Language of document : ECLI:EU:C:2003:396

SENTENZA DELLA CORTE

10 luglio 2003 (1)

«Banca europea per gli investimenti (BEI) - Decisione del comitato direttivo - Ricorso di annullamento - Competenza della Corte - Art. 237 CE - Tutela degli interessi finanziari delle Comunità - Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) - Regolamenti (CE) n. 1073/1999 e (Euratom) n. 1074/1999 - Applicabilità alla BEI - Eccezioni di illegittimità - Autonomia della BEI - Fondamenti normativi - Artt. 280 CE e 203 EA - Proporzionalità - Motivazione»

Nella causa C-15/00,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dai sigg. C.W. A. Timmermans, H.P. Hartvig e C. Gómez de la Cruz, quindi dai sigg. J.-L. Dewost, H.P. Hartvig e C. Gómez de la Cruz, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

sostenuta da

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato inizialmente dal sig. M.A. Fierstra, quindi dalla sig.ra J. van Bakel, in qualità di agenti,

da

Parlamento europeo, rappresentato dai sigg. J. Schoo e H. Duintjer Tebbens, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

e da

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dalla sig.ra J. Aussant nonché dai sigg. F. van Craeyenest e F. Anton, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

intervenienti,

contro

Banca europea per gli investimenti, rappresentata inizialmente dal sig. A. Morbilli, quindi dal sig. E. Uhlmann, in qualità di agenti, assistiti dal sig. A. Barav, avocat e barrister,

convenuta,

avente ad oggetto l'annullamento della decisione del comitato direttivo della Banca europea per gli investimenti 10 novembre 1999 concernente la cooperazione con l'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF),

LA CORTE,

composta dal sig. G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, dai sigg. J.-P. Puissochet, M. Wathelet e R. Schintgen, presidenti di sezione, dai sigg. C. Gulmann, D.A.O. Edward, A. La Pergola (relatore), P. Jann e V. Skouris, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric e dai sigg. S. von Bahr e A. Rosas, giudici,

avvocato generale: sig. F.G. Jacobs


cancelliere: sig. R. Grass

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 3 luglio 2002, nel corso della quale la Commissione è stata rappresentata dal sig. M. Petite, in qualità di agente, il Regno dei Paesi Bassi dal sig. N. Bel, in qualità di agente, il Parlamento dai sigg. J. Schoo e H. Duintjer Tebbens, il Consiglio dalla sig.ra J. Aussant nonché dai sigg F. van Craeyzenest e F. Anton e la Banca europea per gli investimenti dall'avv. A. Barav,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 3 ottobre 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.
    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 19 gennaio 2000, in forza dell'art. 237, lett. b), CE e, in subordine, dell'art. 230 CE, la Commissione delle Comunità europee ha chiesto l'annullamento della decisione della Banca europea per gli investimenti 10 novembre 1999 concernente la cooperazione con l'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

2.
    Con ordinanze del presidente della Corte 7 settembre 2000, il Regno dei Paesi Bassi, il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea sono stati autorizzati ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.

Contesto normativo

Diritto primario

3.
    Ai sensi dell'art. 237, lett. b) e c), CE:

«La Corte di giustizia è competente, nei limiti sotto specificati, a conoscere delle controversie in materia di:

(...)

b)     deliberazioni del consiglio dei governatori della Banca europea per gli investimenti [in prosieguo: la “BEI”]. Ciascuno Stato membro, la Commissione e il consiglio di amministrazione della [BEI] possono proporre un ricorso in materia, alle condizioni previste dall'articolo 230,

c)     deliberazioni del consiglio di amministrazione della [BEI]. I ricorsi avverso tali deliberazioni possono essere proposti, alle condizioni fissate dall'articolo 230, soltanto dagli Stati membri o dalla Commissione e unicamente per violazione delle norme di cui all'articolo 21, paragrafo 2 e paragrafi da 5 a 7 inclusi [del protocollo sullo statuto della Banca europea per gli investimenti, allegato al presente trattato (in prosieguo: lo “statuto della BEI”)]».

4.
    L'art. 280, nn. 1-4, CE dispone:

«1.     La Comunità e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari della Comunità stessa mediante misure adottate a norma del presente articolo, che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri.

2.     Gli Stati membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari della Comunità, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari.

3.     Fatte salve altre disposizioni del presente trattato, gli Stati membri coordinano l'azione diretta a tutelare gli interessi finanziari della Comunità contro la frode. A tale fine essi organizzano, assieme alla Commissione, una stretta e regolare cooperazione tra le autorità competenti.

4.     Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251, previa consultazione della Corte dei conti, adotta le misure necessarie nei settori della prevenzione e lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari della Comunità, al fine di pervenire a una protezione efficace ed equivalente in tutti gli Stati membri. Tali misure non riguardano l'applicazione del diritto penale nazionale o l'amministrazione della giustizia negli Stati membri».

5.
    L'art. 183 A EA dispone quanto segue:

«Gli Stati membri adottano, per combattere le frodi che ledono gli interessi finanziari della Comunità, le stesse misure che adottano per combattere le frodi che ledono i loro interessi finanziari.

Fatte salve altre disposizioni del presente trattato, gli Stati membri coordinano l'azione intesa a tutelare gli interessi finanziari della Comunità contro le frodi. A tal fine essi organizzano, con l'aiuto della Commissione, una stretta e regolare cooperazione tra i servizi competenti delle rispettive amministrazioni».

6.
    Secondo l'art. 203 EA:

«Quando un'azione della Comunità risulti necessaria per il raggiungimento di uno degli scopi della Comunità, senza che il presente Trattato abbia previsto i poteri d'azione a tal uopo richiesti, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e dopo aver consultato l'assemblea, prende le disposizioni del caso».

7.
    L'art. 9 CE enuncia quanto segue:

«E' istituita una Banca europea per gli investimenti, che agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dal presente trattato e dallo statuto allegato a quest'ultimo».

8.
    Ai termini dell'art. 266, primo e secondo comma, CE:

«La [BEI] è dotata di personalità giuridica.

Sono membri della [BEI] gli Stati membri».

9.
    L'art. 267 CE dispone:

«La [BEI] ha il compito di contribuire, facendo appello al mercato dei capitali ed alle proprie risorse, allo sviluppo equilibrato e senza scosse del mercato comune nell'interesse della Comunità. A tal fine facilita, mediante la concessione di prestiti e garanzie, senza perseguire scopi di lucro, il finanziamento dei seguenti progetti in tutti i settori dell'economia:

(...)

Nello svolgimento dei suoi compiti la [BEI] facilita il finanziamento di programmi di investimento congiuntamente con gli interventi dei fondi strutturali e degli altri strumenti finanziari della Comunità».

10.
    L'art. 248, nn. 1 e 3, CE prevede:

«1.    La Corte dei conti esamina i conti di tutte le entrate e le spese della Comunità. Esamina del pari i conti di tutte le entrate e le spese di ogni organismo creato dalla Comunità, nella misura in cui l'atto costitutivo non escluda tale esame.

(...)

3.     Il controllo ha luogo tanto sui documenti quanto, in caso di necessità, sul posto, presso le altre istituzioni della Comunità, nei locali di qualsiasi organismo che gestisca le entrate o le spese per conto della Comunità e negli Stati membri, compresi i locali di persone fisiche o giuridiche che ricevano contributi a carico del bilancio.

(...)

Le altre istituzioni della Comunità, gli organismi che gestiscono le entrate o le spese per conto della Comunità, le persone fisiche o giuridiche che ricevono contributi a carico del bilancio e le istituzioni nazionali di controllo o, se queste non hanno la necessaria competenza, i servizi nazionali competenti trasmettono alla Corte dei conti, a sua richiesta, i documenti e le informazioni necessari all'espletamento delle sue funzioni.

Per quanto riguarda l'attività della [BEI] in merito alla gestione delle entrate e delle spese della Comunità, il diritto della Corte di accedere alle informazioni in possesso della [BEI] è disciplinato da un accordo tra la Corte, la [BEI] e la Commissione. In mancanza di un accordo, la Corte ha tuttavia accesso alle informazioni necessarie al controllo delle entrate e delle spese della Comunità gestite dalla [BEI]».

11.
    L'art. 4, n. 1, dello statuto della BEI recita:

«1.    Il capitale della [BEI] è (...); le quote sottoscritte rispettivamente dagli Stati membri sono le seguenti

(...)

(...)

Gli Stati membri sono responsabili soltanto fino a concorrenza dell'ammontare della loro quota di capitale sottoscritto e non versato».

12.
    L'art. 8 di tale statuto prevede:

«La [BEI] è amministrata e gestita da un Consiglio dei governatori, un Consiglio di amministrazione e un Comitato direttivo».

13.
    L'art. 14 del detto statuto così dispone:

«1.    Un Comitato, composto di tre membri nominati dal Consiglio dei governatori in ragione della loro competenza, verifica ogni anno la regolarità delle operazioni e dei libri della [BEI].

2.    Tale Comitato conferma che il bilancio ed il conto profitti e perdite sono conformi alle scritture contabili e rispecchiano esattamente la situazione della [BEI] sia all'attivo che al passivo».

14.
    L'art. 20 dello statuto della BEI prevede quanto segue:

«Nelle operazioni di prestito e garanzia la [BEI] deve osservare i seguenti principi:

1.    Vigila che i suoi fondi siano impiegati nel modo più razionale nell'interesse della Comunità.

Può accordare o garantire prestiti soltanto:

(...)

b)    quando l'esecuzione del progetto contribuisca all'incremento della produttività economica in generale e favorisca l'attuazione del mercato comune.

(...)».

Diritto derivato

15.
    L'Ufficio europeo per la lotta antifrode (in prosieguo: l'«OLAF») è stato istituito con decisione della Commissione 28 aprile 1999, 1999/352/CE, CECA, Euratom (GU L 136, pag. 20), adottata sul fondamento degli artt. 162 del Trattato CE (divenuto art. 218 CE), 16 del Trattato CECA e 131 del Trattato CEEA.

16.
    L'art. 2 della decisione 1999/352, che definisce le funzioni dell'OLAF, prevede al suo n. 1:

«L'[OLAF] esercita le competenze della Commissione in materia di indagini amministrative esterne al fine di intensificare la lotta contro la frode, la corruzione e qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari delle Comunità, nonché ai fini della lotta contro le frodi inerenti a qualsiasi fatto o atto compiuto in violazione di disposizioni comunitarie.

L'[OLAF] ha il compito di svolgere indagini amministrative interne miranti a quanto segue:

a)    lottare contro la frode, la corruzione e qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari delle Comunità,

b)    ricercare i fatti gravi, connessi con l'esercizio di attività professionali, che possano costituire un inadempimento degli obblighi dei funzionari ed agenti delle Comunità perseguibile in sede disciplinare o penale o che possano costituire inadempimento degli obblighi analoghi incombenti ai membri delle istituzioni e organi, dei dirigenti degli organismi o del personale delle istituzioni, degli organi e degli organismi cui non si applica lo statuto dei funzionari delle Comunità europee o il regime applicabile agli altri agenti.

L'[OLAF] esercita le relative competenze della Commissione, come definite dalle disposizioni dei trattati, nell'ambito, nei limiti e secondo le modalità da questi definiti.

All'[OLAF] possono essere affidate, dalla Commissione nonché dagli altri organismi, organi e istituzioni, missioni di indagine in altri settori».

17.
    L'art. 3 della decisione 1999/352 così dispone:

«L'[OLAF] esercita in piena indipendenza i poteri d'indagine di cui all'articolo 2, paragrafo 1. Nell'esercizio delle sue competenze, il direttore dell'[OLAF] non sollecita né accetta istruzioni dalla Commissione, da governi, da altre istituzioni o da organi od organismi».

18.
    L'art. 4 della decisione 1999/352 prevede quanto segue:

«E' istituito un comitato di vigilanza la cui composizione e le cui competenze sono determinate dal legislatore comunitario. Il comitato esercita un controllo regolare sull'esercizio della funzione d'indagine dell'[OLAF]».

19.
    Secondo l'art. 5 della decisione 1999/352:

«1.     L'[OLAF] è posto sotto la direzione di un direttore nominato dalla Commissione, di concerto con il Parlamento europeo e col Consiglio, per un periodo di cinque anni, rinnovabile una sola volta. (...)

2.     La Commissione esercita nei confronti del direttore i poteri spettanti all'autorità che ha il potere di nomina. I provvedimenti in forza degli articoli 87, 88 e 90 dello statuto dei funzionari delle Comunità europee sono adottati con decisione motivata della Commissione, sentito il comitato di vigilanza. La decisione viene comunicata per conoscenza al Parlamento europeo ed al Consiglio».

20.
    Ai sensi dell'art. 6 della decisione 1999/352:

«1.     Nei confronti del personale dell'[OLAF] il direttore esercita i poteri conferiti dallo statuto dei funzionari delle Comunità europee all'autorità che ha il potere di nomina e dal regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità all'autorità competente per concludere i contratti d'assunzione. (...)

2.     II direttore, sentito il comitato di vigilanza, comunica tempestivamente al direttore generale del bilancio un progetto preliminare di bilancio da iscrivere nella linea particolare del bilancio generale annuale relativo all'[OLAF].

3.     Il direttore è l'ordinatore per l'esecuzione della linea di bilancio particolare della parte A del bilancio relativa all'[OLAF e delle linee specifiche antifrode della parte B]. (...)

4.     Le decisioni della Commissione relative alla propria organizzazione interna si applicano all'[OLAF] in quanto compatibili con le disposizioni del legislatore comunitario riguardanti l'[OLAF] stesso, nonché con la presente decisione e le sue modalità d'applicazione».

21.
    In forza dell'art. 7 della decisione 1999/352, quest'ultima «ha effetto dal giorno dell'entrata in vigore del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indagini svolte dall'[OLAF]».

22.
    Il regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 25 maggio 1999, n. 1073, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) (GU L 136, pag. 1), e il regolamento (Euratom) del Consiglio 25 maggio 1999, n. 1074, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) (GU L 136, pag. 8), sono stati adottati sul fondamento, rispettivamente, dell'art. 280 CE e 203 EA.

23.
    I quattro primi ‘considerando’ dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 prevedono:

«(1)    considerando che le istituzioni e gli Stati membri attribuiscono grande importanza alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità ed alla lotta contro la frode e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari comunitari; (...)

(2)    considerando che la tutela degli interessi finanziari delle Comunità riguarda non solo la gestione degli stanziamenti di bilancio, ma si estende a qualsiasi misura che incida o possa incidere sul loro patrimonio;

(3)    considerando che è necessario dispiegare tutti i mezzi disponibili per conseguire tali obiettivi, tenuto conto in particolare del compito di svolgere indagini conferito a livello comunitario (...);

(4)    considerando che per potenziare i mezzi di lotta antifrode, la Commissione, nel rispetto del principio dell'autonomia di organizzazione interna di ciascuna istituzione, ha istituito nel suo ambito (...) l'[OLAF], incaricato di svolgere le indagini amministrative contro le frodi; che essa ha dotato l'[OLAF] di piena indipendenza nell'esercizio della sua funzione di indagine».

24.
    Il settimo ‘considerando’ dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 precisa che, «alla luce della necessità di potenziare la lotta contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari delle Comunità, l'[OLAF] deve potere effettuare indagini interne in tutte le istituzioni, tutti gli organi e tutti gli organismi istituiti dai trattati CE e Euratom o sulla base dei medesimi».

25.
    Il decimo ‘considerando’ dei medesimi regolamenti prevede che le indagini svolte dall'OLAF «devono essere condotte in base al trattato, e in particolare al protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità, nel rispetto dello statuto dei funzionari delle Comunità europee e del regime applicabile agli altri agenti [,denominato] “lo statuto” [nel presente regolamento,] nonché nel pieno rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, in particolare del principio dell'equità, del diritto della persona coinvolta a esprimersi sui fatti che la riguardano e del diritto a che la conclusione dell'indagine si fondi unicamente su elementi aventi valore probatorio». Il detto ‘considerando’ precisa inoltre che, «a tal fine le istituzioni, organi e organismi dovranno determinare le condizioni e le modalità secondo le quali devono svolgersi le indagini interne».

26.
    Ai sensi del dodicesimo ‘considerando’ dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999, «per garantire l'indipendenza dell'[OLAF] nell'esecuzione dei suoi compiti, è opportuno attribuire al suo direttore il potere di avviare le indagini di propria iniziativa».

27.
    Secondo il diciottesimo ‘considerando’ di tali regolamenti, «le indagini amministrative devono svolgersi sotto la direzione del direttore dell'[OLAF], in piena autonomia rispetto alle istituzioni, agli organi ed agli organismi e rispetto al comitato di vigilanza».

28.
    Il ventunesimo ‘considerando’ dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 precisa che «il conferimento ad un [Ufficio europeo per la lotta antifrode] indipendente del compito di svolgere indagini amministrative esterne rispetta appieno il principio di sussidiarietà» e che «attraverso l'attività di un simile [Ufficio europeo per la lotta antifrode] si potrà rendere più efficace la lotta contro le frodi, la corruzione ed ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità e che in tal modo si rispetta anche il principio di proporzionalità».

29.
    L'art. 1 del regolamento n. 1073/1999 prevede alla stregua dell'art. 1 del regolamento n. 1074/1999 per quanto riguarda la Comunità europea dell'energia atomica:

«1.    Al fine di potenziare la lotta contro le frodi, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità europea, l'[OLAF] esercita le competenze di indagine conferite alla Commissione dalla normativa comunitaria e dagli accordi vigenti in questi settori.

(...)

3.    All'interno delle istituzioni, degli organi e degli organismi istituiti dai trattati o sulla base di questi ultimi (...) denominati: “le istituzioni, gli organi e gli organismi” [dal presente regolamento] l'[OLAF] svolge le indagini amministrative volte a:

-    lottare contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità europea;

-    ricercare a tal fine i fatti gravi, connessi all'esercizio di attività professionali, che possono costituire un inadempimento agli obblighi dei funzionari e agenti delle Comunità, perseguibile in sede disciplinare o penale o un inadempimento agli obblighi analoghi dei membri delle istituzioni e degli organi, dei dirigenti degli organismi o del personale delle istituzioni, degli organi e degli organismi cui non si applica lo statuto».

30.
    Secondo l'art. 2 dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999:

«Ai sensi del presente regolamento si intende per “indagine amministrativa” [(...) denominata “indagine” (da questo regolamento)], l'insieme dei controlli, delle verifiche e delle operazioni che gli agenti dell'[OLAF] svolgono nell'esercizio delle loro funzioni, a norma degli articoli 3 e 4, al fine di conseguire gli obiettivi definiti all'articolo 1 e di accertare, ove opportuno, l'irregolarità delle attività controllate. Queste indagini non incidono sulla competenza degli Stati membri in materia di azione penale».

31.
    Sotto la rubrica «Indagini interne», l'art. 4 dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 dispone:

«1.    Nei settori di cui all'articolo 1, l'[OLAF] svolge le indagini amministrative all'interno delle istituzioni, degli organi e degli organismi (...) denominate [dal presente regolamento] “le indagini interne”).

Tali indagini interne sono condotte nel rispetto delle norme dei trattati, in particolare del protocollo sui privilegi e sulle immunità, nonché dello statuto, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dal presente regolamento nonché dalle decisioni adottate da ciascuna istituzione, organo od organismo. Le istituzioni si concertano sulla disciplina da istituire con tali decisioni.

2.    Nel rispetto delle disposizioni di cui al primo paragrafo:

-    l'[OLAF] ha accesso senza preavviso e senza ritardo a qualsiasi informazione in possesso delle istituzioni, degli organi o degli organismi nonché ai locali dei medesimi. L'[OLAF] ha la facoltà di controllare la contabilità delle istituzioni, degli organi e degli organismi. L'[OLAF] può riprodurre e ottenere estratti di qualsiasi documento e del contenuto di qualsiasi supporto di dati in possesso delle istituzioni, degli organi e degli organismi ed all'occorrenza prendere possesso di questi documenti o informazioni per evitare qualsiasi rischio di sottrazione,

-    l'[OLAF] può chiedere informazioni orali ai membri delle istituzioni e degli organi, ai dirigenti degli organismi, nonché al personale delle istituzioni, degli organi e degli organismi.

(...)

4.    Le istituzioni, gli organi e gli organismi sono informati quando agenti dell'[OLAF] svolgono un'indagine nei loro locali e quando consultano un documento o chiedono un'informazione in possesso di queste istituzioni, organi e organismi.

5.    Qualora dalle indagini emerga la possibilità di un coinvolgimento individuale di un membro, di un dirigente, di un funzionario od agente, l'istituzione, l'organo o l'organismo di appartenenza ne è informato.

Nei casi che richiedano che sia mantenuto il segreto assoluto ai fini dell'indagine o che esigano il ricorso a mezzi d'investigazione di competenza di un'autorità giudiziaria nazionale, questa informazione può essere differita.

6.    Fatte salve le norme dei trattati, in particolare del protocollo sui privilegi e sulle immunità, nonché le disposizioni dello statuto, la decisione adottata da ogni istituzione, organo o organismo, di cui al primo paragrafo, contiene norme riguardanti in particolare:

a)    l'obbligo per i membri, funzionari ed agenti delle istituzioni e degli organi, nonché per i dirigenti, funzionari e agenti degli organismi, di cooperare con gli agenti dell'[OLAF] e di informarli;

b)    le procedure che gli agenti dell'[OLAF] devono osservare nell'esecuzione delle indagini interne nonché le garanzie dei diritti delle persone interessate da un'indagine interna».

32.
    L'art. 5, secondo comma, dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 prevede:

«Le indagini interne sono avviate con decisione del direttore dell'[OLAF], di propria iniziativa o su richiesta dell'istituzione, dell'organo o dell'organismo in cui dovranno svolgersi».

33.
    L'art. 6 di tali regolamenti, intitolato «Esecuzione delle indagini», così dispone:

«1.    Il direttore dell'[OLAF] dirige l'esecuzione delle indagini.

2.    Per eseguire i loro compiti, gli agenti dell'[OLAF] presentano una procura scritta, indicante la loro identità e qualifica.

3.    Gli agenti dell'[OLAF] incaricati di un'indagine devono essere muniti, per ogni loro intervento, di un mandato scritto del direttore, indicante l'oggetto della medesima.

4.    Nel corso dei controlli e delle verifiche in loco, gli agenti dell'[OLAF] si comportano conformemente alle regole e agli usi vigenti per i funzionari dello Stato membro interessato, allo statuto nonché alle decisioni di cui all'articolo 4, paragrafo 1, secondo comma.

5.    Le indagini si svolgono in modo continuativo per un periodo di tempo che deve essere proporzionato alle circostanze ed alla complessità del caso.

6.    Gli Stati membri provvedono affinché le loro autorità competenti, secondo le disposizioni nazionali, forniscono agli agenti dell'[OLAF] il contributo necessario all'assolvimento dei loro compiti. Le istituzioni e gli organi provvedono affinché i loro membri e il loro personale, e gli organismi provvedono affinché i loro dirigenti forniscano agli agenti dell'[OLAF] il contributo necessario all'assolvimento dei loro compiti».

34.
    Ai sensi dell'art. 7 dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999, intitolato «Obbligo di informare l'[OLAF]»:

«1.    Le istituzioni, gli organi e gli organismi comunicano senza indugio all'[OLAF] qualsiasi informazione relativa a eventuali casi di frode o di corruzione o ad ogni altra attività illecita.

2.    Le istituzioni, gli organi e gli organismi, nonché gli Stati membri nei limiti consentiti dal diritto nazionale, trasmettono su richiesta dell'[OLAF] o di propria iniziativa, ogni documento e informazione di cui dispongono, relativi ad una indagine interna in corso.

(...)

3.    Le istituzioni, gli organi e gli organismi, nonché gli Stati membri nei limiti consentiti dal diritto nazionale, trasmettono inoltre all'[OLAF] ogni documento e informazione in loro possesso ritenuti pertinenti, relativi alla lotta contro le frodi, contro la corruzione e contro ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari delle Comunità».

35.
    L'art. 8 dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 enuncia alcune regole per garantire la riservatezza e la tutela dei dati ottenuti nell'ambito delle indagini.

36.
    L'art. 9 dei detti regolamenti così prevede:

«1.    Al termine di un'indagine, l'[OLAF] redige sotto l'autorità del direttore una relazione che contiene in particolare i fatti accertati, l'eventuale indicazione del danno finanziario e le conclusioni dell'indagine, incluse le raccomandazioni del direttore dell'[OLAF] sui provvedimenti da prendere.

2.    Queste relazioni sono redatte tenendo conto delle prescrizioni di procedura previste nella legislazione nazionale dello Stato membro interessato. Le relazioni così elaborate costituiscono elementi di prova nei procedimenti amministrativi o giudiziari dello Stato membro nel quale risulti necessario avvalersene al medesimo titolo e alle medesime condizioni delle relazioni amministrative redatte dagli ispettori amministrativi nazionali. Le relazioni sono soggette alle medesime regole di valutazione riguardanti le relazioni amministrative nazionali e hanno valore identico ad esse.

(...)

4.    La relazione redatta in seguito a un'indagine interna ed ogni documento utile ad essa pertinente sono trasmessi all'istituzione, all'organo o all'organismo interessato. Le istituzioni, gli organi e gli organismi danno alle indagini interne il seguito richiesto dalle risultanze ottenute, in particolare sul piano disciplinare e giudiziario, e ne informano il direttore dell'[OLAF] entro la scadenza fissata da quest'ultimo nelle conclusioni della sua relazione».

37.
    L'art. 11 dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 dispone quanto segue:

«1.    Il comitato di vigilanza, controllando regolarmente l'esecuzione della funzione di indagine, garantisce l'indipendenza dell'[OLAF].

(...)

2.    Esso è composto da cinque personalità esterne indipendenti, in possesso nei rispettivi paesi dei requisiti necessari per l'esercizio di alte funzioni in rapporto col settore di attività dell'[OLAF]. Esse sono nominate di comune accordo dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione.

(...)

5.    Nell'adempimento dei loro doveri, [i membri del comitato di vigilanza] non sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo, istituzione, organo od organismo.

(...)

7.    Il direttore trasmette ogni anno al comitato di vigilanza il programma delle attività dell'[OLAF] di cui all'articolo 1 del presente regolamento. Il direttore tiene regolarmente informato il comitato delle attività dell'[OLAF], delle sue indagini, dei loro risultati e dei provvedimenti conseguenti alle indagini. Nei casi in cui un'indagine sia in corso da più di nove mesi il direttore informa il comitato di vigilanza delle ragioni che non permettono ancora di concludere l'indagine e del prevedibile periodo di tempo necessario per concluderla. Il direttore informa il comitato dei casi in cui l'istituzione, l'organo o l'organismo interessato non hanno dato seguito alle raccomandazioni che egli ha formulato. Il direttore informa il comitato dei casi che rendono necessaria la trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie di uno Stato membro.

8.    Il comitato di vigilanza adotta almeno una relazione sulle attività ogni anno e lo trasmette alle istituzioni. Il comitato può presentare relazioni al Parlamento europeo, al Consiglio[,] alla Commissione e alla Corte dei conti sui risultati e i provvedimenti conseguenti alle indagini svolte dall'[OLAF]».

38.
    L'art. 12 dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 riguarda il direttore dell'OLAF. Oltre a ripetere talune precisioni contenute nella decisione 1999/352, esso così prevede al suo n. 3:

«Il direttore non sollecita né accetta istruzioni da alcun governo, istituzione, organo od organismo nell'adempimento dei doveri relativi all'avvio ed allo svolgimento delle indagini esterne ed interne ed alla presentazione delle relazioni redatte su conclusione delle stesse. Qualora il direttore ritenga che un provvedimento adottato dalla Commissione comprometta la propria indipendenza può presentare ricorso contro la propria istituzione davanti alla Corte di giustizia.

Il direttore riferisce regolarmente al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione e alla Corte dei conti sui risultati delle indagini svolte dall'[OLAF], nel rispetto della riservatezza delle medesime nonché dei diritti legittimi delle persone interessate e, ove opportuno, delle norme nazionali in materia di procedimenti giudiziari.

Queste istituzioni assicurano il rispetto della riservatezza delle indagini svolte dall'[OLAF], dei diritti legittimi delle persone interessate e, in caso di procedimenti giudiziari pendenti, di tutte le norme nazionali ad essi relative».

39.
    Ai sensi dell'art. 14 dei medesimi regolamenti:

«Fino alla modifica dello statuto, ogni funzionario e altro agente delle Comunità europee può presentare al direttore dell'[OLAF], secondo le modalità di cui all'articolo 90, paragrafo 2, dello statuto, un reclamo contro un atto che gli arrechi pregiudizio, compiuto dall'[OLAF] nell'ambito di un'indagine interna. Alle decisioni adottate su tali reclami si applica l'articolo 91 dello statuto.

Queste disposizioni si applicano analogamente al personale delle istituzioni, degli organi e degli organismi cui non si applica lo statuto».

40.
    Il 25 maggio 1999 il Parlamento, il Consiglio e la Commissione hanno concluso un accordo interistituzionale relativo alle indagini interne svolte dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (GU L 136, pag. 15; in prosieguo: l'«accordo interistituzionale»). Con questo accordo le dette istituzioni convengono «di adottare una disciplina comune che comprenda i provvedimenti esecutivi necessari per agevolare il regolare svolgimento delle indagini svolte dall'[OLAF] al loro interno», nonché «di avviare tale disciplina e di applicarla immediatamente con una decisione interna conforme al modello allegato al presente accordo e di non discostarsi da tale modello, se non quando particolari esigenze a loro proprie lo impongano per necessità tecniche».

41.
    L'accordo interistituzionale precisa che «[l]e altre istituzioni, nonché gli organi e gli organismi istituiti dai trattati CE e CEEA o sulla base degli stessi, sono invitati ad aderire al presente accordo mediante una dichiarazione che ciascuno di essi trasmette ai presidenti delle istituzioni firmatarie, congiuntamente».

Decisione impugnata

42.
    La decisione impugnata non è stata pubblicata. Tuttavia il 16 novembre 1999 il presidente della BEI ne ha comunicato il testo inglese ai presidenti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione.

43.
    Dopo aver fatto riferimento alla decisione 1999/352, il preambolo della decisione impugnata dichiara che la BEI, pur «[r]iaffermando il suo impegno a mantenere un sistema di controllo interno efficace e completo, che comprende misure contro le frodi», «valuta positivamente gli obiettivi dell'OLAF e la possibilità di cooperare con esso». Il detto preambolo precisa inoltre che la decisione impugnata è stata adottata «[t]enendo conto del contesto giuridico della BEI come istituto Trattato CE e [dallo statuto della BEI]».

44.
    La decisione impugnata è suddivisa in due parti. La parte I della decisione impugnata, intitolata «Indagini su frodi connesse alle operazioni gestite dalla [BEI] su mandato della Comunità e implicanti spese a carico del bilancio comunitario», si applica «alle operazioni svolte dalla [BEI] su mandato della Comunità che comportano, o comporteranno, nel normale corso degli eventi, spese a carico dei fondi del bilancio comunitario» e «alle operazioni svolte dalla [BEI] con le risorse del Fondo europeo di sviluppo, purché la [BEI] confermi adeguatamente che il [detto] Fondo è soggetto al controllo dell'OLAF» (in prosieguo, per tutte: le «operazioni di tipo I»). La parte II della decisione impugnata concerne le indagini relative a frodi «connesse ad operazioni della BEI diverse da quelle di cui alla parte I» (in prosieguo: le «operazioni di tipo II»).

45.
    Il punto 4 della parte I della decisione impugnata recita come segue:

«Procedure applicabili

I sospetti casi di frode commessi dal personale della BEI o dei suoi organi direttivi, nel quadro delle operazioni [di tipo I] sono trattati conformemente alle procedure e alle norme generali applicabili alla [BEI] per quanto riguarda la segnalazione dei casi sospetti, le relative indagini, la comunicazione dei risultati delle indagini al comitato di verifica e, ove occorra, agli altri organi della [BEI], nonché dei provvedimenti da adottare in base all'indagine».

46.
    Il punto 5 della parte I della decisione impugnata precisa quanto segue:

«Avvio delle indagini su iniziativa dell'OLAF

Inoltre, qualora il direttore dell'OLAF informi il presidente [della BEI] su un caso sospetto che coinvolge un membro del personale della BEI o dei suoi organi direttivi e riguarda una presunta frode connessa ad una delle operazioni in questione, il presidente della [BEI] sottopone senza indugio la questione al capo del servizio di audit interno affinché svolga un'indagine».

47.
    Il punto 6 della parte I della decisione impugnata prevede quanto segue:

«Relazione all'OLAF

La relazione del capo del servizio di audit interno sui risultati dell'indagine e sui provvedimenti adottati, oltre ad essere normalmente comunicata al comitato di verifica in base alla procedura ordinaria, è trasmessa immediatamente anche al direttore dell'OLAF, unitamente alla richiesta di presentare le sue eventuali osservazioni:

i)    nei casi menzionati al punto 5, e

ii)    negli altri casi menzionati al punto 4, qualora siano state fornite prove di attività illecite».

48.
    Il punto 7 della parte I della decisione impugnata stabilisce:

«Osservazioni dell'OLAF

Le osservazioni del direttore dell'OLAF riguardanti le relazioni menzionate al punto 6, trasmesse al presidente della [BEI], sono comunicate al capo del servizio di audit interno e al comitato di verifica. Il presidente della [BEI] informa tempestivamente il direttore dell'OLAF in merito a successivi provvedimenti».

49.
    Il punto 9 della parte I della decisione impugnata così prevede:

«Esame di richieste di collaborazione

Qualora, nel corso delle sue indagini relative a operazioni [di tipo I], l'OLAF chieda di avere accesso ad informazioni in possesso della [BEI], e qualora il direttore dell'OLAF rivolga al presidente [di questa] una richiesta in cui precisa le circostanze delle indagini e la necessità di informazioni o di altri tipi di collaborazione, il presidente della [BEI] assicura che venga tempestivamente fornita una risposta. Il comitato di verifica è informato della richiesta e della risposta fornita o da fornire, a seconda dei casi».

50.
    Il punto 10 della parte I della decisione impugnata stabilisce quanto segue:

«Provvedimenti

In funzione della richiesta e delle circostanze di ciascun caso, il presidente della [BEI]:

-    autorizza i servizi della [BEI] a fornire determinati documenti o altre informazioni, e/o

-    ordina al capo del servizio di audit interno di svolgere un'indagine e di trasmettere una relazione all'OLAF; o

-    autorizza i servizi della [BEI] a dare all'OLAF accesso a determinati documenti o ad altre informazioni, fatte salve le condizioni e/o altre garanzie da definirsi.

Nel far ciò, il presidente cerca di mantenere con l'OLAF la massima collaborazione possibile secondo quanto previsto dalla [presente] decisione».

51.
    Il punto 11 della parte I della decisione impugnata dispone quanto segue:

«Qualora, in relazione alle operazioni [di tipo I], la [BEI] constati circostanze che, a suo parere, possono costituire prove o indizi di frodi commesse all'esterno della [BEI] che ledano gli interessi finanziari della Comunità, e qualora tali circostanze rientrino nei poteri di indagine dell'OLAF, il direttore dell'OLAF è informato di tali circostanze dal presidente della [BEI], che offre la massima collaborazione della [stessa] per ogni eventuale indagine».

52.
    Per quanto riguarda le operazioni di tipo II, la parte II della decisione impugnata stabilisce quanto segue:

«1)    Si continua ad applicare la disciplina attualmente stabilita dalle norme di procedura seguite normalmente dalla [BEI] nelle indagini su sospetti casi di frode che coinvolgono membri del suo personale o dei suoi organi direttivi.

2)    Nell'ambito di tali procedure, che prevedono il ricorso ad assistenza o a perizie esterne, la [BEI] prevede di avvalersi dell'assistenza dell'OLAF e cercherà di stabilire con esso le modalità di intervento adeguate».

Oggetto del ricorso

53.
    Con il presente ricorso la Commissione chiede l'annullamento della decisione impugnata in quanto essa violerebbe i regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999, in particolare l'art. 4 dei medesimi.

54.
    Essa sostiene, in sostanza, che la decisione impugnata non riconosce i poteri attribuiti all'OLAF per quanto riguarda lo svolgimento di indagini amministrative riservando la possibilità di condurre indagini all'interno della BEI ai soli servizi interni di quest'ultima. Tale decisione violerebbe anche il diritto di accesso dell'OLAF alle informazioni in possesso della BEI assoggettando tale accesso, in ogni singolo caso, a un'autorizzazione del presidente della BEI e a modalità da definire da parte di quest'ultimo.

55.
    Secondo la Commissione, il regime istituto dalla decisione impugnata implica quindi una negazione dei poteri dell'OLAF e, fondamentalmente, dell'applicabilità dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 alla BEI. Inoltre, la detta decisione non rappresenterebbe affatto una soddisfacente misura d'attuazione dell'art. 4, n. 6, dei detti regolamenti.

Sulla competenza della Corte e sulla ricevibilità

56.
    La Commissione fonda il proprio ricorso, in via principale, sull'art. 237, lett. b), CE, il quale prevede che le deliberazioni del consiglio dei governatori della BEI (in prosieguo: il «consiglio dei governatori») possono formare oggetto di un ricorso di annullamento dinanzi alla Corte. Infatti, benché adottata dal comitato direttivo della BEI (in prosieguo: il «comitato direttivo»), la decisione impugnata rientra, secondo la Commissione, nella competenza del consiglio dei governatori. Supponendo quindi che la detta decisione si fondi su una delega conferita dal comitato dei governatori, la Commissione ritiene che un atto del genere sia imputabile a quest'ultimo e che, quindi, possa essere impugnato in base all'art. 237, lett. b), CE.

57.
    In subordine, la Commissione fonda il proprio ricorso sull'art. 230 CE. A suo parere, risulterebbe infatti dalla giurisprudenza della Corte che l'art. 237 CE non disciplina esaustivamente la competenza di quest'ultima nei confronti della BEI. Nel ricordare che la BEI fa parte dell'ordinamento giuridico comunitario, la Commissione ritiene che sarebbe incompatibile con la qualifica di comunità di diritto che caratterizza la Comunità europea l'eventualità che possa sottrarsi al controllo della Corte un atto quale la decisione impugnata, che vanificherebbe le intenzioni del legislatore comunitario nel settore della tutela degli interessi finanziari della Comunità e rappresenterebbe l'espressione di un conflitto di fondo di natura «quasi costituzionale».

58.
    La BEI contesta, a vario titolo, la competenza della Corte. Essa conclude anche per l'irricevibilità del ricorso.

Sulla competenza della Corte a conoscere del ricorso in forza dell'art. 237, lett. b), CE

59.
    La BEI sostiene, in primo luogo, che il presente ricorso non può validamente fondarsi sull'art. 237, lett. b), CE.

60.
    Secondo la BEI, la mancata menzione, in tale disposizione, delle decisioni del comitato direttivo rifletterebbe l'intenzione degli autori del Trattato CE di sottrarre tali atti a qualsiasi controllo della Corte. Inoltre, la decisione impugnata sarebbe stata validamente adottata da tale comitato nel regolare esercizio delle sue competenze.

61.
    La BEI si riferisce, al riguardo, all'art. 13, nn. 3 e 8, dello statuto della BEI il quale così recita:

«3.    Il Comitato direttivo provvede alla gestione degli affari d'ordinaria amministrazione della [BEI], sotto l'autorità del presidente e sotto il controllo del Consiglio d'amministrazione.

Esso prepara le decisioni del Consiglio d'amministrazione, in particolare per la conclusione di prestiti e la concessione di crediti e garanzie; assicura l'esecuzione di tali decisioni.

(...)

8. Il Comitato direttivo e il personale della [BEI] sono responsabili soltanto nei confronti di quest'ultima ed esercitano le loro funzioni in piena indipendenza».

62.
    Occorrerebbe in particolare tener conto del fatto che il consiglio dei governatori è stato regolarmente informato dell'andamento dei lavori che hanno condotto all'adozione della decisione impugnata e che il detto consiglio non ha rivendicato, in nessun momento, la competenza ad adottare tale decisione. Benché il consiglio di amministrazione della BEI abbia il compito, ai sensi dell'art. 11 dello statuto della BEI, di provvedere alla conformità della gestione di quest'ultima con il Trattato CE, esso non avrebbe espresso dubbi nemmeno in merito alla competenza del comitato direttivo.

63.
    Non avendo accertato uno sviamento di potere o di procedura in capo agli organi della BEI, la Commissione non avrebbe motivo di affermare che la BEI ha tentato di eludere il sistema di tutela giurisdizionale istituito dal Trattato CE. Inoltre, anche ove ci fosse stato sviamento di potere da parte del comitato direttivo, spetterebbe unicamente alle istanze superiori della BEI di occuparsi della questione, all'interno del sistema di «buon governo» autonomo istituito dallo statuto della BEI.

64.
    La BEI sostiene inoltre che la tesi della Commissione secondo la quale la decisione impugnata si fonderebbe su una delega di competenze conferita dal consiglio dei governatori al comitato direttivo non è confortata né dallo statuto della BEI né dal suo regolamento interno.

65.
    Gli argomenti della BEI non possono essere accolti.

66.
    Infatti, occorre constatare che un atto quale la decisione impugnata non può rientrare nella «gestione degli affari d'ordinaria amministrazione della [BEI]» ai sensi dell'art. 13, n. 3, dello statuto della BEI, né, in generale, nella sfera di competenza propria del comitato direttivo.

67.
    Come rilevato dalla Commissione, l'art. 9, n. 3, lett. h), dello statuto della BEI precisa che spetta al consiglio dei governatori approvarne il regolamento interno. Orbene, va ricordato che tale regolamento interno ha lo scopo di organizzare il funzionamento interno dei servizi ai fini du una buona amministrazione (v., in particolare, sentenza 7 maggio 1991, causa C-69/89, Nakajima/Consiglio, Racc. pag. I-2069, punto 49). Ne consegue che, all'interno della BEI, di regola è il consiglio dei governatori che è investito del potere di organizzazione interna e che, quindi, è competente ad adottare i provvedimenti adeguati a garantire il funzionamento interno della BEI ai fini di una buona amministrazione di quest'ultima (v., per analogia, sentenza 30 aprile 1996, causa C-58/94, Paesi Bassi/Consiglio, Racc. pag. I-2169, punto 37).

68.
    Orbene, è giocoforza constatare che un'istituzione o un organo comunitario elabora procedure di controllo della regolarità delle operazioni effettuate al suo interno, in particolare per garantirne il buon funzionamento. L'adozione di misure del genere può rientrare nell'ambito dell'organizzazione interna di detta istituzione o di detto organismo (v., a proposito di misure dirette a garantire il buon utilizzo di fondi messi a disposizione dei gruppi politici del Parlamento, sentenza 23 aprile 1986, causa 294/83, Les Verts/Parlamento, Racc. pag. 1339, punto 47), salvi restando i limiti che il diritto comunitario può imporre al riguardo (v., per analogia, sentenza 28 novembre 1991, cause riunite C-213/89 e 39/89, Lussemburgo/Parlamento, Racc. pag. I-5643, punto 34).

69.
    A tale proposito si può del resto rilevare che il regolamento interno della BEI contiene un capitolo V che è diretto proprio a precisare la composizione, le regole di funzionamento e i poteri d'indagine del comitato di verifica della BEI, il cui compito consiste, ai sensi dell'art. 14 dello statuto della BEI, nel verificare ogni anno la regolarità delle operazioni e dei libri di quest'ultima.

70.
    Tenuto conto di quanto precede, la Commissione ha giustamente sostenuto che la decisione impugnata, volta a stabilire le modalità della cooperazione con l'OLAF per quanto riguarda la trasmissione di informazioni su eventuali attività fraudolente e la conduzione di indagini su tali attività all'interno della BEI, rientra nell'ambito di competenza del consiglio dei governatori e non in quello del comitato direttivo.

71.
    Ciò premesso, la competenza della Corte a conoscere del presente ricorso di annullamento sulla base dell'art. 237, lett. b), CE non può essere contestata.

72.
    In particolare, è irrilevante sapere se, come suggerisce la Commissione, per stabilire tale competenza la decisione impugnata sia imputabile al consiglio dei governatori perché esiste una delega di poteri, formale o informale, rilasciata al comitato direttivo oppure se il detto comitato abbia, eventualmente, agito senza esserne autorizzato. Sono del pari irrilevanti, ai fini di accertare la detta competenza, la circostanza che l'art. 237, lett. b), CE non riguarda gli atti del comitato direttivo nonché il fatto che l'art. 13, n. 8, dello statuto della BEI prevede che il comitato direttivo è responsabile solo nei confronti di quest'ultima.

73.
    Infatti, assoggettando le deliberazioni del consiglio dei governatori al controllo della Corte, l'art. 237, lett. b), CE è inteso segnatamente ad assicurare che tutti gli atti adottati dalla BEI e rientranti nella sfera di competenza del detto consiglio possano essere deferiti alla Corte.

74.
    Di conseguenza, un'interpretazione dell'art. 237, lett. b), CE che escludesse un atto del genere da quelli impugnabili sulla base di tale disposizione solo perché il detto atto è stato adottato da un altro organo della BEI, quale il comitato direttivo, comporterebbe un esito contrario allo spirito della detta disposizione, e ciò indipendentemente dal fatto che l'adozione dell'atto di cui trattasi sia o meno la conseguenza di una volontaria modifica da parte della BEI del suo processo decisionale.

75.
    Inoltre, un'interpretazione del genere negherebbe anche il fatto che la Comunità europea è una comunità di diritto nel senso che né gli Stati che ne fanno parte, né le sue istituzioni sono sottratti al controllo della conformità dei loro atti alla Carta costituzionale costituita dal Trattato CE e che il Trattato stesso ha istituito un sistema completo di rimedi giuridici e di procedimenti inteso ad affidare alla Corte di giustizia il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni (v., in particolare, sentenza 23 marzo 1993, causa C-314/91, Weber/Parlamento, Racc. pag. I-1093, punto 8, e giurisprudenza citata). A tale proposito occorre infatti ricordare che, benché non sia un'istituzione della Comunità europea, la BEI è nondimeno un organismo comunitario istituito e munito di personalità giuridica dal Trattato CE (v., in particolare, sentenze 15 giugno 1976, causa 110/75, Mills/BEI, Racc. pag. 955, punto 14; 3 marzo 1988, causa 85/86, Commissione/BEI, Racc. pag. 1281, punto 24, e 2 dicembre 1992, causa C-370/89, SGEEM e Etroy/BEI, Racc. pag. I-6211, punto 13) e che, a questo titolo, essa è soggetta al controllo della Corte, segnatamente secondo quanto previsto dall'art. 237, lett. b), CE.

Sull'art. 230 CE

76.
    In secondo luogo, la BEI contesta la competenza della Corte a conoscere di un ricorso diretto contro propri atti ai sensi dell'art. 230 CE. Al riguardo essa richiama principalmente l'esigenza di assicurare un effetto utile alla lex specialis che rappresenterebbe, rispetto a tale disposizione, l'art. 237 CE.

77.
    Tuttavia, poiché la Commissione ha richiamato l'art. 230 CE solamente in subordine e poiché la decisione impugnata costituisce, come risulta dai punti 66-75 della presente sentenza, un atto che può formare oggetto di ricorso ai sensi dell'art. 237, lett. b), CE, non è necessario esaminare, nell'ambito della presente causa, se il ricorso possa essere diretto avverso un atto del comitato direttivo sulla base del detto art. 230.

Sulla competenza della Corte a conoscere di un ricorso fondato sulla violazione del regolamento n. 1074/1999

78.
    In terzo luogo, la BEI dal momento che il Trattato CEEA in generale e l'art. 146 EA, relativo alla competenza della Corte, in particolare, non contengono alcun riferimento alla BEI, sostiene che, la Corte non è competente a conoscere del presente ricorso nella parte in cui esso è diretto all'annullamento della decisione impugnata per violazione del regolamento n. 1074/1999

79.
    Neanche tale argomento può essere accolto.

80.
    Infatti, come in precedenza accertato, l'art. 237, lett. b), CE attribuisce alla Corte la competenza ad annullare un atto quale la decisione impugnata.

81.
    E' senza dubbio vero che l'art. 237, lett. b), CE dispone che la Commissione, ciascuno Stato membro e il consiglio di amministrazione della BEI possono proporre ricorsi del genere alle condizioni previste dall'art. 230 CE e che quest'ultima disposizione conferisce in particolare alla Corte la competenza a pronunciarsi sui ricorsi per «violazione del presente trattato o di qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione».

82.
    A tale proposito, è comunque sufficiente ricordare che risulta dalla giurisprudenza della Corte che la necessità di un sindacato completo e coerente della legittimità impone di interpretare l'art. 230 CE nel senso che esso non può escludere la competenza della Corte ad esaminare, nell'ambito di un ricorso mirante all'annullamento di un atto fondato su una disposizione del Trattato CE, una censura basata sull'inosservanza del Trattato CEEA (sentenza 29 marzo 1990, causa C-62/88, Grecia/Consiglio, Racc. pag. I-1527, punto 8).    

Sull'argomento secondo il quale il ricorso sarebbe diretto a denunciare una carenza della BEI

83.
    In quarto luogo, la BEI sostiene che il ricorso è irricevibile in quanto sarebbe in realtà diretto a denunciare una carenza della BEI, vale a dire la mancata adozione da parte sua di una decisione che garantisse l'attuazione corretta dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999.

84.
    A tale riguardo, è sufficiente rilevare che, come segnatamente indicato dalla Commissione nella sua replica, il ricorso è diretto ad ottenere l'annullamento della decisione impugnata in quanto questa creerebbe un sistema distinto da quello stabilito dai regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999, il quale escluderebbe, contravvenendo ai detti regolamenti, in particolare al loro art. 4, la competenza dell'OLAF a condurre indagini interne alla BEI e non riconoscerebbe il diritto di quest'ultimo di accedere ai documenti e alle informazioni in possesso della BEI.

85.
    Dall'insieme delle considerazioni che precedono risulta che la Corte è competente a conoscere del presente ricorso in forza dell'art. 237, lett. b), CE e che il detto ricorso è ricevibile.

Sull'applicabilità dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999

86.
    La BEI conclude per il rigetto del ricorso della Commissione. A suo parere, i regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 vanno dichiarati inapplicabili a vario titolo.

87.
    Essa sostiene inoltre, a questo proposito, che i detti regolamenti ledono lo status di autonomia di cui essa beneficia in forza del Trattato CE, che essi non sono stati adottati sul fondamento normativo appropriato e che violano sia il principio di proporzionalità che l'obbligo di motivazione.

Sull'autonomia della BEI

Argomenti della BEI

88.
    Con il suo primo motivo di difesa, la BEI sostiene che lo status di autonomia di cui essa gode in forza del Trattato CE è tale da sottrarla all'applicazione dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999.

89.
    La BEI sostiene in sostanza che il fatto di essere munita, come emergerebbe dall'art. 266 CE e dallo statuto della BEI, di una personalità giuridica distinta da quella della Comunità europea, di organi amministrativi e gestionali nonché di risorse e di un bilancio propri indica che gli autori del Trattato CE hanno inteso garantirle un'autonomia gestionale e operativa. Tale autonomia condizionerebbe la capacità di iniziativa e l'efficace funzionamento della BEI, nonché la sua credibilità sui mercati. Essa consentirebbe inoltre di evitare che la responsabilità della Comunità europea possa essere chiamata in causa, limitando al contempo quella degli Stati membri al loro apporto di azionisti.

90.
    La detta autonomia sarebbe attestata anche dagli artt. 248, nn. 1 e 3, CE nonché 14 dello statuto della BEI. Da un lato, infatti, tali disposizioni indicherebbero che il controllo della Corte dei conti è limitato alle attività di gestione della BEI riguardanti entrate e spese comunitarie, il che, secondo la BEI, rappresenta solamente il 10% del suo volume di attività, mentre le altre attività di gestione della BEI competerebbero unicamente al comitato di verifica di quest'ultima. Dall'altro, emergerebbe dall'art. 248, n. 3, CE che financo il diritto di accesso della Corte dei conti alle informazioni in possesso della BEI relativamente alle sue attività di gestione di entrate e di spese comunitarie è soggetto al rispetto di condizioni da adottare tramite un accordo tra la Commissione, la Corte dei conti e la BEI.

91.
    Secondo la BEI tale status di autonomia osta a che il legislatore comunitario, in mancanza di disposizioni dei trattati che l'autorizzino in tal senso, possa assoggettare la BEI ai poteri d'indagine dell'OLAF.

92.
    Il detto status nonché il fatto che le attività della BEI sono di natura bancaria imporrebbero, per contro, che quest'ultima possa istituire un suo proprio sistema di lotta contro la frode. In particolare, sarebbe essenziale per la BEI essere in grado di garantire agli investitori che essa agisce in piena indipendenza.

93.
    Orbene, i poteri attribuiti all'OLAF per avviare un'indagine interna, il suo diritto di accesso ai locali, quello di riprodurre e di ottenere estratti di qualsiasi documento in possesso delle istituzioni, degli organi e organismi comunitari nonché l'obbligo per il personale di cooperare con l'OLAF e di comunicargli informazioni in possesso di tali istituzioni, organi e organismi implicherebbero, per quanto riguarda la BEI, la negazione stessa dell'autonomia di cui essa beneficia in forza del Trattato CE.

94.
    Anche se munito di uno status particolare, l'OLAF farebbe inoltre parte dei servizi interni della Commissione e rientrerebbe nella competenza del commissario responsabile del bilancio comunitario.

Giudizio della Corte

95.
    In limine, occorre rilevare che la BEI non ha indicato chiaramente se essa ritiene che, in ragione del proprio status particolare, i regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 debbano essere interpretati nel senso che non sono ad essa applicabili o se essa sostiene che i detti regolamenti devono essere dichiarati inapplicabili, ai sensi degli artt. 241 CE e 156 EA, in quanto infrangerebbero il detto status.

96.
    Tenuto conto di tale ambiguità, occorre esaminare il motivo di difesa sollevato dalla BEI sotto entrambi i profili menzionati al punto precedente.

97.
    Per quanto riguarda, in primo luogo, la definizione dell'ambito di applicazione dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999, è giocoforza costatare, come giustamente ha fatto valere la Commissione, che i termini «istituzioni (...) organi e (...) organismi istituiti dai trattati o sulla base di questi ultimi», che figurano all'art. 1, n. 3, di tali regolamenti, vanno per l'appunto interpretati nel senso che essi comprendono la BEI.

98.
    Infatti, come ricordato al punto 75 della presente sentenza, la BEI è un organismo comunitario istituito e munito di personalità giuridica dal Trattato CE. Orbene, né dal preambolo né dalle disposizioni dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 emerge che il legislatore comunitario abbia inteso operare una qualsivoglia distinzione tra le varie istituzioni e i vari organi o organismi istituiti dai trattati o sulla base dei medesimi.

99.
    Al contrario, il settimo ‘considerando’ dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 sottolinea espressamente la necessità di estendere il campo delle indagini interne dell'OLAF a «tutte» le dette istituzioni e a «tutti» i detti organi e organismi.

100.
    Per quanto concerne, in secondo luogo, l'argomento secondo il quale i detti regolamenti non terrebbero conto dello status attribuito alla BEI dal Trattato CE e dovrebbero, pertanto, essere dichiarati inapplicabili sulla base degli artt. 241 CE e 156 EA, occorre segnalare quanto segue.

101.
    E' senz'altro vero che la BEI è munita, in forza dell'art. 266 CE, di una personalità giuridica distinta da quella della Comunità europea, che essa è amministrata e gestita dai suoi propri organi e che essa dispone di risorse e di un bilancio propri. Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, la BEI, per svolgere i compiti affidatile dall'art. 267 CE, deve essere in grado di agire in piena indipendenza sui mercati finanziari, alla stregua di qualsiasi altra banca (sentenza Commissione/BEI, cit., punto 28).

102.
    Tuttavia, come altresì precisato dalla Corte, il riconoscimento alla BEI di siffatta autonomia funzionale e istituzionale non ha come conseguenza di distaccarla completamente dalle Comunità e di sottrarla a qualsiasi norma di diritto comunitario. Infatti, emerge in particolare dall'art. 267 CE che la BEI ha il compito di contribuire alla realizzazione degli scopi della Comunità europea e pertanto si colloca, in base al Trattato CE, nel contesto comunitario. Quindi, la posizione della BEI è ambivalente, nel senso che essa è caratterizzata da un'autonomia per quanto riguarda la gestione dei propri affari, segnatamente nel campo delle operazioni finanziarie, e da uno stretto legame con la Comunità europea per quanto riguarda i suoi scopi (sentenza Commissione/BEI, cit., punti 29 e 30).

103.
    Nel caso di specie, è giocoforza constatare che la BEI non ha dimostrato come il fatto di essere soggetta a provvedimenti adottati dal legislatore comunitario nel settore della lotta contro la frode e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari delle Comunità, come quelli previsti dai regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999, sia incompatibile con il suo particolare status.

104.
    Come giustamente rilevato dalla Commissione e dall'avvocato generale al paragrafo 120 delle sue conclusioni, la BEI non ha spiegato, in particolare, in che modo i poteri conferiti all'OLAF dal legislatore comunitario siano tali da pregiudicare la sua gestione e il suo potere di decidere autonomamente sulla concessione di prestiti e garanzie e sul relativo finanziamento, in particolare facendo appello ai mercati di capitali. La BEI non ha neanche dimostrato che l'esistenza di siffatti poteri pregiudichi la sua reputazione o la sua credibilità quale organismo indipendente sui mercati finanziari (v., per analogia, a proposito dell'applicazione dell'imposta comunitaria sugli stipendi versati dalla BEI, sentenza Commissione/BEI, cit., punto 30).

105.
    A questo proposito, occorre, innanzi tutto, segnalare che gli artt. 248, nn. 1 e 3, CE nonché 14 dello statuto della BEI, il cui contenuto si riferisce in sostanza al controllo dei conti e della gestione finanziaria, non possono pregiudicare l'eventuale applicazione alla BEI di un sistema di indagine il quale, come quello istituito in base agli artt. 280 CE e 203 EA rispettivamente dai regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999, mira specificamente a consentire la verifica di sospetti relativi a fatti di frode, di corruzione o ad altre attività illecite lesive degli interessi finanziari delle Comunità. Come giustamente rilevato dal Consiglio, un siffatto sistema di indagini non è affatto simile a un controllo dei conti o della gestione finanziaria dell'organismo interessato.

106.
    Occorre, inoltre, constatare che né la circostanza che l'OLAF sia stato istituito dalla Commissione e sia integrato nelle strutture amministrative e di bilancio di quest'ultima alle condizioni previste dalla decisione 1999/352 né il fatto che un tale organo esterno alla BEI abbia ricevuto dal legislatore comunitario poteri d'indagine alle condizioni previste dai regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 sono in grado, in quanto tali, di ledere l'indipendenza e la reputazione della BEI sui mercati finanziari.

107.
    Infatti, come risulta in particolare dal quarto, dal decimo, dal dodicesimo e dal diciottesimo ‘considerando’, nonché dagli artt. 4, 5, secondo comma, 6, 11 e 12 dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999, il sistema istituito dai detti regolamenti traduce la ferma volontà del legislatore comunitario di subordinare la concessione dei poteri attribuiti all'OLAF, da una parte, all'esistenza di garanzie dirette ad assicurare una rigorosa indipendenza di quest'ultimo, in particolare nei confronti della Commissione, e, dall'altra, al pieno rispetto delle regole di diritto comunitario, tra le quali, in particolare, il protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali nonché lo Statuto del personale delle Comunità europee e il Regime applicabile agli altri agenti di queste.

108.
    Inoltre, dalle disposizioni dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 risulta che l'esercizio dei detti poteri si trova soggetto a diverse regole e garanzie specifiche, mentre il loro oggetto è chiaramente delimitato. A quest'ultimo riguardo, l'art. 2 dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 prevede che le indagini amministrative dell'OLAF sono condotte al fine di conseguire gli obiettivi definiti all'art. 1 di tali regolamenti e di accertare, ove opportuno, l'irregolarità delle attività controllate. I mezzi di cui dispone l'OLAF ai fini del perseguimento di questi obiettivi sono oggetto di una precisa elencazione, in particolare agli artt. 4, 7 e 9 dei detti regolamenti.

109.
    Occorre, infine rilevare che, come osservato sia dalla Commissione e dal governo dei Paesi Bassi sia dall'avvocato generale al paragrafo 122 delle sue conclusioni, le indagini interne che l'OLAF può essere indotto ad effettuare devono del pari essere eseguite, come risulta dall'art. 4, n. 1, secondo comma, dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999, alle condizioni e secondo le modalità previste da decisioni che ogni istituzione, organo e organismo adotta, sicché non si deve escludere che eventuali specificità legate all'attività bancaria della BEI siano prese, eventualmente, in considerazione da quest'ultima all'atto dell'adozione di una tale decisione, a condizione che la BEI dimostri la necessità delle restrizioni da essa stabilite al riguardo.

110.
    Dalle considerazioni che precedono risulta che il primo motivo di difesa sollevato dalla BEI deve essere respinto.

Sul fondamento normativo del regolamento n. 1073/1999

111.
    Con il secondo motivo di difesa, la BEI sostiene che il regolamento n. 1073/1999 deve essere dichiarato inapplicabile perché non poteva essere adottato sul fondamento dell'art. 280 CE.

112.
    Da un lato, l'espressione «interessi finanziari della Comunità» che figura in questa disposizione sarebbe relativa alle sole spese ed entrate del bilancio della Comunità europea. Essa escluderebbe allora che possano essere adottati provvedimenti sul fondamento del detto articolo per combattere le frodi all'interno della BEI, poiché quest'ultima dispone di un bilancio proprio.

113.
    Dall'altro, più in generale, l'art. 280 CE non permetterebbe l'adozione di misure dirette a combattere le frodi all'interno delle istituzioni, degli organi o organismi istituiti dai trattati o sulla base di questi ultimi.

Sulla nozione di «lesione degli interessi finanziari della Comunità»

Argomenti della BEI

114.
    Secondo la BEI, l'art. 280 CE autorizza l'adozione di misure contro le frodi solo a fini di tutela del bilancio comunitario. Ne risulterebbe che disposizioni comunitarie adottate sul fondamento dell'art. 280 CE al fine combattere le frodi non possono applicarsi alla BEI poiché quest'ultima disporrebbe di risorse proprie, distinte da quelle delle Comunità.

115.
    La circostanza che il 10% del volume delle attività della BEI riguarda la gestione di risorse e di spese comunitarie, fra le quali figurano in particolare l'imposta comunitaria sugli stipendi, salari ed emolumenti del personale e dei membri degli organi della BEI, non basterebbe a giustificare, secondo la BEI, l'assoggettamento delle sue risorse proprie e del complesso delle attività di quest'ultima ai poteri dell'OLAF. Nella sua controreplica la BEI ha tuttavia segnalato che sarebbe disposta a concludere un accordo con l'OLAF per quanto riguarda la sua attività di gestione riguardante fondi comunitari.

116.
    Secondo la BEI, l'interpretazione da essa sostenuta è confortata dall'art. 248, nn. 1 e 3, CE. Tale disposizione, infatti, limiterebbe il controllo della Corte dei conti alle entrate e alle spese della Comunità europea e a quelle di qualunque organismo creato da quest'ultima ove l'atto che istituisce un tale organismo non escluda un siffatto controllo. Essa, per giunta, prevederebbe un controllo in loco solo relativamente ai «locali di qualsiasi organismo che gestisce le entrate e le spese a nome della Comunità».

117.
    La detta interpretazione sarebbe altresì conforme alla prassi normativa anteriore che avrebbe sancito la corrispondenza esistente tra, da un lato, «gli interessi finanziari della Comunità» e, dall'altro, il bilancio generale delle Comunità europee e i bilanci gestiti da queste ultime. A questo riguardo, la BEI fa riferimento in particolare alla definizione dell'«irregolarità» contenuta nell'art. 1, n. 2, del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 18 dicembre 1995, n. 2988, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (GU L 312, pag. 1), e alla nozione di «frode che lede gli interessi finanziari delle Comunità europee» come definita all'art. 1 della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, stabilita con l'atto 95/C 316/03 del Consiglio 26 luglio 1995 (GU C 316, pag. 49).

Giudizio della Corte

118.
    Occorre rilevare, in via preliminare, che la BEI non ha indicato chiaramente se ritiene che il regolamento n. 1073/1999 debba essere interpretato nel senso che non è ad essa applicabile tenuto conto del fatto che è stato adottato sul fondamento dell'art. 280 CE o se sostiene che il detto regolamento deve essere dichiarato inapplicabile, a norma dell'art. 241 CE, in quanto infrangerebbe il detto art. 280 CE.

119.
    Ciò premesso, occorre, da un lato, ricordare che, come emerge dai punti 97-99 della presente sentenza, il regolamento n. 1073/1999 deve essere interpretato proprio nel senso che esso riguarda segnatamente la BEI.

120.
    Dall'altro, occorre segnalare che, contrariamente a quanto sostiene la BEI, l'espressione «interessi finanziari della Comunità», che figura all'art. 280 CE, deve essere interpretata nel senso che comprende non solo le entrate e le spese rientranti nel bilancio comunitario, ma, in linea di principio, anche quelle facenti parte del bilancio di altri organi o organismi istituiti dal Trattato CE.

121.
    Tra le considerazioni che autorizzano una tale conclusione figura, in primo luogo, il fatto che detta espressione è propria dell'art. 280 CE e si distingue dalla terminologia usata nelle altre disposizioni del titolo II della quinta parte del Trattato CE, intitolato «Disposizioni finanziarie», le quali fanno riferimento invariabilmente al «bilancio» della Comunità europea. Lo stesso dicasi della circostanza, rilevata dal governo dei Paesi Bassi, che l'espressione «interessi finanziari della Comunità» sembra più ampia di quella di «entrate e (...) spese della Comunità» che figura in particolare all'art. 268 CE.

122.
    In secondo luogo, il fatto stesso che un organo o un organismo tragga la propria esistenza dal Trattato CE suggerisce che esso è stato concepito per contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità europea e lo inserisce nell'ordinamento giuridico comunitario, sicché i mezzi di cui esso dispone per effetto del detto Trattato rivestono naturalmente un interesse finanziario proprio e diretto per la Comunità medesima.

123.
    Per quanto riguarda più specificamente la BEI, si può ricordare a questo proposito che tale organismo comunitario, istituito dal Trattato CE, ha il compito, come previsto dall'art. 267, primo comma, CE, di «contribuire (...) allo sviluppo equilibrato e senza scosse del mercato comune nell'interesse della Comunità». Ne consegue che la BEI, in forza del Trattato CE, si colloca nel contesto comunitario (sentenza Commissione/BEI, cit., punto 29).

124.
    Quindi il fatto che le risorse della BEI e la loro utilizzazione presentino un interesse finanziario manifesto per la Comunità europea e i suoi obiettivi è ribadito da diverse altre disposizioni comunitarie, fra le quali l'art. 267, secondo comma, CE, il quale prevede che nello svolgere i suoi compiti la BEI facilita il finanziamento di programmi di investimento congiuntamente con gli interventi dei fondi strutturali e degli altri strumenti finanziari della Comunità europea, nonché l'art. 20 dello statuto della BEI, il quale precisa che nel concedere prestiti e garanzie la BEI deve in particolare «vigila[re] che i suoi fondi siano impiegati nel modo più razionale nell'interesse della Comunità». Lo stesso dicasi dell'art. 21 di tale statuto, il quale prevede segnatamente che le domande di prestiti possono essere inoltrate alla BEI per il tramite della Commissione e che quest'ultima esprime il proprio parere sulle altre domande di prestiti, i quali, in caso di parere negativo della Commissione, possono essere accordati solo su decisione unanime del consiglio di amministrazione della BEI, con l'amministratore nominato su designazione della Commissione che si astiene dal partecipare alla votazione.

125.
    Dalle considerazioni che precedono risulta che i termini «interessi finanziari della Comunità» che figurano all'art. 280 CE non si limitano al solo bilancio della Comunità europea in senso stretto, ma riguardano altresì le risorse e le spese della BEI [v., per analogia, a proposito dell'applicabilità alla BEI dell'art. 179 del Trattato CE (divenuto art. 236 CE), Mills/BEI, cit., punto 14].

126.
    Tale conclusione non è smentita dalle disposizioni dell'art. 248 CE che, contrariamente all'art. 280 CE, non hanno lo specifico scopo di assicurare la lotta contro le frodi e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità europea.

127.
    Tale conclusione non può essere nemmeno inficiata dalla circostanza, ammesso che sia accertata, che una prassi normativa avrebbe fatto propria una diversa accezione dell'espressione «interessi finanziari della Comunità».

128.
    Ne consegue che il fatto che il regolamento n. 1073/1999 riguardi anche la BEI, la quale, istituita dal Trattato CE, dispone in forza di quest'ultimo di risorse proprie distinte da quelle del bilancio comunitario, non può giustificare l'inapplicabilità del detto regolamento sul fondamento dell'art. 241 CE.

Sulla possibilità di adottare misure contro le frodi relativamente alle istituzioni, agli organi o organismi istituiti dai trattati o sulla base di questi

129.
    Alla luce della formulazione dell'art. 280, n. 4, CE, il quale prevede che la Comunità europea adotta misure «al fine di pervenire a una protezione efficace ed equivalente in tutti gli Stati membri» e che tali misure non possono riguardare «l'applicazione del diritto penale nazionale o l'amministrazione della giustizia negli Stati membri», la BEI considera che i poteri del legislatore comunitario si limitino all'adozione di misure destinate a migliorare i meccanismi di lotta contro le frodi a livello degli Stati membri. Secondo la BEI, è escluso che possano essere adottate su tale fondamento misure destinate a combattere le frodi o le irregolarità che avvengono all'interno delle istituzioni, degli organi o organismi istituiti dai trattati o sulla base di questi ultimi.

130.
    Questa tesi non può essere accolta.

131.
    Si deve infatti rilevare che, introducendo nell'art. 280 CE le precisazioni di cui ai nn. 1 e 4 dello stesso, gli autori del Trattato di Amsterdam hanno chiaramente inteso intensificare la lotta contro le frodi e le irregolarità che ledono gli interessi finanziari della Comunità europea, in particolare attribuendo espressamente a quest'ultima una compito proprio consistente nel «combattere», alla stessa stregua degli Stati membri, tali frodi ed irregolarità tramite l'adozione di «misure» che siano «dissuasive» e offrano «una protezione efficace negli Stati membri».

132.
    A questo riguardo, la circostanza che l'art. 280, n. 1, CE specifichi che le dette misure sono adottate a norma di questo articolo non significa affatto che si rinvii esclusivamente ai successivi paragrafi di questo, in particolare al suo n. 4, per determinare l'ampiezza della competenza comunitaria in materia.

133.
    Infatti, l'art. 280, n. 4, CE deve essere letto nel senso che completa la definizione della competenza comunitaria e ne precisa determinate condizioni di esercizio. Questa disposizione prevede infatti i requisiti procedurali che devono presiedere all'adozione di misure comunitarie e precisa allo stesso modo che l'azione della Comunità europea riguarda sia la prevenzione della frode che la lotta contro di essa. Essa stabilisce inoltre che la competenza comunitaria ammette determinati limiti, nel senso che le misure adottate non possono riguardare né l'applicazione del diritto penale nazionale né l'amministrazione della giustizia negli Stati membri.

134.
    Considerato quanto precede, il fatto che l'art. 280, n. 4, CE si riferisca in particolare alla necessità di contribuire ad una protezione che sia efficace ed equivalente negli Stati membri non può essere interpretato come il segno di una volontà implicita degli autori del Trattato di Amsterdam di imporre all'azione della Comunità europea un ulteriore limite così fondamentale come un divieto di combattere le frodi e le altre irregolarità che ledono i suoi interessi finanziari tramite l'adozione di provvedimenti normativi che riguardino le istituzioni, gli organi e gli organismi istituiti dai trattati o sulla base degli stessi.

135.
    A parte la circostanza che una tale limitazione della competenza comunitaria non risulta dalla formulazione dell'art. 280 CE, occorre rilevare, come fanno giustamente valere la Commissione e tutti gli intervenienti, che essa non sarebbe affatto compatibile con gli obiettivi perseguiti da questa disposizione. Infatti, è pacifico che, per rendere efficace la protezione degli interessi finanziari della Comunità europea, è necessario che la dissuasione e la lotta contro la frode e le altre irregolarità operino a tutti i livelli ai quali i detti interessi possono essere lesi da fenomeni del genere. Inoltre, può capitare frequentemente che i fenomeni così combattuti implichino contemporaneamente attori situati a vari livelli.

136.
    Dalle considerazioni che precedono risulta che il secondo motivo di difesa sollevato dalla BEI deve essere respinto.

Sul fondamento normativo del regolamento n. 1074/1999

137.
    Con il suo terzo motivo di difesa la BEI sostiene che il regolamento n. 1074/1999 deve essere dichiarato inapplicabile, a norma dell'art. 156 EA, perché esso non poteva essere adottato sul fondamento dell'art. 203 EA.

138.
    La BEI ritiene, da un lato, che, non appartenendo alla struttura istituzionale della Comunità europea dell'energia atomica né essendo presa in considerazione dal Trattato CEEA, non può esserle applicata alcuna disposizione del detto trattato né alcun provvedimento adottato in forza di quest'ultimo.

139.
    Dall'altro, la circostanza che il regolamento n. 1073/1999 è stato adottato sul fondamento dell'art. 280, n. 4, CE e il fatto che quest'ultima disposizione sarebbe stata inserita nel Trattato CE proprio per conferire al legislatore comunitario la competenza richiesta a tal fine implicherebbero che senza la detta disposizione il Consiglio non avrebbe potuto agire, in particolare sul fondamento dell'art. 308 CE. Ne consegue, secondo la BEI, che il Consiglio non poteva neanche adottare il regolamento n. 1074/1999 sul fondamento dell'art. 203 EA, il quale sarebbe l'equivalente dell'art. 308 CE.

140.
    Il ricorso all'art. 203 EA sarebbe inoltre possibile solo ove la lotta contro la frode costituisca uno degli «scopi» della Comunità europea dell'energia atomica. Orbene, risulterebbe dalla formulazione degli artt. 1 EA e 183 A EA, relativi, rispettivamente, al compito di tale Comunità e alla lotta contro la frode per i soli Stati membri, che così non è nella presente fattispecie. Inoltre, le misure di cui al regolamento n. 1074/1999 non sarebbero «del caso» ai sensi dell'art. 203 EA.

141.
    Tali argomenti non possono essere accolti.

142.
    In primo luogo, è pacifico, come esposto dall'avvocato generale al paragrafo 139 delle sue conclusioni, che la circostanza che il Trattato CEEA non menzioni la BEI non può avere di per sé come conseguenza di impedire che le disposizioni del detto trattato o provvedimenti adottati in forza del medesimo si applichino, se del caso, a tale organismo.

143.
    In secondo luogo, contrariamente a quanto sostiene la BEI, l'art. 183 A EA traduce chiaramente l'esistenza di un obiettivo autonomo di tutela degli interessi finanziari della Comunità europea dell'energia atomica (v., per analogia, sentenza 18 novembre 1999, causa C-209/97, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-8067, punto 29).

144.
    Quindi la BEI ha sostenuto a torto che un atto come il regolamento n. 1074/1999, il quale indiscutibilmente si prefigge lo scopo di combattere le frodi ai danni degli interessi finanziari della Comunità europea dell'energia atomica, non sia stato adottato in vista di realizzare uno degli scopi dalla predetta Comunità.

145.
    In terzo luogo, per quanto riguarda la circostanza che, a differenza del Trattato CEEA, il Trattato CE prevede espressamente, dopo l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, la competenza della Comunità europea nel settore della lotta contro la frode ai danni dei suoi interessi finanziari, è giocoforza constatare che essa è irrilevante ai fini delle constatazioni effettuate dalla Corte ai punti 143 e 144 della presente sentenza. Lo stesso dicasi per il fatto che il regolamento n. 1074/1999 è stato adottato sul fondamento dell'art. 280 CE e non su quello dell'art. 308 CE.

146.
    Occorre inoltre ricordare a tale proposito che, come emerge da una costante giurisprudenza, la scelta dell'art. 308 CE come fondamento normativo di un atto è ammessa solo quando nessun'altra disposizione del Trattato CE attribuisca alle istituzioni comunitarie la competenza necessaria per l'emanazione dell'atto stesso (v., in particolare, sentenze 27 settembre 1988, causa 165/87, Commissione/Consiglio, Racc. pag. 5545, punto 17, e 12 novembre 1996, causa C-84/94, Regno Unito/Consiglio, Racc. pag. I-5755, punto 48). Orbene, come risulta dalla presente sentenza, il legislatore comunitario era competente ad adottare il regolamento n. 1073/1999 sul fondamento dell'art. 280 CE.

147.
    E' giocoforza constatare, in quarto luogo, che la BEI non ha chiarito per quale motivo le misure previste dal regolamento n. 1074/1999 non siano «del caso» ai sensi dell'art. 203 EA, né come tale affermazione si distingua da quella volta a far constatare che il detto regolamento ha violato il principio di proporzionalità.

148.
    In questa fase, è pertanto sufficiente rilevare che è pacifico che la BEI gestisce, come mandataria, taluni prestiti contratti dalla Commissione nel settore del Trattato CEEA, e constatare che un'attività del genere riguarda indiscutibilmente gli interessi finanziari della Comunità europea dell'energia atomica. Per il resto, il problema se il regolamento n. 1074/1999 costituisca o meno una misura «del caso» deve essere trattato nel contesto dell'esame del quarto motivo di difesa della BEI.

149.
    Da quanto precede risulta che il terzo motivo di difesa della BEI deve essere respinto.

Sul principio di proporzionalità

Argomenti della BEI

150.
    Con il quarto motivo di difesa, la BEI sostiene che i regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 dovrebbero essere dichiarati inapplicabili, a norma degli artt. 241 CE e 156 EA, perché violano il principio di proporzionalità. I detti regolamenti eccederebbero quanto appropriato e necessario per raggiungere lo scopo perseguito.

151.
    Da un lato, i poteri conferiti all'OLAF sarebbero eccessivi e consentirebbero un'indebita intrusione nonché un'ingerenza illecita negli affari della BEI, in violazione dello statuto di quest'ultima, della sua autonomia e della sua natura di istituto finanziario.

152.
    Ciò si verificherebbe in particolare nel caso dell'art. 5, secondo comma, dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999, il quale investirebbe il direttore dell'OLAF del potere di avviare di sua iniziativa un'indagine interna senza essere tenuto ad indicare i motivi e il fondamento di tale decisione. Lo stesso varrebbe per il diritto di accesso illimitato, senza obbligo di previa comunicazione o autorizzazione, e per il diritto di sequestrare documenti di ogni tipo, risultanti, secondo la BEI, dall'art. 4, n. 2, dei detti regolamenti, e che sarebbero incompatibili con la natura stessa di un'istituzione finanziaria quale la BEI.

153.
    La BEI inoltre menziona l'obbligo degli Stati membri, dirigenti, funzionari e agenti delle istituzioni, organi e organismi comunitari di cooperare con gli agenti dell'OLAF, di informarli e di prestare il proprio contributo, nonché l'obbligo delle dette istituzioni, organi e organismi di trasmettere all'OLAF le informazioni o i documenti in loro possesso che riguardano casi di frode, corruzione o altre attività illecite, come quelle di cui agli artt. 4, n. 6, lett. a), 6, n. 6, e 7 dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999. Essa sostiene a questo proposito che, mentre tali disposizioni prevedono che i detti obblighi d'informazione e di cooperazione siano espletati, per quanto riguarda gli Stati membri, nel rispetto delle esigenze del diritto nazionale, per quanto riguarda le istituzioni, organi e organismi comunitari, non è previsto che essi siano espletati nel rispetto dei rispettivi statuti.

154.
    Nella controreplica, la BEI richiama anche il fatto che, nella sua relazione sulle attività per il periodo luglio 1999 - luglio 2000, il comitato di sorveglianza dell'OLAF avrebbe constatato varie lacune nell'attuale organizzazione dell'OLAF rispetto ai principi di trasparenza, legittimità ed efficacia.

155.
    Dall'altro, la BEI si chiede quale sia la necessità di attribuire all'OLAF i poteri menzionati ai punti 152 e 153 della presente sentenza, per quanto la riguardano, poiché esisterebbero già varie misure idonee ad assicurare la prevenzione della frode e la lotta contro di essa all'interno della BEI.

156.
    A questo proposito, essa si riferisce, in primo luogo, al compito di controllo dei conti di cui è incaricato il comitato di verifica in forza dell'art. 14 dello statuto della BEI, nonché al fatto che il detto comitato usufruisce a tal fine dell'accesso ai libri, ai documenti contabili e agli altri documenti utili nonché dell'assistenza dei servizi della BEI, come prevederebbe l'art. 24 del regolamento interno di quest'ultima. La BEI rammenta altresì che, quando essa gestisce le entrate e le spese comunitarie, la sua attività è soggetta al controllo della Corte dei conti secondo quanto disposto dall'art. 248, n. 4, CE.

157.
    In secondo luogo, la BEI, fa riferimento alla carta dell'audit interno e ad un documento intitolato «General Office Procedures Manual» dal quale risulta, secondo le spiegazioni fornite dalla BEI, che il servizio di audit interno di cui dispone quest'ultima è incaricato di valutare l'adeguatezza e di verificare la corretta attuazione delle procedure interne di controllo della BEI nonché di assicurarsi che le risorse di questa siano correttamente amministrate. A tal fine, il detto servizio avrebbe il diritto di rivolgersi a qualsiasi persona all'interno della BEI, nonché un diritto illimitato di esaminare dichiarazioni, procedure e archivi. Esso avrebbe inoltre il potere di effettuare indagini in caso di sospetto di frode in danno agli interessi finanziari della BEI e a terzi, implicante membri del personale o organi dirigenti della BEI.

158.
    Secondo le spiegazioni fornite dalla BEI, qualsiasi membro del personale che sia a conoscenza di un fatto simile sarebbe tenuto a informarne il direttore delle risorse umane o il capo del servizio di audit interno. Al termine di un'indagine preliminare, spetterebbe a quest'ultimo decidere di chiudere il fascicolo se non può essere raccolto alcun elemento di prova. In caso contrario, esso dovrebbe fare rapporto al presidente della BEI, che deciderebbe se occorre condurre un'indagine più approfondita e in particolare se essa richiede il sostegno di organismi esterni, di cui vanno allora concordati i criteri d'intervento. Il rapporto finale del capo del servizio di audit interno, corredato delle sue raccomandazioni, sarebbe trasmesso al presidente e al segretario generale della BEI nonché al comitato di verifica. Il presidente della BEI deciderebbe sul prosieguo.

159.
    La BEI richiama, in terzo luogo, vari obblighi o divieti sanciti dal regolamento del personale della BEI nonché varie norme in materia di etica professionale riportate nel codice di condotta applicabile ai membri di tale personale, la cui mancata osservanza potrebbe ingenerare sanzioni disciplinari o una revoca del contratto e che sarebbero tali da contribuire alla prevenzione delle frodi. Si tratterebbe, per esempio, del divieto di sollecitare o accettare benefici da fonte esterna connessi con l'appartenenza alla BEI, del divieto di qualsiasi abuso di risorse del detto organismo in un'attività ad esso esterna o dell'obbligo di dichiarare qualsiasi conflitto di interessi riguardo a un'operazione della BEI.

Giudizio della Corte

160.
    Occorre sottolineare, in via preliminare, che la tesi della BEI secondo la quale i regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 sarebbero illegittimi perché lesivi dello status d'autonomia e della natura di istituto finanziario di cui gode la BEI è già stata respinta nell'ambito dell'esame del primo motivo di difesa sollevato dalla BEI.

161.
    Fatta tale precisazione, occorre ricordare che il principio di proporzionalità, che è parte integrante dei principi generali del diritto comunitario, esige che gli strumenti predisposti da una norma comunitaria siano idonei a realizzare lo scopo perseguito e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerlo [v., in particolare, sentenze 18 novembre 1987, causa 137/85, Maizena, Racc. pag. 4587, punto 15, e 10 dicembre 2002, causa C-491/01, British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, Racc. pag. I-11453, punto 122].

162.
    Per quanto riguarda il sindacato giurisdizionale sulle condizioni menzionate al punto precedente, occorre sottolineare che si deve riconoscere al legislatore comunitario un ampio potere discrezionale in un settore come quello del caso di specie, per cui solo la manifesta inidoneità di una misura adottata in tale ambito, in relazione allo scopo che l'istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di una tale misura [v., in tal senso, sentenza British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, cit., punto 123, e giurisprudenza citata].

163.
    Nel caso di specie, è giocoforza constatare, in primo luogo, che, limitandosi a denunciare l'asserito carattere esorbitante dei poteri conferiti all'OLAF dalle disposizioni degli artt. 4, nn. 2 e 6, lett. a), 5, secondo comma, e 7 dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999, la BEI non ha precisato e, a maggior ragione, non ha dimostrato per quale motivo le dette disposizioni non sarebbero appropriate o necessarie per raggiungere gi obiettivi perseguiti dai detti regolamenti.

164.
    Occorre inoltre segnalare al riguardo che la corretta valutazione della portata delle disposizioni menzionate al punto precedente impone di tener conto di tutti gli elementi interpretativi pertinenti, fra i quali figurano quelli richiamati ai punti 107 e 108 della presente sentenza. Infatti contrariamente a quanto sostenuto dalla BEI a questo riguardo, la decisione del direttore dell'OLAF di aprire un'indagine - come del resto quella di un'istituzione, di un organo o di un organismo istituito dai trattati o sulla base di questi, di chiederne l'apertura - non può intervenire in assenza di sospetti sufficientemente seri relativi a fatti di frode o di corruzione o ad altre attività illecite pregiudizievoli degli interessi finanziari delle Comunità. Inoltre, occorre osservare a questo proposito che dalla stessa formulazione dell'art. 6, n. 3, dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 risulta che il mandato scritto di cui devono essere muniti gli ispettori dell'OLAF indica obbligatoriamente l'oggetto dell'indagine.

165.
    Quanto ad eventuali mancanze nell'applicazione delle disposizioni di tali regolamenti, è sufficiente costatare, ammesso che siano accertate, che esse non possono pregiudicare la proporzionalità e la legittimità dei detti regolamenti.

166.
    In secondo luogo, la BEI, non ha dimostrato che il legislatore comunitario abbia commesso un manifesto errore di valutazione. Infatti, esso ha potuto considerare che - nonostante l'esistenza di meccanismi di controllo propri delle differenti istituzioni, organi o organismi istituiti dai trattati o sulla base di questi, tra i quali quelli cui fa riferimento, per quanto la riguarda, la BEI, al fine di rafforzare la prevenzione e la lotta contro la frode, la corruzione e le altre irregolarità lesive degli interessi finanziari delle Comunità, fosse necessario instaurare un meccanismo di controllo nel contempo centralizzato all'interno di uno stesso organo, specializzato nonché esercitato in modo indipendente e uniforme rispetto alle dette istituzioni, ai detti organi o organismi.

167.
    Va inoltre ricordato, a tale proposito, che, come emerge dal punto 105 della presente sentenza, la funzione di indagine attribuita all'OLAF differisce per la sua natura e per il suo oggetto specifici dai compiti di controllo generale come quelli di cui sono in particolare investiti la Corte dei conti e, per quanto riguarda la BEI, il comitato di verifica di quest'ultima.

168.
    Inoltre, il legislatore comunitario ha potuto ritenere che meccanismi di controllo eterogenei, che siano adottati a livello delle istituzioni, degli organi o degli organismi istituiti dai trattati o sulla base di questi, e la cui esistenza e le cui modalità siano lasciate alla valutazione di ognuno di questi, non costituiscano, tenuto conto degli obiettivi perseguiti, una soluzione che presenta un grado di efficacia pari a quello che sembra potere offrire un sistema che abbia come oggetto quello di centralizzare la funzione di indagine all'interno di un medesimo organo specializzato e indipendente. Occorre infatti ricordare a quest'ultimo riguardo che i regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 hanno avuto per oggetto in particolare di affidare all'OLAF una funzione di indagine da esercitarsi sia all'interno delle dette istituzioni, organi e organismi tramite il ricorso alle indagini dette «interne» sia all'esterno degli stessi tramite le indagini dette «esterne».

169.
    Peraltro, occorre ricordare che i regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 hanno espressamente previsto, come risulta dal loro art. 4, n. 1, secondo comma, che le indagini interne dell'OLAF debbano svolgersi nelle condizioni e secondo le modalità previste dai detti regolamenti nonché in base a decisioni adottate da ogni istituzione, organo o organismo.

170.
    Come risulta dal punto 109 della presente sentenza, non può quindi escludersi che talune specificità legate all'assolvimento dei compiti di cui è investita la BEI siano eventualmente prese in considerazione da quest'ultima in occasione dell'adozione della decisione di cui all'art. 4, n. 1, secondo comma, dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999, a condizione per la BEI di dimostrare la necessità delle restrizioni che essa determinerebbe al riguardo.

171.
    Da quanto precede risulta che il quarto motivo di difesa della BEI va respinto.

Sull'obbligo di motivazione

172.
    Con il suo quinto motivo di difesa, la BEI sostiene che i regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 sono stati adottati in violazione dell'obbligo di motivazione prescritto rispettivamente dagli artt. 253 CE e 162 EA.

173.
    Più precisamente, i detti regolamenti non avrebbero esposto i motivi per i quali era necessario attribuire all'OLAF i poteri che essi gli conferiscono e assoggettare le istituzioni, gli organi e organismi, in particolare la BEI, agli obblighi sanciti. Inoltre, essi non avrebbero indicato in che modo le misure già adottate dalle dette istituzioni, organi e organismi per combattere le frodi sarebbero state insufficienti o inappropriate ai detti fini.

174.
    Al riguardo occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall'art. 253 CE deve essere adattata alla natura dell'atto controverso. Anche se tale motivazione deve far apparire in maniera chiara e non equivoca l'iter logico seguito dall'istituzione comunitaria da cui promana l'atto, per consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e per permettere alla giurisdizione competente di esercitare il proprio controllo, non si richiede tuttavia che la motivazione contenga tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti. Infatti, il problema se la motivazione di un atto soddisfi i criteri dell'art. 253 CE va valutato con riferimento non solo alla sua formulazione, ma anche al suo contesto e all'insieme delle norme giuridiche che disciplinano la materia. Di conseguenza, se l'atto contestato fa emergere, per l'essenziale, lo scopo perseguito dall'istituzione, è superfluo esigere una motivazione specifica per ciascuna delle scelte tecniche da essa operate [v., in particolare, sentenze 12 marzo 2002, cause riunite C-27/00 e C-122/00, Omega Air e a., Racc. pag. I-2569, punti 46 e 47, nonché British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, cit., punti 165 e 166].

175.
    Per quanto riguarda i regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999, è giocoforza constatare che essi soddisfano tali criteri. Infatti, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 166 delle sue conclusioni, il preambolo dei detti regolamenti indica chiaramente lo scopo perseguito, i mezzi considerati e i motivi per i quali il legislatore comunitario li ritiene adeguati e necessari rispetto ai fini perseguiti.

176.
    Per quanto concerne, in particolare, i poteri d'indagine interna attribuiti all'OLAF, emerge altresì in particolare dal combinato del secondo, terzo, quarto, settimo e ventunesimo ‘considerando’ dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 che l'attribuzione dei detti poteri deriva dalla volontà del legislatore comunitario di attuare tutti i meccanismi disponibili per conseguire l'obiettivo di tutela degli interessi finanziari comunitari e che tale attribuzione è stata giudicata necessaria, in tale prospettiva, al fine di rafforzare l'efficacia della lotta contro la frode e ogni altra attività illecita lesiva dei detti interessi.

177.
    Contrariamente a quanto afferma la BEI, non si può pretendere che il legislatore comunitario, in forza dell'obbligo di motivazione, effettui un'elencazione, nel preambolo di atti quali i detti regolamenti, delle misure già esistenti all'interno delle differenti istituzioni, organi e organismi e che indichi per quale ragione le dette misure non possono impedirgli di adottare siffatti regolamenti.

Sulla violazione dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999

178.
    Come risulta dai punti 53-55 della presente sentenza, la Commissione chiede l'annullamento della decisione impugnata poiché essa violerebbe i regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999, in particolare l'art. 4 dei medesimi.

179.
    Benché la BEI non abbia espressamente affermato, anche supponendo che tali regolamenti si applichino alla BEI e siano conformi al diritto comunitario, che la decisione impugnata non violi questi ultimi, talune affermazioni formulate nell'ambito della sua difesa possono tuttavia essere interpretate in tal senso. Trattasi segnatamente dell'argomento, esaminato in precedenza, secondo il quale il ricorso della Commissione sarebbe in realtà diretto a far constatare una carenza della BEI nell'attuazione dell'art. 4, n. 1, dei detti regolamenti, piuttosto che la loro violazione da parte della decisione impugnata. Nella controreplica la BEI ha sottolineato in particolare a tale proposito che il preambolo della decisione impugnata non riguardava affatto tali regolamenti e ha sostenuto che la detta decisione al contrario traduceva la volontà della BEI di istituire un dispositivo di controllo interno efficace che tenesse conto del proprio contesto giuridico.

180.
    E' giocoforza constatare, al riguardo, che, come sostenuto dalla Commissione, la decisione impugnata viola a vario titolo l'art. 4 dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999.

181.
    In primo luogo, mentre l'art. 4, n. 1, di tali regolamenti prevede che l'OLAF svolga indagini amministrative all'interno delle istituzioni, degli organi e degli organismi istituiti da trattati o sulla base di questi, risulta, da un lato, dal punto 4 della parte I della decisione impugnata che le indagini interne alla BEI sono condotte solamente dai servizi di audit interno di quest'ultima, secondo le specifiche procedure della BEI, e, dall'altro, dai punti 5-8 della parte I di tale decisione risulta che la collaborazione con l'OLAF si limita, a questo riguardo, a far svolgere un'indagine interna dai detti servizi in caso di richiesta da parte del direttore dell'OLAF e a comunicare a quest'ultimo gli esiti della detta indagine.

182.
    In secondo luogo, mentre l'art. 4, n. 2, dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 prevede segnatamente che l'OLAF abbia accesso senza preavviso e senza ritardo a qualsiasi informazione in possesso delle dette istituzioni, organi e organismi, alla sola condizione di avvisarli, i punti 9 e 10 della parte I della decisione impugnata prevedono che l'accesso dell'OLAF alle informazioni in possesso della BEI dipenda, in ogni singolo caso, dall'autorizzazione del presidente della BEI, che stabilisce le modalità di tale accesso.

183.
    In terzo luogo, la parte II della decisione impugnata, relativa alle operazioni di tipo II, viola del pari l'art. 4, nn. 1 e 2, dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999, in quanto essa prevede che si applichi solamente il sistema d'indagine interna specifico della BEI, come descritto ai punti 157 e 158 della presente sentenza, e che, in questo ambito, la BEI possa farsi assistere dall'OLAF secondo modalità del caso che la BEI cercherà di stabilire insieme a quest'ultimo.

184.
    Lette alla luce del preambolo della decisione impugnata, il quale sottolinea espressamente che essa è stata adottata tenuto conto del contesto giuridico assegnato alla BEI dal Trattato CE e dal suo statuto le varie disposizioni che precedono rispecchiano del resto chiaramente la decisione della BEI di considerare inapplicabile nei suoi confronti i regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999.

185.
    Ne consegue che, nell'adottare la decisione impugnata, che è fondata sulla premessa erronea che i regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 non siano applicabili nei confronti della BEI e che traduce quindi la volontà di quest'ultima di organizzare in modo esclusivo la lotta contro le frodi al suo interno, pur sviluppando alcune forme di modesta collaborazione operativa con l'OLAF, la BEI ha escluso l'applicazione del regime istituito dai detti regolamenti e ha sostituito all'adozione della decisione di cui all'art. 4, nn. 1, secondo comma, e 6, di questi ultimi l'istituzione di un regime distinto e proprio alla BEI.

186.
    Escludendo l'applicazione dei regolamenti nn. 1073/1999 e 1074/1999 e rifiutando di adeguare le proprie procedure interne per soddisfare i requisiti stabiliti dagli stessi, la BEI ha violato i detti regolamenti, in particolare il loro art. 4, e ha oltrepassato il margine di autonomia organizzativa propria che essa detiene nell'ambito della lotta contro la frode.

187.
    Dal complesso delle considerazioni che precedono risulta che il ricorso della Commissione deve essere accolto e che la decisione impugnata deve essere annullata.

Sulle spese

188.
    Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la BEI, rimasta soccombente, dev'essere condannata alle spese. Ai sensi dell'art. 69, n. 4, primo comma, dello stesso regolamento, il Regno dei Paesi Bassi, il Parlamento e il Consiglio sopportano le proprie spese.

Per questi motivi,

LA CORTE

dichiara e statuisce:

1)    La decisione del Comitato direttivo della Banca europea per gli investimenti 10 novembre 1999 concernente la cooperazione con l'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) è annullata.

2)    La Banca europea per gli investimenti è condannata alle spese.

3)    Il Regno dei Paesi Bassi, il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea sopporteranno le proprie spese.

Rodríguez Iglesias
Puissochet
Wathelet

Schintgen

Gulmann
Edward

La Pergola

Jann
Skouris

Macken

Colneric

von Bahr

Rosas

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 luglio 2003.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

G.C. Rodríguez Iglesias


1: Lingua processuale: il francese.