni pregiudiziali sollevate dal vicepresidente incaricato dell’istruzione del Tribunal de grande instance de Paris (Tribunale di primo grado di Parigi, Francia):

1) Prima questione pregiudiziale

L’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all’ottenimento di informazioni sulla riparazione e la manutenzione del veicolo dev’essere interpretato nel senso che un programma integrato nella centralina di controllo del motore o, più in generale, che agisca su quest’ultima, può essere considerato un elemento di progetto ai sensi di tale disposizione, in quanto costituisce parte integrante della centralina stessa.

2) Seconda questione pregiudiziale

L’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007 dev’essere interpretato nel senso che la nozione di «sistema di controllo delle emissioni» include sia le tecnologie, le strategie e gli elementi meccanici o informatici che consentono di ridurre le emissioni (anche di ossidi di azoto) a monte, al pari del sistema EGR, sia quelli che consentono di trattarle e di ridurle a valle, in un momento successivo alla loro formazione.

3) Terza questione pregiudiziale

L’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007 dev’essere interpretato nel senso che un dispositivo che rilevi tutti i parametri connessi allo svolgimento delle procedure di omologazione previste dal regolamento medesimo, al fine di attivare o intensificare, nel corso di dette procedure, il funzionamento di una qualsiasi parte del sistema di controllo delle emissioni e ottenere così l’omologazione del veicolo, rappresenta un «impianto di manipolazione» ai sensi di tale disposizione, anche qualora l’intensificazione del funzionamento di tale sistema di controllo delle emissioni possa parimenti intervenire in maniera puntuale, allorquando le condizioni esatte che la determinano si presentino casualmente in condizioni d’uso normale del veicolo.

4) Quarta questione pregiudiziale

L’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 715/2007 dev’essere interpretato nel senso che l’obiettivo del rallentamento del processo di invecchiamento del motore o della formazione di incrostazioni al suo interno non giustifica il ricorso ad un impianto di manipolazione, ai sensi della disposizione medesima.


1      Lingua originale: il francese.


2      Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all’ottenimento di informazioni sulla riparazione e la manutenzione del veicolo (GU 2007, L 171, pag. 1).


3      Questioni pregiudiziali analoghe sono state sottoposte alla Corte nelle cause C‑690/18, C‑691/18 e C‑692/18, attualmente sospese in attesa della pronuncia della sentenza nella causa in esame.


4      Tale regolamento è stato adottato sulla base dell’Accordo relativo all’adozione di condizioni uniformi di omologazione e al riconoscimento reciproco dell’omologazione degli accessori e parti dei veicoli a motore, concluso a Ginevra il 20 marzo 1958 (accordo il cui titolo è stato successivamente modificato in «Accordo relativo all’adozione di prescrizioni tecniche uniformi applicabili ai veicoli a motore, agli accessori ed alle parti che possono essere installati e/o utilizzati sui veicoli a motore ed alle condizioni del riconoscimento reciproco delle omologazioni rilasciate sulla base di tali prescrizioni»). Detto regolamento è stato oggetto di aggiornamenti periodici. Cito in questa sede il testo pubblicato nel 2006 (GU 2006, L 375, pag. 242) [in prosieguo: il «regolamento n. 83 (UN/ECE)»]. Rilevo che, in un testo successivo (GU 2015, L 172, pag. 1), il punto 2.16 del regolamento medesimo menziona il «sistema antinquinamento», invece del «sistema di controllo delle emissioni».


5      Tale atto è vincolante per l’Unione: v. infra, paragrafo 5.


6      Decisione del Consiglio, del 27 novembre 1997, ai fini dell’adesione della Comunità europea all’accordo della commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite relativo all’adozione di prescrizioni tecniche uniformi applicabili ai veicoli a motore, agli accessori ed alle parti che possono essere installati e/o utilizzati sui veicoli a motore ed alle condizioni del riconoscimento reciproco delle omologazioni rilasciate sulla base di tali prescrizioni («Accordo del 1958 riveduto») (GU 1997, L 346, pag. 78).


7      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (GU 2007, L 263, pag. 1), come modificata dal regolamento (CE) n. 1060/2008 della Commissione, del 7 ottobre 2008 (GU 2008, L 292, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 2007/46»). V. anche considerando 3 del regolamento n. 1060/2008, che rinvia espressamente al regolamento n. 83 (UN/ECE).


8      Regolamento della Commissione, del 18 luglio 2008, recante attuazione e modifica del regolamento (CE) n. 715/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 200, relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all’ottenimento di informazioni per la riparazione e la manutenzione del veicolo (GU 2008, L 199, pag. 1).


9      OBD è l’abbreviazione del termine inglese «onboard diagnostics».


10      Fino al 18 marzo 2014, la violazione di tale articolo era punita con la reclusione sino a due anni e con un’ammenda sino a EUR 35 000 o con una soltanto di dette pene. Dal 19 marzo 2014 al 30 giugno 2016, la violazione di tale articolo è punita con la reclusione sino a due anni e con un’ammenda sino a EUR 300 000. Detto articolo prevede inoltre che «[i]n proporzione ai benefici tratti dalla violazione, l’importo dell’ammenda può essere aumentato sino al 10% del volume d’affari medio annuo calcolato sulla base degli ultimi tre fatturati annui noti alla data dei fatti».


11      Nel testo applicabile sino al 18 marzo 2014, l’articolo L.213‑2 del Codice del consumo prevedeva la possibilità di raddoppiare la pena prevista all’articolo L.213‑1. Dal 19 marzo 2014 al 30 giugno 2016, le pene normalmente previste possono essere aumentate a sette anni di reclusione e a EUR 750 000 di ammenda (anche in caso di tentativo di reato). In proporzione ai benefici tratti dalla violazione, le ammende previste possono essere aumentate sino al 10% del volume d’affari medio annuo calcolato sulla base degli ultimi tre fatturati annui noti alla data dei fatti.


12      Il giudice del rinvio rileva che la società X ha rifiutato di trasmettere agli inquirenti il codice sorgente in questione, invocando «motivi di riservatezza».


13      V., per maggiori approfondimenti al riguardo, infra, paragrafo 36.


14      V. pag. 76 della relazione peritale.


15      Mi riferisco qui al dettato dell’articolo 3, punto 10,  in fine, del regolamento n. 715/2007.


16      V. paragrafo 19 supra. Da allora i test in laboratorio sono stati modernizzati e integrati con un’altra procedura di prova per la misura delle emissioni in condizioni di guida reali (in inglese «real driving emissions» o «RDE»).


17      All’ udienza è sembrato tuttavia che il difensore delle parti A e a.si sia discostato da tale affermazione precisando di non voler contestare la ricevibilità delle questioni pregiudiziali e che la qualifica di «impianto di manipolazione» avvalorerebbe la qualificazione di illecito penale, pur non essendo intrinsecamente necessaria per dimostrare l’esistenza dell’illecito stesso.


18      La società X contesta, a tal riguardo, la possibilità di avvalersi di una nota legale redatta su sua richiesta dallo studio legale Freshfields Bruckhaus Deringer, nel dicembre 20215 – nota trasmessa agli inquirenti prima dell’avvio formale dell’indagine giudiziaria e che intendeva dimostrare come il sistema EGR non potesse essere considerato un «impianto di manipolazione».


19      V. sentenza del 4 dicembre 2018, Minister for Justice and Equality et Commissioner of An Garda Síochána (C‑378/17, EU:C:2018:979, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).


20      Ordinanza del 15 gennaio 2004, Saetti e Frediani (C‑235/02, EU:C:2004:26, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).


21      V. sentenza del 4 dicembre 2018, Minister for Justice and Equality et Commissioner of An Garda Síochána (C‑378/17, EU:C:2018:979, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).


22      V. sentenza del 13 novembre 2018, Čepelnik (C‑33/17, EU:C:2018:896, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).


23      V. sentenza del 25 giugno 2009, Roda Golf & Beach Resort (C‑14/08, EU:C:2009:395, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).


24      Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, il fatto che una causa penale sia in fase istruttoria non osta a che il giudice adito sottoponga questioni pregiudiziali alla Corte: v. ordinanza del 15 gennaio 2004, Saetti e Frediani (C‑235/02, EU:C:2004:26, punto 23 e giurisprudenza ivi citata). Per maggiori approfondimenti, v. anche: Von Bardeleben, E., Donnat, F. e Siritzky, D., La Cour de justice de l’Union européenne et le droit du contentieux européen, La Documentation française, Parigi, 2012, pagg. 179 e 180.


25      Il corsivo è mio.


26      V. sentenza del 7 febbraio 2018, American Express (C‑304/16, EU:C:2018:66, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).


27      Tale affermazione è contenuta nella pagina 65 della relazione peritale (il corsivo è mio). Osservo, ad ogni buon conto, che tale affermazione non è stata contestata dalla società X.


28      V. pag. 66 (punto 8.5) della relazione peritale.


29      A tal riguardo, il fatto che, pur riducendo fortemente il volume di NOx, l’attivazione della valvola EGR possa aumentare in modo marginale altri tipi di emissioni (monossido di carbonio o particelle) è irrilevante: rinvio qui alle cifre richiamate supra al paragrafo 36.


30      La società X ha altresì sostenuto, per esigenze di prevedibilità, la necessità di un’interpretazione restrittiva, considerato che il procedimento (nel caso di specie) è volto all’accertamento di un illecito penale. Come ho già avuto modo di osservare supra al paragrafo 68, tale aspetto è irrilevante: il regolamento n. 715/2007 non contiene alcuna norma penale.


31      Il sistema EGR ricade, a mio modo di vedere, sia nella categoria più ampia dei «componenti che influiscono sulle emissioni» (prevista dall’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 715/2007) sia in quella, più ristretta, dei «sistemi di controllo delle emissioni» (ai sensi dell’articolo 3, punto 10, nonché dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 715/2007). Inoltre, il sistema EGR costituisce altresì un dispositivo di controllo dell’inquinamento, ai sensi dell’articolo 3, punto 11, di detto regolamento, ossia un componente di un veicolo che controlla e/o limita le emissioni dallo scarico (il che spiega, ad esempio, il riferimento al sistema EGR al punto 3.3 dell’allegato I del regolamento n. 692/2008). Nessun elemento, nella normativa da me esaminata, consente di ritenere che un determinato elemento non possa rientrare contemporaneamente in più categorie («componenti che influiscono sulle emissioni», «dispositivi di controllo dell’inquinamento» e «sistemi di controllo delle emissioni», nel caso di specie).


32      V. anche supra, paragrafo 88: i gas che circolano mediante il sistema EGR sono scaricati (in definitiva) nell’atmosfera.


33      Osservo peraltro che, nella versione francese del medesimo regolamento, adottata nel 2015, i termini «système de contrôle des émissions» sono stati sostituiti dai termini «système antipollution». Mi sembra che tale modifica, che non trova necessariamente equivalenti nelle altre versioni linguistiche, deponga anch’essa a favore di un’accezione ampia di tale nozione. V. anche nota 4 supra.


34      Infatti, si tratta di un regolamento adottato dalla Commissione ai fini dell’applicazione di talune disposizioni del regolamento n. 715/2007 (ossia gli articoli 4, 5 e 8).


35      Mi riferisco alle osservazioni scritte presentate dalla società X.


36      A titolo esemplificativo, rilevo che ciò avviene anche nella versione in lingua italiana (contenente i termini «del sistema di scarico»), spagnola («del sistema de escape») o polacca (in quanto il termine «układu» viene declinato al genitivo e non al locativo) del regolamento di cui trattasi. Il corsivo è mio.


37      Il corsivo è mio.


38      Tale espressione viene ripresa anche nella versione tedesca del regolamento n. 692/2008, contenente i termini «im Abgas- oder Verdunstungssystem». Il corsivo è mio.


39      La versione tedesca del regolamento n. 715/2007 menziona le «Auspuffemissionen».


40      La relazione peritale menziona «un aumento di fattore 3 delle emissioni di NOx, ben al di là dei margini di errore nella misura e nel protocollo istituiti»: v. pag. 74 della relazione peritale.


41      Ibidem.


42      V. anche articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 715/2007, che menziona un «uso normale» dei veicoli.


43      V. pag. 75 della relazione peritale.


44      Ibidem.


45      Sentenza del 22 aprile 2010, Commissione/Regno Unito (C‑346/08, EU:C:2010:213, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).


46      V., in particolare, sentenze del 16 maggio 2013, Melzer (C‑228/11, EU:C:2013:305, punto 24) e del 5 marzo 2015, Copydan Båndkopi (C‑463/12, EU:C:2015:144, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).


47      Secondo la società X, tale interpretazione (o applicazione) ampia dovrebbe essere privilegiata per il fatto che la deroga de qua «non impone di utilizzare la migliore tecnologia disponibile e (…) deve ricevere un’interpretazione caso per caso piuttosto che un significato astratto». Rilevo a tal proposito che la deroga in questione non opera alcun rinvio alla necessità (o alla mancanza di necessità) di fare ricorso alla «migliore tecnologia disponibile». Poiché essa enuncia una regola di applicazione generale, tale deroga deve avere necessariamente una portata normativa e astratta. L’argomento fatto valere dalla società X è quindi inoperante.


48      Per quanto riguarda l’accezione di tale termine in lingua francese, v. dizionario Le Petit Robert, Société du Nouveau Littré, Paris, 1973, s.v. «Accident».


49      Per quanto riguarda l’accezione di tale termine in lingua francese, v. dizionario Le Petit Robert, Société du Nouveau Littré, Paris, 1973, s.v. «Dégât».


50      Così, in inglese, il termine «damage» può essere definito come segue: «physical harm that impairs the value, usefulness, or normal function of something» (v., in tal senso, Oxford Dictionary of English, OUP, 2016). «Accident» è definito quindi, nello stesso dizionario: «An unfortunate incident that happens unexpectedly and unintentionally, typically resulting in damage or injury. An event that happens by chance or that is without apparent or deliberate cause».


51      Sentenza dell’8 dicembre 2005, BCE/Germania (C‑220/03, EU:C:2005:748, punto 31).


52      V. paragrafi 104 et 105 supra.


53      V. anche paragrafi 50 e 52 supra.


54      In linea di principio, alla tutela della salute pubblica si deve riconoscere un’importanza prevalente rispetto alle considerazioni di carattere economico: v., per analogia, sentenza del 17 luglio 1997, Affish (C‑183/95, EU:C:1997:373, punto 43).


55      Rilevo che l’interpretazione da me proposta è analoga a quella ora accolta dalla Commissione nella propria comunicazione C (2017) 352 final, del 26 gennaio 2017 [Documento orientativo sulla valutazione delle strategie ausiliarie di controllo delle emissioni e sulla presenza di impianti di manipolazione ai fini dell’applicazione del regolamento (CE) n. 715/2007 relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6)]. Tale comunicazione è priva, tuttavia, di effetto vincolante e non può (in quanto tale) costituire la base del lavoro interpretativo della Corte. Inoltre, occorre rilevare che i fatti all’origine della controversia nel procedimento principale sono precedenti all’adozione di tale comunicazione. Per tale motivo, ritengo che, nella specie, non si debba tener conto di tale comunicazione.


56      Infatti, secondo costante giurisprudenza, il giudice nazionale è il solo competente a constatare e a valutare i fatti di cui al procedimento principale: v. sentenza dell’8 maggio 2019, Dodič (C‑194/18, EU:C:2019:385, punto 45).


57      V. pagg. 74 e 75 della relazione peritale.


58      V. pag. 76 della relazione peritale.