Language of document : ECLI:EU:T:2016:575

SENTENZA DEL TRIBUNALE (giudice unico)

28 settembre 2016 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Domanda di marchi dell’Unione europea denominativi WAVE 2 PAY e WAVE TO PAY – Impedimenti assoluti alla registrazione – Carattere descrittivo – Assenza di carattere distintivo – Articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), nonché paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 207/2009 – Obbligo di motivazione – Articolo 75 del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nelle cause riunite T‑129/15 e T‑130/15,

Intesa Sanpaolo SpA, con sede in Torino (Italia), rappresentata da P. Pozzi e F. Cecchi, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato inizialmente da P. Bullock e L. Rampini, in seguito da L. Rampini, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto due ricorsi presentati avverso due decisioni della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO del 19 gennaio 2015 (rispettivamente, procedimenti R 1857/2014-5 e R 1864/2014-5), relativi a due domande di registrazione dei segni denominativi, rispettivamente, WAVE 2 PAY e WAVE TO PAY come marchi dell’Unione europea,

IL TRIBUNALE (giudice unico),

giudice: M. Prek

cancelliere: A. Lamote

visti i ricorsi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 19 marzo 2015,

visti i controricorsi dell’EUIPO depositati presso la cancelleria del Tribunale il 13 maggio 2015,

viste le repliche depositate presso la cancelleria del Tribunale il 10 luglio 2015,

vista la decisione del 19 aprile 2016 di riunione delle cause T‑129/15 e T‑130/15 ai fini della fase orale del procedimento e della decisione che conclude il procedimento,

in seguito all’udienza del 25 maggio 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 28 ottobre 2013, la ricorrente, Intesa Sanpaolo SpA, ha presentato due domande di registrazione di marchi dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), in forza del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1).

2        I marchi di cui è stata chiesta la registrazione sono i segni denominativi WAVE 2 PAY e WAVE TO PAY.

3        I prodotti ed i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 9, 16, 36 e 38 ai sensi dell’Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, in particolare alla descrizione seguente:

–        classe 9: «Apparecchi e strumenti scientifici, nautici, geodetici, fotografici, cinematografici, ottici, di pesata, di misura, di segnalazione, di controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e d’insegnamento; apparecchi e strumenti per la conduzione, distribuzione, trasformazione, accumulazione, regolazione o controllo dell’elettricità; apparecchi per la registrazione, la trasmissione, la riproduzione del suono o delle immagini; supporti di registrazione magnetica, dischi acustici; compact disk, DVD e altri supporti di registrazione digitale; meccanismi per apparecchi di prepagamento; registratori di cassa, macchine calcolatrici, corredo per il trattamento dell’informazione, computer; software»;

–        classe 16: «Prodotti in carta e cartone, non compresi in altre classi; stampati»;

–        classe 36: «Servizi bancari; assicurazioni; affari finanziari, affari monetari; affari immobiliari».

–        classe 38: «Telecomunicazioni».

4        Il 20 novembre 2013, l’esaminatore ha emesso due rifiuti provvisori di registrazione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), e paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, con riguardo ai prodotti e servizi di cui al precedente punto 3.

5        Con lettere del 20 marzo 2014, la ricorrente ha presentato le proprie osservazioni inerenti alle posizioni adottate dall’esaminatore.

6        Con due decisioni del 23 maggio 2014, l’esaminatore ha respinto le due domande di marchio dell’Unione europea per i prodotti e i servizi interessati, in virtù dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), e paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, con la motivazione che i marchi richiesti erano descrittivi e privi di carattere distintivo.

7        Il 18 luglio 2014, la ricorrente ha presentato due ricorsi dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009, avverso le decisioni dell’esaminatore.

8        Con due decisioni del 19 gennaio 2015 (in prosieguo: le «decisioni impugnate»), la quinta commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto i ricorsi.

9        La commissione di ricorso ha ritenuto che le espressioni «wave 2 pay» e «wave to pay» sarebbero state intese dal pubblico di riferimento, o quantomeno da una parte consistente di quest’ultimo, in particolare dalle persone che hanno un livello di attenzione elevato, nel senso che esse significano «agitare per pagare» e pertanto come un’indicazione del fatto che i prodotti e servizi interessati si riferissero ad un metodo di pagamento che consisteva nell’agitare un determinato dispositivo, come ad esempio un telefono o una carta dotata di un chip elettronico, dinanzi ad un lettore, senza la necessità di utilizzare i metodi di pagamento convenzionali, come i contanti, o quelli che funzionavano attraverso l’inserimento o il passaggio di una carta di credito nel lettore, e che implicavano, nella maggior parte dei casi, la digitazione dei codici della carta stessa. Essa ne ha concluso che i marchi richiesti, presi nel loro insieme, descrivevano agli occhi del pubblico di riferimento, in modo diretto e immediato, una delle caratteristiche dei prodotti e servizi interessati e che tali marchi erano, pertanto, descrittivi di detti prodotti e servizi ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, (decisioni impugnate, punti 24, 25, 26 e 28).

10      Inoltre, la commissione di ricorso ha affermato che, per la loro evidente connotazione descrittiva, i marchi richiesti erano anche privi di carattere distintivo per i prodotti e servizi interessati, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 (decisioni impugnate, punti 35 e 36).

 Conclusioni delle parti

11      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        accertare la violazione e non corretta applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), e paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009;

–        accertare la violazione dell’articolo 75 del regolamento n. 207/2009, nonché la contraddittorietà delle decisioni impugnate;

–        annullare le decisioni impugnate;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

12      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità del primo e secondo capo delle conclusioni dei ricorsi

13      Con il suo primo e secondo capo delle conclusioni, la ricorrente chiede al Tribunale di accertare la violazione e non corretta applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), e paragrafo 2, e dell’articolo 75 del regolamento n. 207/2009, nonché la contraddittorietà delle decisioni impugnate.

14      Ebbene, nella misura in cui, con detti capi delle conclusioni, la ricorrente mira ad ottenere dal Tribunale una sentenza dichiarativa, essi devono essere dichiarati irricevibili. Infatti, dall’articolo 65, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009 risulta che il ricorso proposto dinanzi al Tribunale è diretto ad esaminare la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso e ad ottenere, se del caso, il loro annullamento o la loro riforma [v. sentenza del 15 giugno 2010, Actega Terra/UAMI (TERRAEFFEKT matt & gloss), T‑118/08, non pubblicata, EU:T:2010:234, punto 10 e giurisprudenza ivi citata], e pertanto non può avere ad oggetto l’ottenimento, rispetto a tali decisioni, di sentenze dichiarative.

 Nel merito

15      A sostegno dei ricorsi, la ricorrente deduce tre motivi vertenti, rispettivamente, sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), e paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, nonché sulla violazione dell’articolo 75 del medesimo regolamento.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), e paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009

16      La ricorrente contesta la valutazione della commissione di ricorso secondo la quale sussisterebbe un nesso sufficientemente diretto e concreto tra i marchi richiesti ed i prodotti e servizi in questione, tale da giustificare che detti marchi siano qualificati come descrittivi ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009.

17      L’EUIPO critica la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

18      A norma dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, sono esclusi dalla registrazione «i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio».

19      L’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 persegue una finalità d’interesse generale, la quale impone che i segni o le indicazioni che possono servire, nel commercio, per designare caratteristiche dei prodotti o dei servizi di cui sia chiesta la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti. Tale disposizione vieta, quindi, che tali segni o indicazioni siano riservati a una sola impresa in forza della loro registrazione come marchi (v., in tal senso, sentenza del 12 gennaio 2006, Deutsche SiSi-Werke/UAMI, C‑173/04 P, EU:C:2006:20, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

20      Affinché un segno ricada nel divieto enunciato dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, occorre che esista una relazione sufficientemente diretta e concreta tra il segno ed i prodotti o servizi in questione, tale da consentire al pubblico interessato di percepire immediatamente, e senza ulteriore riflessione, una descrizione dei prodotti e servizi di cui trattasi o di una delle loro caratteristiche [sentenza del 22 giugno 2005, Metso Paper Automation/UAMI (PAPERLAB), T‑19/04, EU:T:2005:247, punto 25].

21      A tale riguardo, si deve precisare che la scelta, da parte del legislatore, del termine «caratteristica» mette in evidenza il fatto che i segni cui si riferisce la suddetta disposizione sono solamente quelli che servono per designare una proprietà, facilmente riconoscibile dagli ambienti interessati, dei prodotti o dei servizi per i quali la registrazione è richiesta. Pertanto, la registrazione di un segno può essere rifiutata in base all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 solo qualora si possa ragionevolmente prevedere che esso sarà effettivamente riconosciuto negli ambienti interessati come descrizione di una delle suddette caratteristiche (v. sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

22      Il carattere descrittivo di un marchio deve essere valutato, da una parte, in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali si richiede la registrazione del segno e, dall’altra, in relazione alla percezione che ne ha il pubblico di riferimento, costituito dai consumatori di tali prodotti o servizi [sentenza del 14 giugno 2007, Europig/UAMI (EUROPIG), T‑207/06, EU:T:2007:179, punto 30].

23      Per quanto riguarda il pubblico di riferimento nel caso di specie è pacifico che, come rilevato dalla commissione di ricorso ai punti 22 delle decisioni impugnate, esso è costituito da consumatori medi dei prodotti e dei servizi interessati, normalmente informati e ragionevolmente attenti ed avveduti, nonché da professionisti, e che, tenuto conto del tipo di prodotti e di servizi oggetto del procedimento, il livello di attenzione sarà medio per i primi ed elevato per i secondi. Inoltre, come rilevato dalla commissione di ricorso ai punti 19 e 21 delle decisioni impugnate, i marchi richiesti sono composti da termini appartenenti alla lingua inglese. Di conseguenza, in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, il pubblico di riferimento rispetto al quale va valutato l’impedimento assoluto alla registrazione è il pubblico anglofono dell’Unione europea [v. sentenza del 7 luglio 2011, Cree/UAMI (TRUEWHITE), T‑208/10, non pubblicata, EU:T:2011:340, punto 19 e giurisprudenza ivi citata].

24      Occorre quindi verificare, conformemente alla giurisprudenza citata ai precedenti punti da 19 a 22, se esista, dal punto di vista del pubblico di riferimento così definito, un collegamento sufficientemente concreto e diretto fra, da un lato, i marchi richiesti e, dall’altro, i prodotti ed i servizi interessati.

25      Per quanto riguarda i marchi richiesti, essi sono composti, rispettivamente, dai termini «wave», «to» e «pay» (causa T‑130/15) e dai termini «wave» e «pay», nonché dalla cifra «2» (causa T‑129/15), la quale viene correntemente utilizzata nella lingua inglese come equivalente della preposizione «to». Occorre considerare che tali termini sono comuni, di uso corrente e comprensibili per qualsiasi persona che parli l’inglese. La commissione di ricorso ha quindi giustamente ritenuto che le espressioni «wave 2 pay» e «wave to pay» sarebbero intese da una parte consistente del pubblico di riferimento nel senso che esse significano «agitare per pagare». Peraltro, la ricorrente ammette che tale significato sia possibile.

26      Inoltre, per quanto riguarda i prodotti e i servizi interessati, la commissione di ricorso ha giustamente constatato, ai punti 27 delle decisioni impugnate, che si trattava, da un lato, di apparecchi, di supporti dati e di meccanismi suscettibili di includere, ad esempio, lettori di movimento necessari per effettuare il pagamento e meccanismi di registrazione e trasmissione di quest’ultimo (prodotti rientranti nella classe 9), nonché di prodotti cartacei come scontrini e ricevute che vengono dati al cliente una volta terminata la transazione elettronica nel modo precedentemente indicato (prodotti rientranti nella classe 16), e dall’altro, di servizi necessari per effettuare il pagamento o la transazione elettronica attivata dal gesto di movimento dell’apparecchio (servizi rientranti nella classe 36), nonché di quelli necessari per la trasmissione dei dati relativi al pagamento o alla transazione in questione (servizi rientranti nella classe 38). Tali constatazioni non sono contestate dalla ricorrente.

27      Si deve pertanto confermare la conclusione della commissione di ricorso secondo la quale i marchi richiesti verrebbero intesi dal pubblico di riferimento come un’indicazione del fatto che i prodotti e servizi interessati si riferiscono ad un metodo di pagamento che consiste nell’agitare un determinato dispositivo, come ad esempio un telefono o una carta dotata di un chip elettronico, dinanzi ad un lettore, senza la necessità di utilizzare i metodi di pagamento tradizionali, cosicché essi descrivono, agli occhi del medesimo pubblico, in modo diretto e immediato, una delle caratteristiche dei prodotti e servizi interessati (decisioni impugnate, punti 24, 25 e 28).

28      Da un lato, la ricorrente sostiene che l’espressione «wave to pay» potrebbe non suggerire alcunché ad una considerevole parte della popolazione dell’Unione, quella cioè che non conosce l’inglese. Dall’altro, la funzione o la tecnologia cui si riferisce la commissione di ricorso sarebbe molto recente. Secondo la ricorrente, un gran numero di soggetti cui tali prodotti e servizi sono destinati non sarebbero a conoscenza della sua esistenza e non sarebbero pertanto in grado di ricreare un collegamento tra i marchi richiesti ed i servizi interessati, anche essendo in possesso delle capacità necessarie per tradurre tale espressione dall’inglese. A tale riguardo, la ricorrente ha aggiunto in udienza che le domande di registrazione dovevano essere esaminate al momento della loro presentazione. Peraltro, l’espressione «wave to pay» non sarebbe comunemente utilizzata nei settori identificati dalle classi di prodotti e di servizi interessate. Infine, la ricorrente riconosce che il pubblico di riferimento potrebbe intendere detta espressione nel senso indicato dalla commissione di ricorso, ma afferma che tale significato non è il solo possibile.

29      Tali argomenti non possono essere accolti. Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, un segno denominativo deve essere escluso dalla registrazione, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, qualora designi, quantomeno in uno dei suoi significati potenziali, una caratteristica dei prodotti o servizi di cui trattasi (sentenza del 23 ottobre 2003, UAMI/Wrigley, C‑191/01 P, EU:C:2003:579, punto 32). È inoltre indifferente che le caratteristiche dei prodotti o dei servizi che possono essere descritte dal segno in questione siano essenziali o accessorie sul piano commerciale (v., per analogia, sentenza del 12 febbraio 2004, Koninklijke KPN Nederland, C‑363/99, EU:C:2004:86, punto 102).

30      Inoltre, si deve osservare che non è necessario a tale riguardo che il segno in questione sia effettivamente utilizzato a fini descrittivi, ma soltanto che possa essere utilizzato a tal fine (sentenza del 23 ottobre 2003, UAMI/Wrigley, C‑191/01 P, EU:C:2003:579, punto 32), e non è neppure necessario che esso sia l’unico modo per designare le caratteristiche di un prodotto (v., per analogia, sentenza del 12 febbraio 2004, Koninklijke KPN Nederland, C‑363/99, EU:C:2004:86, punto 57). Peraltro, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, il paragrafo 1 dello stesso articolo si applica anche se gli impedimenti alla registrazione esistono soltanto per una parte dell’Unione.

31      Ancora, per quanto riguarda il momento dell’esame del carattere descrittivo dei marchi richiesti, dai punti 6 e 26 delle decisioni impugnate risulta che le constatazioni dell’esaminatore e della commissione di ricorso si basano sui risultati delle ricerche effettuate dall’esaminatore il 19 novembre 2013, quindi immediatamente dopo la presentazione delle domande di registrazione. La ricorrente non fornisce alcun elemento di prova atto ad inficiare tali constatazioni.

32      Infine, per quanto concerne l’argomento della ricorrente nella causa T‑129/15, secondo il quale l’EUIPO avrebbe recentemente ammesso la registrazione dei marchi PAY2GO e SIGN2PAY, è sufficiente ricordare che le decisioni che le commissioni di ricorso devono adottare, in forza del regolamento n. 207/2009, relativamente alla registrazione di un segno come marchio dell’Unione, rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non in quello di un potere discrezionale. Pertanto, la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso deve essere valutata unicamente sulla base di tale regolamento, come interpretato dal giudice dell’Unione, e non sulla base di una prassi decisionale precedente a queste ultime (v. sentenza del 15 settembre 2005, BioID/UAMI, C‑37/03 P, EU:C:2005:547, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

33      È ben vero che l’EUIPO deve prendere in considerazione le decisioni già adottate nell’ambito di procedimenti simili e chiedersi con particolare attenzione se occorra o meno decidere nello stesso senso. Tuttavia, la persona che chiede la registrazione di un segno come marchio non può far valere dinanzi all’EUIPO una prassi decisionale che sarebbe contraria ai requisiti imposti dal regolamento n. 207/2009 o che porterebbe quest’ultimo a prendere una decisione illegittima (v., in tal senso e per analogia, ordinanza del 12 febbraio 2009, Bild digital e ZVS, C‑39/08 e C‑43/08, non pubblicata, EU:C:2009:91, punti 17 e 18, e sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punti da 74 a 76).

34      Da quanto precede risulta che la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto che i marchi richiesti fossero descrittivi dei prodotti e dei servizi interessati ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009.

35      Il primo motivo deve essere pertanto respinto.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009

36      Occorre ricordare che, come risulta dall’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, è sufficiente che sia applicabile uno degli impedimenti assoluti alla registrazione perché il segno controverso non possa essere registrato come marchio dell’Unione [v. sentenza del 16 marzo 2006, Telefon & Buch/UAMI – Herold Business Data (WEISSE SEITEN), T‑322/03, EU:T:2006:87, punto 110 e giurisprudenza ivi citata].

37      Di conseguenza, in considerazione di quanto dichiarato al precedente punto 34, non occorre pronunciarsi sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

 Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 75 del regolamento n. 207/2009

38      La ricorrente sostiene che le decisioni impugnate sono inficiate da un vizio di motivazione, in quanto non spiegherebbero le ragioni per le quali i marchi richiesti sarebbero descrittivi per quanto riguarda gli «apparecchi e strumenti nautici, geodetici, fotografici, cinematografici, ottici, di pesata, di segnalazione, di controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e d’insegnamento», gli «apparecchi e strumenti per la conduzione, distribuzione, trasformazione, accumulazione, regolazione o controllo dell’elettricità», gli «apparecchi per la registrazione, la trasmissione, la riproduzione del suono o delle immagini», i «dischi acustici» ed i «compact disk, DVD e altri supporti di registrazione digitale» rientranti nella classe 9, nonché le «assicurazioni» e gli «affari immobiliari» rientranti nella classe 36.

39      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

40      In via preliminare occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, in forza dell’articolo 75, prima frase, del regolamento n. 207/2009, le decisioni dell’EUIPO devono essere motivate. Tale obbligo di motivazione ha la stessa portata di quello dettato dall’articolo 296 TFUE, secondo cui il ragionamento dell’autore dell’atto deve risultare in modo chiaro ed inequivocabile. Detto obbligo ha il duplice scopo di consentire, da un lato, agli interessati di conoscere le giustificazioni del provvedimento adottato al fine di difendere i loro diritti e, dall’altro, al giudice dell’Unione di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla decisione. La questione se la motivazione di una decisione soddisfi tali requisiti non va valutata solo con riferimento al suo tenore letterale, ma anche al contesto e al complesso delle norme che disciplinano la materia interessata [v. sentenza del 16 luglio 2014, Langguth Erben/UAMI (Forma di una bottiglia per bevanda alcolica), T‑66/13, non pubblicata, EU:T:2014:681, punto 72 e giurisprudenza ivi citata].

41      Inoltre, qualora lo stesso impedimento sia opposto per una categoria o un gruppo di prodotti o servizi, l’autorità competente può limitarsi ad una motivazione globale per tutti i prodotti o i servizi interessati (sentenza del 15 febbraio 2007, BVBA Management, Training en Consultancy, C‑239/05, EU:C:2007:99, punto 37). Tuttavia, una siffatta facoltà si estende solo a prodotti e servizi che presentano tra loro un nesso sufficientemente diretto e concreto, al punto di formare una categoria o un gruppo di prodotti o servizi di sufficiente omogeneità. La circostanza che i prodotti o i servizi interessati rientrino nella medesima classe di per sé non basta a concludere nel senso di una siffatta omogeneità, in quanto tali classi contengono spesso una grande varietà di prodotti o servizi che non presentano necessariamente tra di essi un tale nesso sufficientemente diretto e concreto (ordinanza del 18 marzo 2010, CFCMCEE/UAMI, C‑282/09 P, EU:C:2010:153, punto 40, e sentenza del 17 ottobre 2013, Isdin/Bial-Portela, C‑597/12 P, EU:C:2013:672, punto 27).

42      Secondo la ricorrente, non sussisterebbe alcun nesso diretto e concreto, tra i prodotti e i servizi rispetto ai quali la quinta commissione di ricorso ha motivato le sue decisioni e quelli di cui al precedente punto 38, che possa giustificare un esame complessivo e unitario.

43      Occorre ricordare che la commissione di ricorso ha ritenuto che il pubblico di riferimento potesse stabilire un nesso diretto tra i marchi richiesti ed i prodotti e servizi interessati, poiché questi ultimi possono essere utilizzati per rendere operativo il metodo di pagamento che consiste nell’agitare un determinato dispositivo dinnanzi a un lettore oppure possono essere resi accessibili attraverso tale metodo. Più in particolare, essa ha considerato che i prodotti interessati rientranti nella classe 9 erano apparecchi, supporti dati e meccanismi suscettibili di includere, ad esempio, lettori di movimento necessari per effettuare il pagamento e meccanismi di registrazione e trasmissione di quest’ultimo, e che i servizi interessati rientranti nella classe 36 erano necessari per effettuare il pagamento o la transazione elettronica attivata dal gesto di movimento dell’apparecchio. Essa ha infine precisato che la totalità dei servizi interessati era suscettibile di essere resa utilizzando il metodo di pagamento in questione (decisione impugnata, punti 26 e 27).

44      La commissione di ricorso ha in tal modo fornito una motivazione globale per tutti i prodotti o i servizi rientranti nelle classi, in particolare, 9 e 36, precisando al contempo che alcuni di essi potrebbero essere utilizzati per rendere operativo il metodo di pagamento interessato e che altri potrebbero, invece, essere resi accessibili attraverso tale metodo di pagamento. Per quanto riguarda, più in particolare, la classe 9, essa ha inoltre indicato che si trattava «di apparecchi, di supporti dati e di meccanismi», coprendo in tal modo la varietà dei prodotti rientranti in detta classe.

45      Ebbene, la ricorrente non adduce alcuna argomentazione diretta a dimostrare che uno o più prodotti o servizi tra quelli ricordati al precedente punto 38 non possano essere utilizzati per rendere operativo il metodo di pagamento interessato oppure essere resi accessibili attraverso tale metodo di pagamento, e che tali prodotti e servizi non siano quindi coperti dalla motivazione globale fornita dalla commissione di ricorso. Pertanto, si deve respingere l’argomento della ricorrente secondo il quale le decisioni impugnate non sarebbero motivate per quanto riguarda detti prodotti e servizi.

46      Inoltre, non si può considerare che le due categorie così identificate ricomprendano prodotti e servizi rientranti, in particolare, nelle classi 9 e 36, che presentino tra loro differenze tali, quanto alla loro natura, alle loro caratteristiche, alla loro destinazione e alla possibilità di una loro commercializzazione, da comportare che essi non possono essere considerati costitutivi di categorie o gruppi di prodotti e di servizi con un’omogeneità sufficiente a consentire, nel caso di specie, una siffatta motivazione globale. Inoltre, si deve osservare che la motivazione della decisione impugnata contenuta nei punti da 25 a 27 delle decisioni impugnate permette di comprendere la ragione per la quale la commissione di ricorso ha ritenuto che i marchi richiesti fossero descrittivi dei prodotti e dei servizi interessati ed al Tribunale di esercitare il proprio controllo sulla fondatezza della valutazione della commissione di ricorso a tale riguardo (v. supra punti da 25 a 34).

47      Infine, la ricorrente sostiene che la motivazione delle decisioni impugnate sia contraddittoria in quanto tali decisioni non indicherebbero le ragioni per le quali la commissione di ricorso ha respinto la domanda di registrazione dei marchi richiesti per prodotti quali gli «apparecchi e strumenti d’insegnamento», rientranti nella classe 9, mentre ne ha ammesso la registrazione per il «materiale per l’istruzione o l’insegnamento», rientrante nella classe 16. Tali prodotti sarebbero chiaramente affini, sarebbero destinati ad un unico scopo e tra essi esisterebbe un nesso sufficientemente diretto e concreto, tanto da giustificare un unico impedimento alla registrazione.

48      Anche questo argomento deve essere respinto. Come è stato ricordato al precedente punto 40, l’adeguatezza della motivazione dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto. A tale riguardo, in primo luogo, occorre osservare che i prodotti menzionati dalla ricorrente al precedente punto 47 rientrano in due classi diverse, comprendenti prodotti di diversa natura. In secondo luogo, per quanto riguarda i prodotti rientranti nella classe 16, la commissione di ricorso ha respinto la domanda di registrazione dei marchi richiesti solamente per i «prodotti in carta e cartone, non compresi in altre classi» e per gli «stampati». In terzo luogo, si deve necessariamente rilevare che dalla motivazione contenuta nei punti da 25 a 27 delle decisioni impugnate emerge che la commissione di ricorso ha considerato, da un lato, che gli «apparecchi e strumenti d’insegnamento», rientranti nella classe 9, erano «suscettibili di includere, ad esempio, lettori di movimento necessari per effettuare il pagamento e meccanismi di registrazione e trasmissione di quest’ultimo» e che, per quanto li riguarda, i marchi richiesti verrebbero intesi come un’indicazione del fatto che i prodotti ed i servizi interessati potevano essere utilizzati per rendere operativo il metodo di pagamento in questione oppure essere resi accessibili attraverso tale metodo di pagamento. Dall’altro lato, dalla medesima motivazione emerge che la commissione di ricorso ha ritenuto che il pubblico di riferimento percepirebbe i marchi richiesti come descrittivi rispetto ai prodotti rientranti nella classe 16 per quanto riguarda i «prodotti cartacei come scontrini e ricevute che vengono dati al cliente una volta terminata la transazione elettronica nel modo (...) indicato» e che il «materiale per l’istruzione o l’insegnamento (tranne gli apparecchi)» non facesse parte di questi ultimi.

49      Pertanto, si deve respingere il terzo motivo.

50      Alla luce di tutto quanto precede, i ricorsi devono essere respinti integralmente.

 Sulle spese

51      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

52      La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda dell’EUIPO.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (giudice unico)

dichiara e statuisce:

1)      I ricorsi sono respinti.

2)      La Intesa Sanpaolo SpA è condannata alle spese.

 

      Prek

 

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 28 settembre 2016.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.